Emanuela Jossa, Raccontare gli animali. Percorsi nella letteratura

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Emanuela Jossa, Raccontare gli animali. Percorsi nella letteratura
Emanuela Jossa, Raccontare gli animali. Percorsi nella
letteratura ispanoamericana
Milena Miazzi
Università di Padova
Raccontare gli animali. Percorsi nella letteratura ispanoamericana (Firenze: Le Lettere,
2012) è un interessante ed articolato studio sulla rappresentazione letteraria degli
animali in America Latina. Per oltre 350 pagine Emanuela Jossa esplora un vasto
panorama letterario e riunisce, in una prospettiva ecocritica1, opere in poesia e prosa,
in cui prendono variamente forma i concetti di prossimità e distanza tra l’uomo e
l’animale.
In altre parole, ci mostra come diversi scrittori del continente sudamericano,
dalle origini agli inizi di questo secolo, hanno raccontato gli animali e, nell’accurata
analisi dei loro testi, ci aiuta a rilevare gli sviluppi di un lungo processo di
(de)costruzione del concetto di animalità. Così, attraversando le regioni del sogno e del
fantastico, visitando la selva argentina di Misiones, le distese ghiacciate della Patagonia
o spazi molto più familiari come uno zoo o un acquario, giungiamo in luoghi poetici
dove si dà, misterioso e ineffabile, l’incontro tra l’uomo e l’alterità animale.
Il libro è diviso in tre parti, precedute da una breve premessa che denuncia,
all’interno della cultura occidentale, un diffuso e prolungato disconoscimento
dell’animale. Ritenuto sostanzialmente privo di linguaggio e di coscienza, per secoli è
stato descritto come un’entità collettiva radicalmente contrapposta all’uomo. Oppure è
stato rappresentato secondo i parametri dell’antropomorfismo.
In realtà “dire l’animale” è questione più complessa e ricca d’implicazioni. Lo
dimostra la studiosa, radunando, accanto ai numerosi riferimenti letterari, una cospicua
bibliografia scientifica, filosofica e antropologica che, impegnata a definire il concetto
di animale, si vede costretta a interrogarsi nuovamente sull’identità dell’uomo e sulla
sua posizione nella natura e nel mondo.
Tuttavia, se per l’Occidente cristiano le parole chiave – in un discorso
comunque non unanime – sono state, per molti secoli, logocentrismo e distanziamento,
nelle culture precolombiane e in quelle indigene attuali, il rapporto tra uomo e animale
è da sempre definito in termini di prossimità e interdipendenza all’interno di un ordine
universale che unisce e regge tutto ciò che esiste.
1 Con “Ecocritica” è stato tradotto in italiano il termine “Ecocriticism” coniato negli Stati Uniti da
William Rueckert, tra la fine degli anni Ottanta e gli inizi degli anni Novanta del secolo scorso, per
definire la disciplina che si propone di applicare alcuni modelli dell’ambientalismo scientifico
all’immaginazione letteraria e agli studi a essa correlati.
Orillas, 5 (2016)
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MILENA MIAZZI
La cultura ispanoamericana ha assegnato grande importanza alla
rappresentazione dell’animale, misurandosi a più riprese, con entrambe queste visioni.
Perciò, un’indagine sulla figurazione animale nella sua letteratura è anche l’occasione
per osservare un processo creativo originale e complesso, che registra momenti di
collisione e di dialogo tra l’elemento indigeno e le tradizioni del vecchio continente.
