La profilassi con vitamina K: un approccio basato sull`evidenza

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La profilassi con vitamina K: un approccio basato sull`evidenza
La profilassi con vitamina K: un approccio basato sull’evidenza
Fiammengo P., Coscia A., De Donno V., Tulisso S., Maula S., Bianco M., Dall’Aglio M.,
Farinasso D., Alessi D., Foco L., Costa L.
Mentre la malattia emorragica neonatale (MEN) classica ha un’incidenza decisamente
elevata (0,25-1,7% dei nati a termine) la forma tardiva è invece rara, stimata su
5-7/100.0001, ma può essere mortale o gravemente invalidante.
Che l’uso di vitamina K alla nascita sia efficace nel ridurre il rischio di (MEN) nella sua forma
classica è un dato ormai acquisito e condiviso2. Molto meno lo è lo schema e la via di
somministrazione per la prevenzione della MEN tardiva che si riflette su una grande
disomogeneità di comportamenti3.
Il problema coinvolge sia il medico ospedaliero, che deve decidere quale modalità di
somministrazione adottare, sia il pediatra di base, il quale deve conoscere le differenti
strategie dei punti nascita al fine di adeguare le succesive, eventuali, somministrazioni orali
di vitamina K.
Come
sezione
piemontese
dell’ACP,
congiuntamente
con
la
Società
Italiana
di
Neonatologia, abbiamo pertanto dato vita ad un gruppo di studio che, utilizzando una
metodologia “EBM”, chiarisse i punti critici dell’uso di questa vitamina.
Le domande alle quali abbiamo cercato di dare una risposta sono state:
•
la somm. di vit. k, (rispetto alla non somministrazione), è in grado di prevenire la
MEN?
•
la somm per os di vit. K, rispetto alla somministrazione i.m., è in grado di prevenire
la MEN?
•
la somm. ripetuta x os, rispetto alla somministrazione i.m. una tantum è in grado di
prevenire la MEN?
•
la somm. di vit. K i.m. quale rischio determina di insorgenza di tumore?
•
la somministrazione di vit. k micellare x os, rispetto alla formulazione tradizionale,
permette una migliore prevenzione della MEN?
La ricerca della letteratura inizia dal sito della Cochrane Library dove notiamo che tra le
revisioni in preparazione ce ne è una che risponderebbe a tutti i nostri quesiti.
In attesa che venga pubblicata passiamo ad interrogare il Medline. Decidiamo di effettuare
le ricerche separatamente, in modo da poterle confrontare, e di scegliere pochi articoli di
tipologie differenti da poter discutere in gruppo con il metodo del Journal club4.
Elaboriamo 4 stringhe di ricerca i cui risultati sono riassunti nella tabella che segue.
A. HDN and prevention
B. vitamin k[MESH] AND prophylaxis
C. vitamin k[MESH] AND neoplasm
D. vitamin k/administration and dosage[MESH] OR vitamin k/adverse effects [MESH]
Ricerca
LG
MTA
Rew
RCT
CT
Tot
A
0
0
10
0
1
25
B
5
2
53
17
26
326
C
1
1
14
0
0
64
D
2
1
40
15
26
285
LG=Linee Guida, MTA=Metanalisi, REW=Revisioni, RCT=Randomized Clinical Trial,
CT=Clinical Trial, Tot=rappresenta il totale dei lavori trovati con la stringa di ricerca
In ogni ricerca erano stati posti come limiti l’età (0-23 mesi) e il genere umano.
Nessuna di queste ricerche ci ha soddisfatto pienamente. La review della Cochrane è stata
individuata dalle ricerche A e B, e abbiamo notato che non veniva classificata come
Metanalisi ma come review. (vedi box)
♦
Il tema che affrontiamo per primo è quello relativo al rischio di insorgenza di
tumore per la somministrazione im.
La stringa di ricerca che “fornisce” i lavori è la C (vedi tabella). Selezioniamo 8 articoli che
potrebbero esserci utili, di questi decidiamo di concentrare l’attenzione su tre, tutti
pubblicati su uno stesso numero del BMJ del 1998 (quindi gratuitamente e in full text
disponibili tramite internet). Si tratta di 3 studi caso-controllo5-6-7.
