missa papae marcelli – mottetti

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missa papae marcelli – mottetti
MISSA PAPAE MARCELLI – MOTTETTI
CORO DELLA CAPPELLA MUSICALE PONTIFICIA SISTINA
MONS. MASSIMO PALOMBELLA
CONTIENE 3 PRIME REGISTRAZIONI MONDIALI ASSOLUTE E ALTRE RARITA’
In anteprima mondiale per l’Italia dal 30 settembre 2016 nei migliori negozi e in digitale
1 CD 4796131 / DIGITALE
Dopo lo straordinario successo di “Cantate Domino”, album di debutto del coro del Papa su Deutsche
Grammophon entrato nella Top 100 dei CD più venduti (Top of the Music FIMI -GfK) e recente vincitore di un
Echo Klassik Award in Germania, il Coro della Cappella Musicale Pontificia Sistina affronta un nuova
incisione interamente dedicata ad uno dei più celebri e raffinati compositori di musica sacra: Giovanni
Pierluigi da Palestrina.
Contiene 3 PRIME REGISTRAZIONI MONDIALI ASSOLUTE: la celebre “Missa Papae Marcelli” nella
nuova edizione critica basata sulla prima edizione a stampa del 1567, 2 Mottetti inediti (“Veritas mea et
misericordia mea” e “Iubilate Deo”) e altre rarità.
La registrazione, rigorosamente realizzata all’interno della Cappella Sistina, è stata fortemente voluta
nell’anno del “Giubileo straordinario delle Misericordia” che Papa Francesco ha definito “una rivoluzione di
amore e tenerezza”, messaggio sottolineato anche dal contenuto dei Mottetti selezionati appositamente dal
Mons. Massimo Palombella.
Per informazioni: Giovanni Mazzucchelli, Universal Music Italia s.r.l.
Tel 0280282106 – cell. 3351244468 – email [email protected]
GIOVANNI PIERLUIGI DA PALESTRINA (C. 1525–1594)
Missa Papae Marcelli
Cantus; Altus; Tenor; Sextus; Quintus; Bassus
World premiere recording of a new critical edition based on the “editio princeps” of 1567
1
2
3
4
5
Kyrie
Gloria
Credo
Sanctus
Agnus Dei
3:33
5:22
8:57
5:59
6:07
6
Motets
Tu es pastor ovium
5:16
Cantus; Altus; Tenor; Quintus; Bassus
World premiere recording under studio conditions
7
O bone Iesu
1:30
Cantus; Altus; Tenor; Bassus
8
Confitemini Domino
2:05
Paribus vocibus: Cantus; Altus; Tenor; Bassus
World premiere recording with male voices only
9
Ad te levavi oculos meos
4:53
Cantus; Altus; Tenor; Bassus
10
Benedixisti, Domine
2:33
Cantus; Altus; Tenor; Quintus; Bassus
11
Veritas mea et misericordia mea
2:25
Cantus; Altus; Quintus; Tenor; Bassus
World premiere recording
12
Iubilate Deo
5:14
Cantus; Altus; Tenor; Quintus; Bassus
World premiere recording
13
Confirma hoc, Deus
2:26
Cantus; Altus; Tenor; Quintus; Bassus
14
Ave Maria
3:19
Cantus; Altus; Tenor; Bassus
Countertenor Soloists: Gianluca Alonzi, Andrés Montilla, Enrico Torre (Cantus)
Cappella Musicale Pontificia “Sistina”
MASSIMO PALOMBELLA Maestro Direttore
CD/Download 479 6131
Recording: Vatican, Sistine Chapel, 2 & 4/2016
Executive Producers: Ute Fesquet, Mirko Gratton
Producer: Anna Barry
Recording Engineer (Tonmeister): Erdo de Groot (Polyhymnia International)
Consultants: George Frendo, Walter Marzilli
Project Coordinator: Malene Hill
Project Manager: Burkhard Bartsch
Editing and preparation of all musical material: Walter Marzilli, Massimo Palombella
Per informazioni: Giovanni Mazzucchelli, Universal Music Italia s.r.l.
