Corte di Cassazione - copia non ufficiale
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
Civile Ord. Sez. 6 Num. 23318 Anno 2015 Presidente: CURZIO PIETRO Relatore: ARIENZO ROSA T. A, ORDINANZA sul ricorso 13614-2014 proposto da: MINISTRO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro in carica, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis; - ricorrente contro BAZZANI PAOLA IVANA; - intimata avverso la sentenza n. 215/2013 della CORTE D'APPELLO di VENEZIA del 28/03/2013, depositata il 23/04/2013; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/09/2015 dal Consigliere Relatore Dott. ROSA ARIENZO. FATTO E DIRITTO Corte di Cassazione - copia non ufficiale Data pubblicazione: 13/11/2015 La causa è stata chiamata all'adunanza in camera di consiglio del 24 settembre 2015, ai sensi dell'art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione, redatta a norma dell'art. 380 bis c.p.c.: "Bazzani Paola Ivana adiva il Tribunale di Verona e, premesso di aver lavorato come lavoratore socialmente utile alle dipendenze del Ministero della Giustizia in forza di progetto intitolato "Miglioramento della giudiziari", svolgendo le stesse mansioni espletate dai lavoratori dipendenti dell'Amministrazione convenuta inquadrati nell'area B2, chiedeva l'accertamento della subordinazione e la condanna del Ministero alla corresponsione delle differenze retributive maturate e alla regolarizzazione della posizione previdenziale, Avverso la decisione di rigetto della domanda, la lavoratrice proponeva gravame e, la Corte di appello di Venezia, in parziale riforma della decisione impugnata, condannava il Ministero al pagamento, in favore dell'appellante, della complessiva somma di euro 8.017,18, oltre accessori di legge, ritenendo che, essendo stata accertata una "deviazione" in fatto dell'utilizzo delle prestazioni lavorative rispetto alle specifiche delimitazioni di cui ai progetti, doveva trovare applicazione la disciplina sul diritto alla retribuzione, in relazione al lavoro effettivamente svolto, prevista dall'art. 2126 c. c., nulla potendo, invece, essere riconosciuto a titolo di contributi previdenziali. Per la cassazione di tale sentenza ricorre il Ministero della Giustizia, affidando l'impugnazione ad unico motivo. La Bazzani è rimasta intimata. A sostegno del ricorso il Ministero deduce "Violazione e/o falsa applicazione dell' art. 14 D.L. 16 maggio 1994, n. 299, convertito con modificazioni nella L. n. 451 del 1994 e degli artt.1, 2, 10 e 13 D. Lgs. n. 468 del 1997, degli art. 2 e 3 del d. Igs. 81/2000 e dell'art. 2126 c. c.. Sostiene che la sentenza gravata sarebbe erronea laddove non ha tenuto conto della peculiare natura dei rapporti con i lavoratori socialmente utili e della riconducibilità dei progetti realizzati dal Ministero ai tipi di intervento individuati dalle leggi di settore, ritenendo Ric. 2014 n. 13614 sez. ML - ud. 24-09-2015 -2- Corte di Cassazione - copia non ufficiale efficienza dei servizi dell'Amministrazione della giustizia e degli uffici apoditticamente che il rapporto sarebbe esorbitato rispetto al progetto. Rileva che l'errore nel quale è incorso il giudice del gravame è l'avere omesso di considerare che, se è inconfigurabile un rapporto di lavoro subordinato (la Corte del merito ha ritenuto ciò rilevando che manca un elemento imprescindibile della fattispecie legale, ossia il pagamento di un compenso da parte del soggetto per il quale la prestazione veniva inconfigurabile un rapporto di lavoro subordinato di fatto ai sensi dell'art. 2126 c. c. 4. Occorre premettere che le Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 3 del 2007 hanno diffusamente esaminato la natura e finalità dei contratti di cui è causa, rilevando che per la dottrina il lavoro socialmente utile, che presenta peculiarità ben distinte dai tradizionali modelli di tutela sociale della disoccupazione, va equiparato ad un modello di matrice nordamericana definito di workfare, basato sull'idea che la tutela sociale al disoccupato costituisce un diritto condizionato ad una prestazione di lavoro "fuori mercato" in attività socialmente utili, oltre che ad un dovere di attivarsi personalmente per uscire dall'assistenza. Per la giurisprudenza, inoltre, lo stesso istituto si colloca a valle dei c.d. ammortizzatori sociali (messa in mobilità dei lavoratori in