IL VERO VOLTO DI VINCENZO DE LUCA
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IL VERO VOLTO DI VINCENZO DE LUCA
IL VERO VOLTO DI VINCENZO DE LUCA di Adriana Stazio In questi giorni l'attenzione dell'Italia è stata catalizzata dallo scandalo della Protezione Civile S.p.A. capeggiata dall'uomo del fare Guido Bertolaso. Uomo del fare, appunto, che non perde tempo con leggi e vincoli imposti dalla democrazia, ma avoca a sé il potere e decide senza discutere, al di sopra delle leggi. I risultati sono sotto gli occhi di tutti gli italiani, che hanno potuto ascoltare parte delle intercettazioni telefoniche e scoprire una parte del marcio che si nascondeva. Ma in Italia c'è un altro uomo del fare, si chiama Vincenzo De Luca, sindaco di Salerno e candidato alla carica di Governatore della Regione Campania. Vincenzo De Luca, che viene ipocritamente acclamato come uomo del rinnovamento, intitola la campagna elettorale “Campania libera”, quando la Campania avrebbe bisogno di liberarsi sì, ma da politici come lui. Il sindaco sceriffo Populista, leghista del Sud, sindaco sceriffo, uomo del fare, irascibile, insofferente alle regole della democrazia e alle regole della legge in generale, aggressivo verso gli oppositori (indicati come iettatori, cafoni, sciacalli, cialtroni, etc), molto si è detto dei due procedimenti penali che lo vedono coinvolto (scandalo Ideal Standard/ Sea Park e scandalo MCM di Giovanni Lettieri) ma troppo poco si dice del sistema di potere che ha instaurato a Salerno negli ultimi quasi vent'anni, dal 1993, del sistema di clientele, del sistema degli appalti, del sacco edilizio di Salerno. E niente si dice dei coinvolgimenti penali in processi di camorra di alcuni degli uomini a lui vicini, di quel dicembre 2005 in cui il comune di Salerno arrivò vicino allo scioglimento per infiltrazioni camorristiche, né si parla delle ditte vicine alla camorra che sistematicamente vincono gli appalti. Si presenta come il buon amministratore di Salerno, quando la Corte dei Conti ha appena bocciato la sua gestione, segnalando enormi sprechi di denaro pubblico, irregolarità e consulenze d'oro. Sappiamo che il miglior modo per nascondere i problemi veri è scatenare il popolo contro gli ultimi. De Luca l'ha capito molto presto, prendendo a modello la Lega Nord. Così mentre come sindaco sceriffo scatena la sua battaglia per la legalità contro immigrati e prostitute, niente fa contro la camorra, che ha potuto fare grandi affari grazie alla perenne “distrazione” dell'amministrazione comunale che anzi ha cercato di convincere i cittadini che la camorra a Salerno non c'è. E' un problema di Napoli, fonte di ogni male, la versione in salsa deluchiana della Roma ladrona di Bossi. Così De Luca sceriffo difensore della “legalità” va in strada capeggiando ronde di vigili urbani, a tirare calci a posteggiatori abusivi, a chiedere i documenti a venditori ambulanti immigrati ( vedere il video per rendersi conto dei modi violenti del personaggio), a cacciare di peso senza tetto da panchine e aiuole del lungomare. Già questo ci dà un'idea di cosa sia per lui la legge, di quale rispetto abbia per le persone e per le regole democratiche. Nel 2007 dichiara: “Io smonto i campi dei rom e me ne frego di dove quella gente va a finire. A Firenze li integrano? Io li prendo a calci nei denti, il cielo stellato ce lo godiamo noi”. Prenderebbe a calci nei denti anche gli immigrati irregolari; da buon seguace della Lega Nord dei respingimenti in mare minaccia: “Li prenderemo a calci nei denti e li butteremo a mare, prima che ci scappi un nostro morto”. Una legge impersonata da lui, dal Re Sole, che sa essere prepotente e violenta con i deboli, per i quali evidentemente non valgono né i diritti costituzionali né i diritti umani. Ma per i potenti come lui non devono esistere regole. “Sulla magistratura ha ragione Berlusconi” Ecco un video in cui illustra la sua vera posizione sulla giustizia. Da vedere assolutamente, perché sono posizioni gravissime. Critica il PD per la sua ipocrisia in tema di giustizia e si richiama a Berlusconi, lo elogia per aver detto che i giudici sono dei disturbati mentali : “Berlusconi quando si è presentato alla campagna elettorale mica ha nascosto le posizioni, mica si è mimetizzato. Vi ricordate quello che ha detto sui magistrati? Ha detto che i magistrati andavano ricoverati al manicomio, erano sofferenti psichici. L'ha detta pesante. Lui è un fantasioso, un creativo... ma mica si è mimetizzato! Ha vinto col 10% di distacco avendo detto quelle cose prima, non dopo.” Dice: “Io sono per l'autonomia piena della magistratura ma sono perché la magistratura non mi rompa le scatole quando decido di fare una variante urbanistica nel consiglio comunale della mia città, chiaro?”. E ancora: “E' a partire da questo che noi difendiamo l'autonomia della magistratura, sennò non difenderemmo neanche l'autonomia della magistratura e alla fine arriveremo al controllo politico della magistratura perché l'Italia è paralizzata.” Chiaro, no? Cari magistrati, se volete conservare l'autonomia, evitate di rompere le scatole ai potenti, chiudete un occhio o anche tutti e due se i potenti infrangono il codice penale, se commettono soprusi, se esercitano il potere al di fuori e al si sopra della legge. Autonomia che a questo punto diventa solo formale ovviamente. L'importante è neutralizzare la magistratura, con le buone o con le cattive. Perché la legge non deve essere uguale per tutti, ma dev'essere forte con i deboli e debole con i forti. De Luca tra l'altro è l'inventore di una nuova fattispecie, il reato a fin di bene. Ha inquinato il territorio con la discarica di Ostaglio a fin di bene, ha favorito la speculazione sui suoli dell'Ideal Standard sempre a fin di bene, per salvare 200 posti di lavoro. Questa è una cosa che non sta in piedi, non solo perché dal punto di vista giuridico è inaccettabile (ognuno a questo punto potrebbe addurre dei buoni motivi per delinquere o in genere per contravvenire alle leggi), ma perché sono falsità. L'Ideal Standard era una fabbrica in espansione e i lavoratori hanno perso il posto proprio grazie agli appetiti degli speculatori e alle varianti ad hoc al piano regolatore che hanno reso più conveniente vendere i suoli che mantenere la produzione: questa è la tesi dell'accusa, accolta dal GUP che ha rinviato a giudizio De Luca e gli altri imputati. L'esponente più a destra in consiglio comunale Bisogna fare molta attenzione a quello che afferma De Luca, dato che sistematicamente dice il contrario di quello che è e di quello che fa. Quello che critica negli altri è spesso quello che lui pratica. Cambia giudizi e opinioni con una velocità unica, a seconda delle convenienze, pensiamo al riavvicinamento a Bassolino, ma anche agli attacchi a uomini come Pomicino, di cui leggiamo sui giornali proprio lo stesso giorno in cui promette cinquantamila posti di lavoro; dimentico che nel 2004 faceva esattamente la stessa promessa (cinquantamila posti di lavoro) proprio insieme allo stesso Paolo Cirino Pomicino, annunciando che avrebbero trasformato la Campania nel più grande cantiere d'Europa. Ancora nel dicembre 2009, poco più di due mesi fa, va al convegno su Europa e Mezzogiorno organizzato dall'associazione di Pomicino Campania Futura, dove cerca di lanciare alleanze per un autonomismo meridionalista. De Luca dice: “Di Berlusconi mi piace che è esattamente come si presenta, autentico. Rifiuta ogni doppiezza. Io lo trovo apprezzabile.” E poi aggiunge: “Io rappresento la destra europea.” Non si capisce perché un elettore di sinistra o di centrosinistra dovrebbe votarlo. O perché dovrebbe votarlo un elettore che vede in Berlusconi e nel berlusconismo un grave pericolo per la democrazia. Ma è da tempo ormai che De Luca si dichiara esplicitamente di destra: “L'esponente più a destra in consiglio comunale sono io...” dichiara a La Stampa nel 2008. E la cosa tragica è che ha ragione. A Salerno De Luca è sempre più forte, mentre il PD è sempre più debole. Il suo è un potere personalistico. Chi non ha potuto comprare con posti nelle società miste, chi non era d'accordo con le sue scelte, l'ha combattuto come nemico e traditore, arrivando alla frantumazione del PD salernitano. Nel 2006 si è presentato con due liste civiche, in contrapposizione all'altro candidato del centrosinistra, Andria. Alle stesse elezioni il candidato del centrodestra al primo turno prese il 18.9% ! Al ballottaggio la destra appoggiò apertamente De Luca, facendo confluire i suoi voti su di lui, ma evidentemente anche al primo turno buona parte dei voti del centrodestra erano andati al sindaco sceriffo. La più significativa forse fu la dichiarazione di Nino Paravia, industriale e senatore di An: “Poche storie in questo voto c'è tanta destra”. Lo stesso De Luca afferma appena due mesi fa: “La destra è il mio elettorato naturale.” Non è un caso che oggi faccia i cartelloni elettorali senza simboli, con lo slogan “al di là dei partiti” e che inviti al voto disgiunto. A lui