Tel 0280282106 – cell. 3351244468 – email [email protected]
GIOVANNI PIERLUIGI DA PALESTRINA
Dal “segno grafico” al “segno sonoro”
La Missa Papae Marcelli di Giovanni Pierluigi da Palestrina è avvolta da una comprensione quasi “mitologica”. È la
prima composizione a sei voci pubblicata da Palestrina, è l’unica composizione dedicata esplicitamente a un Papa 1,
le si attribuisce il merito di aver salvato la polifonia assicurando quella “intelligibilità del testo” richiesta per la
musica polifonica dal Concilio di Trento, è stata oggetto di numerose trascrizioni ed è oggi forse la composizione più
conosciuta di Palestrina, e giudicata “esemplare” del suo stile di scrittura. Tutti questi elementi conferiscono un
fascino particolare e unico a questa Messa, che è stata oggetto di molte registrazioni e studi.
Per affrontare una nuova registrazione della Missa Papae Marcelli senza rischiare di ripetere incisioni già fatte è
necessario interrogarsi circa lo status quaestionis dello studio scientifico sulle fonti musicali del Rinascimento,
ricercare un’edizione critica pertinente e lasciarsi sfidare, nella prassi esecutiva, da tutto ciò che la scrittura
rinascimentale comunica in forma implicita (tactus, figure retoriche, color minor…). Al tempo di Palestrina, come
evidenziano i trattati dell’epoca, la musica era basata su andamenti differenziati che spaziavano – usando termini
“moderni” – tra grave, presto, andante, allegro e così via, ma aveva i suoi mezzi per indicarli. Esaminando le prassi
esecutive nel corso della storia si giunge alla convinzione che potesse bastare il carattere del testo a informare il
carattere della musica, ma in tal modo si è rischiata un’interpretazione troppo soggettiva e molto condizionata,
esteticamente, dal puntuale momento storico. Esiste invece nel Cinquecento un tipo di scrittura che assume peculiari
modelli semiografici, sottoposti a indicazioni di tempo coerenti o incoerenti rispetto ad essi, ma che esprimono la
differenza tra andante e andantino, tra grave e lento e via di seguito. Esistono addirittura più modi di scrittura per
indicare la stessa situazione ritmica, certamente con intenti di aderenza espressiva e dinamica, e ricorrono modi
convenzionali di scrittura che suggeriscono al cantore soluzioni peculiari.
La possibilità – più unica che rara – di incidere in Cappella Sistina (come avvenne per l’album Cantate Domino,
edito nel settembre del 2015) è un valore aggiunto nella ricerca di una “pertinenza estetica”. Intraprendendo questa
strada, la Cappella Musicale Pontificia “Sistina” sta rivisitando ormai da qualche tempo un certo modo di cantare
atto a produrre forti e possenti “suoni basilicali”. Al tempo di Palestrina le Celebrazioni del Papa si svolgevano
usualmente in Cappella Sistina, mentre l’attuale Basilica di San Pietro era ancora in costruzione 2. Cantare in
Cappella Sistina richiede una sonorità più intima; la grande emotività di una massa sonora che canta “in voce” per
riempire di suono le volte di una Basilica è sostituita dalla raffinata percezione del testo, dalla resa emotiva ed
espressiva della parola attraverso il suono, dalle relazioni dialettiche emergenti dal linguaggio contrappuntistico
inteso come componente intellettuale mossa dagli affetti. La scrittura palestriniana offre inoltre una grande
trasparenza, realizza una polifonia che assegna a ogni voce separatamente una partecipazione emotiva trasformando
il tutto in una polifonia di emozioni, in un contesto percettivo dove ognuno ha modo di ritrovarsi. In questo delicato
processo è stato allora necessario ricuperare il testo, interpretarlo su basi semiologiche, decidere la dinamica nel
rapporto tempo-scrittura, scegliere le altezze giuste in relazione alla regola rinascimentale del trasporto, curare
l’intonazione in conformità alla scala usata nel Cinquecento (e non quindi su scala temperata), misurare e calibrare le
sonorità, non per un mero ripristino “filologico” ma per una corretta collocazione “liturgica” di questa musica e per
una plausibile ricomprensione del clima vocale rapportato alla scrittura.
