L`informazione radiofonica locale in Italia

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L`informazione radiofonica locale in Italia
L’informazione radiofonica locale in Italia
Andrea Ganduglia
— tesi di laurea —
Indice
Introduzione
3
I
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Sviluppo della radiofonia locale in Italia
1 La legge dell’assurdo
1.1 Un nuovo involontario assetto radiofonico
1.2 Frequenza proibita: la lunga stagione delle
1.3 Il piano che non c’é . . . . . . . . . . . . .
1.4 Verso il digitale incerto . . . . . . . . . . .
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radio libere
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2 L’industria radiofonica locale
2.1 Un censimento impossibile . . . . . . . . .
2.1.1 Audiradio . . . . . . . . . . . . . .
2.2 Economie e strategie di sopravvivenza . .
2.3 Davide vs. Golia, la frequenza al più forte
2.4 Superstations . . . . . . . . . . . . . . . .
2.5 Vecchie e nuove tecnologie . . . . . . . . .
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L’informazione radiofonica locale
3 Informare con la radio
3.1 Il servizio pubblico . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.1.1 Quale futuro per RadioRai? . . . . . . . . .
3.2 L’emittenza privata nazionale e la grande editoria .
3.2.1 Gruppo Editoriale L’Espresso . . . . . . . .
3.2.2 Radio24 — Il sole 24 Ore . . . . . . . . . .
3.2.3 Le altre grandi . . . . . . . . . . . . . . . .
3.3 Le eccezioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.3.1 Radio Radicale . . . . . . . . . . . . . . . .
3.3.2 Radio Maria . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.3.3 Popolare Network . . . . . . . . . . . . . .
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L’informazione radiofonica locale in Italia
4 Economia dell’informazione locale
4.1 L’informazione come scelta (obbligata)
4.2 Trasmettere informazione . . . . . . .
4.3 Produrre informazione . . . . . . . . .
4.4 Hardware 1 — La redazione . . . . . .
4.5 Hardware 2 — Mezzi e attrezzature .
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5 La dimensione intima
5.1 Tra locale, nazionale ed internazionale
5.2 Una informazione glocale? . . . . . . .
5.3 Contenuti e formati per il glocale . . .
5.4 Parlare più forte della frequenza . . .
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III
Una radio metropolitana
6 Anatomia della più grande radio bolognese
6.1 Suoni e formati . . . . . . . . . . . . . . . . . .
6.2 Il palinsesto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
6.3 La musica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
6.4 L’informazione . . . . . . . . . . . . . . . . . .
6.4.1 L’orologio dell’informazione . . . . . . .
6.4.2 Contenitori informazione . . . . . . . .
6.4.3 Le trasmissioni di servizio e redazionali
6.4.4 Dirette, microfoni aperti e speciali . . .
6.5 Staff, conduttori, redazione . . . . . . . . . . .
6.6 L’impresa economica . . . . . . . . . . . . . . .
6.6.1 La forma cooperativa . . . . . . . . . .
6.6.2 Il manifesto . . . . . . . . . . . . . . . .
6.6.3 La pubblicità . . . . . . . . . . . . . . .
6.6.4 Gli abbonamenti . . . . . . . . . . . . .
6.7 Gli ascoltatori . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
6.7.1 Gli Abbonati . . . . . . . . . . . . . . .
6.8 www.radiocittadelcapo.it . . . . . . . . . . . . .
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Appendici
163
A Analisi dei dati raccolti
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Bibliografia
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Introduzione
L’Italia vive un’anomalia radiofonica. I quindici anni trascorsi dalla nascita della radiofonia privata all’approvazione della
prima legge organica, hanno permesso al settore di crescere senza alcun tipo di indicazione e agli operatori di costituire radio
senza che loro fossero chiesti requisiti precisi, lasciando spazio
ad ogni sorta di iniziativa. Seppure il numero delle emittenti private sia stato ridotto ad un quarto dall’inizio degli anni Novanta,
oggi l’Italia è il paese che possiede più radio relativamente alla
popolazione, battuta in numero assoluto solo dagli Stati Uniti
d’America. L’industria radiofonica ha inevitabilmente risentito
di questa situazione, che vede la somma delle sue parti non descrivere a pieno il settore, composto di realtà molto differenti per
dimensioni, struttura e fatturato, un aricipelano eterogeneo di
aziende cosı̀ diverse tra loro da rendere faticosa una descrizione
globale e che spesso costringe all’analisi microscopica, facendo
di ogni caso una storia a parte.
Contrariamente alla televisione l’assetto radiofonico italiano
non è quindi duopolistico, si può invece censire una pluralità
di imprese radiofoniche attive e operanti sul territorio; si tratta
di aziende di livello nazionale, ma soprattutto di piccole aziende
locali, emittenti che operano attraverso una frequenze dalla portata regionale, provinciale e molto spesso cittadina, che nel complesso costituiscono la fetta più grande di tutto il settore. La
potenza del segnale regola anche il rapporto con il territorio, il
contenuto e le modalità di ascolto delle trasmissioni. Se molte
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L’informazione radiofonica locale in Italia
radio locali hanno obiettivi strettamente commerciali, altre cercano di rispondere ad esigenze e desideri che l’emittenza pubblica e quella privata nazionale non riescono a soddisfare; sono
piccole radio che hanno una vocazione di servizio e che s’incaricano nell’ambito della propria comunità di far circolare le
idee, mettere fatti e persone in relazione, creare sinergie e fare
informazione.
L’informazione, intesa come racconto e analisi dei fatti è forse
il prodotto mediale più discusso e studiato da qualche decennio a
questa parte, l’attenzione però è spesso concentrata sulle forme
più note e visibili, come quella della televisione o delle testate
quotidiane, o più recentemente quella dei nuovi media, lasciando
in secondo piano o aggregandovi erroneamente quella prodotta
dalla radio, media considerato obseleto, marginale, ma che invece è ancora oggi vivissimo e quotidianamente, appunto, fonte
di informazione per milioni di persone. Della radio poi si fa cenno solo ai casi più noti, analizzando quelle emittenti private o
pubbliche ricevibili su tutto il territorio nazionale, trascurando
la parte forse più importante della radiofonia, almeno di quella
italiana: la dimensione locale.
Ed è proprio l’informazione delle radio locali l’oggetto di
questo studio. Nel primo capitolo si ripercorrerà l’iter legislativo che dalla fine del monopololio pubblico ha permesso la nascita di queste realtà, si porrà l’accento su come ogni legge abbia concesso sembre più spazio ai grandi gruppi editoriali, alle
concentrazioni, e abbia sfavorito le piccole emittenti. Si vedrà
anche come nei meandri della legge, tra un vuoto legislativo e
la sopravvivenza di qualche vecchissimo articolo, siano potute
nascere realtà locali che operano a livello nazionale e che più di
ogni altro elemento penalizzano la piccola emittenza.
Il secondo capitolo è dedicato all’industria, si cercheranno di
capire le dimensione e le cifre del settore, operando una ricognizione tra le tante fonti parziali a disposizione, si indagheranno
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L’informazione radiofonica locale in Italia
i meccanismi che regolano la raccolta pubblicitaria, la principale risorsa per l’emittenza privata, e le tante forme alternative
di sostegno che le radio locali mettono in atto per sovravvivere,
in quelle che è descritta come “economia di varietà”, composta di elementi diversissimi e non sempre propri. Si ripercorrerà anche la storia tecnologica dell’industria, per capire come
le innovazioni tecniche abbiano saputo offrire nuove prospettive.
La seconda parte del lavoro è dedicata nello specifico all’informazione. Con il terzo capitolo verrà passata in rassegna la
situazione nazionale, il servizio pubblico e i grandi gruppi editoriali, per capire il loro rapporto con la dimensione locale, e quelle
eccezioni che pur operando a livello nazionale hanno caratteristiche che si ritroveranno tra le radio locali, almeno nelle scelte
che cosı̀ distintamente le fanno emergere.
Fare informazione, per una radio locale, non è una scelta,
ma qualcosa che la legge impone, ci sono però diversi modi di
fare informazione ed ognuno di questi ha un costo specifico in
termini di impegno e risorse. Il quarto capitolo si addentra nei
meandri delle radio locali, delle agenzie radiofoniche di stampa,
della legge per l’editoria, cercando di comprendere i passaggi
e le connessioni. Verrà dato molto spazio a quelle radio che
producono da se l’informazione, che allesticono una redazione
interna e che operano in autonomia, sfidando le leggi del mercato
e mettendo al primo posto la propria identità.
Un criterio di valutazione che sarà utilizzato nel quinto capitolo per descrivere i contenuti dell’informazione radiofonica locale, le connessioni con il territorio e le persone, che permetterà di mettere in luce quando poco locale sia l’informazione di
queste emittente e quanto invece tenda a guardare oltre, fuori
dai confini fisici del proprio segnale.
L’ultima parte è dedicata ad un caso specifico, quello di Radio
Città del Capo di Bologna, una emittente locale d’informazione,
ma anche una emittente commerciale, che ha saputo da piccola
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L’informazione radiofonica locale in Italia
e marginale realtà diventare la radio più grande e più ascoltata della propria città. Di questa emittente verranno ripercorse
la storia politica, quelle ecomica e quella editoriale, utilizzando quanto emergerà come strumento di paragone e verifica per
quando affermato nei capitoli precedenti.
L’appendice contiene invece i dati raccolti a sostegno di
questo studio. La letteratura sulla radiofonia, ed in particolar
modo quella sulla radiofonia locale, soffre da sempre la carenza
di dati statistici, situazione che abbiamo cercato di emendare
parzialmente intervistando 119 radio sparse sulla penisola. Il
risultato aggregato delle interviste a risposta suggerita è stato utilizzato là dove le fonti bibliografiche, certamente più autorevoli, si sono dimostrate carenti o non più veritiere, data la
forte dinamicità del settore oggetto di questo studio.
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L’informazione radiofonica locale in Italia
Ringraziamenti
Come dice Enrico Menduni, l’autore che più in Italia ha studiato questo media, la radio è una differenza. “Attorno e insieme
alla radio si muove un mondo vitale che è molto diverso dagli
altri media a cui spesso viene sbrigativamente accostata”. Non è
quindi difficile immaginare che dietro uno studio come questo vi
sia l’aiuto di molte persone che hanno permesso al sottoscritto
di penetrare il mondo delle radio locali, sommerso e quasi del
tutto dimenticato.
Con la certezza di non citarli tutti vorrei ringraziare: Bibı̀
Bellini, Amosh Bonato, Francesco De Grande, Giovanni Dognini, Paolo Soglia e la Redazione tutta di Città del Capo Radio
Metropolitana di Bologna, Alfredo Fiorillo e Laura Pasotti di
Radio Città 103 di Bologna, Danilo De Biasio di Radio Popolare di Milano, Cynthia D’Ulizia di Radio Città Aperta di Roma,
Andrea De Angelis di Radio Radicale di Roma, Francesco Diasio dell’agenzia radiofonica Amis di Roma, Andrea Borgnino di
Rai Radiouno, per le interviste, i consigli e i materiali. Vorrei
poi ringraziare le 119 radio che hanno risposto al questionario
su cui si basa gran parte di questo lavoro, fornendomi quei dati
altrimenti irreperibili.
Assieme a loro gli amici. Andrea, Andrea, Cecilia, Claudia,
Emanuele, Federico, John, Lorena, Luca, Mario, Paolo, Rugiada, Valentina. A tutti loro va la mia gratitudine per il sostegno
e l’affetto.
Infine, vorrei ringraziare Alberto Maurizi, per avermi fatto conoscere gnu/Linux e avermi consentito di scrivere queste
pagine ricorrendo esclusivamente all’uso di software libero, che
ha ridotto di una buona misura la mia fatica.
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Parte I
Sviluppo della radiofonia locale
in Italia
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Capitolo 1
La legge dell’assurdo
1.1
Un nuovo involontario assetto radiofonico
La storia della radiofonia italiana è indissolubilmente legata
alle vicende politiche e legislative che ne hanno segnato le tappe,
l’agonia attuativa delle varie riforme che nel corso degli anni
hanno cercato di regolamentare l’assetto del sistema radiotelevisivo ha infatti inciso più dei caratteri meramente economici e
contingenti su questo settore. Subito dopo il 1968, i movimenti
studenteschi, operai e politici che nascono e crescono in questa stagione pongono in forte discussione l’apparente stabilità e
maturità raggiunte all’interno della società civile, rivelando l’esaurirsi di una stagione e la necessità di operare, in tempi brevi
e senza ulteriori indugi, un cambiamento. Le esigenze di rinnovamento, le richieste di libertà e pluralismo, la necessità di ogni
particolarismo della società di avere una voce di rappresentanza
o di opinione sono istanze che il potere politico di allora fatica a
cogliere e a tradurre in riforme reali, incisive e concrete. Tutti i
governi che si succedono, e tutti per un brevissimo periodo, rivelano l’incapacità politica di trovare soluzioni di ampio respiro
alle richieste di un’Italia che stava mostrando un volto nuovo.
Anche il sistema delle comunicazione di massa, con i suoi
modelli e i suoi vincoli ereditati dal passato e perdurati per
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L’informazione radiofonica locale in Italia
un periodo forse eccessivamente lungo senza revisioni di sorta
o aggiornamenti, si rivela inadeguato ad affrontare la spinta innovatrice dei movimenti del Sessantotto: incapace di cogliere i
mutamenti in atto e ridigo sulle proprie posizioni verticistiche
non sa o non vuole rispondere alla crescente coscienza sociale e
alle nuove necessità comunicative, frantumandosi ed apparendo
improvvisamente arretrato ed inadeguato. Neppure il sistema di
controllo politico ad opera della sempreverde Democrazia Cristiana è più sufficiente a garantire credibilità al settore. Settore,
quello della radiotelevisione, che all’inizio degli anni Settanta
era ancora composto della sola rai, sia per quanto riguarda
il settore televisivo che radiofonico. Un monopolio pubblico
che non prevedeva la presenza di concorrenti privati e che si
sforzava, almeno nelle sue linee guida, di garantire pluralismo
ed imparzialità attraverso una voce soltanto.
Pluralismo e imparzialità sono due temi forti nella storia legislativa di questo settore, presenti dall’inizio della discussione
sulla leggitimità di un monopolio fino agli ultimi scampoli di
regolamenti che chiuderanno questo capitolo. Il controllo dei
mezzi di comunicazione di massa è infatti una preoccupazione
prioritaria nelle agende di tutte le forze politiche, di maggioranza e di opposizione, degli ultimi quarantanni, e anche le forze
civili, i movimenti e i sindacati avvertono il problema e l’urgenza
di un intervento che regoli il settore tutto e i suoi rapporti con
la politica.
Da più parti l’asservimento della rai nei confronti della dc è
avvertita come una forzatura delle regole democratiche e la stessa Corte Costituzionale, con una serie di sentenze che faranno
la storia “moderna” del settore, si interessa del problema. Nel
1960 — infatti — si esprime a favore della liberarizzazione dell’etere, non limitandosi a interpretazioni tecnico-giuridiche, ma
ponendo decisamente problemi di carattere politico in merito al
controllo e alla democratizzazione dei mezzi di comunicazione
10
L’informazione radiofonica locale in Italia
via etere. Da puntualizzare il fatto che l’interesse della Corte
non è meramente contingente, ovvero non è intesa a sostituire
l’indispensabile funzione parlamentare, si tratta invece di una
preoccupazione garantista, volta non alla costituzione di un sistema stabile, ma tesa ad impedire che le conquiste democratiche
potessero essere messe in discussione.
Democratizzazione dell’etere significava liberarizzarlo e quindi permettere la presenza di una o più alternative alla rai e alla
sua attività di vocazione pubblica, dichiarando di fatto la fine
del monopolio pubblico nella radiotrasmisioni. Su questo tema,
oltre alla Corte Costituzionale, anche le forze di opposizione
iniziano ad esprimersi a favore di un nuovo assetto radiotelevisivo, ravvisando nella concorrenza tra pubblico e privato l’unica
strada percorribile nel breve periodo per assicurare un reale pluralismo e sanare la situazione che, seppure appena emersa, era
già fortemente problematica.
I primi tentativi di privatizzazione dell’etere, ovvero di esperienze private nel contesto radiotelevisivo, sono operati illegalmente, all’ombra della profonda crisi economica dei primi anni
Settanta; in questo contesto emergono a macchia di leopardo
tentativi, subito repressi, di sfondare di fatto il monopolio esistente. Questi tentaviti, al contrario di quanto si è portati a
pensare, sono operati dalle televisioni e non dalle radio. Il motivo è abbastanza semplice: la questione del pluralismo e dell’imparzialità è avvertita soprattutto nei confronti della televisione,
che nella sua brevissima vita si è dimostrata essere molto persuasiva e quindi incisiva nelle decisioni, anche politiche, degli spettatori. È la televisione, inoltre, a dimostrarsi subito fortemente
remunerativa e a far gola agli imprenditori di tutta Italia, ansiosi
di sfruttare il mercato pubblicitario locale fino ad allora fortemente sottoutilizzato. La radio, oggetto di questo studio, entra
in gioco in un momento successivo per le ragioni illustrate nel
prossimo paragrafo, anche se la sua presenza sarà determinante,
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L’informazione radiofonica locale in Italia
per estensione e portata del fenomeno.
Nel 1974 mentre il Parlamento fatica a trovare la giusta direzione per il rinnovo della convenzione con la rai, posticipando
con una serie di decreti legge la scandenza naturale del contratto,
è ancora la Corte Costituzionale a pronunciarsi con due sentenze. La prima (n. 225) dichiara incostituzionale il decreto del
Ministro delle poste Togni che ordinava lo smantellamento dei
ripetitori di due emittenti straniere, rtsi e Tele Capodistria,
che erogavano il proprio segnale in diverse regioni italiane; la
seconda (n. 226) definiva legittima la riserva dello Stato della
concessione per la tv via etere e liberalizzava definitivamente la
tv via cavo in ambito locale.
Da queste sentenze emergono due dati, uno politico ed uno
oggettivo.
Il dato politico, sottolineato anche dalla Corte, riguarda il
fatto che la rai, e attraverso di essa lo Stato, non è più in
grado di offrire pluralità e imparzialità, nonostante gli sforzi per
la costituzione del terzo canale che, nell’idea originale, avrebbe
dovuto sopperire alle carenze dei primi due, dando voce anche
alle minoranze locali del paese.
Il dato oggettivo è che ormai a metà degli anni Settanta e
a quindici anni di distanza dalle prime avvisaglie del problema
è più che mai necessario intervenire con riforme organiche, in
grado da un lato di assicurare allo Stato una presenza cospicua e
maggioritaria nell’etere, ma anche di rispondere a quelle esigenze
di pluralismo e rappresentanza richieste a più voci da tutto il
paese.
Il Parlamento risponde varando la legge n. 103 del 1975,
ovvero la prima legge organica di riordino del settore radiotelevisivo. La preoccupazione di questa legge, ancora una volta,
non fu quella di riflettere sul ruolo delle radiocomunicazioni in
Italia e sul loro futuro, di comprendere quali fossero le istanze
e le esigenze della società civile e di tradurle in un atto leg12
L’informazione radiofonica locale in Italia
islativo, ma più che altro di risolvere da una parte la questione
legata alla concessione accordata alla rai e dall’altra di regolamentare (o arginare) l’emergere di realtà private concorrenti del
servizio pubblico che, forti del pronunciamento della Corte Costituzionale, che dall’ambito ambito locale, sfruttando il vuoto
legislativo creato dalle sentenze iniziarono ad interconnettersi
e ripetere il segnale di una emitente capofila creando di fatto
un’emittente nazionale.
La legge 103/75 basava la propria struttura su tre nodi
fondamentali:
1. Lo Stato si riservava la diffusione di programmi su scala
nazionale. Legittimando la riserva solo se la società concessionaria, la rai, fosse stata in grado di assicurare un
reale pluralismo.