non interessa l'affermazione del PD, ma solo quella di Vincenzo De Luca. Anzi, a lui fa piacere un partito debole. Sta nel PD perché gli fa comodo, perché anche tramite il partito è riuscito a consolidare il suo potere e perché la direzione nazionale lo sostiene e gli ha sempre permesso di fare i comodi suoi a Salerno, facendo finta di non vedere e di non sapere. A De Luca piace la Lega Nord per il suo populismo e per le sue politiche xenofobe e non perde mai occasione per elogiarla. E gli piace Berlusconi. Come il Cavaliere, ha capito l'importanza dell'immagine e del controllo sui mass media e sul mezzo televisivo in particolare. Dal 1993 ogni venerdì tiene i suoi comizi dal suo studio, trasmessi dall'emittente privata Lira TV. Come piace a lui: il sindaco parla e i cittadini ascoltano; senza contraddittorio, senza dibattito. Da questa tribuna insulta tutti: gli avversari politici, i pochi giornalisti e intellettuali non piegati al suo potere, le forze sociali e politiche antagoniste, i centri sociali, i movimenti ambientalisti, i lavoratori comunali. Arriva ad insultare violentemente padre Alex Zanotelli. Come osa questo prete denunciare i danni degli inceneritori quando lui già ha in campo finanziamenti e appalti, come quello dato alla Società Campania Appalti s.r.l. dei casalesi? Come osa porsi sulla strada di De Luca, il signore di Salerno? Come Berlusconi, che scese in politica promettendo il famoso milione di posti di lavoro, oggi il candidato governatore promette cinquantamila posti di lavoro in cinque anni. Peccato che a Salerno sia stato solo capace di aprire cantieri di grandi opere mai finite e che fabbriche come la Ideal Standard abbiano chiuso. De Luca non ha proprio niente dell'uomo di sinistra. E' un incrocio tra Achille Lauro e Giancarlo Gentilini, un misto di berlusconismo, leghismo, fascismo dietro a cui sta una pratica politico-clientelare da far invidia alla peggiore classe politica meridionale democristiana che ha svenduto e saccheggiato il Mezzogiorno per cinquant'anni. Il pericolo di un nuovo leghismo Ma c'è anche un altro aspetto legato alla possibile ascesa di De Luca alla Regione, che va al di là dei danni che porterebbe alla Campania. C'è il rischio, sdoganando De Luca dai confini della città di Salerno e regalandogli in mano una regione, di veder crescere un nuovo mostro, il leghismo meridionale. Dopo 17 anni di palestra leghista a Salerno, De Luca è ormai un esperto: il nemico Napoli potrebbe essere sostituito da Roma e dal Nord. A distanza di quasi vent'anni forse un leghismo del Sud potrebbe attecchire, quel leghismo del Sud progettato da Riina, Provenzano e da Gianfranco Miglio della Lega Nord, poi accantonato per dar vita a Forza Italia. Il Nord in mano ai leghisti fascisti, il Sud in mano ai leghisti mafiosi... Già in Campania vediamo le prime avvisaglie nel tentativo del PD di costruire un'alleanza con UDC e MPA, per ora naufragato; ma chi sta seguendo la politica siciliana degli ultimi mesi ha ben chiaro che questo del Partito del Sud è un discorso che va al di là dei vecchi schieramenti, sicuramente al di là del PD. Una parte del PD meridionale spinge per un'alleanza meridionalista, per la costruzione di un soggetto politico che vada oltre una mera alleanza elettorale. Ecco cosa dichiarava D'Alema il 12 dicembre scorso in visita a Napoli: «Non capisco perché l’Udc soprattutto nel Sud debba allearsi con il Pdl. C’è un grande tema politico: dobbiamo creare un’alleanza meridionalista. Non mi riferisco solo ai partiti, ma ad un movimento più ampio, che è largamente vincente nel Mezzogiorno». Proprio nelle stesse ore De Luca partecipava al convegno di Pomicino, a cui ha preso parte lo stesso Caldoro e a cui era presente anche l'MPA di Lombardo. De Luca parla della necessità di un “movimento di liberazione” per la Campania e afferma: «C’è bisogno di una svolta, di unità meridionalista, di un'autonomia meridionalista. Immaginare di affrontare i problemi del Mezzogiorno con i soliti schemi è folle. Dunque è necessaria una rottura culturale. Il mio impegno è di trovare le forme per un movimento di liberazione, forse perché sono un irregolare della politica». In Sicilia stiamo assistendo all'avanzamento del progetto del Partito del Sud da parte di Lombardo e di Micciché e all'apertura dello stesso Lombardo verso il PD. Tale apertura investe anche il PD campano sebbene poi non si sia arrivati all'accordo elettorale; ma nella partita c'è anche una parte del PdL quindi questo non significa che dopo le elezioni le cose non possano cambiare. Micciché, pensando ad un Partito del Sud legato al PdL, non gradisce le aperture di Lombardo al PD e non lo vuole in giunta (ma di fatto il PD ha già avuto due assessori tecnici in cambio dell'appoggio esterno), però intanto proprio in queste ore afferma che il partito del sud sarebbe «Un partito che può attrarre anche l'attenzione di elettori del centrosinistra e di una parte dei dirigenti dello stesso Pd.». E ancora :«Sarebbe ben diverso se tutti ci spogliassimo delle nostre casacche e confluissimo nel partito del Sud. In quel caso un pezzo del Pd sarebbe ben accetto. Ma non so se i tempi sono maturi». Dietro Micciché l'ombra di Marcello Dell'Utri (“dietro Micciché Dell'Utri c'è stato e ci sarà sempre”), i cui rapporti con Cosa Nostra sono stati provati da una sentenza di Tribunale di quasi 1800 pagine. Intanto già dall'estate scorsa sono partiti i sondaggi in otto regioni meridionali. In ogni caso, PD o non PD, De Luca non è certo un uomo di partito: come ama ripetere, lui è Vincenzo De Luca e non si sente legato a nessun partito ma solo al suo elettorato di cui una buona fetta è di destra. Anche lo slogan della campagna elettorale che è pure il nome della lista civica che lo sostiene, Campania Libera, potrebbe risuonare sotto una nuova sinistra luce. Potrebbe ricordare troppo quello dei vari partitini secessionisti Calabria Libera, Lucania Libera, Campania Libera e di quella Sicilia Libera, voluta da Leoluca Bagarella, cognato di Totò Riina, che poi si scioglierà con la nascita di Forza Italia. Fantapolitica? Può essere. Intanto una cosa è certa, che è da tempo che anche nel PD campano si sente parlare del Partito del Sud e si cercano alleanze in questo senso. Un'altra cosa chiara è che siamo alla fine di un ciclo politico, sia a livello locale che nazionale, dove si prepara il post-Berlusconi. Assistiamo ad una situazione che per molti versi richiama quella del '92 e vecchi piani riposti nel cassetto potrebbero essere rispolverati. Il Partito del Sud è qualcosa che avanza. De Luca, uomo di potere capace di attirare attorno a sé un forte consenso, populista, di destra, spregiudicato, potrebbe rappresentare l'uomo giusto in Campania. Le responsabilità che si stanno assumendo davanti alla storia la classe dirigente del PD che in Sicilia sostiene Lombardo e in Campania candida De Luca sono enormi. Così come quelle dell'Italia dei Valori e di Sinistra e Libertà che sostengono la candidatura di De Luca nascondendosi dietro la vicenda Cosentino. De Luca e la camorra De Luca ha iniziato la campagna elettorale con lo slogan “non regaliamo la Campania ai casalesi”, slogan molto suggestivo e che Di Pietro ha colto al balzo per giustificare il suo appoggio al candidato impresentabile. Quindi i casalesi con il PdL e la legalità con il PD-De Luca? Ma possiamo dire che le cose stiano proprio così? De Luca da che parte sta nella lotta contro la camorra? Nicola Cosentino, che di camorra e casalesi se ne intende, ha risposto con una frase sibillina e inquietante: “Enzo De Luca ha ripetuto più volte che votare per lui significa non consegnare la Campania ai casalesi. Se la mette su questo piano, lui è stato sindaco di Salerno grazie anche ai casalesi.” E' solo propaganda elettorale? Ce lo auguriamo, ma restano accuse molto gravi. Ogni cittadino ha il dovere di porsi domande, ancora di più ne avrebbero i partiti che lo hanno candidato e lo sostengono. De Luca si è costruito l'immagine del sindaco sceriffo che impone la legalità, ma abbiamo visto quale sia il concetto di legalità del sindaco di Salerno. E non solo perché ha introdotto questa nuova, pericolosa e inaccettabile fattispecie del “reato a fin di bene” (abbiamo visto di chi, comunque non dei lavoratori). Andava in giro per Salerno a fare le ronde contro i poveracci, ma si è sempre guardato bene per esempio dall'andare nelle piazze dello spaccio in mano alla camorra salernitana. Per De Luca i delinquenti sono i clandestini, gli immigrati in genere, i rom, i lavavetri, i barboni, i parcheggiatori abusivi, le prostitute (lui non è contro la prostituzione, ma per le case chiuse), i ragazzi dei centri sociali; la camorra al contrario viene ignorata, negata. L'opinione pubblica viene portata a credere che il problema della città siano immigrati e “cafoni” e non invece la camorra come in tutta la Campania. Si parla di Salerno come di un'oasi felice in cui la camorra non c'è o è presente solo in forma residuale. Quale grande regalo