visita di olgiate molgora - Comune di Olgiate Molgora

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visita di olgiate molgora - Comune di Olgiate Molgora
Villa Sommi Picenardi
Villa Gola al Buttero
In origine è stata dimora di un ramo dell’antica famiglia dei Vimercati
ed è caratterizzata da una struttura quattrocentesca munita di torre
d’avvistamento, oggi inglobata nel settore orientale. Nel 1574 venne
edificata come residenza rurale nobiliare di proprietà di Benedetto
Vimercati e Battista Perego, che non vi risiedevano stabilmente. Nel
1678 fu acquistata dalla famiglia Sala e nei primi anni del Settecento
gli edifici furono ristrutturati in elegante dimora settecentesca,
composta da un corpo centrale e da due ali laterali a formare il cortile
aperto verso levante. La villa padronale al centro è sormontata da una
semplice balaustra con un orologio ottocentesco.
In origine casaforte dei Calchi, famiglia
Longobarda che fin dal medioevo era
proprietaria di molte terre nella zona
e fu sempre fedele ai duchi di Milano
Visconti e poi Sforza. Bartolomeo
Calchi fu segretario di Ludovico il
Moro Sforza e la sua discendenza
prese residenza al Buttero, che da
struttura fortificata fu trasformata in
signorile villa di campagna. Pare che
Tristano Calchi, che scrisse una storia
del ducato di Milano in onore degli
Sforza, soggiornasse al Buttero per
ritemprarsi della fatica dello scrivere.
Delle fortificazioni si notano ancora le mura sotto la salita al portone
d’ingresso al cortile chiuso. Il pronipote di Bartolomeo, Paolo Emilio
Calchi, nel 1592 fece costruire la cappella dedicata a Santa Maria
ad Nives.
Nel 1702 al lato sud dell’edificio il nobile Giovan Battista Sala fece
costruire l’oratorio dedicato ai Santi Ambrogio e Galdino. Verso il 1730
sul retro della villa è stato realizzato il primo giardino di tipo barocco
all’italiana piccolo e raffinato, con vialetti e aiuole delimitate da cespugli
di bosso potati in forme geometriche. Tra le aiuole vasche con zampilli
d’acqua. Da qui parte la spettacolare doppia scalinata in pietra con
pareti decorate a mosaico di sassi. Si sale a un primo terrazzamento,
stretto e lungo, impreziosito da alcune statue su piedistallo. Un ninfeo
inserito in una piccola grotta è collocato sotto la scalinata. In asse
con la prima un’altra scalinata, questa a una sola rampa, raggiunge
la seconda terrazza e da qui continua, molto più ripida, nel boschetto
di cipressi sul pendio del colle dove la prospettiva è conclusa da uno
spazio adibito a belvedere. Sparse qua e là si trovano varie anfore e
statue barocche che raffigurano fauni e figure mitologiche.
Verso il 1880 Gerolamo II Sala fece realizzare davanti alla villa il
parco romantico all’inglese, con ondulazioni, radure, boschetti con
alberi, che oggi sono diventati così grandi da essere riconosciuti
come alberi monumentali d’Italia. La moglie di Sala, donna Mina
Sala Trotti, era dama di corte della regina Margherita e negli ultimi
decenni dell’Ottocento in villa si ospitavano persone della corte dei
Savoia. La regina in persona veniva con il treno da Monza, scendeva
alla stazione ferroviaria di Olgiate Molgora e in carrozza percorreva
l’alberato viale Sommi Picenardi, accolta dagli omaggi della
gente. Nel 1920 la proprietà è passata al nipote di donna Mina, il
marchese Paolo Sommi Picenardi.
Verso il 1750 la proprietà passò alla famiglia Dugnani. Qui si ritirava
a cercar pace il card. Antonio Dugnani, Nunzio Apostolico a Parigi
da lì fuggito ai tempi della Rivoluzione francese per diventare poi
ambasciatore papale presso Napoleone. Dopo i Dugnani, per eredità
dal matrimonio di Clara (una nipote del card. Dugnani) con Gerolamo
Gola, la proprietà passa alla famiglia Gola.
