Meridiana vola light

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Meridiana vola light
Meridiana vola light
Giovedì 02 Febbraio 2012 00:00
di Rosa Ana De Santis
La mente che ha disegnato le nuove divise delle hostess Meridiana è quella di Cristina Ceolin,
ex modella e moglie dell’amministratore delegato Giuseppe Gentile. Bisogna avere la taglia 40,
al massimo la 42, per poterle indossare. Non sono previste altre misure e quindi tutte le
assistenti di volo, obbligatoriamente, sono invitate a mettersi a dieta e a non aumentare di peso,
fatti salvi i motivi di salute.
Una formale petizione di protesta è arrivata al presidente Ugo Cappellacci e al fondatore della
società, l’Aga Khan. La chiara discriminazione, peraltro con l’aggravante sessista, ha scatenato
un’autentica sollevazione interna e un moto di biasimo intorno alla scelta della compagnia o, più
verosimilmente, al capriccio di una fissata del peso e dell’immagine. Le hostess della
compagnia, età media 42 anni, non ci stanno e la denuncia dell’assurdo provvedimento è fin
troppo facile.
Innanzitutto se una donna troppo in carne non è “esteticamente” corretta, uno stewart con un
punto vita rilassato a diametro ellissoide non è da meno: eppure l’obbligo del peso forma è un
provvedimento, per ora, tutto al femminile. Inutile dire, poi, che la qualità del servizio erogato ai
passeggeri non passa certo per parametri di ordine estetico.
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Fatta eccezione per i requisiti necessari alla selezione degli assistenti di volo, al decoro e alla
“bella presenza” del personale non si può arrivare a scegliere sulla base della linea,
discriminando una donna che, magari a 50 anni, indossa comprensibilmente una 44 o una 46.
O arriveremo a preferirle la ventenne palestrata che sta comoda nella 40, ha le cosce più sode
e la pancia piatta perché non ha avuto gravidanze?
La china discendente è presto fatta. Una compagnia aerea, solida e attenta al servizio,
dovrebbe occuparsi meno di moda e passerelle e valorizzare piuttosto la professionalità dei
propri dipendenti, soprattutto di quelli che, con qualche anno più sulle spalle possono vantare,
oltre a qualche rotondità in più, maggiore affidabilità ed esperienza.
Peraltro un’idea così deviata, superficiale e velinesca della “bella immagine” non sembra potersi
coniugare bene con un’idea inclusiva e moralmente ineccepibile di altre differenze, ben più
importanti di quelle che dipendono da qualche chilo di troppo. Quale sarà la condotta di
un’azienda su salute e malattia, se dimostra intolleranza e veti di legge su criteri ben più
ininfluenti sul piano dell’azione lavorativa? Le premesse ci obbligano ad essere sospettosi e
poco fiduciosi.
Nel momento della crisi di mercato e nella guerra a colpi di sconti delle compagnie low cost, la
scelta di Meridiana oltre che deontologicamente “scellerata”, tradisce, in una versione semi
comica, tutta la pochezza delle strategie di marketing. Possibile che non ci fossero altri
provvedimenti da adottare se non quello di mettere a dieta il proprio personale femminile?
Forse qualcuno crede che questo renderà più appetibile volare su Meridiana? E magari
imporremmo piercing, tatuaggi in vista, tinte fashion per capelli, tacchi vertiginosi, look
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seducenti e ammiccamenti sparsi per invogliare i clienti? Forse qualcuno parte dall’assunto che
a volare siano tutti maschi, giovani, rampanti ed eterosessuali. E la passeggera anzianotta e su
di peso volerà volentieri sugli aerei light? Quanti pregiudizi discriminatori in una sola mossa.
Meridiana dovrebbe sapere bene che lo stereotipo dell’hostess-mannequin è ormai finito in
soffitta, anche a causa di ritmi e oneri di lavoro affatto paragonabili a quelli di anche solo pochi
anni fa. La brutta figura di un estro femminile forse un po’ annoiato è costato all’azienda una
petizione e una rivolta interna e diffuso biasimo. Per superare l’incidente sarebbe opportuno
consigliare l’uniforme Air Italy per la prossima sfilata d’inizio collezione e invitare la stilista della
magrezza a farsi un turno intero - insieme al consorte - sugli aerei Meridiana.
Per scoprire che non c’è spazio, nel diritto e nella deontologia, per nobilitare i vezzi al rango di
doveri, senza che questo comporti l’abuso sui diritti. Perché il lavoro è fatto di risultati e
l’intrattenimento, almeno per ora, sta bene solo sulle copertine glamour o negli stacchetti
televisivi della tv. Ma per quello siamo già attrezzati: ci sono le veline.
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