al “sistema” che, come tutte le mafie, ha bisogno dell'ombra per lavorare meglio. All'indomani di un omicidio di camorra nel 2007, De Luca, dopo qualche frase roboante di circostanza, propone la soluzione: “Aumentiamo la luce pubblica, in quel contesto, via Capone, sottraendolo a qualche nucleo di camorristi che ancora insiste nella zona. Il nostro obiettivo è di buttarli fuori. è già in atto un lavoro importante della polizia municipale per il controllo dei guidatori dei motorini senza casco. Smaltite le ferie di luglio e agosto, i vigili urbani sono tutti in strada e operiamo a pieno organico. I frutti iniziano a vedersi. Ci riprendiamo la città, non esistono zone dove non ci sia legalità e giustizia, senza riserve e senza ambiguità.” Sconfigge la camorra con lampioni e multando i ragazzi senza casco? E' evidente che il sindaco confonde la microcriminalità con la vera camorra, il sistema. Via Capone è il quartier generale del potente clan D'Agostino, ma per il sindaco basta mettere due lampioni. Certamente però è un modo per mettere in campo un'altra opera pubblica, come a lui piace tanto; chissà l'appalto a chi è stato dato poi. E' da notare soprattutto il solito sminuire e negare la presenza della camorra, che viene ridotta alla presenza di nuclei residuali. A dimostrazione di questo, subito dopo si sofferma a parlare della necessità di eliminare i lavavetri e lancia il suo nuovo slogan “via i cafoni da Salerno”, le vere emergenze della città. I più attenti avranno notato questo atteggiamento verso la camorra anche nell'apertura della campagna elettorale a Scampia, quando il candidato governatore ha dichiarato: “Non parleremo di camorra ma di lavoro”. Come se le due cose non fossero legate in modo biunivoco, come se la camorra non soffocasse il territorio impedendone lo sviluppo. Anche se lui si nasconde dietro il discorso che la camorra prospera dove non c'è lavoro, non può sfuggire il messaggio rassicurante lanciato ai clan: chi doveva capire ha capito. Un modo, evidentemente, per attrarre voti anche in ambienti camorristici, che non possono pretendere che un uomo politico parli bene del sistema, ma, appunto, che non ne parli. De Luca però sa bene che i voti della camorra si pagano poi, quando si viene eletti, perché non vengono certo regalati. I cittadini di Scampia e delle altre periferie dovrebbero sapere però che De Luca come sindaco ha abbandonato le periferie a se stesse, curando solo il salotto buono della città. Non solo, la speculazione edilizia e il lievitare dei costi delle case ha fatto sì che la città espellesse le fasce più deboli. Appalti: Gomorra made in Salerno Il problema degli appalti è un problema serio a Salerno. Da più parti in questi anni di amministrazione De Luca è arrivata la denuncia della sistematica assegnazione di appalti a ditte vicine alla camorra. Che la causa sia superficialità o collusione in fin dei conti per la camorra ha ben poca importanza, quello che conta è che la guardia delle amministrazioni locali sia abbassata per permettere alle sue ditte di fare affari e arricchirsi. Una dura battaglia è stata condotta dal consigliere comunale Fausto Morrone, sia in consiglio comunale sia denunciando alla magistratura (è uno di quei “somari iettatori” che se la fa niente di meno che con quella gentaglia della Procura) e alle più alte istituzioni della Repubblica. Morrone è uno che combatte la camorra da anni: da segretario della CGIL denunciò le presenza della camorra nei subappalti della ditta Todini sulla Salerno-Reggio e in seguito a questa denuncia fu minacciato e dovette vivere sotto scorta. Nell'ottobre 2008 fece scalpore una sua intervista rilasciata al quotidiano “Cronache del Mezzogiorno” dal titolo “Gomorra made in Salerno”. In questa intervista spiegava quali sono le falle del sistema degli appalti per cui le ditte camorriste entrano nei subappalti con i cosiddetti noli (a freddo o a caldo) dove non è richiesto il certificato antimafia. «Ma» denuncia Morrone «a Salerno accade di peggio: qui le ditte si infiltrano direttamente senza prestanomi e senza “noli” perché sono certe di trovarsi di fronte a delle istituzioni dormienti». E ancora: «A Salerno ci sono quattro ditte che sistematicamente entrano con il sistema dei “noli”: Marinelli, Iovino, De Rosa e Citarella. Per qualcuno di loro c'è il certificato antimafia ma per altre è noto a tutti che in passato hanno avuto contatti con la criminalità. De Rosa è stato condannato proprio la settimana scorsa per associazione esterna, Iovino lo conosciamo bene così come non c'è nulla da aggiungere su Citarella.» Si chiede Morrone: «Come mai Marinelli riesce ad assicurarsi tutte le forniture di calcestruzzo? Non credo sia l'unica ditta in Campania a fare questo.» Superficialità, se solo di questa si tratta, di sicuro criminale, dato che regala la città in mano alla camorra. In un'altra intervista, rilasciata a Libero lo scorso 10 febbraio, Morrone entra ancor più nei dettagli. Ci racconta dell'appalto della Lungoirno vinto dalla IN.CA. di De Rosa, che il Comune ha dovuto poi revocare dopo dodici mesi, in seguito alla segnalazione della Prefettura sulle sue collusioni con il clan Maiale. Ma, prosegue Morrone «Qualche anno più tardi si deve asfaltare la città di Salerno. Chi fa i lavori? Sui mezzi è stata tolta l'insegna dell'azienda, ma è sempre quella di De Rosa.» Come è possibile una vergogna del genere? La prima volta puoi dire di non sapere (anche se certe cose si sanno indipendentemente dall'interdittiva antimafia), ma la seconda? E questo sarebbe l'uomo che dovrebbe garantirci una gestione anticamorra della Regione? Lo stesso Morrone si chiede “come può De Luca «che non ha impedito infiltrazioni camorristiche nella sua città, promettere di liberare la Campania dai casalesi.»” Carmine Marinelli, invece, quello del calcestruzzo, è “coinvolto in un'inchiesta della Dda di Catanzaro e ancora sotto processo perché sospettato di aver realizzato pilastri con cemento di scarsa qualità sull'autostrada Salerno-Reggio Calabria.” In un'altra denuncia di Morrone, questa volta al Ministro degli Interni e altre autorità, scopriamo che la ditta Marinelli riforniva anche il cantiere della Cittadella Giudiziaria. Infine, sempre su Libero del 10 febbraio, su Gennaro e Giovanni Citarella, Morrone ci racconta: «Il primo è nipote dell'omonimo capoclan ucciso nel 1990. Ed è tra gli indagati, insieme al cugino Giovanni, condannato per tentato omicidio, in un'inchiesta della Dda di Salerno sulla creazione di un cartello di imprese che avrebbe pilotato appalti nella zona.» Risale solo all'anno scorso la questione dell'appalto per la costruzione della strada che porta all'inceneritore di Salerno: l'appalto fu dato alla ditta Società Campania Appalti s.r.l. amministrata da due personaggi legati al clan dei casalesi, Palma Apicella, sorella di Dante condannato nel processo Spartacus per associazione camorristica e Carlo Bianco, giovane di Casal di Principe, il cui padre Gennaro e cugino omonimo Carlo, sono anch'essi coinvolti in inchieste e processi contro il clan dei casalesi. Anche qui la denuncia è partita da Fausto Morrone a cui è bastato fare una semplice indagine per insospettirsi e segnalare la cosa alle autorità competenti, mentre come al solito il Comune non ha fatto niente per evitare queste infiltrazioni. Dopo la denuncia è seguita l'interdittiva antimafia e l'ordine da parte del Prefetto di revocare l'appalto. Denuncia Fausto Morrone in una lettera aperta al presidente Napolitano: “Il problema è che la magistratura può intervenire solo a posteriori e su notizie di reato, per cui, quando succede, quelle imprese hanno già lucrato le risorse della collettività, l'opinione pubblica ha dimenticato le denunce, i tanti casi similari e fa fatica a percepire, in un quadro così frammentario, che quasi tutte le grandi opere pubbliche di Salerno fanno registrare presenze camorristiche o almeno da verificare alla lente di ingrandimento.” Ed ancora : “Quasi in ogni cantiere di opere pubbliche del capoluogo, inspiegabilmente, ci sono presenze non chiare o, addirittura, eccessivamente esplicite in quanto a collusioni con la camorra. […] Ad oggi, l’Amministrazione Comunale non è riuscita a concludere nessuna delle grandi opere avviate oltre un decennio fa, proprio a causa di aggiudicazioni problematiche e per l’aver coinvolto, nella realizzazione delle medesime, il fior fiore dei faccendieri.” In questo clima di totale inerzia nei confronti della prevenzione delle infiltrazioni camorriste capita poi che vengano assunti nelle società miste del comune di Salerno personaggi imparentati con noti camorristi, come Ciro D'Agostino, figlio del boss, che viene assunto il 9 maggio 2004 alla Salerno Sistemi e si dimette l’11 maggio dopo la denuncia pubblica di Fausto Morrone (“Salerno da bere” di Michele Burma). Oppure capita che vengano concessi alloggi ad esponenti dello stesso clan, responsabile tra l'altro dell'attentato all'assessore Rosa Masullo, come denuncia Fausto Morrone. O