Forum Nazionale Terzo Settore Contributo sul Fondo di contrasto
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Forum Nazionale Terzo Settore Contributo sul Fondo di contrasto
Forum Nazionale Terzo Settore Contributo sul Fondo di contrasto alla povertà educativa minorile 20/07/2016 Redatto da Consulta welfare - Gruppo Infanzia - Consulta cultura Validato dal Coordinamento Nazionale Indice PREMESSA: FONDO PRIVATO, SFIDA ''PUBBLICA'' PER IL TERZO SETTORE 1. STATO DELL'ARTE DEL FONDO 2. POVERTÀ EDUCATIVA MINORILE: DEFINIZIONE, INDICATORI, FATTORI AGGRAVANTI 3. PROGRAMMAZIONE DEL FONDO/ CRITERI GUIDA 4. PROGRAMMAZIONE DEL FONDO/PRIORITÀ 5. PROGRAMMAZIONE FONDO/ORGANIZZAZIONE DEI BANDI 6. RIEPILOGO PUNTI PRINCIPALI 1 2 3 6 8 9 12 PREMESSA: FONDO PRIVATO, SFIDA ''PUBBLICA'' PER IL TERZO SETTORE Per crescere un bambino ci vuole un intero villaggio. Proverbio africano Questo documento ha un duplice scopo: - tracciare la posizione del Forum sui contenuti principali e sui criteri sui quali impostare le strategie e gestire l'organizzazione del fondo sulle povertà educative; - favorire la condivisione di una riflessione interna al mondo del Terzo Settore su come valorizzare al meglio questa linea di intervento. Il fondo, frutto di un accordo tra Governo e ACRI, ha natura privata e viene alimentato attraverso contributi versati dalle fondazioni di origine bancarie alle quali viene riconosciuto un credito di imposta del 75% di quanto versato e per un'agevolazione massima di 100 mln€/anno (Legge stabilità 2016 Art 1 commi 392-395). La durata prevista è di 3 anni. Il Terzo settore, a partire dal Forum e dal suo rapporto con l'ACRI e dal suo coinvolgimento nel Comitato di indirizzo insieme ad Acri e Governo, di fatto si candida in modo sussidiario a essere non solo attore, ma regista di interventi che rilancino una sfida pubblica: convocare il Paese e le su comunità a riscoprire l'educazione come causa e bene comune, come responsabilità e diritto di tutti. È chiaro quindi che non si tratta semplicemente di finanziare genericamente quanto già attivo o che si vorrebbe attivare da parte del mondo del Terzo settore. Si vuole puntare ad individuare bene le esigenze e le mancanze di risposte, a definire azioni coordinate che siano efficaci e innovative, a contribuire a sviluppare contesti maggiormente attivi e capaci di conoscenza e azione maggiormente pertinenti, che possano produrre un miglioramento e un potenziamento, mediante una ridefinizione, delle politiche pubbliche e del complesso delle attività socio educative già in campo. In tal senso proponiamo si debba interpretare la ''sperimentalità'' del fondo non come supplenza di parti strategiche di politiche pubbliche in corso di approvazione come, tra le altre, il piano infanzia e adolescenza (per esempio per quanto riguarda nidi e micronidi...) e Pagina 1 di 11 la misura di contrasto alla povertà assoluta (azioni educative dell'accompagnamento all'inclusione sociale), ma come esperienze innovative e rinnovative. Esse si devono collegare alle politiche pubbliche perché possano aiutare a definirle e radicarle insieme alle comunità, per poi divenirne parte del loro necessario strutturarsi in modo permanente e adeguato, della loro programmazione di medio periodo. Per fare questo vogliamo progressivamente esplorare 3 ambiti di decisioni: - quello della genesi e dell'organizzazione che si sta dando il fondo - quello della definizione del tema e dei relativi fabbisogni - quello della programmazione con relative priorità, criteri di azione e organizzazione 1. STATO DELL'ARTE DEL FONDO 1a. COSA PREVEDE Il "fondo per il contrasto alla povertà educativa minorile" è destinato, secondo il protocollo di intesa tra Governo e ACRI, al sostegno di interventi sperimentali finalizzati a rimuovere gli ostacoli di natura economica, sociale e culturale che impediscono la piena fruizione dei processi educativi da parte dei minori. Le risorse saranno usate attraverso lo strumento del bando a valere sull'intero territorio nazionale. Ai bandi promossi dal fondo partecipano partnership costituite da ''almeno 2 soggetti pubblici e privati di cui 1 del Terzo settore''. Il soggetto capofila è una organizzazione senza scopo di lucro: associazioni, coop o consorzio sociale, fondazioni, enti religiosi, imprese sociali, scuole del sistema nazionale di istruzione e le loro reti. 1b. ORGANIZZAZIONE DEL FONDO Si è insediato il 28 giugno scorso il Comitato di indirizzo strategico del fondo composto da rappresentanti di governo, fondazioni bancarie e Forum Terzo Settore. L'ACRI assicura la gestione del fondo e ha individuato il soggetto attuatore che, a partire dalla esperienza della Fondazione Con il sud, ha costituito un soggetto attuatore specifico "Con i bambini srl impresa sociale". 