R E C E N S I O N I

Transcript

R E C E N S I O N I
R E C E N S I O N I
C. V . L . Comando Divisione Valle Versa
D ario B arni, Diario storico, a cura del
prof. Giulio Guderzo, Istituto Naziona­
le per la Storia del Movimento di Libe­
razione in Italia - Deputazione pavese,
Pavia i960 - pp. 77 - L . 300.
Degna di lode è l’iniziativa presa dalla
Deputazione pavese del nostro Istituto di
affidare al prof. Giulio Guderzo la pub­
blicazione di questo Diario, quasi del
tutto inedito.
La storia della lotta partigiana nell'Ol­
trepò pavese si è arricchita in tal modo
di una pregevole fonte documentaria, che
narra le vicende di una particolare for­
mazione che operò in quel settore, la pri­
ma brigata Matteotti, divenuta più tardi
la divisione « Dario Barni ».
Il merito cospicuo di tale pubblicazione
sta soprattutto nel fatto che il prof. Gu­
derzo ha offerto qui un prezioso esempio
del metodo che deve essere seguito nel
rendere pubblico un documento, che può
diventare valido solo a condizione che
quanto in esso è narrato sia passato at­
traverso un vaglio critico che ne renda
il più possibile attendibili fatti e giudizi.
Più che il contenuto del testo, che è
di proporzioni esigue e notevolmente
frammentario, conta in questo libretto la
ricchezza delle note che danno a chi
legge una chiara visione degli avvenimen­
ti, collegando fra loro le varie parti, col­
mando ]e lacune con opportune notizie
sugli avvenimenti stessi e sui loro prota­
gonisti, richiamando costantemente il con­
tenuto del diario non solo alle narrazioni
storiche già pubblicate sull’argomento, ma
alla ricca documentazione offerta dagli
Archivi dell’Istituto nazionale.
Per quella esperienza che possiamo ave­
re in questa materia, siamo in grado di
misurare con quanta serietà e con quanto
scrupolo il prof. Guderzo abbia intrapreso
questa fatica, che realmente si può chia­
mare fatica, perchè l ’esigenza di una ri­
cerca paziente al fine di rendere valida
la testimonianza ed utile, quindi, l’opera
storica, lo studioso la sente come una
specie di tirannia, alla quale non è pos­
sibile sfuggire.
Trentasei pagine effettive di testo sono
corredate da un’introduzione, da un ca­
pitolo sulla metodologia, sulle fonti e la
bibliografia, nonché da venti fittissime pa­
gine di note scrupolosamente compilate,
che da sole fanno già un tessuto storico,
in cui si intrecciano i principali episodi
della guerra partigiana nell’Oltrepò pa­
vese ed in cui si inseriscono le pagine del
diario della divisione « Barni ».
Quanto sia diffìcile, per non dire im­
possibile, giungere oggi alla verità incon­
trastata dei fatti ed all’ assoluta attendi­
bilità del giudizio che da essi dovrebbe
scaturire, lo prova perfino questa esem­
plare pubblicazione, dove qualche volta
constatiamo che lo sforzo dello studioso
ha urtato inesorabilmente, non solo con­
tro l ’estrema e sfuggente labilità delle te­
stimonianze orali, ma contro l’impossibi­
lità di stabilire il valore di un documento
svelando in esso tanto gli elementi occa­
sionali, quanto il gioco ignoto di quei mo­
tivi inconfessati che troppo spesso nascon­
dono la verità delle cose.
Sono a tutti noti i limiti che rendono
difficile qualsiasi ricostruzione storica; que­
sti limiti, di cui il Guderzo qui ha fatto
larga conoscenza, sono naturalmente più
che mai determinanti per chi voglia af­
frontare con serietà di metodo argomenti
che si riferiscono alla storia più recente.
A spianare a poco a poco con l’andare
degli anni il terreno al compito dei futuri
studiosi, varranno soprattutto saggi come
questi del Guderzo, le cui doti, per amore
degli studi sulla Resistenza, ci auguriamo
di vedere presto impegnate in lavori di
maggior peso e di più ampio respiro.
B. C eva
H ans R othfels , Die deutsche Opposition
gegen Hitler, Fischer Biicherei, Fran­
kfurt, 1958, pp. 215.
T ra le svariate pubblicazioni sul mo­
vimento di resistenza tedesco il libretto
del Rothfels è quella che, malgrado la
sua modesta mole, offre l’ esposizione più
convincente del fenomeno della resistenza
tedesca nel suo complesso e dei problemi
che vi sono connessi.
