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March 2016 Una scommessa per la pace La missione UNIFIL e l’impegno italiano in Libano Authors: Claudia Candelmo, Antonella Roberta La Fortezza Abstract Well before 2006, when UNIFIL II was established through UN Security Council Resolution 1701, Italy has been engaged in Lebanon, bringing its contribution to end the hostilities and keep the peace between the two neighbours: Israel and Lebanon. Already in UNIFIL I and in the Multinational Force in Lebanon (MFL), the Italian battalion has brought an invaluable contribution to the mission, creating an Italian model of the missions abroad. This custom still continues today: in UNIFIL II, ITALBATT currently has a leading role, both in the field of cooperation and in the military sector. As far as cooperation is concerned, thanks to the several projects carried out by the CIMIC – Civil and Military Cooperation – Unit, with particular attention on the Quick Impact Projects, Italy contributes to satisfy the very basic needs of the population such as education, health and infrastructures. In the military sector, all the strategic operations that our battalion carries out, together with the particular attention that ITALBATT has always given to the psychological side of the mission, make Italy one of the most important contributors to UNIFIL. The report aims to explore the main activities and the contribution that Italy has given and is still giving to UNIFIL, highlighting the importance that the Italian soldiers have in the acceptance of the UN mission by the Lebanese population. Keywords: UNIFIL II, ITALBATT, Israeli-Lebanese Wars, Italian model Language: Italian About the authors CLAUDIA CANDELMO Collaborator of the “North Africa and Near East” Programme, IsAG, Rome [email protected] ANTONELLA ROBERTA LA FORTEZZA Collaborator of the “North Africa and Near East” Programme, IsAG, Rome [email protected] Any opinions or ideas expressed in this paper are those of the individual author and don’t represent views of IsAG. ISSN: 2281-8553 © Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie 3 Indice 1. Le Nazione Unite e il Libano: un impegno lungo quarant’anni ........................... 4 2. Il Paese dei Cedri: culla e incubatrice di un modello tutto italiano ...................... 5 3. Il contributo italiano alla missione UNIFIL II: analisi di un successo politico e militare ..................................................................................................................... 8 4. Un’eccellenza italiana: la cooperazione allo sviluppo........................................... 12 5. Conclusioni .......................................................................................................... 15 www.istituto-geopolitica.eu www.geopolitica-rivista.org Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie 4 1. Le Nazione Unite e il Libano: un impegno lungo quarant’anni Nell’agosto 2016, la missione UNIFIL II, United Nations Interim Force in Lebanon, giungerà al suo decimo anno, ma la storia della missione internazionale nel Sud del Libano ha origini ben più lontane. A seguito dell’invasione del Libano da parte di Israele nel marzo 1978, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite emanò la risoluzione 425 del 19 marzo 1978, con la quale, oltre a invocare la cessazione delle ostilità, istituiva, su richiesta del governo libanese, la missione UNIFIL, con lo scopo di monitorare il ritiro delle forze israeliane dal Sud del Libano e assistere il governo libanese nel ripristino dell’effettiva autorità nell’area coinvolta dal conflitto. Con la successiva risoluzione 426, il Consiglio di Sicurezza approvò il report redatto dall’allora Segretario Generale Kurt Waldheim, che delineava in maniera più dettagliata le attività che avrebbe dovuto svolgere la missione, la quale ricopre, tutt’oggi, un delicato ruolo di interposizione tra le forze libanesi e israeliane. In primo luogo, UNIFIL avrebbe dovuto verificare il ritiro delle forze israeliane dal territorio libanese, monitorare la cessazione delle ostilità e assicurare il ripristino della sovranità libanese sul territorio conteso. Lo stesso report del Segretario Generale indicava, orientativamente, la forza militare necessaria per le attività in oggetto, ritenendo necessari non meno di cinque battaglioni, per un totale di una forza di circa 4.000 uomini. L’Italia non prese parte alla missione inizialmente, ma si recò in Libano con il contingente ITALCON soltanto qualche anno più tardi. Infatti, nel 1982, nuovi scontri tra le fazioni causarono imponenti perdite umane e una vera e propria crisi umanitaria: le truppe israeliane invasero nuovamente il Libano e il Sud del paese divenne particolarmente instabile a causa del persistente afflusso di profughi palestinesi. È in questo contesto che si collocano le due missioni internazionali Libano 1 e Libano 2 dell’Italia, che rientrano nella Multinational Force in Lebanon (MFL), che tuttavia si colloca al di fuori dell’egida ONU. Pur non potendo passare attraverso il canale delle Nazioni Unite, infatti, alcuni paesi www.istituto-geopolitica.eu decidono di agire per arginare la crisi che ha colpito il Libano nei primi mesi del 1982: è il momento di Libano 1, in cui ITALCON parte per una missione di breve durata che vede coinvolti Regno Unito, Italia, Francia e Stati Uniti. In particolare, questa prima missione viene inviata per verificare l’evacuazione delle truppe israeliane che all’epoca dei fatti accerchiavano Beirut. I militari italiani rientrano nel settembre 1982, ma solo pochi giorni dopo vengono richiamati in Libano, quando il paese entra nuovamente in crisi. Il Presidente cristiano Bashir Gemayel viene assassinato assieme ad altri dirigenti politici e ciò causa la ritorsione nei confronti della popolazione araba: i due campi profughi di Sabra e Chatila vengono accerchiati e la popolazione al suo interno massacrata per tre giorni. In questo momento così tragico, il Consiglio di Sicurezza non riesce ad ottenere l’unanimità dei suoi membri permanenti per un progetto di risoluzione su una nuova missione di interposizione; la Multinational Force in Lebanon viene istituita nuovamente al di fuori delle Nazioni Unite e prosegue ad essere una forza internazionale esterna all’ONU per tutta la sua durata. Sebbene messa ai voti, infatti, la risoluzione che avrebbe dovuto istituire una nuova forza di interposizione, non viene mai approvata1. L’Italia ha un ruolo di primo piano in queste due missioni e si distingue per l’atteggiamento fortemente empatico verso la popolazione del posto con la quale è in grado di stringere un legame molto forte. L’assenza di preferenze per una o per un’altra fazione