Le Marche: storia e storie di emigrazione
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Le Marche: storia e storie di emigrazione
Titolo del saggio(da pag. 125 a pag. 134): Le Marche: storia e storie di emigrazione 1. Presentazione del saggio nella sua totalità: In questo saggio, attraverso una chiarissima esposizione lessicale e sintattica di quanto scritto, viene illustrata la lunga storia del popolo marchigiano emigrato all’estero. A partire dagli anni Settanta dell’Ottocento ha inizio un flusso migratorio, che ben presto diventerà impetuoso e che durerà circa un secolo, cioè fino agli anni Settanta del Novecento. Questo intenso flusso migratorio, si fece più consistente dopo il 1880 e in particolare dopo la metà degli anni Novanta, quando si fecero sentire gli effetti delle grave crisi economica che aveva colpito l’intero paese italiano. Nel ventennio 1895-1915 dalle Marche si ebbe un vero e proprio esodo, infatti è stato calcolato che per circa un intero secolo di forte emigrazione, si sono avuti circa 660.000 espatri. Si può affermare dunque, che complessivamente quasi cinquecentomila marchigiani lasciano in modo definitivo il territorio regionale. Per concludere, in quegli anni le Marche avevano una percentuale di emigrati, rispetto alla popolazione residente, più elevata della media nazionale, infatti il secolo che va dal 1875 al 1975 è stato definito “il secolo della grande migrazione”. 2. Individuazione delle aree specifiche di analisi: Gli elementi topici, individuati nel saggio come aree specifiche di analisi sono: Ritardo dell’emigrazione : A differenza di altre regioni italiane che si aprivano all’emigrazione di massa, nelle Marche l’emigrazione per l’estero era pressochè nulla. Ma l’emigrazione interna al paese, non era certamente nulla poichè, dalle Marche ci si spostava singolarmente o a piccoli gruppi e solamente chi emigrava lavorava per le tenute dei grandi proprietari (canto popolare pag. 125 che dimostra come chi emigrava era orgoglioso di poterlo fare). Un aspetto fondamentale che condusse il popolo marchigiano all’emigrazione verso l’estero, fu il forte peggioramento della situazione economica dell’intero paese italiano e la conseguente diminuzione di produzione agraria (forte crisi nelle industrie minerarie marchigiane dello zolfo). Si parla dunque di un carattere tardivo dell’ emigrazione marchigiana e di una sua successiva esplosione. Intensità dell’emigrazione: Negli anni 1895 – 1915, Le Marche furono la regione dell’Italia centrale con il tasso migratorio più elevato. Come si evince dall’articolo il flusso migratorio più consistente dei marchigiani fu questa netta predilezione verso l’Argentina. Infatti raggiunse le 200.300 unità nell’arco di un secolo. Poiché l’ Argentina puntò tutto sull’immigrazione quale unica chance per il popolamento, per l’industrializzazione del paese, per il progresso, per la cultura e soprattutto per la civilizzazione. L’ Argentina offriva dunque, la “terra ai contadini” ossia un campo pulito sul quale il popolo marchigiano doveva costruire tutto ciò di cui aveva bisogno (abitazione, impianto elettrico, silos, stalle e pozzi d’acqua). Qual’ era quindi, l’obbiettivo del popolo marchigiano? L’acquisto di un fondo, visto come un sogno o perlomeno come un’impresa non facile da realizzare cui dedicarono ogni sacrificio. Emigrazione sulle coste del Mediterraneo : Una della coste mediterranee più toccate dal popolo marchigiano fu l’Egitto dove operavano molte imprese edili tra cui quella degli ingegneri anconetani. L’immigrato più famoso fu Ernesto Verrucci di Force. Emigrazione in America: Vivendo per molti anni in regime di semi-schiavitù, il popolo marchigiano lavorava nelle miniere del Michigan, del Minnesota e del Pennsylvania e inoltre diede vita a diverse colonie lungo il corso del Mississippi dove l’attività principale consisteva nella raccolta di cotone. Curiosità Come viaggiava il popolo marchigiano in Argentina? Attraverso l’analisi di alcune lettere dei migranti, si evince come i marchigiani raccontano del loro viaggio in Argentina. Il viaggio, da loro chiamato “ lu passàgghju”, faceva paura non solo per la lunga durata ma anche per l’ altissimo costo e soprattutto