Relazione - Arcidiocesi di Trento

Transcript

Relazione - Arcidiocesi di Trento
interventi di Lucia e Marco Matassoni, Romolo Rossini
______________________________________________
FORUM ANNUALE DEI DOCENTI E STUDENTI SDFT SUL TEMA
Ma è cambiato tutto?
dialogo su ‘Amoris laetitia’
Trento, Polo Culturale Diocesano Vigilianum, 28 gennaio 2017
INTERVENTO DEI CONIUGI MATASSONI
All’insegna della “continuità e dell’innovazione”. Potremmo riassumere con queste due
parole i contenuti dell’Esortazione post-sinodale Amoris laetitia, frutto del lungo cammino
sinodale, dove la varietà degli apporti è stata espressione della pluralità di cui vive la Chiesa
grazie al dono dello Spirito Santo che non fa mai mancare il suo sostegno. L’Esortazione,
lungo i nove capitoli, abbraccia l’intero percorso della vita di coppia in un amplissimo
ventaglio di situazioni: dalla Parola di Dio alle sfide culturali, dalla vita a due all’educazione
dei figli, dalla sessualità alla preghiera.
Con il linguaggio e lo stile dell’esperienza
Per me – ha affermato il cardinale Schönborn, arcivescovo di Vienna, presentando in
Vaticano l’Esortazione - Amoris laetitia è
«in primo luogo, un “avvenimento linguistico”, […]. Qualcosa è cambiato nel discorso
ecclesiale».
Le prime due considerazioni, riguardano, pertanto, propriamente il linguaggio e lo stile del
documento. Amoris laetitia è un ampio ma scorrevole dialogo in famiglia che utilizza il
linguaggio dell’esperienza per offrire uno sguardo aperto, profondamente positivo, sulle realtà
familiari, così normali e complicate insieme. Ma questo sguardo incoraggiante richiede un
itinerario di «conversione pastorale e missionaria, che non può lasciare le cose come stanno» 1.
Stiamo lentamente cominciando a comprendere meglio il Vangelo dell’amore di coppia, a
togliere dalle spalle di coloro che vivono in situazioni ‘irregolari’ 2 il peso e la sofferenza delle
«pietre che si lanciano contro la vita delle persone», aiutandole «a trovare le strade possibili di
risposta a Dio e di crescita attraverso i limiti» (305). Il lettore, anche qualora stia vivendo una
situazione affettiva personale o familiare segnata da difficoltà o da comportamenti lontani
dallo standard cristiano, non si sentirà giudicato, ma accolto con fiducia, oggetto di sguardo
amichevole che desidera entrare in dialogo per evidenziare gli aspetti positivi della sua
vicenda - il bene - piuttosto che subito, quelli negativi.
Lo stile dell’Esortazione è inedito per un documento del Magistero; colpisce per l’aderenza al
quotidiano e la capacità di nominare con freschezza e delicatezza quello che la famiglia vive
ogni giorno. Non si parla della famiglia ideale, quella che sogneremmo, ma di quella concreta,
1
FRANCESCO, Esortazione Apostolica Evangelii gaudium, 25 (24/11/2013).
Il Papa non cita mai nell’Esortazione l’espressione ‘irregolari’ in riferimento alle coppie o alle famiglie, a meno
che non si tratti di citazioni di altri documenti magisteriali; parla sempre di vita familiare che non si realizza
perfettamente. Invece, il diritto canonico riserva tale qualificazione alle situazioni matrimoniali dei battezzati che
convivono more uxorio senza il sacramento del matrimonio, non corrispondendo ancora, come nel caso della
semplice convivenza e del matrimonio civile, o non più, come nel caso della nuova unione di chi fosse già stato
sposato sacramentalmente, all’insegnamento della Chiesa.
2
1
interventi di Lucia e Marco Matassoni, Romolo Rossini
______________________________________________
che abita le nostre case, in cui si gioisce, si soffre, si attraversano le diverse stagioni della vita.
Ed è significativo che proprio questa attenzione al concreto venga individuata come la pista
per incontrare il divino. Il mistero di Dio circola nella quotidianità dell’esperienza familiare:
«ogni casa è un candelabro» (8), che illumina le tenebre del mondo minacciato da «un
individualismo esasperato che snatura i legami familiari e finisce per considerare ogni
componente della famiglia come un’isola…» (33).
Sullo sfondo di tutto questo possiamo evidenziare come vi sia un profondo rispetto di fronte
ad ogni uomo, tanto per la sua persona - che va considerata, rispettata, contemplata come
“dono” in tutte le fasi della vita - quanto per la sua storia e il suo percorso con e verso Dio.
La buona notizia
Se annunciare la gioia del Vangelo è la missione che il Signore ha affidato alla sua Chiesa, in
Amoris laetitia papa Francesco traccia la via nella quale l’amore di Dio può essere vissuto
nelle storie d’amore che uomini e donne intrecciano dando vita a famiglie e le accompagna a
riconoscere e a vivere questa gioia, anche quando inevitabilmente incontra ostacoli o persino
fallimenti rispetto al progetto iniziale.
La prospettiva del documento è pastorale: si percorre la strada affiancando le persone così
come sono per accompagnarle e rendere loro disponibile la buona notizia del vangelo nelle
loro situazioni concrete. È profonda convinzione di papa Francesco la necessità di assumere,
sempre, atteggiamenti di prossimità cordiale nei confronti dell’altro, certi che da queste
relazioni di vicinanza ne derivi una conoscenza più profonda del Vangelo e delle sue
esigenze. Nel documento papale non c’è una teoria della famiglia. A muovere tutto è la
sollecitudine pastorale di nutrire con la luce del Vangelo la vita delle famiglie così come sono,
mostrando al mondo che
«l’annuncio cristiano che riguarda la famiglia è davvero una buona notizia» (1).
Amoris laetitia è inserita nella tradizione del recente magistero della Chiesa su matrimonio e
famiglia a partire, almeno, dal Concilio Vaticano II, di cui ritroviamo lungo il testo frequenti
citazioni; tuttavia, Francesco non si limita a ribadire quanto è patrimonio della Chiesa, ma ne
fa occasione sia di ulteriore approfondimento che di generazione di nuovi processi,
specialmente nell’ambito della pastorale, quale luogo fontale dell’esperienza. Questo a partire
dalle pagine introduttive che precedono i nove capitoli dell’Esortazione, dove Francesco
indica la prospettiva dell’intero documento: non esaurire dal punto di vista magisteriale il
tema trattato – l’amore nella famiglia – affidando, invece, ad ogni contesto culturale la
responsabilità di trovare soluzioni adeguate, attente alle tradizioni e alle sfide locali (cfr. 3).
Nel capitolo III ribadisce i capisaldi della dottrina e della morale riguardanti il matrimonio e
la famiglia, ovvero il progetto di Dio su queste due fondamentali esperienze umane, ma senza
mai sottrarsi, però, dallo sguardo di Gesù, cercando «di guardare e di leggere la realtà, anzi le
realtà, di oggi con gli occhi di Dio, per accendere e illuminare con la fiamma della fede i cuori
degli uomini, in un momento storico di scoraggiamento e di crisi sociale, economica, morale e
di prevalente negatività»3.
