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Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia Le basi neurobiologiche dei processi cognitivi intrinseci e loro modulazione mediante nuove tecniche di elettrofisiologia non invasiva Relatore: Chiar.mo Prof. Alessandro Rossi Laureanda Giulia Sprugnoli A.A 2014/2015 Dipartimento di Scienze Mediche Chirurgiche e Neuroscienze Dipartimento di Biotecnologie Mediche Dipartimento di Medicina Molecolare e dello Sviluppo Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia Le basi neurobiologiche dei processi cognitivi intrinseci e loro modulazione mediante nuove tecniche di elettrofisiologia non invasiva Relatore: Chiar.mo Prof. Alessandro Rossi Laureanda Giulia Sprugnoli A. A. 2014/2015 2 Alla mia famiglia, che mi ha supportato (e soprattutto sopportato) in questo lungo cammino. 3 INTRODUZIONE ........................................................................................................... 10 Un insight nell’Insight: definizioni ............................................................................. 11 Insight nell’insight: identificare il processo ................................................................ 13 Insight o InsightS?....................................................................................................... 15 Insight-task .................................................................................................................. 16 Insight e creatività ....................................................................................................... 21 REVISIONE DELLA LETTERATURA ........................................................................ 23 Metodi di ricerca ......................................................................................................... 23 RISULTATI DELLA REVISIONE ................................................................................ 25 Asimmetria emisferica ed Insight ............................................................................... 25 Attività oscillatoria durante l’insight problem solving ............................................... 26 Attività oscillatoria durante la preparazione mentale e il resting-state ....................... 28 ERPs (event-related potential) durante l’insight problem solving .............................. 29 Attivazione fMRI e Insight ......................................................................................... 31 Stimolazione elettrica transcranica e Insight............................................................... 33 TMS and insight .......................................................................................................... 35 Conclusioni ................................................................................................................. 36 PARTE SPERIMENTALE: neuropsicologia clinica ...................................................... 39 METODICHE NEUROFISIOLOGICHE E DI NEURO-IMAGING ............................ 39 Elettroencefalografia (EEG)........................................................................................ 39 Risonanza magnetica funzionale (fMRI) .................................................................... 41 Diffusion Tensor Imaging (DTI) ................................................................................. 42 METODICHE DI NEUROSTIMOLAZIONE NON INVASIVA (Non-Invasive Brain Stimulation - NiBS)......................................................................................................... 43 Introduzione ................................................................................................................ 43 Tipi di Stimolazione elettrica transcranica (tES) ........................................................ 44 Meccanismi fisiologici della tES ................................................................................ 48 Usi clinici delle tecniche di tES .................................................................................. 50 Stimolazione magnetica transcranica (TMS) .............................................................. 52 METODICHE DI ANALISI GENETICA ...................................................................... 54 4 MATERIALI E METODI ............................................................................................... 56 Partecipanti .................................................................................................................. 56 MRI ............................................................................................................................. 56 Assessment neurocognitivo ......................................................................................... 56 Insight-task .................................................................................................................. 58 Seduta di Stimolazione elettrica .................................................................................. 59 ANALISI STATISTICA ................................................................................................. 64 RISULTATI .................................................................................................................... 66 tACS ............................................................................................................................ 66 tRNS ............................................................................................................................ 68 fMRI ............................................................................................................................ 70 Clustering e Predizione ............................................................................................... 72 DISCUSSIONE ............................................................................................................... 75 Stimolazione ................................................................................................................ 75 fMRI ............................................................................................................................ 76 Clustering e Predizione ............................................................................................... 77 CONCLUSIONI .............................................................................................................. 79 BIBLIOGRAFIA............................................................................................................. 81 RINGRAZIAMENTI ...................................................................................................... 88 5 La sola cosa realmente di valore è l’Intuizione. A. Einstein La tradizione vuole che la famosissima Teoria della Relatività si delineò una sera nei pensieri di Albert Einstein attraverso un’immagine che fu, per così dire, illuminante: ricordando il suo viaggio in tram a Berna da cui vide l’imponente torre dell’orologio, immaginò che il vagone aumentasse la sua velocità fino a raggiungere quella della luce. Naturalmente comprese subito che l’orologio della torre in quel caso gli sarebbe sembrato immobile e che il suo orologio al polso avrebbe continuato a scandire i secondi normalmente: “La soluzione mi apparve all’improvviso, pensando che i nostri concetti e le nostre leggi sullo spazio e sul tempo possono rivendicare una validità solo nella misura in cui si trovano in chiara relazione con la nostra esperienza.”1 Proprio quest’affascinante processo cognitivo intrinseco -intuizione, illuminazione, o in termini tecnici insight, ritenuto da alcuni scienziati la forma più alta e pura di conoscenza- è tra gli oggetti di ricerca di un grande progetto di studio, condotto dal dipartimento di Neurologia del professor Alessandro Rossi, all’interno del quale s’inserisce questa tesi. Il progetto Apollo prevede una valutazione multimodale di giovani volontari che ha come scopo fondamentale quello di trovare correlazioni tra le performance degli individui cui è somministrata una stimolazione e il loro pattern neurofisiologico basale a riposo. Per fare tutto ciò, è stata messa a punto una fitta rete di collaborazioni a livello sia intraospedaliero che extraospedaliero, grazie alla quale i soggetti possono essere 1 http://www.astronomia.com/2007/05/29/il-dubbio-di-einstein-la-nascita-della-relativita-ristretta/. 6 studiati dal punto di vista genetico, neurofisiologico, neuroradiologico e, infine, con le nuove tecniche di stimolazione magnetica ed elettrica non invasiva. Per prima cosa, essi sono sottoposti a uno studio di risonanza magnetica funzionale e nella stessa seduta svolgono semplici e brevi task su laptop per valutare le funzioni cognitive di base. Quindi, per quanto riguarda l’analisi genetica di alcuni polimorfismi cruciali per la plasticità neuronale e che sembrano avere correlazioni anche con la variabilità di risposta ai diversi tipi di stimolazione, è effettuato un brushing orale che ci permetterà, a raccolta conclusa, di effettuare le analisi di diversi polimorfismi (in primis quello del BDNF), ritenute utili a integrare i dati per le correlazioni delle varie risposte neurofisiologiche. A questo punto, completato l’assessment neurologico di base, i volontari partecipano a sedute di stimolazione magnetica ed elettrica, volte ad aumentare alcune capacità cognitive specifiche (come appunto l’insight, argomento centrale questa di questa tesi) ma anche volte al semplice studio della risposta elettrofisiologica cerebrale del soggetto, cui vengono somministrate stimolazioni elettriche e magnetiche. Le sedute prevedono inoltre una parte iniziale di studio elettroencefalografico ad alta densità (128 canali, per ottenere un EEG resting-state del soggetto) che è stato reso disponibile grazie alla collaborazione della neuropsichiatria di Roma Tor Vergata, tramite il professor Giorgio Di Lorenzo. I processi cognitivi intrinseci hanno da sempre attratto l’attenzione dei ricercatori, vista la loro natura sfuggente e mal delineabile nei confronti della rigorosa valutazione scientifica. Possiamo definire un processo cognitivo intrinseco come un’attivazione neurale inconscia che si verifica indipendentemente e in maniera involontaria rispetto alla coscienza, della quale il soggetto diventa consapevole soltanto nel momento in cui determina una notevole “forza” di attivazione cerebrale. I primi studi che miravano a identificare l’esistenza di processi subconsci, precedenti le azioni volontarie e consapevoli, sono stati condotti a partire dagli anni Sessanta, quando due ricercatori tedeschi scoprirono il bereitschaftpotential, il “potenziale di preparazione” o “potenziale di prontezza”. Altri esperimenti successivamente confermarono questi risultati, registrando il potenziale di prontezza che precedeva la decisione cosciente del soggetto di circa 0,35 secondi, quindi prima dell’insorgenza del potenziale di azione. Come vedremo nel dettaglio, il processo dell’Intuizione, può essere incluso in questa categoria di processi mentali; esso origina, infatti, da 7 un’attivazione cerebrale e riorganizzazione mentale del tutto inconscia e involontaria nel soggetto. Che cos’è quindi questa illuminazione, intuizione o insight? Partendo da una definizione enciclopedica, essa è descritta come la conoscenza raggiunta senza applicare un ragionamento; il termine deriva dal latino intuitio che ha il significato letterale di “osservare dentro”, quindi di comprendere immediatamente qualcosa senza aver bisogno dell'aiuto della ragione. In campo neuroscientifico, il processo d’insight è definito come un’imprevedibile ed improvvisa comprensione, indicata comunemente come il momento “Aha!” o “Eureka!”. Non solo scientificamente, ma anche nel linguaggio comune, è chiara la differenza tra il processo di conoscenza analitica, step by steps, che deriva da un ragionamento logico ben riproducibile e spiegabile dal soggetto stesso e la cosiddetta “illuminazione”, quella conoscenza che giunge in maniera del tutto inaspettata, senza aver fatto un percorso logico riproducibile (perlomeno a livello conscio) e che ci strappa solitamente un’esclamazione tipo “Aha!”. In letteratura, il momento dell’intuizione è spesso associato o incluso in quello molto più ampio di Creatività che, proprio come il concetto di insight, non è stato ancora ben identificato e delineato dal punto di vista neurofisiologico. D’altro canto una miriade di scoperte scientifiche (dal famoso Eureka di Archimede, alla stessa Teoria della Relatività) sembra derivino proprio da intuizioni del tutto improvvise ed inaspettate; questa stretta e frequente associazione tra l’evento dell’intuizione e alcune delle scoperte creative e innovative più importanti della storia umana, non ha di certo facilitato il compito dei neuroscienziati nella definizione e delineazione dei due processi cognitivi. Negli ultimi dieci anni tuttavia, sembrano emergere alcuni dati preliminari che ci permettono se non di definire completamente, perlomeno di inquadrare il processo mentale dell’intuizione dal punto di vista neurofisiologico, come afferma John Kounios, uno dei massimi neuroscienziati esperti di questo settore cognitivo 2 . Con queste premesse, abbiamo ipotizzato che fosse effettivamente possibile testare, con un nostro studio, un protocollo di stimolazione elettrica non invasiva, che potesse incrementare, potenziare o anche solo velocizzare (in una parola: modulare) il processo dell’intuizione. 2 Mente & Cervello, N. 120, anno XII, pag. 26 8 Per creare un protocollo potenzialmente di successo, dovevamo innanzitutto individuare le aree cerebrali implicate nel processo e quindi estrapolare il relativo pattern oscillatorio presente durante il fenomeno Aha! Per cercare di portare alla luce questi dati, è stato essenziale quindi compiere una raccolta ed un’analisi critica degli studi che in letteratura hanno usato metodiche di neuroimaging, neurofisiologiche e di stimolazione elettrica non invasiva per definire e caratterizzare il processo di insight; da questa revisione della letteratura sono stati estrapolati i risultati salienti per quanto riguarda la localizzazione anatomica e la specifica attività cerebrale associata all’intuizione. Tenendo quindi presenti queste evidenze anatomo-fisiologiche emerse dalla letteratura, (che comunque non sono abbondanti né confermate in maniera uniforme nei vari studi), è stato infine progettato l’esperimento di stimolazione elettrica non invasiva volto al potenziamento della capacità di raggiungere l’Aha moment. 9 INTRODUZIONE L’inizio della ricerca scientifica nell’ambito dell’insight problem solving è fatta risalire classicamente ai primi del 1900, quando lo psicologo tedesco Köhler (1920) osservò che gli scimpanzé erano capaci di risolvere problemi improvvisamente, sommando contemporaneamente tutti gli elementi essenziali per trovare la soluzione, piuttosto che usare l’approccio più “tradizionale” del trial and error. Nella sua visione, il processo d’insight rappresentava un aspetto fondamentale dell’organizzazione del pensiero, non soltanto applicabile al problem solving, ma anche all'apprendimento generale.3 Nel corso degli anni diverse teorie, spesso supportate da dati comportamentali, sono state proposte per cercare di delineare questo affascinante e misterioso processo cognitivo, tuttavia nessuna ha raggiunto una definizione conclusiva date le difficoltà tecniche di studio del fenomeno, così improvviso e involontario. Ad oggi tuttavia, visti i recenti ed enormi progressi che si sono avuti in ambito neurofisiologico e di neuroimaging, è nata una nuova era di ricerca per l’insight. Grazie al perfezionamento di tecniche come la risonanza magnetica funzionale e l’elettroencefalografia ad alta risoluzione, sono emersi i primi dati attendibili sulla localizzazione anatomica e sul modello fisiologico su cui si basa l’intuizione. Come possiamo immaginare, questa ricerca è ancora ad una fase iniziale; tra gli stessi neuroscienziati, per esempio, non è stato definito un protocollo di studio standardizzato per quanto riguarda lo studio dell’insight. Tutto ciò ha dato vita, nel corso degli anni, ad esperimenti strutturati e condotti in maniera profondamente diversa l’uno dall’altro, a partire dal tipo di task usato per valutare il fenomeno intuitivo, fino alla specifica capacità studiata in laboratorio ritenuta una forma d’insight. Nel voler condurre uno studio sperimentale di stimolazione elettrica non invasiva volto ad accrescere il fenomeno dell’intuizione, non potevamo prescindere dall’effettuare una revisione della letteratura che ci permettesse di fare chiarezza sui dati emersi fino ad ora e di trovare quelli più significativi su cui costruire il protocollo di stimolazione. 