Sappiamo che gli studi caso-controllo occupano uno dei gradini piu bassi nella gerarchia
delle evidenze. Il loro difetto principale consiste nella difficoltà di reperire dei veri controlli,
cioè dei soggetti che dovrebbero essere molto simili e paragonabili ai casi, tranne che per
l’assenza della malattia. La lettura in parallelo dei tre lavori mette bene in luce la difficoltà
dei ricercatori a definire i controlli, che infatti vengono selezionati con criteri di volta in volta
differenti. Inoltre essendo studi retrospettivi, spesso non si riescono a reperire tutti i dati di
cui ci sarebbe bisogno. Tuttavia, quando l’evento studiato è molto raro, realizzare un piu’
affidabile studio di coorte sarebbe impossibile per la numeroistà del campione da
monitorare.
La forza del nesso causale si esprime con l’odds ratio (OR), che per eventi rari (come nel
nostro caso) può essere assimilato al rischio relativo. In pratica numeri maggiori di 1
depongono per un aumento di rischio legato all’esposizione, numeri inferiori starebbero ad
indicare un effetto protettivo8.
Oltre all’OR viene anche riportata “l’adjusted OR” per le variabili cosiddette confondenti
quali il tipo di parto, il peso alla nascita, durata della gravidanza o l’essere stato assistito
presso l’unità di cura intensiva neonatale.
I lavori mostrano nella maggioranza dei casi dei valori di OR intorno all’unità e, cosa che piu’
conta, con IC a cavallo di essa.
Tuttavia trattandosi di un intervento che viene proposto “a tappeto” su tutti i neonati un
rischio anche minimo va valutato con estrema attenzione.
♦
Il quarto articolo con il quale ci cimentiamo9 dovrebbe rispondere all’ultima
domanda, ovvero se la formulazione micellare abbia dei vantaggi rispetto a quella
tradizionale nella somministrazione per os.
Il lavoro viene classificato da Medline come un RCT quindi dovrebbe avere le carte in regola
per essere considerata una “ottima evidenza”.
Una lettura più attenta mette tuttavia in luce una serie di “pecche”:
•
uno degli autori lavora presso la Roche (l’azienda che commercializza il farmaco
in esame)
•
non viene calcolata la numerosità del campione (che tra l’altro è piuttosto
esiguo, 13 neonati in un gruppo e 14 nell’altro) e non vengono riportati gli IC
•
la formulazione proposta avrebbe una migliore biodisponibilità e quindi potrebbe
essere proposta in pz. con difficolta’ di assorbimento. Ma i pz del campione sono
tutti soggetti sani
•
il follow-up era troppo breve per poter considerare i dati relativi alla prevenzione
della forma tardiva
•
infine, ed è stato su questo che abbiamo maggiormente discusso, si è fatto uso
di un end point surrogato (un parametro di laboratorio al posto di un esito
clinico)10.
A questo proposito però bisogna osservare che se è vero che per poter osservare l’effetto
collaterale atteso bisogna arruolare almeno tanti pz. quanto è il valore di incidenza di
quell’effetto per tre11, si capisce come sia impraticabile la conduzione di uno studio
prospettico per la MEN tardiva.
♦
Con il quinto articolo, pubblicato nel 199712, si prende in considerazione l’efficacia
della somministrazione ripetuta per os della vit. K confrontando schemi differenti adottati in
quattro Paesi (Germania, Olanda, Svizzera e Australia) (domanda n. 3). La tipologia dello
studio, definito “comparativo non randomizzato” derivante da un sistema di sorveglianza
attiva, per ammissione degli stessi autori non è il più indicato per questo tipo di analisi.
Sarebbe stato meglio un RCT ma, come già detto, c’è il problema del numero dei pazienti da
seguire per mettere in luce degli esiti clinici cosi rari.
Diversi comunque i motivi di interesse dello studio:
•
il periodo di studio è ampio (2 anni)
•
è condotto su una vasta popolazione (i nati vivi nei rispettivi paesi durante i due
anni dello studio)
•
il quesito clinico e l’impatto pratico vista la disomogeneità di comportamenti
riguardo alla profilassi con vit. K in Italia
•
gli esiti misurati che sono finalmente clinici: il numero assoluto e l’incidenza dei
casi di emoraggia tardiva.