3
Discorso del Santo Padre Francesco a conclusione dei lavori della XIV Assemblea Generale Ordinaria del
Sinodo dei vescovi, 24 ottobre 2015.
2
interventi di Lucia e Marco Matassoni, Romolo Rossini
______________________________________________
Lungo il testo il Papa ripete più volte che l’ideale dell’amore fedele, unico, fecondo e
indissolubile è ciò che la Chiesa cattolica indica come traguardo per gustare pienamente “la
gioia dell’amore” tra uomo e donna. Qui, tuttavia, le prospettive sono rovesciate: non sono
punto di partenza, perché le condizioni sempre più difficili di una crescente complessità
culturale e sociale impediscono di caricare sulle spalle dei giovani pesi di cui non conoscono
più neppure il significato (cfr. 36), ma traguardo, meta a cui tendere, secondo la legge della
gradualità. Ed è in quest’ottica che papa Francesco chiede alla Chiesa tutta di avere lo
sguardo di Gesù anche sulle situazioni non conformi alla volontà di Dio: uno sguardo che non
condanna in modo definitivo, perché solo il Signore potrà giudicare nel giorno della sua
venuta il peso delle responsabilità di ciascuno e la sua colpevolezza.
Abitare la famiglia: i passi avanti di Amoris laetitia
L’Esortazione Apostolica Familiaris consortio di Giovanni Paolo II del 1981 - frutto del
Sinodo sulla famiglia da lui celebrato appena eletto pontefice - aveva sottolineato l’identità
della famiglia fondata sul matrimonio, quale luogo per l’uomo della prima esperienza di
comunione in cui non soltanto nasce ma è amato ed impara ad amare: «l’amore è, pertanto, la
fondamentale e nativa vocazione di ogni essere umano» (FC 11). La vocazione all’amore
consente di intravvedere i passi dell’itinerario esistenziale che ciascuna creatura è invitata a
percorrere verso il proprio compimento: essere figli per diventare sposi e per giungere ad
essere madri e padri; il dono ricevuto (la figliolanza), il dono di sé (la sponsalità) e il dono
trasmesso educando (maternità-paternità).
Il Papa in Amoris laetitia riprende e approfondisce ulteriormente questo itinerario, in
particolare nei capitoli IV e V. Il capitolo IV, interamente dedicato all’amore nella vita
matrimoniale, è un esempio di educazione all’amore a partire dall’inno alla carità
dell’Apostolo Paolo (1 Cor 13, 4-7). Francesco cerca tutte le motivazioni e i consigli possibili
per raggiungere questo grande obiettivo:
«non potremo incoraggiare un cammino di fedeltà e di reciproca donazione se non
stimoliamo la crescita, il consolidamento e l’approfondimento dell’amore coniugale e
familiare» (89).
Lo fa con un linguaggio pratico, vicino, positivo ed esistenziale per dire “il nostro amore
quotidiano”, fatto di concretezza e semplicità dei gesti, di intensità e fatica, di atteggiamenti
da maturare, di parole e di silenzi, di scelte e di ripensamenti, di tenerezza, di eros. Egli parla
dell’amore umano prima che cristiano e suggerisce che l’amore umano è un lavoro
artigianale, che si affina nel cammino e nella lotta. É un amore che è AGAPE (dono di sé
perché un altro possa vivere), FILIA (la più grande amicizia, condivisione della vita categoria piuttosto insolita per descrivere la relazione uomo/donna) ed EROS (desiderio
dell’altro, che si esprime nell’emozione, nella passione, nel piacere), riprendendo ciò che
Giovanni Paolo II aveva ampiamente presentato nelle Catechesi del mercoledì (129 catechesi
su corporeità, sessualità, amore e matrimonio, che tenne nei primi anni del suo pontificato,
1979-1984).
Nel V capitolo, invece, l’attenzione si sposta sull’altra dimensione dell’amore coniugale: la
fecondità e la generatività. Si parla in maniera spiritualmente e psicologicamente profonda
dell’accogliere una nuova vita, dell’attesa nella gravidanza (novità assoluta per un documento
3
interventi di Lucia e Marco Matassoni, Romolo Rossini
______________________________________________
del Magistero), dell’amore di madre e di padre, della presenza dei nonni. Ma anche della
fecondità allargata, che si traduce non solo nell’esperienza dell’affido e dell’adozione ma
anche del contributo che le famiglie possono dare per promuovere una “cultura dell’incontro”,
nella prospettiva di rendere “domestico” il mondo (184).
Non vi è, perciò, una novità sotto il profilo dei contenuti dottrinali, ma vi è piuttosto una
riproposta efficace dei medesimi attraverso un linguaggio che è più capace di raccontare. Con
questa esortazione papa Francesco ha reso “lieta notizia” la coppia, la sessualità, il
matrimonio, la famiglia e la fedeltà. Quello che è mutato è lo sguardo della Chiesa: è caduta
ogni visione cinica e angosciata della sessualità e l’annuncio dell’amore tra uomo e donna ha
ripreso il suo splendore di verità, senza però abbagliare.
Familiaris consortio dedica anche un ampio spazio al tema dell’educazione dei figli, nella
terza parte, dove descrive il diritto-dovere educativo dei genitori, tanto che procreazione ed
educazione della prole sono da considerarsi un unico munus; inoltre, l’educazione deve essere
compiuta “a tutto campo”, compresa la trasmissione della fede, in modo da maturare nel figlio
i valori essenziali della vita umana.
In Amoris laetizia, nel capitolo VII, oltre a ribadire, con parole nuove, quanto già presentato
precedentemente, vengono suggerite le modalità per far sì che la vita familiare possa essere,
concretamente, il contesto educativo primario della libertà, della volontà e del desiderio dei
figli. I genitori e gli educatori vi troveranno non solo un conforto, ma anche una sapienza
pratica non facilmente recuperabile altrove: dalla saggia combinazione fra cura e non
ossessione alla formazione etica del carattere, dal sapiente sviluppo dell’autonomia e della
libertà al realismo delle attese e alla sanzione necessaria, dalla capacità di aspettare
all’attenzione ambientale, dai nuovi mezzi informativi alla difesa del pudore. Fino alla
trasmissione della fede.
La logica dell’amore incondizionato
Tra i tratti più originali della proposta contenuta in Familiaris consortio sta l’appello alla
misericordia in quanto dimensione specifica della maternità ecclesiale di cui la famiglia ha
particolarmente bisogno. Non possiamo dimenticare, infatti, assieme alle difficoltà obiettive
che in molti modi gravano sulla famiglia oggi, chiamata a farsi carico spesso da sola di una
molteplicità di questioni, anche le possibili tensioni interne ad essa, che generano
scoraggiamento, senso di frustrazione, e che possono lacerare il già precario equilibrio
familiare. Solo una Chiesa che incoraggia, accompagna, che offre il perdono e la parola
rinfrancante di Gesù, le consente di custodire e di promuovere questa straordinaria,
insostituibile risorsa di amore.
Papa Francesco va oltre, perché ponendo la sua Esortazione Amoris laetitia sotto la frase
guida: «Si tratta di integrare tutti» (297) riconosce, umilmente, che tutti abbiamo bisogno di
misericordia, a prescindere dalla situazione familiare in cui ci troviamo.