3 http://www.sapere.it/enciclopedia/K%C3%B6hler,+Wolfgang.html/ 10 Un insight nell’Insight: definizioni Lungo tutta la storia dell’umanità ci sono state numerose scoperte scientifiche riconducibili tradizionalmente a episodi d’illuminazione improvvisa, (la scoperta della legge di gravitazione universale di Newton grazie all’episodio della mela caduta in testa, quella della struttura del benzene da parte di Kekulé, le scoperte di Poincarè in ambito matematico), tuttavia quella cui classicamente si fa riferimento come primo episodio di vera intuizione presente nella storia dell’uomo è la scoperta del principio del galleggiamento da parte di Archimede. L’intuizione avvenne del tutto inaspettatamente durante il suo bagno, guardando fuoriuscire l’acqua dalla vasca a causa dell’immersione del suo corpo e si narra che egli ne fu così entusiasta che uscì nudo correndo per le strade e urlando “Eureka!” (in greco, “ho trovato”). Questa descrizione riassume alcune caratteristiche del meccanismo dell’intuizione che saranno in seguito proposte come caratteri fondamentali dagli psicologi appartenenti alla corrente della Gestalt, i primi ad interessarsi del fenomeno. A questo punto occorre precisare quali sono i metodi di problem solving generalmente riconosciuti dai neuropsicologi. Possono esserne definiti tre esattamente: il metodo analitico di ricerca (search), l’insight e il semplice richiamo mnemonico (memory retrieval) (Novick 2003). Il metodo di ricerca analitica è il metodo più comunemente usato nella soluzione di gran parte dei problemi nella vita quotidiana e non, identificato da tre caratteristiche fondamentali: 1) è un metodo di ricerca deliberatamente messo in atto dal soggetto a livello prevalentemente conscio; 2) porta al raggiungimento della soluzione grazie ad un processo step by step, dalla presentazione iniziale del problema alla sua soluzione; 3) ogni passo in avanti verso la soluzione è chiaramente riportabile e motivabile dal soggetto, che riesce quindi a spiegare il raggiungimento della soluzione. Il richiamo mnemonico (memory retrieval) si basa semplicemente sul riportare alla luce informazioni e conoscenze precedentemente apprese, non ristrutturate, per adeguarsi alla soluzione del problema. Alcune volte, tuttavia, la presentazione improvvisa di queste informazioni, consolidate nei circuiti cerebrali ma non immediatamente accessibili alla coscienza, può simulare un Aha moment; dopo 11 un’attenta analisi però emerge come non ci sia stato effettivamente nessun fenomeno di riorganizzazione, elemento essenziale per parlare di insight (Lisa Aziz-Zadeh 2009). Infine abbiamo l’insight process, il momento dell’intuizione improvvisa che stiamo cercando di delineare in questa trattazione. Esso, come iniziamo a capire, è sostanzialmente diverso dai metodi appena descritti. Il momento Eureka può essere definito, in accordo con le teorie succedutesi nel corso degli anni, come un’improvvisa e inaspettata rivelazione della soluzione che si palesa in tutta la sua ovvietà. Il soggetto, al primo approccio con il problema, può incorrere nell’impasse, cioè in un impedimento nella progressione verso la soluzione del problema, che appare insuperabile. Esso inoltre non è capace di spiegare come ha raggiunto la soluzione, ma effettivamente la sua mente ha creato nuove analogie semantiche ed altre associazioni non dominanti che hanno ridefinito il problema, portandolo ad una nuova visione di esso e, conseguentemente, alla soluzione. Secondo questa definizione quindi, il fenomeno dell’insight è considerato un processo mentale articolato, non singolo (Edward M. Bowden 2005), ma non tutti gli scienziati sono concordi nel sostenere questa visione. Valutando cronologicamente le varie teorie succedutesi negli anni, come abbiamo accennato, i primi psicologi ad addentrarsi nel campo misterioso dell’Aha moment sono stati quelli appartenenti alla scuola della Gestalt. Essi ritenevano che l’insight fosse basato sulla ristrutturazione del cuore del problema, processo reso possibile, a livello inconscio, dal ridefinire e riorganizzare i suoi aspetti di base e dal creare perciò una nuova e useful solution. Caratteristicamente il tutto avveniva in maniera assolutamente improvvisa e inaspettata (Kohler 1925). Allo studio della scuola Gestalt, si deve anche l’introduzione dei primi task classicamente usati per la valutazione dell’insight, come il nine dots problem che analizzeremo in dettaglio successivamente. Seguendo questa linea di pensiero, più recentemente, Bowden e Jung-Beeman hanno offerto un’accurata analisi del fenomeno nella review “New approaches to demystifying insight” (Edward M. Bowden 2005). Come avevamo anticipato nella differenziazione dei tre processi di problem solving, essi definiscono l’Aha moment come una chiara e improvvisa soluzione (intuizione) che compare inaspettatamente nella mente del soggetto per problemi cui non era stata ancora trovata una risposta. Molto spesso essa insorge dopo aver superato l’impasse nel momento in cui si formano nuove associazioni tra le caratteristiche del problema le quali, dando vita ad una nuova rappresentazione, 12 permettono di farci oltrepassare il blocco mentale; è implicita l’impossibilità del soggetto di spiegare come ha raggiunto la soluzione. Arrivando ai nostri giorni, infine, gli psicologi Kounios and Beeman hanno ripreso e rielaborato quest’ultima teoria per definire ancora più precisamente la struttura d’essere dell’insight (Beeman 2014) . Essi considerano l’Aha moment come una “qualsiasi improvvisa comprensione, realizzazione, o soluzione di un problema che scaturisce da una riorganizzazione degli elementi, costituenti la rappresentazione mentale del problema nel soggetto stesso, la quale conduce ad una interpretazione non ovvia o non dominante”. Anche in questo caso, il processo è ritenuto inconscio, tuttavia l’impasse non è considerato una caratteristica essenziale e fondamentale dell’insight, in quanto la sua inclusione obbligatoria comporterebbe la necessità di escludere tre tipologie di fenomeno intuitivo: 1) quello che avviene quando non ci stiamo concentrando sul problema; 2) quella che compare quando abbiamo iniziato ad usare il metodo analitico ma non siamo ancora arrivati all’impasse; 3) quell’intuizione che esula da qualsiasi problema fosse stato posto alla nostra attenzione. Inoltre, essi considerano come una caratteristica non essenziale del processo d’insight l’insorgenza improvvisa del sentimento positivo cosciente (la piacevole sorpresa) che accompagna molto spesso l’Aha moment, ma che non è sempre presente. Negli anni perciò, come abbiamo visto, sono state apportate definizioni sempre più ricche in termini di caratteristiche attribuite all’insight per giungere alla sua definizione più completa; ciononostante, il cuore del processo è sempre stato riferito alla creazione di associazioni mentali e alla ristrutturazione del problema in una nuova e più utile visione. Insight nell’insight: identificare il processo Dopo l’analisi delle definizioni succedutesi nel corso degli anni sull’insight, dobbiamo identificare le operazioni mentali ritenute necessarie per sperimentare l’intuizione. Come possiamo aspettarci, vi sono divere teorie diffuse tra i neuroscienziati; MacGregor, Ormerod, e Chronicle sono stati i primi a proporre una teoria che 13 individuasse i punti salienti di questo processo: The Progress Monitoring Theory (2001). Questa teoria è basata sul metodo hill-climbing: il soggetto prova a raggiungere la soluzione partendo dallo stato corrente del problema tenendo presente l’obiettivo e cercando di minimizzare la distanza che lo separa da esso. Quando però giunge al momento dell’impasse, comprende l’inutilità di questo metodo e inizia quindi a cercare un nuovo approccio. In questa visione, se il gap di passaggi richiesti per arrivare alla soluzione partendo dal problema non è profondo, è più probabile che il soggetto arrivi al momento dell’intuizione. Inoltre, essi considerano il fenomeno Eureka come un epifenomeno del meccanismo di problem solving generale e ritengono che i sottoprocessi dell’insight e del metodo analitico siano basati sugli stessi meccanismi neurofisiologici (Jones 2003). Al contrario, Knoblich e colleghi hanno introdotto “The Representational Change Theory” (2001), che ha una visione del processo profondamente diversa dall’ipotesi precedente. Secondo la loro teoria, il soggetto crea una rappresentazione mentale del problema molto riduttiva e ristretta, la quale è costruita e modellata sulle esperienze e conoscenze passate, consolidate nella memoria. Per trovare la soluzione e superare l’impasse, egli deve abbandonare le restrizioni inutili (unnecessary constraints) che ha creato nella sua personale rappresentazione del problema, liberandosi dalle conoscenze passate che automaticamente sono richiamate alla memoria. Infine è necessario decomporre il problema nei suoi elementi essenziali, suddividendolo in perceptual chunks. Questi processi portano a una nuova, creativa e risolutiva rappresentazione del problema. Secondo Knoblich perciò, l’elemento caratterizzante il processo d’insight è la ristrutturazione, coerentemente con le definizioni d’intuizione succedutesi negli anni. Tuttavia, entrambe le teorie hanno ricevuto supporto sperimentale per la loro veridicità; in particolar modo la “Progress Monitoring Theory” si adatta meglio alla risoluzione di problemi che sono multistep, mentre la “Representational Change Theory” spiega in misura maggiore i problemi costituiti da un unico step risolutivo. Infine, anche Bowden e Beeman hanno proposto una particolare successione dei processi mentali che conducono all’insight, molto simile alla teoria di Knoblich. Essi ritengono che i passaggi fondamentali siano costituiti da: 1) una prima forte attivazione di informazioni non correlate con la soluzione e una attivazione debole di altre informazioni che è invece fondamentale e critica nel condurre il soggetto alla soluzione; 14 2) una ristrutturazione e integrazione degli elementi del problema, resa possibile dalla creazione di relazioni nuove e non dominanti per l’individuo nel contesto del problema; 3) per finire, l’emergere a livello conscio di tutto il processo di rielaborazione svoltosi per gran parte inconsciamente. Probabilmente i passaggi del processo identificati da Bowden e Beeman sono quelli più concordanti anche con la definizione d’insight e sembrano effettivamente identificare i punti salienti del processo; sono necessarie, tuttavia, ancora conferme neurofisiologiche per avvalorare definitivamente questa tesi. Insight o InsightS? Un punto focale di discussione in ambito neuroscientifico sull’Aha moment è se esso sia un processo caratteristico solo del meccanismo del problem solving o entri in gioco anche in altri domini cognitivi. Benché la maggioranza dei ricercatori lo consideri limitato al problem solving di alto ordine cognitivo, contrapponendolo al metodo analitico, lo psicologo Bowden ha proposto che esso non sia limitato a questo campo, ma che costituisca un processo generale della cognizione. Bowden lo riconosce infatti anche: 1) nella percezione visiva: quando si ha l’improvviso riconoscimento di un oggetto in una immagine sfocata o ambigua; 2) nella comprensione del linguaggio: quando si comprende improvvisamente una metafora o una battuta. Secondo la sua visione l’insight condivide processi del problem solving generale con il dominio della comprensione del linguaggio e della percezione visiva; infatti, anche in questi due meccanismi dobbiamo estrapolare un’informazione non chiara dal contesto del problema, integrarla con le nostre conoscenze (attraverso un processo inconsapevole) e farla emergere alla coscienza (Edward M. Bowden 2005) . La base per il network di questo processo è stata teorizzata in funzione dell’asimmetria emisferica: l’iniziale attivazione dominante dovrebbe avere luogo nell’emisfero sinistro, autore di una fine attivazione semantica, più specifica, mentre la debole attivazione semantica potrebbe verificarsi nell’emisfero destro, tradizionalmente correlato con un’attivazione semantica grossolana, meno specifica. Più precisamente, Bowden 15 ipotizza che la regione implicata nella riorganizzazione degli elementi del problema possa essere il giro temporale antero-superiore destro, dato che molti studi sulla comprensione del linguaggio mostrano un ruolo fondamentale di questa regione nei task che prevedono una costruzione di relazioni semantiche distanti e poiché in generale sembra più coinvolto nei meccanismi di insight piuttosto che in quelli analitici. Considerando quindi i vari domini cognitivi nei quali tale processo sembra essere implicato (identificazione di stimoli ambigui, giochi di parole, metafore, creazioni artistiche e scientifiche), Bowden e Beeman affermano anche che tutti i tipi di Eureka moment richiedono un comune network neurale e le stesse operazioni mentali (che sono parzialmente condivise anche con il metodo analitico), mostrando tuttavia allo stesso tempo differenze nei pattern neurali tra i vari tipi di insight process, oltre che tra il processo analitico e quello intuitivo. Questa differenziazione ci permetterebbe di parlare non soltanto di un insight process e dei non-insight process, ma anche di identificare i vari sottocampi della cognizione nei quali possiamo sperimentare un’intuizione improvvisa (percezione, comprensione linguistica e, naturalmente, problem solving). La letteratura comunque ad oggi non è concorde nel ritenere che l’Aha moment sia un tipo di problem solving che utilizza network distinti e processi mentali dedicati (Theory of the Special Process), o sia un componente dello stesso problem solving basato sui medesimi meccanismi cognitivi del metodo analitico (Theory of Business as Usual; (Edward M. Bowden 2005). Probabilmente, grazie ai recenti sviluppi delle tecniche di neuroimaging e di quelle neurofisiologiche, sarà possibile fare luce su questo punto oscuro negli anni futuri. Insight-task Come abbiamo già accennato, la scuola Gestalt che per prima si interessò al fenomeno Aha, introdusse anche alcuni dei test (Nine dots problem4), che saranno definiti “classici insight problem” per contrapporli ad altri task creati più recentemente con caratteristiche pressoché opposte rispetto ai primi. I classici insight-problems presentano, infatti, numerose limitazioni e, per ovviare a queste, sono state sviluppate nel corso degli anni altre tipologie di task. Innanzitutto, la strategia di insight problem solving per questi task classici era ipotizzata a priori, 16 ovvero veniva assunto, come dato di fatto, che il soggetto raggiungesse la soluzione attraverso l’intuizione e non con il metodo analitico perché i problemi erano strutturati per condurlo ad utilizzare questo metodo a discapito dell’altro. Naturalmente questa premessa non è confermata da tutti i soggetti (un quarto circa riporta di risolvere questi problemi analiticamente) e tale metodo di valutazione del processo cognitivo è inaccettabile ai fini di una conduzione sperimentale basata sull’evidenza (Edward M. Bowden 2005). Inoltre, essi sono tipicamente molto difficili da risolvere; soltanto una piccola percentuale di soggetti li risolve o trova la soluzione in un intervallo di tempo accettabile e quindi ogni singolo esperimento può prevedere la soluzione e la presentazione di pochi di questi problemi. Infine, sono problemi unici, irripetibili e di tipo visuo-spaziale, indipendenti quindi dalle conoscenze linguistiche del soggetto, ma composti ognuno da diverse caratteristiche di struttura e quindi richiedenti specifiche operazioni mentali, (la risoluzione si basa su un processo generativo-operativo). Ciò limita enormemente la comparazione dei risultati e l’attendibilità dei dati raccolti. I classici insight-problems sono: Nine dot problem (Maier 1931), il Dunker candle task (Abraham 2007) e Eight Coin problem (Öllinger 2013). La seconda categoria di insight-problem include: gli Anagrammi, gli Indovinelli, i Matchstick arithmetic aroblems, i Chinese logogrips, i Rebus puzzle, RAT e le CRA. A differenza dei problemi classici, questi sono basati per la maggior parte sulla comprensione verbale, sono molto più facili e veloci da risolvere quando somministrati al campione di popolazione appropriato linguisticamente e sono disponibili molti più trial per tipologia di problema (ciò è di fondamentale importanza per avere l’affidabilità dei risultati estrapolati). I Rebus Puzzles, creati da Cunningham e MacGregor nel 2006, sono composti da informazioni visive e verbali che devono essere integrate e reinterpretate le une in funzione delle altre per dar vita ad un modo di dire che corrisponda al rebus presentato. In questo tipo di task il soggetto deve attuare una constraints relaxation delle regole grammaticali e di lettura, per ricavare il reale significato dello stimolo visivo composto, (come teorizzato nella Representational Change Theory). I Matchstick arithmetic problems (sviluppati da Knoblich nel 1999) sono equazioni errate scritte in numeri romani con i fiammiferi che non si basano quindi su 17 comprensione verbale e linguistica. Il soggetto può muovere soltanto un fiammifero per rendere l’equazione esatta matematicamente (Knoblich 1999). Gli anagrammi (Novick 2003) e gli indovinelli (Luo J. 2003) sono puri problemi verbali; i Chinese logogriphs sono un tipo particolare d’indovinello, dove la risposta è un altro carattere cinese che indica una frase, un modo di dire, una parola che deve essere trovata sommando, sottraendo o sostituendo un segmento dell’indovinello iniziale, dopo aver compreso il significato nascosto dell’indovinello. Il Mednick’s Remote Associates Test, comunemente chiamato RAT, (Mednick 1962), creato negli anni Sessanta per misurare la capacità del pensiero creativo convergente e spesso per valutare la creatività in generale (Crystal Gibson 2009), è stato usato recentemente anche per misurare l’insight problem solving (Cerruti C. 2009), (Razumnikova 2009). In effetti, è stato dimostrato che la performance nelle RAT correla con lo score nei classici problemi d’insight (Dallob 1993), (Schooler 1995). L’introduzione di questo test ha segnato una profonda rottura nei confronti dello studio dell’insight condotto con i task classici; grazie alle sue caratteristiche innovative, infatti, ha permesso di intraprendere un nuovo tipo di ricerca molto più accurata sul momento Eureka ma, soprattutto, ha ispirato la creazione delle Compound Remote Associates problems (CRA) da parte di Bowden e colleghi, uno dei task attualmente più usati per valutare la capacità d’insight (Edward M. Bowden 2005). Sia nelle CRA che nelle RAT, gli stimoli consistono in tre parole per le quali in soggetto deve trovare una quarta che si relaziona con le altre tre; nelle CRA la soluzione deve formare una parola composta con tutte le altre tre (compound appunto) mentre per le RAT non è necessario. I vantaggi nell’uso di questi task sono dati dalle caratteristiche fondamentali degli stimoli: possono essere risolti in pochi secondi, possono essere presentati in uno spazio visivo ridotto, la soluzione è una singola parola che facilita lo scoring, sono suddivise per difficoltà, gli stimoli sono numerosi, e infine, possono essere risolti sia con il metodo analitico che con insight; questo ci permette di analizzare contemporaneamente i due processi. Tale possibilità ha introdotto una rivoluzione rispetto alle vecchie concezioni di insight-task appunto, dove si riteneva fosse il tipo di problema e la sua struttura a determinare indifferentemente per tutti i soggetti il metodo di risoluzione (analitico o intuitivo). Per differenziare i due metodi di problem solving durante l’esecuzione del task, ai soggetti è fornita una breve spiegazione che li rende capaci di indicare con quale metodo hanno raggiunto ogni risposta fornita. 