1c. ALTRE MISURE IN CORSO DI DEFINIZIONE SU POVERTÀ E MINORI Contrasto povertà 1 Legge stabilità 2016 Art 1 Commi 386-390 Lotta povertà a. 600 mln€ per il 2016 poi 1 mld€ per gli anni successivi; per il 2016 ampliamento della "nuova social card" del 2012 (SIA), nel frattempo si procede al riordino di tutta la normativa in materia che deve essere pronta per il 2017. Per il 2016 dei 600 mln solo 380 sono destinati ai SIA (gli altri 220 vanno all’ASDI). Ai 380 però si aggiungono foni non ancora spesi: - 167 mln€ fondi PAC DL 76/2013 art 3 comma 2 (estensione al Mezzogiorno); - 120 mln€ Legge stabilità 2014 L 147/13 (estensione del SIA; 40 Mln€ per un triennio) - 70,3 mln€ risparmi vecchia social card L 133/08 - 12,5 mln€ risparmi sociale card sperimentale nelle grandi città Totale 750 mln€ per il 2016 PON Inclusione 2014-20 Fondi per attivazione servizi di contrasto alla povertà. 133 Mln€ per le regioni sviluppate e 593 per le regioni del sud (tot 726 ml€ nei 7 anni). Nell’agosto 16 sarà pubblicato il bando con le risorse (487 mln€) per il triennio 2016-19. 1 I dati sono riportati sono tratti da IX Rapporto su diritti dell'infanzia e dell'adolescenza in Italia, pag 20 e segg. Pagina 2 di 11 Nota: possibili anche ulteriori risorse dai vari POR Inclusione regionali (es. Regione Puglia con tali fondi attiva il RED) FEAD 670 mln€ nei 7 anni (2014-2020) Fondo Adozioni Internazionali Legge stabilità 2016 art 1 comma 411: 15 mln€/anno Fondi dedicati all’infanzia e adolescenza Fondo infanzia e adolescenza L 285/97 38,8 mln€ per l’anno 2016 Progetto PIPPI (Programma Interventi per la Prevenzione Istituzionalizzazione) 2,8 mln€ per il 2016-17 + 0,7 mln€ di cofinanziamento regionale Fondi MISNA 170 mln€ per il 2016, 170 per il 2017, 120 per il 2018. Fondi FAMI (Fondo Asilo Migrazione Integrazione) 51 mln€ per la Qualificazione del sistema nazionale di prima accoglienza dei MISNA 111 mln€ per il potenziamento della capacità ricettiva dei Misna PAC Infanzia (e anziani) Nel primo riparto (2013) sono stati stanziati 260 mln€ totali, di cui 112 per ll’infanzia). A fine 2015 i pagamenti effettuati ammontavano a solo 7,5 mln€. Nel secondo riparto all’infanzia sono stati destinati 219 mln€. Al 31/03/16 risultavano approvati 188 piani di intervento per un totale di 187 mln€ Dispersione scolastica PON scuola 2014-2020 779 mln€ per i 7 anni per ridurre l’abbandono scolastico D.D. n.1138 del 30/10/2015 "Piano nazionale per il potenziamento dell'orientamento e contrasto alla dispersione scolastica" (2 mln€/anno 2015) (MIUR) Edilizia scolastica Oltre a quanto già previsto con Legge " Buona Scuola" in legge di stabilità 2016 sono stati stanziati ulteriori risorse per finanziare 6000 interventi 2. POVERTÀ EDUCATIVA MINORILE: DEFINIZIONE, INDICATORI, FATTORI AGGRAVANTI 2a. COME DEFINIRLA La povertà educativa minorile può essere definita partendo da un deficit di cittadinanza relativa ai diritti educativi del minore laddove per cittadinanza s'intende la possibilità non solo di essere riconosciuti nei propri diritti, ma anche la disponibilità effettiva di tutele, servizi e prestazioni adeguati e accessibili e, terzo, la capacità delle persone e del loro contesto familiare e sociale di accedervi e utilizzarli appieno per il proprio sviluppo umano. Ricordando che l'accordo mira al ''sostegno di interventi sperimentali finalizzati a rimuovere gli ostacoli di natura economica, sociale e culturale che impediscono la piena fruizione dei processi Pagina 3 di 11 educativi da parte dei minori'' possiamo rintracciare la povertà educativa probabilmente in una condizione particolarmente grave (povera) di ostacolo economico, sociale e culturale alla piena fruizione e allo sviluppo dei processi educativi Si tratta evidentemente di una condizione che probabilmente è impossibile definire appieno fuori dai contesti storici e sociali, dalle situazioni sociali e familiari nei quali sussistono. Si pensi in particolare alle situazioni di disagio o di solitudine e povertà relazionale, che spesso si nascondono dietro a situazioni di apparente ''normalità', sulle quali è difficile individuare degli indicatori. Inoltre, già per quanto concerne i fattori di rischio povertà spesso si nota che a fronte del sussistere di condizioni simili degli stessi in alcuni contesti familiari o sociali le persone riescono ad attivare strategie di contrasto che impediscono di cadere in situazioni di povertà, mentre in altre no. A maggior ragione questo può avvenire per quanto riguarda la dimensione educativa, come per altro dimostrano molte carriere di vita e professionali, nella storia e nell'attualità dello stesso tessuto sociale ed economico italiano. Questo aspetto, che potremmo definire della ''relatività'' della condizione di povertà educativa è un primo tassello fondamentale da tenere presente, pena il rischio di fare parti eguali tra diseguali, volendo calare definizioni e unità di misura statiche e conseguenti individuazioni di fabbisogni e di gradi di necessità. Definizioni e forme di misurazione sicuramente necessarie, ma non