2. Le esigenze di partecipazione locale, allora assenti in rai,
venivano affidate alla creazione di una terza rete pubblica
(sia radiofonica che televisiva) e allo sviluppo di reti via
cavo il cui bacino d’utenza non doveva superare le 150 mila
unità e alle quali era fatta divieto l’interconnessione e fatto
obbligo di produrre almeno il 50 per cento dei programmi
trasmessi.
3. La ripetizione sul territorio italiano di televisioni straniere,
non costituite con lo scopo di trasmettere in Italia,
era permessa in base al pronunciamento della Corte
Costituzionale.
I presupposti della legge sono tutt’altro che chiari, è facile
comprendere come non si tratti affatto di una riforma e meno
che mai organica, ma di una revisione della situazione esistente
che vede la rai ormai incapace di assicurare un’informazione e
una programmazione rispondenti alle richieste della classe politica e alle esigenze della società civile. Inoltre, il controllo
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L’informazione radiofonica locale in Italia
diretto della rai da parte del parlamento, previsto dalla legge
in nome della “democratizzazione” di questa risorsa, impedirà
all’azienda stessa di crescere secondo le esigenze del mercato e
di fronteggiare sullo stesso piano la crescente emittenza privata.
Una legge scritta per un contesto, quello monopolistico, che si
stava disfacendo sotto gli occhi del legislatore, e che rischiava di
bloccare lo sviluppo della più grande azienda culturale del paese
improvvisamente venuta a trovarsi in una realtà di un mercato
non regolamentato.
È ancora la Corte Costituzionale a rimescolare le carte: con
la sentenza n. 202 del luglio del 1976 dichiara incostituzionali
gli articoli 1, 2, 14 e 45 della legge 103 approvata neppure un
anno prima e ancora in fase di attuazione. La sentenza questa
volta è di portata storica, non tanto per il contenuto, che da
quindici anni aleggia in questo contesto, ma per la parola definitiva che viene pronunciata. La sentenza — infatti — dichiara
incostituzionale l’esclusività dello Stato a trasmettere via etere
in ambito locale e apre le porte all’emittenza locale televisiva e
radiofonica via etere.
In pochissimo tempo si entrerà nel pieno di quella che è stata definita la stagione dei “Cento Fiori”, con l’emergere quasi
sincopato di nuove emittenti private e alternative al monopolio
rai. Questa stagione, che sarà oggetto del paragrafo seguente,
vedrà la nascita di un’iniziativa privata che non solo riuscirà ad
adottare tutte le soluzioni tecnologiche più innovative, le stesse
che ne permetteranno il rapido sviluppo, ma anche a creare nuovi
modelli di ascolto e nuovi pubblici.
14
L’informazione radiofonica locale in Italia
1.2
Frequenza proibita:
delle radio libere
la lunga stagione
A questo punto la dissoluzione del monopolio era completa
e ancora una volta non per lungiranza politica, ma grazie all’intervento della Corte Costituzionale che con la sentenza del
1976 di fatto diede inizio ad una nuova stagione della radiofonia italiana, liberalizzando l’etere e ponendo le basi per la
crescita e lo sviluppo della radiofonia privata. Come accadrà
anche negli anni seguenti, non si tratta comunque di interventi
specifici per il settore radiofonico, settore che dovrà sempre accontentarsi di una legislazione di riflesso, calmierata sugli equilibri e sulle esigenze televisive e adattata alla radio. Radio e
televisione — infatti — non saranno mai trattate con pari dignità o almeno tenendo conto delle specificità delle due realtà
che, seppure somilianti, hanno caratteristiche proprie e proprie
contingenze: sarà sempre la televisione a prevalere, a tenere
banco nelle discussioni politiche (ma anche tecniche e critiche),
mentre alla radio verrà affidato il ruolo di “sorella minore”, in
grado d’essere descritta come semplice estensione della prima e
non come fenomeno circoscritto e ben definito per dimensioni,
caratteristiche e funzioni.
Eppure, nonostante l’attenzione sia tutta puntata sulla televisione, sulle sue capacità di persuasione e sulle sue potenzialità
politiche, quella che nasce dalla sentenza citata è una stagione
ricordata soprattutto per il ruolo centrale della radio negli equilibri del sistema delle comunicazioni di massa, la stagione dei
“Cento Fiori”. Con questa espressione di origine maoista, coniata dal Ministro delle Poste Vittorino Colombo, si intende
descrivere quel fenomeno che vide fiorire in tutta la penisola
piccole, alle volte microscopiche, radio private, in grado di irradiare una provincia o una regione, ma molto spesso una città
o un quartiere soltanto. Radio anche conosciute come libere,
15
L’informazione radiofonica locale in Italia
per la loro insofferenza, quando non aperta contrapposizione al
sistema ufficiale dei media.
Un periodo florido per la radio, che le ha permesso di sviluppare strategie comunicative differenti e non ancora sperimentate
dalla rai, nuovi modi di fare radio messi a punto sul campo direttamente, senza l’intermediazione di un sistema editoriale o
l’eredità di una professione. Non a caso queste emittenti non
sono gestite da professionisti, ma da amatori, che nel fare radio
imparavano un mestiere e al contempo ne fondavano uno. Una
“rivincita”, quindi, che la radio metterà a segno per passare alla
storia.
Le ragioni di questo fermento intorno alla radio, emarginata
dalle forze politiche e raro esempio di media rivitalizzato dal
basso, sono da ricercarsi in due aspetti distinti e complementari:
contenuti e tecnologie.
Il modello di radio pubblica, tipicamente europeo, si sviluppa
a partire dagli anni Venti, agli albori della radio, quando nessun
altro, se non lo Stato, poteva sostenere lo sforzo economico per la
costruzione di gli impianti di trasmissione; vi erano anche motivazioni ideologiche alla base di questa scelta: il valore strategico
nella costruzione del consenso e le potenzialità educative della
radio erano certamente temi forti, sufficienti per convincere i
governi ad avvocare a se questo servizio. Un modello che va di
pari passo a quello monopolistico e che preferisce ad una libera
concorrenza tra le emittenti ed una pluralità di voci, un’unica
voce plurale (con limiti intrinseci ed evidenti, che in Italia la
Corte Costituzionale si affrettò a sottolineare) ed uno stretto
controllo delle radio frequenze. Un modello destinato a disfacersi in favore di un modello misto, che vede accanto all’emittenza
pubblica una dinamica emittenza privata, commerciale e non.
Nel nord Europa il monopolio inizia a sgretolarsi con l’emergere del fenomeno delle radio pirata, stazioni radio illegali che
irradiavano il loro segnale da vecchi natanti ancorati appena
16
L’informazione radiofonica locale in Italia
fuori le acque territoriali. Queste radio proponevano musica che
la radiofonia pubblica neppure prendeva in considerazione, incontrando presto il favore di una fascia di consumatori di cui
il mercato pubblicitario europeo ignorava se non l’esistenza almeno il crescente potere d’acquisto: i teenager. La radiofonia
pubblica di questi paesi dopo una prima fase di ostracismo decide di includere nel proprio palinsesto questo tipo di musica e
quelle “professionalità” che per prime l’avevano proposta, diversificando la propria offerta per le diverse fascie di pubblico. È
a questo punto che il monopolio entra in crisi: l’ulteriore segmentazione dell’ascolto e la nascita di nuovi pubblici non è più
gestibile dalla radio pubblica, a cui presto si affianca l’emittenza
privata.
In Italia il fenomeno delle radio pirata è sconosciuto, eppure
la forte echo che ebbe in nord Europa fu sufficiente per aprire il
dibattito e mettere il luce quanto il servizio pubblico della rai
fosse inadeguato per rispondere alle nuove istanze dell’epoca.
Contrariamente alla sua omologa inglese, la bbc, la rai non fu
in grado di cogliere questo cambiamento e diversificare la propria
offerta, che allora era sostanzialmente composta di un Primo ed
un Secondo canale generalisti, ed un Terzo, l’unico ad avere una
fisionomia certa, dedicato all’approfondimento culturale e alla
musica colta.
La centralità della musica, soprattutto dei generi di gusto
giovanile, l’intrattenimento discorsivo e veloce, il rapporto diretto tra conduttore e pubblico attraverso giochi e telefonate,
ovvero quei caratteri tipici della radio commerciale americana,
furono del tutto ignorati dal nostro servizio pubblico, che concesse spazio di manovra sufficiente perché le radio private e libere
si inserisessero nel mercato e le rosicchiassero ascolti.
La musica quindi, ma non solo. La già citata sentenza della
Corte Costituzionale del 1976 imponeva che il segnale di queste
radio fosse “di portata non eccedente l’ambito locale”, con in17
L’informazione radiofonica locale in Italia
evitabili problemi di ordine tecnologico. I servizi di broadcasting
mondiali trasmettevano in onde medie, una soluzione che permetteva, con ingenti investimenti in sistemi di trasmissione, di
espandere il proprio segnale al di là di ostacoli naturali ed artificiali e quindi adatto ad una erogazione di carattere nazionale,
ma assolutamente inaffrontabile per le piccole radio.
Per questo fin da subito le radio locali si posizionarono sulla banda fm, in modulazione di frequenza, una soluzione che
permetteva di realizzare bacini d’ascolto limitati con impianti
di trasmissione economici e di piccole dimensioni. Fu questa
la prima radicale trasformazione, le onde ultra corte — infatti
— ascoltabili dai 88mhz ai 108mhz, si rivelarono più adatte a
trasmettere musica e la loro portata limitata, dovuta al fatto che
possono estendersi solo il linea retta, moltiplicò i bacini d’utenza
permettendo di fatto la nascita di moltissime radio. Trasmettere
su queste frequenze non richiedeva grandi investimenti economici
e anzi l’attrezzatura per trasmettere in un’area limitata costava pochissimo e non richiedeva competenze tecniche particolari,
permettendo a chiunque ne avesse l’intenzione di “accendere” il
proprio segnale e dar vita ad una nuova esperienza radiofonica.
Inoltre, proprio negli stessi anni, le tecnologie radiofoniche di
trasmissione e ricezione stavano avanzando molto rapidamente
rendendo disponibili sul mercato nuovi apparecchi sempre più
funzionali e sempre più economici, una strada che consacrerà
la radio come il primo personal media, ovvero il primo media
trasportabile di uso personale. L’invenzione del transistor prima
e delle cuffie poi, permetterà infatti alla radio di essere disponibile sempre e comunque, fino ad essere miniaturizzata ed inserita come funzione accessoria negli apparecchi più impensabili:
sveglie, orologi, abiti, cellulari.
Questo vantaggio di “povertà tecnologica” la radio lo
conserverà per sempre.
Nuovi contenuti e tecnologie innovative sono quindi alla base
18
L’informazione radiofonica locale in Italia
di un fenomeno, quello delle radio libere, che in breve tempo
assunse dimensioni notevoli riuscendo in soli due anni dalla liberarizzazione ad erodere metà dell’ascolto al servizio pubblico.
Tutto questo non sarebbe stato possibile senza l’impegno delle
persone che diedero vita a queste esperienze e che spinte dalle
motivazioni più diverse crearono in breve tempo una moltitudine di segnali che arricchirono l’etere di una pluralità di voci e
idee inimmaginabile fino a pochi anni prima.
“Fare una radio era una cosa abbastanza semplice,” racconta Alberto Fiorillo, fondatore di Radio Città 103 di Bologna,
una delle prime radio libere d’Italia, durante un’intervista per
questo lavoro. “Bastava recuperare l’attrezzatura e accendere il
segnale.” Una testimonianza piuttosto significativa su cosa fosse
la radiofonia di allora. La sentenza della Corte Costituzionale
del 1976 — infatti — aveva sı̀ liberalizzato l’etere dal monopolio
pubblico, ma aveva anche rimandato al legislatore la regolamentazione di questo nuovo assetto. Il vuoto legislativo che si venne
a creare permise invece a chiunque ne avesse avuto l’opportunità
di occupare una frequenza e iniziare la propria esperienza radiofonica. All’inizio questo aspetto non fu problematico, ma con gli
anni il crescente numero delle radio e le dimensioni che queste
assumevano crearono seri problemi di interferenze e convivenza
tra un segnale e l’altro, senza dimenticare il fatto che le nuove
radio, ma anche la stessa rai passata alla banda fm, faticavano
a trovare il loro spazio.
La radiofonia locale crebbe quindi in un clima da far west,
senza regole a cui far riferimento o a cui appellarsi in caso di
violazioni, un clima in cui l’unico modo di difendere il proprio
spazio era quello di occupare quelli circostanti o aumentare la
potenza del proprio segnale per prevaricare le voci dei vicini.
Una situazione che perdurò per tre lustri, fino all’approvazione
della legge Mammı̀ nel 1990.
Tolte le difficoltà, alla base di questa rapidissima diffusione
19
L’informazione radiofonica locale in Italia
c’è la volontà di supplire alle carenze del servizio pubblico. Sull’onda di ciò che rimane dei movimenti del ’68, parte della nuova
generazione vede nell’uso libero della radio uno strumento privilegiato di controinformazione, di libera pratica politica e naturalmente di intrattenimento musicale, che come già ricordato
fu più di ogni altro l’elemento che ne permise l’affermazione e
la penetrazione sociale. Il localismo si afferma come valore aggiunto, di grande vitalità e dinamismo, capace di fronteggiare
realmente l’egemonia nazionale e di connettere una periferia all’altra, uscendo dalla logica del provincialismo che voleva Roma
capofila e poi tutto il resto. È ancora la radio a sapersi adattare
e ad accogliere quei bisogni di autonomia, di rivendicazione,
di democrazia partecipativa che tanta parte della società civile
chiedeva da anni.
Siamo ormai agli anni caldissimi delle contestazioni di piazza
e del terrorismo. La partecipazione è tumultuosa, un fiume in
piena. Tra le radio libere, alcune si riconoscono come democratiche, aboliscono ogni forma di professionismo ed eliminano
ogni filtro tra chi parla e chi ascolta; sono le radio “segreteria
telefonica”, basta alzare il telefono per partecipare e aveve facoltà di parola. Notissimo il caso di Radio Alice e delle sue
cronache democratiche dalle piazze di Bologna (1977), dove erano gli ascoltatori a descrivere agli altri cosa stava accadendo,
mentre il ruolo della radio era quello di mero ripetitore, senza interferenza alcuna; una cronaca che si arricchiva via via di
particolari, di racconti e punti di vista e che a risentirla oggi
rende l’idea, più di qualsiasi cronaca rai di allora, di che cosa
significasse l’espressione “carri armati in piazza”.
Le esperienze di quei primi anni furono cosı̀ numerose e repentine che non è possibile tracciare una mappa di tutti i punti di
trasmissione: alcune si esaurivano passata l’urgenza, altre hanno
iniziato sussurrare fino a spegnersi del tutto, di altre semplicemente si è persa traccia. Alcune di quelle radio sono sopravvis20
L’informazione radiofonica locale in Italia
sute e in un modo o nell’altro sono riconoscibili ancora oggi, la
vitalità di altre invece è stata risucchiata all’interno delle strategie editoriali dei grandi network o in logiche di accentramento e
concentrazione delle risorse che proprio allora, e sempre a causa
del vuoto legislativo venutosi a creare, iniziarono a porre le basi
per una strategia espansionistica che perdura tutt’oggi.
1.3
Il piano che non c’é
Durante gli anni Ottanta la radio commerciale conquistò una
posizione centrale nei consumi culturali del paese, gareggiando a pieno titolo con il servizio pubblico. Anche se dalla metà
di questo periodo la crescita complessiva del settore è diminuito molto nei numeri, l’offerta radiofonica italiana rimane una
delle più ampie e complesse al mondo, ponendo l’Italia al secondo posto per numero assoluto di emittenti dopo gli Stati Uniti
d’America e prima per numero relativo alla popolazione.
L’interesse degli editori si sposta sul mercato nazionale, cosı̀
da poter sfruttare un mercato pubblicitario a solo appannaggio
della rai e al contempo smarcarsi dal sovraffollamento locale e
dalla esasperata competività dei soggetti operanti. Un interesse
— però — che non trova appoggio legislativo e contringe gli operatori ad un modello di espansione compromissorio, sviluppato
tra le pieghe del vuoto legislativo: le affiliazioni.
La sentenza del 1976 non pemetteva — infatti — che il segnale delle emittenti private potesse “eccedere l’ambito locale”,
ma la mancanza di una legge non impediva che uno stesso
soggetto possedesse occupare più frequenze in bacini d’utenza
differenti, limitrofi o meno, e neppure che una radio potesse
ripetere il segnale di un’altra. Questo sistema prevedeva che
l’emittente legasse con un contratto gli operatori locali, che a
loro volta impiegavano i loro impianti e le frequenze occupate
per trasmettere localmente il segnale della radio; l’operatore
21
L’informazione radiofonica locale in Italia
locale invece poteva inserire pubblicità nei break predisposti e
trattenerne i proventi.
Un sistema certamente ingenioso, e forse l’unico possibile in
una situazione di assoluto buio legislativo, ma anche un sistema
fortemente problematico. Più le radio estendevano l’area di copertura del proprio segnale, più la struttura tecnica si appesantiva e si complicava, una situazione in cui la stabilità del sistema
era garantita solo dai continui investimenti economici e che comunque non metteva al riparo dalle pretese dei ripetizionisti
locali, sulle cui spalle gravava tutta la responsibilità del nodo.
Con queste premesse il castello della radiofonia privata rischiava di cadare su se stesso: da un lato le radio con mire nazionali
erano impossibilitate a crescere, poiché qualsiasi espansione non
era frutto di un investimento editoriale, ma di contrattazioni
sul campo, di conquiste incerte bacino dopo bacino d’utenza;
dall’altro le radio locali, già in sostanziale affanno per l’agguerrita concorrenza, vedevano i propri inserzionisti “fuggire” verso i
ripetizionisti locali, che grazie all’affiliazione sapevano garantire
più ascolto e maggiore visibilità.
È con l’approvazione della legge 223 del 1990, ricordata come
legge Mammı̀, che la situazione trova un primo provvisorio
equilibrio, o almeno, a quattordici anni dalla storica sentenza della Corte Costituzionale, fornisce alle radio un riferimento
legislativo certo su cui basare la propria attività.
La legge, su cui esiste un’amplissima bibliografia critica e di
cui si è detto moltissimo, ora osannandola, ora rifiutandola in
tutto o in parte, rappresenta il primo vero testo organico di riordino del sistema dei media. Attesa da trent’anni, ovvero da
quando iniziò in Italia il dibattito sulla televisione e sulla capacità della rai di offrire un servizio davvero pubblico e svincolato
dalle logiche del potere, non può che partire dalla situazione esistente, nata e cresciuta all’ombra di fragilissime interpretazioni,
e a normarlo descrivendolo.
22
L’informazione radiofonica locale in Italia
Riassumendo, in Italia opera un numero indefinito di radio
locali, alcune di queste hanno mire nazionali e vorrebbero concorrere a pieno titolo con quelle del servizio pubblico, ma sono
impossibilitate a farlo poiché, nonostante l’esistente dica tutto il
contrario, lo Stato detiene ancora il monopolio delle trasmissioni
via etere nazionali. Nel frattempo la radiofonia locale vive una
situazione fortemente disagiata: le frequenze, libere e disponibili
fino a quindici anni prima, ora sono un bene scarso e prezioso,
mentre gli introiti pubblicitari sono minacciati dalla pressione
crescente delle neonate syndication, che attingono sia al mercato
pubblitario nazionale che a quello locale. Nel frattempo sopravvivono realtà impropriamente commerciali, che hanno mantenuto un’identità forte mutuata dai tempi delle prime radio libere
e che senza sovvenzioni o soluzioni alternative rischiano d’essere
cancellate dal panorama radiofonico della penisola.
Con una situazione cosı̀ intricata e complessa, la Mammı̀ non
può che limitarsi a prendere atto dell’esistente, a tamponare
le situazioni più carenti e adeguarne alcuni aspetti. Rimarrà
comunque una legge importante nella storia della radiofonia,
soprattutto per l’introduzione di alcuni principi cardine che
saranno alla base dell’industria radiofonica degli anni a venire.