ancora, denuncia sempre Morrone nel 2008 che nelle società legate al ciclo dei rifiuti «tra i dipendenti è facile scorgere persone legate da vincoli di parentela a ben noti personaggi della camorra salernitana del calibro di Panella, D'Agostino e Persico. Non riesco a percepire se queste presenze sono casuali, ma se fossi in De Luca utilizzerei maggiore cautela quando afferma: “...da noi la camorra è lontana dal ciclo dei rifiuti...”» Ecco i frutti della totale allergia di Vincenzo De Luca alle regole, a quelli che lui considera fastidiosi orpelli burocratici che non gli permettono di lavorare come vorrebbe: lui, uomo del fare, non sopporta di essere costretto da norme e sottoposto a controlli sul suo operato, sia a livello politico-democratico da parte della società civile e della stampa, sia a livello legale da parte della magistratura, alla quale (prima di entrare in campagna elettorale e doversi assicurare i voti di Di Pietro) non esita di rivolgere attacchi e minacce degni di Berlusconi. Quando afferma: “sono perché la magistratura non mi rompa le scatole quando decido di fare una variante urbanistica nel consiglio comunale della mia città, chiaro?” è proprio il principio di legalità che sta negando. Queste leggi che a lui danno tanto fastidio, gli adempimenti burocratici, i controlli della magistratura servono proprio a combattere, tra l'altro, le infiltrazioni mafiose negli appalti. Ma oltre alle leggi ci vuole anche la volontà politica di combatterle, che dovrebbe portare un amministratore locale ad essere il più rigoroso, prudente e attento possibile. Ancora oggi 5 marzo, in piena campagna elettorale, mentre minaccia Travaglio, dichiara, come riportato dall'edizione salernitana de Il Mattino a pag 43: «Non conosco nessun buon amministratore senza un avviso di garanzia. E se c’è è una chiavica». Questo è il senso della legalità di Vincenzo De Luca. La questione penale nella Salerno da bere di De Luca Il comune di Salerno in questi anni di “deluchismo” è stato scosso anche da situazioni ancora più gravi. In questa Italia dalla memoria corta chi ricorda più quando il comune di Salerno arrivò sull'orlo dello scioglimento per infiltrazione mafiosa? Adolfo Grauso, capocentro della DIA di Napoli dichiarò all'epoca: “L’infiltrazione al Comune di Salerno è abbastanza allarmante”. Il comune non fu sciolto grazie all'avvicinarsi delle elezioni che non avrebbero dato il tempo di portare a termine la procedura. 21 settembre 2005, festa di San Matteo patrono di Salerno. L'on. De Luca si fa riprendere dalle telecamere di Lira TV, la TV locale dove tiene i suoi comizi ai cittadini ogni venerdì dal 1993, a braccetto da un lato con Nino Savastano, assessore allo Sport e alle Politiche sociali, dall'altro con Enzo Bove, consigliere comunale DS. Due suoi fedelissimi. 21 dicembre 2005. Enzo Bove viene arrestato all'alba per associazione camorristica, riciclaggio e falso. Insieme a lui vengono arrestati esponenti del clan Tempesta di Angri tra cui il boss Pietro Selvino. Le accuse sono molto gravi: l'organizzazione era dedita all'usura e al riciclaggio dei proventi illeciti che venivano ripuliti e investiti nella movida. Aveva acquistato locali a Salerno, Vietri, perfino due bar a Roma, tra cui il bar Sant'Eustachio vicino piazza Navona. Il giro d'affari stimato dagli inquirenti era di circa 10 milioni di euro. Il ruolo di Bove secondo gli inquirenti sarebbe stato duplice: da un lato amministratore al servizio del clan e dall'altro imprenditore legato al clan che si occupava del riciclaggio del danaro sporco. Ma l'arresto di Enzo Bove per molte persone non fu una sorpresa, essendo il consigliere già chiacchierato da tempo. Il suo nome era venuto fuori nelle dichiarazioni di vari collaboratori di giustizia legati al clan D'Agostino che avevano raccontato di aver portato voti alle elezioni del 2001 a Bove e ad altri candidati in cambio di promesse di posti di lavoro. L'associazione antiracket “Libero Grassi” aveva denunciato il riciclaggio di denaro sporco nella movida salernitana sollevando dubbi sul ruolo di Bove. «Ho denunciato pubblicamente i contatti di Bove mille volte», dice Marcello Ravveduto, presidente dell'associazione Libero Grassi, «nessuno mi ha ascoltato». Facciamo qualche passo indietro. All'indomani delle elezioni comunali, nel luglio 2001 a Bove viene assegnata la delega alla movida, una sorta di miniassessorato che doveva occuparsi di rilanciare la movida salernitana. Nel 2004 è costretto a dimettersi travolto da uno scandalo: aveva eliminato dei posti di parcheggio in piazza Amendola per far allargare il marciapiedi e far spazio ai tavoli del ristorante I Butteri, uno dei suoi locali. Si trattava di interesse privato in atti di ufficio ma all'indomani delle dimissioni molti esponenti Ds locali gli espressero la loro solidarietà e l'apprezzamento per il lavoro svolto. Il 31 dicembre Antonio Corbo su Repubblica ci spiega quale fosse il peso di Enzo Bove nel partito di De Luca: ”Decisivo dopo il congresso di Pesaro fu il contributo di Enzo Bove, il delegato alla movida arrestato in una retata di camorristi, usurai, faccendieri. Bove anche nella processione di San Matteo, 21 settembre, era accanto a De Luca e a Nino Savastano, l'assessore piegato alle dimissioni giovedì da un ciclone di inquietanti voci su un'inchiesta del pool antimafia. Bove e Savastano fecero impennare le tessere da 600 a duemila, consolidando la componente legata a De Luca, un gruppo di irriducibili eretici.” A proposito di quello scandaloso congresso, racconta Michele Burma sulla “Voce della Campania” nella sua inchiesta “La Salerno da bere” dell'ottobre 2005: “Il 29 agosto del 2001, durante gli ultimi giorni utili per il tesseramento in vista del congresso che vide contrapposte le mozioni Fassino e Berlinguer, gli uomini di De Luca chiedono di acquistare in un solo colpo 600 tessere pagando 16 milioni di lire in contanti. L’episodio, senza precedenti nella storia dell’ex Pci, darà luogo alla sospensione del tesseramento innescando una serie interminabile di ricorsi ai vari organi di garanzia del partito. Il caso Salerno balzerà agli onori delle cronache nazionali come esempio della degenerazione del partito. La federazione di Salerno sarà l’unica in Italia a chiudere la fase congressuale con un anno di ritardo, con la vittoria contestatissima della mozione Fassino appoggiata da De Luca.” Ma all'indomani dell'arresto di Bove, De Luca dichiara a l'Unità: “Bove non lo conoscevo neppure, è stato scelto dal sindaco che ha preso il mio posto. Non frequento la Movida.”, mentre cerca in tutti i modi di far dimenticare alla cittadinanza le immagini della processione di San Matteo di appena due mesi prima. Così Aurelio Musi descrive il ruolo di Bove su Repubblica del 31 dicembre 2005: “Bove è creatura di De Luca. E' la rappresentazione visibile, simbolica del potere cittadino. Vecchio e nuovo si intrecciano in questo personaggio: padrone delle licenze commerciali, "signore delle tessere" secondo l'accusa di una parte dei diessini salernitani, in grado quindi di orientare gli equilibri interni a questo partito e di alimentare il conflitto insanabile con la leadership bassoliniana a Napoli, è stato il responsabile dell'immagine di innovatività, legata alla cosiddetta movida salernitana, ma anche il finanziatore delle principali attività politiche messe in piedi da De Luca.” Poi la posizione di Bove è stata archiviata e lui ora sarebbe, secondo quanto riportato dai giornali, nelle fila degli ex-seguaci di De Luca, così come il sindaco De Biase che si è sentito utilizzato e scaricato quando il “capo” ha deciso di ricandidarsi a sindaco nel 2006 dandogli il benservito. Ma nella lista “Campania Libera” troviamo Luigi Bove, padre di Enzo. E' di sicuro ancora nella fila di De Luca, Nino Savastano. E' consigliere provinciale e oggi fa la campagna elettorale per il candidato governatore. Nel 2005 gravi sospetti di collusioni con la camorra lo travolsero per cui fu costretto a dimettersi da assessore ed è stato processato per concorso esterno in associazione mafiosa, voto di scambio e abuso d'ufficio. Dal primo capo di imputazione è stato poi assolto ma ha avuto la prescrizione per il voto di scambio ed è stato condannato per abuso d'ufficio (cfr la Città di Salerno ). Fu accusato da numerosi collaboratori di giustizia di essere stato eletto con i voti del clan D'Agostino. Lo stesso clan responsabile di aver piazzato nel 1999 una bomba, mezzo chilo di tritolo, sotto casa di Rosa Egidio Masullo, assessore alle politiche sociali prima di Savastano: la Masullo aveva fatto sgomberare alcuni appartamenti comunali occupati proprio dalla famiglia del boss Antonio D'Agostino. La camorra rispose con l'attentato. Seguì il processo in cui il comune di Salerno non si costituì parte civile. L'assessora coraggiosa, isolata dal suo partito e non riconfermata nella nuova giunta, dichiarò: "Mi hanno lasciata sola contro la camorra, nessuna solidarietà né dal comune né dal partito: un messaggio