politica e l’attenzione per l’azione umanitaria rendono inoltre l’azione del contingente italiano particolarmente apprezzata, iniziando a far emergere quell’Italian way con cui il nostro 1 Cfr. il progetto di risoluzione S/16351/Rev.2, del 28 febbraio 1984, la cui approvazione è stata bloccata dal veto sovietico (disponibile online: <http://www.un.org/en/ga/search/view_doc.asp?symbol= S/16351/Rev.2>). La risoluzione si colloca in un periodo particolarmente complesso delle relazioni internazionali, in cui la Guerra Fredda non si svolgeva soltanto sul fronte bilaterale, tra Unione Sovietica e Stati Uniti d’America, ma anche nell’ambito delle Nazioni Unite, la cui attività, in particolar modo l’azione del Consiglio di Sicurezza, è spesso bloccata dai veti incrociati delle due superpotenze. www.geopolitica-rivista.org Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie 5 paese approccia le missioni internazionali che permetterà poi all’Italia di avere un ruolo chiave nella successiva missione nel teatro libanese. La missione si conclude nel marzo 1984, quando ITALCON viene richiamato in patria, senza che tuttavia sia stato raggiunto lo scopo fondamentale di stabilizzare definitivamente il Libano. Il ruolo preponderante svolto dall’Italia nelle missioni degli anni Ottanta si dimostra nuovamente cruciale nel 2006, quando le ostilità tra Libano e Israele tornano a turbare un’area che non ha mai raggiunto la stabilità completa. Israele invade ancora una volta il Sud del Libano, a seguito dell’uccisione di alcuni militari israeliani, scatenando la guerra dei trentaquattro giorni. Lunghi colloqui diplomatici si svolgono nei giorni successivi all’invasione e vedono un ruolo fondamentale del governo italiano 2 , che preme per una risoluzione in cui sia lasciato ampio spazio per l’aiuto umanitario. Mentre paesi come gli Stati Uniti e la Francia spingono particolarmente per una risoluzione forte e per una vigorosa azione contro Hezbollah, la posizione italiana dimostra un interesse a tutto tondo che comprenda anche l’azione umanitaria e la stabilizzazione dell’area per evitare future ripercussioni sulla sicurezza della regione. Per ripristinare la stabilità e riportare la pace nel paese, le Nazioni Unite emanano la risoluzione 1701 dell’11 agosto 2006, con cui viene istituita la cosiddetta UNIFIL II: una nuova missione in Libano, più forte e con un mandato e un contingente più ampio rispetto a UNIFIL I, aumentato fino a 15.000 uomini. Il mandato di UNIFIL II è ben chiaro: da un lato, come nel precedente caso di UNIFIL I, è compito dei caschi blu monitorare l’evacuazione delle truppe israeliane e il rispetto della Blue Line, dall’altro i caschi blu hanno l’incarico di portare avanti una forte azione di cooperazione e di aiuto umanitario che consenta al Libano di tornare gradualmente alla normalità e contestualmente di rafforzare le istituzioni di un paese fortemente debilitato da anni di conflitto. L’attività della missione beneficia anche dei risultati della Conferenza di Parigi del 25 gennaio 2007, durante la quale il governo libanese presenta un programma di riforma e crescita economica in grado di far progredire il paese dopo anni di instabilità politica e occupazione militare grazie, inter alia, alle donazioni provenienti da paesi quali la Francia, gli Stati Uniti, la Banca Mondiale e la Banca europea per gli investimenti. Attualmente, UNIFIL II è in piena attività e continua ad operare per mantenere al sicuro il Sud del Libano e la zona che circonda la Blue Line: la missione viene periodicamente rinnovata, solitamente con cadenza annuale, mediante risoluzioni del Consiglio di Sicurezza. Da ultimo, il mandato della missione è stato esteso fino al 31 agosto 2016, attraverso la risoluzione 2236 del Consiglio di Sicurezza3. 2 3 L’importanza del ruolo italiano è testimoniata dalla conferenza diplomatica tenutasi a Roma il 26 luglio 2006, che ha preceduto di poche settimane l’adozione della risoluzione 1701. www.istituto-geopolitica.eu 2. Il Paese dei Cedri: culla e incubatrice di un modello tutto italiano Quella tra l’Italia e il Libano è una lunga storia di amicizia e di intesa. Il Libano è per l’Italia un partner strategico da tenere costantemente in considerazione nella più generale politica estera nel Levante e, più ampiamente, mediorientale della nostra Repubblica. Proprio la storia dei rapporti tra i due paesi e la rilevanza strategica che il Libano ha giocato e continua a giocare per l’Italia hanno fatto in modo che, nel corso degli ultimi decenni, l’impegno italiano nel Paese dei Cedri sia costantemente e continuamente aumentato. Ad oggi l’Italia rappresenta la principale forza nazionale di peacekeeping all’interno della missione UNIFIL, vantando peraltro una significativa e continuativa presenza anche civile e della cooperazione allo sviluppo nel paese del Levante; nonché una vicinanza storica di intenti e un bagaglio culturale affine, comune a molti dei paesi che si affacciano sul Mar Mediterraneo. A testimonianza di questa special relationship tra le due sponde del Mediterraneo vi è sicuramente la serie di incarichi assunti United Nations Security Council, Resolution 2236 (2015), <http://www.un.org/en/ga/search/view_doc.asp?symbol= S/RES/2236%282015%29>. www.geopolitica-rivista.org Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie 6 dall’Italia all’interno della missione targata ONU: nel 2014, per la terza volta, la guida della missione UNIFIL è stata, infatti, affidata all’Italia4. I riconoscimenti in termini di incarichi concessi all’Italia stanno a sottolineare, da un lato, l’indubbia professionalità rispetto al mandato avuto dalle Nazioni Unite e la serietà delle nostre motivazioni alla base della presenza nazionale in Libano; dall’altro sono anche un risultato storico, «frutto dell’operato delle truppe italiane, della capacità, propria del nostro retaggio culturale, di saper rispettare culture e tradizioni diverse, di sapersi mettere nei panni degli altri, di capirne il modo di pensare e agire di conseguenza nel rispetto del mandato assegnato»5. A partire dagli anni Ottanta il Libano diventa teatro del primo impegno significativo delle Forze Armate italiane con la missione denominata Multinational Force in Lebanon (I e II). In quell’occasione, proprio la mancanza di un’azione sotto il cappello delle Nazioni Unite diede la possibilità ai singoli contingenti e agli apparati nazionali alle spalle di tali contingenti di esprimere, ciascuno a proprio modo, le diverse interpretazioni pratiche possibili dell’impegno militare all’estero. La chiave di lettura e l’interpretazione che l’Italia ne diede, proprio in occasione di questo primo banco di prova, ha definito con il passare del tempo una