In primo luogo la legge, ribadendo i principi di pluralismo
ed imparzialità, afferma che il sistema radiotelevisivo “si realizza con il concorso di soggetti pubblici e privati”, accogliendo
finalmente il cuore della sentenza del 1976: la partecipazione
dell’iniziativa privata alla diffusione dei programmi radiofonici e televisivi. La radiofonia privata trova quindi la sua prima
leggitimazione ufficiale e incontrovertibile.
Tuttavia, l’aspetto centrale della legge è l’istituzione di un
piano nazionale di ripartizione ed un piano di assegnazione delle
radiofrequenze, piano che non verrà mai tradotto in pratica esecutiva, ma che permise in primo luogo di definire il bacino
d’utenza non più come causale dimensione del territorio entro
23
L’informazione radiofonica locale in Italia
cui si riusciva ad estendere il proprio segnale, ma come area di
servizio degli impianti, riuscendo quindi a razionalizzare quella
moltitudine di voci che con il tempo avevano affollato l’etere.
La frequenza — inoltre — non è più un territorio virtuale da
occupare e difendere, ma un bene dello Stato, la cui fruizione è
vincolata all’ottenimento di una concessione, particolare in grado di assicurare alle radio il bene più prezioso: la capacità di
trasmettere.
La legge insiste su alcuni particolarismi che si erano venuti a creare, riconoscendo l’esistenza dei principali attori della
radiofonia privata italiana e normandone l’attività. Gli editori
sono finalmente liberi di usufruire di frequenze su bacini d’utenza differenti (fino a sette e con una popolazione inferiore ai 10
milioni) e di trasmettere contemporaneamente su di essi; per
contro, in concessionari nazionali devono trasmettere messaggi
pubblicitari contemporaneamente su tutti i bacini e con identico
contenuto, preservando il mercato pubblicitario locale per le radio più piccole. Alla pubblicità sono posti limiti di affollamento,
che variano a seconda del tipo di concessione ottenuta.
Oltre ad emittenza pubblica e privata, nazionale o locale, la
Mammı̀ recepisce — infatti — l’idea di radio comunitaria, riservandole il 25 percento delle frequenze e considerandola come
realtà costitutiva del panorama radiofonico. Si tratta di una
novità molto importante, poiché conserva, istituzionalizzandola,
una realtà che il processo di concentrazione in atto poneva a rischio d’estinzione. La radiofonia comunitaria, che si affianca a
quella commerciale per comporre il quadro dell’emittenza privata, riveste particolare importanza per questo lavoro, poiché è
in essa che molto spesso si ravviseranno quei caratteri essenziali
e quelle segmentazioni determinanti per la verifica di quanto
espresso nei capitoli seguenti.
Comunitaria a termini di legge significa che “è caratterizzata
dall’assenza dello scopo di lucro ed è esercitata da fondazioni,
24
L’informazione radiofonica locale in Italia
associazioni riconosciute e non riconosciute che siano espressione
di particolari istanze culturali, etniche, politiche e religiose” 1,
una novità fondamentale nel panorama radiofonico italiano che
ragionava in termini di pubblico e commerciale rischiando di
cancellare del tutto quelle istanze che l’echo dei movimenti del
’68 e la successiva stagione dei “Cento Fiori” avevano identificato
come prioritarie.
Altri due sono i punti della Mammı̀ da evidenziare in questo
contesto. L’articolo 21, autorizzazione per la trasmissione di
programmi in contemporanea, riconosce una modalità mista di
interconnessione tra le radio, permettendo agli esercenti locali
di trasmettere contemporaneamente fino a sei ore giornaliere,
una possibilità che permetterà la crescita di network dal respiro
nazionale e che tuttavia conservano al loro interno le specificità di un dialogolo locale, consentendo quindi nuove strategie
editoriali.
L’informazione, invece, è un argomento trasversale a tutto
l’impianto legislativo. Il comma 18 dell’articolo 16 — infatti
— vincola il rilascio della concessione in ambito locale all’impegno dei richiedenti a destinare almeno il 20 per cento della
programmazione settimanale all’informazione. Un vincolo che
come si vedrà nei capitoli successivi sarà determinante per l’assetto economico, editoriale e strategico di queste aziende, che si
troveranno a dover destinare una parte cospicua della propria
programmazione ad una attività molto costosa e scarsamente
remunerativa.
1.4
Verso il digitale incerto
Il testo della legge Mammı̀ non è privo di criticità, la lunga
stagione di dergolamentazione aveva permesso infatti la crescita
1
Legge 6 Agosto 1990, n. 223, Art. 16, Comma 5
25
L’informazione radiofonica locale in Italia
e lo sviluppo di situazioni contraddittorie, difficili da sanare con
un singolo intervento legislativo. Inoltre, e molto più importante, solo parte del testo fu effettivamente tradotto in azioni
esecutive, mentre concetti centrali, come quello relativo all’istituzione di un piano nazionale di assegnazione delle radiofrequenze, furono accantonati per molti anni o bloccati da ricorsi
e azioni legali da parte di concessionari che si videro costretti a
rinunciare a posizioni “conquistate” a fatica. La legge poi, pur
dedicando ampio spazio allo specifico radiofonico, fu pensata e
scritta per regolamentare in primo luogo l’assetto televisivo, che
aveva visto nascere durante gli anni Ottanta Mediaset, un polo privato di forza equiparabile a quella del servizio pubblico,
una realtà in rapida crescita che di fatto aveva raggiunto una
posizione dominante nel mercato.
La Mammı̀ ebbe comunque come effetto immediato la razionalizzazione del mercato, con il deciso ingresso dei grandi gruppi
editoriali e l’inizio di quel processo di concentrazione che fu poi
legittimato nel 1997 dalla legge 249, ricordata come Maccanico,
che autorizzò i trasferimenti di impianti tra concessionari locali
e tra questi e i concessionari nazionali. Un processo che cambiò
drasticamente il profilo dell’intero comparto radiofonico ponendo a forte rischio quella “biodiversità culturale” di cui si era
nutrita la radiofonia locale e che rischiava ora d’essere sempre
più una realtà residuale e marginalizzata.
Negli ultimi anni si è discusso molto di radiotelevisione, soprattutto in merito ai rapporti tra questo settore e la politica;
l’ingresso in politica dell’industriale Silvio Berlusconi, fondatore
di Mediaset, ha certamente inasprito la questione, ponendo come
prioritari argomenti quali il pluralismo e l’accesso paritario da
parte delle forze politiche ai media. Argomenti d’altronde che
paiono essere un po’ la pietra filosofale di questo settore, inseguiti e ribati fin dalla prima sentenza della Corte Costituzionale
e accolti nei principi generali di ogni intervento legislativo. Il
26
L’informazione radiofonica locale in Italia
mercato dei media — inoltre — è in parte mutato, radio e televisione via etere non sono più le sole protagoniste di un settore
oggi composito e maggiormente strutturato: satellite, digitale
terrestre, Internet, telefonia mobile sono solo alcuni dei nuovi
strumenti in grado di veicolare informazione e creare, nel loro
complesso, le “nuove” comunicazioni di massa.
L’asprezza del dibattito politico e il mutato scenario hanno
reso quindi necessario un aggiornamento anche sul piano legislativo, giunto ad una prima conclusione il 3 maggio 2004 con la
legge n. 112: la legge Gasparri. Questo criticatissimo testo di
legge, respinto in prima istanza dal Presidente della Repubblica
e sono parzialmente emendato dal forte ostruzionismo dell’opposizione di centro sinistra, ed ora all’attenzione della Corte
Costituzionale, porta importanti novità, radicali per alcuni aspetti, i cui effetti, seppure ancora incerti vista la giovane età del
provvedimento, ricadranno a pioggia su tutto il settore2.
Il provvedimento introduce alcuni nuovi concetti adeguando
l’assetto radiotelevisivo nazionale “all’avvento della tecnologia
digitale e al processo di convergenza tra radiotelevisione e altri
settori delle comunicazioni interpersonali e di massa”.
Locale e nazionale rimangono due realtà distinte, ma le cifre
cambiano in modo sostanziale: mentre una concessione locale
può ora avvelersi di sei bacini, fino ad una copertura del 50
per cento della popolazione, la concessione nazionale è semplicemente definita come “non limitata all’ambito locale”. In ambito
locale, inoltre, sono introdotte due definizioni: ambito provinciale e ambito regionale, se il segnale è esteso unicamente in una
sola provincia o regione. Entrambe le concessioni sono quindi
ora molto estese nella loro portata e consentono nuovi sviluppi industriali, per contro questo rischia di rendere ancor più
2
Vista l’assenza di riscontri oggettivi in merito all’applicazione del provvedimento, in
questa sede si illustreranno sommariamente gli aspetti più importanti legati allo specifico
del settore radiofonico.
27
L’informazione radiofonica locale in Italia
marginale il vastissimo corollario della radiofonia locale limitata
all’ambito cittadino o metropolitano.
Il settore economico di riferimento differisce — invece — in
modo sostanziale dai precedenti interventi legislativi, la Gasparri inaugura infatti il “sistema integrato delle comunicazioni”, detto sic, che porta sotto un solo tetto stampa quotidiana
e periodica, editoria, editoria elettronica, radio, televisione, cinema, pubblicità, sponsorizzazioni e iniziative di comunicazione.
Questo è forse l’aspetto più criticato della legge poiché permette
concentrazioni di proprietà rischiose per l’equilibrio competitivo
del settore e soprattutto nelle sue componenti più deboli.
La legge Mammı̀ garantiva in qualche modo la creazione di
posizioni dominanti proibendo che il concessionario di una licenza televisiva potesse ottenerne una radiofonica o viceversa,
metre la Gasparri non prevede divieti di proprietà incrociata.
A partire dal 2011, inoltre, questi divieti verranno aboliti anche
per chi possiede televisioni nazionali e vuole acquisire partecipazioni in imprese editrici di giornali quotidiani. Il rischio più
forte è che le televisioni nazionali entrino nel mercato radiofonico e, attraverso i grandi gruppi di raccolta pubblicitaria, propongano agli inserzionisti offerte integrate tra radio, tv e carta
stampata, estromettendo dal mercato pubblicitario nazionale le
radio locali e le stesse radio nazionali che non sarebbero in grado di proporre offerte altrettanto allettenti. La concentrazione
del mercato in mano ai grandi gruppi editoriali è una preoccupazione condivisa da più parti, la stessa aeranti-corallo, la
principale associazione di categoria, esprime forti perplessità nei
confronti di questa legge che rischia di mutare drasticamente il
profilo attuale del settore a favore di pochissimi grandi investitori, assorbendo e prosciugando quella dinamica diversità che ne
è stata fino ad oggi l’anima stessa.
Anche la via del digitale terrestre, il principale mezzo di promozione della legge, trova forti difficoltà di applicazione. Un’er28
L’informazione radiofonica locale in Italia
ronea concessione delle frequenze digitali dab-t in banda iii ha
infatti permesso a pochi consorzi di occupare tutte le frequenze disponibili, portando ad una situazione in cui le domande di
abilitazione eccedono la disponibilità di frequenze ancor prima
dell’approvazione della legge.
In ultimo, questa legge pare ingiustamente punitiva nei confronti della radiofonia locale e soprattutto dei network e delle
iniziative di interconnessione. Al contrario della Mammı̀, che ha
certato di normare un settore senza regole e nel farlo ha tentato
di mantenere quello che nel frattempo gli equilibri di mercato
avevano autonomamente modellato, la legge Gasparri sembra
voler imporre “dall’alto” una visione totalmente estranea alla
realtà dei fatti, modellando l’assetto del settore sui bisogni espansionistici di alcuni grandi gruppi editoriali e nel farlo sembra accettare il rischio che corre la radiofonia locale come un
inevitabile “danno collaterale”.
29
Capitolo 2
L’industria radiofonica locale
Dopo le leggi, l’industria. Parlando di radio locali, e nello
specifico del caso italiano, si corre spesso il rischio di fraintendere l’oggetto della conversazione con il passato mitico delle radio libere e pirata, quello stesso passato che ha visto nascere il
fenomeno della radiofonia locale spontaneamente, dall’iniziativa
senza condizioni di piccoli gruppi, che fuori da ogni logica di
mercato intrapresero non un’attività, ma un’avventura.
Bisogna però ricordare che quel periodo è definitivamente
chiuso, per legge in primo luogo e per il mutato scenario dei
media che non permetterebbe più il ripetersi o il perpetrarsi di
simili iniziative. Oggi, le radio locali, come tutte le altre forme
di comunicazione, non possono più essere pensate e gestite come
hobby, fenomeno di moda o, tanto meno, giocattolo più o meno
costoso. Sono invece un delicatissimo medium che fa parte di
un tessuto molto fitto di altri media, in un contesto generale di
relazioni sociali e interpersonali. È solo da questa consapevolezza che può muovere un discorso responsabile e utile intorno a
questo settore.
Sarà utile anche chiarire che cosa si intende per “radio locale”, quali sono i caratteri, sempre che esistano, che legittimano un’esperienza comunicativa ad essere definita con questa
espressione. Lo specifico delle radio locali è appunto la località
30
L’informazione radiofonica locale in Italia
intesa come concetto geografico, sociale, economico e culturale.
Una definizione molteplice — quindi — che implica il coinvolgimento di piani distinti, apparentemente distanti, ma tra loro
comunque connessi e dialoganti. Anche se la nascita di molte
esperienze radiofoniche è stata guidata dal caso o dalle opportunità contingenti, oggi non è più possibile cercare qualcosa da
dire perché si ha un canale di comunicazione, è necessario invece
aprire un canale di comunicazione quanto si ha da dire qualcosa.
Una radio locale è quindi anche una questione di scelte in merito
ad obiettivi, strutture e contenuti. Scelte che s’intersecano con
i piani suddetti per completare la definizione.
La natura locale di una radio è in parte certamente dovuta
alle tecnologie di trasmissione: i segnali fm, adottati in sostituzione delle onde medie per la maggiore qualità che garantiscono al suono propagato e soprattutto per ragioni di ordine
economico, non superano la linea dell’orizzonte e comuque hanno una portata inferiore agli ottanta chilometri. Accendere un
segnale in modulazione di frequenza implica quindi una località
congenita, dovuta al limite fisico delle onde ultracorte.
Sarebbe però limitativo ricondurre la località al puro limite
strutturale, la radio locale veicola infatti contenuti locali, svolge,
in misura differente da emittente a emittente, un servizio utile
sul proprio territorio, connette, mette in relazione, svolge funzioni identitarie e permette la circolazione di idee all’interno di
gruppi sociali e luoghi fisici ristretti. Una radio è locale quindi
anche nei contenuti e negli obiettivi.
Eppure l’etichetta di “radio locale” pare cosı̀ inadeguata e
poco rappresentativa, ad un’indagine anche superficiale ci si
rende subito conto di quanto sia disomogeneo l’universo della radiofonia locale, di quanto sia composito e generoso di eccezioni.
Esistono radio che hanno davvero una emittenza locale e contenuti locali, ma esistono anche radio che estendono il loro segnale in una vasta zona d’Italia e che sono solo formalmente locali,
31
L’informazione radiofonica locale in Italia
che di locale perdono ogni connotato se non quello giuridico.
Determinare la consistenza economica del settore non è quindi un’impresa priva di difficoltà, a parità di definizione — infatti
— si possono descrivere aziende dalle dimensioni, dagli obiettivi, dai bilanci molto differenti; aziende che pur condividendo lo
stesso mercato faticano a riconoscersi come concorrenti paritari,
come appartenenti ad una stessa categoria.
2.1
Un censimento impossibile
C’è una domanda ricorrente nella letteratura dedicata all’universo radiofonico, ci si chiede ogni volta quante siano le radio
in Italia. Il fatto è che, nonostante la radiofonia sia un’attività
legata all’uso di un bene dello Stato, la frequenza, utilizzabile
su concessione del Ministero, nessuno lo sa. Le ragioni di questa
incertezza sono molteplici e solo parzialmente imputabili all’approssimazione dei dati raccolti dal Garante per l’editoria e la
radiodiffusione. La legge Mammı̀ doveva sostanzialmente congelare il panorama radiofonico in attesa di delineare un piano di
assegnazione delle frequenze, piano che, come si è visto, non ha
mai visto la luce. Intanto, nel 1997, la legge Maccanico autorizza
il trasferimento degli impianti tra concessionari (e di fatto delle
relative concessioni), permettendo ai grandi gruppi editoriali di
fare incetta di frequenze e cambiare radicalmente il profilo del
settore nel suo complesso.
Facendo un passo indietro e tornando per un attimo alle primogenite esperienze nel campo della radiofonia privata troviamo un panorama dedicisamente differente da quello attuale,
dopo qualche timido tentativo la proliferazione di emittenti fu
un’autentica esplosione, chiunque in grado di farlo accendeva
un segnale e iniziava le trasmissioni. Nei primi anni Ottanta,
un censimento (Monteleone, 1992, p. 504) del Ministero delle
Poste indicò come attive 4.204 radio, contro le circa 1.200 cen32
L’informazione radiofonica locale in Italia
site sull’annuario 2004 della rivista Millecanali1, una differenza
notevole anche solo nei numeri e che la cronologia dei fatti da
sola non è in grado di spiegare nella sua complessità.
Dalla stagione dei “Cento Fiori” le radio libere sono andate
incontro ad un graduale processo di razionalizzazione che ne ha
ridotto drasticamente il numero. La povertà tecnologica, ovvero
il risultato dei limitati costi di impianto e di gestione, non si
è rivelata un’equazione sufficientemente perfetta perché quell’esperienza sopravvivesse sui presupposti medesimi che ne avevano permesso la nascita, costringendo le radio a cercare nuove
risorse e nuovi stimoli. Già pochi anni dopo la sua liberarizzazione l’etere era un luogo a densissima concentrazione di segnali, dove trovare uno spazio o mantenerlo vivo era molto difficoltoso; per emergere ed imporre la propria voce in quella moltitudine bisognava invece caratterizzarsi ed investire sui contenuti.
Un percorso possibile solo per coloro che decisero di lasciarsi alle
spalle l’esperienza dilettantistica dei primi anni e fare della radio
un’impresa capace di produrre utili ed autofinanziarsi.
Le radio in grado di traghettare la propria esperienza verso
un progetto d’impresa strutturato e ad alto rischio furono un
numero limitato rispetto al totale, molte preferirono desistere,
per incapacità strategica o semplicemente per l’esaurirsi delle
necessità comunicative, altre ancora preferirono ripetere il segnale di emittenti più grandi, cancellando la propria specificità
o convogliandola altrove. Nel giro di pochi anni la forbice tra
nuove emittenti ed emittenti scomparse si ridusse vistosamente,
fino a congelarsi quasi del tutto.
Lo scenario globale vide quindi una sostituzione, che fu quasi
un passaggio di consegne: la stagione delle radio libere cedeva
il passo all’industria radiofonica locale.
1
Millecanali è la pubblicazione di riferimento per il settore radiotelevisivo italiano. I
dati contenuti nell’annuario 2004 sono aggiornati al settembre 2003 e frutto di ricerche
condotte direttamente dalla redazione della rivista.
33
L’informazione radiofonica locale in Italia
Si tratta di un passaggio importante, perché da questo punto
in poi la radiofonia locale non sarà più fenomeno di costume, di
movimento, o traduzione pratica di un sentire comune, ma industria capace di produrre utili, formare professionalità e bisognosa di regole certe su cui basare la competizione e approcciare
il mercato. Un passaggio comunque tardivo rispetto alla televisione privata, i cui costi di impianto e di gestione avevano da
subito evidenziato la necessità di operare in termini produttivi.
Gli equilibri dell’industria radiofonica locale rimasero, nei
suoi macro numeri, sostanzialmente immutati fino al 1997 quando, con la già citata legge Maccanico, alle tradizionali risorse a
disposizione delle radio si aggiunse l’acquisto e la cessione delle
frequenze analogiche, un business molto ricco ed in grado da
solo di sconvolgere nel profondo l’assetto globale del sistema.