Il lavoro, che era stato pubblicato per la
prima volta nel 1948 negli Stati Uniti
Recensioni
(The German Opposition to H itler, Henry
Regnery, Hinsdale, Illinois) ha subito a
dieci anni di distanza in questa sua prima
edizione tedesca dei mutamenti notevoli,
che non dipendono soltanto dall’impiego
di una documentazione più esauriente ma
anche dal fatto che nel frattempo gli studi
sulla resistenza tedesca o su singoli episodi di essa si sono moltiplicati e si è
messa in luce tutta la problematica etico-,
religiosa, che ha determinato l’attività o
la « non attività » dei gruppi di resistenza
sotto il regime di Hitler. A ll’A . interessa
sin dall’inizio mettere a punto il suo at­
teggiamento, con il quale rifiuta di ope­
rare una discriminazione politica tra i va­
ri gruppi e preferisce metter l’ accento sui
comuni motivi che ne avevano determi­
nato la rivolta e che andavano in ultima
analisi al di là di considerazioni di par­
tito o di classe: per tutti si trattava in
sostanza di una lotta contro l’ antiumanità
rappresentata da Hitler e dal suo regime.
Infatti nel considerare la gran parte
avuta nel movimento di resistenza dagli
alti ufficiali e dai nobili feudatari prus­
siani, cioè dai tipici esponenti di quelle
caste che facilitarono con il loro assentei­
smo se non proprio con il loro aperto
appoggio l’ascesa di Hitler al potere, vien
fatto di pensare che i motivi di rivolta
nei primi siano stati determinati daU’irritazione dei tecnici, dei professionisti
della guerra di fronte al dilettantismo esaltato dei piani militari del « caporale
boemo » e negli altri da un senso di di­
spetto verso l’esaltato demagogismo del
dittatore. Rothfels non disconosce che
questi uomini nella gran parte avevano
assistito con simpatia alla vittoria del
partito nazista, ma riconosce appunto il
loro merito nell’essersi saputi svincolare,
mediante un duro travaglio di coscienza,
dalle loro pesanti tradizioni di conserva­
torismo e di ossequio all’autorità.
Se proprio degli ufficiali, educati al ri­
gido senso di disciplina del militare prus­
siano, erano riusciti a concepire l’idea di
attentare alla vita del loro capo, cui erano
legati dal vincolo del giuramento di lealtà
ed obbedienza, ed avevano considerato
un’ eventuale vittoria nazista come una
« rovina per l’ Europa intera ed una ver­
gogna per l’umanità », ciò significa che in
ciascuno di loro si era attuata quella crisi,
che doveva portare alla revisione di tutte
quelle tradizioni culturali, sociali e politi­
che su cui poggiava la loro stessa ragione
di esistere. E ’ noto come alcuni ufficiali
non trovarono altra soluzione a questo
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dilemma che andare incontro alla morte
sul campo di battaglia.
T ra gli uomini che presero parte ai
piani di un colpo di stato contro il regi­
me nazista non tutti però erano disposti
a riconoscere la necessità o la legittimità
di un'azione violenta contro il dittatore:
non soltanto Cari Goerdeler, l’ex borgo­
mastro di Lipsia che fu anche commis­
sario per i prezzi del Reich nel 1934, una
delle figure centrali dell’opposizione, ma
quasi tutti i partecipanti al circolo di
Kreisau (dal nome di una proprietà del
giovane conte von Moltke, animatore del
gruppo, in cui si svolgevano le riunioni).
Essi si limitarono pertanto ad elaborare
dei piani, più o meno utopistici, sul fu­
turo ordinamento di una Germania postnazista, nei quali i punti fondamentali
riguardavano una decentralizzazione del
Reioh, un ritorno alle clausole di V er­
sailles ed un sistema di organismi fede­
ralistici europei allo scopo di evitare altre
guerre. Si giunse anche alla costituzione
di una specie di governo-ombra, che avrebbe assunto i poteri qualora il colpo
di mano contro il sistema nazista fosse
riuscito, nel quale le posizioni più impor­
tanti sarebbero state assunte dal generale
Ludwig Beck (capo di Stato), dallo stesso
Goerdeler (cancelliere), dal sindacalista so­
cialdemocratico Wilhelm Leuschner e dal
sindacalista cattolico jakob Kaiser (vice­
cancellieri), dall’ ex ambasciatore di Ger­
mania a Roma Ulrich von Hassel (mini­
stro degli esteri), da Julius Leber (mini­
stro degli interni) che era stato uno dei
dirigenti del partito socialdemocratico.
