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I fondamentalisti moderni
LIBANO
Hezbollah apre a una soluzione politica interna che superi il confessionalismo, che da sempre divide e segna le vicende del Paese. Analizza la crisi europea con accenti anticapitalisti che riecheggiano le rivendi-
neutrale in merito alla guerra civile in atto in Siria.
di Antonio Picasso
int Jbeil (Sud del Libano). «Abu Hadi! Abu Hadi!» La
piazza reclama il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, con un appellativo familiare che significa il padre di
Hadi, in memoria del primogenito morto in combattimento nel settembre 1997. C’è tutta Bint Jbeil sulla spianata. Il sole scalda le teste e gli animi di decine di migliaia di persone. È il 25 maggio 2012. Dodici anni fa Tsahal,
l’esercito israeliano, il più forte di tutto il Medio Oriente,
si ritirava dalla regione: la resistenza sciita aveva vinto.
Oggi, nel giorno della commemorazione, è ancora Israele il target di Nasrallah. Due ore, forse di più, di discorso
ininterrotto, trasmesso da due megaschermi. Lui non è
presente fisicamente: parla da una località sconosciuta.
Ad eccitare la folla bastano la sua immagine e le sue parole. «Ma ti rendi conto? Centomila persone che ascoltano
un solo uomo che parla in video. Pensa quanti sarebbero
se fosse veramente qui». La mia guida, un giornalista libanese di fede sciita, non ha la tessera del Partito di Dio,
ma è emozionata come tutti gli altri partecipanti di fronte alla messa in scena della forza di Hezbollah. Centomila persone ascoltano il sermone in silenzio assoluto.
Le pause del discorso non sono intervallate né da applausi né ovazioni: quando parla Sayyed non ci si scompone, si sta zitti. La spianata è una distesa di bandiere
gialle – il colore del partito, il colore della generosità secondo la simbologia islamica. Poche, viceversa, quelle
verdi di Amal. L’altro movimento sciita, un tempo dominante nel Libano del Sud, ormai è ridotto a mera comparsa. Molte sono le ragioni per cui ultimamente è andato
progressivamente perdendo il suo potere: gerontocrazia,
corruzione, poca presa sull’opinione pubblica e milizie
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scadenti, ma soprattutto un’aderenza alla Shia che Hezbollah fa invece sempre meno sua. «Perché dobbiamo superare le divisioni confessionali», dice Nasrallah, proprio il leader libanese che incarna nella maniera più evidente la commistione tra politica e religione. Eppure, con
la barba ben curata e l’anello di Ali, Nasrallah propone di
andare oltre il confessionalismo e di riformare la costituzione. Il leader di Hezbollah ha in mente una Legge fondamentale ispirata al laicismo. Per il Paese sarebbe la
svolta. Verrebbero cancellati quei vincoli istituzionali, retaggio del dominio francese che risale alla prima metà del
secolo scorso. Per legge, infatti, ai cristiani libanesi – ma-
a crisi finanziaria si fa sentire anche a Beirut, con la
differenza che qui si pretende di esserne immuni.
«Forse con l’elezione di Hollande in Francia vi si schiude qualche opportunità», conclude al Moussawi. Eppure, Eliseo a guida gollista o socialista che sia, l’obiettivo
francese rimane quello di eliminare il presidente siriano
Assad. Con prevedibili ripercussioni in Libano.
La linea che ha scelto l’intero Paese in merito alla crisi
siriana è quella della neutralità. Viene da pensare che, anche in questo caso, Hezbollah abbia fatto la voce grossa:
se cade Assad, il primo a saltare è proprio il Libano. E allora addio ai buoni propositi di dialogo e riforma costituzionale espressi da Nasrallah.
L’efficiente macchina sciita è sempre pronta a recuperare il passato di resistenza e guerriglia.
Lo si è visto a metà maggio, quando un gruppo di pellegrini diretti in pullman a Najaf, in Iraq, è stato sequestrato da ignoti in Siria. Al diffondersi della notizia i quartieri meridionali di Beirut sono stati scossi da un’ondata
di scontri e proteste. I giovani militanti del Partito di Dio,
i più facinorosi e facili alle mani, hanno cominciato a dare alle fiamme per strada copertoni di automobili e a sparare colpi di kalashnikov in aria.
Quando mi sono trovato bloccato a un check point improvvisato i tratti somatici europei e la macchina fotogra-
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Ap Photo / M. Zaatari
cazioni degli indignados. Ma si mantiene cauto e
Quel che sorprende del Partito di Dio è la meticolosa
preparazione, sia in termini di organizzazione propagandistica che di competenza politica, che spazia da temi di
economia internazionale all’Unione Europea, per arrivare ovviamente anche a Siria e Israele.