sorta di modello nato su territorio libanese ma applicato poi a tutte le missioni italiane all’estero6. La caratteristica predominante di questo modello è indubbiamente la continua ricerca 4 L’Italia ha assunto il comando della missione UNIFIL per tre volte. Il primo Comandante italiano della missione è stato il Generale Claudio Graziano; il suo mandato è iniziato il 29 gennaio del 2007 ed è terminato nel 2010 quando ha passato la guida della missione UNIFIL ad un Generale spagnolo, il Generale Alberto Asarta Cuevas. Nel gennaio del 2012 la missione è tornata ad essere guidata da un Generale italiano: il 28 gennaio ha, infatti, assunto l’incarico di capo missione il Generale Paolo Serra. Infine da luglio del 2014 il Capo missione è il Generale Luciano Portolano. Intervista al Generale Luciano Portolano, attuale comandante della Missione UNIFIL, disponibile online <http://www.difesaonline.it/evidenza/interviste/intervistaal-comandante-di-unifil-generale-luciano-portolano>. Lo stesso modello è stato utilizzato per le missioni in Somalia, in Mozambico e nei Balcani. 5 dell’equidistanza rispetto alle parti in conflitto la quale può essere ottenuta soltanto con capacità di ascolto, percezione dei bisogni e delle necessità primarie delle comunità locali e con un dialogo costruttivo, tanto più necessario quest’ultimo, in un paese così eterogeneo come il Libano. Un approccio che si è dimostrato particolarmente efficace in un contesto come quello libanese al fine di facilitare la ripresa del dialogo tra comunità fortemente divise, creare un senso di partecipazione congiunta alla soluzione dei problemi delle comunità e nello stesso tempo rafforzare le capacità di governo locale e sostenere la ricostruzione e lo sviluppo. L’attenzione data all’esigenza di mantenere un atteggiamento di imparzialità sul terreno, volto ad evitare che le forze armate italiane e, più in generale, l’Italia potessero diventare i difensori di una comunità piuttosto che di un’altra, ha favorito un atteggiamento positivo da parte delle diverse forze locali presenti sul territorio nei confronti degli uomini e delle donne di ITALBATT. Questo a sua volta ha reso sempre più stretto quel rapporto di amicizia e di ammirazione reciproco di storica evocazione. La strada seguita, facile soltanto all’apparenza, ha richiesto e continua a richiedere un notevole sforzo diplomatico ed un attento bilanciamento di tutti quei fattori necessari al buon esito della missione. Così facendo, l’Italia ha potuto godere di un crescendo di capitale di accettazione, di apertura e disponibilità in tutte le parti della società libanese, e in generale delle società in cui ha utilizzato il medesimo modello, anche al di là delle profonde divisioni da cui questa società è ancora oggi indubbiamente segnata. Proprio questa special relationship esistente tra i militari italiani e le forze locali, coadiuvata come detto da una storia decennale di amicizia tra l’Italia e il Libano, potrebbe essere uno dei motivi per cui nella tragica notte del 23 ottobre 1983, quando due camion imbottiti di esplosivo dalla neo costituitasi Hezbollah uccisero 246 soldati americani e 58 francesi decretando de facto la fine della missione iniziata l’anno precedente 7 , il contingente italiano non subì alcuna perdita. 6 www.istituto-geopolitica.eu 7 La missione termina de jure nel marzo del 1984. www.geopolitica-rivista.org Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie 7 In ossequio a quel modello che andava delineandosi, l’Italia, al contrario di Francia e USA, era riuscita, non senza difficoltà, a mantenere una posizione politica equidistante dagli Stati coinvolti nel conflitto e a non sostituirsi mai alle parti in campo. Questo “modello” tutto nostrano di gestione delle missioni militari all’estero, ha ricevuto segnali di apprezzamento anche a livello internazionale, in quanto se ne riconoscono in particolare le caratteristiche innovative ed efficaci, le modalità rispettose del territorio e delle varie sensibilità con cui è condotta e le capacità di interazione con tutte le componenti della società locale che ne sono alla base. La capacità tutta italiana di mantenere le redini della situazione senza mai sostituirsi alle forze locali ha permesso all’Italia di intervenire in contesti politicamente e militarmente sensibilissimi, ponendosi come fattore di equilibrio e di stabilizzazione e riuscendo a portare a casa un buon risultato finale. Proprio nel quadro di questo specifico modello deve collocarsi anche il contributo www.istituto-geopolitica.eu italiano alla missione UNIFIL II. Il Libano, dunque, rappresenta indubbiamente la culla di questo modello di azione ma rappresenta anche il più avanzato esperimento di intervento militare italiano all’estero. Grazie agli incarichi ad altissimo vertice ottenuti, l’Italia è inoltre riuscita a dare alla missione UNIFIL in generale il suo stesso modo di vedere, intendere e gestire l’intervento militare all’estero. Certo alcuni limiti derivano dalla presenza contestuale, di diverse nazionalità e dunque di diversi modi di intendere ed interpretare la missione in Libano e in generale le missioni di peacekeeping. Spesso questo può diventare una debolezza sul terreno, soprattutto quando barriere culturali generano dei limiti e delle difficoltà nel momento in cui ci si interfaccia con la popolazione. Per quanto il modello italiano, fatto di attenzione alla cultura locale e di profondo rispetto della stessa, sia apprezzato da più parti questo è tuttavia soltanto uno dei possibili modi di intendere le missioni all’estero, essendone possibili molti altri che www.geopolitica-rivista.org Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie 8 emergono naturalmente in contingenti internazionali così variegati ed eterogenei. Certo il quadro comune delle regole di ingaggio, dettato nel caso del Libano dalla risoluzione 1701, aiuta a prevenire letture fortemente contrastanti, ponendosi come un punto di riferimento inequivocabile e imprescindibile. Ma su questo poi si innestano diversi meccanismi, quali ad esempio l’interpretazione o la visione militare e politica della missione, che possono talvolta generare difficoltà serie sul terreno. Nonostante questi limiti, gli ottimi risultati che si registrano ad ormai quasi dieci anni dall’inizio della missione UNIFIL II in Libano possono, senza eccesso di presunzione, attribuirsi anche all’applicazione del modello operativo e di gestione italiano. 