«Anche un matrimonio in cui tutto “vada bene” è in cammino. Deve crescere,
imparare, superare nuove tappe. Conosce il peccato e il fallimento, ha bisogno di
4
interventi di Lucia e Marco Matassoni, Romolo Rossini
______________________________________________
riconciliazione e di nuovo inizio, e ciò fino in età avanzata (cfr. 297)» 4,
perché – conclude l’Esortazione –
«nessuna famiglia è una realtà perfetta e confezionata una volta per sempre, ma
richiede un graduale sviluppo della propria capacità di amare» (325).
Infatti, rispetto all’ideale pieno del matrimonio, nessuna situazione familiare è perfettamente
“regolare” e ogni situazione, data la sua imperfezione, può essere detta “irregolare”. Amoris
laetitia supera, infatti, «l’artificiosa, esteriore, netta divisione fra “regolare” e “irregolare”» e
pone «tutti sotto l’istanza comune del Vangelo» 5. Invita ad un cambiamento di prospettiva, a
mettere da parte la supremazia della legge, a non fare della Chiesa una dogana e a ricordarsi
del primato della misericordia «pienezza della giustizia e manifestazione più luminosa della
verità di Dio» (311).
La centralità della coscienza
Per vivere nel miglior modo possibile l’ideale e la bellezza del matrimonio cristiano non basta
allora cambiare la normativa e le leggi - come tanti vorrebbero - ma occorre formare le
coscienze attraverso un sano discernimento spirituale sulla vita reale e concreta delle persone
che spesso si trovano a vivere in situazioni assai diversificate. Le parole chiave
dell’esortazione, “discernere e accompagnare”,
«non valgono solo per le “cosiddette situazioni irregolari” (papa Francesco sottolinea
questo “cosiddette”!) ma valgono per tutti gli uomini, per ogni matrimonio, per ogni
famiglia. Tutti, infatti, sono in cammino e tutti hanno bisogno di “discernimento” e di
”accompagnamento”» 6.
Allora il capitolo VIII, che tenta di leggere le diverse contraddizioni al disegno divino sul
matrimonio, offre novità alle quali il popolo cristiano non è abituato. Il modo di pensare
diffuso è quello che vede la concezione di morale ridotta a “norma” (dovere), che viene posta
in rapporto alla coscienza (la norma è trasformata in principio e la coscienza si deve
adeguare). Il rapporto, invece, è tra coscienza, norma e Bene. Il Bene è presente nella norma,
ma non si esaurisce in essa. Se si vede la norma come ciò che anticipa il Bene, la coscienza
anticiperà il Bene nella norma: questa è la dinamica virtuosa che Amoris laetitia invita a
riattivare! (cfr. 303; 305; 308). Il processo di discernimento ha lo scopo di accompagnare le
persone a illuminare la propria coscienza perché possano vivere la grazia di Dio nella loro
situazione concreta, nella misura delle loro possibilità, cioè del bene possibile. Così la Chiesa
restituisce l’autorità ultima alla coscienza dei credenti, non si sostituisce ad essa, ma la
accompagna per illuminarla.
Il discernimento del bene possibile
Già a partire dal numero 77 l’invito ad un doveroso “esercizio” di discernimento pastorale, il
4
«La mia grande gioia per questo documento sta nel fatto che esso coerentemente superi l’artificiosa, esteriore,
netta divisione fra “regolare” e “irregolare” e ponga tutti sotto l’istanza comune del Vangelo, secondo le parole
di San Paolo: “Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per usare a tutti misericordia!”(Rm11,32)»: C.
SCHÖNBORN, Conferenza Stampa per la presentazione dell’Esortazione Apostolica post-sinodale del Santo Padre
Francesco Amoris laetitia, sull’amore nella famiglia, 8 aprile 2016.
5
Ibidem.
6
Ibidem.
5
interventi di Lucia e Marco Matassoni, Romolo Rossini
______________________________________________
Papa lo richiama in riferimento al tema dei semina Verbi, cioè quei “semi di Vangelo”
presenti in «ogni persona che desideri formare in questo mondo una famiglia che insegni ai
figli a gioire per ogni azione che si proponga di vincere il male». Riguarda la capacità di
vedere in ogni situazione di amore, anche la meno regolare, l’agire della grazia di Dio che
opera anche nelle vite di queste persone (cfr. 291). Questo conduce a evidenziare gli elementi
di bene su cui appoggiarsi, sui quali fare leva, che possano condurre a una maggiore apertura
al vangelo del matrimonio nella sua pienezza (cfr. 293).
Ma il dovere del “discernimento”, Francesco lo richiama soprattutto per le situazioni più
difficili e delicate. Indica il discernimento come la «porta stretta» (cfr. Mt 7,14) che sola può
condurre a percorrere il cammino dell’amore cristiano (cfr. Mt 7,13-14). Si tratta di
accompagnare la persona a partire dal punto in cui si trova, con un approfondimento graduale
delle esigenze del vangelo (cfr. 38), perseguendo cioè il bene possibile in quella situazione.
Nel cammino progressivo verso l’ideale pieno del matrimonio, il bene possibile, paragonabile
al passo secondo la gamba di chi cammina, non può essere stabilito da «una nuova normativa
generale di tipo canonico, applicabile a tutti i casi», ma esige «un responsabile discernimento
personale e pastorale dei casi particolari» (300), perché
«un piccolo passo, in mezzo a grandi limiti umani, può essere più gradito a Dio della
vita esteriormente corretta di chi trascorre i suoi giorni senza fronteggiare importanti
difficoltà» (305; EG 44).
Questo cammino richiede due momenti:
 aiutare a far sì che le persone prendano coscienza della loro situazione davanti a Dio e
facciano verità in se stesse (cfr. 300);
 valorizzare gli elementi costruttivi in quelle situazioni che non corrispondono ancora,
o non più, all’insegnamento della Chiesa (cfr. 292).
Non è semplicemente un discernimento del singolo individuo che si chiude in se stesso, cerca
di capire che cosa può fare e poi lo fa e nessuno può sindacare. Il discernimento proposto qui
e che è proprio della tradizione cristiana, è sempre dialogico; è un ‘dialogo’ che intercorre tra
la coscienza personale (il passo secondo la gamba lo stabilisce colui che cammina) che
capisce che cosa può fare o non può fare e qualcuno che la illumina su quali siano le
possibilità e le esigenze che il Vangelo richiede.
L’Amoris lætitia guarda alla coscienza, come al luogo in cui si gioca la persona con la
maturazione delle proprie scelte e dei propri rapporti con se stessa, con gli altri, col mondo e
con Dio. A questo scopo viene indicato il colloquio col sacerdote, in foro interno, luogo in cui
la coscienza personale e la coscienza del pastore entrano in dialogo per comprendere quale sia
il passo da compiere (cfr. 300) per amare come Lui ha amato.
A piccoli passi
Allora, qual è il tutto che viene chiesto e che il credente può oggettivamente fare per essere in
cammino, orientato verso un amore che sia come il Suo?