sufficienti se non contestualizzate. Ecco perché il primo scopo di ogni intervento sociale è sempre apprendere dalla realtà per costruire una conoscenza pertinente (ovvero secondo la definizione di Edgar Morin ne ''I sette saperi necessari all'educazione del futuro'', capace di rendere evidente il contesto, il globale, il multidimensionale e il complesso di un fenomeno) e per favorire un'azione anch'essa pertinente. Alcuni dati (fonte: Istat, La povertà in Italia, 14/07/16) Nel 2015, 1 milione 582 mila famiglie (il 6,1% delle famiglie residenti) risulta in condizione di povertà assoluta in Italia, per un totale di 4 milioni e 598 mila individui (7,6% dell’intera popolazione, quasi 500.000 in più rispetto al 2014), il valore più alto dal 2005. A livello territoriale è il Mezzogiorno a registrare i valori più elevati di povertà assoluta (9,1% di famiglie, 10,0% di persone) e il Centro quelli più bassi (4,2% di famiglie, 5,6% di persone). Tra le persone coinvolte 2 milioni 277 mila sono donne (7,3% l’incidenza), 1 milione 131 mila sono minori (10,9%, mentre nel 2014 erano il 10,0%), 1 milione 13 mila hanno un’età compresa tra 18 e 34 anni (9,9%) e 538 mila sono anziani (4,1%). Un minore su dieci, quindi, nel 2015 si trova in povertà assoluta (3,9% nel 2005). Ma la povertà dei minori in Italia non è solo materiale (fonte: Save the Children, 5° Atlante, 2015, dati 2013): - 3 milioni 200 mila bambini e ragazzi tra 6 e 17 anni (il 47,9% del gruppo di età) non hanno letto un libro nel 2013 - circa 4 milioni (il 60,8%) non hanno visitato una mostra o un museo. - Non viaggia né si apre a nuovi mondi e persone il 51,6% di under 18 che vive in famiglie che non possono permettersi nemmeno una settimana di ferie l'anno lontano da casa. - Lo sport grande assente nei pomeriggi del 53,7% degli adolescenti (15-18 anni), che non fanno alcuna attività motoria continuativa nel tempo libero. A partire da questi dati e dall'approccio esplorativo introdotto serve addivenire a una definizione condivisa che cerchi di evidenziare l'effettivo accesso a servizi e attività e lo sviluppo di competenze sia sul piano del saper essere che del sapere e del saper fare. In secondo luogo è fondamentale costruire degli indicatori, e verificare se a questi si affiancano altre problematiche del contesto familiare e se il territorio è in grado di mettere a disposizione un'offerta e una rete di servizi e azioni. Potrebbe infatti anche verificarsi non raramente la presenza di servizi pur di fronte a un calo dell'accesso. Per esempio in alcune città c'è una riduzione delle domande ai nidi o al tempo pieno nonostante le disponibilità effettive, probabilmente anche a causa di una scelta dei genitori dettata o dal risparmio o da fattori culturali. Pagina 4 di 11 2b. INDICATORI A PARTIRE DAI LIVELLI ESSENZIALI PRESTAZIONI (LEP) SU INFANZIA E ADOLESCENZA Tenendo presenti le riflessioni precedenti e la necessità di indagare la cosiddetta povertà relazionale, forse il più recente documento da cui trarre maggiore spunti è Verso la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali dei bambini e degli adolescenti, fatto proprio dal Garante Infanzia e Adolescenza. In particolare, al cap 6 (Diritto all'educazione e all'Istruzione, cfr pag 46 e segg) dove individua quali Livelli essenziali Prestazioni: - Garanzia di cura e di educazione di qualità fin dalla nascita - Qualificazione dell'offerta dei servizi educativi per la fascia 0-6 anni - Garanzia dello sviluppo della personalità del minorenne, delle sue facoltà e delle sue attitudine mentali e fisiche, in tutta la loro potenzialità declinando per ciascuno una serie di azioni. (povertà di relazioni, conoscenze di base, sport, cultura, servizi e infrastrutture materiali e immateriali..) Altri passaggi interessanti riguardano poi LEP: - Per prevenire e combattere la violenza sui minori (es.1 su 3 è soggetto ad atti di bullismo) - Minorenni disabilità - Minorenni stranieri non accompagnati - Minorenni Rom, sinti e camminanti... Fonte: Verso la definizione del LEP Infanzia (Garante Infanzia) Pagina 5 di 11 2c. FATTORI DI MOLTIPLICAZIONE RISCHI NEL NUCLEO FAMILIARE: POVERTÀ, DISABILITÀ, INTEGRAZIONE MIGRANTI, SALUTE, PROBLEMI DI CONCILIAZIONE (per esempio monogenitoriali), CONFLITTI, VIOLENZA, DETENZIONE, PERCORSI ADOTTIVI... A fianco degli indicatori vanno indagati e considerati altri fattori familiari o propri del contesto sociale di appartenenza che indubbiamente agiscono da fattori di possibile moltiplicazione degli ostacoli che si vogliono rimuovere. Ne citiamo alcuni principali: le condizioni di povertà della famiglia, situazioni di disabilità o di salute della famiglia comprese quelle concernenti forme di dipendenza, i percorsi adottivi e gli affidamenti, le condizioni di parità di genere, problemi particolari di conciliazione, magari legati a condizioni di monogenitorialità, situazioni particolarmente conflittuali, situazioni di violenza, famiglie con persone in detenzione, problemi di integrazione culturale. 