Le alghe in acquario

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Le alghe in acquario
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Le alghe in acquario
Inviato da Matteo Merlo
Le alghe sono una delle costanti del nostro hobby, ce ne accorgiamo quando le colonie diventano infestanti ma sono
presenti in tutte le acque del pianeta e le nostre vasche non fanno eccezione. Le alghe sono organismi pionieri, i primi
che nascono in nuovi ambienti sommersi, i primi che ricoprono le superfici e che assorbono i nutrimenti disciolti
producono enormi quantità di O2 consumando anidride carbonica, formano la base del nutrimento per le creature
superiori nel plancton, diventano sostentamento per le larve di pesci e invertebrati, insomma sorreggono tutti gli
ecosistemi acquatici.
Proviamo quindi a considerarle non un nemico da debellare ma una parte integrante del sistema acquario. Come detto
costituiscono il nutrimento principale per molte specie di pesci d’acquario, dagli alghivori superficialmente
chiamati “pulitori”, ai grandi ciclidi dei laghi africani che si nutrono di Afwuchs (sedimento di plancton e
alghe), fino ai maestosi discus che in natura nella stagione secca ingoiano grosse quantità di sedimenti per estrarne il
contenuto di diatomee e alghe unicellulari.
E’ inoltre dimostrato che la dieta ottimale per tutti i pesci prevede una componente vegetale, possiamo spesso
osservare i nostri ospiti sbocconcellare foglie e arredi proprio in cerca delle alghe che con tanto impegno abbiamo
cercato di togliere.
Le alghe sono anche “organismi-indice” ovvero dal tipo di popolazione rinvenuta possiamo dedurre i
parametri chimico fisici dell’ambiente in cui crescono.
Le alghe appartengono al gruppo vegetale delle Tallofite, insieme a batteri funghi e licheni, possono quindi essere
scomposte in radici, fusto e foglie. Un'altra differenza con le piante consiste nella mancanza di differenziazione cellulare.
Le alghe svolgono, come le piante la fotosintesi grazie alla clorofilla contenuta nei Cloroplasti e in altri pigmenti. Si tende
a suddividere le alghe in gruppi proprio in base al contenuti di un tipo particolare di pigmento.
Andiamo quindi a definire i vari tipi di alghe escludendo dapprima la classe dei cianobatteri che evidentemente è
estranea alla classificazione. Passiamo poi a descrivere le diatomee ed in seguito distinguiamo le alghe brune dalle
verdi. In realtà la classificazione scientifica è molto più complessa e si basa sulla complessità cellulare e i 15 differenti tipi di
pigmenti sfruttati dalle alghe, noi per semplicità ci limiteremo ad illustrare quelle più comunemente ospitate nei nostri
acquari.
Cianobatteri
Appartengono alla grande famiglia del fitoplancton insieme a clorofite (coniugatoficee e cloroficee), diatomee, dinoficee e
crisoficee.
I cianobatteri comprendono organismi procarioti (batteri) fotosintetici con clorofilla. In acquario tendono a colonizzare il
fondo e le pagine superiori delle foglie più larghe. Per il caratteristico colore vengono chiamate anche alghe azzurre. Una
analisi più approfondita sui cianobatteri viene fatta da Walter Nagliato nel suo articolo
Foto di Jambè - cianobatteri
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Diatomee
Sono organismi unicellulari, ricchi di carotenoidi che gli danno il caratteristico colore bruno. Le 6000 specie di Diatomee
devono il loro nome alla membrana silicea composta da due parti chiuse come una scatola, all’interno, attraverso
i motivi geometrici e affascinanti delle due tasche della membrana, si distinguono il nucleo e cromoplasti.
In acquario le notiamo spesso come una patina scura che riveste rocce arredi e foglie delle piante, al tatto hanno la
consistenza della polvere e sono facilmente rimuovibili dai substrati. Colonizzano di frequente anche gli strati intermedi
del fondo insieme ai cianobatteri in comunità fittissime che creano le tipiche stratificazioni scure nelle sezioni di fondo
osservate dai vetri.
Un’acqua dura e ricca di silicati ne favorisce lo sviluppo con la preferenza per le zone buie o meno illuminate, il
loro habitat d’elezione è quindi l’acquario di ciclidi africani e tutte quelle vasche dove si utilizza acqua della
rete idrica ricca di silicati.