Motivati dall’obiettivo di espandere il proprio segnale per massimizzare l’ascolto e gli introiti pubblicitari, alcuni grandi gruppi editoriali hanno da allora acquistato frequenze in tutta la
penisola, cancellando cosı̀ molte delle esperienze locali che fino
ad allora erano riuscite a sopravvivere. Il processo di concentrazione sta continuando tutt’oggi e pare che, con la Gasparri e i
nuovi limiti concessi, sia destinato a crescere ancora. Il mercato
delle frequenze ha fatto lievitare il valore degli impianti e l’attrattiva delle offrerte di cessione, gli editori delle piccole radio
vedono — infatti — in questo apporto di capitale una soluzione
rapida all’annoso problema della propria difficoltà economica e
tendono, generalmente, ma non sempre, a sbarazzarsi delle frequenze per ripianare un bilancio disastrato. Secondo la frt (una
delle maggiori associazioni di radio e televisioni private) soltanto
nei primi sei mesi del 1998 ci furono 400 transazioni di proprietà e si calcola che tra il 1999 e il 2000 il numero di emittenti
locali attive sia calato del 70-75% (Fenati and Scaglioni, 2002,
p. 29). Il dinamismo del mercato, dovuto anche alla scarsità del
bene primario, e l’assenza di un piano d’assegnazione globale,
34
L’informazione radiofonica locale in Italia
oltre ad una dimensione semi clandestina di molte situazioni,
rendono eccessivamente difficoltosa una mappatura completa e
senza approssimazione delle radio esistenti in Italia.
L’unico dato certo è che ad ogni rilevazione si registrano più
radio di quanto sia prevedibile. Neppure Audiradio, l’istituto
che detiene il monopolio della rilevazione degli ascolti, è in grado
di fornire un resoconto completo sull’attività radiofonica locale.
Le emittenti locali rilevate durante le indagini trimestrali sono
circa 300, il che significa, tenendo ferma la stima di Millecanali
citata in precedenza, che almeno il 70% delle radio non rientra
in questa statistica.
2.1.1
Audiradio
Il Consiglio di Amministrazione di Audiradio ha preso atto dell’esistenza di uno scostamento statisticamente rilevante tra i due
campioni paralleli dell’Indagine e onde evitare l’effetto distorsivo
che la divulgazione di detti risultati, statisticamente inaccettabili, avrebbe comportato, ha deliberato di non procedere alla
pubblicazione dei dati relativi al secondo ciclo di rilevazione dell’Indagine e di ripetere un gruppo di interviste nei primi mesi
autunnali. Pertanto le interviste relative al terzo e quarto ciclo saranno integrate con un numero di interviste pari a quelle
sospese, cosı̀ da ripristinare, in maniera precisa, il totale delle interviste stabilite. I dati utili per la pianificazione saranno quelli
del primo ciclo di rilevazione 2004 che verranno segmentati, come
di consueto, secondo i parametri sociodemografici mettendo in
evidenza anche gli ascolti e i dati specifici delle radio locali.
Il testo citato è un comunicato stampa di Audiradio datato 13
luglio 2004 e forse rappresenta l’inizio per una nuova stagione
della rilevazione dell’ascolto radiofonico. Audiradio nasce nel
1988 e dal 1990 inizia la propria attività di monitoraggio degli
ascolti, nel 1996 diventa una Srl i cui soci sono: upa, Rai, Sipra,
35
L’informazione radiofonica locale in Italia
Radio e Reti, rcs broadcast, Manzoni, Sole 24 Ore System, assap Servizi Srl di Assocomunicazione e unicom. Attraverso
un’indagine campionaria unitaria, Audiradio rileva informazioni
che consentono di stimare il numero e la composizione dell’ascolto e il profilo degli ascoltatori per la radiofonia nel complesso,
la singola stazione Rai e le singole emittenti private iscritte ad
Audiradio; o almeno, questa è la definizione che l’istituto di rilevazione dà di se stesso, perché molta parte della radiofonia, dagli
addetti ai lavori, alle associazioni di categoria pensa tutt’altro.
Delle milleduecento radio presenti sulla penisola, Audiradio
rileva i dati di poco più di trecento emittenti, lasciando senza una statistica ufficiale oltre il 70% della radiofonia: le radio
che hanno accesso alla statistica, infatti, sono solo quelle iscritte
all’istituto, ovvero che pagano un contributo annuo di circa cinquecento euro per ogni provincia su cui intendono monitorare il
proprio ascolto. La principale critica mossa ad Audiradio, però,
non è neppure il vincolo dell’iscrizione che, tutto sommato, per
l’importanza che riveste l’indagine in termini economici, non è
inaffrontabile anche per quelle radio dal bilancio più ristretto.
È soprattutto il metodo a lasciare perplessi gli operatori.
Il rilavamento è condotto con 72.000 interviste telefoniche,
campione che rappresenterebbe tutti gli italiani sopra gli undici
anni, un medoto che — seppure statisticamente accettato — suscita sempre qualche perplessità tra gli addetti ai lavori, soprattutto per l’approccio delle interviste, che snocciolano un elenco
di una ventina di radio nazionali, seguite da quelle, numerose,
rilevate solo regionalmente.
Con elenchi cosı̀ numerosi, la manipolazione, anche involontaria,
da parte dell’intervistatore, è semplice. Considerando che la
risposta va data in pochi secondi, basta spostare un nome dall’inizio alla fine, mettere un accento, ripetere un’emittente, e il ricordo dell’intervistato può prendere una piega piuttosto che un’al36
L’informazione radiofonica locale in Italia
tra. È facile, per esempio, che qualcuno risponda sulla base di una
reminescenza pubblicitaria piuttosto che su quella di un ascolto
effettivo. (Gargia, 2003, p. 91)
Perché il risultato sia statisticamente affidabile, Audiradio
stabilisce un numero di casi minimo da rilevare, ventiquattro,
indipendentemente dal bacino d’utenza, sotto i quali il margine
d’errore, rispetto ad un campione cosı̀ ristretto, è tanto notevole
da rendere il dato poco più che una sensazione, una tendenza.
Il campione statistico è il fattore più contestato di tutta l’analisi, soprattutto dalle piccole emittenti, che avrebbero bisogno di
una cura analitica più locale e calmierata sulle proprie dimensioni, motivo questo, che spinge la maggior parte delle emittenti
locali a non aderire al rilevamento, cercando strade alternative
e soluzioni differenti.
L’indagine Audiradio, però, è decisiva per le emittenti commerciali, poiché, nonostante tutti i difetti e le critiche, stabilisce
uno standard. Anche se nascessero altri istituti di rilevamento bisognerebbe convincere gli inserzionisti a confrontare i dati,
a fare valutazioni, inserizionisti che oggi posizionano la propria
pubblicità, almeno a livello nazionale e regionale, basandosi sulle
statistiche Audiradio. Un piccolo scostamento statistico, inoltre,
può determinare la scomparsa di un’emittente o crearle danni economici rilevanti. Nel contesto attuale, Audiradio si pone
come un metro di giudizio, una scala di valori, anche se il comunicato in apertura di paragrafo indica una frattura insanabile e
la necessità di un cambiamento.
2.2
Economie e strategie di sopravvivenza
È singolare parlare di un’industria in termini di strategie
di sopravvivenza, di economie differenti e alternative, singolare
poiché questo approccio indica che il settore di riferimento gode
37
L’informazione radiofonica locale in Italia
di una salute anomala, fatta di vistose oscillazioni e pericolose
pendenze. La radiofonia locale è composta di elementi non sempre coerenti, aziende diversissime per obiettivi e dimensioni, che
si trovano a convivere all’interno dello stesso ecosistema e a condividere le medesime risorse. Si è visto che, nonostante non
vi siano dati certi, il numero delle radio locali è comunque alto, tanto che, se si potessero suddividere equamente sul territorio nazionale si avrebbero ben 12 radio per provincia, o se
si preferisce, una radio ogni 50.000 abitanti; una situazione in
cui, se i numeri fossero questi, nessuna radio avrebbe un bacino
d’utenza sufficiente a garantirse l’esistenza economica.
Si è visto anche come il processo di razionalizzazione e concentrazione abbia ridotto drasticamente il numero delle emittenti e si può ritenere con sufficiente sicurezza che ad una futura fase di ristagno o declino del settore radiofonico il numero
degli operatori locali verrà ulteriormente ridimensionato. La
contrazione dell’industria radiofonica locale appare — infatti
— un fenomeno costante, anche se le sue fasi più evidenti si
verificano quasi sempre a ridosso dell’entrata in vigore delle
nuove normative, stabilizzandosi nei periodi intermedi. Una
contrazione industriale che però non ha corrispondenza diretta
con una contrazione del mercato.
La radiofonia privata basa la propria esistenza sulla pubblicità, senza introiti pubblicitari non potrebbe esserci alcun tipo di
iniziativa non pubblica in attivo di bilancio. Lo sviluppo stesso dell’intero settore è dipeso in primo luogo dalla disponibilità
di questa risorsa, prima in ambito locale e poi nazionale, sotto
sfruttata dal servizio pubblico e in grado di generare utili sufficienti per la nascita di un’industria dedicata al suo sfruttamento. La competizione tra gli operatori, specie in ambito locale, è
sempre stata molto accesa, l’alto numero di emittenti — infatti
— ha sempre reso difficoltoso il reperimento delle risorse necessarie, specialmente là dove la concentrazione di segnali è più
38
L’informazione radiofonica locale in Italia
intensa. Tuttavia, il mercato pubblicitario è in continua espansione e l’apporto costante di nuovi inserizionisti avrebbe dovuto
garantire risorse sufficienti al settore, specialmente in seguito all’approvazione della legge Mammı̀ e delle norme che riservano ai
concessionari classificati come locali lo sfruttamento del mercato
pubblicitario locale.
Con la nascita dell’industria radiofonica si assiste anche ad un
altro fenomeno: durante l’epoca delle radio libere convivevano
fondamentalmente due tipi di emittenti: le radio fortemente
“politicizzate” (di movimento) e le emmittenti che privilegiavano un’offerta musicale disimpegnata. Con le dovute eccezioni,
è questo secondo modello a prevalere e a strutturarsi in industria. Il panorama radiofonico appariva però eccessivamente omogeneo, con molte emittenti che proponevano un prodotto simile e
poco specializzato, una situazione a tutto vantaggio delle realtà
più strutturate in grado di massimizzare l’ascolto. Per attirare
nuovi inserzionisti era quindi necessario interrogarsi sul proprio
prodotto ed iniziare a costruire un’identità radiofonica in grado
di “fidelizzare l’ascolto” e richiamare target specifici. Per l’emittenza locale, storicamente non in grado di raccogliere ascolti in
quantità tale da sviluppare una logica generalista, era prioritario
quindi offrire agli inserzionisti pubblicitari ascoltatori numerosi
e ben identificati, solo specializzandosi e raggiungendo un pubblico dal profilo sociodemografico definito era infatti possibile
vincere la concorrenza e ritagliarsi uno spazio di mercato. Anche i palinsesti si strutturano e prende il via la diversificazione
dei formati che, progessivamente, amplia il numero e la tipologia dei target a cui la pubblicità radiofonica può rivolgersi e
permette di arrivare ad una segmentazione sempre più sottile.
È proprio nella segmentazione del mercato che la radiofonia locale trova il suo naturale approvvigionamento economico,
una segmentazione che non è solo sociodemografica, ma anche
geografica: attraverso lo speciale rapporto che si instaura tra ra39
L’informazione radiofonica locale in Italia
dio e ascoltatore e che passa per la condivisione e la conoscenza
comune di luoghi, situazioni, personaggi, la comunicazione pubblicitaria può essere più informale, meno generica, e raggiungere
in maniera più diretta e mirata l’ascoltatore.
Non è però sufficiente strutturare il proprio palinsesto per
raggiungere determinate fascie di pubblico, è necessario dimostrarlo per ottenere l’attenzione degli inserzionisti da sempre
attirati dai grandi numeri. Fino all’introduzione delle rilevazioni
Audiradio (1990) la radiofonia pagava il prezzo di non conoscere
con esattezza il numero dei propri ascoltatori, successivamente
alla diffusione dei dati, che fornivano un parametro per valutare
le dimensioni del mercato e le caratteristiche dell’ascolto, furono
visibili i primi effetti positivi con un trend di crescita sempre più
deciso. Gli investimenti pubblicitari diretti alla radio passarono
dal 3,3% del 1990 al picco massimo del 6,0% per l’anno 2000,
con un assestamento negli anni successivi intorno al 5,5/5,6%
sul totale del mercato pubblicitario: un giro d’affari annuo complessivo stimato intorno ai 500 milioni di euro. Anche rispetto
agli altri media la crescita è positiva, la pubblicità in radio registra un tasso di crescita del 9% nel 2003 contro l’1% della media
del mercato e, si stima, rimarrà il più alto fino al 20062.
Da queste considerazioni il mercato sembra florido e in crescita, gli inserizionisti sembrerebbero apprezzare le opportunità
d’integrazione con il territorio e la forte segmentazione offerta
dalle radio locali, le quali a causa della razionalizzazione industriale dovrebbero spartirsi una torta sempre più grande. Eppure
la quasi totalità delle emittenti locali lamenta una situazione
economica insostenibile ed un’economia a rischio fallimento, o
meglio la quasi totalità delle piccole emittenti locali.
Il comparto locale ha assistito fin dalla sua nascita al costituirsi di realtà di impostazione generalista con una copertura
ultraregionale, un segnale che arriva in sei o sette regioni e con
2
Fonte upa — Utenti pubblicità associati, giugno 2004.
40
L’informazione radiofonica locale in Italia
ascolti che spesso superano i 500 mila ascoltatori quotidiani. La
legge le classifica come locali, ma la loro natura è nettamente
diversa sia sul piano della programmazione, che non ha una tipizzazione geografica o ne porta una traccia piuttosto stemperata,
sia, soprattutto, sul piano delle risorse. La forma legale di queste
radio — infatti — permette loro di raccogliere pubblicità sia a
livello locale che a livello nazionale, distribuendola “splittando”
il segnale e cogliendo le migliori opportunità offerte dal territorio. Queste radio raccolgono un ascolto superiore a qualsiasi
radio a diffusione locale e attirano la stragrande maggioranza
degli inserizionisti che, per i motivi sopra esposti, preferiscono
investire su ascolti consistenti e marchi sicuri. Ecco allora che
le piccole radio “‘si trovano a fronteggiare la concorrenza di chi
vende spazi pubblicitari locali con la forza di un marchio che
locale non è” (Fenati and Scaglioni, 2002, p. 29).
La crisi del settore è quindi da ricercare all’interno del settore
stesso e delle dinamiche che lo regolano. Le risorse del comparto
locale sarebbero forse sufficienti per permettere a molte realtà
un’esistenza meno travagliata e incerta, ma le logiche di concentrazione del mercato spingono molte emittenti a contaminare
la propria identità e a seguire le richieste delle agenzie pubblicitarie, senza più riuscire a praticare una politica editoriale serena;
un atteggiamento che rischia di affievolire molte voci fino a farle
scomparire del tutto.
Le radio a diffusione locale però ci sono e sono molte. Per
la maggior parte si tratta di aziende in perdita, che riescono
a sopravvivere perché inscritte in un regime di “economia di
varietà” (Gambaro, 1992, pp. 60-61), dove la radio rappresenta una parte del bilancio complessivo, sorretto da attività solo
parzialmente legate a quella radiofonica.
Esse infatti perseguono una integrazione orizzontale, nel loro territorio, con l’industria dell’intrattenimento giovanile, con centri
41
L’informazione radiofonica locale in Italia
commerciali o con forme di imprenditoria locale comunque interessate ad un momento promozionale che funzioni da amplificatore
della loro attività, faccia loro risparmiare investimenti pubblicitari, e permetta di abbattere utili nominali e conseguenti imposte,
grazie alle perdite riferibili all’attività radiofonica. Una radio consolida la loro immagine nella comunità e costituisce anche qualche
terreno di scambio con la classe politica del luogo, sia attraverso la
programmazione informativa e il rapporto con i giovani che la musica permette, sia attraverso una serie di iniziative in vario modo
collegate all’emittente e “politicamente sensibili” per gli amministratori locali: concerti, iniziative sportive, mercatini, camminate
ecologiche e altro. (Menduni, 2001, p. 185)
È nel rapporto strategico con il territorio che queste emittenti
riescono a reperire le risorse necessarie alla propria attività, un
rapporto che sfrutta il marchio radiofonico per dar vita ad iniziative a sostegno della pratica radiofonica che da sola, facendo
ricorso solo alle naturali risorse del settore, non sarebbe in grado
di produrre utile sufficiente; un rapporto che solo la dimensione
locale e la forte tipizzazione del palinesesto permette di rendere
produttivo. La proprietà di queste radio affianca quindi alla
radio altre attività, stornandone gli utili, in tutto o in parte,
per risanare il bilancio dell’emittente; si tratta di un’economia
certamente non sana, ma che ha trovato un suo equilibrio e che
permette perdite d’esercizio modeste.
La radiofonia locale di queste dimensioni opera spesso nel
campo delle comunicazioni, “riciclando” le proprie risorse umane
in esperienze che ne coinvolgono le capacità professionali (tecniche, comunicative, amministrative e quant’altro), ma che dall’applicazione radiofonica sono distanti. Non è inusuale che una
piccola radio utilizzi persone e mezzi propri per confezionare
prodotti multimediali per terzi (spot, doppiaggi, cd-rom, siti
web), o che organizzi concerti, feste ed eventi musicali, o che
42
L’informazione radiofonica locale in Italia
operi in alleanza con strutture radicate sul territorio dedicate
all’intrattenimento, o che ne possieda di proprie. In fondo, in
una radio operano persone con competenze diversissime, non
sempre comuni e raramente disponibili nella stessa azienda.
Anche il volontariato e la pratica militante sono un sostegno indispensabile per molte realtà, una situazione forse maggiormente riconoscibile all’interno di quelle emittenti classificate locali con concessione comunitaria, ma che si fa strada
anche all’interno di alcune emittenti commerciali dal carattere
peculiare.
Sarà oggetto dei prossimi capitoli, vale tuttavia la pena anticipare alcune riflessioni. Per ora si è parlato solo dell’azienda radio senza entrare quasi mai nel dettaglio della programmazione
e dei contenuti: anche se le dimensioni aziendali, l’estensione del
segnale, le difficoltà economiche sono comuni a tutto il settore
è importante ricordare che non tutte le radio sono uguali. Si
è detto che il modello che si è affermato come vincente con la
nascita dell’industria radiofonica è stato quello delle radio che
trasmettevano musica, altrove definite come radio “nastroteca”.
L’altro modello radiofonico, quello delle radio politiche e d’informazione (allora controinformazione), non è però scomparso e
seppure non diffuso non è un modello cosı̀ inusuale. Questo tipo
di emittenza è confluito per la maggior parte nella definizione di
radio comunitaria, esperienze sorrette da economie non profit e
quasi del tutto collocate fuori dal mercato dei media, anche se
alcune hanno accettato i rischi di una concessione commerciale
per svolgere con più libertà il proprio lavoro. Sono emittenti
che oltre ad elaborare strategie per sopravvivere all’interno di
un mercato altamente competitivo e a loro ostile, devono anche
reperire le risorse per produrre informazione ben al di là dei limiti di legge, un prodotto molto costoso e che non produce utile.
Sono le radio d’informazione.
43
L’informazione radiofonica locale in Italia
2.3
Davide vs. Golia, la frequenza al più forte
C’è un bene che una radio, qualunque siano le sue dimensioni,
deve difendere: la frequenza. Lo spettro elettromagnetico utilizzato per le trasmissioni radiofoniche è una forbice molto ristretta
e molto affollata, dove se trovare spazio è ormai pressoché impossibile, conservarlo sano è molto difficile. Si è già detto che
la radiofonia privata scelse la banda fm per le sue qualità e la
sua relativa economicità (cfr. pagina 18), tuttavia fu proprio la
facilità d’accesso — e l’assoluta mancanza di regole — che moltiplicò i segnali e saturò ben presto l’etere, creando una situazione
in cui le radio trasmettono ad una distanza di banda che è una
sufficienza tecnica e non ha margini di flessibilità.