2d. MAPPARE, A PARTIRE DA QUESTI INDICATORI E FATTORI PROBLEMATICI, I BISOGNI E L'OFFERTA TERRITORIALE DI SERVIZI E DI PROPOSTE ADEGUATE E PERTINENTI Anche se non sarà un obiettivo perseguibile immediatamente, è necessario costruire e investire in un processo di graduale conoscenza e studio del territorio, anche per sperimentare politiche pubbliche capaci di spendere meglio le risorse pubbliche. A partire dall'individuazione degli indicatori va effettuata una rilevazione approfondita e capillare che contempli contemporaneamente l'insistenza locale degli indicatori (sia in termini di competenze che di relazioni, che di servizi e proposte educative disponibili attraverso la rete dei servizi pubblici sociali e sociosanitari, le scuole e il Terzo settore) e dei fattori problematici. Una proposta utile in tal senso consiste nello studio e sperimentazione su alcuni territori di una mappatura, di una georeferenziazione socioeducativa. Non si tratta di un proposito facile da raggiungere, ma una volta progettato ci si può arrivare per passi successivi, magari attraverso prototipi sviluppati in alcuni territori, o aggiungendo gradualmente indicatori e dati. Inoltre è possibile cercare partnership economiche che contribuiscano a sostenerne lo studio, visto l'impatto e l'utilità che potrebbe rappresentare per la conoscenza del territorio dal punto di vista sociale. In ogni caso, indipendentemente dagli strumenti individuati, come già affermato, occorre predisporre un'analisi che, pur non esaurendo le necessità di conoscenza, permetta di mirare con maggiore attenzione sforzi, risorse e progettualità comuni, sia a livello nazionale che locale. Nel frattempo proponiamo di guardare preferibilmente, ma non esclusivamente, all'interno di una distribuzione che coinvolga tutte le regioni, a territori con indici di vulnerabilità alti (chiedendo a Istat di integrare i propri indici di vulnerabilità con altri indicatori: presenza e accesso ai servizi prima infanzia, presenza del Terzo settore...). E gradualmente addivenire a indicatori più mirati partendo dal lavoro sui Livelli essenziali infanzia e adolescenza e costruendo una georeferenziazione socioeducativa (che metta insieme bisogni, fattori di moltiplicazione dei problemi, presenza e accesso ai servizi, attività del terzo settore e della comunità). 3. PROGRAMMAZIONE DEL FONDO/ CRITERI GUIDA In merito alla programmazione del fondo indichiamo di seguito quelli che a nostro avviso potrebbero essere i criteri guida, le priorità e le modalità di organizzazione del fondo. 3a. UNA DOPPIA PRESA IN CARICO: PERSONA E COMUNITÀ, RECUPERO E PREVENZIONE. PROGETTI CHE CONTEMPLINO INSIEME INTERVENTI CON E SU MISURA DELLA PERSONA E DEL CONTESTO FAMILIARE E INTERVENTI DI SVILUPPO DI UNA COMUNITÀ EDUCATIVA. Un primo criterio guida possiamo rintracciarlo in quella che vorremmo definire come ''la doppia presa in carico” che sappia praticare un sano strabismo capace di concentrarsi contemporaneamente sulle singole persone e sui loro contesti quotidiani e sulla comunità locale nei quali questi si inseriscono. Una presa in carico quindi anche rivolta alla comunità che vuole divenire una auto-presa in carico della stessa, perché una società diventa comunità proprio Pagina 6 di 11 laddove è capace di prendersi cura condivisa di sé, perché spesso la povertà educativa e l'illegalità sono figlie o compagne di viaggio di contesti in cui prevale l'incuria non solo sociale ed educativa, ma anche estetica del territorio. Le persone stesse sono paesaggi: la bellezza dei nostri paesaggi urbani, lungi dall'essere un fatto artistico e culturale, separato dalla vita quotidiana e dalle carriere di povertà o di inclusione, è una dimensione dell'azione sociale, attraverso la quale si misura la capacità di farsi comunità, il radicare il senso civico e di toccare con mano la presenza delle istituzioni democratiche. Le persone per crescere hanno bisogno di essere pensate (parafrasando Danilo Dolci), e le comunità sono luoghi capaci di pensiero, che condividono e consegnano significati. Allo stesso modo le comunità per crescere e costituirsi come tali hanno bisogno di essere pensate, e le persone sono relazioni capaci di pensare l'ambiente sociale e naturale che le circonda. 3b. PIÙ INTERVENTI, INTEGRATI E MULTIDIMENSIONALI (EDUCATIVI, FORMATIVI, SOCIOSANITARI, CULTURALI E RICREATIVI..) Occorre promuovere una capacità di intervento che punti a lavorare con un approccio multidimensionale alle situazioni personali e locali sapendo integrare quindi differenti risorse e interventi nell'ottica di una azione evolutiva condivisa e non di un'offerta frammentata e estemporanea. Per questo lo sforzo deve rivolgersi a promuovere e sviluppare una capacità locale di programmazione che contempli la dimensione e lo sviluppo educativo insieme ad altre dimensioni e interventi quali l'offerta di istruzione e formazione, il welfare, la cultura e le attività ricreative. 