sentenza 27.09.2004 n. 6297
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sentenza 27.09.2004 n. 6297
REPUBBLICA ITALIANA N. 6297/04Reg.Dec. IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Reg.Ric. N. 10995 Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale(Sezione Quinta) e 11228 ha pronunciato la seguente Anno 1999 DECISIONE sui ricorsi in appello nn. 10995 e 11228 del 1999, proposti da: I - (n. 10995/99) = Soc. ESSEVI di Sergio Vitali & C S.a.s., in persona del legale rappresentante Sergio Vitali, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Dina Occhiali del Foro di Ferrara e Maria Teresa Barbantini del Foro di Roma, con domicilio eletto in Roma, Piazza di Trevi n. 86, presso lo studio della seconda; contro Condominio “LA FENICE” , in via Pisano, località Lido di Spina, in Comacchio Ferrara), in persona dell’Amministratore in carica Gianni Berto, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Carla Rossi del Foro di Bologna e Mario Loria del Foro di Roma, con domicilio eletto in Roma, Via del Vicinale n. 43, presso lo studio del secondo; e nei confronti del Comune di Comacchio, in persona del Sindaco in carica; II- (n. 11228/99) = Comune di Comacchio, in persona del Sindaco in carica, Avv. Alessandro Pienotti, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Tiziano Tagliani del Foro di Ferrara e Giorgio Natoli del Foro di Roma, LMP N°. RIC.10995 e 11228/99 2 con domicilio eletto in Roma, Via Cicerone n. 28, presso lo studio del secondo; contro Condominio “LA FENICE” , in via Pisano, località Lido di Spina, in Comacchio Ferrara), in persona dell’Amministratore in carica e nei confronti della Soc. ESSEVI di Sergio Vitali & C S.a.s., in persona del legale rappresentante; entrambi gli appelli per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale dell’Emilia Romagna, Sez. II n. 498 del 4 ottobre 1999; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio, sul ricorso n. 10995/99, del Condominio “la Fenice”; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Relatore, alla pubblica udienza del 18 maggio 2004, il Consigliere Chiarenza Millemaggi Cogliani; uditi, altresì, l’Avv. Barbantini per la soc. ESSEVI, l’Avv.to F. Lorenzoni per delega dell’Avv.to M. Loria e l’Avv.to G. Orlandoper delega dell’Avv. Natoli per il Comune di Comacchio; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue: N°. RIC.10995 e 11228/99 3 F A T T O 1. Con separati ricorsi, la società in accomandita semplice ESSEVI, in persona del legale rappresentante in carica ed il Comune di Comacchio, in persona del Sindaco in carica, propongono appello per la riforma della sentenza n. 498 del 4 ottobre 1999, con la quale il Tribunale Amministrativo Regionale dell’Emilia-Romagna ha accolto il ricorso proposto dal Condomino “LA FENICE, in Comacchio (Ferrara) per l’annullamento della concessione edilizia n. 34/96 dell’8 giugno 1996, prot. n. 969/90 - rilasciata dal Comune di Comacchio, in favore della società in parola, per la realizzazione di talune opere interne, l’apertura di una finestra ed il restringimento di una porta nel muro perimetrale condominiale che delimita la proprietà esclusiva della controinteressata, e la contestuale modificazione della destinazione d’uso da negozio a residenza, in una porzione immobiliare al piano terra dell’immobile condominiale compiutamente realizzato e completato prima del 4 febbraio 1975, in zona classificata come zona “B” della variante generale al piano regolatore generale del 1998 - nonché, per quanto occorrente, anche degli artt.13/1 e 27 delle norme tecniche di attuazione dello stesso piano regolatore. Il giudice di primo grado ha ritenuto prevalenti ed assorbenti le censure rivolte all’art. 27 lett. b) delle citate norme tecniche, travolgendo, con l’annullamento della norma ritenuta illegittima, la concessione edilizia. N°. RIC.10995 e 11228/99 4 Entrambi gli appellanti chiedono