Collana diretta da Maria Grazia Turri Carola Barbero

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Collana diretta da Maria Grazia Turri Carola Barbero
RELAZIONI PERICOLOSE
Collana diretta da Maria Grazia Turri
Comitato sCientifiCo
Carola Barbero (Università di Torino)
Francesco Bilotta (Università di Udine)
Elizabeth Brake (Università di Calgary – Canada)
Elena Casetta (Università di Torino)
Paolo Ercolani (Università di Urbino)
Giovanni Leghissa (Università di Torino)
Valeria Ottonelli (Università di Genova)
Elisabetta Ruspini (Università di Milano)
Vera Tripodi (Università di Torino)
MANIFESTO
PER UN NUOVO
FEMMINISMO
A cura di
Maria Grazia Turri
MIMESIS
Relazioni Pericolose
© 2013 – MIMESIS EDIZIONI (Milano – Udine)
Isbn 9788857514406
Collana Relazioni pericolose, n. 1
www.mimesisedizioni. it / www.mimesisbookshop.com
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INDICE
INTRODUZIONE. IL TEMPO DELLE RELAZIONI E DEL REALISMO
DELL’INCERTEZZA
Maria Grazia Turri
9
1. INCERTEZZA
Maria Grazia Turri
45
2. IN-DIFFERENZA
Francesco Bilotta
63
3. INQUIETUDINE
Valentina Chizzola
81
4. IRONIA
Roberta Cocco
95
5. LIBERTÀ
Valeria Ottonelli
111
6. NATURA
Domenica Bruni
125
7. PORNOGRAFIA
Carola Barbero
139
8. SCIENZA
Liria Veronesi
151
9. SESSO
Elena Casetta
167
10. SIMBOLI
Laura Rolle
183
11. STEREOTIPI
Vera Tripodi
197
12. SPECCHIO
Sara Giovagnoli
211
13. VIRILITÀ
Sandro Bellassai
227
167
ELENA CASETTA
SESSO
1. Sesso e genere: breve storia in tre atti*
Non molto tempo fa è stata pubblicata su una rivista tedesca1 l’intervista a un papà che, anziché reprimere o contrastare il desiderio
convenzione sociale che vuole che i maschi di H. sapiens indossino
abiti di un certo tipo (maschili, appunto) e che tra gli abiti maschili
suo abitino da bambina.
Sulla vicenda si è subito scatenato un ampio dibattito, soprattutto
in rete, incentrato in particolare sul valore educativo del gesto; da un
dall’altro chi lo guardava con sospetto, ritenendo che incentivare una
confusione nell’identità di genere del bambino non avrebbe potuto
che portargli problemi in futuro: indossare una gonna non fa diventare femmina un bimbo nato maschio, quindi meglio non illuderlo.
La storia di Nils e del suo bambino bene illustra la distinzione di
cui vogliamo parlare, quella tra sesso e genere: il primo, assegnatoci dalla natura, non si può cambiare (salvo, ovviamente, interventi
*
1
Ringrazio Priscille Touraille per una discussione avuta qualche tempo fa e
che, mi accorgo ora, ha contribuito sostanzialmente all’elaborazione delle
idee contenute in questo capitolo; Ivano dal Prete per avermi fatto conoscere
Antonio Vallisneri e il suo Saggio alfabetico; Andrea Borghini, Vera Tripodi,
Maria Grazia Turri, Achille Varzi per aver letto e commentato con pazienza e
perizia una versione precedente di questo contributo.
L’intervista è stata pubblicata sulla rivista Emma il 20 agosto 2012 (http://
www.emma.de/ressorts/artikel/kinder-jugendliche/vater-im-rock/).
168
Manifesto per un nuovo femminismo
sessuali, per esempio non sul sesso cromosomico o sul tipo di cellule sessuali che produciamo). Il secondo, socialmente costruito, sì:
se davvero, a un certo punto, maturando e sviluppando liberamente
i propri gusti, sperimentando le proprie sensazioni e percezioni, il
tale, potrebbe esserlo. Potrebbe, cioè, decidere di svolgere un certo
ruolo all’interno della società, mentre non potrebbe cambiare il fatto
biologico di essere un maschio. Che il sesso e il genere siano cose
distinte, tuttavia, non è affatto scontato, tant’è che spesso può capitarci di parlare con persone che ignorano la differenza, e che pensano che il genere (donna/uomo) sia soltanto un modo per chiamare il
sesso (femmina/maschio) all’interno della specie umana. Cerchiamo
dunque di ripercorrere la storia della distinzione, di come sia nata e
si sia affermata, e di come si stia procedendo – secondo alcuni – verso il suo superamento. Si tratta di una breve ricostruzione in tre atti,
più concettuale che storica, che non ha pretesa di completezza, e che
ci serve per gettare le basi di quel che diremo dopo.
