piccolo viaggio negli antichi mestieri verticale

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piccolo viaggio negli antichi mestieri verticale
Provincia di Imperia - Settore Centri per l’Impiego/OML
piccolo viaggio negli antichi mestieri
Lola Su, artigiana orafa, Badalucco
"Ottima è l'acqua, ma l'oro risplende come il fuoco che brilla di notte, al di sopra di ogni più
grande ricchezza... L'oro è figlio di Zeus. Né ruggine, né verme lo corrode, e doma l'animo
umano. È il più potente dei beni". (Pindaro, Olimpica, I, 1
e ss.). L’arte orafa ha sempre accompagnato con il suo
misterioso fascino la storia dell’uomo, fin dall’alba dei
tempi; molti autori concordano nell’identificarne le origini
in Mesopotamia ed in Egitto, soprattutto a partire dalla
prima metà del III millennio a.C…e poi via, attraverso i
secoli, lasciando di volta in volta segni inconfondibili di
tutte le civiltà che si sono succedute sulla faccia della
terra…fino ad oggi, ai nostri tempi. E’ quindi con sommo
piacere che siamo andati a conoscere una giovane
artigiana che in questa provincia prova a portare avanti
tale fardello: Lola Su, a Badalucco. E lei ci invita ad
essere chiari su un punto fin da subito: lei è davvero
un’artigiana orafa…”Cosa intendi?” ”Che parto dalla lastra
o dal filo, esattamente come si faceva una volta; il lavoro
si inizia come farebbe uno scultore, dal blocco di materia
inerme, e poi si lavora a mano. Naturalmente io ho la
possibilità, man mano che l’oggetto prende forma, di
intervenire saldando altri pezzi (al contrario dello scultore che procede esclusivamente
asportando il materiale): invece molti altri artigiani partono dalla microfusione, quando il
più è già stato fatto; e no! così è troppo semplice, e poi i pezzi vengono tutti uguali! I miei
lavori sono realmente tutti uno diverso dall’altro (ci fa
vedere l’apposito bigliettino che accompagna tutte le
sue creazioni)…pensate che i miei vecchi professori mi
dicono che sono matta a lavorare così…”.
“Benissimo! Non ci trovi impreparati! Mentre ci stavamo
preparando ad incontrarti abbiamo trovato su un
giornale un articolo molto interessante; l’autore (un
artigiano orafo di Valenza) prova a fare un paragone tra
500 anni di storia, usando come punto di partenza una
incisione del 1576, che riproduce un laboratorio di
oreficeria…ebbene le differenze con un laboratorio orafo
moderno sono minime”. Si, cari lettori avete capito
bene, minime… “Quindi eravamo curiosissimi di
conoscerti.
Però
prima
ti
chiediamo
l’età…”
”Venticinque!”…”E poi qualcosa su quello strano
nome…È un nome d’arte?” “No, è il mio nome!”
“Innanzitutto la mia famiglia è tedesca, e siamo qua da
venticinque anni; Lola significa…Lola, e Su significa
figlio di in cinese. Ed è anche il mio marchio!” “Aspetta,
aspetta. Prima di parlarti dell’articolo ci devi dire ancora
un po’ di te…perché l’artigianato orafo?” “Allora, la
faccio breve…finito il liceo scientifico mi sono guardata
un po’ intorno…insomma io sentivo che volevo fare dell’altro…allora sono andata per un
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anno in una bottega di Bussana Vecchia, a vedere se quello che mi diceva il cuore era
giusto…” “Lo era?” “Si, sono stata in una bottega di artigianato orafo e quel lavoro era
proprio quello che avevo sempre sognato…e allora mi sono data da fare. Ho bussato alla
porta di due importanti scuole del settore, una in Germania e una a Valenza, ho passato
l’esame d’ammissione per entrambe e poi ho scelto Valenza…una volta preso il diploma di
orafo progettista (dopo un corso durato due anni) ho saputo che il Comune di Badalucco
prevedeva delle agevolazioni proprio per aiutare i nuovi artigiani: così nasce la mia bottega,
nel giugno del 2003.” “Lo sai che siete in pochi a fare questo
mestiere?” “Si, è difficile proporsi in questo settore come
artigiano nel vero senso della parola”. “Quali investimenti hai
dovuto fare?” “Allora, i corsi che fanno a Valenza sono
gratuiti, sono pagati interamente dalla Regione Piemonte.
