L`elisir balsamico alla conquista del mondo

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L`elisir balsamico alla conquista del mondo
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Economica Numero 4
luglio‐agosto 2014
L’ELISIR
BALSAMICO
alla conquista
del mondo
Breve storia dell’Aceto Balsamico Tradizionale
di Modena, oggi sulle tavole più celebri a livello
internazionale
A
ttenzione a non fare confusione. L’aceto di vino e l’Aceto Balsamico Tradizionale
sono parenti, ma soltanto
da lontano. Fino a qualche
anno fa, il primo era il più utilizzato su
tutte le tavole, in accoppiata con l’olio
d’oliva, per condire ogni tipo d’insalata.
Oggi, il secondo ha conquistato il mercato, sia domestico sia dei grandi chef, i
quali lo impiegano in tutte le salse come
esaltatore di sapori. L’Aceto Balsamico ha
quarti di nobiltà che, una volta scoperti,
l’hanno portato rapidamente al meritato
successo gastronomico. Non c’è da sorprendersi che sia entrato di diritto nell’elenco dei cibi più raffinati, alla pari di
ostriche e tartufi. Da quando la sua fama
ha fatto il giro del mondo, è ospite stabile
non soltanto, come un tempo, della tavola dei regnanti, ma anche dei nuovi vip, i
SANDRO BELLEI
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Acetaia della società Aceto Balsamico del Duca di Adriano Grosoli, San Vito di Spilamberto
politici e i personaggi dello spettacolo e dello sport. Ai sovrani,
insomma, si sono sostituiti il presidente degli Stati Uniti d’America Barack Obama, la cancelliera Angela Merkel e persino papa
Francesco, al quale Leonardo Giacobazzi dell’omonima acetaia
di Nonantola, tramite il cardinale Gianfranco Ravasi, ha fatto
giungere qualche mese fa il Balsamico del consorzio.
La storia dell’impiego di questo prezioso elisir da cucina ha tutte le carte in regola. Incomincia quando gli antichi Romani, non
avendo a disposizione lo zucchero di canna, introdotto soltanto
nell’XI secolo da genovesi e veneziani, cuociono e riducono in
diverse concentrazioni il mosto ricavato dai numerosi vitigni
del territorio, che chiamano saba, uno sciroppo d’uva bianca o
rossa, usato in cucina – come testimonia nelle Egloghe Virgilio,
che lo battezza defrutum – per insaporire carni e verdure. È già
l’antenato dell’Aceto Balsamico.
Il primo documento che ne parla ampiamente si trova nel poema
Vita di Matilde, un’opera biografica scritta in latino fra il 1111 e il
1116 dal monaco benedettino Donizone, abate del monastero di
Sant’Apollinare di Canossa. La vita e le gesta della Contessa sono
l’inoppugnabile cartina di tornasole delle sue origini geografiche,
i possedimenti di Matilde, che spaziavano sugli stessi territori dai quali nasce anche oggi l’Aceto Balsamico. Un’altra testimonianza in questo senso la fornisce, all’inizio del XVIII secolo,
il naturalista Antonio Vallisnieri, il quale annota che nel 1288,
quando Obizzo II d’Este fu investito della signoria di Modena,
alla sua corte erano conservate numerose botti di aceto.
Nel 1518, il commediografo Ludovico Ariosto, nato a Reggio e
vissuto in ambito estense, ricorda nei suoi scritti l’utilizzo culi-
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Acetaia del Cristo, San Prospero
nario di «acetto e sapa» come condimenti di uso comune, che
nei secoli successivi, però, diventano un prodotto raffinato, destinato soltanto alle tavole delle famiglie abbienti. L’aggettivo
“balsamico” è relativamente giovane. È usato per la prima
volta negli inventari della reggia estense a Modena nel 1747.
Probabilmente, il nome si riferisce all’uso terapeutico che se
ne faceva all’epoca. Sono i duchi di Modena e Reggio a farlo
conoscere all’aristocrazia europea, tanto che nel 1764, di passaggio a Modena nel corso di una missione diplomatica, il conte
russo Michail Illarionovi Voroncov, cancelliere imperiale, chiede di mandarne alcune bottigliette alla zarina Caterina. Quasi
trent’anni dopo, nel 1792, Ercole III ne invia a Francesco II d’Austria, per la sua incoronazione a imperatore, un flacone spillato
dalle botti conservate nel torrione di sinistra del Palazzo Ducale.
L’Aceto Balsamico, gelosamente conservato nelle soffitte della corte estense e delle famiglie aristocratiche, inizia a essere
conosciuto anche dalla borghesia più ricca all’arrivo a Modena
di Napoleone. L’amministrazione imperiale espropria e mette
all’asta i beni dei vinti. In questa temperie economica e politica,
inevitabilmente, il possesso delle batterie di Aceto Balsamico diventa un segno di ascesa sociale. Anche per la borghesia, come
accadeva nelle famiglie aristocratiche, diventa buona regola aggiungere botticelle di valore alla dote matrimoniale delle donne.