Uno studio commissionato dalla Regione Emilia Romagna
del 1989 (Salani, 1989) rileva che il 63% delle radio sul territorio regionale dichiara problemi di interferenza sulla propria
banda di trasmissione, si tratta di un dato ormai non più attendibile, ma che può dare la misura di quanto movimento ci
sia nell’etere. Anche oggi molte radio lamentano interferenze
su parte della propria banda, dovuta soprattutto ad interferenze con altre emittenti. La larghezza di banda occupata da una
radio che trasmette in stereo, come ormai la maggior parte, è
di 400Khz (sarebbe di 200Khz se le trasmissioni avvenissero in
mono), mentre la larghezza di banda totale è di 20.500Khz. Con
un rapido calcolo è facile scoprire che sono disponibili circa 51
frequenze, un numero che è circa la metà delle radiofrequenze
ricevibili contemporaneamente nello stesso bacino. Oggi le radio operano ad una distanza di banda che non supera i 250Khz
grazie ad un complesso e fragile sistema di compressione del
segnale.
In una situazione le radio si trovano ad operare a strettissimo
contatto e in forte interdipendenza. Nell’etere non c’è ordine di
nessun tipo, è quindi possibile che piccolissime radio si trovino
44
L’informazione radiofonica locale in Italia
a trasmettere fianco fianco con grandi network nazionali, o che
siano “stritolate” tra le sue frequenze.
All’ampiezza di banda si aggiunge anche la potenza di emissione del segnale: se la potenza di un segnale è di molto superiore a quella dei circostanti, questi vengono disturbati in
varia misura, fino ad essere del tutto inascoltabili. Ed è qui che
nascono i problemi di frequenza di molte emittenti locali, nel
difendere il proprio segnale dalla “prepotenza” dei vicini che,
non accettando interferenze di alcun tipo, spingono la potenza
dei loro impianti fino ai limiti di legge, creando un rumore di
fondo tale da zittire le voci più flebili. In una situazione ideale,
le radio locali operanti all’interno di un certo bacino si accordano
per stabilire la potenza di emissione dei vari segnali, in modo da
non “pestarsi i piedi” una con l’altra; nella promiscuità dell’etere
non è però possibile: se un grande network “invade” la frequenza di una radio locale solitamente passa molto tempo prima che
la situazione si stabilizzi, nel caso contrario — invece — le reti
d’ascolto per la qualità del segnale a disposizione dei network
identificano il disturbo in poche ore e l’intervento degli uffici legali è pressoché immediato. Se per un grande network un’interferenza di banda, che comunque è sempre limitata ad una zona
circoscritta, significa una perdita economica proporzionale alla
durata del disturbo, per una radio a diffusione locale significa
spesso scomparire dall’etere senza possibilità d’appello.
Difendere la propria frequenza è quindi una priorità di ogni
radio, che deve continuamente monitorare le proprie emissioni
per identificare e risolvere ogni problema prima che questo si
cronicizzi. Difenderla non significa soltanto “blindare” il proprio
spazio dalle possibili interferenze esterne, ma anche prevenire le
possibili insidie dell’impianto legislativo.
La frequenza non è una proprietà della radio, si tratta invece
di un bene dello Stato in concessione per un numero di anni
definito e che la radio deve utilizzare seguendo delle regole che
45
L’informazione radiofonica locale in Italia
riguardano sia l’apparto di alta frequenza (impianti, trasmettitori, etc.), sia l’attività radiofonica in senso stretto. Una violazione o un errore nell’applicazione di queste regole, anche un
errore formale, può costare alla radio la perdita del diritto di
concessione o la sua sospensione, con relativo stop dell’attività produttiva. Singolare, ad esempio, è il caso di Radio bbs
di Roma, la radio con cui Popolare Network “riconquistava” la
capitale.
[. . . ]Gli impianti di trasmissione di Radio bbs erano a Montecelio
di Guidonia e gli abitanti del paese, giustamente, non hanno più
voluto antenne sulla propria testa. Per spostare un impianto
la normativa richiederebbe il preventivo ok del Ministero delle
Comunicazioni, ma nessuno rispetta questa regola: di solito, per
evitare dannose lungaggini burocratiche, lo si fa e contemporaneamente si chiede l’autorizzazione. Cosı̀ hanno fatto Radio bbs e
altre emittenti “sfrattate” da un altro sito, Monte Mario, nel
centro di Roma. Quante di loro hanno ricevuto l’ordine di spegnimento? Indovinato, solo Radio bbs. Perfino il Corriere della
Sera, il 2 febbraio, ha scritto che il Ministero delle Comunicazioni
ha usato “due pesi e due misure”. Gasparri si è arrabbiato e ha
chiesto una replica, pubblicata il 5 febbraio, scrivendo che Radio
bbs era in fallo perché non aveva atteso l’ok del suo Ministero per
spostarsi. [. . . ] Nella lettera il Ministro aggiungeva: Radio bbs
“ha provocato interferenze ad altre emittenti” e comunque Radio Subasio3 , non aveva ampliato “la priopria area di copertura”.
La risposta del giornalista è stata lapidaria: “Radio Subasio si
è spostata senza le dovute autorizzazioni necessarie e con questo
spostamento ha ampliato la sua area di copertura, producendo
interferenze”4 .
3
Radio Subasio è una grande radio macroregionale ascoltabile in Umbria, dove ha sede,
Emilia-Romagna, Liguria, Toscana, Lazio, Marche e Campania. Nonostante il suo segnale
si estenda per la totalità del centro Italia e marginalmente nel sud la sua classificazione
ministeriale è di radio locale.
4
Due pesi e due misure, in errepi n◦ 28, giugno 2004.
46
L’informazione radiofonica locale in Italia
Una piccola emittente come Radio bbs a causa di un errore
formale ha perso il diritto di trasmettere, mentre una grande
realtà come Radio Subasio ha potuto occupare delle nuove
frequenze alla luce del sole senza che nessuno intervenisse in
merito.
Non si tratta, come si potrebbe pensare, di un caso isolato: già prima dell’approvazione della Legge Mammı̀ nella sola
regione Emilia-Romagna si contavano 40 emittenti con un contezioso aperto per interferenze e disturbi, una situazione che la
mancata attuazione del Piano di assegnazione delle frequenze
non ha potuto sedare. Ci sono anche altri casi clamorosi, sempre nella città di Roma l’emittente Spazio Radio è ridotta al
silenzio semplicemente perché sulle proprie legittime frequenze
opera Radio Azzurra Italia Network con un impianto esponenzialmente più potente di quello della radio titolare (13.000 contro
100 Watt): una situazione che perdura dal 1990.
Al di là delle polemiche e delle ragioni di parte, si è voluto
portare questo come esempio di un modello prevaricativo piuttosto diffuso nella nostro paese. Le piccole radio, purtroppo,
non hanno risorse sufficienti per opporsi a simili situazioni, che
si verificano a causa di una legislazione frammentaria, imprecisa
e talvolta contradditoria e che lascia spazio di manovra alle realtà più strutturate ed in grado di dedicare personale e risorse
a questo genere di eventi.
In ultimo, la frequenza è anche un bene finanziario. Da quando la legge permette il trasferimento degli impianti da un operatore all’altro, il valore delle frequenze, che è sempre stato alto, è
cresciuto vertiginosamente. Molte piccole realtà, concessionarie
di più d’una frequenza, hanno potuto elaborare strategie editoriali innovative, riducendo la propria emittenza, ma ottenendo
in cambio nuove risorse e nuove energie vitali.
47
L’informazione radiofonica locale in Italia
2.4
Superstations
Il fenomeno delle superstations accompagna da sempre la storia recente della radiofonia italiana. Con questo termine inglese
si è soliti indicare quelle emittenti classificate locali dal legislatore, ma che coprono territori non propriamente locali, espandendo il proprio segnale fino alla totalità del territorio nazionale:
un fenomeno possibile grazie ai vuoti legislativi accumulati nel
corso degli anni e molto più diffuso di quanto possa sembrare,
dato che la maggior parte dei segnali avvertiti come nazionali
dagli ascoltatori sono invece emissione di radio con concessione
locale.
Non essendo mai stato redatto un piano di assegnazione delle
frequenze, il limite di copertura sancito dall’articolo 3 della legge
Mammı̀ non era applicabile, cosı́ come non applicabile era il
bacino d’utenza, previsto dalla legge nel numero di dieci milioni,
consentendo di fatto anche alle emittenti locali di trasmettere
sul 100% del territorio nazionale, senza violare alcuna legge e
continuando per altro ad essere definita locale.
Per queste emittenti il vantaggio principale consiste nel poter “splittare” gli spot provincia per provincia, che consente di
usufruire del mercato pubblicitario locale cosı̀ come di quello nazionale, indifferentemente. Una tendenza legittimata dalla sentenza numero 12388-98 della Cassazione, depositata il 9
dicembre 1998, che otto anni dopo l’approvazione della Mammı̀
chiarisce che l’unica differenza effettiva tra un’emittente locale ed una nazionale, almeno fino all’approvazione dei piani
di ripartizione e assegnazione delle frequenze, sta nel tipo di
richiesta inoltrata al Ministero, con il doppio effetto di legalizzare le situazioni pregresse ed incentivare la creazione di nuove
superstations.
La situazione cambia nel 2001, quando con la legge numero
66 il Parlamento stabilisce le dimensioni dei bacini d’utenza,
48
L’informazione radiofonica locale in Italia
assimilati alle regioni geografiche. Con questo testo di legge
i nuovi limiti per ciascuna radio locale sono stabiliti in quattro
bacini al Nord e cinque al Centro o al Sud Italia, per un massimo
di 15 milioni di utenti potenziali5.
Un chiarimento che avrebbe rischiato di ridimensionare molto
alcune superstations, come Radio Subasio, Radio Donna o Radio Classica, ormai dotate di una copertura poco meno che
nazionale, se non fosse che l’approccio corsaro alla legge di
queste trovò subito un altro “escamotage” legalmente corretto.
La legge — infatti — impone i limiti di cui sopra alle imprese
e non alle società, che con il rigore nell’uso dei termini proprio
del legislatore sono realtà diverse e specifiche.
Per far convivere legalmente le superstations esistenti con
i nuovi limiti basta creare sette imprese concessionarie locali,
tutte facenti capo alla stessa società: ciascuna opera su quattro
o cinque bacini contigui, raggiungendo ognuna un massimo di
15 milioni di abitanti e trasmettendo contemporaneamente lo
stesso identico palinsesto, come se si trattasse di un’unica emittente nazionale, ma con la pubblicità locale splittata per regione
o provincia.
In questo caso non è neppure applicabile il limite orario giornaliero di interconnessione per le syndications importo dalla
Mammı̀, perché si applica solo ai consorzi di editori o alle singole
emittenti con proprietà diverse tra loro, mentre ad un soggetto (la società) detentore di più concessioni su bacini diversi (le
imprese) “è consentita la programmazione anche unificata sino
all’intero arco della giornata”.
Come si diceva in apertura di paragrafo, il fenomeno delle
superstations è tutt’altro che marginale nel panorama della radiofonia italiana, non solo per il numero di casi registrati, ma
5
Con la 66/2001 una radio locale può quindi legalmente coprire un bacino pari ad un
quarto della popolazione italiana, senza contare l’inconguità tra le dimensioni delle regioni
e la popolazione.
49
L’informazione radiofonica locale in Italia
perché esso è corresponsabile della situzione critica cui versano i
piccoli operatori. È un problema diverso da quello delle concentrazioni editoriali emerso con la legge Gasparri, anche se simile
nelle ripercussioni che ha sul settore; si tratta di una situazione
in cui note ed importanti aziende radiofoniche sfruttano le incongruenze e le diverse interpretazioni delle tante norme e leggi
promulgate, forzandone lo spirito e i termini, ma operando alla
luce del sole ed anzi avanzando pretese.
Contro le superstations si sono levate più voci, quelle delle
dei piccoli editori, che si vedono sottrarre una grossa fetta di
mercato pubblicitario, indirizzato verso operatori in grado di
offrire soluzioni inarrivabili per le piccole radio, ma anche quella
della rna, l’associazione degli editori nazionali, che vedono i
propri sacrifici vanificarsi di fronte a realtà che non rispettano i
limiti imposti dalla natura delle concessioni.
Non è certo un problema facilmente risolvibile, almeno nel
constesto legislativo vigente, dove il comma 2 dell’articolo 19
della legge Mammı̀, che consente la trasmissione unificata su
bacini diversi per lo stesso operatore, è ancora vigente, mentre lo
scenario è cambiato totalmente dal 1990 e con esso la dimensione
e la natura dei “famigerati” bacini.
2.5
Vecchie e nuove tecnologie
L’evoluzione delle tecnologie ha certamente favorito la nascita, in primo luogo, e lo sviluppo della radiofonia locale. Lo
spostamento dalle onde medie alla modolazione di frequenza
ha permesso a queste piccole emittenti di trasmettere segnali
con una maggiore qualità, rendendo il suono meno gracchiante,
piacevole all’ascolto e più idoneo alla diffusione della musica,
contenuto innovativo e primo motivo di successo del fenomeno.
La banda fm ha anche ridotto i costi di installazione e di gestione degli impianti, permettendo alle radio di trasmettere con
50
L’informazione radiofonica locale in Italia
un investimento iniziale minimo. L’alta frequenza, ovvero l’infrastruttura necessaria alla trasmissione del segnale, ha goduto
fin da subito di forti innovazioni tecnologiche, dando a questo
tipo di emittenza un vantaggio considerevole.
Ma è nelle tecnologie di bassa frequenza, ovvero il complesso
di strumenti che permette la produzione e l’immissione del segnale audio, che l’emittenza locale trova forse il suo più forte alleato. La miniaturizzazione dei componenti, la loro produzione
in quantitativi sempre maggiori, e la conseguente riduzione dei
costi, ha permesso che anche radio dal budget limitato potessero
accedere a strumenti via via più avanzati, affidabili e di qualità
professionale. La riduzione dei costi delle apparecchiature, prima di quelle analogiche e poi di quelle digitali, influisce non
solo sul tipo di strumenti a disposizione, ma soprattutto sulla
qualità tecnica delle trasmissioni, che si fanno meno artigianali e
sempre più somigliano, dal punto di vista tecnico, a quelle della
grande emittenza: con un investimento relativamente limitato,
anche le emittenti più piccole possono permettersi di allestire
studi di regia e registrazione professionali, in grado di assicurare
una migliore qualità del suono.
La vera rivoluzione — però — ha luogo con il passaggio dalle
tecnologie analogiche a quelle digitali e con l’introduzione dell’informatica. Il cd ha certamente vantaggi considerevoli rispetto al nastro magnetico, ma è quando il suono perde ogni connotazione fisica e si fa byte che l’apporto del digitale è determinante. Il computer ha radicalmente mutato il lavoro in radio
(e non solo), riunendo in un unico strumento complesso una serie di supporti tecnologici differenti, semplificando il lavoro e
allo stesso tempo rendendo più sofisticati i processi. I software
per la gestione integrata dell’audio hanno permesso alle grandi
come alle piccole emittenti di sbarazzarsi si un corollario di strumentazioni ed investire quasi unicamente in informatica, con un
considerevole risparmio in gestione, manutenzione ed adegua51
L’informazione radiofonica locale in Italia
mento tecnologico. Ai computer è oggi affidata una fetta molto
ampia delle funzioni della radio, dall’acquisizione al montaggio
del suono, alla messa in onda, alla gestione dei flussi manuali ed
automatici, senza entrare nei dettagli delle funzioni office che
esulano dall’oggetto di questo lavoro. Con programmi di regia
automatica, ad esempio, anche le radio più piccole hanno potuto offrire musica a ciclo continuo, con un controllo preciso sulla
rotazione dei pezzi e gli inserti pubblicitari, senza più impiegare
personale umano o rischiare di proporre per una notte intera i
soliti 60 minuti di musica incisi su nastro.
Internet è riuscita a rompere l’isolamento di molte emittenti,
permettendo loro di reperire informazioni in una forma molto
più comoda ed economica dei tradizionali Televideo e fax, ma
anche uno strumento per farsi conoscere e cementare il rapporto
con i propri ascoltatori. Con un semplice sito web la radio è
in grado di fornire informazioni sul territorio, dalla cronaca agli
eventi, intessendo con questo media un’integrazione orizzontale
e ponendolo come punto di contatto tra se e l’ascolto. Anche
la posta elettronica è da subito diventato un mezzo di comunicazione fondamentale, con newsletter e bollettini è possibile,
infatti, raggiungere gli utenti della radio attraverso un canale
alternativo, ma anche farsi raggiungere, magari in diretta e integrare il rapporto radiofonico. Il potere dispersivo di questi
strumenti gioca inoltre a tutto vantaggio della piccola emittenza, che riesce a trasferirvi il rapporto fiduciario instaurato con gli
ascoltatori e a rendere intima anche la comunicazione telematica.
Ma sono le tecnologie telefoniche più di ogni altra a fare la
storia della radio. Tra telefono e radio si stabilisce fin da subito
una congiunzione felice, perché paritaria e permette flussi di
un’intensità che può essere molto forte. Il telefono permette di
intessere un rapporto diretto con gli ascoltatori e la radio locale,
visto il suo ruolo connettivo, riesce a fruttare meglio di qualsiasi
altra realtà mediale questa simbiosi. Sul lato della produzione
52
L’informazione radiofonica locale in Italia
— invece — è soprattutto con la telefonia mobile che la radio
di dimensioni locali riesce ad elaborare strategie comunicative
inedite, integrando nel proprio organico una figura fino ad allora
a solo appannaggio della grande emittenza: il corrispondente.
Altre tecnologie hanno naturalmente influito sullo sviluppo
dell’industria radiofonica locale e nelle sue logiche di interconnessione. Le linee isdn prima e le tecnologie satellitari poi, hanno permesso di snellire la rete terrestre di connessione, riducendo
costi e tempi di manutenzione e allargando, esponenzialmente,
le capacità di tessere network e reti stabili o meno.
La strada delle tecnologie è ancora tutta da battere e probabilmente incrocerà ancora il cammino della radio. Di alcune
possibilità si parla da anni e qualche soluzione potrebbe potenzialmente risolvere almeno in parte i problemi dell’emittenza locale; il dab (Digital Audio Broadcasting), per esempio, potrebbe
sviluppare canali alternativi alle consuente onde medie, permettendo lo sviluppo di nuove emittenti e forse di nuovi modelli radiofonici, ma la sua salute altalenante allontana le emittenti da
questa tecnologia. Prima di tutto perché mancano gli apparecchi
riceventi che, anche se alcune case automobilistiche hanno iniziato ad installare ricevitori digitali sulle proprie vetture, avranno
costi alti e si diffonderanno con molta lentezza.
Le tecnologie, vecchie o nuove che siano, hanno certamente influito sullo sviluppo dell’industria radiofonica locale, abbattendo
in molti casi i costi o facilitando certe operazioni e permettendo
di conseguenza alle emittenti di sviluppare nuove strategie. Per
contro, le radio hanno dovuto investire in formazione ed essere
più esigenti con le proprie professionalità, rendendo non più vera l’affermazione che per fare radio si ha bisogno solo di buona
volontà e qualche buon disco.
Rimane da dire che non tutte le emittenti hanno completato
il passaggio verso le nuove tecnologie e che molte strutture sono
ancorate a situazione tecniche vecchie di anni; che sia una scelta
53
L’informazione radiofonica locale in Italia
libera o dovuta ad esigenze contingenti è bene sapere che in
più di qualche caso quello che si ascolta viaggiando in lungo e
in largo per l’Italia non è sempre frutto di qualche sofisticato
software, ma di una più comune doppia piastra analogica a ciclo
continuo.
54
Parte II
L’informazione radiofonica
locale
55
Capitolo 3
Informare con la radio
Radio e informazione sono legate da un rapporto fiduciario
che perdura fin dalla nascita di questo media all’interno di un
dialogo costante e che è andato via via arricchendosi di nuovi
elementi e nuove esperienze. La stessa radio, intesa come complesso tecnologico che permette la trasmissione di un segnale,
fu pensata per “portare informazione” e sostituire gli ormai inefficaci sistemi di comunicazione punto-punto. La nascita del
broadcasting e dell’informazione nell’accezione moderna, come
racconto del mondo circostante e lontano, sono invece sviluppi
successivi e frutto di quel dialogo cui si accennava poco sopra.