Naturalmente mi sono dovuta sobbarcare le spese per vivere
a Valenza due anni, e poi a corso finito c’è stato l’acquisto
dei macchinari indispensabili per aprire l’attività: il
banchetto, il trapano a frusta, la saldatrice, il laminatoio, la
pulitrice, la lavatrice ad ultrasuoni, la vasca per il
decapaggio…almeno questi li devi avere…e poi tante altre
cose, i martelli,
le cesoie, le pinze, i bulini, le lime, il compasso, la lente di
ingrandimento…e il materiale da lavorare…” “Insomma è stato difficile iniziare?” “Si, ma
sono stata molto fortunata: anche i miei mi hanno aiutata tanto, mio padre per preparare
la bottega (prima qui c’era una stalla…) e mia madre per arredarla e decorarla con
ceramiche”. “Cosa ci vuole per iniziare?” “Passione, passione, passione. E tanto lavoro,
all’inizio devi comunque lavorare tanto per preparare gli oggetti per allestire il negozio. E
forse un bel po’ di pazzia…” “E quanto ci vuole per imparare, per poter aprire davvero una
attività?” “Non è un lavoro che puoi improvvisare…certo la teoria è indispensabile, pensate
allo studio delle tecniche, alla conoscenza dei materiali, alle regole che stanno alla base
della loro manipolazione; la scuola è obbligatoria, ma poi metteteci uno o due anni di
pratica fatta bene e tanto impegno…è stando in bottega che acquisisci quegli elementi di
perfezionamento indispensabili, insomma la strada non è semplice. E in questa materia non
si smette mai di imparare: si fanno esperimenti, si
provano nuovi accostamenti di materiali, di colori…”
“Com’è il tuo orario?” “Dalle 10 alle 12,30 e dalle 15,30 alle
19. Poi arrivo a casa alla sera, mi metto davanti alla
televisione e…lavoro: disegno, invento, progetto…ho un
giorno di chiusura settimanale che dedico per lo più alle
incombenze burocratiche (tipo il commercialista). E poi
vado a Valenza una volta ogni due mesi, saluto i vecchi
professori, faccio acquisti di materiali e di pezzi dei
macchinari da rinnovare (di solito punte, frese, gli innesti
del trapano); più di rado vado al banco metalli, a fondere il
materiale recuperato ”. “Hai dei picchi di lavoro durante
l’anno?” “Si, come periodo qui si lavora bene da giugno a
settembre. Poi ci sono le festività: Natale, san Valentino,
san Giorgio (è il 23 di aprile: santo patrono, è il giorno in
cui a Badalucco si svolgono le comunioni e delle cresime),
festa della mamma…” “E la soddisfazione più grossa avuta
finora?” “Resistere…e incominciare a vedere i risultati dei
miei sforzi. Non ho debiti, di questo ne sono orgogliosa!”
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“La cosa più bella del tuo mestiere?” “Dal punto di vista professionale creare, inventare,
trasformare la materia da grezza in oggetto finito, la soddisfazione del cliente…” “La cosa
più brutta?” “Io cerco di non vedere nulla in maniera negativa; sapevo a cosa andavo
incontro, e lo rifarei. Diciamo che iniziare è
davvero difficile, si investe tantissimo e
all’inizio è dura, anche se io sono stata
molto fortunata…e ogni giorno è una nuova
sfida”. Noi non diciamo niente, Lola Su si
gira, apre lo sportello di un mobiletto in
vetrina e torna da noi con una splendida
collana d’oro: “E’ la cosa più cara che ho
mai fatto, l’ho fatta su ordinazione, su
esplicita richiesta del cliente…” “…E allora
perché è qua?” “Perché il cliente poi non
poteva più pagarla, pur avendo concordato con lui
anche il prezzo…non ho visto un euro…non fa
niente, la tengo qua, fa vetrina…prima o poi la
venderò…Smettere? Mai! Faccio quello che volevo
fare, e non è poco al giorno d’oggi!” “Ma lo
consiglieresti davvero un lavoro come il tuo?” “Si, se
uno è portato dal punto di vista artistico, ha la
giusta manualità, fantasia, tenacia…e tanta
pazienza. E poi non deve demoralizzarsi, mai,
altrimenti è inutile”.“Com’è cambiata la tua
professione negli anni? Corsi di aggiornamento ce
ne sono?” “Per chi lavora la materia come me non è
cambiato quasi nulla. Molte delle mie tecniche sono le stesse degli egizi, tanto per capirci.
E’ ovvio, se vi guardate intorno vedete ovunque tecnologia; ma è qui per aiutare l’artigiano,
non per sostituirlo. Invece per quanto riguarda i corsi io vorrei farne uno di incassatura e
uno di gemmologia; ho già delle nozioni di entrambe le materie, ma ci terrei molto a farle
bene, per essere ancora più indipendente…” “E’ redditizio? E quanto costa un tuo
prodotto?” “Questa è una domanda difficile. O meglio, bisognerebbe fare un discorso un
po’ più ampio…non è facile paragonare un lavoro fatto in serie, a macchina, con uno fatto a
mano. Secondo me i miei prodotti non sono assolutamente cari…spesso si guarda ai lavori
delle botteghe dicendo che i prezzi sono alti, ma ci si dimentica del prezzo di prodotti di
grande produzione o peggio ancora di moda…E poi non dimentichiamo che da un artigiano,
uno vero come me, il cliente si porta via un prodotto unico…” “Chi è il tuo cliente tipo?”