Misurare la distanza, ovvero rendersi conto di quanto la propria vita sia distante
dall’insegnamento di Gesù, perché ci si trova a vivere in una situazione che non corrisponde
6
interventi di Lucia e Marco Matassoni, Romolo Rossini
______________________________________________
obiettivamente alla proposta del Vangelo; riconoscere, con sincerità e onestà, i limiti ed agire
di conseguenza. Non corrisponderà all’ideale ma è il tutto che, oggi, è possibile dare.
Questo, tuttavia, non può essere pensato come l’unico luogo di chiarimento della vita
cristiana; ne rappresenta solo il momento sintetico, dove si arriva al dunque, ma esige di
essere alimentato da una condotta di vita più ampia. «Questo discernimento è dinamico e deve
restare sempre aperto a nuove tappe di crescita e a nuove decisioni che permettano di
realizzare l’ideale in modo più pieno» (303), perché questa è la logica del cammino.
Fino a prima di Amoris laetitia avevamo solo una strada: riconoscere che nel matrimonio fin
dall’inizio ci fosse un problema, questo non poteva venire dopo. Familiaris consortio (cfr. 84)
comincia ad uscire da questa logica, affermando che coloro che vivono una seconda unione
non sono fuori dalla Chiesa (questo è un punto di non ritorno), ma poi dà risposte del tutto
insufficienti; intuisce il problema e lo esplicita, ma poi nelle soluzioni resta legata a un
passato che il problema nemmeno lo vedeva.
Amoris laetitia vede il problema grazie a Familiaris consortio e dischiude percorsi affidati
alle singole diocesi nei quali si accolgono i problemi delle famiglie e le si aiutano a
intraprendere cammini di discernimento non semplicemente ritornando all’inizio, ma
affiancandole nel loro percorso. L’amore tra la coppia marito-moglie e quella Cristo-Chiesa è
una analogia imperfetta (cfr. 73) e poiché noi siamo inseriti nella storia della salvezza, tra la
pasqua di Gesù e la sua definitiva venuta, noi siamo già nel Regno di Dio che permette di
amare come Lui ha amato; ma noi non siamo ancora nella compiutezza di questo evento. In
questo già e non ancora noi possiamo vivere l’amore solo in una forma imperfetta.
Allora tutti noi siamo in cammino, perché se la cosa più importante è amare come Lui ha
amato, chi sono i regolari? Possiamo riconoscerci tutti come irregolari! Attenzione a ritenere
che la regolarità sia semplicemente l’aver celebrato il sacramento del matrimonio, perché
anche qualora due sposi si trovino nella condizione di vita che il sacramento del matrimonio
esige ma non ascoltano mai la Parola di Dio, non celebrano mai i sacramenti che alimentano
la vita cristiana e non vivono dentro una rete di relazioni che la sostiene, come è possibile che
la grazia alimenti il loro amore? Noi pensiamo sempre che le situazioni così dette ‘irregolari’,
siano solo quelle situazioni di vita prive del sacramento, quali le convivenze, le unioni civili,
le unioni dopo la rottura di una precedente unione sacramentale valida, ma proviamo a
pensare a quante persone si sono trovate dentro il sacramento del matrimonio senza
comprendere adeguatamente quali fossero le esigenze e le circostanze che permettono di
viverlo adeguatamente. Anche per costoro è possibile un cammino di discernimento personale
e pastorale!
Il Papa propone dei criteri per il discernimento secondo la logica della gradualità (nn.293300); i passi sono diversi ma tutti quanti si muovono in un’unica direzione:
«si tratta di integrare tutti, si deve aiutare ciascuno a trovare il proprio modo di
partecipare alla comunità ecclesiale, perché si senta oggetto di una misericordia
“immeritata, incondizionata e gratuita”. Nessuno può essere condannato per sempre,
perché questa non è la logica del Vangelo! Non mi riferisco solo ai divorziati che
vivono una nuova unione, ma a tutti, in qualunque situazione si trovino» (297).
I criteri sono precisi! La logica che li muove è quella di una maggiore integrazione perché
nessuno è tagliato fuori in questa prospettiva che vede la Chiesa chinarsi sulle miserie e
7
interventi di Lucia e Marco Matassoni, Romolo Rossini
______________________________________________
fragilità umane per infondere speranza e donare misericordia.
Anche Familiaris consortio esigeva il discernimento delle diverse situazioni, ma poi riteneva
che la disciplina fosse uguale per tutti e, soprattutto, che ci fossero ambiti della vita ecclesiale
e sacramentale che fossero esclusi a coloro che si trovavano a vivere situazioni di vita senza
sacramento del matrimonio. Nel confronti di queste situazioni Amoris laetitia ritiene che si
debba operare un discernimento tenendo conto che
«a causa dei condizionamenti o dei fattori attenuanti, è possibile che, entro una
situazione oggettiva di peccato – che non sia soggettivamente colpevole o che non lo
sia in modo pieno – si possa vivere in grazia di Dio, si possa amare, e si possa anche
crescere nella vita di grazia e di carità, ricevendo a tale scopo l’aiuto della Chiesa»
(305).
Questo significa che conviventi, persone sposate solo civilmente, separati, divorziati risposati
sono portatori di doni e carismi per il bene di tutti.
Integrare: una ‘rivoluzione’ possibile
L’integrazione è la finalità ultima di tutto il processo di discernimento pastorale (299) 7 che,
prospettata in Familiaris consortio, trova la sua attuazione in Amoris laetitia, soprattutto là
dove si fa esplicito rimando alla responsabilità delle Chiese locali (cfr. 300) nell’inventare, in
modo creativo, dei percorsi di discernimento accompagnato, che permettano a ciascuno di
trovare il proprio passo ma anche di sentirsi parte effettiva di una comunità.
Si individuano qui dei criteri ma non li si traduce in percorsi. In qualche modo si chiede che il
sinodo continui nelle chiese locali coinvolgendo non solo le persone divorziate e conviventi e
neppure solamente coloro che guideranno questi percorsi, ma anche, e forse ancora prima, le
comunità cristiane.
La prospettiva, allora, è quella di accompagnarti verso la meta facendoti vedere il bene che
già vivi e quello che ti sta davanti, invitandoti a camminare verso un bene sempre più grande,
il bene storicamente possibile per te secondo la grazia di Dio. Questa prospettiva è per tutta la
vita della famiglia, non solo per i casi cosiddetti “non regolari”.
«Tutti siamo chiamati a tenere viva la tensione verso qualcosa che va oltre noi stessi e
i nostri limiti, e ogni famiglia deve vivere in questo stimolo costante. Camminiamo,
famiglie, continuiamo a camminare! Quello che ci viene promesso è sempre di più.
Non perdiamo la speranza a causa dei nostri limiti, ma neppure rinunciamo a cercare
la pienezza di amore e di comunione che ci è stata promessa» (325).
7
Tale integrazione vale anche per l’accesso ai sacramenti (nota 336).
8
interventi di Lucia e Marco Matassoni, Romolo Rossini
______________________________________________
INTERVENTO DEL PROF. ROSSINI
Se il dono viene perduto …
Questioni teologico-morali e teologico-pratiche implicate nel Capitolo Ottavo.
Il c. 8° nasce da una domanda che la pratica pastorale ha reso sempre più urgente: la Chiesa
cosa deve fare con i cristiani che vivono in situazioni obiettivamente in contraddizione con la
vita cristiana?
