TAR CAMPANIA - NAPOLI, SEZ. IV - sentenza 12 gennaio
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TAR CAMPANIA - NAPOLI, SEZ. IV - sentenza 12 gennaio
TAR CAMPANIA - NAPOLI, SEZ. IV - sentenza 12 gennaio 2009 n. 68 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Quarta) ha pronunciato la presente SENTENZA Sul ricorso numero di registro generale 7471 del 2005 e sui motivi aggiunti proposti da: Di Monte Roberto, rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Sartorio, con domicilio eletto presso Giuseppe Sartorio in Napoli, via dei Mille, 16; contro Comune di Napoli, rappresentato e difeso dall'avv. Avvocatura Municipale, con domicilio eletto in Napoli, Avvocatura Municipale – Palazzo S.Giacomo, p.zza S. Giacomo; per l'annullamento, previa sospensione dell'efficacia, con il ricorso principale: A) della nota n. 3671 del 21.06.2005; B) del provvedimento n.1047 del 31.08.2005 di demolizione delle opere abusivamente realizzate; con i motivi aggiunti: C) del provvedimento n.221 dell’11.04.2006 di diniego accertamento in conformità ex art.36 DPR n.380/01; Visti il ricorso, con i relativi allegati, ed i motivi aggiunti depositati in data 28.07.06 e 28.09.06; Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Napoli; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10/12/2008 il dott. Ines Simona Immacolata Pisano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue: FATTO Con ricorso n.7471/05 il Sig. Di Monte Roberto, ha impugnato- deducendone l’illegittimità sotto vari profili- la nota prot.3671 del 21.06.2005, notificata in data 24.06.2006, con cui il Comune di Napoli, con riferimento alla D.I.A. n.124 del 10.03.2005 ed alla successiva variante presentata in data 3.6.2005, ha comunicato che "la tipologia dell’intervento non è consentita", sospendendo i termini di inizio attività e vietando espressamente qualunque attività edilizia nonché il conseguente provvedimento di demolizione delle opere abusivamente realizzate, n.1047 del 31.08.2005. L'Amministrazione intimata si è costituita in giudizio e ha sostenuto l'infondatezza del ricorso, concludendo per il rigetto. Con successivi motivi aggiunti, notificati in data 26.07.2006 e depositati in data 28.07.2006, il ricorrente ha impugnato il provvedimento n.221 dell’11.04.2006 di diniego accertamento in conformità concernente la realizzazione della piscina oggetto, insieme ad ulteriori interventi, del precedente ordine di demolizione. Quindi, con ulteriori motivi aggiunti notificati al Comune di Napoli in data 18.08.2006 e depositati in data 28.09.2006, il Sig.Di Monte ha specificato ulteriori motivi di illegittimità del provvedimento n.221 dell’11.04.2006. Alla pubblica udienza del 10.12.2008, uditi i difensori delle parti come da verbale d’udienza, il ricorso ed i motivi aggiunti sono stati trattenuti in decisione. DIRITTO 1. Il ricorrente, imprenditore agricolo e coltivatore diretto, è proprietario di un vasto appezzamento di terreno (per la maggior parte terrazzato e coltivato a vitigno), classificato come zona F -area agricola e rientrante nel perimetro del Parco Metropolitano delle colline di Napoli, giusta deliberazione di G.R n.855/04. Su tale terreno, ove già insistono un fabbricato rurale su due livelli di mq.380, una casa colonica di mq.87 e un fabbricato di 16 mq, il ricorrente ha realizzato una serie di interventi edilizi - asseritamente ritenuti di manutenzione straordinaria e di carattere pertinenziale- finalizzati allo sfruttamento del vigneto mediante lo svolgimento di attività di tipo "turistico –ricreativa". In particolare, in un primo momento - a seguito di presentazione di D.I.A, in data 10.03.2005, prot.llo 124- ha proceduto alla realizzazione di 3 muri di contenimento del suolo e di un gazebo in legno di mq.25,00 x 3,00 di altezza, finalizzato alla somministrazione e vendita di prodotti ortofrutticoli; quindi, ravvisando la necessità di procedere in corso d’opera ad ulteriori interventi, ha proceduto all’ampliamento di due preesistenti terrapieni (uno posto di fronte all’abitazione principale ed uno posto al di sotto della stessa), ha realizzato un’ulteriore sbancamento lungo 20 mt e largo 3 mt sul viale principale, ritenendolo funzionale al raggiungimento del vigneto ed alla sua trasformaz ione, ed infine ha collocato una piscina prefabbricata fuori terra, di circa 80 mq., sul penultimo