di non belligeranza…" Si giustificarono dicendo che se ne erano dimenticati. Anche questo la dice lunga sull'impegno anti-camorra della classe politica di De Luca. Al di là di quelli che poi sono stati gli esiti dei processi, troppo spesso oggi si dimentica che non si può demandare tutto alla magistratura, ci sono responsabilità politiche che vanno al di là di quelle che sono le sentenze di tribunale, dei reati accertati in via giudiziaria, come ci insegna Paolo Borsellino. Qualcosa è successo a Salerno, si è posta una grave questione morale. Dichiarò all'epoca Aurelio Musi su l'Unità «Il modello di sviluppo di Salerno è tutto basato sul ciclo edilizio, il cui indotto principale è una forte commistione tra affari e politica. Tutto ciò presuppone la selezione di una classe dirigente di basso profilo. Ex funzionari di partito promossi a ruoli importanti, gente investita da improvviso benessere. Bove e Savastano, non erano nessuno. Qualcuno li ha promossi. Ora bisogna azzerare tutto. Ma dov'era la città quando la camorra faceva affari in Comune?». D'altra parte gli stessi giornali dell'epoca riportano alcune frasi significative con cui De Luca ritenne di commentare gli avvenimenti che travolgevano la politica salernitana. Per esempio: “A me i pentiti fanno schifo, li disprezzo profondamente”. Opinione condivisa da camorristi e mafiosi di tutta Italia, ovviamente. Oppure: “Ringrazio chi mi ha dimostrato stima e solidarietà, parlo dei cittadini. Non di parlamentari che si distinguono a Salerno per analfabetismo. Sono dei somari. Non hanno rapporti con la gente ma con la Procura. Noi andremo avanti. Abbiamo buona salute e non ci spaventano gli iettatori. Tanti.” Infatti negli stessi mesi in cui ci furono l'arresto di Bove e le dimissioni di Savastano, De Luca fu coinvolto nell'inchiesta Sea Park, ma anche in quella sulle modifiche al piano regolatore per i 480 alloggi di via Picarielli, modifiche effettuate, secondo l'accusa, sempre per favorire interessi privati. Non dimentichiamo che l'on. De Luca è quello che traghettò nel partito e cercò di candidare l'ex ministro socialista Carmelo Conte, allora sotto processo per 416 bis. Per lui non era un problema e i lettori campani di Repubblica possono ricordare l'interessante polemica tra Marco Travaglio, De Luca e lo stesso Carmelo Conte sulle pagine locali del quotidiano, partita dall'efficace articolo di Travaglio “La questione penale”. Così come aveva appoggiato la rielezione di Moscatiello, ex sindaco di Baronissi anche lui all'epoca sotto processo per concorso esterno in associazione mafiosa, accusato di aver favorito negli appalti il clan Forte da cui si sarebbe fatto costruire una villa gratis, a scapito dell'altro candidato della sinistra, sindaco uscente e, cosa grave, incensurato. Vicenda di cui parla anche Marco Travaglio nell'articolo “La questione penale”. E cosa dire di Ugo Carpinelli, suo fedelissimo, ex sindaco di Giffoni Valle Piana, personaggio noto alla Procura e ai Tribunali per le innumerevoli inchieste e gli innumerevoli processi in cui è stato coinvolto e su cui si potrebbe scrivere un romanzo, come lo scandalo di “Forestopoli” o per essersi auto-assunto per gestire l'impianto di tritovagliatura. Ma sarà senza dubbio un altro caso di persecuzione giudiziaria, come quelli del sindaco De Luca e del nostro beneamato premier Berlusconi... Oggi Carpinelli, consigliere regionale uscente, si ripresenta ed è ovviamente tra i sostenitori del candidato governatore. A proposito di liste pulite. Il sistema De Luca Isaia Sales lo riassume così: “De Luca è il politico campano più in sintonia con la concezione della politica come gestione di un sistema di potere, al suo confronto Bassolino è un dilettante” (Il Fatto Quotidiano” del 2 febbraio 2010) In realtà il sistema De Luca non è niente di nuovo, si basa su quelli che sono da sempre stati i due capisaldi del potere nel Mezzogiorno: il consenso clientelare e il mattone. A cui aggiungere il forte personalismo, l'aver accentrato tutto il potere nelle mani di un solo uomo. Il sistema clientelare costruito da De Luca si basa sul proliferare di società miste, ai cui vertici mettere uomini a lui fedeli e tramite le quali poter effettuare assunzioni clientelari. In questo modo si costruisce il consenso. Si è arrivati al punto che oltre il 50% dei membri degli organismi dirigenti provinciali del PD è composto da membri delle società miste, come denuncia tra gli altri lo stesso Sales (Vi spiego chi è Vincenzo De Luca il leghista del Pd che punta alla regione). Nel 2006 la CGIL di Salerno presentò una ricerca in cui venivano censite 48 aziende miste. Leggiamo: “I consiglieri di amministrazione sono 305 e i componenti del collegio dei revisori 184, costano alle casse delle società oltre 3 milioni di euro l'anno.” Le assunzioni non vengono fatte tramite concorso ma tramite agenzie interinali. Scrive Michele Burma sulla Voce della Campania nell'ottobre 2005: “Tra gli assunti però si trovano i nomi di parecchi galoppini elettorali, dei loro figli, dei figli di importanti “notabili salernitani” (magistrati e forze di polizia più che altro) e delle sorelle dei colleghi di partito. Tutta questa bella gente, evidentemente nata con la camicia, viene assunta definitivamente dopo le canoniche proroghe ai contratti a tempo determinato. Scorrendo gli elenchi del personale capita anche di trovare i nomi di parenti stretti di noti esponenti della camorra salernitana” facendo riferimento al figlio del boss D'Agostino. Ecco come descrive la situazione Michele Burma: “Un partito-azienda, organizzatissimo, efficiente e ben finanziato.” E prosegue spiegando che i neo manager pubblici “si impegnano al momento dell’assunzione dell’incarico a versare una quota dei loro guadagni, non al partito, ma alla segreteria dell’on. De Luca attraverso la formula della sottoscrizione di un contributo mensile all’associazione “Sud Europa” di cui l’onorevole De Luca è presidente onorario.” La stessa associazione Sud Europa fu coinvolta anche nell'inchiesta sulle varianti al piano regolatore per gli alloggi di via Picarielli. Ovviamente il tutto avviene a spese dei cittadini; denaro pubblico viene dilapidato per pagare manager di mini aziende inefficienti. Ma purtroppo non finisce qui. E' significativa sul modo di De Luca di gestire il potere la denuncia di un episodio particolarmente odioso che Fausto Morrone fa in una sua lettera all'allora segretario nazionale del PD Veltroni, pubblicata sul suo sito. All'indomani delle primarie del 14 ottobre 2007, De Luca punisce chi non ha votato il segretario regionale da lui sostenuto: “[De Luca] all’indomani del 14 ottobre ha provveduto ad ordinare, da quanto si apprende dai quotidiani locali, le punizioni contro coloro che, nauseati dal suo modo di fare, hanno deciso, in discontinuità con il loro passato, di impegnarsi per la elezione di Tino Iannuzzi a segretario regionale. La cosa impressionante e sgradevole, devo dire, è che, pur non essendo De Luca un novizio nell’utilizzo di questo sistema punitivo nei confronti di quelli che lui definisce “traditori”, in questo caso ha agito platealmente e con un senso di malcelata impunità. Nella rete è caduto un lavoratore, che non ha voluto riassumere in una società mista del Comune, che lui non aveva esitato ad apostrofare lapidariamente “miserabile” dinanzi a un seggio il 14 ottobre, alla presenza di tante persone compreso il sottoscritto. Ad altre due lavoratrici è toccato il trasferimento: entrambe erano state addette alla sua segreteria particolare.” In un comunicato stampa del 2006 Morrone descrive il sistema De Luca come un sistema “costruito per far vivere bene solo una élite, anche se composta da centinaia di persone, per contrabbandare il diritto ad un posto di lavoro per un piacere, per far vivere il nepotismo più sgradevole.” Contrabbandare i diritti per favori: questa è la base del potere mafioso. Alla luce di tutto questo, oltre che della recente bocciatura della Corte dei Conti, paiono particolarmente ridicole le roboanti dichiarazioni di De Luca sulle consulenze alla Regione o sulla sanità libera dalla politica. In molti si chiedono perché se vuole cacciare con la spada i politicanti dalla sanità continui a girare tutti gli ospedali in caccia di voti e consenso. E' chiaro che il messaggio è un altro: cambia il gruppo dirigente alla Regione e chi vuol essere riconfermato deve attestare la sua fedeltà al nuovo capo. Le mani sulla città L'altro aspetto del sistema De Luca è l'apertura agli appetiti speculativi dei palazzinari. Scandalosa è stata la vicenda del piano regolatore commissionato all'architetto Bohigas, costato al comune milioni di euro, che fu tenuto in un cassetto il più possibile per poi essere stravolto con l'approvazione del Piano Urbanistico Comunale (PUC), vicenda che portò alle dimissioni dell'assessore all'urbanistica Martino che si rifiutò di avallare queste operazioni speculative. I piani regolatori sono stati sempre una gran seccatura per gli amministratori