Atto I: tutto è biologico. Spesso sentiamo dire che mentre gli animali si dividono in femmine e maschi, quando si tratta della specie
umana si deve invece parlare di donne e uomini: gli uomini sono
i maschi di H. sapiens, le donne sono le femmine. Le femmine e i
maschi della nostra specie, come spesso accade per le specie che si
riproducono in maniera sessuata, presentano quello che si chiama
fologia: si pensi al caso, esemplare, del pavone, dove i maschi sono
dotati di un lungo strascico dai colori sgargianti mentre le femmine
ne sono prive. Per gli umani, si tratta di una diversa morfologia genitale e di caratteristiche come la barba o il pomo d’Adamo, il seno, la
e il diverso ruolo nella riproduzione sono stati assunti come base per
che differenzierebbero donne e uomini. A loro volta, quelle differendeterminismo biologico. Facciamo un esempio per capire di cosa si
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John Arthur Thomson2 offrirono all’incirca la seguente spiegazione
delle differenze tra maschi e femmine umani. Maschi e femmine
presentano metabolismi differenti, i primi tendono a espandere l’energia, le seconde invece a trattenerla e conservarla. Dal metabolismo differente – che, per Geddes e Thomson, trarrebbe la sua origine ultima dalla differenza tra le cellule sessuali, grandi e immobili
quelle femminili, piccole e mobili quelle maschili – seguirebbe che
i maschi sono più attivi, energici, appassionati, e le femmine più
passive, conservatrici e stabili. Da queste divergenze caratteriali e
comportamentali, poi, deriverebbero i loro diversi ruoli all’interno
della società, che sarebbero ipso facto
uomini sarebbero più appassionati di politica, tema e attività che non
rivestirebbe invece il minimo interesse per le donne: far partecipare
le donne alla vita politica, non sarebbe altro che far loro un torto,
dal momento che loro, per natura, non sono interessate a quel tipo di
attività. Certo, oggi la teoria di Geddes e Thomson non è sostenibile,
e la biologia che descrive è errata. Eppure il determinismo biologico
continua a permeare il nostro pensiero e la nostra società. Una sua
forma diffusa è, per esempio, quella sposata da alcune forme assunte
dalla sociobiologia
del secolo scorso da Edward Osborne Wilson3 e riproposta negli anni
Novanta. Secondo questa posizione, dal diverso investimento nella
riproduzione discenderebbe una serie di differenze nel comportamento e nel carattere. Nella riproduzione, infatti, ai maschi è generalmente richiesto un investimento minore rispetto alle femmine (si
pensi semplicemente all’impegno nella gestazione e poi nell’allevamento della prole), e questo in molte specie, umana inclusa. Uomini
e donne, in conseguenza di ciò, tenderebbero a perseguire strategie
comportamentali diverse: gli uomini cercherebbero di accoppiarsi il
più possibile e con donne differenti, mentre le donne – per le quali
l’investimento è più elevato – ricercherebbero l’uomo migliore dal
punto di vista riproduttivo per poi volgere alla monogamia.
2
3
P. Geddes & J.A. Thomson (1889), The Evolution of Sex, Williams and Norgate, London.
E.O. Wilson (1978), On Human Nature, Harvard University Press, Cambridge (MA).
170
Manifesto per un nuovo femminismo
Atto II: biologico vs. sociale.
santa, principalmente per combattere il determinismo biologico, la
coestensione delle categorie femmina e donna, da un lato, e maschio
e uomo, dall’altro, è stata messa in discussione. Il termine “gender”
psicologo Robert Stoller4, in primo luogo per render conto dei fenomeni di transessualità, cioè nel tentativo di spiegare l’esperienza
di sentirsi intrappolati nel corpo sbagliato. Sesso e genere possono
non corrispondere, e una persona dal sesso biologico maschile può
percepirsi, vedersi, sentirsi (e voler essere percepita, vista, sentita)
come una donna – e viceversa.