18 L’attendibilità di questa autovalutazione da parte dei soggetti è stata dimostrata dai differenti pattern a livello comportamentale e nell’attività neurale (Bowden 2003a, Edward M. Bowden 2007). Bowden e Beeman perciò, supportati dalle recenti evidenze di neuroimaging, hanno proposto che la scelta del metodo di risoluzione per questi problemi dipenda dalle caratteristiche individuali neurocognitive del soggetto: chi ha un determinato pattern neurofisiologico sembra essere più predisposto a usare l’insight problem solving. Per riassumere quindi, essi hanno creato le CRA per avere un grande numero di problemi risolvibili velocemente via insight o analiticamente, meno confondenti nella loro presentazione e nella struttura per il soggetto se paragonati alle RAT ed, infine, anche più adatte ad essere risolte tramite metodo analitico rispetto al loro precursore. Infine, ricordiamo come entrambi i task non sono stati usati solo nella valutazione dell’Eureka moment nel corso degli anni, ma anche per analizzare l’attenzione (Rowe 2007), (Wegbreit 2012), il disturbo bipolare e la creatività (Fodor 1999), e gli stati emotivi (Mikulincer 2000). Dai primi del Novecento quindi, grazie ad una parallela evoluzione del concetto di insight, gli scienziati hanno creato una batteria di task molto più standardizzata e appropriata per indagare l’intuizione, la quale ha permesso di considerare oggigiorno l’identificazione del network e dei meccanismi intuitivi, un obiettivo realmente raggiungibile. Figura 1 Esempi di insight task. 19 20 Insight e creatività L’analisi dei task usati per la valutazione dell’intuizione ci introduce all’ultimo punto oscuro dell’interessante, quanto ancora misteriosa, ricerca sull’Aha moment: la definizione del corretto rapporto esistente tra insight e creatività. Come abbiamo appena visto, infatti, benché le RAT siano state create per la valutazione del pensiero convergente creativo, sono divenute anche uno strumento utilizzato nella valutazione dell’intuizione ed hanno ispirato la creazione delle CRA. Questa sovrapposizione dei task (o di task molto simili come CRA e RAT) per lo studio delle capacità di insight e di creatività, solleva una questione importante, cioè se sia possibile considerare il fenomeno dell’intuizione come una componente della creatività umana. Innanzitutto, la creatività può essere definita come la più complessa di tutte le attività umane nonché come il motore dello sviluppo e del progresso in ogni ambito. Più precisamente, essa è la capacità di cambiare modelli preformati di pensiero, conducendo alla creazione di qualcosa estremamente utile, nuovo e generativo (Sternberg RJ 1995). Questa concezione universalmente accettata di creatività potrebbe includere quindi anche l’ultima definizione d’insight: “realizzazione, (…) che scaturisce da una riorganizzazione degli elementi costituenti la rappresentazione mentale del problema nel soggetto, la quale conduce ad una interpretazione non ovvia o non dominante” (Beeman 2014). In effetti, Mednick a suo tempo, descrisse la creatività come l’abilità di utilizzare associazioni remote non dominanti tra gli elementi del problema per scoprire soluzioni non ovvie a un problema posto. L’Aha moment è considerato, secondo alcuni scienziati, uno specifico processo della cognizione creativa, assieme al pensiero divergente e alla creatività artistica (Kanso 2010). Più precisamente, i momenti d’intuizione sono ritenuti componenti della creatività perché moltissimi processi creativi iniziano proprio con un “Eureka!”, come abbiamo accennato per le scoperte scientifiche (Newton, Archimede); tuttavia, l’insight non è certamente implicato in tutte le fasi del pensiero creativo, (come durante la fase della valutazione dell’idea generata) e non è una caratteristica fondamentale ed indispensabile del processo creativo. A conferma della visione dell’intuizione come possibile processo inziale della creatività, è stato visto che i punteggi ottenuti agli insight-problem correlano con quelli ottenuti nei test di pensiero creativo (Edward M. Bowden 2007) e con altre abilità cognitive (identificazione di figure sfocate o 21 sovrapposte, percezione) che non sono invece correlate con i punteggi ottenuti ai test di ragionamento analitico (Edward M. Bowden 2005). Infine, i test usati per l’assessment della creatività e dell’insight non sono così chiaramente e completamente separabili. Molti creativity-task richiedono un pensiero divergente, come nell’Alternate Uses task (il pensiero divergente è definito come l’abilità di generare multiple risposte in relazione ad “problema aperto”, (Guilford 1967); gli insight-task sono basati o soltanto sul pensiero convergente (l’abilità di trovare l’unica soluzione al problema) o su entrambe le tipologie di pensiero (Abraham 2007). Per quanto riguarda le CRA e le RAT, il processo mentale che conduce alla soluzione è suddivisibile in due fasi: nella prima fase è richiesto un pensiero divergente volto a esplorare le connessioni possibili tra le parole fornite, nella seconda invece è necessario un pensiero convergente che conduca il soggetto a una sola parola correlata nei confronti delle altre date. Il pensiero convergente è quindi il primo step da attuare per risolvere questi nuovi insight-task ed è la base del processo creativo; di conseguenza noi riteniamo che sia plausibile considerare l’intuizione come un elemento iniziale del pensiero creativo, non sempre necessario naturalmente, ma che può dare il via ad un processo creativo-generativo manifestandosi inizialmente con questa illuminazione del tutto inaspettata e improvvisa, come è avvenuto, infatti, in moltissime scoperte scientifiche. 22 REVISIONE DELLA LETTERATURA Metodi di ricerca Per costruire l’esperimento di neuromodulazione, come accennato, è stato necessario condurre una ricerca in letteratura allo scopo di trovare le evidenze neurofisiologiche ed anatomiche alla base dell’insight-process. Gli articoli rilevanti sono stati selezionati grazie alla ricerca sui database PubMed e Google Scholar, senza restrizioni temporali. Per trovare gli articoli di nostro interesse sono state inserite nei campi di ricerca queste parole: “functional magnetic resonance imaging”, “electroencephalography”, “magnetoencephalography”, “transcranial magnetic stimulation”, “transcranial direct current stimulation”, “transcranial alternating current stimulation”, “transcranial random noise stimulation” (e i relativi acronimi: rispettivamente TMS, tDCS, tACS, tRNS), combinandole individualmente con le parole chiave correlate all’insight, come: “Insight”, “Insight problem solving”, “Insight divergent thinking”, “Divergent thinking”, “Eureka”, “Aha”, “Aha reaction”, “Aha moment”. Abbiamo escluso volontariamente gli articoli che: trattavano di pazienti con malattie organiche, parlavano d’ideazioni magiche, si focalizzavano solo su studi comportamentali, le review, quelli che non citavano l’insight nel loro abstract a meno che non riportassero l’uso di task come CRA, RAT e indovinelli, ed infine quelli che non riportavano le coordinate di attivazione per la fMRI. La raccolta finale includeva 39 studi, così suddivisi (Figura 2 per i metodi di ricerca, Figura 3 per le percentuali della ricerca, Figura 9 per la tabella riassuntiva sugli studi): • 1 studio di rTMS, • 13di fMRI, • 20 condotti con l’analisi EEG, • 5 di neuromodulazione (tDCS). Per ogni studio sono state selezionate le seguenti informazioni: numero di soggetti inclusi, età media, caratteristiche del disegno sperimentale, specifiche del task usato, risultati principali. Per gli studi fMRI sono stati raccolti i dati relativi alle singole specifiche attivazioni dei foci cerebrali; su di questi è stata condotta un’analisi quantitativa (Activation Likelihood Estimation, ALE) che ha permesso l’identificazione delle regioni cerebrali più comunemente implicate nel fenomeno dell’insight. Per gli 23 studi di tDCS e rTMS sono state quindi selezionate le informazioni sul montaggio specifico e sul setup della stimolazione. Figura 2 La figura indica la metodica di ricerca degli articoli nei due database; inoltre ne sono stati selezionati altri tre attraverso le parole chiave: 1) “tDCS and NINE DOT PROBLEM” (Chi, 2012); 2) “tDCS and RAT” (Cerruti, 2009); 3) “tDCS and USE GENERATION TASK” (Chrysikou, 2013). Figura 2 Risultati relativi alla ricerca condotta su PubMed e Google Scholar (39 studi). 24 RISULTATI DELLA REVISIONE Asimmetria emisferica ed Insight Una buona parte di neuro-ricercatori sostiene che l’asimmetria cerebrale sia la base strutturale e fisiologica per l’insight problem solving (Kanso 2010), con molti studi (Beeman 2014), (Beeman 2000), (Edward M. Bowden 2007) che ipotizzano il ruolo prominente dell’emisfero di destra. Nello specifico, è stato chiamato in causa al giro temporale antero-superiore di destra, visto il suo fondamentale ruolo nella ricerca di associazioni semantiche distanti tra le parole e, in generale, in una più grossolana codifica semantica (Edward M. Bowden 2007). Tuttavia, la nostra analisi della letteratura non supporta interamente questa visione del processo, con una netta lateralizzazione dell’attivazione oscillatoria cerebrale, sia durante la preparazione mentale all’intuizione, sia durante i momenti d’insight. Negli studi di “eventi-insight” (quelli che non affrontano la preparazione mentale all’insight né il resting-state), la maggior parte delle attivazioni sono diffuse a tutto l’encefalo (Figura 5). Soltanto alcuni pattern oscillatori sembrano essere lateralizzati a destra con attività gamma nel lobo temporale e nel frontale, alfa nel parietale e theta nel temporale. Per quanto riguarda invece, l’attivazione dell’emisfero sinistro, possiamo notare, tra i lavori emersi in letteratura, soltanto un potenziamento della coerenza nella banda alfa-1 e beta-1 localizzate ai lobi parietali e temporali di sinistra. Nello studio che valuta la preparazione mentale all’insight, (John Kounios 2006), i risultati mostrano soltanto un generalizzato decremento della potenza di alfa, senza evidenza di nessuna lateralizzazione. Per quanto riguarda l’analisi del resting-state dei soggetti, inconsapevoli sul tipo di task che avrebbero successivamente risolto e, soprattutto, per quelli che mostravano una percentuale maggiore di risoluzione degli anagrammi con insight piuttosto che con il metodo analitico (John Kounios and Jennifer L. Stevenson 2008), è stata rilevata una maggiore lateralizzazione delle attivazioni: gamma e beta power localizzati nel frontale destro, la banda alfa invece presente nel lobo frontale sinistro, e l’attività gamma nel temporale sinistro. Un dato interessante è che molti di questi pattern registrati durante il resting-state dei soggetti si trovano nell’emisfero opposto rispetto a quanto rilevato nelle registrazioni online dell’Aha moment, per esempio un burst di gamma nel temporale sinistro al posto del destro. Dobbiamo comunque precisare che, avendo 25 trovato in letteratura soltanto uno studio sulla preparazione mentale pre-insighted un altro sul resting-state, non possiamo ritenere questi dati definitivi, ma sono necessarie conferme successive. Per concludere, le poche evidenze della letteratura non supportano una visione del processo intuitivo che lo vedrebbe così strettamente limitato all’emisfero destro, notiamo piuttosto una diffusa attivazione cerebrale interemisferica, all’interno della quale si inseriscono pochi pattern di attività oscillatoria specifici dell’emisfero destro. Inoltre, per quanto riguarda il resting-state dei soggetti con “elevato insight”, possiamo rilevare una certa lateralizzazione frontale destra, che però non si presenta negli altri lobi. Figura 3 Attività cerebrale nella preparazione mentale all’insight e durante il resting-state. Attività oscillatoria durante l’insight problem solving L’analisi dell’attività oscillatoria durante la risoluzione di insight-task, richiede di considerare i vari tipi di test usati nei diversi esperimenti dato che ciò può in parte spiegare la variabilità dei dati emersa in letteratura. 26 Le CRA e le RAT sono state usate in quattro su sei studi EEG (Figura 3). Benché le RAT siano state tradizionalmente più usate per la valutazione della creatività, essendo questi due test molto simili tra loro, il processo mentale richiesto per trovare la soluzione è equivalente secondo il nostro punto di vista, quindi possono essere considerati entrambi insight-task. Questi quattro studi mostrano un’importante diminuzione, nel lobo frontale, della potenza in alfa (emisfero destro) e della coerenza (bilateralmente); tuttavia, per quanto riguarda le onde beta, essi riportano risultati opposti (incremento della coerenza bilateralmente) e anche un aumento di theta power (bilateralmente). Complessivamente, questi dati comunque dimostrano un pattern bilaterale di attivazione, con una lateralizzazione destra spiccata solo per la componente alfa. Per ciò che concerne il lobo parietale, gli studi suggeriscono un incremento nella potenza di quasi tutte le frequenze (alfa, theta, gamma) e anche un incremento della coerenza per le bande alfa-1 e beta-1. Come osservato a livello frontale, anche nel parietale sembra emergere un pattern di attivazione bilaterale con una lateralizzazione destra soltanto per quanto riguarda l’aumento dell’alfa power. Per quanto riguarda il lobo temporale, i risultati sono molto meno consistenti poiché ogni studio dimostra un pattern oscillatorio differente: un burst di attività gamma (emisfero destro), un incremento nel theta power (destro), così come un decremento bilaterale della coerenza in alfa, beta, theta e delta (Δ=1.5–3.5 Hz) e, addirittura, risultati opposti per la banda alfa (aumento della coerenza nell’emisfero sinistro). In conclusione comunque, le attivazioni temporali sembrano avere un pattern di localizzazione meno bilaterale, con una predominanza dell’emisfero destro per la banda gamma. Infine, nel lobo occipitale, troviamo un’attivazione completamente diffusa ai due emisferi, anche se gli stessi studi non riportano dati sovrapponibili. Uno studio, infatti, riporta un aumento della potenza in theta e gamma, mentre l’altro una diminuzione della coerenza in alfa. Per concludere, nonostante l’utilizzo di task simili, non si ha un’evidente concordanza di risultati nei vari studi; sono riportati infatti cambiamenti in quasi tutte le frequenze per ogni lobo, bilateralmente o unilateralmente. Nonostante questo, sembra emergere un ruolo più importante per le onde alfa e, forse, anche per le onde gamma, in quanto i risultati più consistenti mostrano una diminuzione dell’alfa (power e coerenza) per il 27 lobo frontale, ed un incremento della potenza in alfa nel lobo parietale destro durante l’insight problem solving. Figura 4 Pattern oscillatorio durante l’insight problem solving. Attività oscillatoria durante la preparazione mentale e il resting-state Come abbiamo in precedenza accennato, in letteratura è presente un solo studio sulla mental preparation all’insight ed un altro sul resting-state dei soggetti con elevato insight problem solving. Essi usano due task verbali: le CRA e gli anagrammi; per quanto riguarda il primo, sappiamo come in questo task sia richiesta una complessa riorganizzazione e creazione di relazioni semantiche tra le parole somministrate, negli anagrammi invece il soggetto deve focalizzarsi sulla parola per cercare di trovare la corretta disposizione delle lettere fornite. In entrambi i casi comunque, è richiesto un processo di ristrutturazione degli elementi forniti. Nello studio sulla preparazione mentale (Figura 4), i risultati dimostrano un decremento della potenza di alfa nel lobo temporale, frontale, parietale che sono tradizionalmente associate al controllo cognitivo e al processamento semantico, per questo gli autori 28 suggeriscono di leggere questo dato come un’attivazione delle aree fondamentali per la codifica semantica. Al contrario, la corteccia occipitale presenta un aumento della potenza in banda alfa, che potrebbe indicare la “defocalizzazione dell’attenzione” verso gli stimoli esterni a favore di una maggiore attenzione introspettiva, a sua volta responsabile nel soggetto con insight del “pensare fuori dagli schemi” (“thinking outside the box”) per trovare la soluzione al problema. Curiosamente, alcuni di questi risultati sono in contrapposizione con quelli emergenti dall’analisi del resting-state nell’altro studio. In quest’ultimo, infatti, si riporta l’incremento della potenza in alfa nel temporale e frontale sinistro assieme ad una diminuzione della stessa onda nei lobi occipitali. È presente un pattern lateralizzato limitato al frontale destro che evidenzia un aumento della potenza nelle bande gamma e beta; nel lobo temporale invece è stato rilevato un incremento bilaterale delle onde beta e alfa (power) con una maggiore ampiezza delle onde gamma (power) limitata però al temporale sinistro. Per quanto riguarda la corteccia parietale, si evidenzia un potenziamento bilaterale del gamma power e destro per la componente beta-3. Infine, il lobo occipitale rivela un incremento del beta-1 power e un decremento della potenza nella banda beta-3. Come possiamo dedurre, il pattern di attività oscillatoria nella mental preparation sembra essere molto diverso, quasi opposto, da quello del restingstate. Nella preparazione all’insight sembrano rilevanti soltanto variazioni dell’attività oscillatoria in banda alfa; per il resting-state invece assumono valore anche le variazioni delle onde beta e gamma, soprattutto a livello del lobo parietale e temporale, che sono anche confermate dagli studi sull’insight moment puro. Naturalmente, nonostante queste prime evidenze sui processi che precedono il vero momento Eureka, sono necessari altri studi che confermino o smentiscano questi iniziali risultati. ERPs (event-related potential) durante l’insight problem solving La letteratura che si occupa dello studio dei potenziali evento-correlati (qualsiasi risposta elettrofisiologica che consegue ad uno stimolo interno o esterno) correlata con l’insight problem solving, è quasi completamente basata sulla risoluzione di Chinese logogriphs (indovinelli). Nel riportare i dati degli studi selezionati, abbiamo fatto 29 riferimento alle dichiarazioni degli autori in quanto, in molti casi, i risultati non erano riportati con chiarezza. La prima evidenza che emerge dalla letteratura (Figura 6), è che le regioni più attivate sono a livello della corteccia parietale e temporale, senza evidenza di lateralizzazione: nel lobo parietale soltanto due studi riportano la predominanza delle onde N400 e P600 nell’emisfero sinistro, mentre per quanto riguarda la regione frontale e temporale ci sono evidenze di alcuni ERPs lateralizzati a destra. In generale, inoltre, possiamo vedere chiaramente come molti potenziali siano rilevati nei siti centrali: [Fz], [Cz], [Pz]. Considerando gli ERPs emersi nei lobi frontali, un ruolo di primo piano lo assume l’onda N400, in quanto si presenta aumentata (maggiore negatività) in 5 studi, mentre soltanto uno riporta il suo decremento. Essendo stata registrata nei vari studi bilateralmente o nelle singole regioni destre e sinistre, la N400 non sembra presentare predominanza emisferica. Passando alla P200 questa è riportata in un singolo studio con un interessamento esclusivamente frontale in entrambi gli emisferi. La P300 è stata invece riportata a livello centrale in forma sia aumentata che diminuita, ma soltanto in due studi. Inoltre, due registrazioni possono essere interpretate come aumenti della P600 con una localizzazione generalizzata. Infine, accanto a questi pattern di ERPs più definiti, vi sono deflessioni più tardive, come la N1500-2500, che tuttavia, sono molto meno consistenti. Per il lobo parietale è segnalata una sola volta l’onda N100 nelle regioni centrali; 4 studi sono concordi nel riportare un incremento della N400 sempre a livello mediano. Sono stati registrati quindi incrementi nelle deflessioni positive più tardive (P200-600; P350650; P300-800) con un pattern bilaterale e centrale, tranne la P500-700 con una registrazione limitata all’emisfero sinistro. Altre deflessioni positive (che aumentano durante l’insight problem solving) sono state registrate nei tempi di latenza successivi, soltanto un’onda negativa è stata riportata e tutte presentano un pattern bilaterale. Il lobo temporale che sembra essere coinvolto in misura maggiore è quello di destra, tuttavia i pochi dati riportano comunque un incremento della N400 bilateralmente. Una menzione a parte per l’onda destra P400-0 ms prima della risoluzione dell’indovinello, che si accompagna con una N400-0 a livello frontale sinistro. Infine, nella corteccia occipitale possiamo notare un incremento della N400 bilateralmente e di altre deflessioni positive più tardive (P200-600; P300-800). 30 In conclusione, la N400 sembra una delle onde più implicate per il fenomeno insight nell’intero encefalo, confermata dalla maggior parte degli studi sugli ERPs disponibili in letteratura, assieme alle deflessioni positive P300 e P400. C’è una discreta concordanza negli studi per quanto riguarda le variazioni degli ERPs, tuttavia la localizzazione sembra essere molto approssimativa, le regioni centrali sembrano comunque avere un ruolo di primo piano nell’Eureka moment. Figura 5 Variazioni degli ERPs durante l’insight problem solving. Attivazione fMRI e Insight La valutazione quantitativa dei pattern spaziali di attivazioni pubblicati sull’insight problem solving è stata analizzata con la tecnica ALE (activation likelihood estimate) grazie al GingerAle software v2.3.2 (www.brainmap.org). Questo metodo permette di creare una mappa statistica indicante i voxel di encefalo che risultano attivati in misura maggiore di quanto lo sarebbero per un’attivazione casuale. 