Una volta morte la loro membrana di silicio rimane come uno scheletro vuoto che all’occhio umano appare come
una sabbia finissima, è possibile utilizzare questa polvere di diatomee per caricare degli appositi filtri meccanici in grado
di trattenere anche le particelle più minuscole.
Foto di Kohan - diatomee
Alghe verdi (Cloroficee)
Con 10000 specie circa è il gruppo di alghe più grande, e il più presente in acqua dolce dove compongono la parte
vegetale del plancton. Una analisi al microscopio rivela geometrie piene di fascino e di grazia. Queste alghe sono molto
evolute e quindi simili alle piante acquatiche sia nella fisiologia che nei pigmenti, si servono quindi degli stessi minerali,
oligoelementi e lunghezze d’onda delle piante superiori, per questo la lotta specifica è molto difficoltosa.
Le alghe verdi filamentose (Oedogonium e Ulothrix) appartengono a questo gruppo.
In acquario è facile rimuoverle manualmente arrotolandole su dei bastoncini, gli alghivori le divorano con gusto e una
buona circolazione dell’acqua ne previene l’accumulo. Sono tipiche delle vasche appena avviate dove
possono essere interpretate come indicatori di buona qualità dell’acqua. E’ facile contrastarle con una folta
vegetazione che ne limita la diffusione sottraendo i nutrimenti dalla colonna d’acqua.
Foto di Roby68 - alghe filamentose
Anche le esplosioni di alghe che si verificano in vasche avviate da poco sono causate da alghe verdi. Il pulviscolo che si
osserva in sospensione è il fitoplancton composto da alghe unicellulari.
Si debellano facilmente con cambi sostanziosi e una riduzione dell'illuminazione. Anche una temporanea filtrazione
meccanica aiuta a venire a capo del problema. Queste alghe sono le stesse che vengono coltivate per produrre l'acqua
verde usata per l'alimentazione di molti pesci di allevamento, su tutti i carassi.
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Foto di Roby68 - acqua verde
Alghe brune (Rodoficee)
In questa classe troviamo forma e strutture molto differenziate e complesse, le rappresentanti più famose in acquario
sono le famigerate alghe a pennello del genere Rhodochorton. Sono le alghe più coriacee e difficili da debellare nelle
nostre vasche, difficilmente gradite anche ai pesci ed agli invertebrati alghivori. Di colore verde oliva fino quasi al nero
devono le loro sfumature alla clorofilla che viene ricoperta da due diverse sostanze coloranti (Phycoerythrin e
Phycocyan) che combinandosi in differenti quantità variano la tonalità di colore. Osservando i filamenti di queste alghe al
microscopio notiamo dei rigonfiamenti bulbosi alle estremità, sono gli sporangi, maturando formano le spore che si
staccano dal corpo dell’alga e vagano trasportate dalla corrente, quando la spora trova una superficie solida su
cui adagiarsi inizia a produrre la cellula base. Questo tipo di riproduzione asessuata spiega la velocità di diffusione e la
capacità di colonizzare tutte le superfici della vasca.
Al di là delle distinzioni specifiche ci sono dei tratti comuni a tutte le specie di questa famiglia, imparando a conoscere le
loro esigenze fisiologiche sapremo come agire per combatterle.
Nella maggior parte dei casi non esiste una causa specifica nella crescita delle alghe ma più verosimilmente una
combinazione di queste, la seguente esposizione deve essere intesa quindi come una serie di consigli generali da
applicare opportunamente alla situazione contingente.Se l’infestazione è in stato avanzato è opportuno rimuovere
le foglie più pesantemente colpite e se possibile rimuovere gli arredi per pulirli manualmente strofinandoli con una
spugna o spazzola e sciacquandoli poi abbondantemente.Analizziamo ora le strategie di lotta specifica in base alle leve
da sfruttare, parleremo quindi di acqua e nutrimenti, luce, prodotti chimici ed infine degli organismi antagonisti .
Acqua e nutrimenti
Le alghe stentano in ambienti oligotrofici, esse infatti assorbono i nutrimenti disciolti nell’acqua, le nostre vasche
dovrebbero appartenere a questo tipo di ambiente, ma una sovralimentazione degli animali o una errata concimazione
liberano tutti i nutrimenti di cui le alghe hanno bisogno.