3. Il contributo italiano alla missione UNIFIL II: analisi di un successo politico e militare Con Decreto Legge del 28 agosto 2006, il governo italiano ha disposto l’invio di una Early Entry Force nazionale, denominata Joint Landing Force Libano quale contributo nazionale all’impegno richiesto dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU con la risoluzione 1701 nel Sud del Libano. La missione, denominata a livello nazionale LEONTE 8 , vede attualmente schierati circa 1.100 soldati italiani9 su un totale di circa 10.000 soldati provenienti da quaranta paesi10 . Nel 2006, al lancio della missione UNIFIL II, il contingente italiano contava più di 2.400 unità su un totale di circa 12.000 unità complessive; il consistente dato numerico delinea con precisione l’impegno italiano in Libano e l’importanza data dal nostro paese a questa missione. Dal 24 luglio 2014, per la terza volta, il comando della missione UNIFIL è stato affidato ad un italiano: il Generale di Divisione Luciano 8 Il nome, di origine greca, deriva dal nome utilizzato in italiano per indicare il fiume Litani, in arabo Nahr alLīṭānī. Il dettaglio degli assetti nazionali presenti nella Task Force sono disponibili sul sito dell’esercito, <http://www.esercito.difesa.it/operazioni/operazioni_oltr emare/Pagine/UNIFIL-Contributo-Nazionale.aspx>. Dati specifici della missione sono disponibili online al sito web delle Nazioni Unite <http://unifil.unmissions.org/Default.aspx?tabid=11559 &language=en-US>. 9 10 www.istituto-geopolitica.eu Portolano che è succeduto al Generale Paolo Serra. Inoltre, l’Italia detiene, ininterrottamente dal 2006, la leadership nel comando di uno dei due settori di cui si compone la missione11, in particolare il Settore Ovest, stanziato nella base “Millevoi” a Shama. Il Sector West si estende su un’area, la cosiddetta “sacca di Tiro”, la quale, sviluppandosi attorno alla città di Tiro, è delimitata a Nord dal confine naturale del fiume Litani, a Sud si estende fino a Rosh Ha Niqra e verso l’interno, infine, si sviluppa fino alla zona di Tibnine; l’area coperta dal settore comprende oltre 55 km di Blue Line12 su un totale complessivo di circa 120 km di linea armistiziale. A partire dal 14 ottobre 2015 il comando del Settore Ovest è stato affidato al Generale di Brigata dell’Esercito Franco Federici; sotto il suo comando si trovano forze provenienti da altri dodici paesi13. Il Generale Federici ha inoltre il comando della Joint Task Force italiana in Libano principalmente composta, dopo il passaggio di consegne avvenuto nell’ottobre del 2015 con la Brigata aeromobili Friuli, dalla Brigata alpina Taurinense, di stanza a Torino, nella conformazione NSBBNC (Non-Standing BiNational Brigade Command), comando di brigata bi-nazionale italo-francese composta appunto dalla Brigata alpina Taurinense e dalla 27ma Brigata di Fanteria da montagna francese. Nell’ambito del settore Ovest, l’Italia controlla, inoltre, due basi avanzate, la 1-31 alfa e la 1-32 alfa, situate proprio a pochi chilometri dalla Blue Line. Il controllo della base avanzata 1-32 alfa, posizionata nell’area di Rosh Ha Niqra, una sorta di terra nullius, è del resto di fondamentale importanza poiché proprio in questa base ha luogo il meeting 11 La missione UNIFIL si estende territorialmente su un’area relativamente piccola, circa 1.062 Km², delimitata a Nord dal fiume Litani, a Ovest dalla costa per circa 34 km e a Sud e a Est da circa 120 km di Blue Line (questo il nome della linea di demarcazione con il vicino Israele). La missione è stata divisa in due settori: Sector West (SW) e Sector East (SE) La Blue Line non è un confine vero e proprio bensì una linea armistiziale internazionalmente riconosciuta. I contingenti sotto la guida del Generale Federici provengono da: Francia, Armenia, Brunei, Finlandia, Ghana, Irlanda, Malesia, Repubblica di Corea, Slovenia, Tanzania, Serbia ed Estonia. 12 13 www.geopolitica-rivista.org Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie 9 tripartito in cui le due parti, Libano e Israele, si trovano a dialogare, con cadenza mensile, con la mediazione del comandante della missione UNIFIL. Quello del Tripartito è forse il più grande risultato dell’Italia: a rendere operativo il meccanismo del Tripartite Meeting è stato, infatti, il Generale Graziano e questo, ad oggi, è considerato come uno dei più grandi risultati dal fortemente apprezzato comando Graziano. Scopo pratico del tripartito era quello di definire una sorta di road map concordata e accettata dalle parti, unendo, inoltre, la possibilità di ottenere un feedback circa la missione UNIFIL direttamente dalle parti coinvolte. Durante il colloquio interposizionato 14 , le Nazioni Unite, per il tramite del comandante della missione, diventano l’intermediario attraverso il quale le parti si guardano e si parlano. Sebbene si tratti fondamentalmente di un incontro tecnico-militare in cui le tematiche principali riguardano la mappatura delle mine e delle cluster bombs, le violazioni aeree e soprattutto gli incidenti militari di confine, il meeting risulta comunque uno strumento vitale e ad alta valenza strategica in quanto è, a tutti gli effetti, l’unico momento di discussione esistente tra due paesi che non hanno relazioni diplomatiche e che sono tecnicamente ancora in guerra. L’obiettivo principale alla base della grande intuizione del Generale Graziano era proprio quello di riuscire a costruire, attraverso questo dialogo mediato, una sorta di processo di confidence building tra i due vicini. Fino ad ora il tripartito ha registrato risultati estremamente positivi; in diversi momenti della missione, i vari Comandanti che hanno partecipato al tripartito hanno sottolineato l’impegno e la volontà emersa quasi continuamente dalle parti circa il rispetto della cessazione delle ostilità in conformità alla risoluzione del Consiglio di Sicurezza. Da ultimo il Generale Portolano ha confermato tale volontà, delineando, ancora una volta, quello del tripartito come uno dei grandi 14 Si definisce “interposizionato” proprio perché avviene con la mediazione delle NU per il tramite del comandante della Missione. www.istituto-geopolitica.eu risultati della missione15. Il tripartito è anche il momento in cui si affronta quello che probabilmente è in assoluto il problema più delicato e complesso nelle relazioni tra i due paesi confinanti: la definizione pedissequa della Blue Line. La Blue Line 16 fisicamente dovrebbe comporsi di circa 528 Blue Barrels, i cosiddetti barili blu, da posizionarsi sul terreno (in termini tecnici si parla di “visualizzazione” sul terreno della Blue Line) dopo averne definito, attraverso il negoziato in tripartito, l’esatta ubicazione. Il lavoro legato alla demarcazione della Blue Line è lento e laborioso; ad oggi sono stati posizionati meno della metà, circa 237, dei barili necessari, rimanendo ovviamente ancora scoperte le zone più delicate, quelle dove l’accordo tra le parti risulta maggiormente difficile da raggiungere. Appare