Il saggio si apre con “Pensare l’animale”, un excursus a carattere enciclopedico
che fissa le tappe fondamentali della riflessione sull’animale nella cultura occidentale e
in quelle autoctone americane. In queste pagine vengono richiamate, da un lato, le
cosmovisioni delle culture andine, maya, nahuatl, guaraní e mapuche che – fatti salvi
alcuni tratti peculiari – mostrano sostanziali punti di contatto; dall’altro si fa
riferimento al mondo classico, ai bestiari idealizzanti del Medioevo e alle riflessioni
filosofiche del Rinascimento, alle sorprendenti relazioni di viaggio delle Crónicas de
Indias, a Descartes e a Spinoza, alle conquiste dell’Illuminismo, alla teoria di Darwin e
alla messa in discussione del sistema razionale con Nietzsche, Adorno, Horkheimer
fino alle più recenti proposte di Derrida, Deleuze, Guattari e Acampora.
La seconda parte si caratterizza come un’attenta e dettagliata lettura critica di
alcune opere di cinque importanti scrittori che, sulla scorta degli enunciati della
filosofia antirazionalista degli inizi del XX secolo, si sono posti “accanto” agli animali,
in una dimensione letteraria che non solo rinuncia alla riduzione antropomorfica, ma
arriva addirittura a mettere in discussione il confine tra l’animale e l’uomo.
Scopriamo così con Leopoldo Lugones, nella vicenda di uno scimpanzé
costretto dal suo padrone a imparare a parlare, che la sfida non è quella di assimilare
l’animale all’uomo imponendogli l’uso della parola, ma piuttosto di accettare che
esistano forme di comunicazione diverse dal linguaggio umano. E dalla tragica storia
di una femmina di boa che, nella selva tropicale, si prende cura di un moribondo,
apprendiamo, in Horacio Quiroga, che esiste un forte legame fra territorio e corpo; ed
anche che la vulnerabilità, comune a tutti gli esseri viventi, è il fondamento di una
comunità biotica2 in cui siamo chiamati a rispettare un’etica interspecifica. José Luis
Borges ci mostra, dal canto suo, che l’individuo – animale o uomo – è effimero,
mentre è la specie ad avere una dimensione di eternità che si rivela all’essere umano in
un misterioso istante di vicinanza con l’animale. In “Axolotl” di Julio Cortázar, e più
ancora in alcune pagine di Historias de cronopios y de famas, intuiamo che un incontro è
possibile se si riduce la specificità di ciascuno, perché la percezione profonda dell’altro
– non la conoscenza, che rimane inattingibile – consentono di trasformare la distanza
in limitrofia. Infine Francisco Coloane, con le sue storie ambientate negli spazi
inesplorati e ostili della Terra del Fuoco, ci insegna che un’alleanza tra uomo e animale
è possibile e necessaria per far fronte alle minacce dell’ambiente. Nella natura estrema
di una “geografia del confine” è inevitabile anche l’uccisione dell’animale nella caccia.
Ma esiste un codice etico che prevede il rispetto dell’ecosistema, e chi ne viola le
regole viene implacabilmente punito.
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Comunità biotica (o biocenosi) è il complesso di popolazioni animali e vegetali che vivono e
interagiscono fra loro in uno stesso ambiente con il quale formano un ecosistema.
EMANUELA JOSSA, RACCONTARE GLI ANIMALI
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La terza parte del libro, la più ampia e la più ricca di spunti, contiene sei
interessanti percorsi che documentano, da posizioni diverse, la relazione uomoanimale.
S’inizia con i bestiari novecenteschi di autori come José Luis Borges con
Margarita Guerrero, Juan José Arreola, Enrique Anderson Imbert, José Emilio
Pacheco, Germán Arciniegas, Pablo Neruda, Carlo Antonio Castro o Nicolás Guillén.
Nel riprendere un fortunato genere letterario, questi scrittori ne sovvertono lo statuto,
mettendo in dubbio la possibilità stessa di classificare gli animali e spostando
l’attenzione su un’ipotesi di relazione – poetica o filosofica – tra l’uomo e l’animale.
