Discorso per la Consegna Onorificenza di Chevalier

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Discorso per la Consegna Onorificenza di Chevalier
Discorso per la Consegna Onorificenza di
Chevalier dans l’Ordre des Palmes Académique
Liceo Marconi di Parma
Parma 12 maggio 2016
Prof. Chiara Palù
C’est avec une grande émotion et avec une profonde gratitude que je reçois aujourd’hui du Consul
général de France à Milan, M. Oliver Brocher, le titre prestigieux de Chevalier dans l’Ordre des Palmes
Académique Je relève le défi de poursuivre et de développer mon engagement dans la diffusion de la
langue et de la culture française en Italie.
E’ un riconoscimento che mi onora e che spero negli anni a venire di poter continuare a meritare,
proseguendo con entusiasmo e dedizione il mio impegno che nasce da una convinzione profonda
scaturita prima di tutto dalla mia esperienza di vita negli anni della formazione universitaria e radicatasi
poi, più di recente, grazie alle scelte compiute in ambito professionale.
Il mio rapporto con la Francia è iniziato infatti durante gli anni universitari, quando studentessa di
filosofia, con interessi per i presocratici, decisi che non potevo perdere l’occasione Erasmus, volevo
vivere un’esperienza fuori dal mio paese. Il mio relatore di tesi mi consigliò la Francia, indicandomi nel
Centre de recherche philologique dell’Università Charles-De-Gaulle a Lille -un Centro di studi filologici di
livello internazionale -l’ambiente più propizio per i miei studi. In effetti fu così. E a Lille non solo conclusi
la tesi di Laurea, ma rimasi poi per il Master, all’epoca si chiamava DEA, e infine iniziai lì anche il
dottorato di ricerca in cotutela con l’Università di Bologna, che conclusi giusto l’anno prima della mia
immissione in ruolo proprio qui al Liceo Marconi. Sembrava che la mia relazione con la Francia si fosse
necessariamente interrotta, e invece, qualche anno più tardi il Liceo Marconi, e ringrazio il Dirigente
prof. Attanasi e la prof. Menoni per questo, decise di lanciarsi nell’avventura Esabac con due sezioni
bilingue allo scientifico e al linguistico. I corsi di formazione, le certificazioni linguistiche, gli scambi, il
mio modo di insegnare da allora è cambiato, così come il rapporto con i colleghi, gli alunni, il personale
amministrativo del mio Liceo, alcuni presenti qui oggi e che ringrazio sentitamente. Le monadi che
popolavano questa scuola si sono trasformate in una squadra di lavoro affiatata e motivata. Le mura di
questo Liceo si sono dilatate inglobando l’Institut français che ha sostenuto e accompagnato la
formazione di tutti i docenti Esabac, l’Ufficio Scolastico Regionale e l’Ufficio Scolastico Provinciale che, a
diversi livelli, hanno reso possibile lo sviluppo concreto del progetto, i Licei francesi di Annemasse,
Toulouse, Colomiers e Le Mans con cui siamo gemellati, i colleghi di tante scuole della Regione EmiliaRomagna con cui ho avuto l’onore di collaborare in qualità di formatore Esabac.
L’incontro con la lingua e la cultura francese dunque non ha segnato solo le fasi più importanti della mia
vita dando ad essa svolte decisive, ma mi ha permesso anche e soprattutto di vivere l’esperienza del
confronto, dell’apertura e del cambiamento. Valori che sono diventati mio patrimonio culturale e che,
mi sento di dire, vorrei lasciare in eredità alle future generazioni.
In un saggio che ho letto di recente, Non è un mondo per vecchi, perché i ragazzi rivoluzionano il sapere,
Michel Serres si domanda che ruolo possa avere ancora il docente nell’era internet. “Che cosa
trasmettere? Il sapere? Eccolo qua, disponibile ovunque in Rete, oggettivato. Trasmetterlo a Tutti?