terrazzamento. Per tali interventi il Sig.Di Monte ha presentato una successiva D.I.A. "in variante" in data 3.06.2005, respinta con la impugnata nota n.3671/05, cui hanno fatto seguito in data 03.08.2008 il verbale di sequestro preventivo dei VV.UU e successivamente, in data 31.08.2005, l’ordine di demolizione n.1047 del 31.08.2005. Il ricorrente ritiene che tanto la nota n.3671/05 quanto l’ordine di demolizione n.1047/05 siano illegittimi: difatti, fatta eccezione per i tre interventi di sbancamento, per i quali lo stesso ricorrente ammette l’inesistenza del titolo edificatorio (ma, quanto ad essi, il sig.Di Monte "starebbe provvedendo a depositare (….)istanza di dissequestro al fine di procedere a propria cura e spese al riempimento), tanto il gazebo quanto i muri di contenimento costituirebbero interventi realizzabili per effetto della D.I.A. presentata. Per quanto attiene alla piscina prefabbricata, invece, si tratterebbe di opera pertinenziale, non soggetta a rilascio di permesso di costruire. In ogni caso, il ricorrente ha provveduto a presentare per detto intervento istanza di accertamento in conformità ex art.36 DPR n.380/01, denegata con il provvedimento n.221/06, impugnato con presentazione di motivi aggiunti. 2. Il ricorso ed i motivi aggiunti sono infondati. La premessa da cui occorre partire, prima di esaminare specificatamente le singole censure proposte con il ricorso - e, per quanto riguarda la piscina (poi qualificata come vasca per la raccolta di acque piovane, funzionale alla irrigazione del terreno) con i motivi aggiunti - è che gli interventi di cui si tratta sono stati realizzati in zona F (in parte in sottozona Fa1-area agricola, in parte in sottozona Fa2-aree incolte, e in parte in sottozona Fa3, aree boschive) della variante generale al PRG, zona che rientra nel perimetro del parco regionale metropolitano delle Colline di Napoli, approvato con delibera della Giunta regionale della Campania n.855 del 10.06.2004, parte in zona B (di riserva generale) e parte in zona C. Tale area, quanto alla disciplina contenuta nel P.R.G., non soltanto è disciplinata dagli artt. 46 comma 6 e 41 comma 2 della variante (i quali consentono la realizzazione di nuovi volumi unicamente ove connessi alla conduzione diretta del fondo e pertanto per fini esclusivamente agricoli) ma, altresì –trattandosi di area a media e alta instabilità ai sensi della tav.12 della variante- dall’art.24, che vieta in tale area la realizzazione di "qualsiasi tipo di costruzione". Per quanto attiene alle opere realizzate dal ricorrente, oggetto della nota prot.3671 del 21.06.2005 e del successivo provvedimento demolitorio n.1047/05 - il Collegio ritiene che, così come affermato dall’amministrazione nella nota impugnata, si tratti di interventi che, in ogni caso, necessitino di permesso di costruire che comunque, nel caso in esame, non potrebbe essere rilasciato stante le preclusioni contenute negli artt.24, 46 e 41 della variante al PRG già citati. Sul punto, si osserva che sebbene il divieto di cui all’art.24 sia stato esplicitato dal Comune di Napoli per la prima volta nella certificazione circa la destinazione urbanistica dell’area rilasciata al ricorrente in data 13.09.2005 (cfr.all.8 al ricorso introduttivo), prima ancora che nella comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza ex art.36 DPR 380/01 per la realizzazione della piscina (prot.4096 del 21.12.2005)- il ricorrente, all’atto di presentare la D.I.A., era comunque tenuto a conoscere tale norma ed obbligato al rispetto di essa, giacchè anche gli interventi realizzabili mediante denuncia di inizio attività, per espresso dettato dell’art.22 del DPR n.380/01, devono essere "conformi alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente". In particolare, la denunzia di inizio attività costituisce autocertificazione della sussistenza delle condizioni stabilite dalla legge per la realizzazione dell'intervento- sul quale la p.a. svolge un'eventuale attività di controllo che è prodromica e funzionale al formarsi del titolo legittimante l'inizio dei lavori (Consiglio Stato , sez. IV, 12 settembre 2007 , n. 4828)- come dimostra la circostanza che la Dia deve essere accompagnata dall’ asseverazione circa la conformità delle opere da realizzare agli strumenti urbanistici approvati e la loro non contrarietà con quelli adottati ed ai