Non mancano ovviamente possibili bias:
•
i Paesi sono diversi e non è detto che debbano avere la stessa incidenza di MEN
tardiva
•
il periodo in esame non è esattamente lo stesso nei vari paesi
•
possibili errori nell’applicazione del sistema di sorveglianza (ma in questo caso
l’errore dovrebbe essere equamente distribuito)
•
è sconosciuta la proporzione di bimbi sottoposti a profilassi completa (ma anche
qui
la
proporzione
di
incompletezza
od
omissione
dovrebbe
essere
sovrapponibile nei vari paesi)
Alla fine emerge che lo schema olandese (25 µg/die se seno esclusivo) funziona (0 MEN su
100.000), quello tedesco e australiano di 1 mg x os a 1 giorno, 1 settimana e 1 mese, così
così (2,5 MEN tardive su 100.00) e quello svizzero non permette di trarre conclusioni.
♦
Finalmente viene pubblicata la review della Cochrane13 e subito ci ritroviamo per
leggerla.
Nel paragrafo introduttivo, il “background”, quello che delinea i limiti del problema, si
accenna subito all’uso, in molti trial, di end point surrogati, mentre il problema del possibile
rapporto causale con il tumore viene liquidato in poche righe (la lettura dei lavori originali ci
era sembrato portare a conclusioni meno definitive).
Vengono quindi definite le domande a cui la revisione cercherà di rispondere, e qui,
piacevole sorpresa, sono fondalmente simili alle nostre.
I criteri per la ricerca e la selezione degli articoli sono quelli standard per i gruppi di lavoro
Cochrane, molto rigorosi e limitati solo agli RCT cosa che riduce la scelta, ma è l’unica che
permette il confronto dei vari studi e la successiva applicazione del sistema metanalitico di
raggruppamento delle conclusioni.
In tutto ne sono stati trovati 17 dei quali solo 13 sono stati inclusi nella revisione.
Nessuno di essi (sono solo RCT, attenzione) prende in considerazione come outcome la
MEN; inoltre, specificano gli autori, non sono stati trovati lavori che mettessero in relazione
gli end point surrogati con gli esiti clinici.
Queste le conclusioni:
•
una singola dose di vit. K im alla nascita è efficace nel prevenire la forma classica
di MEN
•
sia la forma im che quella per os migliorano i parametri della coagulazione a 1-7
gg, ma nessuna delle due vie di somm. è stata valutata in trial che avessero
come esito la forma tardiva di MEN
•
la forma per os poi, in somm. singola o ripetuta non è stata valutata in RCT con
esito clinico
•
il confronto delle vie di somm. im e x os ha mostrato solo una differenza nelle
concentrazione dei parametri della coagulazione ma l’importanza clinica è
incerta.
•
se vengono somm. tre dosi per os i livelli plasmatici di vit. K a un mese sono
maggiori rispetto alla singola dose im alla nascita
Sulla base delle evidenze analizzate emerge che lo schema basato sulla somministrazione
im o per os alla nascita, seguito dalla ripetizione settimanale delle dosi per bocca per i primi
tre mesi sembra essere il più ragionevole.
Il problema della compliance, sollevato più volte, è superabile in Italia dalla rete dei pediatri
di famiglia.
Bibliografia
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9
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administration of mixed-micellar or cremophor EL-solubilized preparations of vitamin
K1 to normal breast-fed newborns. J Pediatr Gastroenterol Nutr. 1997
Mar;24(3):280-4.
10 Gli end point surrogati. BIF mag-giu 2000-N.3 38-9
11 Sackett D.L., Scott Richardson W., Rosenberg W., Brian Haynes R. La medicina basata
sull’evidenza. Come praticare ed insegnare la EBM. Torino: Centro Scientifico Editore
1998. 93
12 Cornelissen M, Von Kries R, Loughnan P, Schubiger G.
Prevention of vitamin K
deficiency bleeding: efficacy of different multiple oral dose schedules of vitamin K. Eur
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13 Puckett RM, Offringa M. Prophylactic vitamin K for vitamin K deficiency bleeding in
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