l’integrale riforma della sentenza appellata nel senso della reiezione del ricorso di primo grado, sulla base di censure sostanzialmente coincidenti. Il giudice di primo grado avrebbe illegittimamente superati i limiti imposti alla giurisdizione di legittimità, intervenendo su valutazioni discrezionali dell’amministrazione, oltretutto errando nella interpretazione ed applicazione delle norme urbanistiche, e nella valutazione e considerazione dei presupposti. In ogni caso, l’annullamento della disposizione regolamentare che consente il mutamento di destinazione non avrebbe potuto condurre al totale travolgimento della concessione edilizia, incidendo questa soltanto per la parte in cui consente il mutamento di destinazione e non anche sulle opere in concreto assentite, dal momento che le stesse non sono necessariamente funzionali alla destinazione a residenza. 2. Si è costituito in giudizio il Condominio appellato resistendo all’impugnazione e riproponendo in questa sede i motivi assorbiti con la sentenza appellata. Successivamente, precisate ulteriormente le parti le rispettive difese (in particolare, per quanto riguarda gli appellanti, con riferimento ai motivi assorbiti ed in questa sede riproposti, nonché alla sopravvenuta carenza di interesse del condomino, alla decisione favorevole, per essere nel frattempo entrata in vigore, con la variante generale di piano regolatore pubblicato nel BURER n. 56 del 17 aprile 2002 una nuova classificazione in B1 5 N°. RIC.10995 e 11228/99 del soppresso centro organizzato balneare, che vede confermata la decisione di considerare l’area, in cui ha sede il Condominio La Fenice, a prevalente destinazione residenziale considerata “satura”), le due cause sono state chiamate entrambe alla pubblica udienza del 18 maggio 2004 e trattenute in decisione. D I R I T T O 1. Gli appelli devono essere riuniti perché relativi alla medesima sentenza. 2.1. Essi pongono, essenzialmente, il problema della legittimità della norma tecnica del piano regolatore generale del Comune di Comacchio (art. 27 lett. b) che, in un cotesto che disciplina la destinazione d’uso delle nuove costruzioni in zona “Centro organizzato balneare” inibendo l’uso residenziale al piano terra degli edifici prospicienti le strade pubbliche (art. 13/1 delle NTA in esame), ha, tuttavia, consentito per i soli fabbricati già esistenti, in tutte le zone di PRG, l’uso residenziale al piano terra a condizione che si tratti di vani di altezza non inferiore a mt. 2,50. E’ sottoposto a censura il procedimento logico giuridico che ha indotto il giudice di primo grado a ritenere che la disposizione contenuta nel citato art. 27, lett. b), consentendo la variazione della destinazione d’uso in residenza o a terziario, per l’intero comparto, degli edifici realizzati prima dell’entrata in vigore del vigente Regolamento edilizio, fosse illegittima perché in contrasto con la funzione stessa della pianificazione N°. RIC.10995 e 11228/99 6 urbanistica, e cioè della programmazione dell’ordinato assetto e sviluppo del territorio e degli insediamenti edilizi, nonché del conseguente carico urbanistico. Sostengono, al contrario, gli appellanti, che nella scelta urbanistica in questione non sarebbe possibile rinvenire alcuna illegittimità e tanto meno di violazione di legge, e che il giudice di primo grado si sarebbe lasciato andare ad un giudizio di mera opportunità, invadendo un campo rimesso all’insindacabile apprezzamento delle autorità preposte, oltretutto viziato dalla totale disattenzione alle esigenze che hanno condotto ad introdurre il temperamento in questione, che è intervenuto unitamente ad una incisiva zonizzazione, in un preesistente assetto che ha visto, fra l’altro, le unità a piano terra, a fronte strada, degli immobili costruiti prima del 1975 (ovvero prima dell’entrata in vigore del Regolamento edilizio), a lungo inutilizzati ad uso commerciale. 