L’informazione è nella natura stessa della radio, ne incarna i
principi costitutivi più di ogni altra applicazione.
Una qualità che ha fatto sentire tutto il suo peso in momenti
di grande tragedia: è durante la Seconda Guerra Mondiale che
le potenzialità della radio sono emerse in tutta la loro forza. Dietro le linee di fuoco del fronte di combatteva un’altra guerra,
a colpi di segnali radio, forse meno cruenta, sanguinaria, violenta, ma altrettando determinante nel deciderne le sorti. Radio
Mosca, Radio Milano Libera, Radio Londra, sono alcune tra le
emittenti che trasmettavano sul territorio italiano per informare
la popolazione di fatti che il Regime Fascista taceva o distorceva totalmente. Sul fronte opposto si rispondeva con emissioni
56
L’informazione radiofonica locale in Italia
di eguale intensità per impedire la ricezione dei segnali clandestini o si procedeva al sequestro degli apparecchi dei sospetti
antifascisti, anche con azioni violente. Al fascino della radio non
si sottrae neppure la propaganda nazista, che la elegge come intermediario privilegiato con la popolazione e le truppe al fronte,
e la resistenza italiana, che impara a coordinare le proprie azioni
sfruttando la leggerezza e l’intracciabilità del segnale radio 1.
È però con la fine del conflitto e la nascita dei media moderni
che la radio sviluppa tutte le sue potenzialità, quando con la
miniaturizzazione delle componenti e l’abbassamento dei costi,
la radio si svincola dall’ascolto di gruppo e diventa il primo medium elettronico personale. In questa fase della sua storia, la radio è l’unico media a fornire informazione a ciclo continuo e con
una temporalità che è pressoché reale, immediata, una novità
importante che finirà per influenzare i modelli di produzione e
fruizione dell’informazione radiofonica.
In Italia, cosı̀ come nel resto d’Europa, lo sviluppo dell’informazione radiofonica avviene in due tempi: quello della radiofonia pubblica e quello dell’iniziativa privata, una distinzione che
è importante mantenere tutt’oggi, nell’epoca della convergenza
multimediale e dei grandi gruppi editoriali, poiché sottende ad
un equilibrio fragile che sconta tutto il peso di uno sviluppo casuale e tardivo. Non solo, è soprattutto nella differenza di intenti
ed obiettivi, nelle risorse a disposizione, nel valore professionale
e deontologico, nella responsabilità sociale che si consuma la
differenza tra pubblico e privato, differenze che convergono, fi1
La radio è sempre stata presente nei conflitti del XX secolo e non solo durante la
Grande Guerra. Anche sul finire del secolo, con la disponibilità di altri e più sofisticati
media, la radio ha saputo ritagliarsi un suo spazio in questo scenario. Il conflitto nei
balcani, ad esempio, ha visto nascere Radio West (Moro, 2002), la voce del contingente
italiano in Kosovo, con il duplice intento di “tenere alto” il morale delle truppe e informare
la popolazione civile; in Afganistan nel 2001, invece, le truppe statunitensi distribuirono
migliaia di apparecchi radio alla popolazione, presintonizzati sulle frequenze emesse da un
aereo militare in volo sul paese, a scopo di propaganda. Celebre è anche l’esperienza di
Radio b92, la radio serba messa a tacere dal regime e che continuò le sue trasmissioni via
Internet, diventando uno strumento d’informazione insostituibile per i media occidentali.
57
L’informazione radiofonica locale in Italia
no a scomparire, con il passare delle stagioni, ma che tuttavia
conservano specificità e attributi propri, che consigliano di affrontantare, senza perdere di vista l’altra sponda, separatamente
i discorsi.
3.1
Il servizio pubblico
L’informazione alla radio ha costituito sin dall’inizio la cifra
distintiva del servizio pubblico. “Anche dopo l’avvento dell’emittenza privata, la rai non ha praticamente avvertito la
concorrenza se non da parte delle radio politiche, molto attente
alla controinformazione (Menduni, 2001, p. 203)”, mantenendo
di fatto una posizione di monopolio fino alla seconda metà degli
anni Novanta, quando, per effetto della Legge Mammı̀, anche
l’informazione dell’emittenza privata nazionale iniziò a strutturarsi e ad ottenere quella credibilità fino ad allora accordata
alla rai e ad una piccola schiera di emittenti meno ascoltate.
È nella credibilità, nell’esperienza, nell’imparzialità attribuite
al servizio pubblico che la rai svolge per tanti anni la propria
missione informativa, in radio cosı̀ come in televisione. Al contrario dell’emittenza privata, la rai non dovrebbe considerare i
propri ascoltatori come consumatori, ma come individui componenti la pubblica opinione e rimettersi al loro servizio cercando
di informarli secondo una duplice indipendenza: dallo Stato e
dal mercato. Al servizio pubblico è quindi richiesto di illustrare
i fatti nella loro completezza, senza compiacenze di parte, ma
offrendo al contrario un “pluralismo di orizzonti rappresentativi
che sia realmente dialettico e non il risultato si una sommatoria meccanica di posizione e di interessi di parte. Un pluralismo garantito non tanto da calcoli legislativi, quanto dal (più
sfuggente) senso di responsabilità e deontologia di chi vi lavora
(Cappello, 2001, p. 21)”. Come si è visto nel primo capitolo,
è proprio sulla questione del pluralismo che il servizio pubblico
58
L’informazione radiofonica locale in Italia
ha visto incrinarsi la propria posizione fino alla rottura totale, è
anche però l’argomento che ne permette la sopravvivenza.
Ormai tutte le emittenti pubbliche d’Europa agiscono all’interno di un sistema misto, dove la concorrenza è aperta e rappresentata dalle radio private. Elemento comune nelle politiche
dell’offerta è la differenziazione per canali e per pubblici, un processo che la rai ha saputo portare a conclusione — e non ancora
completamente — solo negli ultimi anni. Nel Regno Unito, la
bbc ha sviluppato un’offerta suddivisa su sei canali2 fortemente
differenziati e mantenendo saldamente le prime quattro posizioni
nelle classifiche di ascolto. In Francia la radio pubblica, che ha
perduto le prime posizioni a favore dei network privati, difende la
propria offerta con cinque canali molto differenti e riconoscibili,
tra cui uno, France Info, dedicato totalmente all’informazione.
Anche in Spagna e Germania il servizio pubblico ha radio forti
e canali specializzati in informazione, anche se più orientati al
regionalismo e strutturati in maniera differente.
Rispetto a queste realtà, l’attività radiofonica della rai sembra cedere il passo e non sapersi allineare ad uno sviluppo di
respiro europeo. Le ragioni potrebbero essere rintracciate nell’anomalia che il nostro paese rappresenta in campo radiofonico,
nella scarisità delle frequenze a disposizione e nelle risorse che
vanno sempre più assottigliandosi, si tratta però di motivazioni
indiziarie e che non è obiettivo di questo lavoro approfondire.
Oggi la rai possiede tre canali radio tematici e due canali specifici, Gr Parlamento e Isoradio, dedicati rispettivamente agli eventi
politici e alle informazioni sul traffico. La differenziazione dei
tre canali tematici è frutto di un processo molto lungo che ha
subito un’accellerazione determinante dopo i fatti del 11 settem2
Ci si riferisce ai canali ricevibili in modulazione di frequenza, in realtà la bbc ha
differenziato la sua offerta in ben 18 canali di cui 6 nazionali in fm, 7 locali e 2 internazionali
su onde am (World Service, in 43 lingue, e Asian Network, di recente costituzione e dedicato
al ricco mercato asiatico). I tre canali rimanenti sono bbc7, 1extra e FiveLive Sports Extra,
estensioni del primo e quinto canale e ricevibili esclusivamente su banda digitale.
59
L’informazione radiofonica locale in Italia
bre 2001, che hanno posto la radio in forte rilievo3 restituendole
parte del prestigio perduto negli anni precedenti.
RadioUno rimane il canale generalista, focalizzando la propria attezione sull’informazione, che si divide in momenti di aggiornamento e pause di approfondimento, e la musica. RadioDue
propone una programmazione di musica e intrattenimento, mirando ad un pubblico relativamente più giovane ed introducendo programmi di forte ascolto come Il ruggito del coniglio e
Caterpillar. RadioTre — invece — è stata fin dalla sua nascita
un’emittente dal gusto certo, dedicata alla cultura e alla musica
classica e lirica.
L’informazione trova spazio su tutte e tre le reti, con concentrazioni e spazi differenti, mantenendo la logica delle tre testate
e quindi senza una reale razionalizzazione delle risorse. Nell’arco
della giornata RadioUno propone 28 notiziari del Gr1 tra brevi,
titoli, economia, 2 edizioni del Gr Regione e 3 di Gr Sport4, con
un affollamento alto al mattino e nel primo pomeriggio. RadioDue trasmette 12 edizioni del Gr2 soprattutto al mattino e
2 del Gr Sport. RadioTre è il canale con il minor affollamento
informativo con solo 6 edizioni del Gr3 equamente distribuite
nell’arco della giornata.
Seppure il palinsesto di RadioUno presenti una forte concentrazione di momenti informativi, assicurando un Gr per ogni ora, vari aggiornamenti intermedi e contenitori tematici per
l’approfondimento, l’emittente ammiraglia del servizio pubblico
italiano è ancora lontana dal modello all news che si è affermato
3
La notizia degli attentati alle Torri Gemelle di New York giunse in Italia pochi minuti
dopo le 15.00 del 11 settembre 2001. Era un martedı̀, un giorno feriale, e la fonte d’informazione primaria per moltissimi italiani, almeno nelle prime ore, fu proprio la radio.
La rai fu l’unica emittente ad avere una struttura sufficiente per coprire l’evento fin dai
primi minuti; tra le radio commerciali solo Radio Capital e Radio24 riuscirono a tenere il
passo, seppure con un leggero ritardo.
4
Dal giornale radio, a cadenza oraria, sono nati dei Gr specializzati. Attualmente vanno
in onda un Gr economico in carico alla redazione e u Gr sportivo, in carico alla divisione
RaiSport.
60
L’informazione radiofonica locale in Italia
con successo nei principali paesi europei. Quello della rai radiofonica è un giornalismo ancora legato ad una impostazione
di vecchio stampo, frutto di un’organizzazione un po’ datata,
dove le redazioni lavorano autonomamente dalla produzione del
resto dei programmi e anche gli incontri in quelle zone di infotainment, programmi che informano con un tono informale,
amichevole e meno conciso, sono rari; è come se la rai disponesse
di due squadre che occupano mansioni diverse, alternandosi al
microfono, ma conoscendosi appena.
Anche il giornale radio, almeno nella sua edizione oraria, la
più lunga, risente ancora di un’impostazione mutuata dal passato: preceduto dal segnale orario, esattamente come nel 1929 5,
si articola con una gerarchia di notizie e di generi simili all’impaginazione di un giornale. Un’impostazione che si ritrova anche
nelle rimanenti due reti.
Una delle prerogative del servizio pubblico dovrebbe essere
quella di assicurare uno spazio d’opinione a tutte le specificità
della società civile, alle minoranze e ai localismi; eppure lo
spazio dedicato all’informazione locale è davvero scarso: le edizioni del Gr Regione sono infatti soltando due, una al mattino
presto (7:20) e l’altra su termine dello stesso segmento (12:10),
una presenza simile nelle dimensioni a quella programmata su
RaiTre per le edizioni del Tg Regione (14:00, 19:30, 23:30). La
rai pur disponendo di una sede in ogni Regione non riesce a
strutturare, soprattutto in ambito radiofonico, un’informazione
davvero locale al di là degli appuntamenti illustrati sopra, ma
solo a raccogliere notizie di interesse nazionale per le proprie
testate romane.
5
Il Giornale Radio nasce nel 1929 all’interno delle strutture dell’EIAR, con il moltiplicarsi delle edizioni, in origine tre, scandisce il tempo degli italiani e “consegna” le notizie
anche ai non pochi analfabeti della penisola.
61
L’informazione radiofonica locale in Italia
3.1.1
Quale futuro per RadioRai?
Sono questi gli anni in cui si scrive il futuro di RadioRai.
Gli anni Ottanta hanno massacrato le risorse della radio pubblica, stornandole quasi totalmente sul comparto televisivo per
arginare l’ascesa delle reti Finivest e combattere colpo su colpo
scelte imprenditoriali in parte estranee alle logiche del servizio
pubblico; oggi, finalmente, vi è un ritorno di interesse verso la radio che ha saputo, pur nel totale abbandono, invertire la tendenza e contrastare un calo d’ascolto che sembrava
inarrestabile.
Le ragioni di tale debolezza sono però da ricercare all’interno
dell’azienda e delle sue strutture organizzative, impegnandosi
per un rilancio che deve passare in primo luogo attraverso un’opera di ridefinizione dell’offerta e dell’identità di rete, che deve
essere sempre più forte e specifica, fruttando anche le possibilità
offerte della banda digitale, dal satellite e da Internet.
RadioUno detiene ancora il primato di radio più ascoltata
d’Italia, RadioDue si contende di anno in anno l’argento o il
bronzo con le grandi radio private nazionali, RaiTre, invece, è
in coda tra le prime dieci. Gli inserzionisti investono sulla radio
e le previsioni sono rosee per i prossimi anni, anche gli ascolti ci
sono, ma è più che mai necessario offrire agli utenti un prodotto
mirato, capace di un autentico, ma moderno, pluralismo.
62
L’informazione radiofonica locale in Italia
3.2
L’emittenza privata nazionale e la grande
editoria
Il rapporto tra emittenza privata e informazione si è sviluppato in Italia secondo due direttrici distinte: la prima, solo per
anzianità, raccoglie l’eredità delle radio politiche e di movimento che si svilupparono dalla seconda metà degli anni Settanta in
poi; la seconda, altrettanto articolata e complessa e in qualche
modo più visibile, nasce dalle prescrizioni della legge Mammı̀6
che vincola la concessione delle frequenze alla trasmissione di
giornali radio.
Fino al 1990 erano poche le emittenti private che avevano puntato sull’informazione come parte fondante del proprio
palinsesto: Radio Radicale (1976), nata come radio di partito,
Radio Popolare di Milano (1975), legata alla sinistra milanese,
ma indipendente da ogni sigla, e rtl 102.5 (1987), l’unica radio
nata con intenti commerciali che fin dall’inzio scelse un format
music & news. Tutte le altre — invece — si videro costrette ad
attrezzarsi per rispondere alle richieste del Ministero, avvertite
come un pericolo per la propria impresa, ma che ebbero l’effetto
di avvicinarle a quel punto di equilibrio tra iniziativa privata e
responsabilità di servizio pubblico, inerente a qualsiasi attività
di emittenza. Il “preminente interesse nazionale” riconosciuto
dalla legge per le attività trasmissive non poteva — infatti —
fare a meno che spingere anche le radio commerciali verso un’assunzione di responsabilità e chiedere loro di svolgere un ruolo
anche sociale in cambio dell’usufrutto di un bene dello Stato, un
processo che all’estero ha avuto uno sviluppo concertato e meno
traumatico che nel nostro paese.
Dopo quindici anni di attività, per lo più caratterizzati da
6
Legge 223/90, articolo 20, comma 6. La legge individua l’obbligo solo per le radio locali, poiché non prevede, al contrario della Gasparri, la definizione nazionale per
l’emittenza privata.
63
L’informazione radiofonica locale in Italia
uno sfruttamento meramente commerciale della frequenza, che si
traduceva di fatto nella trasmissione di lunghi nastroni musicali,
cadenzati da inserzioni pubblicitarie, e in qualche trasmissione
d’intrattenimento, affidato a personaggi noti, anche la radio
commerciale inizia a lavorare in maniera strutturata all’informazione, ovvero a proporre giornali radio come appuntamento
frequente nel corso della giornata, approfondimenti e commenti
sui temi di attualità, rassegne stampa e, in qualche caso, a dotarsi di una doppia redazione interna, una dedicata ai programmi
e l’altra all’informazione. L’offerta informativa entra nella logica del formato, scandisce il tempo del clock, funge da cesura
o da cerniera tra un’appuntamento e l’altro, ma è un processo
per assorbimento, dove ciascuna emittente cerca di caratterizzare la propria informazione in modo da renderla il più possibile
congruente con il suo formato e il suo pubblico, di adattarne il
ritmo, la cadenza e lo stile a quelli del proprio marchio.
Ed è proprio quando nel marchio entra il segno distintivo
dell’informazione (radio di musica e notizie. . . ) che si avverte
lo scarto, il giro di boa: l’informazione è divenuta un carattere importante, un punto di forza, da non guardare più con
sospetto, ma da utilizzare al pari delle altre risorse, anche come
elemento di concorrenza con le altre emittenti. I giornali radio,
ma in genere tutti gli appuntamenti informativi, aumentano di
numero, differenziandosi per collocazione oraria, durata, taglio
editoriale, scaletta, stile di conduzione; anche i momenti di parlato aumentano, sia quelli dedicati all’intrattenimento sia quelli
per l’informazione, che in molti casi convergeranno poi in un formato ibrido, fino a ridurre la musica ad una interpunzione, un
momento di pausa. Nascono, sulla scia della concorrenza con il
servizio pubblico, formati informativi specifici e dedicati, come i
notiziari economici e sportivi, e le informazioni di servizio, come
il meteo e la viabilità, in grado di completare l’offerta ed offrire
un servizio paragonabile per efficenza, puntualità e credibilità a
64
L’informazione radiofonica locale in Italia
quello delle emittenti pubbliche.
L’informazione diviene in breve il momento di massimo ascolto dell’emittente e soprattutto dove l’attenzione è più alta;
questo meccanismo induce gli inserzionisti a scegliere le fascie
pubblicitarie in testa o in coda all’evento informativo, che sono
le più remunerative per entrambe le parti, o a sponsorizzarle
dove questo è consentito7, assicurando nuovi introiti alle radio,
ma soprattutto una via per specializzarsi e distinguersi.
L’abbondanza dell’offerta, anche solo come numero di frequenze ricevibili, e la coincidenza tra l’allestimento e la diffusione8, fanno sı̀ che il prodotto radiofonico si identifichi non tanto
con il singolo programma, ma con l’interno palinsesto dell’emittente e che la radio abbia la necessità di fidelizzare al massimo
grado i propri ascoltatori, che non sono avezzi ad uno zapping di
andata e ritorno come gli spettatori televisivi. Per l’emittenza
privata è quindi necessario rendere riconoscibile in ogni momento il sound della radio, permettendo all’ascoltatore di identificare con certezza la frequenza ascoltata, un risultato involontariamente raggiunto da quelle emittenti fortemente specializzate
come Radio Radicale, Radio Maria, RadioTre, Radio Popolare,
il cui ascolto, anche per pochi secondi, tradisce la provenienza
del segnale. Oltre alle voci, ai jingle, agli spot di richiamo e alle
tante interpunzioni sonore che rendono unica un’emittente, il
riconoscimento avviene anche attraverso il contenuto veicolato,
un processo che investe in pieno l’informazione.
Nei primi anni, il giornale radio dell’emittenza privata risente
della pluridecennale esperienza rai, mutuandone lo stile e i modelli cercando di assorbirne l’ufficialità, il rigore, la credibilità,
ma anche importandone quella retorica di vecchio stampo di cui
proprio il servizio pubblico cercava di liberarsi.
È un percorso interno alle radazioni, sia locali che nazionali, at7
8
Legge 112/04, articolo 6, comma 1/a.