1. Per comprendere il Capitolo ottavo
«Ogni matrimonio è una “storia di salvezza”, e questo suppone che si parta da una fragilità
che, grazie al dono di Dio e a una risposta creativa e generosa, via via lascia spazio a una
realtà sempre più solida e preziosa» (221).
1.1. Occorre tenere presente la questione teologica sottostante alla pastorale del matrimonio.
Nel sacramento del matrimonio si incontrano il dono di Dio in Cristo – la grazia – e la
corrispondenza della coppia – promessa o impegno morale.
In estrema sintesi s’incontrano il teologico-cristologico e l’antropologico-morale.
La particolarità del matrimonio è che la Grazia di Cristo non incontra solo una persona –
come nel Battesimo – incontra la vicenda di due persone che, grazie proprio alla bontà e alla
serietà di questa vicenda, vogliono dichiarare davanti alla società e alla Chiesa il loro volersi
bene, il loro reciproco amore.
1.2. Ora questi due momenti nella tradizione teologica occidentale sono stati per lo più pensati
come giustapposti secondo il seguente schema: la grazia del sacramento costituisce la nuova
realtà – ovvero il vincolo indissolubile – che gli sposi devono attuare nella loro vita, secondo
l’antico adagio: agere – il momento morale – sequitur esse – consegue dall’essere, appunto
dalla nuova realtà che il sacramento ha costituito. Il vincolo sacramentale è la condizione,
mentre l’impegno morale ne è la conseguenza.
In questo modo, l’impegno morale non concorre a qualificare il momento sacramentale, ma
semplicemente vi si aggiunge, come se il dono sacramentale della grazia – la realtà – fosse già
deciso a monte, antecedentemente rispetto all’iniziativa umana.
È come se la grazia del matrimonio fosse una realtà già determinata in se stessa – un pacco
dono già confezionato – a prescindere dalla qualità della decisione e dell’impegno umano che
viene visto soltanto come una conseguenza di un fatto il cui significato è già tutto contenuto
in se stesso. Se la grazia è un dono già confezionato, all’uomo non resta che riceverlo, ma la
sua decisione e la qualità del suo impegno non entrano a qualificare il dono.
9
interventi di Lucia e Marco Matassoni, Romolo Rossini
______________________________________________
In realtà, il sacramento del matrimonio costituisce il momento in cui gli sposi accogliendosi
l’un l’altro – accolgo te come mia sposa … - riconoscono che il loro amore – in quanto amore
serio, personale, profondo - è fondato sull’amore di Dio che in Cristo ci ha amato per primo.
Accettano e si impegnano a compiere, a realizzare nella loro vita questo loro amore che
scoprono essere radicato nell’amore di Dio: ciò che Dio ha congiunto …; nella effettività
dell’amore umano si scopre all’opera Dio stesso, fonte dell’amore.
Appare, allora, come la determinazione etica degli sposi – la reciproca fedeltà - non rimanga
ai margini del sacramento, ma entri proprio a determinare la qualità della realizzazione
cristiana – o cristologica – del loro amore. L’amore sponsale caratterizzato dal ‘per sempre’
diventa così segno sacramentale ovvero attuazione e perciò stesso rimando e richiamo della
definitiva relazione di amore – agàpe - tra Cristo e gli uomini e le donne di questo mondo.
Certo, se L’Eucarestia realizza immediatamente ciò che significa, non è così nel matrimonio.
Ciò che il sacramento del matrimonio significa, avviene in una storia, avviene nelle gioie e
nelle fatiche di una vita e chiede una custodia continua della Grazia nelle effettive vicende che
danno forma concreta al vincolo coniugale; segno ‘imperfetto’ eppure segno dell’Amore di
Dio nelle contingenze della vita (AL 72).
1.3. Ma in che modo Dio è presente nell’amore umano?
Particolarmente nella nostra società religiosamente piuttosto indifferente, questo costituisce
un problema. Nella cultura e nel pensiero anche dei singoli, sembra che tutto dipenda dalla
iniziativa umana; oppure, se una coppia va bene, dalla fortuna; non si vede cosa c’entra Dio,
se non come una sorta di benedizione che viene chiesta sull’amore, ma che non entra nella
formazione di questo amore.
In realtà, nella misura in cui si esperimenta che l’amore che ci lega non è semplice merito
nostro, nella misura in cui si esperimenta la gratuità di questo amore – un gesto di attenzione e
tenerezza inaspettato, la gioia sobria che nasce dalla certezza della presenza dello sposo, della
sposa - Dio è lì presente. Sono esperienze di trascendenza, in cui si coglie che la fonte
dell’amore non siamo noi; non abbiamo inventato noi l’amore.
La Grazia di Gesù dice che questo amore umano si fonda ultimamente nell’amore di Dio; e la
fedeltà prima ancora che essere colta come legge, appare come la risposta grata e costante a
Dio che chiama gli sposi ad essere grazia l’uno per l’altro.
Un atteggiamento e una disponibilità del genere non si improvvisa. Viene da lontano,
precisamente da una fede che sa cogliere la presenza di Dio nelle nostre relazioni di vita e che
a questa presenza si affida responsabilmente e generosamente. Ma, seppur in modo implicito,
viene anche da un amore che cerca di mettere al centro l’altro nella certezza che l’eros, il
piacere di darsi reciprocamente l’uno all’altra trova nella reciproca dedizione la sua figura e la
sua regola fondamentale.
10
interventi di Lucia e Marco Matassoni, Romolo Rossini
______________________________________________
1.4. A questo punto la domanda è: un matrimonio cristiano può finire? La grazia del
sacramento può essere perduta? Il vincolo matrimoniale può, di fatto, sciogliersi?
Se sta la tesi prima sostenuta, occorre affermare che il fallimento morale di un matrimonio ha
a che vedere con la sussistenza stessa del vincolo sacramentale e della grazia che esso
conferisce.
Questo non significa abolire l’oggettività del sacramento. Se si afferma, infatti, che per il
darsi del sacramento è necessaria la decisione dell’uomo, annullata non è l’oggettività del
dono che nel sacramento viene offerto agli sposi per portare a compimento il loro amore.
A sua volta l’oggettività della grazia o del dono che effettivamente anticipa l’opera dell’uomo
– Dio ci ha amato per primo – e la rende possibile, deve essere pensata in modo realistico,
come il dono che apre all’uomo la possibilità del suo compimento.
Questo stenta a essere compreso perché l’oggettività della Grazia viene generalmente
compresa in modo oggettivistico, come se non potesse essere ‘intaccata’ dall’opera umana,
mentre in realtà l’agire della Grazia di Dio è sempre un agire storico e dialogico e il
sacramento dice proprio il punto di incontro della Grazia di Cristo con la storia delle singole
persone [si veda la famosa opera di Edward Schillebeeckx, I sacramenti, punti d'incontro con
Dio].
L’oggettività sta dunque nell’atto oggettivo/storico di Dio che predispone, provoca la risposta
dell’uomo, la quale, a sua volta, determina il darsi reale del dono nella sua vita. L’assolutezza
e la sovrabbondanza dell’Amore di Gesù, della sua donazione sponsale, risulta
condeterminata dalla corrispondenza umana. In effetti, il dono dell’Amore di Gesù può andare
perduto, può non trovare effettiva corrispondenza.