31 Cluster number Volume (mm^3) Weighted Center x 1 2112 y -44.6 3.96 Extrema Value and Localization z 29.38 Brodmann Area Hemisphere Lobe Gyrus/Region Left Frontal Precentral Gyrus Left Frontal Precentral Gyrus Left Temporal Middle Temporal Gyrus BA 31 Left Occipital Precuneus BA 6 Right Frontal Superior Frontal Gyrus BA 32 Left x y z 0.0202 -42 2 28 BA 6 0.0190 -50 6 28 BA 6 0.0193 -30 -62 32 BA 39 0.0175 -26 -70 30 0.0195 6 14 50 2 1728 -28.5 -65.4 31.45 3 1608 3.59 14.64 45.72 0.0145 0 12 40 4 1384 -33.4 17.68 -2.27 0.0281 -34 18 -2 Left Sublobar Claustrum 5 976 -49.1 -58.3 -3.19 0.0189 -50 -56 -2 BA 37 Left Temporal Middle Temporal Gyrus 0.0155 -48 -66 -6 BA 37 Left Occipital Middle Occipital Gyrus 6 440 -5.33 -79.8 -32.55 0.0165 -6 -80 -32 Left Cerebellum Uvula 7 440 -27.1 -0.93 55.99 0.0155 -26 0 56 BA 6 Left Frontal Precentral Gyrus 8 368 39.29 7.35 13.77 0.0124 38 8 14 BA 13 Right Subcortical Insula 0.0111 44 2 16 BA 13 Right Subcortical Insula Limbic Cingulate Gyrus 9 328 -39.3 12.46 10.63 0.0146 -38 12 10 BA 13 Left Subcortical Insula 10 328 26.97 47.44 0.0147 26 -70 48 BA 7 Right Parietal Precuneus 11 312 52.13 -56.1 -9.21 0.0141 52 -56 -10 BA 37 Right Temporal Fusiform Gyrus -69 Figura 6 Risultati del metodo di analisi ALE. Figura 7 Attivazioni fMRI correlate all’insight e sovrapposizione con altri network. La metanalisi quantitativa sui dati fMRI evidenzia un network di regioni cerebrali che include: la corteccia cingolata anteriore, il lobo parietale e prefrontale sinistro, regioni bilaterali temporo-occipitali, l’insula e il giro mediale temporale sinistro. Visto il ruolo funzionale di queste regioni riportato in letteratura, che le vede coinvolte prevalentemente nelle funzioni esecutive e nel processo di ragionamento astratto, è stata condotta anche un’analisi della sovrapposizione tra la mappa insight e i network resting-state fMRI attivati in altri processi mentali. Da questo confronto è risultata una condivisione di aree cerebrali con il network della salienza anteriore e quello delle funzioni esecutive sinistre. 32 Stimolazione elettrica transcranica e Insight Per quanto riguarda l’utilizzo della stimolazione elettrica non invasiva nella modulazione dell’insight problem solving, dalla ricerca in letteratura sono emersi tre studi (Carlo Cerruti 2009), (Nili Metuki 2012) (Evangelia G. Chrysikou 2013) che hanno utilizzato la tDCS posizionata sopra la corteccia prefrontale e due (Richard P. Chi 2011), (Richard P. Chi 2012) che hanno optato per un montaggio a livello temporale. Nelle modulazioni del prefrontale sono state usate: le CRA per uno studio, quindi le RAT ed infine Uncommon uses task (Figura 9). Negli studi sul temporale invece, sono stati usati il Nine dot problem ed il Matchstick problems come test di valutazione del miglioramento della capacità di insight. In entrambi gli studi la tDCS anodale è applicata al lobo temporale anteriore destro ed il catodo al lobo controlaterale (L-R+); ciò ha dimostrato un incremento della percentuale di risoluzione del task da parte dei partecipanti, al contrario della stimolazione sham o di quella con disposizione opposta degli elettrodi (L+R-). In Chi et al. 2011, soltanto il 20% dei soggetti ha risolto i matchstick problems (la tipologia 2, più difficile) con la stimolazione sham, ma la percentuale è salita al 60% dopo aver somministrato cinque minuti di tDCS (effetto registrato online, durante la stimolazione). I Matchstick problems di tipo 3, più facili rispetto al tipo 2, sono stati risolti dal 45% dei soggetti con la stimolazione sham, mentre sotto stimolazione (L- R+) la percentuale è quasi raddoppiata, arrivando all’85%. Nell’altro studio con tDCS applicata sul temporale, nessuno dei partecipanti è riuscito a risolvere il task con la stimolazione sham, mentre il 40% ha trovato la soluzione durante o dopo i tre minuti di stimolazione L- R+ (Richard P. Chi 2012). Dobbiamo ribadire, tuttavia, che il Nine dot problem è un singolo problema non ripetibile, all-in-one; questo limita di molto l’attendibilità dei risultati. Il primo studio che ha applicato la tDCS alla corteccia prefrontale per facilitare l’insorgenza dell’insight è stato quello di Cerruti et al. 2009. Sono stati condotti due esperimenti per la precisione: nel primo è stato dimostrato che la stimolazione anodale sulla corteccia prefrontale dorsolaterale di sinistra incrementava il punteggio raggiunto nelle RAT, al contrario della stimolazione sham e la catodale applicata sullo stesso sito, le quali non hanno dimostrato avere effetti sulla performance. Conseguentemente, nell’esperimento successivo, è stato deciso di testare gli effetti della stimolazione anodale sulla corteccia prefrontale dorsolaterale di destra, ma i risultati hanno 33 confermato l’incremento del punteggio soltanto per l’applicazione della tDCS sulla corteccia di sinistra (gli elettrodi di riferimento erano posti sulla regione sovraorbitale controlaterale al sito di stimolazione, in entrambi gli esperimenti). Dopo questo primo studio, in quello di Metuki del 2012 è stato confermato l’effetto positivo della tDCS anodale sopra la corteccia prefrontale di sinistra nel task delle CRA, comparata con la stimolazione sham. Dobbiamo però sottolineare che il miglioramento nella performance dei soggetti non è relativo al numero di risposte totali corrette fornite, che non si è modificato con la stimolazione (i partecipanti avevano un tempo massimo di 7 secondi soltanto per risolvere ogni trial), ma corrisponde ad un incremento di risposte corrette nel riconoscimento della soluzione dopo lo scadere dei 7 secondi (una parola veniva presentata come soluzione e il soggetto doveva decidere se fosse o meno la soluzione al problema precedente). Tra l’altro, il miglioramento sembrava dipendere dallo stato motivazionale ed emozionale del soggetto che si apprestava a sottoporsi al test. Infine, Chrysikou nel 2013 ha applicato la tDCS catodale sia sopra la corteccia prefrontale di destra che di sinistra, comparata alla sham e alla stimolazione della corteccia destra, nel task degli Uses generation test. I risultati riportavano che soltanto la stimolazione catodale sulla corteccia prefrontale di sinistra induceva un miglioramento della performance, aumentando il numero delle risposte date per gli usi alternativi e la relativa velocità di risposta. Come abbiamo visto, non sono disponibili in letteratura molti studi di stimolazione applicati al campo dell’insight e fino ad ora si sono registrati solo studi che usano la stimolazione a corrente diretta (tDCS). Nei due studi che hanno stimolato le regioni temporali, i risultati sono concordanti con un effettivo miglioramento della performance per il protocollo L-R+. Per le stimolazioni prefrontali invece, i risultati sono discordanti, riportando miglioramenti sia per una stimolazione anodale che catodale della corteccia prefrontale sinistra; tuttavia sembra essere più accreditato un effetto positivo della stimolazione anodale sulla corteccia prefrontale sinistra, considerando inoltre che il task degli usi alternativi non è un vero insight-full task, bensì un test usato in maniera più appropriata per valutare la capacità creativa dei soggetti, attraverso l’uso del pensiero divergente puro. 34 TMS and insight È stato trovato in letteratura soltanto uno studio di TMS, in particolar modo di rTMS che valutasse l’effetto sulla capacità d’insight (Figura 9). Il task su cui si basa lo studio permette la valutazione della performance intuitiva applicabile nel campo della percezione: il soggetto doveva, infatti, riconoscere immagini degradate (immagini twotone, black and white), ricevendo la stimolazione magnetica al vertice, alla corteccia prefrontale laterale ed una sham. I risultati hanno dimostrato che la rTMS sulla corteccia prefrontale laterale sia destra che sinistra ha diminuito la percentuale di riconoscimento delle “immagini binarie” soltanto a 30 minuti dalla learning phase (in cui era mostrata l’immagine non degradata). In questo specifico campo di insight quindi, in ambito percettivo, non sembra avvalorato il maggior contributo dell’area prefrontale laterale di sinistra rispetto a quella di destra, ma entrambe sembrano entrare in gioco in modo importante nel riconoscimento di immagini degradate. Figura 8 Stimolazione cerebrale non invasiva (NiBS) applicata all’insight problem solving 35 Conclusioni L’analisi dei 39 studi presenti in letteratura ha rivelato una situazione molto più complessa di quella teorizzata da alcuni studiosi. Innanzitutto, per quanto riguarda gli studi EEG, non è presente una lateralizzazione del fenomeno insight nell’emisfero di destra così evidente come era stato ipotizzato da molti neuroricercatori. Vi sono alcuni dati di specifici burst a livello destro che potrebbero influire sull’insight problem solving in maniera determinante, tuttavia, non essendo supportate da una grande quantità di studi, questi dati non ci permettono ad oggi di definire l’Eureka moment un processo a localizzazione esclusivamente destra. Il coinvolgimento dell’emisfero di sinistra risulta inoltre prominente analizzando le mappe quantitative fMRI emerse dalla letteratura. Anche dal punto di vista di attività oscillatoria cerebrale identificata durante gli eventi insight, non vi è una concordanza marcata tra gli studi. Visti questi risultati multiformi e poco chiarificatori, abbiamo deciso di creare un protocollo di neuromodulazione basandoci sulle evidenze più forti ricavabili nei vari studi. Per prima cosa, sono state selezionate come aree target quelle emerse dalle registrazioni EEG condotte da Beeman e colleghi (parietale e temporale destro, P4 e T8), alle quali erano stati anche associati precisi pattern di attività oscillatoria (il parietale sembra attivarsi precocemente su frequenze alfa, mentre il temporale scarica nel momento dell’illuminazione con una banda gamma, come riportato in Figura 10, (Mark Jung-Beeman 2004). Questo modello di attivazione insight-correlata non è supportato dalle evidenze fMRI (a parte altri studi fMRI degli stessi autori), per cui abbiamo scelto di inserire anche le zone rilevanti dell’emisfero sinistro emerse dalla metanalisi dei 13 studi fMRI (frontale e parietale sinistri, F3 e P3) considerando anche che la stimolazione tDCS del frontale induceva effetti positivi nella performance dei soggetti. Grazie a questo protocollo sperimentale basato su più evidenze anatomofisiologiche di insight process, abbiamo realizzato un esperimento di neuromodulazione di ampia portata, con un approccio nettamente più completo rispetto ai cinque studi tDCS precedentemente condotti. Authors Participants Technique Task 36 Luo et al. (2011) 13 (median age 22.4 years) ERPs chinese logogriphs Qiu et al. (2008) Aziz-Zadeh et al. (2009) Dandan et al (2013) Sandkühler et al. (2008) Luo et al. (2004) Qiu et al. (2010) Tian et al. (2011) Jung-Beeman et al. (2004) Kounios et al. (2008) Metuki et al. (2012) 18 (median age 22.3 y.) 12 (median age 26 y.) 16 (median age 22.38 y. ) 21 (median age 26.4 y.) 13 (median age 26.7 y.) 16(median age: 22.6 years) 16 (median age 22.6 y.) EX1:13, EX2:19, (18–29 y.) 26 (median age 22 y.) 21 (median age: 23,1 y.) ERPs fMRI fMRI EEG fMRI fMRI fMRI fMRI + EEG EEG tDCS Chi et al. (2011) 60 (median age: 22 y.) tDCS Chi et al. (2012) Chrysikou et al. (2013) Razumnikova et al. (2007) Luo e Niki (2003) Kounios et al. (2006) part 1 22, aged 19-63 y. 48, (mean age 23.38 y.) 39, aged 17-20 y. 7, aged 20-22 y. 19 tDCS tDCS EEG fMRI EEG chinese logogriphs anagram technical problems CRA ambiguous sentences chinese logogriphs chinese logogriphs CRA anagrams CRA matchstick arithmetic problem nine-dot problem Use generation task RAT riddles CRA Cerruti et al. (2009) EX1:18 subjects (mean age 25.5 years); EX2: 12 new subjects (mean age 25.4) tDCS RAT Lang et al. 2006 Mai et al. 2004 26 (mean age 24 y.) 14 (mean age 22,2 y.) ERPs ERPs Giovannelli et al. 2010 33, (mean age 24.2 y.) rTMS Sheth et al. 2009 Wu et al. 2013 18, (mean age 21.2 y.) 14, age range 19–25 y. EEG ERPs and fMRI Shen et al. 2013 13, age range 23-28 y. ERPs Minami et al. 2014 13, (mean age 24.6 y.) EEG Zhang et al. 2011 12, (mean age 22.3 y.) ERPs Wang et al. 2009 12, (mean age 21,4 y.) ERPs Zhao et al. 2014 Zhao et al. 2013 17, (mean age 23.3 y.) 17, (mean age 23,6 y.) ERPs fMRI Zhao et al. 2011 13, (mean age, 21.9 y.) ERPs Qiu et al. 2006 Xing et al. 2011 Luo et al. 2006 Vartanian et al. 2005 Danko et al. 2003 (communication) 12, (mean age, 21.4 y.) 12, (mean age 23.4 y.) 21, age range 21-35 y. 15, (mean age 26.5 y.) ERPs ERPs fMRI fMRI number reduction task chinese riddles seventy gray-scale images sixteen brainteaser chinese characters chinese riddle problems paired gray and 2-tone images chinese characters chinese logogriphs riddles chinese riddles chinese riddles chinese charactergeneration task chinese logogriphs chinese logogriphs riddles anagram task 30 students EEG RAT Hao et al. 2013 17, (mean age 22.1 y.) fMRI prototypes-solving problems Luo et al. 2013 30, (mean age 23.5 y.) fMRI heuristics prototype Figura 9 Tabella riassuntiva degli studi selezionati in letteratura. 37 Figura 10 Gli eventi temporali registrati nello studio di Beeman et al., 2014 (R: momento di risposta del soggetto per la comparsa dell’illuminazione, linea viola: attività del parietale destro, linea verde: attività del temporale destro). 38 PARTE SPERIMENTALE: neuropsicologia clinica La neuropsicologia è una disciplina delle neuroscienze che studia, grazie a metodologie sperimentali e quantitative, i processi cognitivi e comportamentali correlandoli con i meccanismi anatomofunzionali che ne sottendono il funzionamento. Essa si occupa quindi del rapporto tra mente e cervello. La neuropsicologia clinica invece è una scienza applicata che studia l’espressione comportamentale di una disfunzione cerebrale, che prevede l’integrazione della neurologia, della neuroanatomia, della neurofisiologia, della neurochimica e della psicologia. La valutazione neuropsicologica indaga le funzioni cognitive del paziente sia con l’esecuzione di compiti standardizzati, sia attraverso la somministrazione di prove create specificatamente per esplorare alcune aree cognitive. Essa permette quindi di descrivere il funzionamento cognitivo globale di una persona ed evidenziare i processi eventualmente danneggiati. In prima istanza vengono generalmente somministrati test cartacei psicometrici al paziente che poi viene indirizzato allo studio attraverso le nuove metodiche di imaging (come DTI ed fMRI) e agli strumenti di indagine neurofisiologica (EEG, TMS). 5 METODICHE NEUROFISIOLOGICHE E DI NEUROIMAGING Elettroencefalografia (EEG) L’indagine strumentale del sistema nervoso consta di varie tecniche di neurofisiologia clinica, comprende oltre all’elettroencefalografia, anche le indagini ultrasonografiche (Doppler extra- e trans-cranico) e tecniche di analisi del movimento (actigrafia, studio dei movimenti oculari, analisi del cammino). L’EEG consiste nella registrazione, attraverso lo scalpo integro, dell’attività elettrica spontanea della corteccia cerebrale. Negli esami di routine sono applicati 20 elettrodi metallici a distanze regolari sul cuoio capelluto, secondo lo schema 10-20, rispetto a quattro punti di repere: nasion, inion, punti preauricolari. Le differenze di potenziale tra coppie di elettrodi (derivazioni bipolari) o tra un elettrodo attivo riferito a un elettrodo 5 Il Bergamini di Neurologia, R. Mutani, Edizioni Libreria Cortina, Torino 2012. 39 indifferente (derivazioni monopolari) vengono amplificate in contemporanea da degli amplificatori. Essendo le oscillazioni di potenziale di origine cerebrale di piccola ampiezza (decine di microvolt) molte attività fisiologiche (come contrazioni muscolari e movimenti oculari) e anche esterne possono interferire con la registrazione elettroencefalografica creando artefatti. I potenziali amplificati possono essere registrati su carta, e quindi parleremo di EEG analogico, o su supporto elettromagnetico per l’EEG digitale, oggi metodica preferita. L’EEG è generato dalla corteccia cerebrale, in particolar modo il massimo contributo è dato dai neuroni piramidali. Gli eventi elettrici registrati non sono rappresentati dai potenziali d’azione ma dai potenziali post sinaptici (ricordiamo che ne esistono due tipi: quelli eccitatori o EPSP e quelli inibitori o IPSP). Essi sono generati a livello del soma o dei dendriti, sono eventi graduati piuttosto lenti e suscettibili di sommazione sia spaziale che temporale. Dato che le cellule piramidali sono disposte perpendicolarmente alla superficie corticale, solo i segnali elettrici di queste ultime possono sommarsi e generare vettori dipolari, consentendo la registrazione superficiale. La negatività superficiale si ottiene quando un EPSP che si forma in corrispondenza dei dendriti apicali delle cellule piramidali, (dove si avrà un’abbondanza di sinapsi eccitatorie), da vita a un flusso di corrente diretto verso il soma cellulare, per cui la porzione periferica del dipolo del neurone piramidale diviene negativa (più vicina all’elettrodo registrante). Si visualizza ancora la negatività superficiale quando un IPSP si forma a livello del corpo cellulare. La positività invece si registra quando si generano IPSP sui dendriti apicali o per EPSP sul corpo cellulare. L’EEG normale è caratterizzato da una marcata variabilità in conseguenza della condizione fisiologica del soggetto, in particolare della sua età e vigilanza. Nell’adulto in stato di veglia, la caratteristica principale del tracciato è l’attività alfa, costituita da un ritmo compreso tra 8 e 12 Hz, molto evidente sulle regioni parietooccipitali, soprattutto se il soggetto mantiene gli occhi chiusi. È fisiologica anche la presenza di ritmi beta, più rapidi (tra 13 e i 25 Hz) di minore ampiezza sulle regioni frontali e centrali, e di brevi sequenze più lente (theta, da 4 a 7 Hz) nelle regioni frontali laterali e temporali. Vista l’enorme variabilità interindividuale nell’espressione di questi ritmi, si definisce EEG normale un tracciato provo di elementi patologici (attività critica ed epilettiforme, anomalie lente, anomalie d’ampiezza, quadri periodici, deviazioni dalla norma di pattern normali). 