Qui “linkare” a paragrafo sulla produzione
65
L’informazione radiofonica locale in Italia
traverso cui le radio private, che pure erano portatrici di un tipo
di comunicazione diverso e rivolto ad un pubblico diverso, si sono
fatte sedurre dalla passione per l’ufficialità. Probabilmente questa tendenza a prendersi troppo sul serio, questa scarsa propensione alla leggerezza, altro non era che la ricerca di un punto
di riferimento, di una chiave di autorevolezza esterna (data da
una fraseologia importata) in un momento in cui era difficile
trovare un’autorevolezza interna ai contenuti, in una situazione
di scarso impiego di professionalità, di strutture e di mezzi, e
soprattutto dalla mancata indentificazione di una strada propria
dell’informazione della radio commerciale. (Scaglioni, 2002b, p
355)
Per uscire da questa impasse che rendeva i giornali radio dell’emittenza privata molto simili tra loro e copie mal riuscite di
un modello che apparteneva alla radio pubblica e che esportato
dal suo contesto perdeva ogni valore, molte emittenti potenziarono il loro servizio d’informazione, allestendo redazioni interne e reti di corrispondenti, con risultalze in già parte descritte.
Il clock delle radio assume un nuovo volto, aspettando l’appuntamento informativo e non più cendendogli mal volentieri spazio,
ogni redazione intraprende un percorso differente, scostandosi
dal modello iniziale e giungendo a soluzioni nuove, alle volte
innovative, integrate nel paradigma comunicativo dell’emittente.
Si tratta certo di un percorso lungo e costoso in termini di
risorse, che non tutte le radio locali, come si vedrà nei prossimi
capitoli, hanno potuto intraprendere, ma che, sicuramente, ha
visto rafforzarsi la posizione delle radio di respiro nazionale e
dei grandi network. Fare informazione non è più un vincolo, ma
una scelta consapevole, con un formato molto preciso e attento,
legato al target di riferimento e alle specificità dell’emittente.
Come per la musica, che da sempre ha caratterizzato e distinto
un’emittente dall’altra, anche l’informazione è valorizzata, con
66
L’informazione radiofonica locale in Italia
ampi spazi dedicati all’approfondimento e all’analisi, riconoscendo alla radio non solo la capacità di aggiornare, di fornire notizie con rapidità, ma anche quello di lavorare l’informazione e
nell’informazione in tutte le sue declinazioni.
Conclusa la fase di titubanza ed avviato il forte processo di
specificazione, alle radio non rimane che sfruttare le nuove possibilità offerte dal mercato, non tanto aumentando la propria
capacità trasmissiva, ma intessendo sinergie strategiche con altre emittenti ed altri rami dell’editoria. La legge Maccanico (cfr.
Capitolo 1) aveva aperto la strada ai grandi gruppi editoriali e
alle logiche di concentrazione ed è proprio dal 1997 che il volto
della radiofonia privata nazionale cambia sostanzialmente.
3.2.1
Gruppo Editoriale L’Espresso
Il Gruppo L’Espresso9, nasce a Roma nel 1955 con il nome
Nuove Edizioni Romane, come società editrice del settimanale
“L’L’Espresso” e conosce subito una rapida espansione con la
fondazione del quotidiano “la Repubblica” (1976) e l’acquisizione di numerose testate locali. Nel 1989 acquisisce il 50% del
capitale di Radio DeeJay, passato al 86% del 1992 e alla piena
acquisizione nel 1997. Nel 1997 viene acquisita anche Radio
Capital SpA, proprietaria del network radiofonico Radio Capital Music Network e l’anno seguente il gruppo rileva il 100% del
capitale sociale della società editrice dell’emittente radiofonica
nazionale Italia Radio, riunendo le editrici delle tre emittenti
radiofoniche in un’unica società denominata Elemedia SpA. Il
gruppo dimostra un’insolita perspicacia nella convergenza mediale: nel 2000 costituisce la società Ele tv, per la realizzazione
e lo sviluppo di canali televisivi satellitari tematici, da cui nasce
Dee Jay Tv che avvia le proprie trasmissioni; nel 2002 la cred9
Il nome Gruppo Editoriale L’Espresso, con il Gruppo CIR come azionista di maggioranza, viene assunto nel 1990 con la “spartizione di Segrate”, tra Berlusconi e De
Benedetti.
67
L’informazione radiofonica locale in Italia
ibilità dei marchi Repubblica e L’Espresso porta al successo la
biblioteca di Repubblica, con 25 milioni di libri venduti, e di
altre iniziative editoriali e culturali in abbinamento con le due
testate. Anche in campo radiofonico ci sono delle novità, con il
riposizionamento su target giovanissimi di Italia Radio10, rinominata m2o, e il consolidamento dei dettagli editoriali del progetto
di Radio Deejay e Radio Capital.
È sufficiente una breve lettura dei dati AudiRadio11 per capire
come il Gruppo L’Espresso sia riuscito a posizionare le proprie
emittenti.
Radio Deejay
Radio Capital
m2o
Giorno medio ieri Sette giorni
5.250.000
11.220.000
1.642.000
4.097.000
493.000
1.088.000
Radio Deejay è l’emittente privata più ascoltata della penisola
e, seconda solo a RadioUno, distacca di poco meno di un milione
di ascoltatori sul giorno medio RadioDue e di tre milioni sui sette
giorni. Radio Capital raccoglie gli stessi ascolti di RadioTre,
posizionandosi in coda alle prime dieci radio, mentre m2o, già
al primo rilevamento triplica (o poco meno) gli ascolti di quella
che fu Italia Radio12. Il Gruppo L’Espresso — però — non è
solo presente nei primi tre segmenti di ascolto, ma ha operato
una vera e propria diversificazione dei formati e dei pubblici,
10
Italia Radio era una radio parlata, nata nel 1988 come radio del Pci ed edita dal 1996
dalla cooperativa dei suoi giornalisti a seguito di una crisi simile a quella del quotidiano
di partito “L’Unità”.
11
I dati forniti in questa sezione si riferiscono all’indagine AudiRadio per l’anno 2003,
pur essendo disponibili i dati relativi al primo ciclo 2004 si è preferito adottare l’ultima
indagine completa; i dati relativi ai vari cicli — infatti — si discostano anche sensibilmente
tra loro e con il dato annuale, rendendoli parziali e inadatti al commento.
12
Italia Radio secondo l’ultimo rilevamneto (2001) raccoglieva 177 mila ascolti quotidiani. Nel 2002, non sono state rilevate né Italia Radio, che interrompeva le trasmissioni, né
la nascente m2o, a cui comunque AudiRadio attribusce un ascolto di 793 mila unità nel
giorno medio secondo le stile dell’indagile del 1◦ ciclo 2004.
68
L’informazione radiofonica locale in Italia
coprendo le principali fasce anagrafiche della popolazione: Radio
Capital si rivolge ad un pubblico compreso tra i 25 e i 40 anni,
Radio Deejay ai giovani tra i 20 e i 30 anni, mentre m2o è una
radio per giovanissimi e adolescenti.
Il Gruppo L’Espresso opera una forte sinergia tra le proprie
testate, soprattutto veicolando contenuti su media differenti ed
operando uno scambio costante che si traduce in un dialogo intensissimo ed un forte rimando interno alla propria rete. Le
testate si pubblicizzano a vicenda, si “prestano” le firme e i personaggi più noti, operano in sintonia e senza eccessiva concorrenza interna, mentre il marchio “L’Espresso” rimane sullo sfondo,
come un bollino di garanzia, ma senza mai intaccare l’identità
specifica e molto ben delineata che ogni prodotto editoriale ha
raggiunto. È in questa logica che si innesta la necessità di rinnovare Italia Radio, che per molti versi era simile a Radio Capital e
per altro si trascinava dal passato una marcata identità estranea
alla linea editoriale del gruppo, e la fondazione di m2o, la prima
emittente a rivolgersi ad un pubblico cosı̀ giovane.
La sinergia non si limita però ai contenuti e alle risorse, ma
si estende soprattutto alla pubblicità. Già dalla fine degli anni
Settanta, il Gruppo L’Espresso affida la raccolta pubblicitaria ad
una sola concessionaria, “Manzoni & C.”, posseduta pariteticamente con l’Arnoldo Mondadori Editore Spa, e acquisita completamente nel 1992. Con una sola concessionaria, e di proprietà,
il gruppo è in grado di offrire ai propri inserizionisti pacchetti
integrati tra quotidiani, settimanali, radio e Internet, riuscendo
a massimizzare i profitti e a scalzare molta parte della concorrenza, che con poche risorse non può competere con una simile
offerta.
Per quanto riguarda l’informazione, che è l’occupazione principale del gruppo, le tre emittenti presentano un equilibrio molto
più marcato di quello visto per RadioRai. L’emittente più giovane, m2o, trasmette solo due notiziari, alle 9:00 e alle 11:00 di
69
L’informazione radiofonica locale in Italia
ogni giorno. Radio Deejay ha, nei giorni feriali, sette edizioni
tra le 7:00 e le 20:00 (una in più di RadioTre), con una diminuzione sostanziale nel fine settimana. Classi e Notizie è invece
lo slogan di Radio Capital, che assicura un notiziario ogni ora
tra le 7:00 e le 23:00, due sportivi e cinque appuntamenti con il
meteo.
In ambito radiofonico, cosı̀ come per le altre iniziative editoriali, il Gruppo L’Espresso è quindi riuscito ad operare una forte
diversificazione tra le emittenti, permettendo una più incisiva
penetrazione del mercato e meglio distribuendo gli inserizionisti
pubblicitari.
3.2.2
Radio24 — Il sole 24 Ore
Nonostante sia nata il 4 novembre del 199913 e abbia ormai
raggiunto una discreta notorietà, Radio24, emittente del quotidiano economico “Il Sole 24 Ore”, rapprensenta ancora un’importante novità nel panorama radiofonico italiano, trattandosi
del primo canale nazionale in fm dedicato all’informazione. Le
persone che danno vita alla radio sono tutte giovanissime e lo
stesso direttore, Elia Zamboni, che guida l’emittente fin dal primo giorno, non ha alcuna esperienza di radiofonia, eppure il progetto è fortemente innovativo e dotato da subito di una spiccata
personalità. Si tratta di una radicale innovazione di prodotto,
in un mercato, come quello italiano, dove fare radio ha quasi
sempre coinciso con la musica e l’intrattenimento.
Radio24 ha l’indiscusso merito di aver riscoperto la radio
come vero mezzo di informazione e non solo di evasione e divertimento e — soprattutto — di averlo proposto al di fuori dei
circuiti di controinformazione, di movimento o di causa politica, ma direttamente al centro dei media mainstream, rendendosi
13
Radio24 nasce in join venture con la concessionaria sper e dal 2001 è di sola proprietà
del quotidiano “Il Sole 24 Ore”.
70
L’informazione radiofonica locale in Italia
concorrenziale con le grandi radio nazionali. Il progetto è frutto della volontà del quotidiano “Il Sole 24 Ore” di estendere il
proprio marchio in diversi settori dei media e non sempre come
le medesime finalità; al quotidiano oggi fanno capo un sito web,
che non è solo riproposizione dei contenuti cartacei, ma una vera
e propria divisione capace di ingenerare introiti e servizi innovativi, “24 Ore tv”, un emittente televisiva satellitare, e, appunto,
Radio24.
Al centro del progetto editoriale c’é proprio l’informazione,
intesa come racconto del reale e non limitata alle sole notizie
economiche. È un processo questo che prende il largo proprio a
partire dall’emittente radiofonica, che con il suo format talk &
news abbraccia molti argomenti differenti; non a caso lo slogan
della radio recita “Parla di tutto. Parla sempre”, come a dire
che la radio, pur portando seco il suffisso “Il Sole 24 Ore”, che
è nient’altro che l’indice di un rapporto stretto con la competenza e l’autorevolezza delle firme del quotidiano, è un prodotto
editoriale differente, in grado di interessare anche altre fascie di
pubblico.
Il milione di ascoltatori quotidiani nel primo anno14, saliti
ad un milione e seicentomila nel 2003, è indice che la radio ha
saputo coinvolgere una parte di pubblico estranea ai lettori de
“Il Sole 24 Ore”, continuando la propria esperienza e al contempo operando qualche trasformazione per emancipare l’emittente, senza tuttavia tradire l’eridità, dalla sua originaria e forse
fraintesa connotazione.
Radio24 si presenta come una radio parlata, con un clock
molto rigido e in parte simile a quello di France Info, l’emittente
pubblica francese dedicata all’informazione. Salvo che nella fascia serale, che allenta un poco il ritmo, la musica ha uno spazio
ridotto e una funzione di accompagnamento o d’intermezzo, le
edizioni del notiziario Gr24 sono invece 48, una per ogni mezz’o14
Indagine Audiradio anno 2000
71
L’informazione radiofonica locale in Italia
ra, con un format molto curato ed efficace, inoltre 24 edizioni del
notiziario econominico-finanziario in onda al 24◦ minuto di ogni
ora. Sempre ogni mezz’ora, Via Libera, le informazioni sul traffico, treni, aerei e traghetti, e inoltre la situazione metereologica
con Meteo 24. Gli spazi per l’approfondimento sono organizzati in trasmissioni e rubriche inserite rigidamente nel palinsesto,
che trattano moltissimi argomenti dalla cronaca, all’economia,
alla cultura, all’arte, alla musica, sempre con una “missione”
informativa ed un taglio pulito.
I tempi di affermazione della radio sono più lunghi e difficili
da decifrare rispetto ad altri media, per la natura della fruizione,
in primo luogo, che è fatta di appuntamenti ed occasioni, e per
i sistemi di rilevamento, che non sono né precisi né puntuali.
Radio24 — però — ha sicuramente saputo ben interpretare il
mercato italiano, collocandosi in una tra le pochissime posizioni
vacanti e, in un certo senso, realizzando quello che il servizio
pubblico manca da tanti anni. Gli ascolti e la raccolta pubblicitaria, anche qui operata in sinergia con gli altri media del gruppo attraverso la concessionaria di proprietà “Sole 24 Ore S.p.A.
System Comunicazione Pubblicitaria”, similmente a quanto visto per il “Gruppo L’Espresso”, sembrano dar ragione a questa
scelta e a dimostrare che l’informazione via radio è una forma di
radio sana e in grado di essere concorrenziale, tuttavia rimane
da dire che Radio24 gode di una posizione invidiabile e che senza termini di paragone, ovvero di concorrenti diretti, è difficile
valutarne risultati e prospettive, forse inficiate da una identità,
quella di radio economico-finanziaria, che non le appartiene, ma
di cui è difficile sbarazzarsi.
3.2.3
Le altre grandi
Ovviamente, “Gruppo L’Espresso” e “Il Sole 24 Ore” non
esauriscono il panorama dell’emittenza nazionale legata ai gran72
L’informazione radiofonica locale in Italia
di gruppi industriale, seppure rappresentano forse i casi più eclatanti ed interessanti ai fini di questa ricerca. Proprio in questi
mesi, successivamente all’approvazione della legge Gasparri, il
mondo della radiofonia è in grande agitazione, per la scomparsa
dei tetti di acquisizione e le opportunità offerte dall’integrazione
dei vari media sotto una sola proprietà. Anche “La Stampa”
sembra muovere i primi passi nel mondo della radiofonia, nel
maggio del 2004, infatti, “eti SpA”, editore del giornale, ha
acquisito il capitale di maggioranza di bmi, società genovese
che edita Radio Nostalgia, emittente diffusa in tutta la Liguria.
Non si sottrae neppure Fininvest, fino ad oggi impossibilitata
a muoversi nel mercato radiofonico, che secondo indiscrezioni 15
avrebbe puntato alle radio del gruppo Finelco, che possiede Radio 105, Radio Monte Carlo e Radio 101, rappresentando il
terzo bacino d’utenza con i suo seimilioni e quattrocentomila
ascoltatori complessivi16.
Si tratta comunque di scenari futuri, prevedibili, ma utili
soltanto per uno sguardo al futuro. In Italia oggi esistono dodici
operatori principali a livello nazionale, di cui solo cique, compreso il servizio pubblico e con due eccezioni che saranno oggetto del
prossimo paragrafo, fanno in tutto o in parte dell’informazione
una cifra distintiva. Il resto, si rivolge per lo più ad un pubblico
di giovani e utilizza l’informazione come contenuto accessorio,
spesso acquistato all’esterno.
15
Il Biscione a caccia di frequenze radio, in altreconomie, n. 52, luglio 2004.
L’eventuale acquisto del gruppo radiofonico Finelco completerebbe il quadro nel settore dei media per l’universo Fininvest, la finanziaria di Silvio Berluscono, oggi composto
di Mediaset (Canale 5, Italia Uno, Rete 4), Milan calcio, Teatro Manzoni, Editrice Mondadori, Pagine Italia, Mediolanum, Medusa, a cui si aggiungerebbero le tre emittenti citate. Dal 2011, inoltre, Fininvest potrebbe operare anche nel campo della carta stampata,
acquisendo testate quotidiane.
16
73
L’informazione radiofonica locale in Italia
3.3
Le eccezioni
Se l’offerta delle radio nazionali italiane è prevalentemente
rivolta a giovanissimi, ai giovani e giovani adulti a cui propone
formati musicali sempre meglio differenziati, e se nuovi formati
si stanno affermando parallelamente alla curva demografica del
bacino d’ascolto, in Italia esistono almeno due forti eccezioni,
che potrebbero essere estese a tre con un piccolo cortocircuito
logico.
3.3.1
Radio Radicale
Radio Radicale è ospitata in un palazzone di sei piani nei
pressi della Stazione Termini, a Roma; gli studi della radio occupano il quinto piano, il quarto è adibito ad uffici, nell’ultimo si trovano le attrezzature informatiche e di trasmissione. Il
resto del palazzo contiene musicassette. Radio Radicale nasce
nel 1976 e da allora l’emittente ha conservato la registrazione di
tutto il materiale, quello andato in onda e il tanto mai trasmesso, per un totale ipotetico di un milione e mezzo di ore, forse
qualcosa di più. Nel piano interrato una macchina gigantesca
prende due nastri per volta e li riversa nei server della radio,
un meccanismo automatico che finirà di digitalizzare l’archivio in una decina d’anni. Nella moltitudine di voci e suoni che
l’archivio contiene non si trova traccia di un solo brano musicale, con l’esclusione di qualche sporadico requiem che l’emittente trasmette esclusivamente, e neppure come regola, nelle
pause tecniche.
Anche da questa irrituale descrizione si può supporre facilmente che Radio Radicale sia un tipo di emittente unico e fortemente diverso dal resto dei “concorrenti”. Fondata dal Partito
Radicale come voce del partito stesso, si caratterizza subito per
gli interminabili dibattiti, le lunghe trasmissioni in diretta delle
74
L’informazione radiofonica locale in Italia
sedute parlamantari e di altri eventi politici; un tipo di palinsesto economicamente insostenibile, vista la completa asseza di
pubblicità, anche per un organo politico soggetto a finanziamenti statali. Nel 1986, a soli cinque anni dalla costituzione della
rete nazionale che permetterà l’ascolto dell’emittente in tutta
Italia, la radio viene percossa da una forte crisi economica a cui
risponde, con la tipica forza polemica che caratterizza il partito,
collegando i microfoni alla segreteria telefonica (sarebbe più corretto dire le segreterie, anch’esse conservate in una stanza della
radio come una sorta di mausoleo e tutt’ora funzionanti), dove
arrivato “telefonate di insulti, oscenità, proclami politici, accanto a messaggi di ogni genere: una negazione provocatoria delle
convenzioni del mezzo, un rovesciamento improvviso del canale
comunicativo” (Menduni, 2001, p. 209).
Dall’anno seguente verranno approvate una serie di leggi a
sostegno dell’emittente, tra cui la 230/90, del 7 agosto 1990,
il giorno successivo all’approvazione della Legge Mammı̀, che
stanzia un contributo annuo alle “imprese radiofoniche private
che abbiano svolto attività di informazione di interesse generale.
Oggi Radio Radicale svolge un’attività d’informazione politica pari a nessun’altra esperienza italiana, non solo trasmettendo
le sedute parlamentari, i convegni e le tante iniziative politiche,
ma anche con lunghi dibattiti in studio e le ampie rassegne stampa, seguite dai politici di tutti gli schieramenti. L’offerta informativa della radio è però monotematica, non c’é spazio né per
la cronaca, né per la cultura, il traffico, il meteo e tanto meno
lo sport. Un impegno che si traduce anche attraverso Internet,
dove la radio è posizionata con uno dei siti più completi e innovativi del settore di riferimento, accesso preferenziale agli archivi
in una logica di narrowcasting.