Dall’osservatorio libanese, piccola porzione di Medio
Oriente, Hezbollah si è ritagliata negli anni una visione
precisa della politica internazionale. «Nei vostri Paesi il
potere è sequestrato dalla finanza globale», aggiunge
Moussawi. «L’Europa era ricca. All’improvviso vi siete
trovati assediati dai debiti. Vi siete mai chiesti il motivo?
La realtà è che l’euro è al servizio di ambienti finanziari
che hanno sempre nutrito il progetto di distruggere la vostra stessa economia». E ancora: «Fossi italiano, chiederei di uscire dalla moneta unica».
C’è ben poco di arabo nelle riflessioni di questo leader
del Partito di Dio ed ex combattente. Se al Moussawi fosse europeo, troverebbe una facile sponda nei fautori dell’antipolitica, sarebbe al fianco degli indignados o dei dimostranti di Occupy Wall Street.
roniti in primis – è riconosciuto il diritto di nominare il
presidente della repubblica, ai sunniti va la leadership
dell’esecutivo, mentre agli sciiti spetta di esprimere lo
speaker dell’Assemblea nazionale.
Qualora l’auspicio di Nasrallah si avverasse – ora e senza ulteriori strascichi –Hezbollah vincerebbe a mani basse, forte di un sostegno trasversale e aconfessionale.
Il Partito di Dio è un soggetto politico armato. D’altronde, quale partito in Libano non ha le sue milizie? Eppure
Hezbollah è l’unico che si è detto disposto a rinunciarvi
pur di controllare il Paese. Non si può negare una buona
dose di fanatismo, che ispira sia il vertice che la base, oltre che una visione molto rigida della politica interna libanese e di tutto il Medio Oriente. C’è chi la chiama intransigenza. I dirigenti del partito se ne fanno un punto
di onore. «Noi non parliamo con Israele perché sta fuori
dalla legalità internazionale. Dal 1948 a oggi non ha rispettato neanche una delle cinque risoluzione che l’Onu
ha emanato e che lo coinvolgono», dice Ammar al Moussawi, responsabile della politica estera di Hezbollah.
east . rivista europea di geopolitica
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Ap Photo / M. Zaatari
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Un fioraio ascolta un discorso
del leader di Hezbollah Sheik Hassan Nasrallah.
A FRONTE, SOPRA In una foto del 24 maggio 2000,
giovani di Hezbollah festeggiano
il ritiro delle truppe israeliane dal sud del Libano.
le scorgere alti gradi dell’esercito, ma soprattutto leader
religiosi.
Ci sono i drusi, nei loro abiti tradizionali e con i volti
incorniciati da pittoreschi baffoni. Ci sono i cristiani, con
il patriarca maronita, Bechara Boutros Raï, ben lieto di
farsi fotografare insieme agli amici sciiti. È il Libano unito che festeggia la resistenza nazionale. Chi non c’è è
emarginato. È il Libano di Hezbollah.
E nel backstage di questa scenografia festante restano
un arsenale e un apparato militare che suscitano l’invidia di tutte le altre milizie libanesi. «Noi non disarmiamo – dice Nasrallah – perché oltre i muri e le recinzioni,
Israele è pronto a muovere». A Bint Jbeil le parole di Sayyed infiammano la massa. Il vento dolce le porta verso
Sud, oltre la Linea blu, in Israele.
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fica sono stati accolti come una provocazione. In certi casi per un giornalista la curiosità non paga. Solo l’intervento degli uomini della sicurezza di Hezbollah, più anziani e quindi più cauti, ha smorzato la tensione.
La guerra civile siriana ha un carattere anche confessionale. Tra coloro che combattono il regime ci sono frange
estremiste di matrice jihadista-salafita e, molto probabilmente, anche gruppi vicini ad Al Qaeda.
I pellegrini stranieri, soprattutto se sciiti, corrono un
grave rischio addentrandosi nel Paese. «Per questo chiedo alle agenzie che organizzano i viaggi da Beirut a Najaf
di provvedere con voli low cost, anziché costringere i pellegrini a un pericoloso viaggio via terra».
La soluzione proposta da Nasrallah è concreta: offre una
valida alternativa ai fedeli di Ali per non costringerli a interrompere le loro preghiere a causa di accadimenti esterni al Libano e, al contempo, conferma la neutralità del
Paese. «Questo sequestro dovrebbe provocarci – prosegue – ma noi non cediamo al ricatto».
I vessilli gialli si alzano in cielo. Ad accompagnarli applausi, fischi e urla di giubilo. La piazza esplode soggiogata dal carisma del suo Abu Hadi. Le autorità – tutte, senza nessuna distinzione – battono le mani. Tra loro è faci-
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