Nel fallimento di un matrimonio cristiano non viene meno il dono di Dio: sono le condizioni
della sua concreta attuazione nella storia degli sposi che sono esposte al fallimento
irreversibile del vincolo coniugale. Il dono di Dio chiede di essere custodito e apprezzato
costantemente.
Nella liturgia infatti si prega così:
O Dio, che in questo grande sacramento hai consacrato il patto coniugale, per rivelare
nell'unione degli sposi il mistero di Cristo e della Chiesa, concedi a Cristiano e Cristiana di
esprimere nella vita il dono che ricevono nella fede.
Il dono ricevuto nella fede deve insomma essere espresso nella vita conformando così sempre
più i coniugi all’amore fedele e irreversibile di Gesù.
L’indissolubilità diventa un compito, un impegno perché prima di tutto è dono. Ma il dono
può essere compromesso o addirittura perduto. Il matrimonio sacramento non deve mai essere
sciolto, ma di fatto si può sciogliere.
11
interventi di Lucia e Marco Matassoni, Romolo Rossini
______________________________________________
«L’uomo non separi ciò che Dio ha unito». Forse l’azione della Chiesa ha insistito più su quel
‘non separi’; l’imperativo, tuttavia può essere compreso e attuato nella misura in cui ci si
affida consapevolmente, particolarmente nei momenti della prova, a «ciò che Dio ha unito».
2. Capitolo ottavo. Accompagnare – discernere – integrare: la via caritatis
Non sono tre azioni separate. Lo scopo è quello di integrare nella comunità cristiana o
comunque di far in modo che nessuno sia lasciato senza una parola di speranza e di salvezza.
Si accompagna facendo opera di discernimento e consentendo così di partecipare, secondo la
propria situazione di vita, alla comunità cristiana.
Accompagnare
291.Benché sempre proponga la perfezione e inviti a una risposta più piena a Dio, «la Chiesa
deve accompagnare con attenzione e premura i suoi figli più fragili, segnati dall’amore ferito
e smarrito, ridonando fiducia e speranza, come la luce del faro di un porto o di una fiaccola
portata in mezzo alla gente per illuminare coloro che hanno smarrito la rotta o si trovano in
mezzo alla tempesta». Non dimentichiamo che spesso il lavoro della Chiesa assomiglia a
quello di un ospedale da campo.
L’accompagnare ha il compito di suscitare responsabilità e onestà nel riguardare alla propria
storia e deve evitare ogni paternalismo, ogni ‘buonismo’. Si tratta di far in modo che si
assumano e si riconoscano le proprie responsabilità. Occorre riconoscere quello che è stato;
solo riconoscendolo per quello che è stato, si possono aprire strade di rinnovata fiducia e
speranza.
Discernere ⇐ riconoscere il bene possibile.
292. Il matrimonio cristiano, riflesso dell’unione tra Cristo e la sua Chiesa, si realizza
pienamente nell’unione tra un uomo e una donna, che si donano reciprocamente in un amore
esclusivo e nella libera fedeltà, si appartengono fino alla morte e si aprono alla trasmissione
della vita, consacrati dal sacramento che conferisce loro la grazia per costituirsi come Chiesa
domestica e fermento di vita nuova per la società. Altre forme di unione contraddicono
radicalmente questo ideale, mentre alcune lo realizzano almeno in modo parziale e analogo. I
Padri sinodali hanno affermato che la Chiesa non manca di valorizzare gli elementi costruttivi
in quelle situazioni che non corrispondono ancora o non più al suo insegnamento sul
matrimonio.
Il matrimonio civile e, anche se in misura diversa la convivenza, possono presentare aspetti
positivi:
«tutte queste situazioni vanno affrontate in maniera costruttiva, cercando di trasformarle in
opportunità di cammino verso la pienezza del matrimonio e della famiglia alla luce del
Vangelo. Si tratta di accoglierle e accompagnarle con pazienza e delicatezza».
12
interventi di Lucia e Marco Matassoni, Romolo Rossini
______________________________________________
L’atteggiamento è quello di riconoscere il bene possibile anche in situazioni che appaiono
contraddittorie rispetto alla figura dell’esperienza cristiana.
Questo atteggiamento pastorale è motivato dalla considerazione di quella che in Familiaris
Consortio era stata chiamata legge di gradualità:
295. In questa linea, san Giovanni Paolo II proponeva la cosiddetta “legge della gradualità”,
nella consapevolezza che l’essere umano «conosce, ama e realizza il bene morale secondo
tappe di crescita». Non è una “gradualità della legge”, ma una gradualità nell’esercizio
prudenziale degli atti liberi in soggetti che non sono in condizione di comprendere, di
apprezzare o di praticare pienamente le esigenze oggettive della legge. Perché anche la legge
è dono di Dio che indica la strada, dono per tutti senza eccezione che si può vivere con la
forza della grazia, anche se ogni essere umano «avanza gradualmente con la progressiva
integrazione dei doni di Dio e delle esigenze del suo amore definitivo ed assoluto nell’intera
vita personale e sociale dell’uomo».
3. Al fondo dei problemi: Legge morale e coscienza
La legge della gradualità pone la seguente questione: come far propria la legge morale, come
far in modo che essa plasmi, dia forma alla nostra coscienza, al nostro modo di pensare e di
vedere le cose? O anche: quale rapporto tra Legge universale e situazione particolare?
Nel nostro caso si tratta della Legge dell’amore fedele per sempre, legge non esteriore ma che
nasce proprio dall’esperienza dell’amore.
Occorre innanzi tutto mettere in luce che la Legge fa parte della vita dell’uomo e che il suo
compito non è quello di reprimere ma di costituire l’umano.
In secondo luogo, occorre far vedere come l’amore si dia con le sue leggi e che tali leggi si
comprendono nella misura in cui si cerca di ispirare a esse il proprio agire.
È praticando la legge con cuore sincero che se ne approfondisce il senso.
In terzo luogo, la legge non è il bene, la legge indica e custodisce il bene. Quando si parla di
‘spirito’ della Legge, non se ne intende una sua estenuazione o falsa spiritualizzazione, ma si
intende proprio questo rapporto costitutivo al bene, senza del quale la Legge decade a lettera,
a osservanza esteriore. È quello che si può indicare come dimensione simbolica della legge. In
quarto luogo, la dimensione simbolica manifesta un ulteriore aspetto: la Legge non richiede
l’applicazione della ragione ma l’interpretazione della coscienza, come si è più volte detto. La
Legge implica la mediazione della saggezza – frònesis in greco, prudentia, in latino – perché
non può prescindere dalla libertà. La Legge morale chiede il cuore della persona non una sua
esteriorità che può finire in ipocrisia.
Allora, come si incontrano Legge e libertà? Riconoscendo nella Legge l’anticipazione del
bene promesso consentendo ad esso, decidendosi per esso, mettendosi in gioco per esso.
La legge della fedeltà dell’amore chiede che si riconosca l’imperativo della presenza
dell’altro: accoglimi come il dono per la tua vita. La Legge dà parola a questo rapporto
costitutivo e perciò essa ha un carattere dialogico originario, che attesta la “legge dell’altro”.