I normali concimi liquidi o da fondo sono mirati per l’alimentazione delle piante ma se la vegetazione non è ancora
ben attecchita come nelle vasche nuove, è in sofferenza o ancora è troppo limitata per assorbire i nutrimenti che
somministriamo questi saranno metabolizzati dalle alghe che prenderanno il sopravvento sulle piante superiori. Per
questo si consiglia di non iniziare la concimazione liquida fino a che le piante non siano completamente attecchite e nel
caso ci sia un fondo attivo di posticipare ulteriormente qualsiasi integrazione.
I vegetali non si nutrono solo di ferro, potassio, azoto e altri oligoelementi ma anche di nitrati e fosfati. Sono proprio
questi ultimi le cause tipiche di esplosioni algali in acquario. I nitrati sono il risultato del ciclo dell’azoto attuato nel
filtro, una loro presenza massiccia indica un carico biologico eccessivo in vasca causato da una sovrappopolazione o
sovralimentazione. I fosfati dervivano anch’essi dai residui alimentari e dal metabolismo dei pesci, entrambi questi
elementi possono essere limitati e rimossi con i cambi parziali o resine specifiche. I fosfati non dovrebbero essere
superiori a 0.5 mg/l mentre i nitrati non dovrebbero superare i 25 mg/l.
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Una strategia efficace si è dimostrata quindi l’abitudine a cambi parziali frequenti e cospicui miranti a sottrarre i
nutrimenti in soluzione. Dopo un paio di settimane di trattamento le alghe dovrebbero morire, durante questo periodo si
riduce al minimo l’alimentazione degli animali e si sospende ogni fertilizzazione per rendere la vasca più povera
di nutrimenti possibile.
La maggior parte delle alghe preferisce ambienti con ph, durezze e temperature elevate e quindi poco ossigeno in
soluzione. Sono invece in difficoltà in ambienti molto acidi e ben ossigenati.
Si è dimostrato che i tannini e gli acidi umici sono sgraditi alle alghe, il filtraggio con torba, le radici e una buona
concentrazione di lignina in vasca inibisce i processi di assimilazione e duplicazione, inoltre i tannini rendono
l’acqua ambrata rendendo difficoltosa la penetrazione della luce. Alcuni studi mostrano come la paglia di cereali
(soprattutto orzo e frumento) sia particolarmente indicata per questo trattamento, basta lavarla abbondantemente e
inserirne una fascina nel filtro per una – due settimane circa, ripetendo l’operazione fino al distacco delle
alghe dalle superfici.
La luce
E’ un altro elemento strategico nella lotta, sappiamo infatti che le alghe sfruttano lunghezze d’onda
differenti rispetto alle piante e soprattutto hanno una elevata capacità di adattamento che manca alle prime, per questo
sono più rapide nell’adeguarsi a cambiamenti di illuminazione e a variazioni nello spettro causati dalla
senescenza delle lampade.
La radiazione luminosa comprende componenti armoniche aventi lunghezza d’onda compresa
nell’intervallo 380 - 780 nm, da 380 a 490 sono le radiazioni del blu da 490 a 780 la gamma del giallo arancio
rosso. Le alghe sfruttano principalmente le radiazioni del blu. Traducendo questi valori in gradi Kelvin vediamo come le
piante amino i toni caldi dai 3000 ai 4000 mentre aumentando la gradazione ci si sposta nella zona del blu con una resa
estetica gradevole all’occhio umano ma con altrettanto beneficio per le alghe. Attenzione quindi non solo alla
temperatura di colore ma anche ai picchi dello spettro nella zona del blu.
Alcune alghe si sono addirittura specializzate su frequenze “residuali” ovvero non sfruttate da altri vegetali
prosperando nelle zone meno illuminate dove penetrano solo alcune lunghezze d’onda, è il caso dei cianobatteri
e delle alghe rosse che con un sistema di pigmentazione alternativo sfruttano i il giallo e il verde dello spettro.
E’ evidente quindi come l’illuminazione sia un parametro fondamentale da studiare attentamente in caso di
problemi. Oltre alla corretta gradazione dello spettro ci sono altri fattori da osservare: la durata del fotoperiodo, e le
variazioni nello spettro.