Una certa incertezza regnava ancora sulla
possibile forma statale della Germania,
perchè si pensava anche ad una restau­
razione monarchica, nel senso di una
monarchia parlamentare di tipo inglese,
per la quale il candidato più probabile
era il principe Luigi Ferdinando della
casa di Hohenzollern, allora impiegato
presso la Ford negli Stati Uniti. Goerde­
ler, von Moltke, von Hassel, Leuschner,
Leber vennero tutti fucilati dopo l’atten­
tato del 20 luglio assieme a Canaris, il
capo del controspionaggio, a Bonhoeffer,
un dirigente della Bekennende Knche e
ad un numero imprecisato, ma che sem­
bra superare il migliaio, di persone coin­
volte nella congiura: Beck, la sera stessa
del fallito attentato, si tolse la vita di
fronte ai soldati che venivano per giu­
stiziarlo.
A questo punto il Rothfels si chiede se
i gruppi d’opposizione avessero l’intenzio­
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Recensioni
ne di operare una scissione dell’ alleanza
russo-occidentale. Infatti quando, dopo la
disfatta di Stalingrado ed il cedimento
del fronte orientale, i piani per il colpo
di stato sembravano dover essere attuati,
i membri dell’opposizione riuscirono a
mettersi in contatto con il governo in­
glese ed americano, per mezzo anche
del capo del servizio informazioni ame­
ricano Allan Welsh Dulles che si trovava
in Svizzera, per metterli al corrente del
loro piano e sondare l’eventualità di con­
cludere una pace separata con gli occi­
dentali e di mantenere il fronte orientale
finche la Germania non fosse stata tutta
occupata dalle truppe anglo-americane. La
risposta degli occidentali fu evasiva e que­
sto, secondo il Rothfels, valse a scoraggia­
re l’opposizione nell’ effettuazione dei suoi
piani. Ma per l’A . queste considerazioni
d ’ordine politico costituiscono un elemen­
to secondario di fronte al fatto che tutti
gli uomini della resistenza tedesca, prote­
stanti o cattolici, nobili o militari, sinda­
calisti o funzionari di stato, socialisti o
conservatori si fossero trovati uniti nel
sentimento di rivolta verso la barbarie
nazista sulla base dei comuni principi di
umanità in cui l’elemento religioso svol­
geva una parte predominante.
Che questa .posizione non sia apologe­
tica e non sia intesa ad eludere la do­
manda, che peraltro viene spontaneo por­
re, sulla reale « efficienza » di quel movi­
mento, ma tocchi la vera sostanza del
movimento d’ opposizione tedesco, lo at­
testano le dichiarazioni stesse di coloro
che parteciparono all’attentato del 20 lu­
glio, in ultima analisi l’unica azione « vi­
sibile » di quella resistenza, in cui il loro
gesto è avvalorato come « testimonianza
di -fronte alla storia ed al mondo della
loro esistenza » e la loro morte come
« punizione » come « espiazione » per i
delitti perpetrati dal nazismo contro l ’u­
manità. Il 20 luglio in tal modo non è
da giudicarsi secondo la sua riuscita, ma
assume puramente il valore di un sim­
bolo.
Se nel trasferire su questo piano meta­
politico e metafisico la valutazione della
resistenza tedesca il Rothfels riesce a met­
terne in luce la grandezza morale ed a
sottolineare il coraggio di quegli uomini
nell’affrontare una crisi di coscienza così
forte e nel suggellarla con la morte, ne
mette peraltro, forse inconsapevolmente,
in rilievo i limiti e le mancanze. Esse so­
no da ricercarsi più che nel difetto dei
singoli, nella stessa tradizione culturale
tedesca priva di un’ etica politica che per­
metta di operare delle scelte nelle situa­
zioni sempre nuove che offre la storia.
L a stessa eterogeneità sociologica di quei
gruppi, dei quali si può a buon diritto
parlare di un incontro fortuito, dimostra
come in Germania nessuna istituzione sia
riuscita a tradurre in termini di struttura,
di organizzazione, la sua opposizione al
regime: l ’unico gruppo che in una certa
misura è riuscito ad istituzionalizzare que­
sta opposizione, pur nei limiti che la sua
natura richiedeva, fu forse quello della
Bekennende Kirche, nel tentativo cioè, in
parte riuscito, di formare una chiesa pro­
testante svincolata dall’ ossequio verso l’au­
torità costituita che la tradizione luterana,
per la mancanza appunto di un'etica mon­
dana, sembrava sancire.