La distinzione tra il sesso (femmina / maschio) e il genere (donna /
uomo) si afferma rapidamente in seno alla letteratura femminista. A emblema della distinzione vengono spesso portate le pionieristiche parole
di Simone de Beauvoir che, ne Il secondo sesso aveva scritto: «Donna non si nasce, lo si diventa. Nessun destino biologico, psichico, ecodell’uomo»5. L’idea è ben nota: se non possiamo scegliere il nostro sesso, perché si tratta, per l’appunto, di un destino biologico, diverso è invece il discorso per quanto riguarda il nostro genere, cioè quell’insieme
di propriocezioni (il “sentirsi” donna o uomo), di ruoli sociali (svolgere
un certo tipo di lavoro, il voler essere percepiti come donna o uomo,
occupare una data posizione all’interno della famiglia o dell’ambiente
occupazionale), di interessi e gusti estetici e culturali (amare certi colori
ad altri) che costituiscono il complemento sociale del nostro sesso biologico. Per esprimere questa tesi con uno slogan, potremmo dire che il
genere è l’interpretazione sociale del sesso: è vero che nasciamo femmine e maschi, e su questo c’è poco da discutere perché si tratta di un
fatto biologico, ma possiamo invece discutere di come quel fatto viene
interpretato all’interno della società. Perché se è vero che la natura – che
4
5
R. J. Stoller (1968), Sex and Gender: On the Development of Masculinity and
Femininity, Science House, New York.
S. de Beauvoir (1949), Le Deuxième Sexe, Gallimard, Paris (tr. it. Il secondo
sesso
di Simone de Beauvoir, si veda N. Vassallo (2008), Colei che non amava le
donne, L’indice dei libri del mese, ottobre, anno XXV, pp. 6-7.
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171
è per lo più indipendente dalle nostre scelte e dalla nostra azione – non si
cambia, si possono invece cambiare le convenzioni, le regole, le norme
la cui esistenza dipende esclusivamente da noi. Riconoscendo il genere
come costruzione sociale, si aprono dei margini di azione e di libertà
che il sesso come necessità biologica lascia preclusi. Dietro l’affermarsi
della distinzione possiamo dunque individuare un chiaro intento politico di emancipazione e di riforma sociale. (In questo senso, è opportuno
segnalare che originariamente valeva l’equivalenza genere = donna. Ridurre la questione del genere a quella che possiamo chiamare “questione femminile” era probabilmente funzionale: non solo le donne sono,
per ragioni storiche e culturali, condizionate dal loro genere in maniera
più consapevole di quanto non lo siano gli uomini; ma sono anche tra
le prime vittime – nei termini di ingiustizia sociale – delle conseguenze
nefaste del determinismo biologico.)
Atto III: tutto è sociale. La distinzione è però stata messa in discussione da alcune autrici femministe, per esempio da Judith Butler6.
L’idea che si è venuta affermando è che non solo il genere ma anche
il sesso sia socialmente costruito, e che, dunque, la distinzione tra il
sesso e il genere non abbia ragion d’essere: il sesso è il genere. L’affermazione che il sesso sia una costruzione sociale può essere intesa
in due modi. Per il primo, la costruzione riguarda le caratteristiche
sessuali, per il secondo, riguarda invece le categorie sessuali.
Vediamo le caratteristiche sessuali. Come abbiamo detto sopra, macioè caratteristiche biologiche differenti. Eppure, quelle caratteristiche potrebbero invece essere non mera materia biologica, come siamo abituati a credere, bensì, almeno in parte, il risultato di pratiche
sociali. Per esempio, il fatto che le donne in molte società soffrano di
uno status sociale svantaggiato avrebbe comportato per loro un’alimentazione più scarsa e, di conseguenza, una corporatura mediamente
più esile7. Per quanto argomenti di questo genere possano chiaramente
6
7
J. Butler (1999), Gender Trouble (tr. it. Scambi di genere, Sansoni, Milano
2004).