40 L’EEG è uno strumento insostituibile nello studio dell’epilessia e delle encefalopatie diffuse, ormai di limitata utilità invece nello studio delle lesioni cerebrali strutturali la cui diagnosi è resa pressoché immediata dalle moderne tecniche di neuroimaging.6 Risonanza magnetica funzionale (fMRI) La risonanza magnetica funzionale è una metodica che, nell’ambito delle tecniche di risonanza, utilizza il segnale BOLD per mappare le aree cerebrali che si attivano mentre il soggetto svolge un compito motorio, linguistico, cognitivo oppure mentre è in condizioni di totale risposo mentale e fisico (resting-state fMRI). Nel momento in cui sono reclutate (e quindi attivate) aree cerebrali specifiche per l’esecuzione di alcuni compiti, cambia in esse il rapporto fra la quantità di ossiemoglobina rispetto a quella di deossiemoglobina; il segnale BOLD specificatamente si basa sulla quantità di deossiemoglobina che ha proprietà paramagnetiche e che, dopo la ricostruzione delle immagini, permetterà la visualizzazione delle aree attivate. Nella pratica clinica essa è utilizzata nella valutazione prechirurgica per pazienti con tumori cerebrali (per mappare le aree del linguaggio o sensitivo-motorie), nei pazienti con epilessia temporale farmaco-resistente (per mappare le funzioni mnesiche e linguistiche).7 In ambito di ricerca, la fMRI permette di valutare le attivazioni task correlate in pazienti con patologie neurologiche o in soggetti sani per approfondire le conoscenze sul funzionamento delle diverse aree cerebrali e per gli studi sulla plasticità cerebrale conseguente ad una lesione di varia natura. Infine, può anche essere utilizzata come marcatore biologico per follow-up di soggetti con patologie degenerative. Il motivo per cui i nostri soggetti sono stati sottoposti ad uno studio funzionale prima della seduta di stimolazione elettrica riguarda però l’aspetto di resting-state: la fMRI ci permette infatti di rilevare le fluttuazioni a bassa frequenza del segnale BOLD dell’encefalo durante lo stato di riposo fisico e mentale (il soggetto rimane completamente immobile durante la scansione, con occhi aperti senza dover effettuare alcun compito cognitivo). Dall’analisi dei dati resting-state si risale alla sincronia delle 6 7 Il Bergamini di Neurologia, R. Mutani, Edizioni Libreria Cortina, Torino 2012. http://www.neurochirurgia-udine.it/news/malattie.php?id=22 41 fluttuazioni delle varie aree cerebrali, che si realizza tra aree che appartengono ad un network comune (sensomotorio, linguistico…). 8 Il nostro scopo è di cercare una correlazione tra il resting-state del soggetto e la sua risposta alla stimolazione elettrica, in altre parole la ricerca di possibili pattern oscillatori di attivazione (substrati fisiologici quindi) capaci di giustificare un maggiore o minore incremento nella performance quando somministriamo dall’esterno una corrente elettrica. Diffusion Tensor Imaging (DTI) La DTI è una tecnica di risonanza magnetica che consente la visualizzazione dei principali fasci di sostanza bianca grazie al calcolo della diffusività apparente delle molecole d’acqua nel tessuto cerebrale. Essa è quindi utilizzata non solo per visionare e monitorare la perdita progressiva dei fasci in patologie come la SLA, ma anche in ambito prechirurgico per evidenziare l’infiltrazione di fasci della sostanza bianca da parte di tumori. Nei disturbi del linguaggio permette quindi di ricostruire i fascicoli coinvolti con l’intento di rilevare alcune alterazioni o asimmetrie sferiche. Di fondamentale interesse infine, in ambito neuropsicologico è lo studio dei fascicoli associativi che mettono in comunicazione i due emisferi o differenti lobi cerebrali. 9 Anche con questa metodica, il nostro intento è di identificare un substrato anatomico che giustifichi le diverse performance dei soggetti in ambito di modulazione elettrica. 8 9 Il Bergamini di Neurologia, R. Mutani, Edizioni Libreria Cortina, Torino 2012. Il Bergamini di Neurologia, R. Mutani, Edizioni Libreria Cortina, Torino 2012. 42 METODICHE DI NEUROSTIMOLAZIONE NON INVASIVA (Non-Invasive Brain Stimulation - NiBS) Introduzione La stimolazione elettrica transcranica (tES) e la stimolazione magnetica transcranica (TMS), rappresentano le metodiche di neuromodulazione cerebrale non invasiva più importanti ad oggi. Esse sono metodiche di stimolazione non invasiva del sistema nervoso che possono modulare, anche a lungo, l’eccitabilità neuronale, indicendo fenomeni di neuroplasticità duraturi. Trovano il loro maggior impiego clinico nel trattamento della depressione, del dolore cronico, disturbo ossessivo-compulsivo e nella riabilitazione post-ictus. La stimolazione cerebrale profonda rappresenta invece la principale metodica di stimolazione invasiva per il trattamento della malattia di Parkinson non controllata farmacologicamente. La stimolazione elettrica dell’encefalo durante gli interventi neurochirurgici ha permesso di identificare la funzione di varie regioni cerebrali e consente di elaborare mappe funzionali del cervello per evitare di lesionare aree funzionalmente fondamentali nel corso delle operazioni chirurgiche. L’utilizzo di queste metodiche con il fine di modulare l’attività elettrica centrale è effettivamente noto dall’antichità: nel 43-48 a.C. Scribonius Largus osservò che applicare una torpedine (pesce che produce correnti elettriche) sulla testa di una paziente con cefalea intensa comportava un’alterazione transitoria della coscienza con miglioramento del dolore percepito. La stessa metodica “naturalista” fu utilizzata nell’XI secolo dal medico arabo Ibn-Sidah per il trattamento dell’epilessia. Nel XVIII secolo Luigi Galvani e Alessandro Volta iniziarono una profonda discussione sugli effetti biologici delle correnti elettriche, e Giovanni Aldini dai primi dell’Ottocento osservò gli effetti clinici di diversi tipi di stimolazione elettrica in una moltitudine di disturbi. Infine, nel 1896, il medico francese Jacques-Arsène d’Arsonval a Parigi osservò che un intenso campo magnetico alternato poteva produrre la percezione di fosfeni. Da queste prime scoperte sono nate le tecniche di neuromodulazione attuali. 10 10 http://www.treccani.it/enciclopedia/stimolazione-cerebrale-elettrica-e-magnetica_%28Dizionario-di- Medicina%29/ 43 Tipi di Stimolazione elettrica transcranica (tES) La stimolazione elettrica transcranica comprende tutte le metodiche di applicazione non invasiva di corrente elettrica sullo scalpo tramite elettrodi, che sono applicati nell’ambito della ricerca e della clinica. L’attenzione verso la tES è riemersa dal 2000, ma come abbiamo visto precedentemente, i presupposti per la sua attuazione risalivano addirittura all’Ottocento; anche se il massimo sviluppo delle tecniche moderne si è avuto nell’ultimo secolo. Gli approcci contemporanei di tES, indicati con la sigla tCS, (tACS, tDCS, tRNS) sono soltanto l’evoluzione di tecniche meno recenti che possono essere raggruppate in 4 categorie principali (Guleyupoglu B 2013) : • Stimolazione Elettrica Craniale (CES), derivante dall’Electrosleep (ES) che comprende la Terapia di Elettro-stimolazione Cranica (CET), l’Elettroterapia Trans Cerebrale (TCET) e la Terapia NeuroElettrica (NET); • Elettroanestesia e le sue varianti (Stimolazione Elettrica Transcutanea Craniale: TCES, Limoge e Stimolazione Interferenziale); • Stimolazione Polarizzante o Corrente Diretta, includente la recente Stimolazione a Corrente Diretta transcranica (tDCS), la Micropolarizzazione Transcranica, la tDCS ad alta definizione (HD-tDCS) e la Stimolazione Galvanica Vestibolare (GVS); • Terapia Elettroconvulsivante (ECT), inizialmente chiamata Electroshock Therapy, evoluta nella Focal Electrically Administered Seizure Therapy (FEAST). Ai fini della nostra trattazione, approfondiremo tre moderne tecniche di stimolazione elettrica: Stimolazione transcranica a Corrente Diretta (tDCS), Stimolazione transcranica Random-Noise (tRNS), Stimolazione transcranica a Corrente Alternata (tACS). Queste tecniche aumentano l’eccitabilità del sistema nervoso attraverso la realizzazione di un campo elettrico creato dal passaggio della corrente negli elettrodi e vengono messe in contrapposizione con le complementari tecniche di stimolazione invasiva (i.e. DBS, deep brain stimulation). Per quanto riguarda la dose della corrente erogata, questa dipende dal montaggio degli elettrodi e dal tipo di onda impiegata (come possiamo intuire, infatti, nei tre tipi di stimolazione vengono usate tre tipologie di correnti diverse: DC -corrente diretta- flusso 44 di corrente ininterrotta e unidirezionale; AC –corrente alternata- onde sinusoidali; Random Noise- rumore bianco), anche se solitamente si usano intensità attorno a 1mA. Considerando le caratteristiche della corrente erogata e quindi del campo elettromagnetico creato, assieme alle proprietà conduttive dei tessuti umani, si possono fare delle approssimazioni fisiche per il campo generato. In primo luogo possiamo considerare nullo il campo magnetico che si crea per il passaggio di corrente ed inoltre il tessuto cerebrale può essere considerato come un elemento a resistività media (Ruffini G 2013). Per quanto riguarda la durata della stimolazione, essa generalmente è programmata per almeno 20 minuti; gli elettrodi usati devono essere minimo due, uno posizionato sopra la regione target, l’altro viene messo generalmente nella regione controlaterale corrispondente. Nella Stimolazione transcranica a Corrente Diretta (tDCS) una bassa corrente diretta (DC, generalmente con intensità di 1mA, in alcuni studi è stata portata fino a 2mA) è trasmessa dall'anodo (elettrodo positivo) al catodo (elettrodo negativo) posizionati sullo scalpo in modo tale da erogare la corrente a regioni di interesse specifico. I primi studi sugli animali dimostrarono che si produceva un incremento di eccitabilità della membrana nei neuroni sotto l'anodo e, contemporaneamente, un'inibizione per quelli posti sotto il catodo. Nell’uomo questi risultati sono stati confermati studiando l’effetto che la stimolazione produceva sulla corteccia motoria e visiva, anche se rimane da chiarire se altre variabili possano determinare gli effetti specifici, in particolar modo l’intensità di stimolazione. La grandezza degli elettrodi è notevole, sono disponibili quelli da 35 cm2 o da 25 cm2; queste larghezze sono preferite per questioni di sicurezza in quanto la densità di corrente prodotta è più bassa. Nel 2007 è stata introdotta tuttavia la HD-tDCS (High Definition tDCS), una forma focalizzata di tDCS, dove gli elettrodi erano stati modificati per ottenere un passaggio di corrente in un’area cerebrale molto più ristretta. In sintesi per la tDCS, gli effetti di eccitazione ed inibizione sull’eccitabilità neuronale sono a breve termine, mentre le modificazioni sinaptiche sono modificazioni a lungo termine della plasticità, come analizzeremo successivamente. L’effetto sembra essere più forte dopo il termine della stimolazione e l’effetto rispetto alle oscillazioni cerebrali è aspecifico. Nella Stimolazione transcranica Random-Noise (tRNS), sono invece stimolate entrambe le aree sotto gli elettrodi con una corrente la cui ampiezza varia casualmente (random) 45 nel range di frequenze da 100-500 Hz. Essa comporta una modulazione dell’eccitabilità corticale attraverso un meccanismo di risonanza stocastica, l’effetto anche in questo caso sembra permanere anche dopo la cessazione della stimolazione (fino a 60 minuti dal termine della stimolazione, forse dovuto alla continua attivazione e rettificazione dei canali voltaggio dipendenti permeabili al sodio) ed è aspecifico rispetto alle oscillazioni cerebrali. Nella tACS abbiamo un’erogazione di una debole corrente alternata (AC) che oscilla con una frequenza predeterminata dallo sperimentatore (generalmente scelta all’interno dello spettro di frequenze dell’EEG: 1-100 Hz) ed è trasmessa dall’anodo al catodo. Il principio cui fa riferimento l’applicazione della tACS è quello dell’entrainment cerebrale: la frequenza somministrata (che cambia continuamente polarità), dovrebbe corrispondere a quella implicata naturalmente nel compito effettuato dall’area target. Tutto ciò comporta una sincronizzazione della scarica neuronale in quella specifica frequenza (di fatto viene amplificato il vettore dell’oscillazione endogena). Anche in questo caso l’effetto permane per diversi minuti dopo la stimolazione. Naturalmente, i protocolli per le stimolazioni sono determinati generalmente grazie a tecniche di neuroimaging, come la fMRI, che ci permettono di individuare le aree corticali funzionalmente importanti su cui poi saranno posti gli elettrodi; nel caso della tACS, la frequenza da utilizzare viene scelta sulla base delle evidenze neurofisiologiche disponibili in letteratura, per esempio, da uno studio EEG task-mirato. È importante sottolineare come studi recenti (Lang N 2005), (Keeser D 2011) dimostrano che gli effetti neurologici della tDCS non sono strettamente rilevabili solo nelle aree poste in corrispondenza degli elettrodi e addirittura la modulazione della connettività provocata non si esaurisce con la cessazione della stimolazione ma perdura per un certo periodo anche successivamente, si parla infatti di after-effects (Keeser D 2011). Questi risultati fanno ipotizzare che la tDCS non abbia un’azione limitata soltanto alla corteccia target, ma che coinvolga anche i network di cui fanno parte le aree direttamente stimolate e inibite. In effetti, nello studio di Boros et al. 2008, somministrando tDCS anodale alla corteccia premotoria (PMC) è stata rilevata un aumento dell’eccitabilità anche nella corteccia motoria primaria (M1). Infine, il Default Mode Network (DMN) e l’Attention Network (AN) hanno dimostrato di subire gli effetti della stimolazione anche se le aree in questione non erano quelle direttamente interessate (Keeser D 2011). 46 47 Meccanismi fisiologici della tES Le prime ricerche sugli animali (BINDMAN LJ 1962), (PURPURA DP 1965) dimostrarono che una piccola corrente elettrica diretta (DC) passante sull’elettrodo anodale, induceva una depolarizzazione della membrana cellulare neuronale, portando quindi ad un aumento dell’eccitabilità neuronale. Conseguentemente, il passaggio di corrente a livello del catodo determinava esattamente l’effetto opposto sulla membrana cellulare (ovvero l’iperpolarizzazione), diminuendo la probabilità di scarica neuronale. Dobbiamo precisare che, a differenza di quello che avviene nella TMS dove si genera un vero e proprio potenziale d’azione, ciò non è possibile nelle tecniche di tCS, poiché la stimolazione elettrica è sottosoglia mentre quella magnetica soprasoglia, quindi in grado di far scaricare effettivamente il neurone piramidale. L’effetto indotto è di depolarizzazione bimodale cellulare: depolarizzazione del soma e iperpolarizzazione dei dendriti apicali (Radman T 2009). Questo processo avviene in conseguenza del campo elettrico esterno cui è sottoposta la popolazione neuronale, che determina uno spostamento forzato degli ioni intracellulari, alterando la carica interna della cellula e la differenza di potenziale transmembrana. È stato ipotizzato che la depolarizzazione del soma, visto il suo ruolo di integratore centrale di diversi input, abbia una maggiore influenza della modifica assonale, ma dati scarseggiano ancora per supportare questa teoria (Ruffini G 2013). Un campo elettrico orientato dai dendriti verso l’assone di una cellula, determina un’iperpolarizzazione dei dendriti stessi e una depolarizzazione (sottosoglia) dell’assone o del soma. Questo effetto, associato alla disposizione dei neuroni piramidali nella corteccia, è alla base dell’effetto di eccitazione corticale sotto stimolazione anodale della tDCS e inibitorio per i neuroni sottoposti all’azione del catodo. Abbiamo parlato fino ad ora esclusivamente di neuroni piramidali, questo perché ad oggi, non è ancora chiaro se anche altri tipi cellulari, come la glia o gli interneuroni siano interessati dal alterazioni nella loro funzione. I meccanismi più accreditati alla base della modifica plastica corticale duratura (che si realizza attraverso la riorganizzazione delle sinapsi) sono ritenuti essere gli stessi che permettono anche il processo dell’apprendimento: la Long Term Potentiation (LTP) e la Long Term Depression (LTD). La generazione di una LTP è ormai accertata per tre tipi di stimolazione elettrica soprasoglia: quella tetanica, quella che prevede il theta burst e la stimolazione primed burst. La stimolazione tetanica prevede uno o più treni di 50 48 100 impulsi, a 100 Hz; la long term potentiation persiste per un periodo variabile da 1 a 3 ore successivamente al termine della stimolazione (dipendentemente dal protocollo specifico utilizzato). La stimolazione theta burst consiste in uno o più treni di burst a bassa frequenza, ognuno dei quali include 3-10 impulsi a 50 Hz (ricordiamo che le onde theta aumentano come componente EEG nel soggetto impegnato in compiti di apprendimento). La stimolazione primed burst infine, eroga 5 impulsi di cui il primo precede gli ultimi 4 di 170 ms (sempre a 100 Hz). In due esperimenti in vitro(su corteccia motoria di topo) recentemente è stata dimostrata l’induzione del fenomeno LTP dopo stimolazione con corrente diretta sottosoglia (Fritsch 2010). Avvalorando questi risultati, anche l’after-effects registrato dopo la tDCS è stato dimostrato (sempre in vitro) essere mediato dai cambiamenti nella forza dei recettori NMDA (D. Liebetanz 2002). Ci sono infine evidenze sempre più importanti che le modifiche a lungo termine post tDCS sia dovute alle modificazioni sinaptiche dei recettori gabaergici e glutamatergici e che la tDCS moduli la forza delle sinapsi corticali (Nitsche 2011). Passando ai recenti studi in vivo, condotti per spiegare le modifiche a lungo termine della plasticità neuronale, è stato rilevato che nei ratti la polarizzazione anodale della corteccia somatosensoriale modifica l’accumulo di cAMP (A. Moriwaki 1994) accompagnata da un aumento della concentrazione di calcio ione intracellulare (N. Islam 1995), da un incremento temporaneo nell’espressione genica di c-fos, ed infine, dall’incremento citoplasmatico della PKC (N. Islam 1995). Per quanto riguarda gli studi comportamentali e cognitivi, sui conigli applicando la tDCS anodale sopra la corteccia motoria, si sono incrementate le capacità di apprendimento nei task di movimento, mentre l’applicazione sulla corteccia visiva determinava l’incremento delle capacità di apprendimento nei task di evitamento. Questi reperti possono essere spiegati dai meccanismi indotti di potenziamento sinaptico dipendenti dal BDNF (brain-derived neurotrophic factor) e confermano i risultati sull’induzione del LTP. Come sappiamo, il glutammato si lega ai recettori AMPA (alfa-Amino-3-Idrossi-5Metil-4-isoxazolonepropionato, permeabile a ioni sodio e potassio) solo se presente in elevata concentrazione (quindi per scariche ripetute e ravvicinate); l’attivazione dei recettori AMPA determina il distacco degli ioni di magnesio dai recettori NMDA (Nmetil-D-aspartato, altro recettore postsinaptico del glutammato) che può quindi rendersi permeabile al calcio, favorendo il suo ingresso in elevata quantità all’interno della 49 cellula. Il calcio a sua volta, attivando una serie di secondi messaggeri intracellulari, come la chinasi calcio-calmodulina dipendente, modifica la citoarchitettura del neurone in questione; in particolar modo si ha l’aumento dell’espressione dei recettori AMPA di membrana e della loro permeabilità agli ioni, è incrementata la produzione del fattore di crescita neuronale, facilitando pertanto la plasticità neuronale. Il meccanismo della LTP nell’ambito della tCS è supportato da studi in cui, somministrando l’antagonista dei recettori NMDA, si bloccano gli effetti della stimolazione anodale e catodale sui potenziali motori evocati (MEP) dalla TMS. La saturazione del fenomeno LTP, che induce una LTD (long term depression), potrebbe anche spiegare come mai gli effetti della stimolazioni elettrica sono dosedipendenti (G Batsikadze 2013). Considerando infine che ogni regione neurale si trova inserita in un network associativo, è stato studiato se il comportamento del singolo neurone in relazione alla stimolazione con corrente elettrica dipenda, in una discreta parte, anche dalle dinamiche del network in cui si trova inserito. Naturalmente la risposta emergente dai primi dati, è affermativa (D. Reato 2010). Come possiamo aspettarci, l’attività oscillatoria neurale di base su cui applichiamo la tDCS o la tACS, influisce in maniera importante su quella che è l’attività