13
interventi di Lucia e Marco Matassoni, Romolo Rossini
______________________________________________
L’espressione ‘Legge della gradualità’ va intesa allora in questo senso: le modalità e i tempi
attraverso i quali siamo disposti a lasciarci ‘plasmare’ dalla Legge, attraverso i quali entriamo
maggiormente a cogliere e a praticare la verità custodita dalla Legge.
Si tratterebbe di aprire il discorso sulla virtù, intesa come l’insieme di buone pratiche o buone
abitudini di vita che formano una sorta di connaturalità tra il bene custodito dalla Legge e la
sua pratica.
Integrare tutti. La logica dell’integrazione è la chiave dell’ accompagnamento pastorale.
Il discernimento delle situazioni dette “irregolari” [325] 296-300
Nella catechesi di Mercoledì, 24 giugno 2015, il papa dice che questo termine non gli piace.
Tuttavia il fatto che non si riesca a trovare parole più adatte, fa vedere l’imbarazzo nel parlare
di matrimoni-sacramento che finiscono in separazioni, divorzi e altre situazioni. In effetti,
nell’Esortazione manca ogni riferimento al diritto canonico. Il termine ‘irregolari’ è desunto
proprio dal diritto canonico, ma manca una riflessione che distingua diritto canonico e legge
morale 8.
L’atteggiamento fondamentale che deve assumere la Chiesa è quello di integrare tutti (297);
tale imperativo non deve essere inteso in relazione immediata all’ammissione all’Eucarestia,
ma quanto all’aiuto da offrire perché ciascuno riesca «a trovare il proprio modo di partecipare
alla comunità ecclesiale» (297).
Il Papa accoglie il frutto del lavoro del Sinodo e lo conferma con la sua autorità, un chiaro
esempio di sinodalità nella Chiesa.
298. Riguardo al modo di trattare le diverse situazioni dette “irregolari”, i Padri sinodali
hanno raggiunto un consenso generale, che sostengo: «In ordine ad un approccio pastorale
verso le persone che hanno contratto matrimonio civile, che sono divorziati e risposati, o che
semplicemente convivono, compete alla Chiesa rivelare loro la divina pedagogia della grazia
nella loro vita e aiutarle a raggiungere la pienezza del piano di Dio in loro», sempre possibile
con la forza dello Spirito Santo.
299. Accolgo le considerazioni di molti Padri sinodali, i quali hanno voluto affermare che «i
battezzati che sono divorziati e risposati civilmente devono essere più integrati nelle comunità
cristiane nei diversi modi possibili, evitando ogni occasione di scandalo. La logica
dell’integrazione è la chiave del loro accompagnamento pastorale, perché non soltanto
sappiano che appartengono al Corpo di Cristo che è la Chiesa, ma ne possano avere una
gioiosa e feconda esperienza. Sono battezzati, sono fratelli e sorelle, lo Spirito Santo riversa
in loro doni e carismi per il bene di tutti. La loro partecipazione può esprimersi in diversi
servizi ecclesiali: occorre perciò discernere quali delle diverse forme di esclusione
attualmente praticate in ambito liturgico, pastorale, educativo e istituzionale possano essere
8
Al riguardo occorrerà tener presente la lettera apostolica del papa in forma di motu proprio «Mitis Iudex
Dominus Iesus» dell’agosto del 2016 sulla riforma del processo canonico per le cause di dichiarazione di nullità
del matrimonio.
14
interventi di Lucia e Marco Matassoni, Romolo Rossini
______________________________________________
superate. Essi non solo non devono sentirsi scomunicati, ma possono vivere e maturare come
membra vive della Chiesa, sentendola come una madre che li accoglie sempre, si prende cura
di loro con affetto e li incoraggia nel cammino della vita e del Vangelo. Questa integrazione è
necessaria pure per la cura e l’educazione cristiana dei loro figli, che debbono essere
considerati i più importanti».
Modalità di integrazione e responsabilità delle comunità cristiane
Il numero 300 descrive in senso generale alcune modalità di accompagnamento nella logica
della integrazione affermando che intento del Sinodo e dell’esortazione non era l’elaborazione
di una nuova normativa canonica. L’intento è quello di un incoraggiamento per un
responsabile discernimento personale e pastorale dei casi particolari.
Discernimento pastorale rimanda all’azione pastorale della Chiesa e ai suoi responsabili –
vescovi e preti – mentre il discernimento personale è opera della singola persona nella
concreta necessità di prendere decisioni a riguardo e nella propria situazione di vita, decisioni
che rimandano propriamente alla vita cristiana: cosa fare in queste determinata situazione per
cercare di essere cristiani, per onorare il proprio battesimo, nella convinzione che non si possa
rimanere semplicemente come spettatori della propria vita e nella convinzione che non c’è
situazione umana in cui la Grazia di Dio possa agire, a meno che essa venga esplicitamente
rifiutata (il peccato contro lo Spirito Santo); la situazione della nostra vita non è mai
semplicemente da constatare; manifesta sempre una domanda, una provocazione, un invito a
coinvolgersi effettivamente in quanto facciamo.
A sua volta il discernimento pastorale mette in luce che ogni persona fa parte di una comunità
nella convinzione che esigenze della comunità ed esigenze della persona possano trovare
percorsi di condivisione. Si tratta, dunque, di due discernimenti che, pur rimandandosi l’un
l’altro, vanno sempre opportunamente distinti, ma mai isolati.
Occorre dire che il discernimento chiede una formazione e un affinamento spirituale; come si
è detto prima: È praticando la legge con cuore sincero che se ne approfondisce il senso. Senza
pratica della Legge che in questo senso equivale a virtù, la Legge sembra espropriante, per
quanto riguarda gli affetti, poi, sembra proprio fuori luogo.
Come operare nella concreta azione pastorale?
A causa dei condizionamenti o dei fattori attenuanti, è possibile che, entro una situazione
oggettiva di peccato – che non sia soggettivamente colpevole o che non lo sia in modo pieno
– [in termini meno tecnici: È possibile in una situazione che all’esterno appaia obiettivamente
contradditoria rispetto alla figura della vita cristiana, situazione che non è altrimenti
modificabile e di cui si sono assunte tutte le rispettive responsabilità] si possa vivere in grazia
di Dio, si possa amare, e si possa anche crescere nella vita di grazia e di carità, ricevendo a
tale scopo l’aiuto della Chiesa.
Nota 351: In certi casi, potrebbe essere anche l’aiuto dei Sacramenti. Per questo, «ai sacerdoti
ricordo che il confessionale non dev’essere una sala di tortura bensì il luogo della
misericordia del Signore» (Esort. ap. Evangelii gaudium [24 novembre 2013], 44: AAS 105
[2013], 1038). Ugualmente segnalo che l’Eucaristia «non è un premio per i perfetti, ma un
generoso rimedio e un alimento per i deboli» (ibid., 47: 1039).