amici dei palazzinari. E' rimasta famosa la frase che andava in voga negli anni '50 durante l'amministrazione Lauro (il sindaco delle “Mani sulla città” di Rosi) a Napoli: "Il piano regolatore serve a chi non si sa regolare". Così anche il comune di Salerno si è mostrato allergico al PRG. «Perché, nonostante il piano fosse pronto, discusso, e condiviso da tutte le forze politiche, a Salerno si decise di non adottarlo e di proseguire a colpi di varianti? Per spiegarlo qualcuno è arrivato a teorizzare l’inutilità del piano regolatore. Il sindaco De Biase ha dichiarato alla stampa che “è il piano regolatore a doversi adeguare alle varianti” e non il contrario. Come se la deroga dovesse adeguarsi alla norma. Singolare.» scrive Michele Burma su La Voce della Campania. “L’adozione del nuovo strumento urbanistico avrebbe determinato l’entrata in vigore delle “misure di salvaguardia” e, con esse, si sarebbe fortemente limitato il potere discrezionale dell’amministrazione comunale di dare o negare, approvare o respingere le proposte “imprenditoriali” di varianti urbanistiche.” spiega Martino in un'intervista riportata nello stesso articolo da Burma. E infatti la risposta che diede De Luca a Martino, quando questi gli chiese poco prima di dare le dimissioni che il PRG fosse portato finalmente in consiglio, fu: “Una volta che lo approviamo, chiudiamo lo sportello e che facciamo? Suoniamo i piattini?” Lo sportello era lo sportello unico che, in mancanza del piano regolatore, poteva operare in deroga con procedure d'urgenza e semplificate. Si chiede Michele Burma: “A chi giova la mancata adozione del Prg? Giova ai proprietari delle aree dimesse e da dismettere, fa comodo agli imprenditori che devono costruire fabbrichette, bingo, supermercati, alberghi, palazzine, garage, parchi acquatici a tema e quant’altro, magari su terreni agricoli. Serve agli immobiliaristi in salsa salernitana che sulla vendita dei terreni e degli immobili hanno ricavato ottime “plusvalenze”. Per l’affare Seapark arrivano finanzieri e immobiliaristi da tutte le parti: da Brescia, da Barcellona, da Lugano. La variante Mcm invece, tanto cara al presidente degli industriali napoletani Giovanni Lettieri, viene fatta passare come variante “anticipatoria” del piano regolatore e aumenta l’ indice di fabbricabilità dal 3,5 (previsto dal piano regolatore) al 7,4 che tradotto significa un aumento di valore dei suoli di più del doppio.” Ovviamente tutto questo, o meglio solo parte di questo, finisce sotto il mirino della magistratura e partono le varie inchieste. Si arriva poi finalmente nell'agosto 2006 alla presentazione del PUC. Spiega Martino: “Il nuovo strumento urbanistico, pur lasciando inalterato il dimensionamento del piano, ne aumenta l’edificabilità di oltre mezzo milione di metri cubi; si incrementano gli indici che permetteranno di trasformare le industrie decotte in appartamenti; l’edilizia residenziale pubblica, voluta da Bohigas e dal Consiglio Comunale “diffusa” in tutta la città, viene concentrata in enormi quartieri-ghetto, capaci di ospitare fino a 5000 abitanti e, magari, stretti tra il cementificio e la temuta/auspicata centrale termoelettrica; si cancellano alcune importanti previsioni di opere pubbliche per lasciare il posto ad interventi speculativi; si prevede di costruire sul Masso della Signora, scambiando suoli pubblici resi edificabili con suoli privati.” Il PRG di Bohigas era stato stravolto e si poteva dare il via definitivo al sacco edilizio di Salerno. Il nuovo piano risulta non conforme alle leggi regionali e prosegue Martino: “E’, allora, evidente come il tempo trascorso non sia stato impiegato per adeguare il prg alla legge regionale. Le differenze più marcate tra i due piani sono quelle relative all’edificabilità ed al valore aggiunto ai suoli.” Per soddisfare le esigenze di palazzinari e speculatori, aspetto in cui il piano di Bohigas, pur con i suoi limiti, era evidentemente carente. Da evidenziare anche l'artificiosa sovrastima delle previsioni demografiche: in una città che vede un trend negativo che la porta a perdere abitanti (da 149.000 nel 1999 a 139.000 nel giugno 2009), prima il PRG e poi il PUC sono pensati per una popolazione che dovrebbe arrivare – non si sa quando – a 180.000 abitanti. Una ricostruzione di tutta la vicenda è stata fatta dalla sezione salernitana di Italia Nostra che ha realizzato il docufilm “Storia del Piano della Salerno del Duemila” (parte 1 – parte 2 – testo). In particolare Italia Nostra calcola che sui 3.400.000 metri cubi di cemento previsti dal PUC, ben 2.290.000 metri cubi circa sono destinati alla domanda abitativa prevista per questi ipotetici abitanti futuri, mentre solo 1.125.000 metri cubi sono destinati ai residenti attuali. L'ultima speculazione La nuova grande speculazione che fa discutere Salerno è il Crescent, un mostro di cemento a forma di emiciclo che invaderebbe la storica spiaggia di Santa Teresa, il cuore storico della città, distruggendo tra l'altro dei platani secolari. Una colata di cemento che deturperebbe irrimediabilmente la costa e nasconderebbe il mare a intere zone del centro storico; dal lungomare non si vedrebbe più la Costiera Amalfitana. Costato già, secondo i calcoli del comitato No Crescent, quasi 14 milioni di euro di soldi pubblici, compresi i soldi dati all'architetto Bofill che l'ha progettato e gli oltre 10 milioni spesi per acquistare il terreno dal demanio pubblico; intanto – denuncia il comitato – la gara di febbraio è andata deserta, mentre i cantieri sono già partiti. Ecco come il Comitato No Crescent descrive l'ecomostro: «Con un vago e anacronistico stile post(iccio)moderno, l'edificio è una muraglia alta circa trenta metri (fonte: progetto presentato alla Soprintendenza di Salerno) che si estende nel suo complesso per ben trecento metri (pari a tre campi di calcio), per un totale di circa 90.000 metri cubi di volumetria, che altererà per sempre in modo negativo un pezzo della città di Salerno. Tratti emblematici del Lungomare e del centro storico vedranno chiudersi la visuale verso il mare e verso la Costiera. L'edificio è un enorme palazzo che ospiterà centinaia di alloggi privati a immediato ridosso del mare, in una zona - in tempi recenti - demanio marittimo. E poi parcheggi pertinenziali interrati, e così via. Tutto stretto nelle mani dei privati. Una vera e propria colata di cemento nel cuore del Centro Storico di Salerno.» Nella piazza che sarebbe delimitata dall'emiciclo, denominata pomposamente piazza della Libertà, il sindaco De Luca ha dichiarato di voler far tumulare le sue ceneri, come un novello faraone. Perché è proprio questo lo scopo delle mastodontiche opere, degli ecomostri, delle colate di cemento: esse servono ad esaltare la grandezza del sindaco imperatore agli occhi della plebe. Sono inoltre utilizzate come armi di distrazione di massa. Ma chi credeva che peggio del Crescent non ci sarebbe potuto essere ha dovuto ricredersi. Un nuovo progetto è stato presentato alla città: la Vela, un mega albergo di lusso clone dell'omologo originale di Dubai e della sua contestata imitazione di Barcellona. Un orribile grattacielo che dovrebbe stravolgere piazza della Concordia, un gigante visibile dalla costiera amalfitana, di cui deturperebbe il paesaggio. Denuncia la rete No Vela di Salerno: «Dopo gli abbattimenti del “Fuenti”, delle catapecchie lungo la Litoranea di Eboli, del Villaggio Coppola a Castelvolturno, del cosiddetto “edificio saracinesca” a Punta Perotti sul lungomare barese, a Salerno migliaia e migliaia di metri cubi di calcestruzzo stanno per abbattersi anche su Piazza della Concordia. E la parola calcestruzzo di per sé evoca cattivi pensieri. La Vela sarà un albergone alto circa 80 metri sul livello del mare: altri tratti emblematici del Lungomare saranno violentati da questa nuova opera spropositata di Bofill. Il quartiere di piazza della Concordia sarà sventrato quotidianamente dai lavori di realizzazione della Vela. La vita quotidiana di centinaia di salernitani si trasformerà in un inferno. Alla fine poi, quando finalmente anche la Vela sarà terminata, in molti residenti non potranno più vedere il mare.» Armi di distrazione di massa, dicevamo. Così ha definito il progetto del Crescent l'ex assessore arch. Martino, che il 22 marzo 2009 scrive: «E se ci fossimo tutti sbagliati? Se, alla fine, scoprissimo che la storia del Crescent - con la sua pertinenziale Piazza della Libertà - è solo uno specchietto per allodole, una grande bufala cementizia? Se, insomma, – per dirla con Travaglio – fosse proprio una formidabile “arma di distrazione di massa”? Geniale! Tutti a discutere del Crescent mentre la macelleria urbanistica del comune va avanti e organizza altre, succulente operazioni. Non sarebbe la prima volta. Ricordate quando sembrava prendere forza l’idea di riconvertire ad usi turistici il porto commerciale? Anche lì, messo alle strette, il Nostro sfoderò un’arma segreta, anche quella di “distrazione di massa”, anche quella provvista