risultante del network; la tACS somministrata alla frequenza di oscillazione endogena neurale (in vitro), comporta un incremento maggiore delle oscillazioni se rapportata alla tDCS. Infine, gli effetti sulle oscillazioni del network sono maggiori se la frequenza di stimolazione erogata combacia con quella dell’oscillazione endogena, suggerendo un effetto stile risonanza (Caroline Di Bernardi Luft 2014). Usi clinici delle tecniche di tES tDCS. Per quanto riguarda la tDCS, la tecnica sviluppatasi per prima rispetto alle altre, vi sono numerosi studi che attestano ormai una sua efficacia in diverse malattie neurologiche e psichiatriche, grazie ad una applicazione ripetuta nell’arco di poche settimane. Per prima cosa, è riportato un effetto analgesico importante per il dolore neuropatico, sia post-traumatico al midollo spinale (Fregni F 2006), (Wrigley PJ 2013), secondario a infezione da HTLV-1 (Gonçalves GS 2013) e da polineuropatia diabetica (Kim YJ 2013), sia di origine centrale che periferica, soprattutto se localizzato agli arti inferiori, quando è applicata una stimolazione anodale alla corteccia M1 (corteccia 50 motoria primaria) controlaterale rispetto al sito di dolore o sull’emisfero di sinistra. Sono presenti anche due studi (Franziska Wickmann and Charles Tim ̈aus 2015), (Alexandre F. DaSilva 2012), che ne attestano l’efficacia nell’emicrania, dove la tDCS è applicata sulla V1 (corteccia visiva primaria sottoposta a stimolazione catodale, quindi inibitoria). Per la capacità di indurre fenomeni di plasticità, l’utilizzo della tDCS è stato valutato in numerosi studi per il recupero motorio post-ictus, al momento attuale sembra avere un modesto effetto di recupero parziale della performance motoria la stimolazione combinata catodale sulla regione controlaterale M1 e anodale sulla M1 ipsilesionale, nella fase cronica (Lindenberg R 2010), (Lefebvre S 2012), (Lefebvre S 2014). Una conseguenza di stroke sinistro dove è stata valutata l’applicazione della tDCS è l’afasia, nella quale la stimolazione anodale dell’area di Broca ha dimostrato un miglioramento della sintomatologia, possibile nella fase post-acuta e cronica (Marangolo P 2013), (Polanowska KE 2013). Nella depressione, l’applicazione di una stimolazione anodale sulla DLPFC sinistra assieme alla catodale sulla corteccia orbitofrontale sinistra sembra avere effetto antidepressivo nel soggetto che presenta o meno un trattamento farmacologico (Boggio PS 2008), (Loo CK 2010), con possibili effetti positivi anche sui disturbi cognitivi (Boggio PS 2007). Infine, vi sono evidenze (Cogiamanian F 2008), (Truini A 2011) per un possibile effetto di interferenza con le vie spino-talamiche e lemniscali applicando una tsDCS: transcutaneous spinal direct current stimulation, come metodica alternativa rispetto alla Invasive high-frequency epidural electrical spinal cord stimulation (SCS), applicata negli ultimi trent’anni a numerose sindromi dolorifiche. Questi sono gli ambiti in cui ad oggi è possibile trovare delle evidenze concordanti fra i vari studi sull’efficacia di questo tipo di stimolazione, probabilmente la lista delle possibili applicazioni della tDCS sarà destinata ad aumentare in futuro, visto che lo studio in questo campo è comunque appena agli albori. tACS. Essendosi sviluppata molto più recentemente della tDCS, gli studi di applicazione della tACS in campo medico effettivamente scarseggiano ancora. Sembra quindi, viste le sue specifiche modalità di azione, che possa avere un’indicazione nei disturbi in cui sono presenti anomalie dei pattern oscillatori, come il Parkinson e la Schizofrenia, (Gonzalez-Burgos 2008), (Burns 2011). In un recente studio (Kirson 2007) addirittura è stata somministrata una tACS alla frequenza 200kHz che ha dimostrato di inibire la crescita del glioblastoma senza effetti collaterali importanti nei pazienti. Sta diventando inoltre routine l’applicazione della tACS alla soglia dei fosfeni 51 individuale con somministrazione trans-orbitale nel danno al nervo ottico (Sabel 2011). Infine, vi sono evidenze di un suo possibile utilizzo per migliorare le performance motorie se utilizzata tACS a 10 e 40 Hz (Joundi 2012), (Pogosyan 2009). tRNS. Per la tRNS, l’ultima tecnica in ordine cronologico sviluppatasi, vi sono studi che dimostrano un incremento della performance nei task di apprendimento motorio implicito e in quelli di perceptual learning (Terney D. 2008), (Ambrus G. G. 2011), (Saiote C. 2013). Stimolazione magnetica transcranica (TMS) La TMS è una tecnica di neuromodulazione e neurostimolazione non invasiva basata sul principio dell’induzione elettromagnetica. Essa prevede l’applicazione di un campo magnetico su un’area cerebrale attraverso un coil posizionato opportunamente sullo scalpo e collegato ad uno stimolatore. Il campo elettrico generato grazie a quello magnetico per il flusso di corrente nella bobina, depolarizza i neuroni e, quando sono usati stimoli ripetuti può modulare l’eccitabilità corticale aumentandola o diminuendola. La TMS può essere condotta con un singolo stimolo, a coppie di stimoli o con stimoli ripetitivi. Nel primo caso, utilizzata soprattutto nella diagnostica neurofisiologica, può permettere di creare mappe della corteccia motoria e studiare le vie della conduzione motoria (grazie allo studio dei potenziali evocati motori), trovando applicazione quindi nella mielopatia spondilogena, nella sclerosi multipla, nelle malattie del motoneurone e nella negligenza spaziale unilaterale. Le altre due metodiche invece sono usate prevalentemente nell’ambito della ricerca, permettendo di studiare i parametri d’inibizione e facilitazione corticale, di modulare anche per diversi minuti l’eccitabilità corticale e di caratterizzare le relazioni corticocorticali. Nella rTMS si ha una serie di stimoli (treno) che si ripete per diversi secondi o minuti si induce una modificazione dell’eccitabilità cerebrale della zona stimolata, che può persistere anche per diversi minuti dopo il termine della stimolazione stessa (dando vita ad effetti postumi). Questa osservazione pone il presupposto per un’applicazione clinica della rTMS in tutte le condizioni che si associano a un’alterata eccitabilità o funzione di una parte del sistema nervoso centrale. Le frequenze della rTMS sono generalmente differenziate in alte (>1 Hz, eccitatorie) e basse (<1 Hz, inibitorie). Naturalmente vi 52 sono anche altri parametri in grado di influenzare l’effetto clinico, quali la forma del campo magnetico (bifasico e monofasico), la sua intensità, il tipo di bobina e l’intervallo tra le serie di stimoli. Ad oggi, tuttavia, gli effetti biologici della TMS non sono ancora del tutto chiari. Un singolo impulso magnetico applicato a un modello di neuroni corticali induce una breve scarica seguita da un periodo di silenzio. Questo rilievo fa ipotizzare che un flusso di calcio seguito da un’apertura dei canali del potassio voltaggio-dipendenti sia responsabile dell’iperpolarizzazione che segue la scarica neuronale. Altri autori hanno osservato un incremento dell’espressione dell’mRNA per i trasportatori delle monoamine, effetto ricercato anche con farmaci antidepressivi e psicostimolanti. La rTMS modula i trasportatori delle monoamine modificando l’attività sinaptica monoaminergica attraverso un rapido recupero della serotonina, della dopamina e della noradrenalina. Pur mancando ancora dati conclusivi, la rTMS sembra oggi una promettente possibilità di trattamento non invasivo per diverse condizioni neuropsichiatriche e il numero delle potenziali applicazioni continua ad aumentare. Più precisamente essa è stata impiegata nei disturbi psichiatrici, quali la depressione, la mania acuta, i disturbi bipolari, gli attacchi di panico, le allucinazioni, il disturbo ossessivo- compulsivo, la schizofrenia, la catatonia, il disturbo postraumatico da stress e in malattie neurologiche quali malattia di Parkinson, distonia, tic, tinnito, spasticità o epilessia. Non mancano dati anche in campo riabilitativo, come nel recupero dell’afasia o della funzionalità motoria della mano dopo un ictus, nelle sindromi dolorose(dolore neuropatico, viscerale ed emicrania). Le aree cerebrali esplorate con successo dalla rTMS per il trattamento di disturbi del movimento e di disturbi affettivi sono principalmente la corteccia motoria, la corteccia premotoria, la corteccia frontale bilaterale per la malattia di Parkinson e la corteccia prefrontale dorsolaterale per la depressione e i comportamenti ossessivo-compulsivi.11 In ambito cognitivo può essere applicata per studiare i processi neurali su cui si basa il funzionamento delle aree corticali superiori, in particolar modo per i processi mnesici, linguistici, attentivi. La stimolazione magnetica può, infatti, simulare una lesione nell’area stimolata (inducendone temporaneamente la perdita di funzione). 11 http://www.treccani.it/enciclopedia/stimolazione-cerebrale-elettrica-e-magnetica_%28Dizionario-diMedicina%29/ 53 La rTMS in USA è ad oggi approvata come terapia per la depressione (grazie alla stimolazione della corteccia dorso-laterale pre-frontale, DLPFC) e si sta affermando sempre più il suo successo nel trattamento nei pazienti affetti da disturbo ossessivo compulsivo non rispondente a farmaci.12 METODICHE DI ANALISI GENETICA Ai fini della caratterizzazione completa dei partecipanti, è stata creata una collaborazione con il Dipartimento di Genetica della nostra A. O. U. S. per completare anche un’indagine sui polimorfismi genetici implicati nei meccanismi di plasticità neuronale. Attraverso un brushing con spatola effettuato nel cavo orale si è raccolto il materiale genetico necessario a poter effettuare un’analisi di alcuni genotipi di molecole che potrebbero giustificare le diverse risposte ai tipi di stimolazione elettrica e magnetica somministrati nelle varie fasi del progetto Apollo. Il primo polimorfismo genetico oggetto di studio è quello del BDNF. Il brain-derived neurotrophic factor regola numerosi aspetti della dinamica cellulare, in particolar modo la sopravvivenza, la proliferazione, la crescita sinaptica nel sistema nervoso centrale. Nel cervello adulto è stato dimostrato che modula il fenomeno del LTP e LTD dipendente dai recettori NMDA; più precisamente il BDNF maturo (mBDNF) è implicato in tutte le fasi del LTP, mentre il suo precursore (pro-BDNF) nel LTD. Il BDNF è presente nella popolazione (nel 30% dei caucasici) come polimorfismo in cui si ha una sostituzione aminoacidica non conservativa della valina al posto di metionina al codone 66 (Val66Met). È stato recentemente dimostrato come questo polimorfismo sia responsabile di un accumulo e trasporto anomalo di proBDNF nei ratti e quindi anche di una sua alterata secrezione (Egan MF 2003). Inoltre, è stato appurato che il polimorfismo Val66Met ha conseguenze funzionali in soggetti sani come ridurre la capacità di memoria episodica. Essendosi sviluppate queste nuove metodiche di neuromodulazione e stimolazione, che hanno alla base il meccanismo LTP, si è voluto procedere con lo studio dei genotipi per cercare di trovare eventuali correlazioni con la risposta individuale alle metodiche di neuromodulazione. Un tipo particolare di TMS, la theta burst stimulation (TBS) è inibita (per l’after-effect facilitatorio) dalla memantina, cosa che suggerisce come anche la TBS dipenda negli effetti a lungo termine dai recettori NMDA (Huang YZ 2007). Per quanto riguarda gli after-effects della tDCS (sia 12 Il Bergamini di Neurologia, R. Mutani, Edizioni Libreria Cortina, Torino 2012. 54 anodali che catodali), come avevamo già accennato, sono anch’essi soppressi dalla somministrazione di antagonisti recettoriali NMDA; ciò che è da sottolineare è che gli stessi antagonisti non determinano nessuna interferenza durante la stimolazione (Nitsche MA 2008). La carbamazepina invece, antagonista dei canali del sodio, blocca gli effetti della tDCS anodale sia durante sia dopo la stimolazione, in linea con il principio del riarrangimento degli ioni intracellulari indotto dal campo elettrico creato. Contemporaneamente, lo stesso farmaco non ha azione sugli effetti della tDCS catodale che induce presumibilmente quindi un’iperpolarizzazione grazie allo spostamento di ioni potassio. In un recente studio è emerso come il polimorfismo Val66Met dimostra generalmente una risposta minore a tre protocolli diversa di stimolazione: TBS, PAS e tDCS/1 Hz rTMS (Cheeran B 2008), rispetto alla risposta dei soggetti con Val66Val. Tuttavia vi sono anche risultati contrastanti: nello studio di Antal et al. 2010, è confermata la minore risposta dei soggetti Val66Met alla iTBS, ma nella tDCS anodale, benché l’incremento dei MEPs post tDCS si abbia anche nei soggetti Val66Val, questo è stato maggiore nei soggetti con la sostituzione aminoacidica. Anche nella tDCS catodale è stata quindi confermata questa maggiore risposta (inibitoria stavolta) dei soggetti Val66Met. Infine, non sono state trovate differenze significative di risposta nei due gruppi di soggetti nel post tRNS. Questo conferma l’ipotesi per cui il meccanismo d’induzione della plasticità tRNS indotto sia dovuto alla continua attivazione e rettificazione dei canali voltaggio dipendenti permeabili al sodio. Oltre a questo meccanismo è ipotizzato anche quello della modifica del rapporto segnale-rumore indotta a livello centrale (Antal A 2010). 55 MATERIALI E METODI Partecipanti Sono stati reclutati 31 giovani volontari che non presentavano malattie neurologiche o pregressi episodi neurologici (età media: 24, 35; 15 femmine e 14 maschi) a cui sono stati somministrati questionari per la valutazione del mancinismo, del cronotipo, anamnestici e psicologici (attualmente in fase di elaborazione). MRI Tutti i volontari che non presentavano controindicazioni (su 31, tre soggetti sono stati esclusi per dispositivi metallici impiantati e due non hanno completato lo studio di neuroimaging per problemi tecnici) come prima fase sperimentale sono stati sottoposti ad un esteso esame neuroradiologico con 1.5 Tesla Philips Intera Scanner (Philips Medical Systems, Best, the Netherlands). Ai fini del nostro studio sono state effettuate queste sequenze: 1) 1 scansione T1-weighted fast field echo (FFE) 1-mm-spessore per immagini assiali dell’intero cervello (TE = 4.6 ms, TR = 30.00 ms, flip angle = 30.00, FOV = 250 mm, matrix 256 9 256, slice number = 150): 2) 1 scansione DTI 3) 2 sequenze fMRI BOLD acquisite in condizioni di riposo assoluto (TR/TE 2500 40 ms1, 200 scans, 23 interleaved slices, 1-mm gap). Ai pazienti era chiesto di tenere gli occhi aperti e non svolgere alcun compito cognitivo. Assessment neurocognitivo Prima di procedere con la parte sperimentale di stimolazione elettrica, i partecipanti hanno svolto otto tipologie di task cognitivi che ci hanno permesso di caratterizzare e definire le loro funzioni esecutive di base. I task erano effettuati in un’unica seduta presso il laboratorio di stimolazione magnetica delle Scotte su laptop Dell (grazie al programma Eprime 2.0); le istruzioni erano visualizzate sullo schermo prima dell’inizio di ogni task, sono state fornite cuffie isolanti per tutta la durata della prova (Husqvarna). 56 In ordine ogni soggetto ha eseguito i seguenti test per la valutazione delle relative funzioni: 1) Global/Local task: permette di valutare l’attenzione del soggetto (somministrando stimoli interferenti con il compito richiesto) e nel dettaglio, la global precedence (la precedence fa riferimento al livello di processamento in cui è diretta principalmente l’attenzione, in questo caso a livello globale); 2) Matrici di Raven avanzate: indicatori dell’intelligenza fluida (Gf), in altre parole la capacità di ragionamento logico indipendente dalle conoscenze e competenze acquisite nel corso della vita, (si contrappone all’intelligenza cristallizzata, rappresentata dalla capacità di utilizzare conoscenze, competenze, nozioni acquisite per risolvere problemi); 3) Go-no go task: questo task permette la valutazione della capacità d’inibizione del soggetto di fronte ad un tipo particolare di stimolo presentato, essa fa parte delle sei funzioni esecutive superiori; 4) Digit span task: test che valuta la working memory verbale, definita come la capacità di immagazzinare temporaneamente informazioni verbali che l’encefalo può elaborare per risolvere un problema o eseguire un determinato compito; 5) Pop task: che permette la valutazione della capacità di switching del soggetto (funzione esecutiva anch’essa), definita come la capacità di modificare le proprie azioni in relazioni ad uno stimolo precedente; 6) Visual search: è un task per identificare la capacità del soggetto di dirigere l’attenzione verso un determinato obiettivo tralasciando i distrattori presenti nel contesto; 7) Change detection: permette di valutare la visual working memory, la capacità di immagazzinare temporaneamente stimoli esclusivamente presenti nel campo visivo per elaborarli successivamente, è complementare alla verbal working memory; 8) TIB (test breve d’intelligenza): permette di valutare l’intelligenza generale (fornendo un valore di Quoziente Intellettivo rapportato al sesso, all’età del soggetto e alla sua scolarità) grazie alla sua correlazione con le abilità di lettura. 57 Per ogni test è stato estrapolato il tempo medio di reazione e l’accuratezza; il profilo cognitivo di ogni soggetto per le otto funzioni esecutive analizzate è stato quindi correlato con la performance ottenuta all’insight-task sotto stimolazione elettrica. Insight-task Tenendo presenti i risultati della ricerca effettuata in letteratura, abbiamo ritenuto il test delle CRA (Compound Remote Associates problems), create da Bowden e JungBeeman nel 2003, il task più appropriato da utilizzare per valutare il momento Eureka. Essendo il CRA task, un compito “linguistico”, non applicabile quindi a una popolazione che non fosse madrelingua inglese, si è reso necessario procurarsi la versione italiana di questo test. Da questa ricerca è nata la collaborazione con il gruppo di psicologici cognitivi dell’università Bicocca di Milano, diretti da Carola Salvi che ci ha cortesemente fornito la versione italiana del test appena pubblicato. Essendo, infatti, anche loro interessati allo studio del meccanismo Eureka, hanno condotto tre esperimenti su un largo campione di soggetti naive (317) che ha portato alla selezione di 122 Compound Remote Associates problems e di 88 Rebus Puzzles. Dal momento chele caratteristiche dei Rebus Puzzles sono molto simili a quelle delle CRA ed entrambi sono ritenuti insight-task, abbiamo deciso di somministrare entrambi i tipi di test ai soggetti nella fase sperimentale. Ci sono quindi stati forniti gli stimoli suddivisi in 12 blocchi comprendenti 10 items bilanciati per quanto riguarda la reliability. Tuttavia, per lo scopo del nostro studio, erano necessari solo 7 blocchi ai fini della stimolazione elettrica, più un ultimo blocco da utilizzare nella seconda fase del progetto Apollo (somministrarlo in assenza di stimolazione ma acquisendo l’EEG a 128 canali per cercare di confermare le evidenze neurofisiologiche della letteratura); per questo abbiamo ridistribuito i blocchi numero 4, 8, 11 e 12 all’interno degli altri 8, basandoci sulla percentuale di risoluzione con metodo insight per ogni items. Ogni problema risolto da più del 50% della popolazione campione con il metodo analitico (secondo i dati forniti da Carola Salvi e collaboratori) era considerato come problema “non insight”. Così facendo abbiamo ottenuto 8 blocchi da 15 items ognuno, bilanciati per difficoltà di risoluzione e di probabilità di risoluzione con insight e metodo analitico. 