per i travagli dell’esistenza a bordo; infatti prima della partenza i migranti si affidavano alla Madonna di Loreto che , secondo quanto si diceva, proteggeva dagli annegamenti. Come erano vestiti? Indossavano quelli che erano chiamati “ li pagni de lu passàgghju”,ossia gli indumenti della traversata, i più vecchi abiti che avevano nel guardaroba. A fine di questo viaggio i vestiti vecchi venivano sostituiti con quelli nuovi e inoltre si tagliavano i capelli, i baffi, la barba e le unghie, che per superstizione avevano lasciato crescere durante il viaggio. A cura di C. C. (n° 64) Le Marche: storia e storie di emigrazione Rapporto Italiani nel Mondo 2014, D. Licata 3- RIFLESSIONI CONCLUSIVE DELL’AUTORE Paola Cecchini è una giornalista nonché scrittrice esperta del fenomeno di emigrazione marchigiana. In queste poche pagine, traccia in maniera al quanto chiara ed analitica quelle che sono state le tappe fondamentali della migrazione che dalle Marche vide, tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, piccoli proprietari terrieri, coltivatori, coloni e braccianti dare il via ad una lunga serie di emigrazioni interne destinate ad unirsi alle grandi migrazioni di massa di cui fu parte l’ Italia intera. L’articolo segue minuziosamente l’indagine dell’autrice attraverso i punti fondamentali già espressi (le origini della migrazione; la predilezione per l’Argentina; il mito della “terra ai contadini”; l’analisi delle lettere dei migranti: sogni, speranze, dolori e fatiche; l’emigrazione sulle coste del Mediterraneo e in America) e lo fa mantenendo l’obiettività giornalistica che è alla base della veridicità del reportage proposto. L’autore rimane del tutto esterno all’esposizione, limitandosi solamente alla fedele descrizione di fatti e statistiche. Un tono più caldo, meno distaccato, sembrerebbe quello espresso dall’autrice nella divulgazione delle lettere dei migranti. 4- SCOPO DELL’AUTORE La tecnica giornalistica distaccata e obiettiva dell’autrice parrebbe emergere con minor forza quando l’analisi del fenomeno migratorio si sofferma sull’aspetto intimo e umano dei protagonisti. Cecchini ci riporta diverse testimonianze di matrice popolare come canti o modi di dire entrati nella tradizione marchigiana a seguito dell’importante esperienza migratoria. L’autrice fa spesso ricorso al lessico dialettale della regione per descrivere “lu passàgghju”, la traversata che molti migranti italiani sostennero nel corso del viaggio oltreoceano. Sottolinea con forza incisiva la ritualità di questo passaggio, di questo percorso, espressa in termini popolari come la vestizione de “li pagni vòni” (i “vestiti buoni”) e l’abbandono de “li pagni de lu passaggju” (o “i vestiti vecchi”). Il timore dei nostri migranti per il mare è rimasto nella memoria popolare e viene ricelebrato in un famoso adagio popolare che fa “lu mare ‘mbar a ppregà” (“impara a temere il mare”). Il terrore degli emigranti emerge con forza dalle pagine di questo articolo tanto che lo scopo dell’autrice appare chiaramente: accanto alla volontà della giornalista di mettere a focus la questione marchigiana analizzandola da un punto di vista demografico, storiografico e politico, è pur vero che neanche l’aspetto umano di tale fenomeno rimane inespresso. Le testimonianze dirette o indirette, insieme alle lettere dei migranti, riportano il lettore contemporaneo alla gravità dell’esperienza migratoria ponendo, al di là dei numeri e delle diverse speculazioni, la condizione umana degli italiani in una posizione di centralità. A cura di F. D. P. n° 65 Punto 5: in che modo il saggio risponde al tema posto “italiani nel mondo” Il saggio “Le Marche: storia e storie di emigrazione” della giornalista e scrittrice marchigiana Paola Cecchini ben risponde al tema del libro “italiani nel mondo” in quanto tratta di una particolare fetta di popolazione italiana, quella marchigiana appunto, e mette a confronto i flussi migratori in partenza dalle marche con quelli delle altre regioni, evidenziandone similitudini e differenze. In questo saggio P. Cecchini, trattando di emigrazione, riesce a considerare al tempo stesso sia le specificità della propria regione che l’andamento globale nazionale e