2.2. L’edificio condominale in questione è inserito nella zona che il piano regolatore generale (risalente al 1979) ha classificato, in zona B, come “zona di centro organizzato balneare”. E’ stato compiutamente realizzato, in base a licenza del 24 aprile 1968, prima dell’entrata in vigore del suddetto piano regolatore generale e dello stesso regolamento edilizio (quest’ultimo risalente al febbraio 1975). La zona di intervento – ora soppressa dalla sopravvenuta 7 N°. RIC.10995 e 11228/99 variante generale del PRG - era di espansione, riservata alla formazione di raggruppamenti organici e di edifici a destinazione commerciale, ricettiva, culturale, di culto, ad uso uffici e spettacolo nonché ad uso residenziale, ed era disciplinata dall’art. 13/I delle norme tecniche di attuazione del piano regolatore generale (entrate in vigore il 29 aprile 1989 ed allo stato non più vigente) che disciplinava, con varie e notevoli limitazioni, per le nuove costruzioni, le destinazioni d’uso, inibendo, in ogni caso, l’uso residenziale dal piano terra degli edifici per le parti prospicienti le strade pubbliche. Anche a tale zona, tuttavia, trovava applicazione l’art. 27 delle medesime norme tecniche, che consentiva, in tutto il territorio comunale, per gli edifici compiutamente realizzati prima dell’entrata in vigore del vigente regolamento di edilizia (e cioè prima del febbraio 1975) “la variazione della destinazione d’uso, in residenza o a terziario (uffici pubblici privati, sale riunioni, studi professionali, sedi di istituti di credito, ecc.) sia del piano terra che dei piani superiori, a condizione che l’altezza utile non sia inferiore a mt. 2,50”. Allo stato, le norme tecniche di attuazione di cui si tratta sono state sostituite da altre, essendo stato approvato e pubblicato nel BURER n. 56 del 17 aprile 2002 la variante generale del piano regolatore generale, che ha abrogato le precedenti disposizioni ed ha riclassificato la zona della quale si tratta. L’area interessata dall’intervento ricade, adesso, in Zona B1, a 8 N°. RIC.10995 e 11228/99 prevalente destinazione residenziale considerata “satura”, per la quale le nuove norme tecniche consentono largamente interventi di cambiamento della destinazione d’uso, all’interno delle tipologie previste in zona, salvo limiti specifici relativi alle strutture di uso, soggette a particolare disciplina. 2.3. Si può prescindere dalla adombrata sopravvenienza di difetto di interesse al ricorso originario per effetto della entrata in vigore della variante di piano, come pure dalle eccezioni relative alla costituzione in appello del Condominio, in assenza del quorum necessario ad autorizzare la resistenza in giudizio, intesa a paralizzare l’esame dei motivi assorbiti in caso di esito favorevole degli appelli, essendo questi palesemente fondati ed al contrario infondati i motivi ulteriori proposti con il ricorso di primo grado e non trattati nella sentenza oggetto del giudizio. 3. La Sezione dissente, infatti, dalle frettolose conclusioni alle quali è prevenuto il giudice di primo grado, nell’accogliere il ricorso sulla base del sesto motivo, volto a denunciare l’illegittimità del citato art. 27 delle norme tecniche di attuazione, per pretesa violazione della legge urbanistica e successive modificazioni; ed eccesso di potere sotto il profilo, fra l’altro, del difetto di motivazione. Emerge, dalla motivazione che sorregge la decisione appellata, che il giudizio espresso non assume a parametro del controllo di legittimità puntuali disposizioni o principi della normativa urbanistica, ma piuttosto l’obiettivo generale della 9 N°. RIC.10995 e 11228/99 pianificazione, considerando la scelta derogatoria inidonea all’ordinato sviluppo del territorio. Consentire che i piani terra dei vecchi edifici possano mutare la destinazione originaria, da residenziale a terziario o viceversa, indipendentemente dall’essere o meno a fronte