In natura la luce solare è disponibile per un periodo che varia dalle 8 alle 12 ore a seconda del luogo e dalla vegetazione
che scherma i raggi. In acquario è buona regola iniziare con un fotoperiodo limitato aumentandolo gradualmente senza
mai eccedere i limiti sopraindicati. Alcune filosofie di conduzione della vasca suggeriscono un “fotoperiodo a
scatti” in cui si inserisce all’interno della giornata un periodo di buio. Secondo logica questo intervallo
dovrebbe danneggiare più le piante che si adattano lentamente rispetto alle alghe, molte sperimentazioni ed esperienze
avvallano però questa tesi che si basa sull’idea che i raggi solari delle ore centrali siano troppo perpendicolari per
essere efficacemente utilizzati, la questione rimane comunque aperta e non sembra risolvibile teoricamente.
Sappiamo inoltre che le alghe sono organismi molto semplici e quindi in grado di accumulare solo esigue scorte di
energia, per questo non hanno la possibilità di sopportare periodi prolungati di assenza di luce. Una strategia vincente,
soprattutto contro le alghe verdi unicellulari, è oscurare con fogli di cartone la vasca e spegnere le luci per un periodo di
due settimane, le piante soffriranno un po’ ma sopravvivranno grazie alle loro riserve, le alghe invece periranno.
Tutte le alghe inoltre sanno sfruttare circa il 70% dello spettro contro il solo 12% delle piante, questa loro caratteristica le
rende molto versatili e reattive alle mutazioni delle condizioni luminose.
Per questo quando le lampade iniziano a subire gli effetti di una eccessiva senescenza e lo spettro vira le piante sono in
difficoltà, mentre le alghe sono pronte a sfruttare a loro vantaggio la situazione. E’ buona regola cambiare i tubi al
neon ogni 6-8 mesi e le luci HQI o HQL entro l’anno di utilizzo. Anche la luce che filtra da una finestra può
provocare problemi, infatti le piante, abituate alle luci artificiali, non sono in grado di utilizzarla mentre le alghe non hanno
difficoltà a sfruttarla per la fotosintesi. E’ evidente quindi come una progettazione e manutenzione attenta
dell’impianto di illuminazione si riveli fondamentale per l’equilibrio della vasca.
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Prodotti chimici
In commercio si trovano molti prodotti anti-alghe che promettono risultati immediati e definitivi. E’ impossibile
analizzarli analiticamente ma vale comunque la pena spendere qualche parola sulle modalità d’uso e la loro reale
efficacia.
Chiariamo subito che intervenire con prodotti chimici non vuol dire risolvere il problema ma semplicemente trovare una
cura momentanea, se non si risolvono le cause che generano la proliferazione le alghe si ripresenteranno puntualmente.
E’ quindi evidente che gli anti-alghe sono un aiuto nella lotta ma mai l’arma risolutiva, una strategia
vincente deve quindi prima individuare le cause della proliferazione, agire su di esse per indebolirle e impedirne la
proliferazione e solo come ultimo rimedio introdurre gli alghicidi che elimineranno anche le ultime superstiti. In caso di
infestazioni gravi molti dei prodotti non garantiscono nemmeno risultati apprezzabili nel breve periodo. E’ buona
regola procedere a dei sostanziosi cambi d’acqua nel periodo precedente al trattamento, sia per sottrarre
nutrimenti sia in previsione dell’impossibilità di effettuarli nel periodo di somministrazione.
Nell’ampia e variegata offerta si distingue per composizione ed efficacia un preparato della ESHA, il Protalon-707.
L’azienda danese basa l’efficacia del prodotto su principi attivi naturali che non infastidiscono in nessun
modo le piante e i pesci. Si è rivelato molto efficace nel trattamento di tutti i tipi di alghe comprese, anche se in minor
misura, di quelle a pennello. In ogni caso, ricordando che la giusta cura passa da una attenta analisi delle cause, la
maggior parte delle grandi marche del settore ha nel proprio listino delle alternative efficaci.
Organismi antagonisti
Come detto in precedenza gli antagonisti per eccellenza delle alghe sono le piante acquatiche poiché sfruttano gli stessi
nutrimenti e sono in competizione per la stessa nicchia.
