scarica estratto - Morgan Miller Edizioni
Transcript
scarica estratto - Morgan Miller Edizioni
www.morganmilleredizioni.it 2 Tutti i diritti riservati. Copyright @ 2011 - Morgan Miller Edizioni è un marchio di proprietà di CDB s.r.l. P.IVA 03642490712 - Iscr. Rea 262208 Foto di copertina © Alfred Koch - Fotolia.com ISBN 978-88-97659-07-5 I racconti di quest’opera sono frutto di fantasia dell’Autore che è stata ispirata alle crociate. Ogni riferimento a nomi di persona e cose, siano essi realmente esistiti od esistenti, è da considerarsi puramente di fantasia e/o casuale. È vietata ogni riproduzione, anche parziale. Le richieste per l’utilizzo della presente opera o di parte di essa in un contesto che non sia la lettura privata devono essere autorizzate per iscritto dall’Editore. 3 4 Dedicato a chi ha creduto in me 5 6 CRISTINA SCIARRA Deus Vult Morgan Miller Edizioni 7 8 Prologo Foresta di Nîmes, 1063 Alberi immensi si stagliavano verso l’alto come imponenti torri. Le chiome, non più rigogliose, velavano la luminescenza della volta celeste rendendo la vegetazione sottostante opaca, smorta. Le foglie raggrinzite cadevano dagli alberi improvvisando un sinuoso e zigzagante balletto mentre lentamente si adagiavano prive di vita sul terreno. Gli uccelli pigolavano debolmente posandosi da un albero all’altro, scrollando le loro piume intirizzite. Ogni cespuglio, ogni fronda di quegli enormi fusti si piegava sotto i continui soffi di vento freddo. Un giovane e paffuto frate avanzava a rilento lungo il viottolo della selva. Il sottobosco scricchiolava sotto i suoi passi lenti ed esitanti. I suoi occhi spalancati scrutavano ogni cosa, in ogni direzione. A ogni piccolo fruscio il cuore gli sobbalzava nel petto, e subito si stringeva nel suo lungo mantello di lana e si sistemava il cappuccio, abbassandolo davanti agli occhi come per schermarli da una possibile visione spaventosa. Una smorfia di paura era scolpita sul suo volto arrossato e screpolato dalle continue sferzate di aria fredda. Poi, improvvisamente, un urlo agghiacciante squarciò quell’angolo di quiete e il terrore e lo sgomento esplosero dentro di lui. Sentiva le viscere contorcersi per la paura. Spaventato e col cuore in gola, si avvicinò cautamente seguendone la provenienza. All’ombra di una grande quercia una donna stava partorendo. 9 Rimase nascosto nella semioscurità, l’eccitazione aumentava. Estasiato, come dinanzi a un’apparizione divina, rimase a contemplare il miracolo della vita. Accanto alla donna, stremata dal dolore, due uomini cercavano nervosamente di darle aiuto e conforto, tentando in ogni modo di tranquillizzarla comportandosi come due levatrici. «Hugh cosa devo fare?». Domandò uno dei due, angosciato. «Restate vicino a lei, il bambino sta per nascere». Rispose Hugh mentre, ansioso e tormentato, calpestava il terreno intorno al piccolo falò su cui era adagiata una tinozza con dell’acqua. La donna si lamentava, piangeva, gemeva. Gocce di sudore spuntavano sul viso contratto. Respirava in rantoli rapidi e brevi. Per un fuggevole attimo il giovane frate sentì conflagrare dentro di lui l’istinto di correre verso la donna, aiutarla, confortarla, ma la mancanza di coraggio e determinazione smorzò quell’impulso e il frate continuò a fissare la scena al buio, occultato dietro una macchia di alberi. Poi, un ultimo urlo sofferente; una piccola testolina sgusciò tra le gambe della donna. «Gerard, sorreggete il piccolo». Spronò Hugh. L’uomo si chinò e, tremando, sostenne