strada, si risolverebbe nella vanificazione della classificazione in zone, e sarebbe come tale illegittima. Ritiene al contrario la Sezione che la destinazione di immobili preesistenti solo con estrema prudenza dell’Amministrazione può costituire oggetto di pianificazione successiva e, in ogni caso, sulla base di scelte ponderate ed adeguatamente motivate, cosicché, in linea di principio non si ravvisa violazione di norme e principi posti a base della pianificazione territoriale nel comportamento dell’Amministrazione che, nell’introdurre una classificazione del territorio comunale prima inesistente, e nell’imporre pesanti vincoli di destinazione (fra cui, nell’ambito di una zona a prevalente vocazione residenziale, la differente destinazione delle unità immobiliari site ai piani terra, a fronte strada), si faccia , tuttavia, carico di non incidere, nell’intero territorio comunale, sulla destinazione d’uso degli immobili realizzati compiutamente prima della classificazione e prima ancora della entrata in vigore del regolamento edilizio comunale, purché sussistano determinati requisiti e siano osservate talune essenziali prescrizioni. Anche di recente è stato affermato che l’ampia N°. RIC.10995 e 11228/99 10 discrezionalità di dell’Amministrazione cui non godono le consentono, scelte senza urbanistiche specifica valutazione dell’interesse pubblico e puntuale motivazione, di incidere su pregresse aspettative, attraverso la qualificazione urbanistica delle zone (per tutte, Sez. V, n. 2982 del 23 maggio 2000 e Sez. IV , n. 2386 - 6 maggio 2003). Il principio in parola deve essere coniugato con l’ordinaria irrilevanza (sotto il profilo della regolamentazione urbanistica) della destinazione d’uso (non accompagnata da opere di adattamento o di ristrutturazione). E la sua corretta applicazione non esclude affatto che la scelta pianificatoria sia nel senso di consentire, per le vecchie costruzioni, tipologie di intervento non consentite per le nuove realizzazioni. Si tratta, dunque, di un ambito nel quale l’apprezzamento investe la politica territoriale che l’amministrazione intende perseguire, che si sottrae al controllo di legittimità del giudice amministrativo, come denunciato dagli appellanti. D’altra parte, il drastico giudizio del giudice di primo grado appare fortemente inficiato dall’omessa considerazione dei limiti che lo stesso art. 27 pone alla concreta applicabilità della deroga. Essi, invero, sono agevolmente riconoscibili nella formulazione letterale della norma, la quale: a) si indirizza ai soli edifici compiutamente realizzati prima 11 N°. RIC.10995 e 11228/99 della entrata in vigore, non solo del piano regolatore cui ineriscono le norme tecniche di attuazione, ma dello stesso regolamento organico (e cioè, al più, al 4 febbraio 1975), lasciando fuori dall’ambito di applicazione gli immobili realizzati in oltre un decennio prima dell’entrata in vigore delle norme tecniche; b) richiede che i vani rispondano ad uno specifico requisito di altezza; c) condiziona la possibilità del mutamento di destinazione al rispetto di tutte le altre prescrizioni del regolamento edilizio del 1975, ed alle prescrizioni igienico sanitarie. Ciò restringe, con ogni evidenza le possibilità applicative della norma. D’altra parte non può sfuggire come lo stesso Condominio ricorrente ha espresso le proprie censure in maniera del tutto generica, senza dare alcuna dimostrazione, neppure presuntiva, dell’incidenza della deroga sulla programmazione, e dal canto suo, il giudice di primo grado ha omesso di considerare le obiezioni del Comune, a sostegno delle proprie scelte, sia pure per confutarle. In tale contesto, l’ apprezzamento secondo cui la norma avrebbe una “illimitata latitudine derogatoria”, in quanto consentirebbe una variazione “ad libitum” della destinazione d’uso, non appare supportata da alcuna valida giustificazione e non può essere confermata in questa sede. 12 N°. RIC.10995 e 11228/99 Gli elementi sopra evidenziati, invero, implicano, infatti, l’esistenza di limiti puntuali alla applicabilità della norma tecnica, che si traducono poi in vincoli operativi per l’Autorità competente, in concreto, a decidere sull’intervento. In conclusione, devono essere condivise le censure formulate dagli appellanti e deve essere riformata la sentenza appellata, nel senso della reiezione del motivo di impugnazione sulla cui base è stato pronunciato l’annullamento della norma tecnica e con essa, della concessione impugnata. 