A. Jaggar (1983), Human Biology in Feminist Theory: Sexual Equality Reconsidered, in C. Gould (Ed.) Beyond Domination: New Perspectives on
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Manifesto per un nuovo femminismo
ratteri acquisiti in questo modo non sono trasmissibili), acquisiscono
maggior solidità dal punto di vista ontogenetico (cioè della traiettoria
di sviluppo di un individuo). Per esempio, occupazioni come la caccia e l’agricoltura determinerebbero la presenza di certe caratteristiche
meramente biologiche8. La direzione del rapporto che il determinismo
biologico istaurava tra biologia e società viene qui invertita: è la società a condizionare la biologia.
Nel caso delle categorie sessuali, invece, la costruzione riguarderebbe non tanto il contenuto delle categorie, quanto le categorie
medesime. In altre parole, non sarebbero le caratteristiche sessuali a
esser costruite (in particolare le caratteristiche sessuali cromosomiche e gonadiche) ma le categorie sessuali. Che le categorie sessuali
siano solo due, “maschio” e “femmina” sarebbe una costruzione sociale, mentre la realtà biologica sarebbe estremamente più complessa, al punto da richiedere almeno cinque categorie sessuali. A questo
è dedicata la prossima sezione.
2. Due, cinque, centomila sessi
Ho avuto l’esempio nel Polesine d’una Villanella creduta maschio,
che i Genitori suoi mandavano da uomo vestita. Giunta a una certa età
si faceva fare la barba, che dall’uso continuo le cresceva, come a un
uomo, ma dormendo con un giovane, e seco usando da Donna, restò,
stupente, né mai tal cosa pensante, ingravidata: cresceva il ventre, e tal
qual era scoprivasi, onde portatosi dal Paroco, gli confessò il suo delitto. Venne questi da me, per sentire, s’era ermafrodito, o come andava
questa bizzarra faccenda, a cui risposi, che facesse visitare a un perito
Chirurgo, ed a me mandasse l’infatata paziente, per osservare, se quella
parte, che credevano il corno, con cui cozzano gli uomini colle donne,
fosse forata, e se per quella orinasse, o il seme spandesse; che se tale
era, poteva chiamarsi Ermafrodito, se imperforata, era la Clitoride allungata, ed esser vera Donna.
8
A. Borghini (2012), Food in the Metaphysical Orders: Gender, Race, and
the Family, in E. Casetta and V. Tripodi (eds.) Making Sense of Gender, Sex,
Race, and the Family, “Humana.Mente”, 22, pp. 1-23 (http://www.humanamente.eu/).
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173
Con queste parole, il medico e naturalista italiano Antonio Vallisneri riporta nel suo Saggio alfabetico d’istoria medica e naturale
del 17339 la sua esperienza in qualità di “giudice sessuale”: di fronte
alla presenza di caratteristiche (apparentemente) contrastanti, occorre decidere se la persona in questione vada collocata in una categoria
sessuale o in un’altra. Benché il linguaggio aulico del naturalista ci
possa far sorridere, nella sostanza oggi le cose non sono cambiate
di molto. Basti pensare che il test sulla sessualità delle atlete è stato
(nel 1966, quando il test venne introdotto, consisteva generalmente
in una visita ginecologica, quando la semplice osservazione non era
sione delle Olimpiadi di Città del Messico). Ora, in occasione delle
Olimpiadi di Londra del 2012 sono stati messi a punto nuovi test
(discrezionali), su base ormonale.
L’idea che i sessi umani siano solo due è profondamente radicata
nella cultura occidentale: molti dei nostri linguaggi ci impongono
costantemente di scegliere tra maschile e femminile (l’italiano, poi,
ci costringe al maschile di fronte a soggetti plurali); legalmente sono
riconosciuti solo due sessi (il sesso viene deciso e registrato alla nascita, e non ci sono possibilità intermedie: un bambino è femmina
oppure maschio); ogni volta che compiliamo un questionario ci viene chiesto di indicare il nostro genere (e la scelta è tra “maschile” e
“femminile”); sulle porte dei bagni pubblici troviamo due sole icone, una con la gonna e una senza, e così via.