di plastico, anche quella presentata con squilli di trombe e rullio di tamburi: il porto isola, l’isola che non c’è, da costruire, nuova di zecca, al largo della costa di Paestum, per poi - molto poi - cambiare la destinazione del bacino portuale. Le discussioni si sprecarono – bella prova di democrazia - e il risultato fu di mettere la sordina a quanti chiedevano che, almeno, si analizzassero i costi ed i benefici di un pur possibile diverso utilizzo del porto. E, allora, è il caso di andare a guardare cosa sta accadendo - senza clamore, senza plastici, senza democrazia, senza vergogna - all’ombra del Crescent. Inceneritore a parte - altro cavallo di battaglia del Nostro che meriterebbe una sua trattazione – i più ignorano che si stanno approvando i PUA. Cosa sono i PUA? Ma, diamine, i piani attuativi, le vecchie, “care”, lucrose lottizzazioni edilizie di una volta! Sono dappertutto: dal Masso della Signora, al laghetto di Brignano, alla zona orientale, all’Arechi, a Fuorni. E, dappertutto, alimenteranno la crescita deforme della periferia. Palazzoni, brandelli di edificato in forma di pseudo parchi, addizioni nauseabonde che non diventeranno mai città, ma che gonfieranno le tasche di nuovi e vecchi speculatori. Per non parlare del mega-progetto “Salerno Porta Ovest”, anche quello ricco di viadotti e cemento, anche quello fortemente modificativo dei tratti identitari di Salerno, anche quello sdoganato – senza troppe riflessioni – da un gruppetto di supporter arruolati strategicamente all’interno della macchina politico-amministrativa. Poco importa. Tutti a discutere del Crescent, della P.D.L. (acronimo inquietante), di dove mettere le ceneri del primo cittadino e di altre menate. E, intanto, “avanti tutta” con le betoniere.» Anche Italia Nostra di Salerno, che si oppone ai due scempi ambientali, lancia lo stesso allarme nel suo documentario: «Ma mentre la gente si divide sul Crescent, nella sua ombra lunga avanza la costruzione di enormi quartieri popolari in periferia; di parchi residenziali che si sporgono dalle colline; di pseudofabbricati rurali che infiorano la campagna; di fabbriche dismesse che attendono di trasformarsi in supermercati; di inceneritori e centrali turbogas che vanno e vengono: di tutto, c’è, e di più, sotto il Crescent.» De Luca salvatore dei lavoratori? Sulla vicenda Ideal Standard De Luca pubblica sul suo sito gli atti giudiziari, ma solo quei pochi stralci che fanno comodo a lui, e dice di aver fatto quell'operazione per cui è sotto processo per salvare i posti di lavoro degli operai. Non la pensa così la Procura di Salerno che ha condotto l'indagine, non la pensa così il GUP, quindi un giudice terzo, che l'ha rinviato a giudizio accogliendo le tesi del PM. Non va mai dimenticato che l'indagine è stata seriamente compromessa dalla decisione della Giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera dei Deputati che il 1 febbraio 2006 ha negato l'utilizzazione delle intercettazioni telefoniche in cui era coinvolto l'on. De Luca, ben 260 telefonate. Decisione ratificata dal Parlamento in data 8 febbraio. L'on. Edmondo Cirielli di AN (quello dell'omonima legge e attuale presidente della Provincia di Salerno) fece in Aula un intervento appassionato in difesa di De Luca e poi l'Assemblea approvò la decisione della Giunta con soli 15 voti contrari, 164 a favore, 212 astenuti. Ed è stata compromessa da un GIP che, pur ritenendo l'impianto accusatorio valido, aveva negato per tre volte la richiesta di arresto, in quanto come racconta Marco Travaglio su “Il Fatto Quotidiano” del 9 febbraio scorso “Il gip distrusse addirittura le bobine gettandole nell’inceneritore, anziché attendere la decisione della Consulta (che di lì a poco ne decretò la piena utilizzabilità); subito dopo il fratello del gip, Luca Sgroia, diventò segretario dei Ds di Eboli e aprì la campagna elettorale per De Luca sindaco di Salerno.” Una combinazione? Intanto il comportamento affrettato del magistrato è indubbiamente molto grave. E poi, se lui stesso aveva ritenuto indispensabili ai fini dell'indagine quelle intercettazioni, perché poi tanta fretta di distruggerle? E' ancora possibile scaricare dal sito web della Camera dei Deputati le 101 pagine della richiesta di utilizzazione delle intercettazioni trasmessa dal GIP e in cui sono presenti tutti i capi di imputazione. Al di là del profilo penale, scopriamo che De Luca, pur non essendo all'epoca più sindaco continua di fatto a esercitare il potere. Il 21 gennaio Antonio Corbo scrive su Repubblica: ”In quelle telefonate Enzo De Luca dà ordini, urla, concede incontri. Si rivela come sindaco ombra. Con poteri decisionali immensi. Anche quando c'è da concedere varianti urbanistiche, quelle che determinano poi l'accusa di concussione a carico dello stesso De Luca e dell'attuale sindaco De Biase.” Sindaco che invece nelle intercettazioni non compare mai. E ancora: “Nelle intercettazioni De Luca si esprime con toni fin troppo decisi, spesso sgarbati. Urla per il chiosco di piazza San Francesco, da spostare subito. Incontra imprenditori coinvolti nell'inchiesta.” C'è un altro particolare significativo per capire il sindaco sceriffo, raccontato da Corbo: “Erano state appena smantellate le baracche dei nomadi nel quartiere di Mariconda, presenti tutte le tv. E lui, De Luca, proprio lui, non era stato consultato? Il carisma di De Luca incombeva su Salerno anche da deputato, quasi non vi fosse De Biase.” Il ruolo di De Luca durante l'amministrazione De Biase è efficacemente raccontato dall'ex assessore all'urbanistica Fausto Martino nell'intervista sul Fatto Quotidiano dell'11 febbraio 2010 dal titolo “Vi racconto il sacco edilizio di Salerno”: «De Biase era teleguidato da De Luca, che dagli uffici di via Testa [sede della sua segreteria politica n.d.r] inviava gli ordini.» Ma veniamo alla richiesta di utilizzazione delle intercettazioni. Sull'on. Vincenzo De Luca ci sono vari capi di imputazione. Il capo a) è 416 c.p. e 110-416 c.p, associazione a delinquere (concorso esterno insieme a De Biase ed altri amministratori) “consistito nel sostenere e favorire la chiusura dell'unità produttiva di Salerno decretata dal gruppo dirigenziale dell'Ideal Standard mediante attivazione di un fittizio programma di riconversione industriale ai sensi della legge 223/1991 e conseguente indebito riconoscimento dei trattamenti di mobilità ed integrazione salariale in favore dei lavoratori dismessi; nell'attuare interventi normativi di modificazione della destinazione urbanistica delle aree ubicate in zona orientale di Salerno volte a favorire la realizzazione di iniziative imprenditoriali promosse dal gruppo Benedetti/Ciliberti/Tiefenthaler; nel favorire il medesimo gruppo nell'insediamento in area industriale ex Ideal Standard per la realizzazione di attività industriali connesse e nel conseguimento di indebite erogazioni ai sensi della legge 223/1991, nei tempi e nelle modalità meglio descritte nei successivi capi di imputazione.” Altri reati contestati a De Luca sono concussione (art. 317 c.p.), truffa ai danni dello Stato (art. 640 comma 2 n.1 c.p.), abuso d'ufficio (art. 323 c.p.). Si legge ancora a proposito degli indagati (tra cui De Luca): “Intenzionalmente procuravano ingiusti danni alla Seapark (in stato di dissesto finanziario), alla comunità salernitana e ai lavoratori dismessi della Ideal Standard, consistiti nella mancata realizzazione del progetto di costruzione di un parco a tema sulla litoranea orientale della città, nella conseguente mancanza di riassunzione della manodopera (tuttora sottoposta al regime della mobilità ex L. 223/1991) in attività industriali da insediare nell'area ex Ideal Standard, in zona ASI di Salerno.” E ancora: “Con artifici e raggiri consistiti nel dissimulare il rapporto di collegamento della I.T. & S. S.p.A. con la società Seapark S.p.A. e con le altre collegate […] derivante dalla sostanziale coincidenza degli organi di rappresentanza e delle strutture aziendali […] procuravano ingiusti profitti a sé e a terzi […] con danno per i dipendenti della ex Ideal Standard consistito nella mancata riassunzione definitiva e a tempo indeterminato e possibilità di perdita dei benefici di cui alla L. 223/1991 illegittimamente conseguiti; per l'ente comunale di Salerno nella adozione di varianti urbanistiche dirette a trasformare aree a destinazione agricola in aree a destinazione turistico/commerciale allo scopo di soddisfare interessi di privati imprenditori e proprietari di suoli. Con il concorso di De Luca Vincenzo, nella qualità di membro della Camera dei Deputati del parlamento, referente politico nazionale del partito di maggioranza dell'organo consiliare, che interveniva presso il Ministero del Lavoro al fine di assicurare il riconoscimento della proroga della mobilità ai lavoratori dismessi dalla Ideal Standard.” Osserviamo che mettere i lavoratori in mobilità era condizione necessaria per avere i finanziamenti pubblici previsti dal contratto d'area che serve appunto a