3c. CONNESSI CON ALTRE POLITICHE SOCIALI E DI LOTTA ALLA POVERTÀ In particolare va evidenziata la necessità di connettersi ad altre politiche pubbliche presenti sul territorio. Tra queste, ma non sola, evidenziamo la sperimentazione della misura di contrasto alla povertà (SIA, Sostegno all'inclusione attiva). Questa misura deve prevedere - alla presa in carico delle famiglie in povertà assoluta, partendo inizialmente proprio da quelle con minori - un sostegno al reddito insieme ad azioni di inclusione attiva. Qui diventano strategiche quelle a carattere educativo con i minori, proprio per contrastare quella che spesso si configura o tende a diventare una sorta di ereditarietà della condizione di povertà. Sempre nella logica della sperimentazione, e non della supplenza (vd. premessa), questo rappresenta un esempio di come interventi mirati, chiamati in causa e definiti a partire dalla situazione specifica, possano essere determinanti e concorrere a un maggior successo della misura di contrasto. 3d. REGIA E COOPERAZIONE TRA ENTI E TIPOLOGIE DI TERZO SETTORE E PROMOZIONE DI ALLEANZE EDUCATIVE LOCALI E DI FORME DI COPROGETTAZIONE Un obiettivo intermedio necessario ad un approccio che privilegi lo sviluppo di una comunità educativa è quello di puntare a promuovere forme di regia e che veda una cooperazione tra i soggetti di Terzo settore che si occupano di minori nel territorio. Cooperazione attorno alla quale sviluppare un'alleanza educativa con i differenti soggetti del territorio, a partire dalle scuole. Determinante, e per nulla scontata, è la necessità che si facciano crescere competenze e pratiche di coprogettazione. Senza un adeguato investimento nel formare e accompagnare queste scelte di metodo, concetti molto importanti emersi negli ultimi anni come welfare di comunità e welfare generativo, rischiano di essere abbracciati solo come bandiere o parole magiche. Non è certamente facile lavorare in questa direzione e la competizione è un dato di fatto da gestire anche all'interno del Terzo settore e, spesso, tra questo e gli enti pubblici, che talvolta, in alcuni contesti, cercano di favorire leadership di rete con chi è più disposto a logiche di fidelizzazione politica. Ma questa difficoltà di non fare della competizione un criterio guida, che premi i più forti o i più strutturati deve a maggior ragione obbligarci a un passaggio di maturazione: se il mondo adulto non fa i conti con le sue stesse contraddizioni e non vive l'esigenza di crescere esso stesso, non si presenta in modo credibile. 3e. AMBIRE GRADUALMENTE A PROGRAMMI PARTECIPATI LOCALI Una prima innovazione educativa e sociale sta nella capacità di recuperare e praticare una logica di programmazione più che di singolo progetto. Dietro molte storie di vita, di adolescenti e di adulti, emerge innanzitutto la povertà di orizzonte, l'essere e sentirsi schiacciati su una Pagina 7 di 11 dimensione di presente ridotto al ''qui ed ora'', incapace di far tesoro del passato e di immaginare e desiderare il futuro, un proprio unico e irripetibile futuro. In questo, e non solo, i minori sono lo specchio che amplia il clima del nostro tempo. Il passato è considerato qualcosa di morto e il futuro è solo un azzardo o una minaccia. Provare fin dall'impostazione del fondo a recuperare e privilegiare gradualmente lo sviluppo a livello locale delle capacità di intere comunità non solo di fare progetti, ma di programmare in modo partecipato il loro essere educative, la valenza educativa stessa del proprio territorio, il prendersi cura di se stesse, ci pare una sfida insieme strutturale e simbolica. Strutturale perché la prima innovazione di cui hanno bisogno le politiche educative e sociali è proprio quella di cessare di disperdere risorse economiche ed umane, materiali ed emotive, per riedificare insieme la capacità di programmare, sapendo distinguere tra ruoli nazionali e locali, pubblici e privati. Il futuro non è mai stato una certezza, ma esiste solo laddove ce lo si promette reciprocamente, facendo patti su programmi, per quanto ciò debba fare i conti con la provvisorietà e la perenne ridefinizione successiva. Simbolico perché evoca la sfida che si cresce dove si cresce insieme, che i propri progetti singoli, individuali o propri di un ente, possano concorrere e rafforzarsi dentro un orizzonte più ampio e più lungo di una programmazione che si dia obiettivi collettivi ambiziosi, quali appunto quelli di incidere sugli indicatori della povertà educativa del proprio contesto. 4. PROGRAMMAZIONE DEL FONDO/PRIORITÀ Alla luce delle riflessioni fatte sul concetto di povertà educativa e sul ricercare indicatori partendo dai livelli essenziali delle prestazioni in materia di politiche per l'infanzia e l'adolescenza siamo a proporre tre priorità. 