la testolina con una mano mentre, lentamente, il resto del corpo sgusciava fuori. Premurosamente mise le mani sotto i fianchi del piccino e lo tenne mentre le gambette minuscole scivolavano fuori, nel mondo freddo. I due uomini si guardarono ma non una parola, non un gesto. Gerard esitante si voltò verso Hugh «Il cordone ombelicale … dobbiamo tagliarlo!». Lentamente e delicatamente Hugh prese il cordone tra le mani e dopo averlo annodato prese il coltello e lo tagliò al di sotto del nodo. 10 Gerard tenne il piccino contro il petto. «Devo lavarlo. Devo pulirlo». Disse l’uomo scrutando il piccolo il cui corpo era cosparso di una sostanza gelatinosa. Hugh intinse uno straccio nella tinozza e glielo passò; Gerard delicatamente cominciò a lavare il piccino. Prima accarezzò delicatamente il visino poi passò per tutto il corpo. Allo stesso modo lavò le gambe della donna completamente insanguinate. Mise fra le braccia della donna esausta il bimbo che strillava ancora. Poi la boccuccia trovò subito il capezzolo della madre e le urla del bimbo tacquero. Cominciò a poppare. Madre e figlio sonnecchiarono per un po’, quindi la donna riaprì gli occhi. Gerard mise il piccino in una copertina, lo fasciò ed esitando lo posò tra le radiche dell’immensa quercia. Gli occhi dell’uomo erano spalancati dall’orrore mentre, con un vuoto immenso nel petto, osservava il piccino. Si allontanarono velocemente dal piccolo che piangeva a dirotto e man mano che procedevano il pianto divenne sempre più flebile, lontano. Il frate assistette incredulo alla scena, immobilizzato, impossibilitato a intercedere per il bene del pargoletto. Poi, non appena i tre si allontanarono, con un'inezia di coraggio, si avvicinò vacillante al piccolo fagottino abbandonato a se stesso rammaricandosi di non essere intervenuto subito; forse il bimbo avrebbe ancora una famiglia. Pensò che avrebbe potuto acciuffare quelle persone ignobili e consegnarle alla legge. Dopotutto era anche quello il suo compito, doveva difendere i più deboli, ma ormai era troppo tardi, la donna e quegli uomini erano lontani da quel posto e a nulla valeva ora rimuginare sul passato. Lo prese tra le sue braccia e con mano incerta sollevò un’estremità della coperta. Scorse un visino roseo e aggrinzito, una bocca aperta e sdentata, una testolina calva. Scostò un po' di 11 più la coperta e vide le spalle fragili, le braccia che si agitavano, i pugni chiusi. Poi un ultimo controllo svelò che era un maschietto. «Ci prenderemo noi cura di te! Non preoccuparti piccolo!». Nascosti nella profondità della foresta, i tre osservarono sorpresi e spaventati quel giovane frate. La donna, provata dall’immane sforzo, a stento riusciva a tenersi in piedi e alla fine, stremata, cadde a terra svenuta. Gerard si avvicinò a lei e dolcemente cominciò ad accarezzarle il volto. Una lacrima rigò il suo viso. Straziato dal dolore, Gerard si allontanò dalla donna e scattò in avanti per correre dal piccolo. «No, non potete farlo! Abbandonare un neonato è considerato omicidio! Andiamo subito via da qui! ». Disse Hugh, trattenendolo per un braccio. «Mio Dio, cosa abbiamo fatto. Non dovevamo abbandonarlo, potevamo trovare altre soluzioni». A quel punto Gerard comprese che non c’era più null’altro da fare e, schiacciato dal senso di colpa, si voltò verso Hugh e con un cenno del braccio gli ordinò «Segui quel frate e scopri dove porta mio figlio!». Hugh senza proferir parola ubbidì e come una serpe scivolò tra la vegetazione e si allontanò. 12