tutelare i posti di lavoro. In realtà, secondo l'accusa, i lavoratori sono stati usati per avere i finanziamenti pubblici ma non c'era alcuna intenzione di conservare i posti di lavoro, avendo l'operazione un mero fine speculativo. Molti hanno notato non poche stranezze nella crisi dell'Ideal Standard, nel comportamento degli stessi sindacati e una strana concomitanza con l'approvazione da parte del CIPE della delibera del 21 marzo 1997 che disciplina ex novo le procedure di approvazione dei patti territoriali e dei contratti d'area. Sul sito del RdB Cub di Salerno troviamo un interessante dossier di Simone Giuliano in cui si ricostruisce la vicenda: “Nell’articolo 3.2 la delibera recita «Le aree industriali nelle quali può essere stipulato il contratto d’area devono essere interessate da gravi crisi occupazionali accertate dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale», situate nelle “aree depresse” o in quelle realizzate in seguito alla legislazione post-terremoto (legge 219/1981). Ma se una crisi non c’è, potrebbe anche verificarsi. Risulta infatti francamente inquietante la successione temporale degli eventi per quanto riguarda l’Ideal Standard di Salerno.” D'altra parte basta vedere come sono andate le cose: la Ideal Standard non c'è più e non c'è stata nessuna riconversione, ma solo una grande speculazione fatta sulla pelle dei lavoratori che hanno perso il lavoro. Ora due sono le cose: De Luca è responsabile di tutto questo o in quanto ha partecipato all'affare o in quanto ha dato credibilità a speculatori e quindi è ugualmente inaffidabile nello gestire la cosa pubblica. Il problema è che sia il PM che il GIP ritenevano di fondamentale importanza le intercettazioni telefoniche proprio nella valutazione della posizione di De Luca, cosa che si legge anche nella richiesta inoltrata dal GIP al Parlamento: “L'utilizzazione delle conversazioni telefoniche del parlamentare De Luca Vincenzo […] si appalesa rilevante e necessaria ai fini della prova dei reati indicati nell'imputazione provvisoria”. E infatti il Parlamento ha votato no all'utilizzazione delle intercettazioni, insabbiando di fatto tutto e le bobine sono finite con una fretta inspiegabile nell'inceneritore, distruggendo mesi di lavoro paziente dei carabinieri che avevano raccolto quelle telefonate... Le intercettazioni non potranno essere utilizzate in sede giudiziaria è vero, ma come hanno riportato i giornali dell'epoca, il quadro che ne esce fuori del ruolo di De Luca deus ex machina al comune di Salerno dovrebbe essere abbastanza chiaro. Scrive Antonio Corbo su Repubblica del 15 gennaio 2006: “Con altri 53 indagati e 7 società, il processo De Luca è la revisione in chiave giudiziaria di una cultura urbanistica, di una conduzione amministrativa che il pm Gabriella Nuzzi definisce «personalistica e affaristica».” E ancora: «Le intercettazioni apparse sono solo una parte. Imprenditori e funzionari che parlano di De Luca. Indirette, quindi. Le dirette (De Luca al telefono con indagati) sono ancora segrete, in attesa che si pronunci il gip in Camera di consiglio e poi la giunta di Montecitorio. Danno comunque l'intensità del potere di De Luca da sindaco prima e deputato poi. Consentono al pm di rilevare «la pressante ingerenza esercitata dal De Luca su tutte le vicende della vita politica, amministrativa, sociale ed economica della città». Accadeva anche quando De Luca non era più sindaco e sembrava sovrapporsi al suo successore. «Il suo assenso è ritenuto imprescindibile per ogni iniziativa del governo cittadino: dalle nomine alle società di gestione dei servizi pubblici, dalla pianificazione territoriale, all'approvazione dei bilanci».[...] Il pm Gabriella Nuzzi riscontra «uno stato di subordinazione degli organi amministrativi del Comune, del sindaco De Biase, della giunta, degli uffici tecnici completamente piegati alle volontà "politiche" del De Luca». Né mancano espressioni per aumentare la già ampia aneddotica: "il Capo", o con confidenziale timore "la Belva".» Nonostante l'ostracismo del Parlamento, la dott.ssa Gabriella Nuzzi ha continuato le indagini e si è arrivati al rinvio a giudizio. Sempre in merito alla vicenda, scrive “Il Mattino” in data 29 ottobre 2008 in occasione della prima udienza che si è tenuta davanti al GUP per la richiesta di rinvio a giudizio avanzata dal PM Nuzzi: “In base alla ricostruzione della pubblica accusa il parco marino all'inizio doveva sorgere in zona Asi, al posto dell'Ideal Standard, una fabbrica in piena espansione, che però all'improvviso ha chiuso i battenti proprio per far posto alla realizzazione di quel grandioso progetto. È così iniziata una lunga odissea per le centinaia di lavoratori rimasti senza occupazione. Poi il parco marino è stato dirottato su alcuni terreni pagati a caro prezzo in litoranea, è stato erogato un finanziamento in base alla legge 488, ma di quel progetto, che avrebbe dovuto creare centinaia di posti di lavoro, non è traccia. Contestata la truffa per i finanziamenti erogati e per le indennità di mobilità per i lavoratori dell'ex Ideal Standard, che sarebbero stati reimpiegati fittiziamente, al solo fine di ottenere le proroghe degli ammortizzatori sociali.” Il GUP accoglie le tesi dell'accusa e rinvia a giudizio De Luca per associazione a delinquere, truffa allo Stato, concussione e falso. Ecco cosa scrive L'Unità il 14 dicembre 2008: “C’era una fabbrica che andava bene nell’area industriale di Salerno. Ma volevano farci un parco marino. Il più grande d’Europa. La fabbrica non c’è più, del parco non si è vista neppure l’ombra. Ed è finita con una raffica di rinvii a giudizio. Imprenditori e politici. In testa Vincenzo De Luca, sindaco di Salerno, e il suo predecessore Mario De Biase, rinviati a giudizio, insieme ad altre 45 persone, per associazione per delinquere finalizzata alla commissione di una serie di reati che vanno dal falso, alla truffa alla concussione. Le richieste del pm Gabriella Nuzzi sono state quasi completamente accolte dal gip Anita Mele, il processo inizierà il 5 marzo prossimo. La storia è quella dei suoli dove si trovavano gli stabilimenti dell’«Ideal Standard», una fabbrica in espansione che all’improvviso decide di chiudere. Ed è sul piano di riconversione industriale che si appuntano le attenzioni della procura salernitana, che giudica fittizio il programma e «truffaldino» il disegno degli imprenditori che prospettano la costruzione del «Sea Park», il parco marino più grande d’Europa. Chiusa la fabbrica, il progetto del parco viene però spostato sulla litoranea dove le aree hanno costi più elevati. Al sindaco De Luca il pm contesta la truffa, ma anche il reato di concussione perché, insieme all’ex sindaco Mario De Biase, avrebbe indotto la «Sea Park» a comprare a prezzi molto alti i suoli.” Scrive Enrico Fierro in un interessantissimo articolo sul “Fatto quotidiano” del 3 febbraio 2010 (“Urbanistica e affari nella Salerno di De Luca”): «Per Gabriella Nuzzi, il pm che inquisisce De Luca, l'ex sindaco De Biase, insieme con una lunga lista di tecnici e funzionari, la chiusura della fabbrica “è da inserire nell'ambito di una più complessa ed articolata strategia criminale funzionale all'acquisizione di aree per la realizzazione di illecite trasformazione del tessuto urbano e di speculazione immobiliare”.» Lo stesso magistrato sospetta che il suo allontanamento da Salerno vada al di là della vicenda Catanzaro: le sue inchieste scomode subirono gravi interferenze e lei stessa denunciò la presenza di talpe in Procura e la violazione dei computer. Una nota inquietante: nel processo Sea Park troviamo quel Claudio Marcello Massa dello scandalo Eutelia, l'amministratore unico delle società Agile, Omega e Libeccio. Non manca la presenza della camorra anche in questo affare. Scrive Enrico Fierro nell'articolo su citato: «Nel 2001 il pentito di camorra Cosimo D'Andrea parla dell'interesse all'operazione dei clan casertani. “Si è mosso De Luca e i soldi si stanno prendendo iniquamente perché per regola non dovrebbero arrivare. Lì non vanno a fare l'acquario, ne va solo una minima parte, i lavori verranno iniziati e mai finiti.» E infatti così è stato. Su Libero del 10 febbraio 2010 leggiamo altri stralci degli interrogatori del collaboratore di giustizia: “Per quanto riguarda l'Ideal Standard che cosa hanno fatto? Qua è l'inghippo forte, invece di riconvertire e dare lavoro hanno fatto tanti preliminari a dieci-docici piccole aziende per lottizzare i capannoni, questi li vogliono e li hanno... li vogliono prendere questi soldi con la legge 488, hanno fatto dei compromessi preliminari dicendo: «Voi come prendete i soldi li pagate a noi» stanno costituendo un consorzio, passeranno anni e nel frattempo gli operai non prendono soldi, i patti non si stanno mantenendo”. Alla domanda se De Luca sapesse di tutti questi imbrogli, D'Andrea risponde: “Lui in campagna elettorale ha cavalcato il cavallo di questa cosa, che avrebbe portato a Salerno questa cosa, è lui che lo fa.” 5 marzo 2010