regolamenti edilizi vigenti (T.A.R. Lazio Latina, 05 gennaio 2006 , n. 2). Ciò posto, ad avviso del Collegio - se è vero che in via generale, ai sensi dell’art.22 comma 6 del DPR n.380/01, "l’ordine di non effettuare i lavori" deve essere motivato- ove il diniego della D.i.a. si fondi sul mancato rispetto della normativa urbanistica, che ai sensi dell’art.22 comma 1 il richiedente ha autocertificato di conoscere e di avere rispettato, in tale ipotesi l’onere motivazionale dell’amministrazione deve ritenersi certamente attenuato, essendo sufficiente- come nel caso in esame- il mero richiamo alla non conformità dell’intervento alla normativa vigente. L'omessa indicazione del termine per l'impugnazione e dell'autorità alla quale è possibile ricorrere, per il resto, costituisce una mera irregolarità che non ha effetto invalidante sul provvedimento (T.A.R. Campania Napoli, sez. III, 18 settembre 2008 , n. 10344). Per analoghi motivi, il provvedimento con il quale l'Amministrazione comunale rigetta la denuncia di inizio attività di cui agli art. 22 e 23 t.u. n. 380 del 2001, non deve essere preceduto dalla comunicazione dei motivi ostativi di cui all'art. 10 bis, l. n. 241 del 1990: ciò sia per il carattere non tassativo dell'elenco delle eccezioni contenuto nell'ultimo periodo del medesimo art. 10 bis, sia perché le norme contenute nel capo III, l. n. 241 del 1990 devono ritenersi recessive rispetto a quelle contenute in altre leggi, regolanti specifici settori, che prevedono per i destinatari del provvedimento finale una tutela specifica maggiore in chiave partecipativa (T.A.R. Campania Napoli, sez. VI, 23 maggio 2006 , n. 5487), come nel caso della DIA disciplinata dal d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380. 3. Ciò posto, venendo ad esaminare nel dettaglio i singoli interventi realizzati, si osserva quanto segue. Il Collegio può prescindere dall’esaminare la necessità del titolo edilizio con riferimento alla realizzazione di sbancamenti in quanto lo stesso ricorrente, nel ricorso introduttivo, ha riconosciuto l’abusività delle opere dichiarando che avrebbe provveduto spontaneamente alla riduzione in pristino. Sotto tale aspetto, pertanto, deve ritenersi la sopravvenuta carenza di interesse del ricorrente. Quanto all’opera qualificata come "gazebo", essa in realtà consiste in un manufatto in legno di mq.25,00 x 3,00, realizzato su platea in calcestruzzo, con muri e panchine in muratura. Con riferimento a tale tipologia di intervento - contrariamente a quanto ritenuto da parte ricorrente, secondo cui si tratterebbe di intervento di manutenzione straordinaria, inerente alla "sistemazione di spazi esterni", ex art.22 del DPR 380/01 e 35 del R.E. di Napoli- è pacifica secondo la giurisprudenza di questa sezione la necessità di titolo abilitativo sub specie di permesso di costruire, trattandosi di opera che comporta nuova volumetria e configura trasformazione urbanistica, in ragione della destinazione ad uso non limitato nel tempo (ricevimento della clientela) e della alterazione prodotta nello stato del territorio (ex multis: T.A.R. Campania Napoli, sez. IV, 16 settembre 2008 , n. 10138). 4.La necessità di permesso di costruire si impone altresì, ad avviso del collegio, riguardo ai muri di contenimento, così come in concreto realizzati - in virtù dei materiali usati e delle dimensioni descritte negli atti di causa (v.relazioni tecniche agli atti), in quanto la finalità di protezione del fondo dagli smottamenti del terreno non esclude ma anzi impone la necessità del permesso di costruire, attesa la rilevanza dell'immutazione che essi producono sullo stato dei luoghi. Né tali interventi – e lo stesso e a dirsi per il citato gazebo e per le panche in muratura- possono essere ritenuti "pertinenze" (nel quale possono essere ricomprese le recinzioni, le quali, avendo la funzione di delimitare, proteggere ed eventualmente abbellire la proprietà, sono certamente configurabili come opere poste a servizio ed ornamento della cosa principale, così come richiede l'art. 817 c.c.): infatti i muri di contenimento, pur potendo avere, in rapporto alla situazione dei luoghi, una concomitante funzione di recinzione, assolvono la specifica ed autonoma funzione di contenimento del terreno, al fine di evitarne possibili movimenti franosi, il che richiede anche una struttura a ciò idonea per