4a. CONDIZIONI SPECIFICHE DI FRAGILITÀ: FAMIGLIE IN POVERTA’ ASSOLUTA, MINORI NON ACCOMPAGNATI E INTEGRAZIONE MIGRANTI, INGRESSI IN FAMIGLIA, VIOLENZA/BULLISMO, SINTI/ROM, DISABILITA’, DIPENDENZA,DETENZIONE Concentrarsi sulla povertà educativa significa adottare una opzione preferenziale per coloro sui quali maggiormente pesano gli ostacoli alla piena fruizione e sviluppo dei processi educativi. Ecco perché una priorità, che può essere trasversale ad altre, deve essere innanzitutto la scelta per azioni integrate rivolte alle condizioni personali e familiari maggiormente fragili. In questo senso occorre costruire indicatori che permettano una valutazione di merito e dei risultati partendo dalla capacità di farsi carico e incidere su situazioni quali i minori non accompagnati, l'ingresso in famiglie adottive, l'integrazione dei migranti, le situazioni di violenza e di bullismo, la realtà dei sinti e dei rom, le famiglie in povertà assoluta, le situazioni di disabilità, le situazioni di dipendenza e quelle di detenzione. Il tutto, ricordando i criteri guida, deve essere possibilmente integrato all'interno di misure non solo emergenziali, ma orientate anche alla promozione e allo sviluppo di comunità. 4b.0-5 ANNI Sicuramente questa è la fascia di età strategica per lo sviluppo delle capacità di apprendimento e, di conseguenza, per promuovere una effettiva lotta alle diseguaglianze. Non solo, è certamente la fascia di età nella quale più si frammenta territorialmente l'offerta di servizi e opportunità rendendo così ancora più diseguale l'accesso a proposte qualitativamente adeguate. Occorre in merito anche approfondire perché fondi ingenti per lo sviluppo di servizi per l'infanzia (PAC Infanzia e anziani, precedente punto 1c) in alcune aree del Paese di fatto non abbiano trovato una progettualità soddisfacente, anche per capire in quale direzione e con quale modalità questa priorità di possa concretizzare. Soprattutto in questo caso, se si vuole sostenere la promozione di servizi di qualità per l'infanzia è urgente descrivere e chiarire politicamente il quadro complessivo sul welfare sociale (come da appello del Forum ''Il futuro è sociale''), per comprendere se poi ci sarà una strada di stabilizzazione e di messa in rete di questi servizi. Un insieme di azioni, tenendo conto della prima priorità, possono essere invece di supporto a situazioni specifiche e personalizzate. È, il caso, per fare un esempio, delle famiglie in povertà che saranno prese in carico dal SIA - Sostegno Inclusione Attiva - laddove serva agevolare l'accesso ai servizi. Pagina 8 di 11 4c. DISPERSIONE SCOLASTICA Altro fattore fortemente necessario e nello stesso tempo spesso risolutivo di una carriera alternativa alla povertà è rappresentato dalla lotta alla dispersione scolastica. Attività di supporto all'espletamento o di differente completamento dell'obbligo, nonché forme di orientamento scolastico e professionale sono spesso essenziali per intercettare una fragilità ancora più acuta perché in un'età particolarmente fragile. Anche in questo caso serve una sperimentalità che non supplisca, ma non possiamo non vedere che anche i migliori interventi pubblici necessitano di una presa in carico anche sociale, proprio perché l'educazione è una causa e un bene comune, non delegabile a qualche esperto, non riconducibile solo a un, pur fondamentale, servizio da ricevere. La società del futuro a menù fisso nella quale i figli degli operai erano candidati a fare gli operai non è certamente un ricordo del quale avere nostalgia, tuttavia l'attuale società dal menù alla carta non ha più un discorso pubblico sul lavoro, che aiuti a orientarsi e a non posticipare all'infinito l'incontro con il mondo del lavoro. Inoltre in questa direzione proprio l'innovazione dell'alternanza scuola lavoro apre a una riassunzione e restituzione di responsabilità e protagonismo alla comunità, magari perché aiuti non solo a sconfiggere la dispersione, ma a incidere sui fattori e le carenze che la determinano. In questo caso servono azioni che, sempre dentro un quadro progettuale che rispetti i criteri di cui al punto 3 (in particolare la doppia presa in carico), riguardino la fine dell'obbligo integrandosi anche con misure di supporto educativo di tipo aggregativo e/o di messa in campo e partecipazione ad altri servizi. 5. PROGRAMMAZIONE FONDO/ORGANIZZAZIONE DEI BANDI Venendo all'organizzazione dei bandi esprimiamo alcune riflessioni che ci auguriamo possano concorrere a definire delle scelte di fondo. 