esubero; collocamento in cassa integrazione; trattamento di disoccupazione) e rappresenta uno strumento innovativo per fronteggiare la disoccupazione, sì da nascere con una connotazione marcatamente previdenziale-assistenziale. Una tale complessa ed articolata finalità è attestata sotto altro versante dal trattamento economico, riconosciuto ai lavoratori, cui viene corrisposto un emolumento, prima denominato sussidio (che evoca la matrice assistenziale dell'istituto) e di poi assegno (che mostra invece l'evoluzione verso una forma di tirocinio/praticantato). Nell'ambito della ricca normazione in materia, va ricordato come un primo tipo di lavori socialmente utili viene regolato dal D.L. 28 maggio 1981, n. 244, art. 1 bis (convertito con modificazioni nella L. n. 390 del 1981), che prevede l'impiego temporaneo in attività di Ric. 2014 n. 13614 sez. ML - ud. 24-09-2015 -3- Corte di Cassazione - copia non ufficiale resa, né a termine che a tempo determinato), è altrettanto pubblica utilità di lavoratori titolari di un trattamento di integrazione salariale, stabilendo anche che ai lavoratori "è dovuta a carico delle amministrazioni pubbliche interessate una somma pari alla differenza tra somma corrisposta dall'Inps a titolo di integrazione salariale e il salario o stipendio che sarebbe stato percepito in costanza del rapporto di lavoro e, comunque, non superiore a quello dei lavoratori che Successivamente con il D.L. 16 maggio 1994, n. 299, art. 14, convertito in L. 19 luglio 1994, n. 451, si tracciano in maniera più compiuta i connotati essenziali dell'istituto, che trovano infine un ulteriore assestamento con il D.Lgs. 28 febbraio 2000, n. 81, che integra la disciplina previgente mirando soprattutto ad incentivare l'avvio dei soggetti "utilizzati" verso forme di impiego stabile - anche attraverso una restrizione del campo di applicazione dell'istituto ai soli soggetti già impegnati in progetti di I.s.u. (con abrogazione del precedente D.Lgs. n. 468 del 1997, art. 4) - e definendo gli enti utilizzatori dei lavori con espresso rinvio ai soggetti promotori dei progetti individuati dal D.Lgs. n. 468 del 1997, art. 3, comma 1. Tra tali soggetti sono inclusi (oltre gli enti pubblici economici, le società a totale o prevalente partecipazione pubblica, le cooperative sociali e loro consorzi, le aziende speciali e i consorzi forestali) le amministrazioni pubbliche e tutti gli enti pubblici non economici (nazionali, regionali e locali). La materia dei lavori socialmente utili assume quindi rilevanza pubblicistica nel senso che la relativa disciplina tutela non solo gli interessi particolari dei lavoratori direttamente impegnati, ma anche e soprattutto gli interessi della collettività per rappresentare un'offerta di opportunità d'inserimento professionale per fasce deboli di lavoratori. Ed invero, sulla base della normativa dettata dal D.Lgs. n. 468 del 1997 poi modificata come detto dal D.Lgs. n. 81 del 2000 - le attività socialmente utili possono essere svolte per l'esecuzione di progetti attuati da enti pubblici (oltre che da soggetti privati e società miste); progetti affidabili per la loro realizzazione ad altri enti attraverso il coinvolgimento di soggetti inoccupati e disoccupati, cui vengono Ric. 2014 n. 13614 sez. ML - ud. 24-09-2015 -4- Corte di Cassazione - copia non ufficiale nell'amministrazione pubblica interessata svolgono pari mansioni". riconosciuti alcuni emolumenti (condizionati alla prestazione di attività lavorative), espressamente regolati dalla legge, non in quanto oggetto di un contatto di lavoro subordinato ma come obblighi dell'ente pubblico scaturenti da un rapporto giuridico di carattere previdenziale che, come è stata evidenziato, trova fondamento nell'art. 38 Cost., perché diretto alla soddisfazione di un interesse sociale, quale quello della tutela Le Sezioni Unite nella sentenza n. 3/2007 richiamata hanno quindi concluso che correttamente la dottrina giuslavoristica ha parlato nel caso in esame di un rapporto giuridico previdenziale, che viene disciplinato da una legislazione volta a garantire al lavoratore diritti, che trovano il loro fondamento nel disposto dell'art. 38 Cost.; il che impedisce al suddetto lavoratore, impegnato in attività presso le amministrazioni pubbliche, la rivendicazione nei confronti di dette amministrazioni di un rapporto di lavoro