1
Marcello Cervini, divenuto papa col nome di Marcello II, rimase sul soglio pontificio appena tre settimane, dal 9 al 30 aprile 1555. Il 12 aprile,
Venerdì Santo, il pontefice, eletto da appena tre giorni, dopo aver partecipato ai Sacri Riti, si preoccupò di convocare i Cantori Pontifici per
richiamarli all’osservanza di atteggiamenti consoni alla circostanza liturgica della Passione, invitandoli inoltre a cantare con chiarezza “ut quae
proferebantur, audiri atque percipi possent”.
2
Il cantiere per la costruzione della nuova Basilica fu iniziato nel 1505 e il Bramante, per realizzare i quattro possenti pilastri uniti da quattro
archi destinati a sorreggere la grande cupola, fece demolire quasi tutta la parte presbiterale dell’antica e veneranda basilica. Nel 1611 il Papa
diede per la prima volta la benedizione dalla nuova Loggia, nel 1616 fu terminato l’Altare della Confessione e il 18 novembre del 1626 vi fu la
consacrazione della Basilica.
Per informazioni: Giovanni Mazzucchelli, Universal Music Italia s.r.l.
Tel 0280282106 – cell. 3351244468 – email [email protected]
La ricerca di un’edizione critica attendibile per l’incisione ci ha condotto allo studio delle tre importanti stampe
antiche del secondo libro delle Messe di Palestrina – dove è contenuta la Missa Papae Marcelli – e cioè l’editio
princeps del 1567 (su cui è basata l’edizione critica incisa), quella veneziana del 1598 e quella romana del 1599–
1600. In queste tre edizioni non è presente l’Agnus Dei II a sette voci che compare invece delle due famose edizioni
moderne dell’opera di Palestrina (Haberl e Casimiri). Tramite queste ultime la Messa è passata alla storia e alla
prassi esecutiva dell’intero ultimo secolo con un Agnus Dei a sette voci che con molta probabilità Palestrina non ha
mai licenziato in quanto non compare in nessuna delle stampe antiche succitate. Inoltre l’edizione veneziana del
1598 precisa al termine dell’Agnus: “Agnus secundus dicitur [ut] supra Primus” e con tale precisazione sembra
eliminata qualunque possibilità di sostenere l’ipotesi di un secondo Agnus in questa Messa. Ciò ha condotto, in forza
di una pertinenza filologica, alla decisione di non includere in questa incisione l’Agnus Dei II a sette voci ma, in
conformità a quanto si trova scritto nell’edizione del 1598, di ripetere il primo Agnus Dei con il testo “dona nobis
pacem” in luogo di “miserere nobis”.
Oltre alla Missa Papae Marcelli, in questo album – monografico di Giovanni Pierluigi da Palestrina – troviamo un
grande mottetto sul primato di Pietro, Tu es pastor ovium, composto per l’Incoronazione di Papa Sisto V nel 1585, e
una serie di mottetti sul tema della misericordia in sintonia con l’Anno Santo indetto da Papa Francesco 3. Così, in un
immaginario intenso cammino dentro l’esperienza della misericordia, incontriamo il semplice e disarmante O bone
Iesu , l’intenso Confitemini Domino per sole voci virili, il complesso Ad te levavi oculos meos , i due offertori
Benedixisti, Domine e Veritas mea et misericordia mea , l’imponente Iubilate Deo e l’offertorio della Solennità di
Pentecoste, Confirma hoc, Deus, quasi a sigillo di un itinerario che ci ha mostrato come il potere petrino di “legare e
di sciogliere” si esercita in modo sommo nella misericordia.
Con un po’ d’ironia si potrebbe affermare che un’incisione di un coro cattolico – e in questo caso dell’“eminente”
coro Cattolico, la Cappella Sistina – non può non avere l’ultima traccia dedicata alla Madonna, quasi affidando alla
cura materna di Maria il cammino della misericordia. Questo è vero, e rientra nella comprensione “cattolica” del
fatto religioso, dove la Madonna ha un particolare ruolo d’intercessione e aiuto. Ma da punto di vista squisitamente
musicale si è pensato di porre nell’ultima traccia l’Ave Maria, tratta dal primo libro dei mottetti a quattro voci,
perché registrata – ad experimentum – dalla cantoria della Cappella Sistina – a differenza di tutto il resto che è stato
inciso ubicando il Coro davanti all’altare – e con l’utilizzo di tre falsettisti al posto dei ragazzi per il Cantus. Tale
scelta riteniamo conferisca a questo mottetto una grande ed unica “pertinenza estetica” avvicinandolo, per quanto
possibile, ad una reale e sperimentata “prassi antica”.