5a. PROCEDERE PER GRADI. PRIMO ANNO: COMINCIARE DA ALCUNE SCELTE Il primo dei tre anni è già oltre metà corso. È saggio prevedere un lavoro fattibile nell'immediato, partendo dall'individuazione appunto di alcune priorità e alcuni criteri guida. Certamente in assenza di indicatori che aiutino a individuare meglio i fabbisogni locali è determinante che i proponenti progetti dimostrino in modo valido e documentato la necessità e la pertinenza dei propri interventi a livello locale. Tuttavia, fin da subito si deve focalizzare l'attenzione su alcune scelte di fondo che, pur non essendo immediatamente praticabili, necessitano di essere subito approfondite. Tra queste vi sono l'individuazione più puntuale degli indicatori e di conseguenza dei destinatari e dei territori e di una forma di mappatura, per la quale abbiamo proposto di costruire una forma di georeferenziazione. A questi se ne affiancano altre sulle quali ci soffermiamo di seguito. 5b. PROGRAMMI LOCALI DI SISTEMA CHE INTEGRINO PIÙ PROGETTI E AZIONI INDIRIZZATE AD AFFIANCARE INTERVENTI PERSONALIZZATI EFFICACI E INTERVENTI CHE SVILUPPINO ALLEANZE EDUCATIVE DI COMUNITÀ NEL CONTESTI DI QUARTIERE O PAESE INDIVIDUATI Occorre privilegiare più che progetti, programmazioni locali di sistema che mettano in rete i diversi soggetti della comunità che si occupano di minori e integrino diversi progetti locali che, pur concentrandosi su alcune priorità, siano rivolti contemporaneamente a più età, nonché alla attivazione di responsabilità educative nelle differenti età adulte della comunità nei quartieri o paesi individuati. L’incontro coi ragazzi deve avvenire nei luoghi che vivono sul loro territorio: quindi non sposare la logica della centralità delle sedi che mette a disposizione la partnership progettuale, ma la logica della capacità di fare sistema sul territorio e di valorizzare servizi pubblici e privati esistenti che i giovani utilizzano o potrebbero utilizzare Lavorare sulle identità collettive locali è infatti una delle condizioni per creare una attivazione della comunità nel suo complesso. A fianco dei risultati educativi in senso stretto occorre prefiggersi obiettivi legati alla partecipazione attiva della comunità, quale quella di creazione di alleanze educative locali, intese come patti che vanno oltre i soggetti ''addetti ai lavori'' per raggiungere e valorizzare i cittadini nella loro pubblica responsabilità di genitori, ragazzi, nonni, Pagina 9 di 11 ma anche anziani e cittadini in genere. Tutti sono portatori di valore e interessati. Una forma alla quale ispirarsi e da promuovere come risultato atteso è quella dei GAL, gruppi di azione locale. Si può immaginare che si possa puntare a generare dei GAL dell'educazione. In ogni caso in diverse situazioni locali dove si è lavorato in questa logica, anche al venir meno o al ridursi drasticamente delle risorse, come avvenuto negli ultimi lustri, dei fondi della legge 285/97, spesso la rete attiva ha rappresentato la tenuta di un presidio e di una capacità di resilienza della comunità sui temi dell'educazione e non solo. È fondamentale anche concentrarsi su forme di restituzione alla comunità e di partecipazione della comunità alla valutazione. La valutazione è in realtà l'inizio, per questo va immaginata non circoscritta solo in relazioni scritte e nel confronto con esperti, lontana dai contesti, dagli attori e dalle comunità nelle quali insistono e da un loro coinvolgimento non solo individuale. Essa deve incarnare una visione del territorio inteso oltre, ma molto oltre, il solo spazio fisico e promuovere l'idea che l'educazione, oltre ogni tecnicismo e specializzazione, riguardi tutti e ciascuno. Anche un anziano al termine della propria vita. Anzi lui più di altri è indispensabile per la consegna tra generazioni. 5c. PROGETTUALITÀ INTERREGIONALI SU PRIORITÀ SPECIFICHE Anche a supporto di programmi locali di sistema possono essere immaginati invece progettualità interregionali specifiche che aiutino a connettere su aspetti prioritari e specifici (start up di servizi all'infanzia, esperienze di contrasto alla dispersione...) i differenti territori e far tesoro di buone pratiche. In molti casi proprio una progettualità specifica può rappresentare in alcuni contesti l'avvio di una rete e di una successiva azione di sviluppo di comunità. 5d. PROGETTI DA SVILUPPARE E PROGETTI DA RADICARE Un'altra scelta da contemplare riguarda la volontà di sostenere distinte situazioni progettuali: da un lato, esperienze nuove, che nascano ex novo sempre a partire dalle priorità e da indicatori individuati nel tempo; dall'altra, pur evitando di finanziare quello che già c'è, vanno individuate quelle esperienze che hanno ottenuto risultati positivi, ma necessitano, magari per le difficoltà del loro contesto o per essere ampliate e diffuse, di essere consolidate e sviluppate. 