4.1 Come si è avuto modo di anticipare al punto 2.3., sono infondati anche gli ulteriori motivi dedotti dal Condominio con il ricorso di primo grado ed assorbiti con la sentenza in esame. 4.2. E’ irrilevante che il Comune abbia assentito la modificazione d’uso senza acquisire il consenso del Condominio. Anche di recente la Sezione ha avuto modo di precisare che il parametro valutativo dell’attività amministrativa, nella materia, va ricercato nella disciplina pubblicistica che regola la realizzazione delle opere edilizie nel territorio, senza che il mancato accertamento dell’assenso di terzi, o della lesione intersoggettiva che l’attività edificatoria potrebbe eventualmente arrecare, possa incidere sulla legittimità del provvedimento, che viene adottato sulla base del titolo formale di disponibilità del bene immobile direttamente inciso dall’intervento e, in ogni caso, con salvezza dei diritti dei terzi (Sez. V, n. 905 del 19 febbraio 2003). N°. RIC.10995 e 11228/99 13 In altri termini, il mancato assenso del Condominio cui la porzione immobiliare inerisce (e l’eventuale, mancato rispetto della disciplina condominale) è questione che concerne le relazioni privatistiche, cui resta estranea l’Amministrazione. A differenti conclusioni non può indurre la considerazione che uno degli interventi assentiti consiste nella apertura di una finestra nel muro perimetrale comune, di cui la società non ha la proprietà esclusiva. Invero, la porzione di muro perimetrale sulla quale è stato consentito alla società appellante di aprire una finestra è quella che delimita la proprietà esclusiva della stessa società; ed inoltre la finestra assentita è, architettonicamente, in piena simmetria con una serie altre finestre, esistenti ai piani superiori. Tale dato non risulta smentito in linea di fatto Orbene, può anche essere condiviso, in linea di principio che, quando si tratti di intervenire su di un bene che non sia di esclusiva proprietà del richiedente, la titolarità della porzione condominiale non sia sufficiente, da sola, a legittimare la richiesta di concessione, in quanto la facoltà di eseguire opere sulla cosa comune ovvero di modificarla a proprie spese si concreta con la compresenza di elementi negativi desumili dalla formula degli artt. 1122 e 1102 (assenza del “danno” alle cose comuni, di alterazione della destinazione e di pregiudizio dell’uso comune). Ma l’accertamento di tali elementi negativi deve essere N°. RIC.10995 e 11228/99 14 compiuto dall’Amministrazione soltanto sulla base di parametri oggettivi e tecnici, che si correlano alle norme tecniche e regolamentari che, nel territorio, disciplinano la realizzazione dell’opera. Così, per quanto riguarda il caso il esame, la facoltà del condomino, inerente al titolo di proprietà esclusiva, di aprire una finestra o luce, nel muro perimetrale che delimita il suo piano o porzione di piano e di chiudere una grande vetrata per ricavarne una porta e due finestre, deve essere rapportata alla incidenza di tali opere sulla stabilità del muro, alla sua funzionalità ed alla funzionalità di altre parti comuni (nel caso, il passaggio per entrare nel portone d’ingresso) e alle linee architettoniche dell’edificio. Si tratta ragionevolmente, di accertamento di ordine tecnico che, prescinde dall’assenso o meno del Condominio, la cui mancanza non incide sulla legittimità del provvedimento, sotto il profilo della violazione dell’art. 4, comma 1, della L. 28 gennaio 1977 n. 10, denunciato dall’attuale appellato con il primo motivo di impugnazione. Con ciò non si vuole affermare che il Condominio non avesse voce in capitolo e non avesse titolo per partecipare al procedimento per fare valere le proprie ragioni. Ma si tratta di un aspetto, questo, sul quale non viene formulata alcuna censura. Il motivo, pertanto, deve essere respinto. 