tuttavia evidente, come questo lavoro di demarcazione di un confine riconosciuto da ambo le parti sia uno tra i più importanti elementi di confidence building. Oltre alla definizione della Blue Line, del confine terrestre quindi, il tripartito è anche il luogo in cui Israele e Libano discutono della posa in mare delle boe così da definire anche i confini delle acque territoriali dei due Stati. In realtà, per quanto concerne il confine marittimo tra il Libano e Israele esso non è mai stato stabilito e la sua definizione non risulta essere neanche tra i compiti della missione UNIFIL 17 . La questione non è di 15 Intervista al Generale Portolano disponibile online, <http://www.difesaonline.it/evidenza/interviste/intervistaal-comandante-di-unifil-generale-luciano-portolano>. La Blue Line coincide con la linea sulla quale si ritirarono le truppe israeliane dal Libano del Sud nel maggio del 2000. Nel quadro della missione UNIFIL è dispiegata dal 2006, nelle acque territoriali libanesi, su richiesta delle autorità libanesi, anche una Maritime Task Force la quale ha tuttavia il solo compito di monitorare le acque territoriali assicurando un controllo della costa libanese e impedendo contestualmente l’accesso non autorizzato di armi o materiale simile via mare. La Task Force marittima è degna di nota anche perché è la prima forza navale a partecipare ad una missione di pace delle Nazioni Unite. Finora hanno contribuito alla UNIFIL Maritime Task Force dodici paesi: Belgio, Bulgaria, Danimarca, Francia, Germania, Grecia, Italia, Paesi Bassi, Norvegia, Spagna, Svezia e Turchia. La Task Force opera in stretta collaborazione con la Marina libanese; su richiesta delle autorità libanesi può anche deviare e/o ispezionare navi sospette impedendone 16 17 www.geopolitica-rivista.org Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie 10 poco conto se si considerano i giacimenti di gas presenti al largo delle coste di Gaza, Israele, Libano e Siria e l’importanza per lo sviluppo economico che l’accaparramento di simili giacimenti potrebbe avere sulle economie degli Stati costieri. La linea di confine marittimo tra le acque territoriali libanesi e israeliane è stata posizionata unilateralmente da Israele nel 2000 dopo il ritiro delle Forze di Difesa Israeliane (IDF) dal Libano. Se alla missione UNIFIL è stato affidato il compito di monitorare la linea di demarcazione terrestre tra Libano e Israele, non vi è, al contrario, menzione alcuna invece circa il monitoraggio e la definizione della linea delle boe. È evidente, tuttavia, che tale problematica emerga naturalmente durante il tripartito, non tanto in termini di decisioni specifiche quanto con l’obiettivo di prevenire o minimizzare i rischi legati a possibili incidenti in mare, che possano danneggiare la sicurezza della zona o mettere in pericolo i passi in avanti fatti finora in termini di mantenimento della pace tra i due vicini. I compiti e le attività svolte dalle Forze Armate (FA) italiane presenti in Libano si inseriscono ovviamente nel quadro del mandato generalmente stabilito dalla risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza delle NU. Le FA italiane hanno il compito quotidiano di supportare le Forza Armate libanesi (LAF) e il governo al fine di consentire una ripresa effettiva e completa della sovranità statale nel Sud del Libano; è questa la chiave di volta per l’attuazione della risoluzione 1701. In generale, UNIFIL sta lavorando affinché si possano affidare alle forze armate libanesi tutti quei compiti che attualmente vengono svolti dal contingente internazionale. A questo scopo risulta fondamentale favorire e intensificare la cooperazione tra le LAF e le forze UNIFIL sia tramite la realizzazione coordinata di tutte le attività operative, quali ad esempio pattuglie e posti di blocco, ma anche tramite la previsione di esercitazioni militari congiunte 18 , attività di formazione e scambio di esperienze. In particolare, le attività rientranti nell’area della formazione includono aspetti sia di carattere puramente militare ma anche questioni maggiormente legate ad aspetti sociali e politici. Per quanto concerne nello specifico l’esperienza italiana in merito alla formazione delle LAF, deve sottolinearsi il I corso, di recentissima conclusione (gennaio 2016), di formazione al soccorso medico in operazione (Basic and Combat Medical Care) condotto dal personale italiano proprio in favore delle FA libanesi e dei contingenti stranieri presenti nel Settore Ovest. Tali attività di formazione, che hanno coinvolto per il momento la quinta brigata libanese dislocata nella stessa area della Brigata Taurinense italiana, continueranno nei prossimi mesi coinvolgendo a rotazione altro personale delle forze di polizia e militari libanesi19. Inoltre, è da evidenziare l’attività di formazione a favore delle LAF svolta dall’unità cinofila italiana. Degno di nota è anche l’impegno portato avanti dal GENIO italiano in merito all’addestramento, in particolare relativamente alle attività di sminamento e antisabotaggio, delle forze integrate UNIFIL. Le attività di formazione congiunta sono di fondamentale importanza poiché consentono di sviluppare il coordinamento e l’integrazione dei vari contingenti nazionali presenti in UNIFIL e delle loro diverse metodologie. Le sinergie che in questo modo si creano garantiscono risultati migliori in termini di capacità e di velocità dell’azione. Accanto a questo, rimanendo in un’ottica prettamente militare, alla missione LEONTE sono assegnate la ricognizione, il monitoraggio e la sorveglianza dell’area operativa assegnata, l’attività di pattugliamento dei villaggi in coordinamento con le LAF, la mappatura BCRN (Chemical, Biological, Radiological and Nuclear defense) e il supporto all’attività EOD (Explosive Ordnance Disposal) di bonifica dei campi minati. L’attività di 18 anche l’ingresso nelle acque territoriale libanesi. Anche nel caso della Task Force marittima si sono sviluppati una serie di attività di formazione e di esercitazioni congiunte a beneficio delle forze navali locali. www.istituto-geopolitica.eu Le esercitazioni tra le forze integrate UNIFIL e le LAF avvengono su tre diversi livelli: battaglioni, Settore della missione UNIFIL e Headquarters. Ulteriori notizie sul corso di formazione sono disponibili online all’indirizzo <http://www.onuitalia.com/2016/01/22/21049/>. 