58 Per quanto riguarda i Rebus Puzzles, avendo una probabilità di risoluzione con insight molto alta mediamente, sono stati suddivisi in 8 blocchi da 11 items ciascuno, bilanciandoli per la difficoltà di risoluzione che spaziava dallo 0% al 100%. In definitiva quindi, ognuno dei 7 blocchi (più l’ottavo che non è stato utilizzato in questa fase sperimentale) risultava formato da 15 CRA e da 11 Rebus Puzzles; le CRA all’interno del blocco sono state disposte in maniera casuale e per prime, non ordinata secondo nessun parametro, i Rebus invece sono stati ordinati in ogni blocco in maniera decrescente per percentuale di risoluzione. Infine, abbiamo chiesto ai collaboratori se potevano anche fornirci alcuni stimoli d’esempio da poter somministrare nel training obbligatorio prima della modulazione, cosicché il soggetto familiarizzasse con la dinamica e la struttura del task. Seduta di Stimolazione elettrica Completata la valutazione di base, il soggetto poteva quindi accedere all’esperimento di neuromodulazione elettrica che si è tenuto nel laboratorio di stimolazione magnetica delle Scotte. I volontari hanno risolto la versione italiana delle CRA e dei Rebus Puzzle seduti di fronte ad un laptop Dell (programma per somministrare gli stimoli: Eprime 2.0), la somministrazione di corrente elettrica è avvenuta tramite lo stimolatore Starstim (Neuroelectrics) concesso gentilmente da Sook-Lei Liew, Chan Division of Occupational Science and Occupational Therapy, Università della California del Sud, Los Angeles, CA, USA (Figura 11). Grazie a questo dispositivo è stato possibile creare i protocolli per la stimolazione corticale contenenti otto canali: un elettrodo era quello stimolante, tre fungevano da elettrodi di ritorno per la corrente, altri quattro erano deputati alla registrazione EEG pre-stimolazione. In questo modo, abbiamo ottenuto un pattern di stimolazione della corteccia molto focale (Figura 12-13), limitato all’effettiva area individuata come target secondo le evidenze estrapolate dalla letteratura. Precisamente sono state scelte come aree da stimolare, secondo i risultati emersi dagli studi EEG, il parietale destro (P4) e il temporale destro (T8). Queste regioni sono state sottoposte sia alla modulazione con tACS, che a quella con tRNS. Per decidere la frequenza della stimolazione a corrente alternata ci siamo basati su quelli che erano i risultati emersi dalla letteratura, in particolar modo dagli studi di Beeman e colleghi, dove il parietale destro mostrava un’attivazione maggiore sulla banda alfa, quindi a 59 10Hz, mentre il temporale scaricava ad una frequenza di 40 Hz (onde gamma) nel momento d’illuminazione. Perciò, come stimolazione candidata a incrementare l’attività del parietale, abbiamo scelto la tACS a 10Hz (banda alfa), per il temporale invece la stimolazione candidata a determinare un potenziamento della sua attività è stata identificata nella tACS a 40 Hz (banda gamma). Come abbiamo specificato in precedenza, per l’applicazione di una modulazione con tRNS non è necessario definire la frequenza specifica dell’area cerebrale in quanto la corrente oscilla autonomamente dalla frequenza di 100 a quella di 500 Hz, per cui tale stimolazione è stata applicata non solo ai siti d’interesse principali (parietale destro e temporale destro) ma soprattutto a quelli emersi dall’analisi degli studi fMRI sull’insight che mostravano un’attività prevalente nelle zone frontali e parietali sinistre per le quali non vi erano evidenze elettroencefalografiche rilevanti. Figura 11 Neurostimolatore Starstim;A:cuffia, B:stimolatore wireless, C:elettrodi per registrazione di EEG, D:elettrodi per la registrazione di EEG e stimolazione (quelli usati), E: elettrodi per una stimolazione cerebrale meno focale. 60 Figura 12 Template di stimolazione P4: a sinistra stimolazione tACS, a destra stimolazione tRNS. Figura 13 Template stimolazione T8: a sinistra stimolazione tACS, a destra stimolazione tRNS. Sono state quindi aggiunte come condizioni accessorie anche le stimolazioni tACS invertite rispetto all’accoppiamento fondamentale onda-sede: ovvero è stata somministrata anche la tACS a 10 Hz alla regione del temporale e la tACS a 40 Hz alla regione parietale, in maniera da avere le condizioni di controllo. Ad ogni soggetto inoltre, è stata somministrata la condizione di stimolazione placebo detta “sham”, nella quale si ha una iniziale erogazione di corrente (tACS) al soggetto che si arresta dopo 30 secondi. Le varie condizioni di stimolazione somministrate ai soggetti sono state randomizzate nell’ordine di esecuzione. La seduta di stimolazione prevedeva quindi 7 sessioni di stimolazione, in ognuna veniva somministrato uno dei blocchi precedentemente creati, composti da CRA (15) e da Rebus Puzzle (11). Sul soggetto per prima cosa era effettuata una pulizia del cuoio capelluto con Clorexidina e cotone per eliminare l’eccesso di sebo e migliorare la conduzione, quindi veniva montata la cuffia dello stimolatore con gli elettrodi posizionati nelle regioni d’interesse: F3, F4, P3, P4, T7, T8, O1, O2, con interposizione di gel conduttivo tra l’elettrodo e lo scalpo. A questo punto il volontario svolgeva un training al pc che gli permetteva di 61 comprendere sia il tipo di task (tramite la risoluzione di esempi di CRA e Rebus), sia di capire come si sarebbe svolto il test e le relative modalità di risposta: gli stimoli erano forniti automaticamente dal pc e permanevano sullo schermo per 20 secondi, il soggetto era invitato a premere la barra spaziatrice appena la soluzione compariva alla mente, se allo scadere del tempo il soggetto non aveva ancora risposto, la casella per l’inserimento della soluzione andava a sovrapporsi allo stimolo. A questo punto le indicazioni erano di lasciare vuota la casella se essi non avevano assolutamente idea di quale fosse la soluzione, se invece avevano ipotizzato una risposta della quale non erano completamente sicuri era consigliato loro di inserirla ugualmente, senza soffermarsi ulteriormente sul problema. Dopo aver fornito la risposta per ogni problema, al soggetto era chiesto (tramite una schermata del pc) di premere il tasto “I” se aveva usato il metodo intuitivo per trovare la soluzione, o il tasto “A” nel caso in cui avesse adottato un metodo analitico. La spiegazione della differenza tra metodo analitico e insight era fornita nella fase di training come segue: “Per INSIGHT si intende che la risposta ti è venuta in mente all’improvviso (inaspettatamente) mentre provavi a trovare la soluzione, senza essere in grado di spiegare come l'hai trovata. Questo tipo di soluzione si associa spesso ad esclamazioni di sorpresa come «Aha!». ANALITICAMENTE invece significa che hai individuato la risposta dopo aver deliberatamente e consapevolmente provato diverse parole fino a quando non hai trovato quella corretta. In questo caso, ad esempio, saresti in grado di indicare i passaggi che ti hanno portato alla soluzione”. La prima parte del blocco era composta dalle CRA, dopodiché il soggetto, premendo la barra spaziatrice, passava automaticamente alla risoluzione dei Rebus. Per ogni blocco (in cui era prevista una diversa stimolazione), il protocollo sperimentale era così strutturato: 1) Test delle impedenze relative alla stimolazione che il soggetto sarebbe andato a ricevere (da ripetersi per ogni condizione), in modo da controllare la conduttività degli elettrodi e contemporaneamente far familiarizzare il soggetto con la possibile comparsa della sensazione di pizzicore e formicolio che talvolta è avvertita focalmente sotto l’elettrodo stimolante; 2) 3 minuti di registrazione di EEG a riposo (registrato grazie allo Stimolatore Starstim), durante i quali al soggetto è chiesto di rilassarsi, non parlare, 62 mantenere gli occhi aperti e muoversi il meno possibile, focalizzandosi sulla scritta “Dell” del pc; 3) salita graduale e progressiva dell’intensità di corrente (tRNS/tACS a seconda della condizione) per 30 secondi; 4) due minuti di adattamento del soggetto alla stimolazione, durante i quali esso poteva muoversi e rilassarsi nell’attesa di iniziare il task; 5) risoluzione del task strutturato come spiegato precedentemente (l’inizio del test era comunicato dallo sperimentatore allo scadere dei due minuti di adattamento alla stimolazione); 6) termine della stimolazione (tempo per l’azzeramento della corrente 30 secondi); 7) esecuzione di un breve compito distrattore (Odd Even, della durata di 2 minuti), nel quale di fronte alla comparsa di numeri in maniera casuale al pc, essi dovevano premere il più velocemente possibile il tasto “1” se il numero presentato era pari, “9” per i numeri dispari. Anche di questo test sono in fase di calcolo le percentuali di accuratezza e i tempi di reazione, in maniera da valutare il calo dell’attenzione del soggetto durante la risoluzione dei blocchi. La sessione di stimolazione aveva in totale una durata media di tre ore e mezzo. 63 ANALISI STATISTICA L'analisi statistica è stata condotta attraverso modelli lineari generalizzati (GLM) per la valutazione di ipotesi di interazione tra i fattori relativi alla tipologia di stimolazione utilizzata (fattore “STIMOLAZIONE”), l'area cerebrale stimolata (“REGIONE”) e il tempo inteso come l'ordine dei blocchi sperimentali (“TEMPO”). Il modello utilizzato ha previsto un’analisi multivariata della covarianza (Multivariate ANCOVA = MANCOVA) a misure ripetute (Repeated Measures = RP-MANCOVA), con una soglia di significatività statistica pari a 0.05 (p.value) e correzione per confronti multipli attraverso il metodo Bonferroni (p.<0.05). Qualora valori di MAIN Effect o Interazione tra fattori fossero risultati significativi, il confronto post-hoc per coppie di condizioni è stato verificato applicando la correzione per confronti multipli di Bonferroni (p.<0.05). I valori analizzati sono stati: (i) il numero di risposte corrette rispetto al numero totale di prove (“Accuratezza”); (i) i tempi di risposta medi alle prove risolte correttamente (“Tempo reazione”). Questi indici sono stati valutati sia per le risposte date entro il limite di tempo a disposizione (20") sia oltre la scadenza. Per verificare dove l’effetto della tES fosse più marcato, le risposte dei soggetti sono state suddivise in tre categorie sulla base della difficoltà riportata nel campione di standardizzazione dei test utilizzati (Difficili/Medie/Facili). Inoltre, sono state valutate le strategie di risoluzione del task (Attraverso Intuizione / Attraverso ragionamento Logico). Covariate. Le analisi sono state condotte includendo le variabili Sesso, Età, Scolarità e altre variabili derivate dalla valutazione neuropsicologica come covariate, ottenendo quindi una stima netta delle differenze nelle varie condizioni che non fossero inficiate da differenze interindividuali già presenti prima dell'esperimento. Predizione dell’esito. Successivamente, per valutare quali potessero essere le variabili con il più alto valore predittivo rispetto alla risposta alla stimolazione elettrica noninvasiva, è stato applicato un modello di Clustering Two-Steps nel quale i soggetti sono stati raggruppati automaticamente in due gruppi denominati “Responders” e “NonResponders” sulla base dei valori (“miglioramenti”) ottenuti durante le varie stimolazioni. Questo ha permesso di stimare il profilo prototipico del candidato a rispondere ad interventi di modulazione per il potenziamento delle capacità intrinseche di intuizione, un’informazione utile per guidare le future investigazioni e il reclutamento dei candidati, oltre ad essere un aspetto di rilievo sotto il profilo etico data la ormai accertata variabilità individuale nella risposta alla tES. 64 Risonanza Magnetica Funzionale. A questo si è aggiunta un’analisi del profilo di connettività funzionale a riposo in fMRI che ha fornito informazioni circa le aree responsabili nello svolgimento del compito somministrato ai candidati, oltre a, come citato per l'analisi di clustering, identificare le aree la cui attivazione spontanea a riposo è in grado di distinguere soggetti ad alta/bassa capacità di intuizione ma soprattutto soggetti Responders/NonResponders. 65 RISULTATI Le analisi hanno mostrato effetti significativi per entrambe le metodiche di modulazione utilizzate (tACS, tRNS), i quali verranno esposti di seguito distinti per i due tipi di stimolazione. tACS CRA. La stimolazione a corrente alternata ha mostrato un incremento significativo della capacità di intuizione per entrambe le frequenze impiegate, con una riduzione significativa dei tempi di reazione nelle risposte corrette per la stimolazione a 10Hz nelle aree Parietale Destro per le risposte a media difficoltà [F(5,29) = 19.18, p<0.001, diminuzione dei RT del 28%] e Temporale Destro [F(5,29) = 17.93, p<0.001, diminuzione dei RT del 25%] per le risposte più facili (Figura 15). Un incremento significativo del numero di risposte corrette fornite è stato osservato durante la stimolazione a 40Hz sul sito di stimolazione Parietale Destro [F(5,29) = 25.34, p<0.001] con un aumento della performance pari al 45% dei livelli di accuratezza senza stimolazione (Figura 14), assieme ad un incremento più modesto dell’accuratezza per la stimolazione a 40Hz sul Temporale Destro. L’analisi delle risposte corrette sulla base della difficoltà ha mostrato un effetto preponderante per le risposte Difficili e Medie, con effetti nulli per le prove indicate come Facili (Figura 14). Sia per le risposte in generale sia per quelle Difficili/Medie, l’effetto è stato identificato per le risposte date entro il limite di tempo (20") con nessun effetto significativo per le risposte date oltre il limite. L’analisi delle strategie di risoluzione non ha fornito dati significativi, tuttavia mostrando alcuni trend che suggeriscono la possibile utilità di questa indagine anche in studi futuri. REBUS. L'analisi relativa al secondo task impiegato ha evidenziato un solo risultato significativo, relativo ad una diminuzione dei tempi di reazione delle prove più difficili durante la stimolazione a 10Hz sul sito Temporale Destro [F(5,29) = 24.18, p<0.001, diminuzione dei RT del 46%] (Figura 16). 66 Figura 14 Accuratezza delle risposte nello studio tACS in riferimento alle CRA. Si nota un forte incremento (+45%) di risposte corrette fornite con la stimolazione tACS 40Hz sul Parietale Destro (P4) per le prove difficili, con un incremento minore anche nelle prove medie. Anche la stimolazione tACS 40 sul Temporale Destro (T8) ha incrementato l’accuratezza delle risposte fornite rispetto alla sham in misura minore, ma sempre per le prove difficili. 67 Figura 15 Tempi di reazione per le risposte corrette fornite alle CRA. Si notano decrementi dei tempi di reazione sia per la stimolazione tACS a 10 Hz applicata sul Parietale Destro (P4), nei trial a Media difficoltà, sia sul Temporale Destro (T8) nelle prove più Facili (rispettivamente -28% e -25%). Figura 16 Tempi di reazione per le risposte corrette ai Rebus. Si nota un decremento (-46%) dei tempi di reazione per le risposte più difficili alla condizione di stimolazione tACS 10 Hz sul Temporale Destro (T8). tRNS CRA. La stimolazione random noise ha mostrato un incremento significativo della capacità di intuizione per la stimolazione effettuata sul sito Parietale Destro e Temporale Destro, con effetti dissociati per Tempi di Reazione e Accuratezza. Nello specifico, un incremento significativo del numero di risposte corrette fornite è stato osservato durante la stimolazione tRNS sul sito Temporale Destro [F(5,29) = 25.34, p<0.001] con un aumento della performance pari al 28,3% dei livelli di accuratezza senza stimolazione per le risposte difficili e del 28% per le medie (Figura 17). 68 Una riduzione significativa dei tempi di reazione nelle risposte corrette è stata ottenuta durante la stimolazione sul Parietale Destro [F(5,29) = 18.47, p<0.001, diminuzione dei RT del 27%] (Figura 18). L’effetto sui tempi di reazione si è osservato maggiormente per le prove Medie e Facili. Sia per le risposte in generale sia per quelle Difficili/Medie, l'effetto è stato identificato per le risposte date entro il limite di tempo (20") con nessun effetto significativo per le risposte date oltre il limite. Ancora una volta, l'analisi delle strategie di risoluzione non ha fornito risultati significativi. REBUS. L'analisi dei dati relativi ai rebus non ha mostrato alcun effetto significativo né per Tempi di Reazione né per l'Accuratezza per la stimolazione tRNS. Figura 17 Accuratezza nelle CRA per lo studio tRNS. Si nota un aumento dell’accuratezza pari al 28,30% per le risposte difficili e del 28% per le medie, nella condizione sul Temporale Destro (T8). 69 Figura 18 Tempi di reazione per le risposte corrette durante la tRNS per le CRA. Si nota un decremento dei tempi per la condizione tRNS sul Parietale Destro (P4) pari al 27% nelle risposte Medie e, in misura minore, per le risposte Facili. fMRI Come avvenuto per le variabili inserite nel clustering, le analisi di Risonanza Magnetica Funzionale in stato di riposo hanno contribuito ad identificare il profilo di connettività a riposo responsabile delle differenze nella risposta a tACS e tRNS nel nostro campione. Nello specifico è stato impiegato un GLM basato su un atlante anatomico composto da 120 aeree corticali e sottocorticali; la connettività è stata stimata come correlazione prodotto-momento di Pearson, utilizzando una soglia statistica pari a p.<0.05 corretta con False Discovery Rate. Come riportato in figura19 e 20, le aree di stimolazione situate nel lobo Temporale di destra (T8, Figura 19) e lobo Parietale di Destra (giro 70 angolare, P4, Figura 20) mostrano un differente profilo di connettività verso altre regioni cerebrali corticali e sottocorticali, facenti parte o meno del network dell'intuizione. Nel dettaglio, le immagini incluse nelle Figure 19 e 20 rappresentano le aree di aumentata (in rosso/giallo) o diminuita (in blu/celeste) sincronizzazione tra l'area stimolata tramite tACS/tRNS (cerchio verde) e il resto del cervello nei soggetti che rispondono maggiormente alla stimolazione con tRNS e/o tACS. Le aree evidenziate sono per lo più situate nel lobo temporale destro stesso, come anche in quello parietale, mentre sono evidenti anche altre connessioni con strutture sottocorticali quali l'amigdala, e aree situate nell'emisfero controlaterale quali la corteccia motoria ed il lobo temporale di sinistra (Figura 19 e 20). I risultati suggeriscono che una maggiore connessione a riposo tra il lobo temporale e parietale di destra sia un fattore predittivo di risposta alla stimolazione e miglioramento nei punteggi alle CRA, ad indicare che un network dell'intuizione ben coeso già prima dell'intervento con tES può essere un fattore predisponente alla riuscita della neuromodulazione. A questo si aggiunge la connettività di queste aree con strutture apparentemente non facenti parte del network dell'intuizione, suggerendo altri interessanti scenari per ottimizzare in futuro i protocolli di stimolazione elettrica non invasiva volti al miglioramento delle funzioni cognitive. Figura 19 Connettività funzionale del giro temporale di destra. Nei soggetti che hanno risposto in misura maggiore alla stimolazione si nota un incremento della connettività con il giro temporale fusiforme di destra, con il giro paraippocampale di destra, con l’amigdala di destra e con il giro paraippocampale di destra. Si riporta invece una diminuzione della connettività negli stessi soggetti con il polo occipitale bilaterale, con l’area temporo-occipitale di sinistra e con il giro fusiforme occipitale di sinistra. 