si occupa del particolare senza dimenticare il generale. Secondo l’autrice l’emigrazione marchigiana si distinse per RITARDO, INTENSITA’ e netta PREDILEZIONE VERSO L’ARGENTINA. Ritardo: l’Inchiesta Agraria Jacini del 1884 annotava che “nella regione l’emigrazione verso l’estero era pressoché nulla” mentre appariva cospicua quella interna al paese con preferenze per regioni come il Lazio, la Toscana e la Campania. Soltanto tra la fine dell’800 e gli inizi del 900, a causa della crisi agraria, ci fu un’inversione di ruolo. Intensità: Partita in sordina l’emigrazione marchigiana si impennò rapidamente tanto che ne periodo 1896- 1905 gli espatri furono 357.000 e negli anni 1895-1915 le Marche si classificano come la regione dell’italia centrale con il tasso migratorio più alto. Predilezione verso l’argentina: subito dopo l’indipendenza (1816), prima ancora di divenire uno stato unitario, l’argentina puntò tutto sull’emigrazione quale unica chance per il popolamento e l’industrializzazione del paese; l’immigrazione rappresentava per molti progresso e cultura. Questa convinzione portò alla formazione di una serie di leggi ad hoc che promuovevano e tutelavano l’accesso nel paese agli stranieri. Ne è un esempio la legge numero 817 del 1876 chiamata anche legge Avellaneda. Questo più la forte connotazione agricola del paese fece sì che per i marchigiani l’Argentina risultasse terra fertile dove potersi stanziare e trovare fortuna. Punto 6: in che modo l’autore ci presenta elementi che accrescono la nostra conoscenza interculturale Nel saggio di P. Cecchini possiamo rinvenire forse un solo elemento che accresce la nostra conoscenza interculturale, un elemento strettamente connesso al concetto di integrazione: l’esportazione del modello contadino marchigiano all’estero. Infatti se gli emigrati marchigiani sono riusciti a trovare un posto nelle società straniere è solo grazie al lavoro. Essi si distinsero all’estero per la loro bravura nel campo dell’agricoltura e grazie alla loro tradizione contadina si sono fatti detentori di primati e scoperte rivoluzionarie come l’introduzione della semina diretta, l’avvio dell’olivicoltura a Mendoza e la creazione del primo ed unico museo del vino in Argentina. Fu uno dei casi che dimostrò come il lavoro può essere fonte di integrazione e grazie ad esso è possibile promuovere l’interculturalità. M. L. D. n° 62 Il rapporto dei primi 12 articoli della Costituzione con il saggio scelto: Particolarmente interessanti ed inerenti ai documenti studiati,sono l'articolo 1 e 4 della Costituzione Italiana. In entrambi i casi il fulcro del discorso ruota attorno alla parola "lavoro",sul quale,secondo la Costituzione stessa,si fonda il nostro Paese e rappresenta anche un diritto proprio del cittadino. È infatti la ricerca di un nuovo lavoro o di una nuova occupazione,la motivazione principale che spinse un gran numero di Marchigiani a lasciare la terra nativa per raggiungere mete sconosciute. Purtroppo,però, non sempre tutto va nella direzione desiderata ed il popolo migrante si ritrova a vedere violato,invece,un altro diritto esplicitato nel il secondo articolo. Attraverso quest ultimo,infatti: "Si riconosce il diritto inviolabile dell'uomo [...] e si richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica,economica e sociale". L'andamento storico dell'epoca portò al mancato adempimento dello stesso, in quanto il cittadino migrante non veniva riconosciuto come tale nella sua interezza e di conseguenza non rispettato. Riflessioni di carattere pedagogico ed educativo: A livello pedagogico ed educativo,si può sempre trattare il concetto di lavoro. Se in questo caso viene affrontato da un punto di vista di flussi migratori e avvenimento sociale,il lavoro può essere analizzato ed inteso anche come fenomeno di crescita del fanciullo. Sarebbe inoltre interessante analizzare in che modo siano cresciuti i bambini che in prima persona vissero sulla loro pelle questo cambiamento di vita repentino,in che modo svilupparono le loro capacità intellettuali,se ci furono conseguenze negative e in che modo crebbero,invece,quei bambini di nazionalità italiana che nacquero direttamente in terra straniera. A cura di S. M. B. n° 63