In due articoli10 che hanno segnato la storia dei cosiddetti gender studies, Anne Fausto-Sterling ha invece sostenuto che due sole categorie
plessità della realtà biologica. La tesi è molto nota, ma vale la pena ricordarla rapidamente. Secondo Fausto-Sterling, il binarismo sessuale non
rispecchierebbe lo stato di cose biologico, dove tra femmina e maschio
9
10
A. Vallisneri (1733), Saggio di storia medica, e naturale, in Id.,
mediche..., Appresso Sebastino Coleti, Venezia, t. III, pp. 364-481.
A. Fausto-Sterling (1993), The Five Sexes: Why Male and Female are Not
Enough, in “The Sciences”, 33, pp. 20-4; Id. (2000), The Five Sexes, Revisited. The Varieties of Sex Will Test Medical Values and Social Norms, “The
Sciences”, 40, pp. 18-23.
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Manifesto per un nuovo femminismo
sembrerebbe intercorrere invece un ampio spettro di possibilità. In effetti,
in ambito medico viene generalmente riconosciuta la categoria degli intersex, per ricomprendere le persone che presentano ambiguità sessuale,
cioè compresenza di caratteristiche sessuali ritenute essere, invece, proprie in maniera esclusiva di uno dei due sessi, per esempio mescolanza
di anatomia maschile e femminile, o organi genitali discordanti rispetto
al sesso cromosomico. E si tratta di casi tutt’altro che isolati: lo psicologo
John Money della John Hopkins University – scrive Fausto-Sterling in
Five Sexes – ritiene che gli individui intersessuali possano costituire il
4% delle nascite, mentre Fausto-Sterling parla di un 1,7%.
Fausto-Sterling propone di individuare e riconoscere almeno tre
sessi oltre ai due tradizionali (maschio e femmina): “herm”, i cosiddetti ermafroditi autentici, che presentano contemporaneamente
testicolo e ovaio; “merm” e “ferm”, i cosiddetti pseudo-ermafroditi,
per i quali l’ambiguità è a livello del sesso fenotipico: gli pseudoermafroditi maschili – merm – presentano contemporaneamente alcuni aspetti dei genitali esterni femminili e gonadi maschili; quelli
femminili – ferm– hanno alcuni aspetti dei genitali maschili ma hanno ovaie e non testicoli. In realtà, precisa Fausto-Sterling, lo spettro
sessuale potrebbe essere ulteriormente differenziato, dal momento
che ognuna delle tre categorie evidenziate sopra è complessa e ricomprende a sua volta individui molto diversi, nei quali le percentuali di caratteristiche maschili e femminili possono variare. Portando questo ragionamento alle estreme conseguenze, si potrebbe
arrivare a pensare che ogni individuo sia dotato di un suo proprio
sesso, personale, e diverso da quello di ogni altro individuo11.
3. Non importa come, purché ci si riproduca
Five Sexes ha avuto una risonanza enorme all’interno della letteratura e del movimento femminista. Molta ne ha avuta anche in etica
medica – cosa che era probabilmente tra gli scopi primari dell’autri-
11
Si veda V. Tripodi (2011),
, Carocci, Roma.
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175
ce12. Decisamente meno ne ha avuta in seno alla comunità dei biologi e nel pensare comune: se chiediamo a qualunque persona non
esperta di gender studies: “quanti sono i sessi?” non ci sono esitazioni nella sua risposta: “due”. Come mai?
suno, è la declinazione, in chiave sessuale, dell’argomento del continuum
razza13. Il caso del determinismo biologico razziale presenta, in effetti, molte analogie con quello sessuale. Per secoli, differenze biologiche come il colore della pelle o la presenza di certi tratti somatici
portate a spiegazione di diversità culturali e comportamentali e, di
DNA e lo sviluppo della biologia molecolare e della genetica delle
popolazioni, la realtà biologica del concetto di razza è stata sottoposta a dura critica, soprattutto a opera dei genetisti italiani Federico
e Luca Cavalli-Sforza14. A grandi linee, l’argomento del continuum
che i due genetisti applicano alle razze è il seguente: a quelle differenze d’aspetto che ai nostri occhi balzano come estremamente
evidenti e su cui basiamo il concetto (ordinario) di razza non corrisponde che una diversità genetica irrisoria, che, in aggiunta, è per
la maggior parte il risultato di adattamenti evolutivi. I gruppi – che
12
avanti la lotta per il riconoscimento dei diritti delle persone intersessuali. In
particolare, gli articoli mettono in discussione le attuali pratiche mediche che
di quel binarismo fanno una norma ineludibile, al punto da trascurare la persona cui le pratiche si rivolgono. Per esempio, i protocolli medici standard per
i bambini nati con condizioni di intersessualità genitale suggeriscono il rapi-
13
14
entro una delle due categorie riconosciute (più spesso quella femminile, dal
momento che la chirurgia di ricostruzione ha generalmente maggior successo
nella ricostruzione dei genitali femminili rispetto a quelli maschili). Questo
tipo di trattamento, che non tiene in considerazione quello che potrà essere lo
sviluppo futuro dell’identità di genere della persona, ha portato in molti casi
a risultati fallimentari, come Fausto-Sterling stessa riporta (2000).