Nella prima metà del XIX secolo inizia la diffusione delle conoscenze sul “Balsamico”. Il mercato se ne interessa. Si sviluppano anche ricerche storiche e bibliografiche attorno a
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Acetaia di Giorgio Barbieri, Modena
che ha avuto l’intelligente idea di etichettare i propri prodotti con l’immagine del
quadro che Francesco I d’Este commissionò a Velázquez nel 1638 e che nel
1992, insieme con altri preziosi dipinti,
fu rubato alla Galleria Estense dalla banda di Felice Maniero, il boss della “mala”
del Brenta.
Sulle tavole di tutto il mondo i consumatori non riescono ancora, purtroppo, ad
apprezzare sempre le diverse caratteristiche dei due aceti. Su quelle eccellenti,
tuttavia, non facendo remora la notevole
differenza di prezzo, arrivano i Balsamici
Tradizionali con più anni di stagionatura, racchiusi nella bottiglietta da 100 cc
disegnata da Giorgio Giugiaro. L’anno
scorso ne sono state vendute 84.000,
con un giro d’affari di 500.000 euro. Uno
dei primi a capire l’importanza di questo
brand è stato Italo Pedroni, patròn di una
storica osteria a Rubbiara di Nonantola,
che continua con successo a proporre,
soprattutto ai numerosi stranieri che
sono suoi ospiti ogni giorno, un intero
menu impreziosito dall’Aceto Balsamico
Tradizionale: risotto, frittata, coniglio e
gelato di crema.
L’acetaia del Cristo, che stagiona a San
Prospero il Balsamico in botti di oltre
un secolo e mezzo, è condotta da Erica
e Gilberto Barbieri e Daniela Bonfatti. A
utilizzare allo scopo il mosto delle uve del
territorio iniziò Maria Pellacani, bisnonna di Gilberto. L’acetaia oggi conta circa
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un prodotto che, uscendo timidamente dalla segreta ritualità delle acetaie,
comincia a riscuotere i primi successi
commerciali. Nel settembre 1839 il conte savonese Giorgio Gallesio scrive delle
tecniche di produzione osservate nell’acetaia dei conti Salimbeni di Nonantola.
Nell’agosto del 1859 Vittorio Emanuele
II, in visita a Modena per il plebiscito, ordina il trasferimento dell’acetaia ducale
al castello di Moncalieri. Il “Balsamico”
comincia a uscire dagli antichi confini
della Contessa. La dettagliata codifica delle tecniche di produzione risale
al 1862, quando Francesco Aggazzotti
descrive in una lettera all’amico Pio
Fabriani i segreti dell’acetaia di famiglia.
Nel 1863 il chimico Fausto Sestini, nel
primo studio scientifico in materia, evidenzia le notevoli differenze fra questo
aceto e il “cugino” che deriva dal vino.
Separati un tempo da antiche e assurde
rivalità, l’Aceto Balsamico Tradizionale
e quello (non correttamente chiamato)
“industriale” sono tutelati da tre distinti
consorzi, i cui presidenti Enrico Corsini e
Mario Gambigliani Zoccoli per il primo – a
marchio DOP – e Mariangela Grosoli per
il secondo – a marchio IGP – farebbero
bene a confluire in un’unica organizzazione, seppure con soci differenziati dalla produzione. Gambigliani Zoccoli è il
maggior produttore di Aceto Balsamico
Tradizionale, ma soltanto per conto terzi.
La Grosoli conduce una storica azienda
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Acetaia Leonardi, Magreta di Formigine
2.000 botti, le cui doghe derivano da tutte le essenze che si possono impiegare
nel lungo processo d’invecchiamento:
rovere, castagno, ciliegio, ginepro, gelso,
acacia e frassino. Da otto anni, alcune
delle circa 10.000 bottigliette di Aceto
Tradizionale prodotte giungono regolarmente sulla tavola di Michael Douglas. Fu
l’importatore dei Barbieri, incontrando
l’attore alle Bermude, a farne un cliente.
Da allora, l’interprete di Attrazione fatale
e Basic Instinct non ha più rinunciato al
Balsamico. Allo stesso modo, l’ha assaggiato Ornella Muti, che dal 2008, ogni
anno, fa telefonare dal suo agente per rifornirsi di aceto. Ad assaggiarlo come prezioso regalo sono stati anche Elisabetta
d’Inghilterra e Giorgio Napolitano, che ha
ricevuto la bottiglietta numero uno delle
150 etichettate per ricordare il secolo e
mezzo dall’Unità d’Italia.