15 N°. RIC.10995 e 11228/99 4.3. Neppure hanno pregio le censure dedotte con il secondo motivo del ricorso di primo grado, le quali sono volte a mettere in discussione la competenza del dirigente di settore al rilascio della concessione edilizia. L’art. 51, comma 3, lett. f), della L. n.142 del 1990, è puntuale nell’attribuire ai dirigenti la competenza in materia di autorizzazioni e concessioni edilizie, come, in linea generale, quella relativa a tutti i “provvedimenti di autorizzazione, concessione o analoghi, il cui rilascio presupponga accertamenti e valutazioni, anche di natura discrezionale, nel rispetto di criteri predeterminati dalla legge, dai regolamenti, da atti generali di indirizzo”. L’attribuzione dei compiti di gestione ai dirigenti dei comuni è stata, dunque, compitamente operata con la legge del 1990, ancorché destinata a diventare operativa con l’adozione di apposita regolamentazione dell’ordinamento generale degli uffici e dei servizi, conforme allo statuto dell’Ente. Il Comune di Comacchio ha adottato, nel 1995, il proprio statuto, che all’art. 34, lettera a) devolve alla competenza del dirigente di settore l’emanazione degli atti di autorizzazione, licenza, o concessione, uniformando alla norma statutaria la propria organizzazione. E’ pertanto legittima l’adozione dell’atto da parte del Dirigente. A differenti conclusioni non può indurre il dettato dell’art. N°. RIC.10995 e 11228/99 16 9 del decreto legge n. 285 del 1996, vigente al tempo del rilascio della concessione di cui trattasi. A parte il fatto che il testo normativo è male invocato, in quanto il decreto legge in questione non è stato convertito in legge, la circostanza che l’art. 4 del 5 ottobre 1993 n. 398, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della L.n. 493 del 1993, nel proprio contesto (come modificato da successivi atti normativi succeduti al decreto non convertito) indichi nel sindaco, l’ autorità alla quale occorre fare la relazione nel caso di ritardo nella compilazione della proposta di provvedimento (comma 3), non sovverte affatto l’ordine delle attribuzioni già fissato dalla legge del 1990 sulle autonomie locali. Invero la norma in questione si inserisce nell’ordine delle responsabilità dirigenziali nei confronti dell’autorità di governo, piuttosto che in quello delle attribuzioni, come risulta evidente dalla successiva disposizione del comma 6, che attribuisce potere sostitutivo, su istanza di parte, alla giunta regionale, per la nomina di un commissario ad acta che adotti il provvedimento in luogo dell’”autorità competente alla emanazione del provvedimento conclusivo”, così come specificamente indicata nel comma 2, che è quello che interessa, per definire il preteso contenuto “innovativo” della norma in esame. Ed invero il testo normativo non indica specificamente quale sia, detta autorità, ma si limita a specificare quali debbano 17 N°. RIC.10995 e 11228/99 essere le sequenze procedimentali nell’ottica acceleratoria e di semplicazione cui la norma è ispirata. E ciò, del resto, molto opportunamente, in quanto l’attribuzione di competenza ai dirigenti, già compiutamente definita con la legge del 1990 era comunque correlata all’ordinamento dei singoli Enti ed al loro adattamento alla nuova normativa. In conclusione, dunque, il motivo è infondato, in quanto la norma statutaria corrisponde alla volontà normativa primaria ed il provvedimento è stato adottato dal Dirigente competente sulla base dello statuto e dell’assetto organizzativo datosi dal Comune appellante. 