Di particolare interesse il parco circostante, con prati degradanti
tenuti all’inglese e il giardino terrazzato nella parte anteriore, con
balaustra ornata di statue femminili di fine Seicento, fra le più antiche
della Brianza. Rivolto a nord l’ingresso con cancellata in ferro battuto,
sostenuta da due pilastri con in cima statue del Seicento. La villa
mantiene l’aspetto del vecchio palazzo di campagna, con le
finestre incorniciate e arricchite da balconcini in ferro lavorato.
La facciata a sud, semplice con regolare sequenza di finestre con
cornici, ha un balcone centrale con ringhiera in ferro battuto e si apre
sul vasto giardino terrazzato con siepi di bosso, cipressi e carpini
centenari; da questo punto si gode di ampia veduta su Montevecchia,
le colline di Monte sopra Perego e il Campanone della Brianza. Dalla
balaustra, scendendo pochi gradini e girando a sinistra, si può tornare
al viale d’ingresso.
Il pittore Emilio Gola nei suoi quadri ad olio, stile naturalismo
lombardo, riprese particolari della villa come la facciata est
impreziosita dalle roseto, il viale delle ortensie, il famoso cipresso
isolato e il giardino.
Chiesa di S.Biagio
MONDONICO
Nei primi decenni del 1500 la Lombardia fu travagliata da guerre
tra francesi, spagnoli, seguaci dei duchi Sforza e dei signorotti locali
come, in Brianza, il tiranno Gian Giacomo Medici detto il “Medeghino”.
Si ebbe la pace con il governo di Francesco II Sforza ma sotto la
concessione del re di Spagna e imperatore Carlo V.
In Brianza la vita poté riprendere grazie all’opera tenace della sua
gente e ne è un esempio la costruzione della chiesa della comunità
di Mondonico: 1535 è la data incisa presso la porta laterale.
Intorno all’anno 1564 abbiamo testimonianza che i fedeli potevano
ammirare le pareti attorno all’altare tutte dipinte. Le pitture murali di
grandi dimensioni aiutavano i fedeli, che non sapevano leggere, a
conoscere episodi delle sacre scritture e della vita dei santi. Durante
le visite pastorali, vide gli affreschi il card. Carlo Borromeo, poi
proclamato santo, e il card. Federico Borromeo nel 1610.
Poi eventi sciagurati avvennero nel nostro territorio, come la calata dei
lanzichenecchi nel 1629, che passarono lungo la strada che segue
l’Adda per andare alla guerra e si lasciarono dietro alcuni soldati
morti di peste bubbonica. La povertà e la scarsa pulizia favorirono la
diffusione dell’epidemia. Le autorità di sanità ordinarono provvedimenti
per limitare il contagio e i malati furono isolati nei lazzaretti, dove
morivano ed erano sotterrati in fosse comuni. Era necessario bruciare
gli indumenti della gente infetta e, per disinfezione, imbiancare con
la calce le pareti delle case e delle chiese. A Mondonico la peste
durò a lungo, fino al novembre del 1630: le campagne rimasero
abbandonate, la gente sopravvissuta era allo sbando e gli affreschi
coperti furono dimenticati.
Nel 1700 sulle pareti della chiesa si sovrappose un altro intonaco e
l’altare dedicato alla Madonna fu ricostruito in forma monumentale,
con una statua collocata nella nicchia. Solo ai nostri giorni l’esigenza
di ristrutturare l’edificio ha permesso di riportare alla luce gli affreschi
dimenticati.
Chiesa S.S. Rocco e Sebastiano
MONTICELLO
Questa chiesa fu benedetta nel 1919, dopo i difficili anni della I
Guerra Mondiale, con la collaborazione delle famiglie notabili e dei
fedeli locali, che offrirono i finanziamenti e la fatica del loro lavoro.
La scritta con i nomi dei due santi ai quali è dedicata la chiesa sta
sopra il portale, e sottolinea la devozione dei nostri avi verso i Santi
Rocco e Sebastiano, protettori contro la peste e le frequenti
epidemie mortali dei secoli passati. San Rocco, tuttavia, è protettore
dei viandanti e la dedicazione originaria della chiesa a questo santo
(San Sebastiano compare nel Settecento) potrebbe essere legata
al fatto che da Monticello (nucleo già citato nel 1346), dal Medioevo
sino ai primi del Novecento, passava la strada principale da Bergamo
verso Como. Tale strada ha il
nome di “via della Salute”
e ricorda la protezione che
i fedeli chiedevano alla
Madonna della Salute, poi
Madonna della Grazie, dipinta
nella precedente chiesa di
San Rocco, come si legge nei
verbali della visita pastorale
fatta dall’arcivescovo di Milano
card. Federico Borromeo, nel
1610.