P. Touraille (2011), Déplacer les frontières conceptuelles du genre, in “Journal des anthropologues”, 124-125, pp. 49-69.
L.L. e F. Cavalli-Sforza (1993), Chi siamo. La storia della diversità umana,
Mondadori, Milano.
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Manifesto per un nuovo femminismo
formano la popolazione umana, dunque, non sono nettamente separati, bensì costituiscono un continuum, e le differenze genetiche che
sussistono tra i vari gruppi non sono maggiori di quelle che sussistono al loro interno. Le razze, così come ordinariamente concepite,
sono un costrutto sociale cui non corrisponde una realtà biologica.
Dunque, devono essere abbandonate.
La demolizione del concetto di razza ha avuto successo tanto tra
i biologi quanto nel pensare comune (chi continua a ritenere che le
razze umane esistano, e che corrispondano ad “articolazioni naturali” della nostra specie, è mosso da ideologie che poco badano alla
non sta avvenendo un processo analogo con la nozione di sesso?
L’ipotesi che vorrei avanzare è che la causa risieda – per quanto
riguarda i “non-esperti”, vale a dire, in questo contesto, le persone
non esperte di letteratura femminista o di gender studies – in quella
che possiamo chiamare
e suona all’incirca così: per la riproduzione umana sono necessari
due sessi, e dunque i sessi sono due, non cinque, non centomila, non
nessuno. A quest’obiezione, a mia conoscenza, la letteratura femminista non ha dato il giusto peso.
Per quanto riguarda la biologia (dove per “biologia” intendo la
biologia evoluzionistica), credo che la ragione sia duplice: da un
lato, il sesso gode, dal punto di vista evoluzionistico, di un peso
molto diverso rispetto alle razze, e dunque abbandonare il concetto
di razza non comporta un gran costo, a differenza del sesso. Infatti, mentre le razze – così come ordinariamente concepite – non rivestono alcun ruolo dal punto di vista dell’evoluzione, il sesso ha
un’importanza enorme, essendo una delle forme attraverso cui gli
organismi scambiano parte del patrimonio genetico. Dall’altro lato,
se il sesso è importante, molto meno lo sono però le categorie sessuali. Quello che infatti è opportuno notare, e che costituirà anche
lo sfondo delle idee contenute nella prossima sezione, è che se la
biologia è molto interessata al sesso in quanto una fra le possibili
modalità attraverso cui si mescolano patrimoni genetici, alle categorie sessuali è interessata solo derivatamente, cioè perché hanno a
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che fare con quella modalità. Non dimentichiamo, infatti, che i tre
ingredienti della selezione naturale, che è alla base dell’evoluzione, sono la variazione, l’ereditarietà, e il successo riproduttivo15: dal
punto di vista dell’evoluzione, ciò che conta è che gli organismi si
scambino materiale genetico e che si riproducano, sessuatamente o
asessuatamente, o in entrambi i modi.
A questo punto vorrei tracciare due strade possibili per rispondere
cazione concettuale tramite l’introduzione di alcune distinzioni. La
seconda, invece, consiste in un mutamento di prospettiva che può
esser generato dal prendere seriamente un caveat, un avvertimento
di fronte al rischio che operazioni come quella di Five Sexes possono
correre.