consistenza e modalità costruttive (T.A.R. Lazio Latina, 07 marzo 2002 , n. 285). Il concetto di pertinenza, previsto dal diritto civile, va infatti distinto dal più ristretto concetto di pertinenza inteso in senso edilizio e urbanistico, che non trova applicazione in relazione a quelle costruzioni che, pur potendo essere qualificate come beni pertinenziali secondo la normativa privatistica, assumono tuttavia una funzione autonoma rispetto ad altra costruzione, con conseguente loro assoggettamento al regime concessorio, come nel caso di un intervento edilizio che non sia coessenziale al bene principale e che possa essere utilizzato in modo autonomo e separato (T.A.R. Campania Napoli, sez. IV, 16 settembre 2008 , n. 10138). Trattandosi quindi di interventi realizzati senza titolo abilitativo, legittimamente l’amministrazione ne ha pertanto disposto la demolizione, a nulla rilevando che l’amministrazione abbia riconosciuto che non si tratta di area vincolata ai sensi dell’art.142 lett.f del T.U. n.42/04. La sanzione demolitoria è infatti legittimamente irrogata in presenza del carattere abusivo dell'opera (T.A.R. Campania Napoli, sez. VI, 12 novembre 2007 , n. 11556). 5. Venendo infine ad esaminare la questione relativa alla collocazione di "una piscina prefabbricata fuori terra, di circa 80 mq., sul penultimo terrazzamento", la presentazione di istanza di accertamento in conformità ex art.36 DPR n.380/01, denegata con il provvedimento n.221/06impugnato con presentazione di motivi aggiunti depositati in data 28/07 e 28/09 2006- secondo costante giurisprudenza di questa sezione produce l’effetto di rendere inammissibili, per sopravvenuta carenza di interesse, le censure proposte nel ricorso introduttivo avverso la nota di diniego D.I.A. n. 3671 del 21.06.2005 ed il successivo provvedimento n.1047 del 31.08.2005. Quanto ai motivi di diniego contenuti nel provvedimento n.221/06- sia che si voglia qualificare l’intervento come piscina, sia che lo si voglia ridefinire come "una vasca per la raccolta di acqua piovana, destinata all’irrigazione del fondo", l’amministrazione oltre a rilevare che trattasi di intervento di nuova costruzione non consentito a norma dell’art.46 comma 6 e 41 comma 2 della variante al PRG – che ammette interventi di nuova edificazione solo a fini agricoli- ha ritenuto che si tratti di intervento non sanabile a norma dell’art.21 comma 3 del R.E, in quanto completamento di opere abusive realizzate sullo stesso suolo, nonché di opera vietata ai sensi dell’art.24 della variante (con riferimento alle zone di media ed alta instabilità ai sensi della tav.12), senza che tale aspetto motivazionale del provvedimento, di per se sufficiente a sorreggerne la validità , sia stato contestato – come può desumersi dallo stesso ricorso per motivi aggiunti del 28.09.08, pag.7, in cui si fa riferimento solo all’art.21 e all’art.46- con proposizione di motivi aggiunti. Infatti, anche a voler ritenere che una piscina- pur riqualificata come "vasca di raccolta di acque piovane- possa considerarsi intervento rivolto a "fini agricoli", resta il fatto che l’art.24 vieta in tale area "qualsiasi tipologia di intervento", a qualunque fine rivolto. Orbene, laddove il provvedimento impugnato sia fondato su una pluralità di motivi, il rigetto dei motivi volti a contestare una delle sue ragioni giustificatrici comporta la sopravvenuta carenza di interesse rispetto all'esame delle ulteriori doglianze volte a contestare le altre motivazioni del provvedimento (T.A.R. Campania Napoli, sez. III, 09 settembre 2008 , n. 10065). 6.Per tali motivi, il ricorso ed i motivi aggiunti devono essere respinti, ed in parte dichiara questi ultimi inammissibili. 7. Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di lite. P.Q.M. il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Sezione IV, definitivamente pronunciando sul ricorso n.7471/2005 e sui motivi aggiunti depositati in data 28.07.06 e 28.09.06 li rigetta ed in parte dichiara questi ultimi inammissibili. Compensa spese. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa. Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 10/12/2008 con l'intervento dei Magistrati: Luigi Domenico Nappi, Presidente Dante D'Alessio, Consigliere Ines Simona Immacolata Pisano, Primo Referendario, Estensore DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 12/01/2009