Palazzo della Meridiana

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Palazzo della Meridiana
Palazzo della Meridiana
L’edificio cinquecentesco è una delle prime e più significative testimonianze del rinnovamento architettonico
Genovese, e prende il nome dall’orologio solare disegnato al posto di una finestra.
Il Palazzo, identificato dalla De Negri con quello di “Geronimo Grimaldo Principe di Ieraci” rilevato dal Rubens,
fu costruito tra il 1541 e il 1544 da Geronimo o Gerolamo Grimaldi Oliva (1493-1557) su una delle aree coperte
da macerie e messe in vendita dal Magistrato dei Padri del Comune, zona poco urbanizzata e di notevole
pendenza, con accesso e fronte principale sulla salita di San Francesco di Castelletto, oltre a due prospetti laterali
affacciati su giardini a monte e a valle, molto lodati dall'architetto Joseph Furttenbach.
Gerolamo Grimaldi fu banchiere, oltre che mercante con interessi in Spagna, dove ebbe il monopolio della
riscossione delle tasse a Granata e a Cordova, e in Portogallo, paesi dove trascorse la giovinezza per rientrare a
Genova nel 1516.
Con testamento del 1550 lasciò in fedeicommisso il Palazzo all’unico figlio maschio, Gio Battista, al quale si
deve il completamento della decorazione interna del palazzo (1565-1566) con l’intervento del Bergamasco, del
Cambiaso, del Perolli e di Lazzaro Calvi.
Sotto la committenza di Gio Battista Grimaldi venne affrescata la facciata più alta con "Storie di Ercole"
(attribuita ad Aurelio Busso) mentre, fuori e dentro, si sono anche letti contributi decorativi di Giò Batta Castello
(anni 1556 - 1566).
Una quadratura più propriamente architettonica, di cui rimangono poche tracce e un'illustrazione rubensiana,
decorava la facciata dell'ingresso attuale.
L'edificio cinquecentesco, dal duplice carattere di palazzo di città decentrato e di residenza di villa suburbana,
custodisce nella sua straordinaria ambiguità la genesi segreta di un rinnovamento architettonico che pochi hanno
finora denunciato con chiarezza nelle sue ascendenze.
L'area occupata dalla piazza ospitava un tempo i Giardini del Doge Giacomo Brignole, che li donò alla
Repubblica per permettere l'apertura di Strada Nuovissima, oggi via Cairoli.
L'apertura di Strada Nuovissima (1778 - 1786) impose lo sbancamento del giardino inferiore ed il rinnovamento
della facciata sud, detta “della Meridiana” su progetto di Giacomo Brusco; della vecchia facciata resta
testimonianza nell'edizione rubensiana.
Il palazzo passò infine dai Grimaldi di Geraci ai Serra di Cassano e, nel XX secolo, a una società di navigazione
che incaricò Gino Coppedè di adeguare il palazzo a sede di uffici.
In questa occasione, oltre a nuove costruzioni nell'area del giardino posteriore, si coprì il cortile con un
lucernario liberty, si rinnovarono le "grottesche" delle sue voltine e si intervenne pesantemente nella decorazione
interna delle sale dove sono gli affreschi di Luca Cambiaso ("Ulisse che saetta i Proci", "Episodi dell'Odissea",
"Satiro sbeffeggiato da Amore") e di Lazzaro Calvi.
Nell'ultimo secolo il Palazzo é stato più volte adibito ad edificio pubblico, con conseguenti tramezzature e
rifacimenti.
Decorazione
La decorazione più antica rimasta è quella ancora visibile sulla facciata nord verso il giardino, opera del
cremonese Aurelio Busso a monocromo con “Storie di Ercole”.
Il Ratti attribuisce a Lazzaro Calvi la decorazione di sue stanze.
Le “Storie di Didone ed Enea”, citate da Alizeri, come “Storie di Psiche”, almeno nella medaglia centrale non
sembrano appartenere a Lazzaro Calvi, ma ad un seguace di Bergamasco, mentre le lunette, anche se poco
leggibili, sembrano di altra mano.
Di Lazzaro Calvi è la sala al piano superiore con “Apollo sul carro del sole”, mentre l’Alzieri afferma che le sale
affrescate dal Calvi a questo piano erano due, e le dà entrambe per ridipinte da Candido Leonardi.
In base ad un documento, tra luglio e dicembre del 1565, su disegno del Bergamasco, che ha stretti rapporti con
il committente per il quale opera anche nella villa di Sampierdarena, Antonio da Lugano esegue gli stucchi del
salone, affrescato con “Storie di Ulisse” dal Cambiaso, forse con la collaborazione del Bergamasco e di aiuti
specie nelle lunette.
Il Cambiaso eseguì in seguito in due sale (conservate) “Storie di Enea e i Latini”, non ricordate dalle fonti, e
“Storie di Teseo” e, secondo Ratti, in un’altra (perduta) “colorì un Satiro beffeggiato da Amore” con intorno
“alcune favole di Ovidio”, forse da identificarsi con il salotto al secondo piano ricordato dall’Alzieri “guasto dal
tempo” e ridipinto da Candido Leonardi.
Le decorazioni di altre stanze sia al piano terreno che al piano nobile con stucchi o finte architetture furono
probabilmente realizzate tra la fine del sec. XVII e l’inizio del XIX.
Bibliografia
La pittura in Liguria “Il Cinquecento” a cura di Elena Parma
Banca Carige – Fondazione Cassa di Risparmio di Genova e Imperia