Nel secondo percorso ci colpisce la definizione di giardino zoologico come
“monumento all’assenza” in cui gli animali, obbligati a un’esistenza artificiale e
continuamente esposti allo sguardo del pubblico, subiscono un processo di
reificazione che equivale alla loro scomparsa. In certi casi – come nell’opera del
salvadoregno Roque Dalton o del nicaraguense Lizandro Chávez Alfaro – lo spazio
opprimente dello zoo assume anche una connotazione politica, diventando metafora
della violenta repressione perpetrata dalle dittature in Centroamerica.
Caccia, pesca e allevamento fanno da filo conduttore a un terzo gruppo di testi
che include, tra gli altri, i nomi di Ciro Alegría, Luis Sepúlveda, Rodolfo Rey Rosa,
Braulio Muñoz, Abelardo Díaz Alfaro e i già citati Francisco Coloane e Horacio
Quiroga.
“Visti da lontano” è il titolo di una quarta sezione che rende conto della fortuna
degli uccelli come motivo letterario, ma anche del parallelo fenomeno della loro
“disanimalizzazione”, cioè di una loro riduzione a simbolo, nel mito e nelle moderne
creazioni letterarie ispanoamericane. Basti citare il quetzal dei maya e il cigno della
poesia modernista. Il mondo indigeno, saldamente ancorato all’idea di una continuità
ontologica tra tutti i viventi, mostra in quest’ambito tratti di grande originalità. Ne
sono un buon esempio i versi del poeta maya Humberto Ak’abal che, fedele all’uso
della lingua k’iché, designa gli uccelli non con il nome imposto loro – primo passo di
un’appropriazione da parte dell’uomo – ma con l’onomatopea che li identifica e ne
rappresenta l’essenza.
In “Visti da vicino”, la quinta selezione di brani commentati, riscontriamo che
gli insetti, così presenti nella nostra quotidianità, sono di norma rappresentati
negativamente in letteratura. Citiamo almeno un’eccezione, la cicala che nella poesia di
Eugenio Montejo canta di generazione in generazione, perché il canto è la sua
“terredad”, il suo modo di stare al mondo insieme alle altre creature, come dovrebbe
fare l’uomo.
Nell’immaginario contemporaneo gli animali sono spesso collocati al di fuori
della dimensione naturale, nello spazio angusto di allevamenti o case, in parchi o nei
documentari televisivi. Oltre ai processi di appropriazione e riduzione si è imposta,
negli ultimi anni, l’evidenza di un loro sfruttamento indiscriminato, del reale rischio
d’estinzione per molte specie e di una precisa responsabilità dell’uomo. I bestiari del
terzo millennio, inseriti nell’ultimo dei sei percorsi, si presentano, dunque, come
“cataloghi di ciò che sta scomparendo”. Un esempio emblematico è El reino animal di
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Sergio Ramirez, dove gli animali sono vittime di un sistema di produzione e consumo,
di degradazione e mercificazione. Ramirez denuncia il comportamento umano,
proponendosi di mantenere viva la memoria di ciò che gli animali sono stati e
potrebbero ancora essere per l’uomo.
L’animale che chiude questo pregevole saggio è un misterioso cavallo che evoca
nuovi orizzonti. Il colombiano Armando Romero mette in scena, in un breve testo
narrativo, la difficoltà di descrivere l’essenza dell’animale che sfugge all’uomo perché
[…] más que imagen es metáfora, punto de encuentro, lugar de origen3.
Ma quando l’uomo riesce a cogliere, nella dimensione del fantastico o della
poesia, questa sostanza impalpabile, allora si produce una straordinaria prossimità.
Tale incontro non può che essere arricchimento ontologico, percepibile ma non
decifrabile, perché la letteratura non sa e non vuole spiegare – come si propone invece
la scienza – ma è in grado di intravvedere e di alludere. E quando lo fa, sotto gli occhi
stupiti dello scrittore e di chi legge, avviene l’epifania dell’animale, il primo passo verso
una relazione senza gerarchie che, forse, in futuro si potrà raccontare.
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Romero, Armando (2004): “Caballo blanco” in La raíz de las bestias, México: Universidad Veracruzana.