Ormai l’intero sapere è accessibile a tutti. Come trasmetterlo? Già fatto. Con l’accesso alle persone,
tramite cellulare, con l’accesso a ogni luogo, tramite il GPS, l’accesso al sapere è ormai avvenuto, in un
certo senso esso è sempre e ovunque già trasmesso. Oggettivato, certo, ma, in più, diffuso. Non
concentrato […]”
A dire il vero, nella storia dell’umanità la pedagogia è cambiata repentinamente almeno altre due volte:
con la scrittura e con la stampa. E’ curioso che ad ogni rivoluzione la questione sia stata in fondo sempre
la stessa. Platone nel Fedro accusava la scrittura di “rotolare nelle mani di tutti” e di rendere i suoi
discepoli “conoscitori di molte cose” senza alcun insegnamento. E Montaigne, all’indomani
dell’invenzione della stampa, consigliava a chi voleva avviare i propri figli allo studio di cercare “un
conducteur qui eut plutôt la tête bien faite que bien plaine”. Quale antidoto pedagogico fu trovato
allora alla “polumathia” (il sapere tante cose), che, già diceva Eraclito, “non insegna ad avere
intelligenza” ? I greci inventarono la paideia, gli umanisti l’essai, (l’esperimento, l’esperienza pratica).
Oggi?
Mi sento di dire l’integrazione e il dialogo tra le culture, i linguaggi e i saperi. Certo i saperi sono
ovunque, facilmente raggiungibili, ma sappiamo metterli in relazione? Non a caso la grande scommessa
del progetto Esabac per l’insegnamento della storia è proprio il confronto tra le metodologie. Il docente
di storia Esabac è chiamato alla mediazione: selezionare le conoscenze chiave senza rinunciare alla
cronologia e al rigore scientifico tipico dei programmi italiani, e al contempo sviluppare moduli tematici
che partano da dossier di documenti, abituando gli studenti alla rielaborazione autonoma e critica delle
informazioni, così come fanno i colleghi francesi. Questa senza dubbio faticosa, ma sapiente
commistione costituisce la vera forza del progetto, poiché forma negli alunni una cittadinanza “plurale”,
fornisce loro le chiavi per orientarsi con più disinvoltura nella complessità del mondo contemporaneo,
garantisce un’apertura di cui i futuri cittadini europei hanno oggi più che mai bisogno.
Ma il confronto e l’integrazione non può che essere sinonimo di cambiamento. Il Dirigente prof.
Cappellini che in questi ultimi due anni ha sostenuto con entusiasmo e tenacia il progetto Esabac, ha
condiviso e incoraggiato le mie scelte e che ringrazio profondamente, mi ripete sempre “il cambiamento
non deve spaventare, perché arricchisce, forma, educa”. Educare al cambiamento non è facile, più facile
farsi portatori della ripetizione di un sapere cristallizzato. Ma i giovani oggi vivono il cambiamento
quotidiano, sono nel cambiamento, e richiedono gli strumenti per trarne profitto. La scuola italiana è ad
un bivio, le si chiede di “cambiare”, di adattarsi ai tempi, di aprirsi al mondo, non certo di stravolgere la
sua natura, ma per esempio di dialogare con altri modelli pedagogici, che possono provenire perché no
anche da altri Paesi.
Ai miei studenti di ieri, di oggi e di domani, ho provato e desidero continuare a trasmettere tutto questo.
Cosa si può imparare dalle altre culture, come si integrano con la nostra, come il dialogo con esse
produce il cambiamento ? Credo che in sintesi sia questo il sogno europeo, questo l’antidoto ai mali che
oggi provengono dalle chiusure e dai “muri” culturali che, nonostante internet, stanno stravolgendo la
società mondiale.
Un grazie di cuore ancora alla Repubblica francese che nella sua più autentica tradizione cosmopolita è
ancora una volta protagonista di questo sforzo di integrazione e di cambiamento. Grazie di avermi reso
partecipe del suo progetto che non posso non riconoscere come il frutto più promettente dell’Europa di
domani.
Je vous remercie encore une fois pour ce grand témoignage d’estime.