Infine la valutazione puramente morale
del movimento di resistenza tedesco porta
ad un’altra interessante conseguenza, que­
sta volta sotto l’ aspetto storiografico, e
cioè che le origini di quel movimento
stesso, le cause ohe lo hanno determi­
nato non sono reperibili mediante lo stu­
dio delle origini storiche del nazionalso­
cialismo e delle combinazioni politiche ed
economiche che lo hanno portato alla vit­
toria del 1 9 3 3 - Sembra quindi che non si
possa parlare di oppositori « naturali » del
nazismo sulla base degli schieramenti po­
litici dell’era weimariana.
E ’ ben vero che l’unico gruppo il quale
svolse una vera e propria attività di sa­
botaggio fu quello comunista della Rote
Kapelle, che mediante un’emittente segre­
ta passava a Mosca i piani militari nazisti
d ’invasione della Russia, ma per il Roth­
fels (cui peraltro bisogna riconoscere il
merito di aver -messo in luce la fermezza
morale di questi uomini quando furono
scoperti e fucilati, mentre la storiografia
ufficiale ignora volutamente questo episo­
dio o si limita a giudicare i suoi protago­
nisti come semplici agenti del Cremlino)
questo fatto assume minore rilievo di fron­
te al coraggio con cui gli uomini dell’op­
posizione, superando tante difficoltà inte­
riori, cercarono di salvare la propria ani­
ma andando incontro al martirio. Ed è
senza dubbio questa la nota dominante
nel comportamento degli uomini della re­
sistenza tedesca.
S ergio B ologna
Recensioni
F red M ajdalany, La battaglia di Cassino,
Milano, Garzanti, 1958, pp. 302 - L i­
re 1.800.
Con quest’opera l’A . — un giornalista
inglese che partecipò alla battaglia di Cassino come ufficiale di fanteria — ha raggiunto solo uno degli scopi prefissisi — e
precisamente quello di fornire una com­
pleta ed esauriente documentazione sul­
l’unica importante battaglia sostenuta da­
gli alleati sul fronte italiano — attraverso
ricerche effettuate su pubblicazioni uffi­
ciali edite e anche inedite e sulle testi­
monianze rese dai maggiori protagonisti,
politici e militari, dell’uno e dell’altro
campo (Churchill, i generali Clark, Truscott e von Senger und Etterlin) — . Non
solo infatti egli non ha raggiunto gli al­
tri obiettivi che si era proposto — giu­
stificare la distruzione del celebre Mona­
stero e dare un giudizio positivo sull’in­
tera battaglia — ma soprattutto sul se­
condo di essi egli è costretto a rovesciare
il suo giudizio dandone uno compietamente negativo.
La giustificazione ideologico-moralistica
— che la distruzione dell’Abbazia doveva
avvenire « perchè i suoi ideali potessero
sopravvivere in un mondo che li aveva
troppo spesso abbandonati » — non trova
conferma nell’esame obiettivo della vi­
cenda. E ’ vero che il Monastero faceva
parte integrante di una struttura fisica
fortissima, ma — oltre al fatto fondamen­
tale che esso non era occupato nè usato
dai tedeschi come osservatorio — la sua
distruzione si rivelò doppiamente errata,
psicologicamente e tatticamente, come ha
riconosciuto lo stesso comandante della
V armata americana gen. Clark. L ’errore
psicologico consistè infatti nell’offrire ai
tedeschi un’ottima occasione per una cam­
pagna propagandistica a largo raggio, ef­
fetto raggiunto con le interviste all’ abate;
errore tattico, in quanto il compito per
liberare la zona fu reso più difficile dal
fatto di dover combattere tra le rovine.
Inoltre — e questo dimostra maggior­
mente l’inutilità dell’ atto — il bombar­
damento del 15 febbraio 1944 fu deciso
dall’ areonautica in considerazione della si­
tuazione atmosferica senza alcun coordi­
namento con l’ esercito, il quale non potè
attaccare se non il giorno dopo, quando
gli effetti del bombardamento, la sorpresa
soprattutto, si erano ormai dileguati.