15
interventi di Lucia e Marco Matassoni, Romolo Rossini
______________________________________________
Occorre osservare a riguardo di questa nota tanto discussa che i sacramenti della
Riconciliazione e della Eucarestia richiedono il pentimento e il saldo proposito di ‘cambiare
vita’; non chiedono l’effettività del cambio della vita, perché in determinate situazioni –
illustrate dall’esortazione (298) – questo non è possibile. A chi la Chiesa non può
assolutamente – sarebbe una potente contraddizione – concedere Penitenza ed Eucaristia? Al
fedele che, sapendo di essere in peccato grave e potendo cambiare, non avesse però nessuna
sincera intenzione di attuare tale proposito. Vi allude la Esortazione con queste parole:
«Ovviamente, se qualcuno ostenta un peccato oggettivo come se facesse parte dell’ideale
cristiano, o vuole imporre qualcosa di diverso da quello che insegna la Chiesa, non può
pretendere di fare catechesi o di predicare, e in questo senso c’è qualcosa che lo separa dalla
comunità (cfr Mt 18,17). Ha bisogno di ascoltare nuovamente l’annuncio del Vangelo e
l’invito alla conversione…» (n.297).
L’Esortazione ricorda che nella umana esistenza non c’è sempre un netto confine tra il male e
il bene. Occorre superare la mentalità del ‘lecito o illecito’ che domina ancora in una certa
impostazione morale e che non coglie il cuore della esperienza morale come dedizione della
libertà.
«Il discernimento deve aiutare a trovare le strade possibili [la ricerca del bene possibile] di
risposta a Dio e di crescita attraverso i limiti. Credendo che tutto sia bianco o nero, a volte
chiudiamo la via della grazia e della crescita e scoraggiamo percorsi di santificazione che
danno gloria a Dio. Ricordiamo che «un piccolo passo, in mezzo a grandi limiti umani, può
essere più gradito a Dio della vita esteriormente corretta di chi trascorre i suoi giorni senza
fronteggiare importanti difficoltà». La pastorale concreta dei ministri e delle comunità non
può mancare di fare propria questa realtà».
La logica della misericordia pastorale 307 – 312
308. Tuttavia, dalla nostra consapevolezza del peso delle circostanze attenuanti –
psicologiche, storiche e anche biologiche – ne segue che «senza sminuire il valore dell’ideale
evangelico, bisogna accompagnare con misericordia e pazienza le possibili tappe di crescita
delle persone che si vanno costruendo giorno per giorno», lasciando spazio alla «misericordia
del Signore che ci stimola a fare il bene possibile». Comprendo coloro che preferiscono una
pastorale più rigida che non dia luogo ad alcuna confusione. Ma credo sinceramente che Gesù
vuole una Chiesa attenta al bene che lo Spirito sparge in mezzo alla fragilità: una Madre che,
nel momento stesso in cui esprime chiaramente il suo insegnamento obiettivo, «non rinuncia
al bene possibile, benché corra il rischio di sporcarsi con il fango della strada».
Entrambe le citazioni sono della Evangelii Gaudium.
«l’architrave che sorregge la vita della Chiesa è la misericordia. Tutto della sua azione
pastorale dovrebbe essere avvolto dalla tenerezza con cui si indirizza ai credenti; nulla del suo
annuncio e della sua testimonianza verso il mondo può essere privo di misericordia». È vero
che a volte «ci comportiamo come controllori della grazia e non come facilitatori. Ma la
Chiesa non è una dogana, è la casa paterna dove c’è posto per ciascuno con la sua vita
faticosa».
16
interventi di Lucia e Marco Matassoni, Romolo Rossini
______________________________________________
In sintesi. Se il dono è perduto e, di fatto, non c’è più possibilità di ripresa del dono e di
riconciliazione del legame sponsale, il perdono sacramentale nuovamente donato, attesta
l’incondizionatezza della grazia di Dio che non può più attuarsi nella situazione precedente
ma non per questo rimane inefficace. Dio è più grande del nostro peccato. È fedele, anche se
noi gli siamo infedeli.
L’eventuale perdono non annulla la grazia di Dio che effettivamente era stata donata, né viene
a giustificare l’eventuale tradimento della promessa matrimoniale. Il perdono non è mai a
buon mercato, non dispensa da una continua e tenace ricerca di fedeltà al vangelo se si vuol
essere cristiani.
Il perdono viene incontro ad una libertà – persona – che in modo irreversibile è venuta meno
alla promessa che aveva autorizzato, aveva consentito quella libera decisione.
L’incondizionatezza del perdono non crea un alibi al tradimento del peccato o al fallimento
della relazione, ma risponde a esso.
A questo punto sembrano chiare e convincenti le parole di Chiodi:
«Aprendo l’accesso ai sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucarestia, regolato da un
discernimento penitenziale e pastorale che dovrà essere determinato con condizioni precise
per i divorziati risposati, la Chiesa potrebbe così decidere di dare testimonianza attuazione e
forma sacramentale al perdono incondizionato di Dio, che tocca l’uomo nella sua condizione
presente, aprendogli le forme di un pentimento per lui praticabile e possibile» (Facoltà
teologica dell’Italia Settentrionale - Giornata di studio interdisciplinare, Milano 11 maggio
201. Un punto di vista della teologia morale).
L’Esortazione affida alle comunità cristiane l’impegno a confrontarsi di fronte a quanto i due
Sinodi hanno elaborato e il Papa ha confermato con la sua autorità. L’atteggiamento migliore
penso sia quello di riscoprire il senso del matrimonio cristiano unitamente al senso della
penitenza e dell’Eucarestia non solo per i singoli per la comunità cristiana tutta. Ad evitare
poi la diffusione di pratiche confuse e destabilizzanti, occorre preparare uomini e donne
interiormente libere capaci di ascoltare e di aiutare a interpretare i vissuti delle persone che
chiederanno aiuto e consiglio nella convinzione che la suprema legge che guida e regola
l’azione della Chiesa è la salvezza delle persone.
Conclusione: l’ermeneutica della persona
Riprendo questo pensiero da un bel commento al cap. ottavo del card. Coccopalmerio 9,
presidente della commissione per l’interpretazione dei testi legislativi:
9
http://www.eancheilpaparema.it/2016/07/il-cap-viii-di-amoris-laetitia-per-una-lettura-guidata-cardcoccopalmerio/´
17
interventi di Lucia e Marco Matassoni, Romolo Rossini
______________________________________________
«A me pare che ancora una volta si affermi l’ermeneutica della persona propria di Papa
Francesco. Questa volta nell’aspetto della non esclusione di nessuno. E ciò perché la persona,
quindi ogni persona e in ogni condizione si trovi, è un valore in sé, nonostante possa avere
elementi di negatività morale. Il Pontefice ribadisce la non esclusione in molte occasioni e in
molte forme.
Cosa significa ermeneutica della persona? Ermeneutica – come sappiamo – significa
strumento di conoscenza e, perciò, modo di pensare, di valutare la realtà, di interpretare il
mondo. Questa ermeneutica, in Papa Francesco, è la persona.
In altre parole, Papa Francesco valuta la realtà attraverso la persona o, ancora, mette innanzi
la persona e così valuta la realtà. Quello che conta è la persona, il resto viene di logica
conseguenza.
E la persona è un valore in sé, a prescindere per tale motivo dalle sue peculiarità strutturali o
dalla sua
condizione morale. Una persona può essere bella o non bella, intelligente o non intelligente,
istruita o ignorante, giovane o anziana, queste peculiarità strutturali non hanno rilevanza: ogni
persona, infatti, è un valore in sè, quindi è importante, quindi è amabile».
18