4. Qualche distinzione e un piccolo caveat
Se quanto abbiamo detto sopra sembra ragionevole, l’idea che i
dinare per il legame biologico che il sesso intrattiene con la riproduzione. Quello che serve, allora, è un passo preliminare, che consenta
di disgiungere l’idea del sesso, o dei sessi, da quella della riproduzione: in questa maniera, l’argomento del continuum avanzato in
Five Sexes
questo genere, sarebbe sensata, dal punto di vista della biologia?
A ben vedere, in biologia è già così, basta allargare lo sguardo a
organismi diversi da noi per scoprire che la riproduzione e il sesso
sono due processi diversi. Ciò che dobbiamo fare è semplicemente
andare al di là di quello che viene chiamato il “vertebrate bias”, cioè
quel pregiudizio a favore dei vertebrati (di cui noi stessi saremmo
gli esempi paradigmatici) che ci porta ad attribuire surretiziamente a
tutti i viventi caratteristiche proprie di H. sapiens e degli animali più
simili a noi, arrivando a generalizzazioni indebite, come quella per
15
R. Lewontin (1970), The Units of Selection, in “Annual Review of Ecology
and Systematics”, 1, pp. 1-18.
178
Manifesto per un nuovo femminismo
cui per la riproduzione è necessario che vi siano due sole categorie
sessuali. Per fare questo occorre introdurre alcune distinzioni.
Fin qui abbiamo parlato di “sesso” e di “sessi” dando per scontato
vedere che con “sesso” si possono intendere più cose16:
(S1) il processo attraverso il quale due diversi individui della stessa specie si scambiano parte del proprio materiale genetico;
per le specie che si riproducono sessuatamente, e non per tutte. Per
esempio, molti pesci si riproducono sessuatamente ma non intercorre penetrazione: le femmine lasciano cadere le uova e il maschio le
feconda);
(S3) il processo riproduttivo che porta alla produzione di uno o
più nuovi organismi a partire da uno o due genitori;
(S4) le categorie sessuali, come “maschio” e “femmina” attraverso le quali suddividiamo gli organismi in base ai caratteri sessuali;
(S5) i caratteri sessuali che vengono generalmente utilizzati come
indicatori dell’appartenenza di un organismo a una certa categoria
sessuale, tipicamente l’apparato genitale esterno;
(S6) il genere.
sume che le categorie sessuali S4 siano due perché, se così non fosse, non ci sarebbe riproduzione S3 e dunque nemmeno mescolanza
genetica S1 – che è quello che in ultima analisi interessa (dato che
la mescolanza genetica può permettere l’insorgere di nuove varianti
genetiche).
Eppure, S1 e S3 non sono la medesima cosa: sono fenomeni evolutivamente distinti e rispondono a due funzioni diverse. S1 è orientato alla
, S3 alla moltiplicazione. S1, per organismi
che si riproducono sessuatamente, avviene tipicamente per mezzo
della produzione di un nuovo individuo, che contiene una mescolanza del patrimonio genetico dei genitori. Ma per altri tipi di organismi
può avvenire diversamente. Lo dimostrano, per esempio, i parameci,
organismi unicellulari altamente complessi, il cui materiale geneti16
A. Borghini e E. Casetta (in corso di pubblicazione), Questioni di vita. Un’in, Carocci, Roma, cap. 4.
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179
co è contenuto in un micronucleo e un macronucleo. Due parameci
possono scambiarsi materiale genetico S1 nella maniera seguente: in
entrambi il macronucleo degenera, mentre il micronucleo si duplica
e i due si scambiano il micronucleo per poi riformare il macronucleo
e ricostruire l’apparato normale (il processo è un po’ più complicato
di così, ma la sostanza non cambia). In questo modo è chiaramente
avvenuta una mescolanza genetica tra i due parameci – cioè S1 –,
ma è evidente che non c’è stata riproduzione: due erano i parameci
all’inizio, due sono dopo il processo di scambio. I parameci si riproducono per altra via, generalmente per scissione binaria asessuata,
da una a tre volte al giorno. I parameci mostrano che, se si allarga lo
sguardo alla varietà che troviamo in natura, non solo per la riprodula sessualità non sono necessarie categorie sessuali.