In merito alla battaglia di Cassino l’ A.
mette in luce il cumulo di errori politici,
tattici e psicologici compiuti nel corso di
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essa. La battaglia di Cassino fu infatti
conseguenza della divergenza tra l’ idea
politica di Churchill (invadere l’Italia per
servirsi della penisola quale trampolino di
lancio per un'invasione dell’ Europa bal­
canica) e la concezione americana di con­
siderare il fronte italiano un fronte se­
condario, e quindi di non impegnarvisi ec­
cessivamente con mezzi e uomini, per po­
ter aprire in altro luogo il secando fronte
in modo da portare un attacco diretto
alla Germania. A questo errore politico
di fondo si aggiunse la difficoltà tecnica
costituita dalla geografia del paese, osta­
colo naturale quasi insormontabile nelle
condizioni di mezzi in cui si trovava l’e­
sercito alleato. A completare la difficoltà
del compito vi fu infine la decisione te­
desca di stabilire la linea difensiva (linea
Gustav) sulla città di Cassino e sui monti
che la circondano.
Se questi furono gli errori fondamenta­
li, altri e non certo secondari furono com­
piuti nel corso delle prime tre battaglie.
Così la prima (17 gennaio - 11 febbraio)
fu lanciata prematuramente in obbedien­
za agli ordini degli uomini politici per
facilitare lo sbarco ad Anzio; la seconda
16 - 18 febbraio), anch’essa prematuramen­
te, per salvare la testa di ponte di Anzio;
la terza (15 - 23 marzo) fu fermata dalle
avversità atmosferiche. La quarta ed ulti­
ma battaglia (11 - 25 maggio) fu la sola
preparata accuratamente, in senso tecnico
e tattico, ed essa confermò che per supe­
rare certe difficoltà naturali occorre una
forza numericamente tre volte superiore
alla forza avversaria. L ’accorgimento tat­
tico fu quello di far credere prossimo al
nemico uno sbarco al nord di Roma, di
modo che i tedeschi concentrarono le loro
riserve a così lunga distanza da Cassino
da non avere tempo sufficiente per ac­
correre in difesa delle truppe colà impe­
gnate.
Tuttavia, nonostante la vittoria ottenu­
ta, lo scopo ultimo della battaglia — di­
struggere le forze tedesche a sud di Ro­
ma e arrivare alla linea Pisa-Rimini —
non fu raggiunto neppure questa volta in
seguito all’ordine di Clark di conquistare
Roma, che impedì il congiungimento tra
le forze che avevano attaccato da Anzio
e quelle provenienti da Cassino. Quest’or­
dine di Clark riesce ancora oggi tatticamente incomprensibile, ma può trovare la
sua spiegazione nel desiderio americano
di entrare per primi nella capitale italiana.
.Ancora di più: nonostante quest’ultimo
errore tattico, la resistenza tedesca avreb-
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Recensioni
be potuto essere superata rapidamente se
non fosse intervenuto a fermare l’avan­
zata in Italia l ’ordine d i , Eisenhower e
Marshall di togliere dal fronte italiano
una parte delle truppe per sbarcarle nel­
la Francia meridionale a complemento deh
l’ apertura del secondo fronte avvenuta in
Normandia il 6 giugno. Così anche nel
momento in cui la vittoria avrebbe po­
tuto essere sfruttata, la campagna d ’Italia
mantenne il suo carattere di fronte se­
condario sul quale non era necessario im­
pegnarsi a fondo. Nonostante tutta la sua
buona volontà l’A ., è quindi costretto a
dare un giudizio negativo e amaro del­
l’intera vicenda, sul quale non resta che
concordare: «Cassino... rimane... un mo­
numento agli orrori della guerra e alla
perversa e paradossale nobiltà di una
battaglia ».
M arcello D e l l ’ Omodarme
A . G alante-G arrone, Questa nostra R epubblica, edizioni Loescher, Torino,
1959, pp. 249 - L . 840.
Profilo della Costituzione, edizioni Loes­
cher, Torino, 1959, pp. 239 - L . 900.
F ilippo S acchi, L ’A B C del cittadino, Edizioni Scolastiche Mondadori, Milano,
1959, pp. 188 - L . 900.
L ’Educazione civica è stata introdotta
solamente da un paio d ’anni fra le disci­
pline scolastiche, e trascorreranno vari
anni ancora prima che si possa giudicare
della portata e deH’efficacia del provvedi­
mento. Già se ne parla, negli ambienti
più direttamente interessati, molto meno
di quanto non si facesse al suo primo
apparire, e tutto rischia di essere ingoiato
nella « routine » quotidiana di una Scuola
che, come la nostra, riesce magicamente
a trasformare agli occhi degli alunni ogni
spunto o motivo di pur viva attualità nel
trito e frusto catechismo di una cultura
inaridita e messa sotto formalina.
