L`innovazione sostenibile fa bene a tutti
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L`innovazione sostenibile fa bene a tutti
motori24 luxury24 viaggi24 casa24 salute24 fiere24 arteconomy24 altri Accedi Notizie Commenti&Idee Norme e Tributi Finanza Economia Tecnologie «L'innovazione sostenibile fa bene a tutti» Cultura La mappa di Business Media Agricoltur a Architettura Secondo Marcello Somma, direttore dello sviluppo sostenibile in Fater, innovando è possibile eliminare i "trade-off" che costringono a scegliere tra prezzo, prestazioni e sostenibilità. Casa e arredo Distribuzione Drink & Food Edilizia Elettronica Maria Andreetta 10 Marzo 2011 Dietro il nome Fater si nascondono marchi presenti in due case italiane su tre: Pampers, Lines, Linidor, solo per citare i più noti. Si tratta di beni di consumo non di rado associati all'inquinamento (si pensi ai rifiuti prodotti dai pannolini per bambini); eppure Fater, già da parecchio tempo, ha imboccato la strada della sostenibilità, a partire dai prodotti fino al benessere dei dipendenti, sforzo che nel 2009 le ha fruttato il primo posto nella classifica “Great place to work” relativa all'Italia. Non è dunque un caso se la società abruzzese, dal 1992 joint-venture paritetica fra il Gruppo Angelini e Procter&Gamble, si presenti sul proprio sito con la scritta “La nostra sfida: diventare in Italia l'azienda sinonimo di sostenibilità”. Ma cosa significa, al di la dei claim, essere un'azienda sostenibile? Ne abbiamo parlato con Marcello Somma, ingegnere che in Fater ha il ruolo di Direttore dello sviluppo sostenibile, secondo cui non solo la sostenibilità è cosa giusta, ma bisogna farla perché conviene. Informatica Made in Italy Medicina Tecnologie Turismo Tv & Satellite Da quanto tempo esiste in Fater al figura del direttore dello sviluppo sostenibile? Fater ha una grande attenzione alla sostenibilità da sempre. Progetti di efficientamento energetico partono già dagli anni 90. Negli anni, poi, c'è stata un'evoluzione della struttura organizzativa, quindi nel modo in cui l'azienda affronta la sfida della sostenibilità, Abbiamo affrontato un passaggio da una serie di ambiti che misuravano la compliance ambientale, etica e di governance, a ciò che poi è stato chiamato a 360° “sostenibilità”. Di lì l'incontro con la Corporate social responsibility e con il concetto di sviluppo sostenibile. Qui si innesta il mio ruolo, che è quello di manager della sostenibilità e dell'innovazione sostenibile, una figura che esiste in Fater da un paio d'anni e che è il risultato di questo cambiamento organizzativo. Come è inquadrata gerarchicamente la sua figura e come è composto il suo staff? Riporto direttamente al direttore generale e questo è un fattore decisivo, perché uno degli ingredienti fondamentali affinché la sostenibilità diventi un business model è che ci sia un fortissimo supporto e stimolo da parte del vertice aziendale. Quanto al mio staff, c'è un gruppo di quattro persone che risponde direttamente a me, occupandosi dei progetti a più alto contenuto innovativo e tecnologico. Ma bisogna fare in modo che tutte le figure aziendali che si occupano della compliance lavorino in stretto contatto con chi si occupa di sostenibilità. Perché puntare sulla sostenibilità? 10/03/2011 Lo sviluppo sostenibile non è un imperativo ma una necessità, perché sta diventando un requisito per accedere ai mercati. Oggi la sostenibilità è ancora associata al concetto di compromesso. Nel mercato di nostro riferimento, quello del largo consumo, è facile trovare a scaffale prodotti che si definiscono (e magari lo sono) verdi ma che costano di più di quelli non green. Oppure prodotti verdi che costano come quelli non verdi ma performano meno. C'è insomma una scelta che il consumatore deve compiere tra performance/sostenibilità/costo. La sostenibilità attraverso l'innovazione è ciò che rende possibile eliminare questi “trade-off”. E poi la sostenibilità significa risparmio: per esempio, attraverso i progetti di innovazione energetica, negli ultimi quattro anni abbiamo ridotto il consumo dell'energia del 9,8% e del metano del 45%. Oltre ad emettere meno Co2, abbiamo evidentemente ridotto i costi. Al di là delle tre “P” (planet, people,profit), come si declina la sostenibilità nell'organizzazione di Fater? In Fater esistono quattro pilastri della sostenibilità, ognuno dei quali ha un leader e uno sponsor nel Consiglio di amministrazione, e una serie di team multifunzionali che lavorano ai vari progetti. Il pilastro della sostenibilità ambientale riguarda tutti i progetti che riducono l'impatto ambientale di processi, prodotti e persone e che hanno un valore per l'azienda in termini di riduzione dei costi. Poi c'è la social sustainability, che riguarda le certificazioni e si occupa della “restituzione” al territorio di ciò che facciamo. Il pilastro della cultural sustainability riguarda invece le persone, a partire dai comportamenti quotidiani. Qui rientra anche la politica dei benefit aziendali. Circa un anno fa, per esempio, abbiamo offerto al nostro personale la possibilità di acquistare biciclette a pedalata assistita con riduzioni fino al 70% del costo. Già 150 persone hanno aderito al benefit e il 90% di queste dichiara di usare molto meno l'automobile rispetto a prima. L'ultimo pilastro, il più strategico, riguarda la creazione del valore ed è centrato sull'innovazione, sulla creazione