A Modena, Giorgio Barbieri, ex campione
di pallavolo della mitica Panini, conduce
con la moglie Giovanna e la figlia Carlotta
un’acetaia che si avvale di parte delle
antiche botti della stessa famiglia di San
Prospero. La sua clientela, soprattutto
gourmet e chef americani, è quasi tutta
straniera. Il merito è stato di un articolo pubblicato sul “New York Times” che
illustrava in tutti i golosi dettagli un pranzo a base di Aceto Balsamico, preparato
nell’acetaia modenese dallo chef stellato Daniel Boulad. A far girare la notizia
nel mondo ha pensato internet. Sul web
l’ha intercettata anche l’ambasciatore
coreano in Italia, Bae Jae Hyun, che ogni
anno manda il segretario ad acquistare
una decina di bottigliette. Nel gennaio
del 2012, informata della bontà dell’Aceto Balsamico dal proprio nipote, che
frequenta la succursale bolognese della Johns Hopkins, è giunta con tanto di
scorta della DIGOS Jennifer Napolitano,
componente del gabinetto di sicurezza di Obama. Una bottiglietta è arrivata così sulla tavola del presidente degli
Stati Uniti, il quale si è sentito in dovere
di inviare alla famiglia Barbieri una lettera di ringraziamento per il «wonderful
gift», il magnifico dono. A Obama piace
anche quello dell’acetaia San Giacomo di
Novellara, che assaggia quando ordina i
piatti dello chef italiano Tony Mantuano
del ristorante Spiaggia di Chicago. Alla
Casa Bianca è divenuto un estimatore del
nostro aceto anche il cuoco personale del
presidente, Daryl Schembeck. A convertirsi al sapore del Balsamico è stato anche Ulrich Kerz, cui spetta il compito di
preparare i pasti per Angela Merkel.
A Magreta di Formigine, l’acetaia
Leonardi ha alle spalle 150 anni di storia.
Iniziò Giuseppe, nel 1871, a far stagiona-
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nato una trentina di pregiate bottigliette
con più di trent’anni d’invecchiamento. A
scoprire le virtù gastronomiche dell’Aceto Balsamico Tradizionale era stato Mark
Flanagan, cuoco della regina Elisabetta,
in occasione della visita a Formigine con
Garcia.
L’acetaia di Remo Marchi a Soliera, nata
nelle cantine dell’omonimo albergo, vanta
fra i suoi clienti Dustin Hoffman, che conobbe l’Aceto Balsamico quando, alcuni
anni fa, fu ospite del Carnevale di Cento,
ma anche la presidente del Brasile,
Dilma Rouseff, gli ex giocatori del Milan
Demetrio Albertini (oggi vicepresidente
della Lega Calcio) e della Juventus Ciro
Ferrara. Da oltre vent’anni, Beppe Grillo,
che prima di dedicarsi alla politica, durante le sue tournée da comico, era spesso ospite dell’hotel, è un goloso consumatore di Balsamico. Marchi, che in passato riforniva regolarmente la dispensa di
Luciano Pavarotti, ha fatto apprezzare il
suo aceto, che in una boutique gastronomica di piazza San Marco a Venezia è
venduto a 600 euro la bottiglietta, anche
a Shevchenko, quando il giocatore ucraino arrivò in Italia la prima volta per vestire la maglia del Milan.
Acetaia di Remo Marchi, Appalto di Soliera
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re il mosto nelle botti per ricavarne aceto
a uso familiare. Oggi, Federica possiede
3.500 barili. Fra i suoi clienti, da dieci
anni, figura anche lo chef della famiglia
Grimaldi, Christian Garcia, che si rifornisce periodicamente da lei per non far
mancare l’aceto sulla tavola dei principi
di Montecarlo. A Magreta è venuto più di
una volta. L’ultima, nel 2009, con il club
Chefs des chefs, che riunisce dal 1977 i
cuochi di capi di Stato e primi ministri.
Due anni dopo, nel luglio 2011, in occasione delle nozze di Alberto II con la bella
ex nuotatrice Charlene Wittstock, è stato
il patròn dell’acetaia, Francesco Leonardi,
a recarsi a Montecarlo per sovrintendere
all’abbinamento dei suoi aceti con i piatti
del menu nuziale preparati da Garcia. Lo
chef dei Grimaldi mette a tavola quotidianamente da venti a cento persone, a
pranzo e a cena, per 365 giorni l’anno,
variando sempre il menu, tranne richieste specifiche. L’oro nero dei Leonardi era
presente, nel 2011, anche in occasione
di un altro matrimonio reale, quello fra
William d’Inghilterra, che quando salirà
al trono assumerà il nome di Guglielmo
V, e Kate Middleton, divenuta contessa di
Cambridge. La coppia reale aveva ordi-
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