Certo, si dirà, bene per i parameci, dove S1 e S3 sono distinti, e
dove non ci sono categorie sessuali affatto. Ma per H. sapiens l’unica via perché S1 abbia luogo è passare attraverso S3 (dal momento
che l’unica maniera, per gli umani, di mescolare il proprio materiale
genetico è attraverso la produzione di un nuovo individuo), e per S3
Semplicemente, le altre non saranno coinvolte in S3. L’esempio dei
parameci, collocando il caso di H. sapiens all’interno della varietà
naturale, ci mostra come il legame che, per gli umani, intercorre
tra S1, S2, e S3 non sia che una delle possibilità – e per di più non
troppo rappresentativa – che si può dare in natura. In altre parole,
una volta riconosciuto che in natura S1 e S3 sono processi distinti
e autonomi, e che S4 non intrattiene con S1 né con S3 un legame
necessario, potremo avere quante categorie sessuali vogliamo. Nel
caso di H. sapiens, due di esse saranno coinvolte nella riproduzione.
Ma perché tanta fatica per riconoscere che le categorie sessuali
non hanno (almeno, non necessariamente) un fondamento biologico? Perché diamo così tanta importanza alla biologia? La biologia
evoluzionistica si occupa di studiare i meccanismi dell’evoluzione,
tra questi il sesso gioca un ruolo importante, al punto che Darwin
aveva parlato di una forza di selezione diversa da quella naturale,
180
Manifesto per un nuovo femminismo
cioè la selezione sessuale. Tra gli organismi, alcuni si riproducono
per via sessuata, e in questo caso è utile avere delle categorie (le categorie sessuali) perché le categorie sono ciò che consente induzioni
e generalizzazioni. Pensiamo alla medicina: molto probabilmente
cinque categorie sessuali anziché le due della biologia evoluziobiologia, né in medicina, perché verrebbe del tutto meno la funzione
per la quale le categorie vengono costruite: quella di maneggiare una
realtà estremamente ricca, la cui varietà può essere rappresentata a
diversi livelli di dettaglio, proprio come avviene con le mappe geocui quel valore strumentale sussiste, le categorie sessuali hanno una
ragion d’essere. E per la società in generale? È chiaro che hanno un
valore negativo nel momento in cui su di esse si fondi il sessismo,
cioè una forma di discriminazione. Ma l’errore non è nella biologia,
né nelle categorie sessuali come strumento utile per generalizzazioni biologiche o mediche. È nel credere che quelle categorie corrispondano ad articolazioni naturali del mondo anziché esserne una
rappresentazione necessariamente infedele, come infedeli devono
essere le mappe per poter servire a qualcosa. Se crediamo che le
categorie sessuali siano delle realtà naturali confondiamo la realtà
con la sua rappresentazione in scala. E, in più, se pensiamo che in
quanto realtà naturali costituiscano una norma alla quale la società
si dovrebbe conformare, cadiamo nella versione sessuale di quella
fallacia naturalistica” 17, cioè un errore di ragionamento che consiste
nel derivare norme da descrizioni o, detto diversamente, nel negare
autonomia all’etica riducendola alle scienze naturali. Posto che l’essere (naturale) sia in un certo modo, da questo non segue che il dover
essere (l’etica e, se si vuole, la politica) debba tenerne conto, cioè
come – dotate di un qualche valore normativo.
17
G.E. Moore (1903), Principia Ethica, Cambridge University Press,
Cambridge.
E. Casetta - Sesso
181
Se persone gay, lesbiche, travestiti, transessuali e intersessuali sono
oggetto di discriminazione nella società contemporanea, è colpa delle
nostre norme sociali e delle ideologie che riguardano il sesso e la sessualità, non dell’assunzione che, biologicamente parlando, ci sono solo
due sessi.18
Quello che dunque deve esser messo in discussione è, se quanto
tegorie sessuali ammesse dalla biologia, ma piuttosto il fatto che,
sulla base di quelle categorie, si legittimino forme di organizzazione
sociale. In altre parole, che differenza ci sarebbe tra un sessismo a,
poniamo, cinque categorie, e uno – come quello che scaturisce da
parte della sociobiologia – a due categorie? Se non si sta in guardia
rispetto a questo possibile vizio di ragionamento, si corre il rischio
di perpetrare, non riconoscendolo, quello stesso meccanismo che si
era tentato di scardinare, cioè il determinismo biologico.
18
T. Moi (2005), Sex, Gender, and the Body, Oxford University Press, Oxford,
p. 40.