19 www.geopolitica-rivista.org Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie 11 sminamento è generalmente affidata dal governo libanese a società private a cui i militari integrati in UNIFIL prestano assistenza. Si stima che l’area complessiva da sminare sia di circa 48,1 milioni di metri quadrati; si tratta, insomma, di un territorio letteralmente ricoperto di ordigni. Questa cifra resta, per di più, una mera stima in quanto molti dei campi minati non sono ancora stati mappati; l’esatta portata della contaminazione resterà ancora sconosciuta fintantoché Israele non accetterà di rivelare l’esatto posizionamento di tutti gli ordigni lasciati in seguito alla guerra del 2006. Fino ad oggi la zona bonificata è di circa 86.000 metri quadrati: quasi dieci anni per sminare un minuscolo lembo di terra. Questo lascia immaginare, in prospettiva futura, quali possano essere i tempi relativi alla conclusione di un simile lavoro di bonifica. Altro compito dell’Italia in Libano, attuato per il tramite delle forze militari nazionali operanti in loco, è quello di distribuire aiuti umanitari alle municipalità locali, di supportare la popolazione con progetti di cooperazione civile e militare e di creare dei link con le autorità locali del Sud al fine di accorciare le distanze con la popolazione e di instaurare un rapporto di fiducia tra le parti. Proprio in questa ottica specifica, il contingente italiano ha dato il via ad un’interessante attività di low profile nota come Market Walk. Nei mercati locali il contingente italiano organizza, ove possibile con cadenza settimanale, di concerto con gli amministratori locali e le LAF, la presenza di soldati con armamento leggero a piedi. L’attività è svolta a piedi, innanzitutto perché certi villaggi sono logisticamente troppo piccoli per poter schierare mezzi blindati ma anche perché l’essere a piedi e comportarsi esattamente come la gente del posto ha un maggiore impatto psicologico e sociologico. Simili progetti, pur essendo chiaramente di carattere militare, hanno come principale obiettivo quello di stimolare il dialogo, il confronto, la conoscenza, la pacifica convivenza e, non da ultimo, il controllo dei villaggi in maniera non intrusiva. L’attività, che ha già ottenuto buoni risultati in termini di avvicinamento alla e della popolazione locale, viene percepita in modo estremamente www.istituto-geopolitica.eu positivo, aiutando ad aumentare l’accettazione in primis del contingente italiano e in generale della missione UNIFIL. Simili tipologie di attività, del resto, si inseriscono perfettamente nel particolare “approccio” italiano di missione all’estero; ciò significa che il quadro strategico in cui esse vengono organizzate è un quadro strutturato e consapevole in cui nulla è lasciato al caso. Già durante l’addestramento in patria ci si prepara, infatti, a svolgere questo tipo di attività; l’attività addestrativa del contingente italiano, infatti, comprende anche una considerevole mole di preparazione teorica relativa allo specifico contesto sociologico, politologico, religioso e dei processi culturali del singolo teatro operativo. Oltre alla conoscenza dei propri compiti e dei propri doveri legati esclusivamente all’aspetto militare e alle regole d’ingaggio, la conoscenza del territorio, dei suoi usi e costumi, costituisce un bagaglio professionale imprescindibile di tutti i soldati in missione all’estero. Favorire l’accettazione da parte della popolazione locale significa, infatti, supportare un aumento speculare della sicurezza per i militari impiegati in loco. Proprio in merito alla sicurezza dei nostri militari, l’attuale situazione siriana ha indubbiamente aggravato una situazione già di per sé carica di incognite, quale è quella nel Sud del Libano. Nel mese di novembre dello scorso anno per ben tre volte i militari italiani in pattuglia lungo la Blue Line sono stati coinvolti in alcuni incidenti 20 . L’escalation risulta lenta ma costante. Non vi sono informazioni precise sugli attacchi subiti ma sembra potersi escludere si sia trattato della longa manus dello Stato Islamico. D’altra parte i rapporti tra i caschi blu italiani e le milizie di Hezbollah sembrano ancora buoni ma, del resto, in una situazione così delicata come 20 In particolare, il 17 novembre 2015 durante la consueta attività di pattugliamento nella zona di Naqoura, un SUV ha sbarrato la strada ad un mezzo blindato italiano. Rispettando le regole di ingaggio, l’addetto alla mitragliatrice ha risposto esplodendo alcuni colpi di pistola in aria e poi ai piedi degli aggressori i quali hanno risposto a colpi di kalashnikov. I militari italiani si sono, allora, chiusi nel blindato mentre gli assalitori sono saliti sul tetto del mezzo portando via la mitragliatrice e parte dell’equipaggiamento del mezzo. <http://www.analisidifesa.it/2015/11/caschi-blu-italianisotto-tiro-in-libano/>. www.geopolitica-rivista.org Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie 12 quella attuale non sembrano potersi fare previsioni a lungo termine. Deve, inoltre, precisarsi che nell’area del Settore Ovest hanno sede tre campi profughi palestinesi, campi su cui le forze UNIFIL non hanno alcun potere essendo territorio sotto controllo delle autorità palestinesi in virtù di un accordo siglato nel 1964 al Cairo tra il governo libanese e l’Autorità Palestinese. Sebbene i tre campi profughi nella zona del Sector West non siano stati teatro negli ultimi anni di alcun incidente rilevante, non può dimenticarsi la potenziale carica esplosiva che la presenza dei profughi palestinesi, tanto più nel momento in cui a quasi un milione di profughi palestinesi si sono aggiunti più di 1,5 milioni di profughi siriani21, potrebbe avere in una situazione delicata come quella libanese. Come ha recentemente sottolineato il Generale Portolano, «sebbene il settore di UNIFIL sia stabile, la minaccia portata al Libano dai gruppi armati riconducibili all’ISIS o filo qaedisti, ha imposto un incremento delle attività di controllo del territorio». La situazione, dunque, per quanto all’apparenza stabile, non permette di abbassare la guardia: molte le criticità e gli eventuali punti di frizione su cui l’UNIFIL deve attentamente vegliare, soprattutto in un paese in cui l’instabilità sembra connaturata all’esistenza stessa della Repubblica. 