71 Figura 20 Connettività funzionale del giro angolare di destra (parietale). Si presenta aumentata nei soggetti rispondenti in misura maggiore alla tES per quanto riguarda le regioni dell’amigdala destra e sinistra, del giro fusiforme di sinistra (temporale) e del giro temporale mediale di destra. Inoltre, si nota un aumento della connettività tra il parietale destro e la corteccia motoria/premotoria controlaterale, oltre ad una diminuita connettività con le regioni dell'insula destra e della corteccia prefrontale destra. Clustering e Predizione Due analisi di Clustering sono state effettuate sul campione, utilizzando i punteggi ottenuti durante le stimolazioni tRNS e tACS. I risultati ottenuti sono riportati nelle Figure 21 e 22, dove sono visibili (i) la suddivisione in gruppi del campione per le due metodiche (2 gruppi per la tACS, 4 gruppi per la tRNS; goodness of classification index = 0.78 e 0.74 per tACS e tRNS, rispettivamente), e (ii) la caratterizzazione del campione sulla base delle risposte date al task di intuizione oltre ad altre variabili raccolte quali i task cognitivi inerenti la memoria, l'attenzione, l'intelligenza fluida, il quoziente di intelligenza e le funzioni esecutive. Come è osservabile, il profilo dei soggetti Responders e NonResponders identificati dall'algoritmo si distingue anzitutto per i punteggi al test CRA in entrambe le stimolazioni tES, mentre i predittori più importanti per la risposta alla stimolazione tACS e tRNS differiscono notevolmente. Si rilevano, infatti, predittori legati alla Working Memory (WM) ed all'intelligenza fluida (RAPM) per la tACS, mentre sono stati identificati predittori significativi quali il sesso di appartenenza e il quoziente intellettivo per la tRNS. Questi risultati indicano come le due metodiche di stimolazione interagiscano con l’attività cerebrale in modalità sostanzialmente diverse e conseguentemente, come lo stesso soggetto possa rispondere in maniera differente ai due tipi di stimolazione, mostrando i presupposti per dare vita ad una stimolazione “personalizzata”. 72 Figura 21 Clustering e relativi predittori per la performance alla tACS. I primi parametri (Accuratezza ed RT) sono riferiti alla performance sotto stimolazione tACS, secondo i quali i soggetti sono stati divisi in gruppi. Come notiamo, gli indicatori che correlano con le migliori performance alla stimolazione sono: la Working Memory Verbale, la performance alle Matrici di Raven (intelligenza fluida) ed il Visual Search. Il campione si presenta suddiviso in due gruppi sulla base della risposta alla tACS. 73 Figura 22 Clustering e relativi predittori per la performance alla tRNS. I primi parametri (Accuratezza ed RT) sono riferiti alla performance sotto stimolazione tRNS, secondo i quali i soggetti sono stati divisi in gruppi, in questa analisi i gruppi sono quattro. Gli indicatori che correlano con le migliori performance alla stimolazione sono: il genere, il Quoziente Intellettivo e la Working Memory Visiva. 74 DISCUSSIONE Stimolazione I risultati del nostro studio dimostrano come sia effettivamente possibile aumentare la capacità di intuizione grazie ad entrambi i tipi di modulazione elettrica applicata (tACS e tRNS) che non erano stati ancora testati in letteratura su questo processo cognitivo intrinseco. Ricordiamo come il nostro protocollo era stato creato basandoci sulle evidenze neurofisiologiche ricavate da Beeman e colleghi, per cui ci aspettavamo un effetto maggiore di potenziamento cognitivo nella condizione tACS a 10Hz del parietale destro (P4) e tACS 40Hz sul temporale destro (T8). I risultati ottenuti per il task delle CRA, confermano in parte questa teoria, dimostrando però come l’effetto specifico della frequenza di stimolazione somministrata sia indipendente dalla sede che la riceve (nell’ambito di P4 e T8). La diminuzione dei tempi di risposta (calcolati sulle risposte corrette fornite) infatti, si è registrata in maniera significativa alla tACS a 10 Hz somministrata sia sulla regione parietale di destra che su quella temporale. Parallelamente l’aumento dell’accuratezza nelle risposte fornite (entro il tempo massimo di 20 secondi previsto dal test), si è verificato in entrambi i siti modulati dalla tACS a 40 Hz. Questi miglioramenti della performance, indipendenti dall’accoppiamento “sito di stimolazione-frequenza” ipotizzati da Beeman, sembrano suggerire che l’attività alfa possa intervenire prevalentemente sulla prima parte del processo di illuminazione, dove è necessario inibire le idee dominanti e le vecchie interpretazioni mentali soggettive per elaborare deboli associazioni (Beeman 2014), contribuendo quindi a velocizzare questa fase iniziale del processo. Contemporaneamente, l’effetto dell’oscillazione gamma somministrata con la tACS sull’accuratezza, in maniera indipendente dalla sede, fa ipotizzare che questa frequenza di scarica neuronale sia quella effettivamente messa in atto nel momento in cui il soggetto elabora la nuova interpretazione del problema e trova la corretta soluzione portandola alla coscienza (Tallon-Baudry C 1999), fase finale del processo intuitivo. L’importanza delle frequenze di attivazione cerebrale individuate dai precedenti studi, (che sono qui amplificate dalla modulazione-tACS alla stessa frequenza di attivazione endogena), sono perciò confermate dai nostri risultati; tuttavia non sembra esistere una 75 relazione forte di tipo frequenza-sede per le due aree implicate nel processo, quanto piuttosto un’interazione frequenza-potenziamento di una specifica fase del processo intuitivo che si riflette su una specifica variabile del task (tACS-alfa che agisce sui tempi di reazione e tACS-gamma che migliora i tempi di accuratezza). Gli effetti sopra citati di potenziamento sono stati rilevati per la maggior parte nelle prove CRA a maggiore difficoltà (per l’analisi i problemi erano stati suddivisi in quelli a bassa, media ed elevata difficoltà), ciò sottolinea come l’intervento di modulazione vada a potenziare il soggetto nel suo punto “più debole”, enfatizzando l’efficacia dei risultati raggiunti. Per quanto riguarda le aree sinistre stimolate (parietale e frontale), selezionate per la stimolazione grazie alla metanalisi quantitativa degli studi fMRI presenti in letteratura (nei quali erano usati molti tipi di task diversi), i risultati ottenuti non hanno dimostrato risultati significativi, né per i Rebus né per le CRA; probabilmente queste aree non sono funzionalmente rilevanti nell’esecuzione degli insight-task usati nel nostro esperimento. In riferimento ai risultati ottenuti nell’esecuzione dei Rebus si è verificato un miglioramento solo nei tempi di reazione con la stimolazione tACS a 10 Hz sulla sede del temporale destro. Questo dato conferma l’ipotesi dell’importanza delle oscillazioni cerebrali di tipo alfa per la prima parte del processo intuitivo che influisce maggiormente sui tempi di reazione ma porta verso un interrogativo: possiamo parlare di incremento effettivo dell’intuizione o di aumento della performance in un test specifico anche se pur sempre basato sull’intuizione, visto il minimo miglioramento della performance nei Rebus? Per rispondere a questa domanda, che sorge spontaneamente dati i risultati non sovrapponibili tra la performance dei Rebus e nelle CRA, sarà necessario forse ricorrere in futuro ad un nuovo test che cerchi di valutare in modo ancora più standardizzato la capacità d’insight individuale. fMRI L’analisi della connettività a riposo dei soggetti ha confermato le ipotesi sulla strutturazione dell’insight-network emersa dai primi studi di Beeman. Nei soggetti con la migliore performance alla tACS/tRNS infatti è stata rilevata una maggiore connettività tra il temporale destro e il parietale destro (esattamente tra le stesse aree sottoposte alla stimolazione), a conferma di un pattern caratteristico di comunicazione 76 privilegiata tra questa due regioni cerebrali implicate nel miglioramento della performance all’insight task (CRA). Inoltre, entrambe le regioni sembrano essere maggiormente connesse con altre aree appartenenti allo stesso lobo, a sottolineare l’effettiva importanza delle regioni temporali e parietali destre nel nostro esperimento. La maggiore connettività a riposo tra il parietale e il temporale destro può essere messa in relazione infine con il miglioramento della performance indipendente dal sito scelto (tra P4 e T8): la stimolazione di una delle due aree cerebrali sembra, infatti, determinare un effetto simile anche quando è modulata l’altra proprio perché esse sono strettamente interconnesse a livello funzionale e l’incremento della performance si può trasmettere automaticamente dall’una all’altra regione. Questi risultati ci permettono quindi di identificare quindi un possibile marker per la predizione della risposta del soggetto alla stimolazione, da ottenere effettuando un semplice, breve esame, non invasivo e non dannoso, che assieme ai risultati del clustering, permette di iniziare a delineare il prototipo del paziente rispondente alla stimolazione applicata per aumentare una specifica funzione cognitiva. Clustering e Predizione L’analisi dei clustering sul campione ha dimostrato per prima cosa come la risposta degli stessi soggetti ai due tipi di stimolazione non è sovrapponibile, in altre parole, che coloro che rispondono in maniera positiva ad una stimolazione possono non rispondere in maniera equivalente all’altra, essendo stati suddivisi in gruppi diversi sulla base della performance ottenuta alle CRA. Nella risposta alla stimolazione tACS, i soggetti sono stati suddivisi nettamente in due gruppi identificanti i Responders e i NonResponders, la cui performance nell’esecuzione del test sotto stimolazione correla con i predittori Working Memory, Intelligenza Fluida e Visual Search, valutati nell’assessment cognitivo preliminare. Per la risposta alla tRNS invece, i gruppi individuati sono quattro, e in maniera molto inaspettata, è emerso come primo predittore della performance il sesso di appartenenza dei soggetti, seguito poi dalla misura di Quoziente Intellettivo e da quella di Change Detection (indicatore della visual working memory). In entrambe le stimolazioni quindi assume un ruolo di primo piano l’Intelligenza, come Intelligenza Fluida per la risposta 77 alla tACS e come Intelligenza Generale (quoziente intellettivo) nella tRNS; inoltre in entrambe troviamo come predittore un task propriamente visivo: il Visual Search per la tACS e il Change Detection per la tRNS, che rappresenta, tra l’altro, il corrispettivo visivo della Working Memory Verbale, primo predittore nella performance tACS. Il genere dei soggetti invece, non compare tra i primi predittori per quanto riguarda la tACS. Queste prime evidenze, che necessitano di conferma in studi successivi, sembrano indicare che i due tipi di stimolazione somministrata interagiscono di fatto con funzioni cerebrali diverse, emerse grazie allo studio dei predittori, che benché presentino delle analogie in quanto a “tipologia” di funzione cognitiva, non sono comunque sovrapponibili (i.e. Intelligenza Fluida-Generale, Working memory visivaverbale). Inoltre tali dati permettono di aprire delle nuove prospettive per l’applicazione futura delle tecniche di neuromodulazione. Innanzitutto da questi dati preliminari sembra emergere che, facendo eseguire al soggetto alcuni task cognitivi valutanti le funzioni sopra citate, possa essere predetta la successiva risposta individuale alla stimolazione. Ciò permetterebbe di selezionare effettivamente soltanto i veri Responders per i protocolli di stimolazione, sia in ambito di neuro-enhancement, sia in campo di recupero funzionale dei disturbi cognitivi acquisiti e del neurosviluppo. Contemporaneamente, valutando i suddetti predittori, sembra possibile anche identificare il tipo di stimolazione più efficace per il paziente, come avviene, di fatto, nella pratica clinica quando la selezione di un farmaco avviene sulla base di parametri clinici e strumentali. La personalizzazione della terapia sul paziente sembra quindi proporsi anche in ambito di neuromodulazione e, visto l’ampliamento esponenziale dei campi di applicazione della tES che spaziano dai disturbi cognitivi acquisiti (i.e. deficit di memoria nell’Alzheimer) alle malattie psichiatriche (i.e. Depressione farmaco resistente), questa non può essere ignorata ma necessita invece di una ricerca rigorosa volta, come avviene negli USA da alcuni anni, a identificare curve Dose-Risposta per ciascuna metodica tES e alla strutturazione di protocolli standardizzati di intervento per le diverse condizioni di interesse. 78 CONCLUSIONI Nella grande varietà e scarsa uniformità di evidenze in letteratura sul campo dell’Intuizione, il nostro studio permette di iniziare a fare luce su questo misterioso ed affascinante processo intrinseco. I risultati dell’esperimento di stimolazione, benché del tutto preliminari, possono far ipotizzare che i centri deputati allo svolgimento di quello che è ritenuto un nuovo insight-task (le CRA) siano effettivamente localizzati nelle regioni parietali e temporali di destra e che soprattutto, sia possibile incrementare la performance dei soggetti attraverso un semplice protocollo di neuromodulazione non invasiva e priva di effetti collaterali. La presenza di un’aumentata connettività fMRI tra le aree in questione e al loro interno, identificata nei soggetti che raggiungono la migliore performance sotto stimolazione, rende ancora più plausibile questa teoria. Tuttavia, la mancanza di miglioramenti importanti nello svolgimento dei Rebus, considerati anch’essi un insight-task, pone delle domande cui sarà obbligo cercare di trovare una risposta negli studi futuri: forse i Rebus non sono veri insight-task? O forse sono insight-task che attivano network ed aree differenti rispetto a quelle messe in atto per lo svolgimento delle CRA? Sul fatto che le CRA possano essere risolte con il metodo intuitivo vi sono molte evidenze, certamente però, essendo ancora agli albori di studi di questo tipo, nessuna ipotesi può essere esclusa a priori. L’analisi dei cluster ha rivelato anch’essa correlazioni interessanti per iniziare a definire il prototipo di soggetti Responders che, ricordiamo, sarà integrato anche con l’analisi dell’EEG a riposo dei soggetti e con l’analisi dei polimorfismi genetici. Grazie ad ulteriori indagini sembra possibile arrivare un domani a definire, anche in questo campo, un trattamento realmente personalizzato e useful per il paziente. Ma, in conclusione, a che cosa è servito essere riusciti ad incrementare la capacità di risoluzione di un particolare tipo di test nei giovani sani? Per prima cosa, è stato dimostrato come un metodo di problem solving, apparentemente inconsapevole e incontrollabile dall’uomo, può essere potenziato in maniera del tutto sicura e non invasiva, in soggetti sani. Ciò prospetta la possibilità di poter andare a interagire anche con individui in età dello sviluppo che presentano disturbi dell’apprendimento e di problem solving, come pure in anziani che vedono declinare più o meno fisiologicamente le loro funzioni cognitive. Dall’altro lato, si staglia il quesito etico del possibile utilizzo di tali metodiche di neuro-enhancement anche nella popolazione sana, 79 semplicemente per incrementare il rendimento cognitivo, cosa che effettivamente negli U.S.A. sta prendendo piede grazie alla fruibilità sul mercato globale di stimolatori a basso costo ed all’assenza di una regolamentazione internazionale per la loro vendita e l’utilizzo. Comunque sia, le enormi possibilità che si prospettano nell’utilizzo di queste nuove metodiche con le più disparate applicazioni, non deve essere un freno nel continuare a cercare di creare nuovi protocolli che aiutino i pazienti nel recupero delle proprie funzioni originarie o semplicemente che aiutino l’uomo nella sua quotidianità. Un “Eureka moment” in più, infatti, può rivelarsi prezioso per tutti e magari anche per gli stessi neuroscienziati, perché come canta adesso anche Jovanotti, “è la scienza (…) si procede per Intuizioni!”. 80 BIBLIOGRAFIA A. Moriwaki, Y. H., Y. Hayashi, Y. F. Lu, N. Islam, Y. Hori (1994). "Repeated application of anodal direct current produces regional dominance in histamine-elicited cyclicAMP accumulation in rabbit cerebral cortex." Acta Med Okayama 48: 323-326. Abraham, A. a. W., S. (2007). "Creative cognition: the diverse operations and the prospect of applying a cognitive neuroscience perspective. ." Methods 42: 38-48. Alexandre F. DaSilva, M. E. 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Mente & Cervello, N. 120, anno XII, pag. 26 http://www.astronomia.com/2007/05/29/il-dubbio-di-einstein-la-nascita-della-relativitaristretta/. http://www.sapere.it/enciclopedia/K%C3%B6hler,+Wolfgang.html/ http://www.neurochirurgia-udine.it/news/malattie.php?id=22 http://www.treccani.it/enciclopedia/stimolazione-cerebrale-elettrica-emagnetica_%28Dizionario-di-Medicina%29/ 87 RINGRAZIAMENTI Desidero ringraziare il Professor Alessandro Rossi, che mi ha accolto nel suo reparto nel modo in cui tutti gli studenti desiderano, avendo la premura di intuire i miei interessi e di indirizzarmi senza esitazione verso essi. Ringrazio quindi Emiliano che mi ha seguito con pazienza, rispondendo a ogni mio dubbio o curiosità, spronandomi e insegnandomi costantemente, ma soprattutto trasmettendomi la sua passione. Un altro ringraziamento va naturalmente al direttore del laboratorio, il professor Simone Rossi e a tutto il personale con cui non ho condiviso soltanto un interesse scientifico, ma un’esperienza di vita che mi ha fatto crescere e maturare, oltre che assolutamente divertire. Un ringraziamento speciale va a tutti i miei amici e parenti che hanno partecipato allo studio, senza di voi non sarebbe stato possibile intraprenderlo: Agnese, Alberto, Alfredo, Benedetta, Bruno, Carmine, Elena, Elia, Elio, Federica, Francesca, Francesco, Francesco, Gilda, Giulia, Giulia, Giorgio, Ilenia, Martina, Martina, Miriam, Michele, Maria Francesca, Nicoletta, Niccolò, Pasquale, Silvia, Sheila, Simone, Tommaso e Verdiana. Ringrazio tutti i miei parenti, che mi hanno sempre incoraggiato e mostrato fiducia in questo lungo percorso, aiutandomi anche a rinvigorire anche la mia motivazione nei momenti più duri. Un enorme grazie va quindi al gruppo del Polpo (Andrea, Benedetta, Elisabetta, Federica, Martina, Miriam, Michele, Nicoletta, Nicolò) senza di voi questi sei anni sarebbero stati molto più tristi e faticosi; inutile dire che avete reso questo percorso, intrapreso assieme per caso, fantastico; quasi quasi lo riinizierei per trascorrere con voi altri momenti come tutti quelli passati insieme in questi anni! Grazie Federica, Maria Francesca, Miriam, e Nicoletta; quando ci sono troppe cose da dire forse la miglior cosa è il silenzio, io vi dico solamente ancora con tutto il cuore grazie, nella convinzione che questo sia solo il primo traguardo di tutti quelli che condivideremo (anche solo con il cuore) insieme. Infine, un grazie speciale a Giulio, Mario, Antonietta e Luciano, che, sono sicura, mi hanno guidato anche da lassù. 88