Una particolarità unica che accomuna tutta la musica di Palestrina raccolta qui è la ricerca dei color minor – operata
in ogni brano musicale nella stampa più antica – e la proposta di una plausibile prassi esecutiva. Essendo i color
minor con molta probabilità affidati all’improvvisazione dei cantori, le soluzioni proposte rappresentano una delle
tante possibilità.
Studiando la Missa Papae Marcelli e il suo contesto storico-ecclesiale, si constata che Giovanni Pierluigi da
Palestrina era un uomo che viveva nel suo tempo guardando avanti, lasciandosi sfidare da ciò che la Chiesa chiedeva
con il Concilio di Trento circa la Musica Sacra e ricercando un linguaggio nuovo che rispondesse a tali richieste in
modo esaustivo.
Oggi, paradossalmente, ci troviamo una situazione analoga. L’ultimo Concilio Ecumenico della Chiesa Cattolica, il
Concilio Vaticano II, nei suoi preziosi documenti ci interpella al dialogo con la modernità e la cultura: solo una
visione superficiale e ideologica di questo Concilio può giungere ad affermare che “è tutto finito”, che la grande
musica destinata alla Liturgia è stata abbandonata per sempre. La sfida del Concilio Vaticano II circa la “Musica
Sacra” si può riassumere nella necessità di cercare una pertinenza celebrativa del segno musica all’interno della
Liturgia che questo Concilio ci ha consegnato, nel doveroso dialogo con la modernità, e, proprio per questo,
nell’intelligente recezione di quanto, ad oggi, gli studi scientifici circa il canto gregoriano e la polifonia
rinascimentale ci hanno comunicato, per trovare vie che traducano il “segno grafico” in “segno sonoro” all’interno
della Celebrazione Liturgica.
3
Il Giubileo Straordinario della Misericordia è stato annunciato da Papa Francesco il 13 marzo 2015 e proclamato l’11 aprile 2015 con la Bolla
Pontificia Misericordiae Vultus. Ha avuto inizio con l’apertura della Porta Santa nella Basilica di San Pietro in Vaticano l’8 dicembre 2015 e si
concluderà il 20 novembre 2016.
Per informazioni: Giovanni Mazzucchelli, Universal Music Italia s.r.l.
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Esaminando la storia della Cappella Musicale Pontificia “Sistina” emerge che il momento di massimo splendore fu
proprio quando questa storica istituzione viveva nell’“oggi”, sperimentava nuovi linguaggi, aveva tra i suoi cantori i
migliori musicisti d’Europa, respirava “cum Ecclesia”. Col tempo però ha identificato sempre più il suo compito nel
“conservare” e la sua grandezza nel suo glorioso passato, ritenendo che qualunque novità – studi semiologici e
Concilio Vaticano II compreso – fosse da evitare o ignorare… si è ritrovata così a essere un’istituzione decadente,
povera testimonianza di un passato che non esiste più, preoccupata di coltivare e conservare con grande impegno
prassi esecutive “vecchie” – ingenuamente scambiate per “antica scuola” – che nulla avevano a che fare con la
“musica antica”.
Ricercare la pertinenza estetica, ingegnarsi per essere “infedelmente fedeli” a un mondo lontano da noi, esige studio
quotidiano, ricerca e sperimentazione. Credo che tutto ciò sia la fedeltà a quanto oggi il Concilio Vaticano II ci
chiede in relazione al grande patrimonio culturale della Musica Sacra, per restituire nella Liturgia un segno sonoro
“antico” e dunque “prezioso”, capace di resistere in modo fecondo alla storia, continuare ad essere attuale e, proprio
per il suo essere “vivo”, aiutare ancora oggi tante persone nel loro cammino di fede.
Dal Vaticano, 29 giugno 2016
Solennità dei Santi Pietro e Paolo
Massimo Palombella
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