Il disinteresse di molti insegnanti per
la nuova materia, che sottrae due ore al
mese al programma di storia, già peren­
nemente angustiato e costretto per parte
sua, si può spiegare anche con una certa
ignoranza del meccanismo costituzionale,
politico e amministrativo dello Stato, ma
soprattutto con una sorta di disagio a tra­
vasare negli alunni un complesso di mas­
sime giudiridiche, di asserzioni vagamen­
te retoriche e di norme amministrative, la
cui sintesi spesso si lascia vanamente
desiderare o solo intravvedere nei cor­
renti testi di Educazione civica. Infatti,
come era naturale, un vero fiume di
libretti di questo genere si è rovesciato
nelle librerie, non appena la legge che
riguardava l’istituzione della nuova disci­
plina fu emanata: ma, per la maggior
parte, i vari volumetti, magari elegante­
mente illustrati, mostravano nei loro au­
tori una accentuata confusione di idee,
quando non addirittura il proposito di
confonderle a bella posta.
Se ne è parlato già a Firenze nell’apri­
le del 1959, nel corso del convegno su
« La Resistenza e la scuola » ed è inutile
ripetersi qui: le conclusioni, sempre va­
lide, erano state che un libro di Educa­
zione civica non può limitarsi a dare dei
precetti di buona creanza, tratti dal ga­
lateo o dal codice stradale: deve (nei li­
miti del possibile) formare il cittadino di
domani, fondandone in lui i presupposti
con la chiara coscienza dei legami inter­
correnti fra le istituzioni di oggi e la sto­
ria di ieri. La Costituzione della Repub­
blica non viene dal cielo, ha i propri fon­
damenti e la propria giustificazione nel­
la Resistenza, nelle istanze ideali, forse
più astratte, indubbiamente più pure e
caratteristiche, di questa. Ed è quindi
inutile, anzi sommamente dannoso, celare
ai giovani queste origini, nascondendosi
dietro al velo dell’imparzialità e dell’im­
possibilità di giudicare. E ’ ben vero che
nessuna materia, come l ’Educazione civica,
dipende per il proprio « successo » dalle
doti personali, staremmo a dire dalla
passione e dalla coscienza civile dell’in­
segnante; ma è altrettanto vero che la
guida di un testo intelligente e aperto
costituisce, anche per l’ insegnante prepa­
rato, un ausilio difficilmente sostituibile.
Detto questo, la migliore presentazio­
ne dei libri del Galante-Garrone e del Sac­
chi consisterà nell’ asserire che essi forni­
scono appunto quella guida e che sono
esenti dai difetti lamentati per molti altri
testi del genere: differenti nella destina­
zione (il Galante-Garrone è riservato, ai
licei, il Sacchi ai ginnasi) i due volumetti
coincidono negli scopi ideali e nella loro
pratica attuazione: tutti e due inquadra­
no il problema dei rapporti tra i citta­
dini e lo Stato e dei cittadini tra loro in
una visione serena e distaccata, ma non
« spoliticizzata » ad ogni costo.
Più bonario e confidenziale l’ « A B C » ,
che si rivolge ai ragazzi fra i 14 e i 16
anni; austero e controllato, e pure estre-
Recensioni
inamente chiaro e interessante « Questa
nostra repubblica », ambedue richiamano
le giovani menti alla meditazione su te­
mi per esse inconsueti : il fascismo, la
guerra, la responsabilità della monarchia
e la sua caduta, la Resistenza, che costi­
tuiscono il presupposto storico insostitui­
bile di ogni illustrazione della Costitu­
zione, di ogni asserzione riguardante le
nostre istituzioni democratiche. ,
Noteremo infine che il commento alla
Costituzione del Galante-Garrone è uscito,
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oltre che per le scuole, anche in un’edi­
zione destinata a un più largo pubblico,
sotto il titolo « Profilo della Costituzione »;
ci si potrebbe domandare la ragione di
questo doppione, dato che le due edizioni
sono identiche nel contenuto: un’occasio­
ne di più, comunque, offerta ai « padri »
per mettersi al corrente e per non farsi
superare e distanziare, come troppo spes­
so capita, dai propri figli.
A rrigo P acchi