“Allora, durante tutto l’anno la gente del posto, di Badalucco ma non solo, e ormai ho
anche la mia schiera di clienti/amici fedelissimi che mi vengono a trovare spesso; d’estate i
turisti, milanesi, torinesi, tedeschi e inglesi, che stanno arrivando sempre più numerosi”.
Ora che la conosciamo meglio siamo pronti a mostrarle l’articolo…e voi siete pronti ad
accendere la macchina del tempo? Secondo l’autore…Il progresso fa comunque la sua
parte: col passare del tempo l'artigiano ha perfezionato o inventato nuovi strumenti, che
spesso si è costruito da solo, che ha modificato e adattato alle sue specifiche esigenze,
plasmati per obbedire ai suoi gesti, al suo "mestiere", e che col passare del tempo
divengono parte stessa dell'artigiano. Nei ferri più usati sono spesso evidenti parti
consumate dall'uso e che rivelano particolari abitudini di lavoro: impugnature in legno con
incavi lasciati dalla mano che li ha usati fino a scavare le sue impronte…E tanto più
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l'impronta sarà netta tanto più quel ferro sarà insostituibile perché l'adattamento è ormai
fisiologico e tra lo strumento e la mano si è stabilita una specie di simbiosi. I vecchi
strumenti recano i segni di costanti, amorose opere di restauro per prolungarne la vita oltre
ogni limite e l'operaio orafo, se cambia laboratorio, se li porta con sé come insostituibile
attrezzatura personale. Insomma …Molti strumenti usati dall'orafo artigiano di oggi sono
ancora tali e quali quelli in uso, ad esempio, in una bottega del Rinascimento. E Lola Su
cosa ne pensa? “E’ tutto vero! Ora capite perché ci tengo ad essere definita vera
artigiana?” E’ contentissima, queste parole le sono piaciute davvero; ed ecco che quello che
prima ci sembrava un normale negozio adesso, sotto le indicazioni della nostra amica,
appare completamente diverso: così quello che sembrava un normale sgabello è in verità il
tradizionale seggiolino da orafo, detto in valenzano taburat; la “lingua” di legno che sporge
dal banchetto è invece lo stocco (stock in gergo valenzano), e su questo ci soffermiamo,
Lola Su vuole fare una precisazione…”Questo strumento, semplice ed elementare, è un pò
il simbolo del lavoro dell'orafo, serve da piano di appoggio per il lavoro da eseguire”. E poi
nell’incisione che abbiamo trovato si vedono, tra gli altri oggetti, due trapani a mano, uguali
a quelli ancora in uso fino a pochi anni fa, prima dell'avvento del trapano a frusta, elettrico.
Ma, come segnala
l’autore dell’articolo,
alcuni
vecchi
incassatori
non
disdegnano
ancora
oggi, per certi lavori,
il trapano a mano, più
sensibile
alla
pressione della mano
dell’artigiano;
la
nostra ospite fa si con
la testa, lei conosce
ed utilizza svariate
tecniche antiche, e
oltre che del trapano
a mano ci parla della
tecnica della fusione
con l'osso di seppia (procedimento che tra l’altro abbiamo trovato citato nell'inventario degli
strumenti di un laboratorio del 1400 fiorentino) e della tecnica a sbalzo, antichissima e
tanto cara ai fabbri. Lo conferma anche lei: gas e luce elettrica si sono semplicemente
sostituiti a ciò che già esisteva, non hanno aggiunto nulla perché l'artigianato si evolve, ma
nella sostanza resta immutato nel tempo. Abbiamo visto tanti lavori nella bottega di Lula
Su, e più di una volta abbiamo notato una forma strana, una spirale. E quindi dobbiamo
chiedere… “Si, è una forma che ho molto a cuore. E’ un po’ il mio segno distintivo, il mio
marchio, per me rappresenta tanto: la vita che nasce, il legame che ogni essere ha con la
natura, un germoglio che si apre. Una forma comunque positiva. Ma, se guardate bene, la
mia spirale si ricongiunge: è l’infinito…” L’interrogatorio è finito, i nostri complimenti a Lola
Su per la sua bravura e sua determinazione e al Comune di Badalucco, che fa di tutto per
aiutare i giovani imprenditori. Ancora una domanda e poi ce ne andiamo, ed è una
domanda davvero simpatica… ”Ritieni che ci sia davvero bisogno del tuo lavoro?” “Certo! È
bella l’idea di avere un gioiello particolare, che esprime davvero qualcosa di tuo: la tua
personalità, la tua anima, come sei dentro…E poi volete mettere la gioia di distaccarsi dalla
massa?”
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