4. Un’eccellenza italiana: la cooperazione allo sviluppo Il ruolo preponderante del contingente italiano nella missione UNIFIL è testimoniato non soltanto dalle numerose guide italiane all’intera missione (nonché dallo storico comando del Sector West), ma anche dal notevole ruolo svolto dall’Italia e dal nostro contingente ITALBATT nell’ambito della cooperazione allo sviluppo del Libano. Il notevole contributo italiano, in concomitanza con il modus agendi del nostro contingente hanno permesso all’Italia di divenire uno dei 21 Dati, continuamente aggiornati, in merito ai rifugiati siriani su territorio libanese possono trovarsi sul sito dell’UNHCR, <http://data.unhcr.org/syrianrefugees/country.php?id=12 2>. Tuttavia questi dati non sono che una stima approssimativa in quanto non tutti i rifugiati siriani sono registrati presso i siti dell’UNHCR. www.istituto-geopolitica.eu principali contributori, sia in termini di aiuti allo sviluppo che di somme concesse in dono, e di parlare di un vero e proprio modello italiano nelle missioni all’estero. Il contingente italiano nella missione UNIFIL è uno dei principali veicoli di aiuto provenienti dall’Italia: gran parte degli aiuti, dei fondi e degli strumenti destinati alla popolazione passa attraverso il contingente militare che, presente sul posto continuativamente da ormai dieci anni, è in grado di interpretare correttamente le esigenze più genuine della popolazione e, soprattutto, di fare in modo che gli aiuti giungano ai destinatari più affidabili. Questa attività viene svolta grazie ad un dialogo intenso e continuato con le autorità locali, in particolare i sindaci delle municipalità, che possono comunicare ai militari le principali esigenze della popolazione. L’Italia è da lungo tempo uno dei principali donatori del Libano, con 104 progetti attivi nel 2014 e circa 21,5 milioni di euro di fondi complessivi erogati 22 in particolar modo dalla Direzione Generale della Cooperazione allo Sviluppo. In questo ambito, svolge un ruolo chiave il contingente ITALBATT della missione UNIFIL. Nel 2009, l’Ambasciata italiana a Beirut, la Cooperazione italiana, alcune ONG italiane e i Comandi dei contingenti militari di stanza a Naqoura e Tibnine hanno siglato un’intesa, costituendo un Tavolo di coordinamento civile-militare in materia di cooperazione, uno strumento che ha permesso di facilitare le attività di cooperazione e di sostegno alla popolazione, grazie ad una gestione integrata e costruttiva delle attività di assistenza. Questo strumento di cooperazione, particolarmente attivo nell’area a Sud del fiume Litani, dove per l’appunto è di stanza la missione UNIFIL, ha permesso di stabilire modalità comuni per mettere in atto interventi di cooperazione in modo coordinato e massimizzarne dunque l’impatto e i risultati. In un paese così fortemente militarizzato, il ruolo della missione nel settore della cooperazione assume un ruolo fondamentale. Le linee di aiuto nell’ambito CIMIC (Civil and military cooperation) sono estremamente 22 <http://openaid.esteri.it/it/code-lists/recipients/555/>. www.geopolitica-rivista.org Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie 13 diversificate e si concretizzano in innumerevoli progetti nelle aree più delicate e in cui la popolazione ha maggiore necessità di supporto. Solo nel 2015, sono stati completati oltre 12.000 progetti in area CIMIC e Affari Civili, per un budget di circa 4 milioni di dollari 23 . In particolare, l’azione CIMIC di ITALBATT è di cruciale importanza nell’ambito della costruzione di infrastrutture in grado di fornire servizi di base alla popolazione. Tra i vari progetti ad impatto particolarmente elevato, ad esempio, il contingente italiano si è reso promotore della costruzione di due pompe idriche, consegnate alla popolazione nel mese di agosto 2015, per alcuni pozzi dei villaggi di Zibquine e Al Knaysah. Gli stessi pozzi erano stati precedentemente costruiti proprio su iniziativa del contingente italiano. Di particolare importanza in ambito CIMIC sono poi i c.d. Quick impact projects, progetti di breve e media durata finanziati grazie ad un budget messo a disposizione del comandante del contingente, destinati alle fasce più bisognose della popolazione e che mirano a fornire i beni e i servizi di prima necessità, di cui spesso, anche per mancanza di infrastrutture fondamentali, la popolazione è priva. Gli ambiti di intervento sono svariati e spaziano dalla salute, all’ambiente, all’accesso alle risorse idriche24: ciò che accomuna questi progetti è la risposta ad esigenze primarie della popolazione. Uno degli ambiti più delicati in cui agisce la cooperazione allo sviluppo è quello sanitario e, anche qui, spicca l’azione del nostro contingente. La sanità è infatti un tema molto complesso e ricco di problematiche: pochissimi sono gli ospedali che forniscono cure gratuite, la sanità è pressoché interamente privata e pertanto non 23 A questi importanti risultati si aggiungono i trenta progetti ad impatto immediato (QIPs) completati nel 2015 per un valore di oltre mezzo milione di dollari, negli ambiti dell’istruzione, della sanità e delle infrastrutture. <http://unifil.unmissions.org/Default.aspx?tabid=11552 &ctl=Details&mid=15105&ItemID=25292&language=en -US>. 24 <http://unifil.unmissions.org/Portals/UNIFIL/Civil%20A ffairs/Report%20on%20QIPs.pdf>. www.istituto-geopolitica.eu può assistere tutti coloro che ne avrebbero bisogno e che spesso non hanno le risorse sufficienti per accedervi. La presenza del contingente italiano è cruciale in questo campo, da un lato per l’attività di assistenza medica, dall’altro per i progetti svolti in questo ambito a supporto della sanità pubblica locale. Per ciò che concerne il primo punto, addirittura, spesso la popolazione locale che non può permettersi le cure (neanche quelle della sanità pubblica) si reca alla base per ottenere assistenza medica. I medici del contingente sono spesso chiamati a curare piccole e grandi emergenze domestiche e a rifornire di medicinali chi non ha risorse economiche sufficienti per acquistarli. Parimenti, per quanto riguarda il secondo punto, la cooperazione nell’ambito sanitario è molto attiva. È di gennaio 2016 l’arrivo a Tiro di attrezzature e posti letto destinati all’ospedale pubblico della città 25 . Questo polo sanitario è responsabile per una municipalità territorialmente molto estesa, che ovviamente non riesce a fare fronte alle esigenze della popolazione: chi può, deve rivolgersi alle cliniche private, ma i costi sono spesso proibitivi. L’azione di potenziamento della sanità locale assume dunque un ruolo fondamentale perché permette anche ai meno abbienti di ottenere le cure necessarie. Quello della sanità è un tema particolarmente importante anche alla luce dell’ingente numero di profughi palestinesi (e, negli ultimi anni, siriani) presente nella zona che, naturalmente privo di risorse economiche sufficienti, deve necessariamente rivolgersi agli ospedali pubblici, la cui capacità, già messa alla prova dal conflitto e dalle scarse risorse, non può accogliere tutti coloro i quali avrebbero bisogno di assistenza medica. Particolare attenzione viene inoltre rivolta dal contingente italiano a chi rischia di risentire maggiormente della condizione precaria del paese e, nello specifico, donne e giovani. Per ciò che concerne le fasce più giovani della popolazione, sono attivati spesso progetti specificamente dedicati a giovani e studenti (sia 25 <http://www.difesa.it/OperazioniMilitari/op_intern_cor so/UNIFIL/notizie_teatro/Pagine/italbatt_dona_15_post i_letto_ospedale_di_tiro.aspx>. www.geopolitica-rivista.org Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie 14 ad impatto immediato che più generalmente nell’area CIMIC), che comprendono attività sportive o sono volti a ricostruire edifici scolastici danneggiati dal conflitto. La missione punta attivamente sull’istruzione, organizzando addirittura corsi di lingua per i più piccoli e lezioni in cui viene spiegato agli studenti il ruolo e le attività svolte da UNIFIL. Nel 2015, per il secondo anno consecutivo, la municipalità di Tiro, l’ambasciata italiana a Beirut, UNRWA e ITALBATT hanno organizzato la Vivicittà Run, in cui giovani studenti di diverse nazionalità (libanese, palestinese e siriana) si sono riuniti per supportare e manifestare a favore dell’eguaglianza. Per ciò che riguarda, invece, le donne, particolare attenzione viene posta sull’accesso ai processi economici e politici, sia per incentivare e aumentare la partecipazione alle dinamiche decisionali che per facilitare il raggiungimento dell’indipendenza economica delle donne, attraverso il loro inserimento in progetti imprenditoriali, spesso in ambito tessile o alimentare. Nel mese di agosto 2015, proprio con questo obiettivo, circa venti donne provenienti da diverse zone del Libano meridionale, hanno seguito a Tiro un corso di cucina italiana organizzata dall’unità CIMIC del contingente italiano in cooperazione con la sezione affari civili di UNIFIL e il Centro di sviluppo culturale del Ministero degli affari sociali libanese. Il progetto ha avuto un grande successo ed è stato un modo per raggiungere due obiettivi: aiutare il processo di confidence building di donne e madri dell’area, ma anche diffondere, seppur su piccola scala, le nostre tradizioni. La missione UNIFIL, e in particolare ITALBATT, ha un ruolo molto importante anche nel tutelare il rispetto e il dialogo tra le diverse comunità religiose. È infatti per questo che i progetti vengono anche e soprattutto finanziati in modo da incoraggiare le relazioni tra le numerose comunità presenti in Libano, a discapito della divisione 26 . Ed è proprio in 26 Ciò contribuisce anche a sanare e ad evitare gli scontri tra le numerose comunità presenti sul territorio libanese, anzi favorendone la collaborazione e il reciproco rispetto. Cfr. Il Libano e la crisi siriana: le lezioni di UNIFIL per l’Italia e la Comunità internazionale, Osservatorio di Politica Internazionale a cura del CeSpi, n° 76, giugno 2013, disponibile online. www.istituto-geopolitica.eu www.geopolitica-rivista.org Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie 15 questo filone che si collocano, tra le altre, le iniziative di incontri tra gli esponenti religiosi della zona, a cui il contingente italiano assiste, allo scopo di favorire il dialogo e la tolleranza e un clima di stabilità. L’ultima esperienza di dialogo in tal senso è estremamente recente: proprio il 22 gennaio 2016, il Generale Luciano Portolano, ha ricevuto nel quartier generale di Naqoura alcune autorità locali e leader religiosi dell’area meridionale del Libano, per discutere dei bisogni e delle priorità comuni per il 201627. Attività di questo tipo, in cui il contingente italiano si è sempre distinto, dimostrano la vicinanza della missione alla popolazione locale e alle esigenze più importanti della comunità. Infatti, non è da sottovalutare l’impatto psicologico che l’attività CIMIC (e specialmente i QIP) svolge sulla popolazione. Le azioni dei militari trascendono il puro peacekeeping per diventare attività di supporto e aiuto alla popolazione, che accetta e apprezza il lavoro svolto dai militari in un genuino spirito di servizio. L’azione CIMIC è fondamentale perché fa sì che la missione sia sempre più accettata dalla popolazione che in questo modo non contrasta la presenza dei militari ma la accetta e ne trae beneficio. Il consenso verso la missione è sempre più ampio e ciò permette una buona riuscita delle altre attività della missione, contribuendo a stabilizzare il territorio. E un contesto più stabile vuol dire anche un miglioramento delle generali condizioni dell’area e una complessiva riuscita della missione. 5. Conclusioni La missione UNIFIL è riuscita in questi anni a raggiungere l’obiettivo primario previsto dalla risoluzione 1701, e dunque a tutelare il cessate il fuoco tra Libano e Israele. La presenza dei caschi blu sulla linea di demarcazione tra i due paesi ha spesso evitato che incidenti di frontiera potessero causare un’escalation armata tra i due vicini. Il meccanismo del tripartito, a sua volta, ha permesso di mitigare eventuali crisi militari tramite un approccio diplomatico e negoziale. Lo schieramento della missione UNIFIL nel Sud del Libano ha, del resto, avuto anche un considerevole impatto sulle dinamiche interne al Libano stesso, sia in termini di sicurezza, che in termini politici e di indotto economico: se il Libano continua ad essere un esempio di convivenza sostanzialmente pacifica tra le comunità è anche dovuto in parte all’azione mediatrice dei contingenti di stanza sul posto. In questo contesto generale, poi, si inserisce in particolare il ruolo e i successi della missione LEONTE. Il contingente italiano ha avuto il particolare merito di entrare in sintonia con la popolazione locale grazie a quel modello che ha trovato proprio nel Libano la sua massima espressione. ITALBATT, per il tramite anche della Cooperazione civile e militare, è riuscito a favorire l’effettività e l’efficienza del controllo svolto dalle forze militari libanesi nel Sud del paese, a fornire aiuto umanitario alla popolazione e a sviluppare particolari contesti come quello della sanità e dell’istruzione, consentendo l’accesso ai servizi primari alle fasce più povere della popolazione. Tuttavia, l’attuale scenario siriano e più in generale mediorientale, espone costantemente il Libano al pericolo di contagio, tanto più se si considera l’attuale crisi finanziaria e istituzionale (si registra dal maggio 2014 un vacuum nella carica del Presidente della Repubblica), aggravata dall’imponente afflusso di profughi siriani causato dal conflitto nel paese vicino. Nonostante gli ottimi risultati della missione, la quale ha l’indubbio merito di aver portato finalmente due paesi in guerra da decenni a trovare un accordo su poco più della metà della linea di confine, è tuttavia ancora lungo il cammino da fare verso la stabilizzazione definitiva del paese e la conclusione positiva della missione UNIFIL. 27 <http://unifil.unmissions.org/Default.aspx?tabid=11552 &ctl=Details&mid=15105&ItemID=25300&language=en -US>. www.istituto-geopolitica.eu www.geopolitica-rivista.org