Un acquario ben piantumato e in salute è la soluzione ottimale per combattere tutti i tipi di alghe sottraendogli nutrimenti
ed impedendone la diffusione, ricordiamo però sono sempre presenti e pronte a sfruttare periodi di debolezza della
vegetazione. In particolare sono utili allo scopo le piante a rapida crescita come Ceratophyllum, Cabomba, Hygrophilia
Polysperma e Myriophillum e tutte le piante galleggianti che assorbono i nutrimenti disciolti in quantità maggiori e più
velocemente, quelle galleggianti in particolare schermano anche la luce inibendo ulteriormente i processi di fotosintesi
delle alghe.
Un aiuto ci viene offerto anche dal regno animale tramite i numerosi pesci ed invertebrati fitofagi.
Esistono animali che si cibano di vegetali in genere e che quindi potrebbero aggredire anche le piante ed altri che si
nutrono in preferenza di alghe o addirittura di un determinato tipo di esse. Prima di descrivere le varie specie è opportuno
però ricordare che nessuno di questi ospiti può rappresentare da solo la soluzione del problema, sono piuttosto un aiuto nel
contenerle e limitarne la proliferazione.
La famiglia di fitofagi più famosa è quella dei Loricaridi, diffusa principalmente nella zona equatoriale del sud america
vanta un numero enorme di specie, in acquario vengono osptitate solo quelle più piccole.
Tra i ciprinidi si distingue il Crossocheilus siamensis, uno dei pochi animali che si nutre anche di alghe a pennello.
Sempre originari del sud-est asiatico anche il Gyrinocheilus aymonieri e i Gastromyzon.
Oltre alle specie specializzate in questo tipo di alimentazione ricordiamo che la maggior parte dei pesci integra la propria
alimentazione con una componente vegetale. Dai grandi Ciprinidi delle nostre acque fino ai Discus sono moltissimi gli
animali che possono essere sorpresi a brucare le alghe sulle foglie o gli arredi, senza dimenticare la grande famiglia dei
ciclidi africani che fa dell’ auwfusch (detrito organi composto da alghe e zooplancton) il proprio alimento base.
Tra i molluschi i più diffusi sono le Ampullarie ed in particolare le Pomacea bridgesii, nella colorazione marrone striata o
in quella di allevamento giallo intenso. Si nutrono di tutti i detriti, comprese le foglie in decomposizione e le si vede
spesso brucare le alghe. Sono creature miti e pacifiche ed adatte alla convivenza con tutti gli abitanti della vasca, una
durezza eccessivamente bassa dell’acqua potrebbe causare problemi di calcificazione al guscio. Anche molti altri
generi di molluschi comuni negli acquari che classifichiamo superficialmente come “lumache” offrono il loro
contributo nella eliminazione delle alghe.
Tra i gamberi i più famosi sono le Caridina japonica, probabilmente i mangiatori di alghe più operosi e instancabili.
Vanno tenute in gruppi numerosi per vincerne la naturale timidezza, producono un carico organico trascurabile e sono
adatte alla convivenza con tutti i pesci.
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Attenzione però a non inserirle in vasche con ciclidi e grossi pesci che le gradirebbero come una appetitosa integrazione
alla normale dieta.Passando dalla dimensione macroscopica di pesci e piante a quella microscopica scopriamo che
anche altri piccoli animali si nutrono di alghe come protozoi e rotiferi.
I protozoi sono ampiamente diffusi in acque dolci e salate, vivono inoltre nel terreno umido o come parassiti di animali e
vegetali. I Protozoi planctonici si muovono per mezzo di ciglia,flagelli,membrane ondulanti e si alimentano di batteri o
alghe microscopiche.
I rotiferi, con una lunghezza compresa tra i 100 µm e 0.5 mm, hanno un capo, un tronco e un piede. Quasi tutti i rotiferi
traggono la loro fonte di nutrimento dalla filtrazione di microalghe, batteri e detrito, non mancano forme predatorie e
carnivore.
Anche i piccoli crostacei usati per alimentazione di avannotti e di pesci sono consumatori di alghe
(dapnhia,cyclops,artemie)
Di Matteo Merlo (24-03-2004)
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