Quella precedente chiesa, la
cui prima citazione risale al
1524: “cappellae s.ti Rochi
in loco de Montesello”, venne
demolita nel 1920, ed esisteva
appoggiata a un lato della villa
Gerli, il cui portale d’ingresso
è ancora visibile sulla stessa via al n. 12. Fino ai tempi di San Carlo
(1570) la via della Salute divideva Monticello in due, le case a
est nella pieve di Brivio, quelle a a ovest nella pieve di Missaglia.
All’interno e sul pavimento della chiesa, le lapidi che ricordano mons.
Federico Sala e mons. Pietro Mozzanica (zio e nipote), vescovi ausiliari
di Milano; il primo influente teologo e cofondatore del Seminario del
Duomo, il secondo fautore della costruzione e primo cappellano di
questa chiesa. Ancora oggi anziani e adulti di Monticello venerano la
figura di don Giuseppe Scotti, cappellano per ben 41 anni, dal 1929
al 1970, chiamato “ul prét de Muntisèl” e ritenuto in fama di santità
per la sua vita di umiltà e disponibilità verso la gente.
Villa Maria alla Squadra
MONDONICO
IIl borgo di Mondonico
si sviluppa lungo la via
Emilio Gola ai piedi della
collina di San Genesio,
la parte più a sud del
Monte di Brianza.
Salendo da Olgiate Molgora si offre alla vista un ambiente pittoresco
con la chiesa di San Biagio in primo piano su una collinetta, poi a
destra il gruppo di case detto la Squadra. Nei decreti del 1400 dei
duchi di Milano erano elencati come Squadra i nuclei abitati da un
parentado fedele ai duchi. Qui era la Squadra dei Bonfanti, famiglia
di possidenti cui si deve la costruzione della chiesetta nel 1535 e della
prima residenza padronale che poi è stata trasformata in villa.
Nel periodo della dominazione spagnola, era l’anno 1648, Mondonico
veniva venduto come feudo al conte Claudio Giussani. Alla morte del
conte Giussani, senza eredi maschi, la Spagna rimetteva in vendita
all’asta un borgo più grande che, nel 1684, era assegnato a don
Antonio Maria Erba col titolo di marchese di Mondonico. I marchesi
Erba iniziarono la costruzione della residenza di campagna
inglobando gli edifici del nucleo medievale della Squadra e lasciando
un ampio spazio per il paesaggistico giardino che occupa tutta la
radura in discesa verso sud.
Verso la fine del 1700, la proprietà passò alla famiglia Rho e dalla
modifica delle costruzioni si giunse all’attuale conformazione a
“U” di villa rurale, con lo scenografico porticato, il cortile di fronte
alla strada e l’elegante facciata su colonne binate di granito con
finestre. L’alta finestra centrale è sovrastata da un elaborato orologio
incorniciato da modanature, che dona un effetto monumentale.
Nel 1802 la proprietà passò alla famiglia Secco d’Aragona e nella
registrazione al catasto prese l’attuale nome di Villa Maria. Seguirono
passaggi di proprietà ad altre famiglie fino all’attuale proprietaria.
Villa Guzzoni e chiesa
S.S. Pietro e Paolo
BEOLCO
Villa Guzzoni, in cima alla collina di Beolco, occupa un antico
insediamento storicamente abitato già all’epoca dei Romani. Nel
giardino, dal quale si domina il territorio circostante, è stata trovata
un’ara pagana scolpita in un blocco di granito senza iscrizione
dedicatoria. Al centro vi è scavata una nicchia e per questo si presume
che fosse un’ara funeraria, cioè dedicata ai numi protettori della
famiglia. Il lato sud del giardino è occupato dalla chiesa, oggi dedicata
a San Pietro, che nel corso dei secoli è stata più volte restaurata.