di nuovo business. Qui rientrano le attività che riguardano il ciclo di vita del prodotto e i rapporti con il trade. Oltre al progetto delle biciclette, ci può raccontare qualche altra iniziativa concreta? Al progetto delle biciclette è legata la partnership con la Provincia di Pescara per l'estensione delle piste ciclabili, che arriveranno fino alle nostre sedi. Abbiamo utilizzato gli scarti di produzione Pampers per realizzare arredi urbani come panchine e fioriere con cui arredare le piste. Per inciso, il 100% degli scarti industriali dei nostri prodotti va al recupero: di circa 15.000 tonnellate all'anno di materiale nulla finisce in discarica. Questo è un esempio di come si può fare innovazione recuperando valore economico dagli scarti e riducendo i costi di smaltimento, il tutto a vantaggio del territorio e dell'ambiente. Un altro esempio riguarda il sistema di trasporti: negli ultimi anni abbiamo tolto dalla strada 5.500 camion attraverso una migliore pallettizzazione dei carichi e utilizzando maggiormente il trasporto su nave. Alla fine vincono tutti: perché 4 milioni di chilometri in meno all'anno percorsi significano per l'azienda un risparmio notevole. Quando si riesce a fare un'azione che fa bene a tutti, quella è la vera innovazione sostenibile. Tra Emas, Iso 14000, Sa 8000, quali sono gli indicatori di sostenibilità e le certificazioni da cui un'azienda non può prescindere per essere sostenibile e per comunicarlo, fugando magari i sospetti di “greenwashing”? Per noi la certificazione più importante è l'Emas (Eco Management and Audit Scheme, ndr). L'anno scorso abbiamo vinto il premio “Emas award” per l'Italia nella categoria grandi aziende. Le certificazioni sono certamente importanti, ma hanno un limite intrinseco dovuto al fatto che sono pressoché incomprensibili per i consumatori. Dalle nostre indagini risulta che l'80% dei consumatori non sa come interpretare i claim di sostenibilità. E la sostenibilità non può ridursi a un bollino.. Per esempio, come misuro il fatto che i miei dipendenti vengono al lavoro in bici elettrica? Mentre sul fronte degli acquisti verdi da parte della Pubblica amministrazione, lì le certificazioni potrebbero e dovrebbero essere utilizzate di più per selezionare i fornitori. Quanto al greenwashing, noi pensiamo che il mercato si prenderà cura di sé: saranno i consumatori a decidere se si tratti di greenwashing o meno, proprio perché non vogliono il trade-off. Quando un direttore dello sviluppo sostenibile deve “mettere le mani” nell'azienda per innovare riducendo l'impatto ambientale, è più importante la ricerca e sviluppo sui nuovi materiali/prodotti o l'ottimizzazione dell'esistente (processi produttivi, catena di approvvigionamento)? 10/03/2011 Sono decisivi entrambi fattori e sono spesso correlati. La differenza la fanno a volte altre cose. Faccio un esempio: negli ultimi 20 anni il peso dei pannolini Pampers è diminuito del 45%, con una riduzione di un impatto di vita pressoché equivalente. Le dimensioni del packaging parallelamente si sono ridotte del 68%. Mentre facevamo questo abbiamo ridotto i costi, migliorato la performance e il livello di soddisfazione dei nostro consumatori. Nello stesso arco di tempo abbiamo ridotto il peso dei pannolini per l'incontinenza soltanto del 19%. Due prodotti con alle spalle tecnologie estremamente simili se non identiche, ma uno migliora moltissimo e l'altro no. Perché? Siamo statti meno bravi? No. Il problema è che nel settore pubblico, principale committente in questo business, c'è un sistema di capitolati in cui viene prescritta ogni caratteristica fisica e tecnica del prodotto che di fatto rappresenta un freno all'innovazione. Qual è l'attività più difficile nel suo ruolo: monitorare e misurare gli impatti ambientali della vostra attività piuttosto che pensare e impostare azioni di miglioramento? Penso che la sfida più bella, e in questo senso più difficile, sia quella di creare il sistema in cui tutti vincono: l'ambiente, la società, l'azienda. L'attività, invece, che richiede più energie mentali e creative è il tenere insieme la catena. Per esempio, capire tutti i processi dei nostri fornitori e dei subfornitori, tenere sotto controllo la supply chain, tenuto conto di tutte le ramificazioni del ciclo di vita dei nostri prodotti. Tecnicamente, fare bene la scorecard degli acquisti è l'attività certamente più faticosa, anche perché è un'area lontana, fisicamente, dagli occhi. Secondo lei in Italia a che punto siamo in tema di binomio aziende-sviluppo sostenibile? C'è sicuramente molta più strada da fare di quanto non ne sia stata fatta, anche se qualche segnale di progresso c'è. Un numero crescente di aziende in molti settori diversi sta già facendo davvero sviluppo sostenibile e green economy, un concetto, questo, che va al di là dei settori dell'energia, della mobilità o dei rifiuti. Questa intervista fa parte della rubrica Identikit delle Professioni realizzata in collaborazione con Cornerstone International Group Stampa Invia un commento Invia questo articolo Eventi e servizi Si apre il sipario sul Salone del Mobile Speciale us award 2010 Candida il tuo punto vendita Si apre la pagina milanese della cinquantesima edizione del Salone del Mobile con un evento di presentazione al Piccolo Teatro Tutto sulla terza edizione del concorso promosso da us ufficiostile. 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