4.4. Inconsistente, alla luce di quanto disposto dall’art. 27 (della cui legittimità di è detto), è la dedotta violazione dell’art. 13/I delle norme tecniche di attuazione in esame, (terzo motivo del ricorso di primo grado). La portata dell’art. 27 è infatti tale da escludere che la collocazione a fronte strada della porzione condominiale interessata dall’intervento potesse precluderne il mutamento della destinazione d’uso. 4.5. Con riguardo alle censure dedotte con il quarto motivo del ricorso originario (violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990 per difetto di motivazione, in riferimento agli artt. 27 e 13/I delle norme tecniche di attuazione, al PRG ed eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti), esse muovono N°. RIC.10995 e 11228/99 18 dal presupposto, del tutto erroneo, che il più volte menzionato art. 27 delle norme tecniche rimetta all’apprezzamento discrezionale dell’autorità competente al rilascio della concessione, se accordare o meno il mutamento di destinazione d’uso. Al contrario la norma, come si è avuto già modo di illustrare ampiamente, oltre che circoscrivere l’applicabilità della deroga ai soli immobili realizzati compiutamente prima della entrata in vigore del regolamento edilizio comunale, espressamente richiede una determina altezza dei vani ed il rispetto di tutte ulteriori disposizioni primarie e regolamentari, in materia di edilizia, sicurezza ed igiene. Si verte dunque nell’ambito della puntuale applicazione della disciplina che regola la materia, del cui procedimento, la concessione rappresenta l’atto conclusivo che non richiede, in linea di principio, altra motivazione che non sia quella della accertata conformità della progettata costruzione a quella disciplina (per tutte, fra le più recenti, in appello, Sez. VI 1197 del 15 settembre 1999). Sul punto della mancanza di conformità di quanto assentito alle regole vigenti sul territorio, l’originario ricorrente non ha addotto alcun elemento concreto dal quale possa desumersi il difetto di istruttoria ed il preteso travisamento. Anche tale motivo, pertanto, deve essere respinto 4.6. Pretestuosa è infine la censura di violazione dell’art. 41 sexies della legge n. 1150 del 1942, modificato dalla L. n. 122 19 N°. RIC.10995 e 11228/99 del 1989 e successive modificazioni di eccesso di potere per travisamento dei fatti e difetto di istruttoria, sollevata con il ricorso introduttivo con riferimento al mancato accertamento in ordine alla sussistenza di apposito spazio da destinare a parcheggio. E’ appena il caso di ricordare che l’edificio cui inerisce la porzione di fabbricato di cui è stato concesso il mutamento di destinazione d’uso è stato realizzato compiutamente sulla base di licenza edilizia del 24 aprile 1968, allorché, dunque, era già operativo il disposto dell'art. 18 della legge n. 765 del 1967 (che ha aggiunto l'art. 41-sexies alla L. 17 agosto 1942, n. 1150), in forza del quale "nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni venti metri cubi di costruzione". Ne consegue che il locale a piano terra, originariamente destinato a negozio (e costituente pertanto, per i fini che interessano) costituisce una porzione che (sebbene destinata al terziario piuttosto che ad abitazione) è stata fatta oggetto di computo ai fini della riserva a parcheggio delle aree cui era già condizionata, la tempo, la licenza di costruzione. Pur dovendosi condividere l’orientamento espresso dalla Sezione nell’invocato precedente (Sez. V, n. 98 del 3 febbraio 1999), che identifica il concetto di « nuova costruzione » di cui all' art. 41 sexies L. 17 agosto 1942 n. 1150 con ogni intervento 20 N°. RIC.10995 e 11228/99 di ristrutturazione che rende il fabbricato (o una sua porzione) oggettivamente diverso da quello preesistente, in