subordinato, e dei suoi consequenziali diritti. In altri termini il lavoratore socialmente utile, svolgendo la sua attività per la realizzazione di un interesse di carattere generale, ha diritto ad emolumenti, cui non può riconoscersi natura retributiva, ma come si è già detto natura previdenziale (cfr. in tali termini Cass. 9.10.2014 n. 21311). Tutto quanto premesso manifesta come la causa del contratto in esame, per la sua matrice previdenziale ed assistenziale, la finalità occupazionale, l'inserimento nel quadro di un programma che utilizza i contributi pubblici, è diversa e più complessa rispetto a quella propria del rapporto di lavoro subordinato, caratterizzata dallo scambio tra lavoro e retribuzione, rapporto questo la cui configurabilità è del resto espressamente esclusa dalla legge (v. del D.L. 16 maggio 1994, n. 299, art. 14 comma 2 e del D.Lgs. 1 dicembre 1997, n. 468, art. 8, comma 1, del D.Lgs. 28 febbraio 2000, n. 81, art. 4, comma 1). Che non possa nella fattispecie in esame configurarsi l'instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato pubblico si evince peraltro con certezza dal complesso della legislazione in materia. Ed invero l'utilizzazione dei lavoratori socialmente utili non comporta la Ric. 2014 n. 13614 sez. ML - ud. 24-09-2015 -5- Corte di Cassazione - copia non ufficiale contro la disoccupazione. sospensione o la cancellazione dalle liste di collocamento o di mobilità (D.Lgs. n. 469 del 1997, art. 8); il trattamento economico consiste in un emolumento che, non commisurato ex art. 36 Cost., alla quantità e qualità del lavoro svolto, è stato predeterminato in maniera fissa, dapprima, in un'indennità oraria (qualificata sussidio D.L. 14 giugno 1995, n. 232, ex art. 1, comma 3, pari a L. 7.500, con un massimale di orarie per un massimo di cento ore mensili) e di poi in una prestazione mensile (non superiore a L. 800.000 con la possibilità di un importo integrativo di questo trattamento "per le giornate di effettiva esecuzione della prestazione"); il finanziamento dei lavori socialmente utili è stato posto sin dall'inizio a carico del Fondo per l'occupazione (D.L. n. 299 del 1994, art. 14; D.Lgs. n. 469 del 1997, art. 11; D.Lgs. n. 81 del 2000, art. 8), la cui quota viene ripartita tra le Regioni (secondo criteri variati nel tempo) ed in caso di rinnovo di un rapporto, che è a termine (D.L. n. 299 del 1994, art. 14; D.Lgs. n. 81 del 2000, art. 4) fa carico sullo stesso Fondo nella misura del 50%, restando l'altra metà a carico dei soggetti utilizzatori (D.Lgs. n. 81 del 2000, art.4). Va quindi ribadito il principio già affermato da questa Corte in numerose occasioni, secondo il quale va escluso che il rapporto dei lavoratori socialmente utili si possa configurare come rapporto di lavoro subordinato (Cass. n. 21936 del 19/11/2004, n. 14334 del 15/06/2010, n. 9811 del 14/06/2012 (ord.), n. 2605 del 05/02/2013, n. 23061 del 10/10/2013). Sulla base delle considerazioni esposte, dev'essere quindi disattesa la ricostruzione operata dalla Corte di merito, che recepisce l'erroneo presupposto della sufficienza delle richiamate differenze della prestazione resa rispetto ai progetti di assunzione al fine di escludere che sia stata realizzata la causa del lavoro socialmente utile. Il ricorso va pertanto accolto e, potendo la causa essere decisa nel merito, deve pervenirsi al rigetto della domanda della Bazzani, con compensazione delle spese dell'intero processo. In tale senso la proposta del relatore". Ric. 2014 n. 13614 sez. ML - ud. 24-09-2015 -6- Corte di Cassazione - copia non ufficiale ottanta ore mensili per non più di dodici mesi; poi elevate a L. 8.000 Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio. Il Collegio ritiene di condividere integralmente il contenuto e le conclusioni della riportata relazione e concorda, pertanto, sull'accoglimento del ricorso, con decisione della causa nel merito, e delle decisioni dei giudici di merito e l'esistenza di precedenti giurisprudenziali di legittimità difformi. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la decisione impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda originaria. Compensa tra le parti le spese dell'intero processo. Così deciso in Roma, il 24.9.2015 Corte di Cassazione - copia non ufficiale compensazione delle spese dell'intero processo, stante l'alternanza