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UTILIZZO DELLA SCINTIGRAFIA MIOCARDICA E OUTCOME DELLA PCI NEI PAZIENTI CON
CORONAROPATIA STABILE: ULTERIORI INFORMAZIONI DALLO STUDIO COURAGE
Nell’ambito del recente congresso dell’American Heart Association, tenutosi a Orlando dal 4 al 7 novembre,
sono stati presentati i dati di un sottostudio del trial Courage (1) relativo all’impiego della scintigrafia
miocardica nei pazienti con coronaropatia stabile.
Lo studio Courage ha suscitato notevole interesse nella comunità medica. Presentato nella giornata finale
del congresso dell’American College of Cardiology nel marzo scorso, di seguito pubblicato sul New England
Journal of Medicine, ha dato l’avvio a un acceso dibattito sul ruolo dell’interventistica coronarica (PCI) nel
paziente con coronaropatia stabile. Ricordiamo i tratti essenziali dello studio: setting canadese e
statunitense, 2287 pazienti randomizzati a PCI + terapia medica ottimizzata o sola terapia medica, follow-up
fino a sette anni, assenza di dimostrazione di incremento della sopravvivenza o di riduzione del rischio di
infarto nel braccio PCI. Più nel dettaglio, i tassi di mortalità (7.6% e 8.3% nel gruppo PCI + terapia medica e
sola terapia rispettivamente), infarto non fatale (13.2% vs. 12.3%), stroke (2.1% vs. 1.8%) e
ospedalizzazione per sindrome coronarica acuta (12.4% vs. 11.8%) non si sono dimostrati significativamente
influenzati dall’impiego della PCI in aggiunta alla terapia medica, mentre una differenza a favore della PCI è
stata evidenziata per quanto riguarda la prevalenza di angina e la necessità di ulteriori interventi di
rivascolarizzazione per via chirurgica o percutanea (21.1% vs. 32.6%). Sulla base di questi dati è
successivamente fiorita una vasta letteratura ricca di commenti ed editoriali, per lo più caratterizzata
dall’invito rivolto ai clinici ad avere maggiore “coraggio” nella gestione conservativa del paziente con
coronaropatia stabile. Insomma, maggiore sforzo per assicurare un’adeguata titolazione dei farmaci e un
reale cambiamento dello stile di vita e meno ricorso al laboratorio di emodinamica.
Avendo spostato il discorso sull’efficacia della PCI nel ridurre l’estensione dell’ischemia e il sintomo
anginoso, piuttosto che sul miglioramento prognostico, rimaneva aperta la questione relativa ai criteri di
selezione dei pazienti che possono giovarsi maggiormente della PCI rispetto alla terapia medica. Nell’ambito
del sottostudio presentato a Orlando, 313 pazienti del campione originale del Courage hanno effettuato una
valutazione mediante SPECT basale e al termine del periodo di osservazione, in assenza di differenze per
quanto concerne la classe di angina, il livello di ischemia e l’estensione della malattia coronarica tra coloro
che venivano avviati a PCI e a sola terapia medica. Al termine dello studio si è evidenziata una maggiore
riduzione dell’estensione dell’ischemia nei pazienti trattati con PCI (33% vs. 19%), soprattutto tra coloro che
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Pubblicato su www.gicr.it
Revisione a cura di
Marco Ambrosetti – Istituto Clinico Le Terrazze, Cunardo (VA)
all’inizio dello studio presentavano quadri scintigrafici altamente ischemici, ovvero con compromissione
>10% del muscolo cardiaco.
I risultati di questo sottostudio, come confermato dagli stessi ricercatori, non cambia il messaggio chiave del
trial Courage, tuttavia evidenzia come una certa popolazione di pazienti marcatamente positivi allo stresstest scintigrafico (sintomatici o asintomatici) potrebbe essere avviata preferibilmente alla terapia
interventistica, in virtù dei migliori risultati attesi nel controllo del quadro ischemico.
Referenza
1) Boden WE, O’Rourke RA, Teo KK, et al. Optimal medical therapy with or without PCI for stable coronary
disease. N Engl J Med 2007;356(15):1503-1516.
Marco Ambrosetti
UO Cardiologia e Angiologia Riabilitativa Clinica - Istituto Clinico “Le Terrazze”
Via Ugo Foscolo 6/b - I-21035 Cunardo (VA)
Tel. 0332.992111 (int 448) - Fax 0332.990074 - [email protected]
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Marco Ambrosetti – Istituto Clinico Le Terrazze, Cunardo (VA)