5e. NON DARE PER SCONTATA L'INFRASTRUTTURA: UN PROGETTO ORGANIZZATIVO PER INDIVIDUAZIONE DEI FABBISOGNI, PROMOZIONE, FORMAZIONE, ACCOMPAGNAMENTO E MONITORAGGIO Ultimo, ma in realtà uno dei primi punti all'ordine del giorno, riguarda soprattutto da parte della rete del Forum, la necessità di favorire un progetto organizzativo. Non va data per scontata l'infrastruttura, la rete viaria sulla quale far correre il progetto. Passare dal progettare al coprogettare, dal competere al cooperare, dal progetto al programma, dal sostenere attività già in corso a promuovere innovazioni, da un welfare inteso come insieme di prestazioni a un welfare generativo, da azioni erga omnes a progetti personalizzati e ad azioni di sviluppo di comunità, richiede che una parte di investimento sia progettata e dedicata con continuità a costruire l'infrastruttura. Ma soprattutto se questo bando vuole rappresentare il rilancio di una discussione pubblica sull'educazione, serve che i territori e gli attori a cui si rivolge si sentano sempre più protagonisti di un patto. Sempre da questo punto di vista si ritiene utile guardare a forme di bando non classiche, ma, come il bando di idee, più orientate a sviluppare una infrastruttura progettuale localizzata. Purtroppo un accordo basato sui bandi non consente una infrastruttura organizzativa a priori. Ciò non toglie che complessivamente i diversi attori coinvolti, a partire dai propri compiti, possano favorire: - il lavoro sugli indicatori e sulla mappatura - la promozione del fondo e dei suoi scopi (prevedendo vademecum e linee guida) - l'informazione dei soggetti che vi vogliono accedere (prevedendo anche delle premialità a chi vi prende parte) - lo scambio di esperienze dei progetti - il monitoraggio in itinere e dei risultati e le forme, anche sul campo, di controllo e di autocontrollo, sulla pertinenza e adeguatezza dei costi e delle azioni, sulla generazione di Pagina 10 di 11 impatti sociali - la partecipazione dei soggetti del territorio alla raccolta di informazioni e alla implementazione della mappatura delle esperienze e del dibattito sull'educazione (e all'uso degli strumenti che verranno predisposti: sito ecc..) L'innovazione che questo fondo può rappresentare anche nella sua formula, deve non farci sottovalutare le fatiche che sia Scuola che nel Terzo settore vivono nel dare continuità a esperienze spesso tanto positive quanto difficili da continuare, dove la parola ''sperimentale'' diviene sempre più sinonimo di ''provvisorio''. In particolare come Forum sentiamo la necessità di farci parte attiva del fatto che la sfida di questo fondo parta ed evolva nel modo migliore nei e con i contesti locali, candidando il Terzo settore italiano non a un mero gestire progetti, ma a sviluppare e consolidare una capacità concreta di farsi valutare anche direttamente dai cittadini nella propria azione per custodire e generare comunità, partecipazione, valore pubblico e bene comune. 6. RIEPILOGO PUNTI PRINCIPALI 1. Opzione preferenziale e non esclusiva per fasce deboli 2. Puntare preferibilmente, ma non esclusivamente, all'interno di una distribuzione che coinvolga tutte le regioni, a comuni con indici di vulnerabilità alti (chiedendo a Istat di integrare indici di vulnerabilità con altri indicatori: presenza e accesso ai servizi prima infanzia, presenza del Terzo settore...). E gradualmente addivenire a indicatori più mirati partendo dal lavoro sui Livelli essenziali infanzia e adolescenza e costruendo una georeferenziazione socioeducativa (che metta insieme bisogni, fattori di moltiplicazione dei problemi, presenza e accesso ai servizi, attività del terzo settore e della comunità) 3. puntare a una innovazione di governance. ALLEANZE PER LA COMUNITÀ EDUCATIVA - Non progetti ma programmi di sviluppo di comunità educativa, - promossi da reti aperte di terzo settore che puntino a costituire alleanze educative locali ampie, - in territori ristretti, anche se a partire da progetti sovraregionali o nazionali - che contemporaneamente contemplino in modo integrato e multidisciplinare più età e problematiche, azioni individualizzate su fasce deboli, azioni di promozione e prevenzione educativa dell'intera comunità. - che prevedano anche forme di valutazione partecipata con il territorio 4. Priorità, meglio se integrate in programmazione unica locale - 0-5, da verificare il raccordo con un piano di aumento dell'offerta di servizi per l'infanzia - dispersione scolastica (sia abbandono che dispersione) - minori detenuti e figli di detenuti - famiglie in povertà assoluta (collegamento con SIA con interventi di inclusione educativa) - minori stranieri (attività con minori non accompagnati e attività di integrazione e mediazione, nonché accesso ai servizi prima infanzia) - attenzione alla povertà relazionale, alla solitudine dei minori, e in generale di quelle forme di disagio che si nasconde nella presunta normalità e ancor meno è identificabile dall'alto o da indicatori specifici - attività di sviluppo della comunità educativa: sostegno alla genitorialità e agli adulti educatori nel territorio; attività mirate localmente di accesso allo sport e a una crescita culturale 5. È chiaro che il primo anno si potrebbero prevedere anche bandi su priorità specifiche, ma la tendenza deve andare sempre più verso (punto 3) programmazioni pluritattività e plurietà e pluridestinatari che promuovano una alleanza educativa in territori ristretti. Pagina 11 di 11