Lo Stato Innovatore
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Lo Stato Innovatore
Lo Stato Innovatore di Vincenzo Pugliese 1 “L’impresa privata è considerata da tutti una forza innovativa, mentre lo Stato è bollato come una forza inerziale, troppo grasso e pesante per fungere da motore dinamico, Lo scopo del libro che avete tra le mani è smontare questo mito”. Bastano queste due frasi tratte dalla copertina dell’ultimo libro di Mariana Mazzucato, “Lo Stato Innovatore” (edito in Italia da Laterza e originariamente pubblicato nel Regno Unito nel 2013 dalla Anthem con il titolo “The Entrepreneurial State: debunking public vs. private sectormyths”), per rendersi conto che si tratta di uno degli scritti maggiormente rilevanti al mondo in tema di politica economica ed industriale. L’autrice è docente alla Science Policy Research UNIT – SPRU dell’Università del Sussex e tra i più influenti decision maker al mondo sui temi della crescita economica generata dall’innovazione. Recentemente ha accettato di far parte dell’economic advisoryboard di Jeremy Corbyn, leader del Labour, insieme a Stiglitz e Picketty. In meno di 300 pagine, Mazzucato sviluppa la tesi dello Stato, quale entità naturalmente “entrepreneurial”, dunque imprenditore fondamentale per la crescita economica, poiché capace di assumersi quei rischi da cui il settore privato si tiene alla larga. Rischi direttamente proporzionali ai particolari benefici prodotti, declinabili in termini di minore vulnerabilità del sistema economico al mutare degli orientamenti politici e industriali. È proprio la diversità dello Stato, rispetto all’impresa privata, il leitmotiv di questo volume. Un motivo conduttore, quest’ultimo, che l’autrice, con molta attenzione, tende a non ideologizzare né banalizzare. Infatti a chiare lettere afferma che “affidarsi unicamente e rigorosamente a Keynes significa accettare che il ruolo dello Stato, per stabilizzare l’economia, può consistere anche nel finanziare un infruttuosa ricerca di banconote in una miniera di carbone abbandonata. Parafrasando Steve Jobs, lo Stato deve conservare una dose di foolishness nei suoi sforzi per promuovere lo sviluppo tecnologico e risolvere i problemi sociali”. Appare chiaro come il paradigma di fondo, sul quale si basano le argomentazioni della Mazzucato, è un nuovo modo di parlare dello Stato e del suo ruolo nell’economia. Il suo ragionamento comprende immagini, idee e parole nuove per eliminare falsi miti. L’autrice sceglie di lanciare una vision economica arricchita da una vera e propria battaglia discorsiva. Lo Stato è innovatore, perché crea nuovi mercati e corregge i loro fallimenti. “Paradox – Oltre le opinioni dominanti” n. 1 - Gennaio-Febbraio 2016 Lo Stato Innovatore di Vincenzo Pugliese 2 Lo Stato non è un leviatano burocratico ed inerte, ma un catalizzatore di investimenti commerciali. Lo Stato non si limita ad incentivare gli investimenti da parte delle imprese, ma li dinamizza, creando mission e vision di lungo periodo. Pertanto risulta pacifico sostenere che, da un’interpretazione sistematica di tutti questi elementi, fondamenta per un “entrepreneurial state”, possa realmente ripartire una crescita economica sostenibile dell’Occidente e, soprattutto, dell’Europa. Mentre, tra le Borse mondiali più brillanti, sempre nello stesso intervallo temporale, svetta quella di Lisbona. Prendo ripetutamente ad esempio il Portogallo poiché nel panorama europeo è un caso talmente unico e raro, che può, in parte, minare l’analisi della Mazzucato sugli effetti della crisi. Solitamente, in Europa, la classe dirigente costretta ad applicare i dicktat della Troika ha sempre perso le elezioni successive. Ma quella piccola parte dell’Iberia, oggi, può essere annoverata tra i più grandi risultati politici di Angela Merkel. L’autrice dedica varie pagine del volume, in ordine sparso, ad una anamnesi delle patologie di origine finanziaria che hanno colpito, nell’ultimo decennio, il grande malato: l’eurozona. In particolare, nella prima parte del libro debella facilmente l’infezione ideologica dello Stato “spendaccione”, causa di tutti i mali dei Paesi periferici, come l’Italia e il Portogallo. La Mazzucato sostiene che i Paesi che fino a qualche anno fa venivano volgarmente definiti “P.I.G.S.” sono stati violentemente colpiti dalla crisi, perché non hanno investito massicciamente in R&S. Di conseguenza, le ragioni riconducibili al maggior debito pubblico risultano mere giustificazioni diffuse morbosamente per attuare politiche di austerità. Un’analisi delle cause certamente non priva di fondamento e totalmente condivisibile, anche da un semplice osservatore degli orientamenti economici globali. A tre anni dalla pubblicazione di questo libro, però, gli effetti scaturiti proprio da quelle cause risultano apparentemente diverse. Numeri alla mano, oggi, nel momento di grande difficoltà dell’economia cinese, nell’anno della crisi dei Paesi emergenti e del quantitative easing, proprio i P.I.G.S., da ultimi quali erano, sono diventati i primi. “Lo Stato Innovatore” nasce da un concept basato sulla relazione tra finanza, ricerca privata e politiche pubbliche. Si insiste particolarmente sull’importanza a che tali rapporti siano simbiotici e non parassitari, poiché solo questo tipo di relazione produce una crescita costante del sistema innovativo. Tra i vari settori che possono garantire uno sviluppo sostenibile, nel volume viene fatto un focus sulla green economy. La sostenibilità ambientale, in versione industry 4.0, trasformerebbe l’intero sistema produttivo e di consumo. Ma per sviluppare un processo del genere è indispensabile l’intervento dello Stato. Lo stato innovatore, pertanto, rappresenta la strada maestra dei governi e delle forze sociali per costruire il mondo che verrà. Se si considera il lato “pubblico” della finanza, basti osservare l’andamento dei BTp italiani che ha registrato, dall’inizio dell’anno, una performance complessivamente superiore sia ai titoli francesi che a quelli tedeschi. “Paradox – Oltre le opinioni dominanti” n. 1 - Gennaio-Febbraio 2016