Conserva come originaria in stile romanico la zona dell’abside:
la parete semicircolare è data in basso dalla sovrapposizione di
pietre squadrate di granito mentre in alto di pietra arenaria, la pietra
“molera” della Brianza.
Presenta tre strette monofore con strombature impreziosite da cinque
archetti e colonnine con capitelli in parte decorati con stilizzate
mascherine di uomo. Ai fianchi della monofora sud vi sono sculture
a bassorilievo che, seppur logorate dal tempo, mostrano a sinistra un
quadrupede e a destra un pesce.
All’interno della chiesa sono murate tre parti di una lapide, quali
avanzi della pietra tombale di due nobili longobardi: essi sono
i fratelli Grauso e Aldo, identificati nei famosi personaggi citati
da Paolo Diacono nella “Storia dei Longobardi”. I due guerrieri
furono protagonisti nelle battaglie per la successione al trono dei re
longobardi e poi uccisi nelle
faide tra le fazioni avversarie.
Le notizie documentate più
antiche risalgono a Ferlinda,
figlia di Bertarido (famiglia
vivente secondo la legge
longobarda) che, rimasta
vedova nell’anno 975 del conte
Attone di Lecco, avrebbe fatto
riedificare questa chiesa nel
castello “de loco Bevulco”.
Ferlinda dotò la chiesa di beni
per il mantenimento del clero
canonico e la pose sotto la
protezione di San Pietro, cioè
sotto la giurisdizione del papa.
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Beolco: VILLA GUZZONI e la CHIESA S.S. PIETRO E PAOLO
Monticello: CHIESA S.S. ROCCO
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Mondonico: CHIESA di S.BIAGIO
Mondonico: VILLA MARIA
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Olgiate Molgora
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della valle del Molgora, tra ville e chiese.
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BRIANZA
A nord di Olgiate Molgora vi è il Monte di Brianza. Durante
l’epoca del dominio dei Visconti e degli Sforza (dal sec. XIV al
XVI) le Comunità del Monte di Brianza godevano di esenzioni e
privilegi fiscali avuti in premio della loro fedeltà ai duchi di Milano:
tale condizione favorì lo sviluppo economico dei paesi della Brianza.
Oggi sono ancora apprezzabili bellezze naturali e ambientali di questo
territorio collinare, che è tutelato dai comuni che stanno costituendo il
Parco Locale del Monte di Brianza. Nella parte più alta si vede l’eremo
di San Genesio, dove il bianco della chiesa e delle celle dei frati che
lo abitavano contrasta con il colore scuro delle piante dei boschi.
Ai piedi del Monte vi è la frazione di Mondonico nella quale si trova la
piazzetta della Squadra: la Pro Loco di Olgiate e il Club Alpino Italiano
vi hanno collocato la tavola dei sentieri con indicati gli itinerari per
raggiungere le località sul Monte o per la sua traversata scendendo
poi dal versante nord. Sulla tavola sono indicati i tempi del percorso e
i luoghi con sorgenti o fontanelle d’acqua. Tra le mete principali mete
citiamo l’antico nucleo di Campsirago, oggi sede di Residenza
Teatrale del Monte di Brianza che allestisce rappresentazioni di
teatro popolare all’aperto e spettacoli del Teatro Scarlattine di Lecco.
PRO LOCO OLGIATE MOLGORA
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Comune di Olgiate Molgora
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Altre mete sono il Santuario della Madonna del Sasso (presso
Cagliano), l’eremo di San Genesio (832 m) e la cima del Crocione
(889 m). Verso est il nucleo di Monastirolo e la cima Crosaccia (723
m). Lungo i sentieri e dalle cime si hanno belle vedute panoramiche
verso il Lecchese, il Bergamasco e la Brianza. Lungo la mulattiera
che sale verso Campsirago, adiacente al fosso di un affluente del
torrente Molgora, spiccano in evidenza le cascine Caglianelli e gli
edifici detti “del Casino”, con la chiesa dedicata al Santo Crocifisso.
Gli edifici furono costruiti agli inizi del 1700 e la proprietà era di un
Canonico di Monza, per poi passare ai Padri Gesuiti di Monza,
quindi alla famiglia Rho proprietaria anche della Villa alla Squadra.
Con il patrocinio