Libertà per i cinque con Silvia Baraldini

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Libertà per i cinque con Silvia Baraldini
Fuoritempo
Libertà per i cinque con Silvia Baraldini
Inviato da Marcello Pesarini
lunedì 14 marzo 2011
Ultimo aggiornamento martedì 22 marzo 2011
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“I cinque compagni possono essere
liberati come fu per me. Una pressione continua, convinta, da parte
dei compagni e dei democratici di tutto il mondo può influenzare il
governo USA: non provarci sarebbe sbagliato”. Dalle parole di
Silvia Baraldini, all’assemblea organizzata da Italia-Cuba ad
Ancona per la liberazione dei 5 cubani detenuti nelle prigioni USA
dal 12 settembre 1998 con l’accusa di spionaggio, quando stavano
cercando di sventare gli attentati dei cubani anticastristi viventi
negli USA, ricaviamo una conferma della necessità di unire cuore e
ragione nel nostro impegno.
L’iniziativa, introdotta dalla
presentazione di Albina Caldarelli, segretaria del circolo di
Senigallia, entra con le sue parole nella “Isla”: i gemellaggi
tra i coordinamenti regionali dell’associazione e le province
cubane sono testimonianze di cooperazione nelle quali gli aiuti per
superare il “bloqueo” permettono ad uno dei sistemi sanitari più
avanzati e capillari del mondo di continuare nel suo servizio verso
la popolazione cubana, ma anche verso i cooperanti. Giulia Torbidoni,
collaboratrice del Manifesto, introduce Silvia ricordando come lei
sia stata una delle prime vittime, sempre negli USA, della
legislazione Rico nata contro le trame mafiose, durante la sua
militanza rivoluzionaria. Ora è lei, la donna condannata
ingiustamente a 43 anni di carcere duro nel 1983, tornata a finire di
scontare la sua pena in Italia solo nel 1999, e liberata grazie
all’indulto nel 2006, che si emoziona parlando di Assata Shakur, la
militante nera alla cui liberazione aveva contribuito, a ringraziare
quella donna, perché con le sue azioni ha reso utili e significative
anche quelle di Silvia. Nell’emozione del suo racconto trova spazio
la condanna alla stupidità delle istituzioni totali come le carceri,
che se indirizzate solo ad annullare il detenuto non solo sono
incostituzionali ( vedi art.27, rieducazione) ma non rispondono
neanche al bisogno sempre più indotto di sicurezza. Si collega alla
situzione marchigiana Marcello Pesarini dell’Osservatorio
marchigiano sulel carceri, citando la scuola di approfondimento
aperta da Ristretti Orizzonti e leggendo un brano di Graziano
Scialpi, detenuto morto recentemente, spesso accusato di simulazione.
Silvia risponde alle domande di chi si chiede perché mai gli USA
siano considerati in Italia come patria della democrazia, e le fa eco
Roberto Mancini, capogruppo di Partecipazione a Senigallia,
insegnante fra gli insegnanti che difendono e vogliono riproporre la
scuola pubblica come investimento verso le nuove generazioni e verso
la democrazia: la libertà e la dignità non si mettono sulla
bilancia con nulla, sono intoccabili. Proseguono i racconti, gli
scambi di regali, anche la sciarpa dell’associazione polisportiva
Assata Shakur da anni attiva in Ancona nell’antirazzismo, le
domande irrisolte, i salti di generazione, ma lei si alza, prima di
dare spazio alla cena sociale, e ci ricorda: il 5 di ogni mese
scrivete alla Casa Bianca per chiedere la liberazione di Ramon, Renè,
Fernando, Gerardo, Antonio, perché se gli USA vedono che il
movimento non è episodico ne possono tenere conto. Lo dovremmo fare
per le cose a cui teniamo di più in questo momento: essere costanti
e, quando non va bene, interrogarci sul perché. Grazie, Silvia.
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