considerazione dell' entità delle modifiche e del mutamento della destinazione di uso cui esse sono finalizzate, occorre anche rilevare che non tutte le modificazioni della destinazione d’uso comportano, per ciò stesso, la variazione per eccesso degli standard. Se dunque, nel caso deciso con il citato precedente giurisprudenziale (trasformazione di un capannone industriale in immobile destinato a residenza, ad uffici o ad attività commerciali), alla necessità della concessione si accompagna anche l’altrettanto necessaria rideterminazione degli standard, è anche evidente che tale rideterminazione non si rende necessaria allorché il mutamento d’uso riguardi una porzione dell’edificio già ab origine gravato dalla riserva (per esserne stata autorizzata la realizzazione in vigenza della normativa che l’impone), e le modificazioni non siano tali che comportare – per i profili urbanistici, esigenze eccedenti quelle derivanti dalla originaria destinazione. Orbene, da nessuna parte risulta prescritto che dal computo della percentuale di riserva, di cui al più volte citato art,. 41 sexies, dovesse essere scorporata la quota del piano terra destinato a negozi, cosicché la destinazione ad abitazione, piuttosto che a negozio della porzione considerata è del tutto indifferente ai fini del computo prescritto dalla norma citata, con conseguente mancanza di fondamento della esaminata censura. 21 N°. RIC.10995 e 11228/99 5. In definitiva, sulla base delle considerazioni che precedono, gli appelli devono essere accolti e deve essere, al contrario, respinto, in riforma della sentenza appellata, il ricorso proposto in primo grado dal resistente Condominio. Le spese dei due gradi del giudizio, che si liquidano in dispositivo, devono essere poste a carico del Condominio ed in favore delle due parti appellanti. P. Q. M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando, riunisce gli appelli in epigrafe, li accoglie e, per l’effetto, respinti i motivi assorbiti con la sentenza appellata, in totale riforma della sentenza n. 486/1999 del Tribunale Amministrativo Regionale dell’Emilia Romagna, respinge il ricorso proposto in primo grado (ric. n. 1734/1996 r.r. TAR Emilia Romagna); Condanna il Condominio appellato, in favore degli attuali appellanti, alle spese dei due gradi del giudizio che si liquidano in complessivi € 2.000,00=, da ripartirsi in ragione di € 1.000,00, in favore di ciascuno degli appellanti, oltre CPA ed IVA, come per legge; Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa. Così deciso in Roma, addì 18 maggio 2004, dal Consiglio di Stato in s.g. (Sez. V) riunito in camera di consiglio con l'intervento dei seguenti Magistrati: N°. RIC.10995 e 11228/99 22 Raffaele Iannotta PRESIDENTE Corrado Allegretta CONSIGLIERE Chiarenza Millemaggi Cogliani CONSIGLIERE Est. Goffredo Zaccardi CONSIGLIERE Michele Corradino CONSIGLIERE L'ESTENSORE IL PRESIDENTE F.to Chiarenza Millemaggi Cogliani F.to Raffaele Iannotta IL SEGRETARIO F.to Antonietta Fancello DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 27 settembre 2004 (Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186) IL DIRIGENTE F.to Antonio Natale 23 N°. RIC.10995 e 11228/99 CONSIGLIO DI STATO - Sezione Quinta - Sent.n. del pos.doc Ord. ndel pos.doc. Par. n.del pos.doc Presidente: IANNOTTA Estensore: MILLEMAGGI COGLIANI Parti:Comune di Comacchio ed altro c. Condominio La Fenice Titoletto: Edilizia ed urbanistica – Concessione di costruzione – Provvedimento – Competenza del Dirigente di settore – Decorrenza. Testo massima: In tema di concessione di costruzioni, la competenza attribuita dall’ art. 51, lett. f) della L. n. 142 del 1990 è operativa dalla entrata in vigore della norma statutaria che adatta il proprio ordinamento alle nuove disposizioni e delle norme organizzative che definiscono le attribuzioni degli uffici comunali, per i vari settori. Il Presidente - Sezione Quinta -