Per quanto riguarda gli ascolti, Radio Radicale raccoglie circa
mezzo milione di contatti sul giorno medio e un milione e mezzo
sui sette giorni, posizionandosi accanto ad m2o, emittente del
75
L’informazione radiofonica locale in Italia
“Gruppo L’Espresso”, rivolta ad un target opposto.
3.3.2
Radio Maria
Radio Maria è un’emittente nazionale con concessione comunitaria ed è una radio di preghiera, ma nonostante questo i suoi
ascolti la collocano tra le prime dieci emittenti. Si tratta di
un’eccezione, che ha il sapore del “miracolo”, perché ad una prima analisi sembrerebbe una radio fuori da qualsiasi possibilità
di classifica.
La novità che Radio Maria, nata nel 1983, ha portato nel
panorama radiofonico cattolico è l’uso dell’etere per una finalità
di evangelizzazione sistematica. Il palinsesto prevede otto ore
di preghiera su ventiquattro. Si tratta della preghiera della
Chiesa: S. Messa e Liturgia delle ore innanzi tutto, ma anche
delle preghiere del buon cristiano al mattino e alla sera e del S.
Rosario. Solo una piccola parte della preghiera viene animata
dagli studi radiofonici. Infatti la S. Messa e la Liturgia delle
ore viene trasmessa, grazie a una rete capillare di ottanta studi
mobili, dalle parrocchie, monasteri e comunità religiose (anche
dagli ospedali, carceri, caserme), disseminati in tutta Italia. Ogni studio mobile è condotto da più volontari e serve anche per
le varie trasmissioni previste dal palinsesto.
Alle tematiche religiose e di promozione umana vengono dedicate dodici ore giornaliere. Vescovi, sacerdoti e laici (una sessantina di persone in tutto) propongono l’intero panorama della
dottrina cristiana, sia con corsi di alta specializzazione, sia con
conversazioni di interesse generale, dando vita ad una sorta di
grande università religiosa popolare dell’etere. Il quadro culturale è completato da trasmissioni riguardanti l’educazione, la
famiglia, la medicina e problematiche sociali di attualità. Tipico
di Radio Maria è di dedicare circa la metà di ogni trasmissione
al dialogo col pubblico, che può intervenire via telefonica.
76
L’informazione radiofonica locale in Italia
All’informazione vengono dedicate due ore giornaliere e
prevede fra l’altro un proprio notiziario e la trasmissione del
radio giornale vaticano. Il palinsesto è completato da due ore
quotidiane di intrattenimento.
La scelta dei conduttori tiene conto innanzi tutto della fede
personale e della preparazione culturale specifica, unite alla capacità di comunicare in un modo semplice e chiaro. Radio Maria
fa esplicito riferimento all’insegnamento dottrinale ed alla linea
pastorale della S. Sede, a cui tutti i programmi si devono ispirare.
Radio Maria oggi possiede circa ottocento ripetitori, il che
le permette una diffusione paragonabile a quella della rai e comunque di gran lunga superiore a qualsiasi emittente privata;
non solo, sulla scia di Radio Maria sono nate emittenti “sorelle”
in tutto il mondo, ad oggi una trentina. Per mantenere questa struttura, l’emittente conta soltanto sulla benevolenza degli
ascoltatori, che sottoscrivono un contributo. Nel palinsesto non
è presente infatti un solo minuto di pubblicità, con l’amarezza
degli inserzionisti che sfrutterebbo volentieri il milione e mezzo
di fedelissimi che la radio riesce a riunire ogni giorno.
3.3.3
Popolare Network
Per parlare di Popolare Network in questa sede è necessario,
come anticipato, un piccolo cortocircuito logico. Popolare Network, infatti, non è un’emittente nazionale, non è una radio
politica o di partito o religiosa o comunitaria, non è proprietà di
un gruppo editoriale, non riceve agevolazioni dallo Stato, se non
in misura eguale a moltissime altre emittenti, non è una superstation e infine, forse, anche l’accezione di emittente radiofonica
non è perferttamente aderente.
Nelle indagini Audiradio, Popolare Network è indicata con
un doppio nome: “Radio Popolare / Popolare Network” ed è
proprio in questa doppia indicazione che si nasconde il trucco:
77
L’informazione radiofonica locale in Italia
Popolare Network è un network di radio, che trasmettono, secondo quanto previsto per legge, un certo numero di ore insieme.
In Italia ci sono tanti altri network di radio, eppure a Popolare
Network ci si riferisce come fosse un’emittente, con caratteristiche e finalità proprie, con una propria posizione all’interno
delle classifiche Audiradio. Perché? Fondamentalmente perché
Popolare Network condivide con le consociate l’informazione.
Attualmente le radio del network fanno parte ventuno emittenti: Radio Popolare di Milano, Radio Lanterna di Genova, Radio bbs di Roma (attualmente spenta), Radio Flash Orizzonte di
Tornino, Radio Gold di Alessandria, Radio Popolare di Verona,
Radio Base di Venezia, Radio Città del Capo di Bologna, Controradio di Bari, Controradio di Firenze, Radio Wave di Arezzo,
Contattoradio di Massa Carrara, Radio Città di Pescara, Radio
Fragola di Trieste, Primavera Radio di Taranto, Radio Tandem
di Bolzano, Radio Roccella Jonica, mep Radio di Rieti, Radio Dimensione Musica di Porretta Terme, Radio 106 di Reggio
Emilia, Radio Video Scicli di Scicli.
L’informazione è ciò che lega queste emittenti, esse infatti
trasmetto i giornali radio di Popolare Network, assicurando nel
complessivo una copertura per più della metà della penisola, ma
con evidenti carenze a Roma e a Napoli e al sud. Tuttavia, Popolare Network, che nasce nel 1990 a seguito della Legge Mammı̀,
ha una salute forte ed in crescita. L’offerta informativa non è
limitata solo ai giornali radio, che hanno tra brevi e lunghi quattordici edizioni quotidiane, ad essi si affiancano la rassegna stampa nazionale, alcuni programmi musicali e, quando necessario,
delle lunghe dirette di eventi culturali o politici.
La totalità della produzione è localizzata a Milano, negli studi di Radio Popolare, l’emittente capofila, mentre le associate,
attraverso un sistema satellitare ricevono il segnale in diretta e
lo diffondono nel proprio bacino d’utenza, partecipando alla produzione con servizi occasionali, oppure a rotazione in particolari
78
L’informazione radiofonica locale in Italia
momenti, come la ressagna stampa nazionale della domenica.
Le emittenti del network sono legate alla capofila con una scrittura privata, in cui si impegnano a trasmettere i giornali radio e
che dà loro diritto a ricevere una percentuale sugli introiti delle
inserzioni pubblicitarie poste in testa e in coda all’evento informativo, percentuale che cambia a seconda della copertura e del
numero di ascoltatori di ogni emittente17.
Popolare Network offre alle emittenti un prodotto di grande
qualità, con un taglio editoriale preciso e un carattere forte,
ovvero offre un tipo d’informazione nazionale che le agenzie radiofoniche (cfr. 4.2) non sono, per le loro caratteristiche intrinsece, in grado di gestire: questa particolarità pone il network
come un soggetto autonomo e non una semplice sommatoria di
segnali ripetuti senza senso critico. Nel capitolo dedicato a Radio Città del Capo di Bologna (cfr. 6) sarà chiaro come il giro di
boe fissato dai giornali radio influenzi il palinsesto di ogni singola emittente, ma anche come ogni radio associata mantenga
un canale aperto e dialogico con la capofila, e come il “prodotto” Popolare Network sia il frutto di una collaborazione estesa
e costante.
17
Questi criteri di distribuizione dell’utile, secondo quanto afferma Danilo De Biasio,
direttore di Popolare Network, intervistato per questo lavoro, sono destinati a cambiare,
prima di tutto per l’effettiva impossibilità di molte associate di dimostrare la quantità del
proprio ascolto.
79
Capitolo 4
Economia dell’informazione
locale
Rispetto a quanto visto per l’emittenza nazionale, l’informazione in ambito locale richiede un ulteriore strato di approfondimento, le considerazione fatte in quella sede, infatti, non
possono essere trasferite sulla radiofonia locale senza un adeguato aggiustamento. I tempi di sviluppo e di affermazione, le
dimensioni, le economie e le norme legislative che regolano il
fenomeno differiscono sostanzialmente, cosı̀ i protagonisti, certamente più numerosi e vari. Nella radiofonia locale, inoltre, è
assente il servizio pubblico, incapace di una vera informazione
regionale, e tutti i termini di paragone e confronto sono ridotti
all’insieme dell’emittenza privata.
Nel secondo capitolo si è accennato al fatto che nel passaggio
tra la stagione delle radio libere e lo strutturarsi dell’industria
radiofonica, è il modello delle radio “nastroteca” ad affermarsi
con maggior forza rispetto a quello delle radio “politicizzate”,
legate generalmente ai movimenti della sinistra politica, eppure
è proprio in quest’ultimo modello, che non è affatto scomparso
e, seppure numericamente ridotto, continua a sopravvivere in alcune esperienze radiofoniche particolari, che nasce, in una forma
primordiale, l’informazione radiofonica locale. L’immediata esigenza comunicativa di questi piccoli gruppi e la portata limitata
80
L’informazione radiofonica locale in Italia
del segnale favoriscono un tipo di comunicazione legata al territorio e che nel territorio trova i primi consensi e le risorse per
proseguire, un’informazione necessariamente diversa da quella
operata allora dal servizio pubblico o dalle testate quotidiane e
che traduce questo scarto nella fondazione di un genere proprio,
inedito e tutt’ora esistente.
L’informazione come genere, comunque, si afferma lentamente anche tra le radio locali per ragioni simili a quelle viste per
l’emittenza nazionale; non è però possibile elencare i singoli casi,
o rintracciare con sicurezza primogeniture1, poiché la dimensione
caotica dell’industria radiofonica locale e l’assenza di materiale
documentale certo, cosı̀ come di fonti bibliografiche aggiornate
ed esaustive, rendono ardua la ricerca, resa ancor più difficoltosa
dalla scomparsa di molte emittenti2. L’informazione è avvertita
come la parte più delicata dell’intero palinsesto, poiché richiede
risorse ingenti ed un alto valore professionale, è quindi chiaro
che il primo approccio sia più che cauto. Quelle radio che fin
dall’inzio dimostrano una forte propensione verso l’informazione
cercano di supplire alla carenza professionale coinvolgendo i giornalisti della carta stampata che, messo il loro ruolo, si dedicano
ad una nuova esperienza comunicativa, oppure si affidano a modelli radiofonici innovativi, cercando le informazioni tra i propri
ascoltatori e lasciando i microfoni ad una moltitudine di voci.
Si tratta, è chiaro, di esperienze amatoriali, non strutturate
in un vero progetto e che mutano continuamente, con differenze
anche notevoli, tra una radio e l’altra. L’informazione è vissuta
non come un prodotto della radio, rispondente alle logiche edi1
Durante le numerose interviste a mezzo Internet condotte per questo lavoro, i cui
risultati sono raccolti in appendice, è stato possibile rintracciare Radio Valle Camonica,
una piccolissima emittente che trasmette dalla provincia di Brescia e che si definisce la
prima emittente pirata, libera e d’informazione. In effetti la data di inizio trasmissioni, 7
novembre 1974, documentata da ritagli di stampa quotidiana, sembrerebbe darle ragione.
2
Il carattere amatoriale di molte esperienze impedisce oggi di ricostruire una cronologia
certa o più semplicemente di elencare i protagonisti. Nel corso degli anni molte emittenti
sono scomparse senza lasciare altra traccia che un labile ricordo.
81
L’informazione radiofonica locale in Italia
toriali e di mercato, ma come una missione, un diritto e un dovere della comunità di riferimento. Almeno fino all’approvazione
della legge Mammı̀.
4.1
L’informazione come scelta (obbligata)
La legge Mammı̀ prevede un vincolo molto preciso per le
concessioni locali: gli operatori sono tenuti a dedicare il venti
per cento della propria programmazione settimanale3 all’informazione locale o comunque a programmi legati alla realtà locale
che non abbiano carattere commerciale, percentuale che sale al
cinquanta per cento se la concessione è di tipo comunitario. Si
tratta di una novità importante per le radio locali, poiché la
legge impone di dedicare ampio spazio all’informazione anche a
quelle radio che avevano fatto della musica e dell’intrattenimento
disimpegnato l’unico contenuto delle proprie trasmissioni, obbligandole a trovare in breve tempo il modo di produrre o reperire
contenuti informativi.
L’informazie si rivela subito un prodotto molto costoso, per le
professionalità e le strutture che richiede e per la tipologia delle
trasmissioni, non immediatamente remunerative e che chiedeno
all’emittente un forte impegno editoriale, ragioni per cui la maggior parte delle radio locali si era tenuta, fino ad allora, lontana
dall’informazione. Produrre informazione, infatti, richiede alla
radio l’uso della quasi totalità delle risorse, rendendo un esercio
già economicamente provato ancor meno remunerativo. Molte
emittenti decidono di consorziarsi, altre di acquistare gli spazi
informativi, in tutto o in parte, da terzi, ovvero da agenzie radiofoniche che, parimenti alle agenzie di stampa, preparano servizi
o interi notiziari che poi l’emittente trasmette sulle proprie frequenze; altre emittenti seguono una strada ibrida, altre ancora,
3
La legge indica in 64 le ore di programmazione minima che un’emittente deve
trasmettere nei sette giorni.
82
L’informazione radiofonica locale in Italia
invece, decidono di arricchire ancor di più la propria offerta informativa, producendola direttamente con enormi sforzi economici
e organizzativi, e di farne cifra distintiva del palinsesto.
Si assiste, anche tra le radio locali, ad un fenomeno di specializzazione, qui ancor più visibile e netto, visto il legame stretto,
se non esclusivo, con il territorio, e alla nascita di fenomeni unici, altrove irripetibili. Accanto alle radio “politicizzate”, ovvero
vicine alle forze politiche, anche se sempre più spesso collocate
in una zona franca critica ed indipendente, nascono le radio
sportive, come Rete Sport, emittente del “Gruppo Roma Radio”, legata all’indotto che il gioco del calcio crea nel Lazio e
soprattutto nella città di Roma, e altre numerose esperienze
legate ad ambienti specifici e locali, che rendono queste emittenti il più delle volte inclassificabili, visto che si articolano su
particolarimi e regionalismi unici.
Sul fronte dei contenuti, le radio locali operano una forte
specializzazione che differenzia la loro offerta in modo netto da
quella dell’emittenza nazionale. In primo luogo, vista la ridotta
dimensione del bacino d’utenza, è possibile occuparsi di molti argomenti e concedere molto più spazio all’approfondimento; i notiziari locali si caratterizzano per l’esclusione dalle loro “pagine”
di argomenti quali la cultura e lo sport, che sono trattati in
trasmissioni dedicate, e per l’assenza di informazioni sui mercati azionari, dedicando, invece, ampio spazio alla cronaca e alla politica. Nasce anche una dicotomia visibile tra informazione
locale e non locale, con notiziari e momenti informativi dedicati
ad una o all’altra, come si vedrà nel prossimo paragrafo. Una
separazione che, ora netta, ora meno mercata, è percepibile anche a livello produttivo e che si avvale di strategie economiche
alle volte opposte.
Nonostante l’ampio spazio che queste emittenti devono dedicare all’informazione, sono poche tra le radio locali quelle che
fanno dell’informazione il principale contenuto, tutte le altre
83
L’informazione radiofonica locale in Italia
continuano a proporre un palinsesto di musica e parole, delegando all’esterno la produzione dei propri notiziari e trasmettendoli
con sufficiente sopportazione. Anche tra le emittenti che fanno dell’informazione un carattere peculiare è comunque difficile
individuare modelli di comportamento e di palinsesto o tratti
comuni, poiché ogni radio vive di una vita propria, nasce da
esperienze e da opportunità differenti e sopravvive all’interno
di una economia microspopica, simbiotica con il territorio ove
opera. Le radio locali d’informazione hanno però in comune
l’informazione come scelta: contrariamente a quanto visto per
le radio nazionali, non si tratta qui, se non marginalmente, di
occupare una fetta di mercato vergine e collocarsi distintamente
tra le concorrenti; la dimensione ridotta delle economie, infatti, non permette qui di utilizzare l’informazione come esca per
reperire risorse pubblicitarie, è piuttosto la scelta di operare
come servizio sul proprio territorio e sostituirsi, a costo di grandi
sacrifici, al servizio pubblico: parlare all’ascoltatore del mondo
microscopico dove vive e iscrivervi i grandi fatti non locali.
4.2
Trasmettere informazione
Fare informazione per una radio locale non significa solo dare
le notizie cosı̀ come giungono in redazione, esse sono frutto di un
lungo processo produttivo che si traduce, infine, nella struttura
del palinsesto e dei programmi che lo compongono. Il palinsesto di una emittente è la sua immagine, il paradigma della sua
attività, è quindi molto importante soffermarsi e capire come
l’informazione agisce a livello di programmazione nell’arco della
giornata e della settimana, le unità di misura temporali di qualsiasi emittente. Ancor prima di verificare il ruolo della radio nell’informazione 4 locale, la sua capacità di dare la notizia prima
4
Linkare al capitolo 4
84
L’informazione radiofonica locale in Italia
di qualsiasi altro media e capire se questo è davvero l’aspetto
più rilevante, è necessario indagare la struttura del palinsesto
per avere un dato certo su quanto l’informazione sia presente ed
avvertita dagli ascoltatori.
Il processo di specificazione ha indotto le emitteti ad articolare il proprio palinsesto in modo da renderlo immediatamente
riconoscibile per l’ascoltatore, con tanti appuntamenti fissi allo scadere di micro unità di tempo; questo indifferentemente dal
fatto che si tratti di un palinsesto a programmi, ovvero con un’alternanza di trasmissioni più o meno lunghe che non si ripetono
nell’arco della giornata, sia che si tratti di un palinsesto organizzato secondo un flusso, dove è l’unità di tempo, solitamente
l’ora, ma esistono anche casi da mezz’ora o venti minuti, a determinare la durata dei programmi, ripetuti per ogni unità di
tempo.
Il flusso è una forma organizzativa adottata dalle grandi radio nazionali o dai grandi network, poiché richiede un ritmo
produttivo sostenuto e l’impiego di diversi operatori ogni ora,
un formato solitamente estraneo nei palinsesti delle radio locali
e che vede l’informazione, come il resto della programmazione,
articolarsi come appuntamento in apertura o chiusura dell’unità
di tempo; è anche un formato difficilmente adattabile alle radio
d’informazione, poiché lascia poco spazio all’approfondimento
e al dialogo, le radio d’informazione che lo adottano, infatti,
come Radio24 (cfr. pag. 70), frammentano i programmi che
necessitano di campiture più ampie, con uno strano effetto di
disorientamento.
Il palinsesto come susseguirisi di programmi — invece — è
la forma più comune tra le radio locali e quella maggiormente
utilizzata dalle radio locali d’informazione. Le ragioni di questa
scelta sono di ordine certamente editoriale, ma anche economico:
questa forma di organizzazione del palinsesto permette infatti di
impiegare meno personale nell’unità di tempo e di riempire gli
85
L’informazione radiofonica locale in Italia
spazi vuoti e la notte, che da sola occupa un terzo della giornata, con “nastroni musicali”, lasciando all’emittente un ragionevole spazio di manovra sulla programmazione. Questo tipo di
palinsesto non ha una struttura ciclica, che permetta di inserire
appuntamenti ad una scadenza predefinita (ora, mezz’ora, quarto d’ora, ecc.), eppure, per garantirle la riconoscibilità, le radio
cercano di forzare il formato, inserendo dei break in momenti
specifici, come jingle o inserti pubblicitari.
Nelle radio locali, è proprio l’informazione da dare il ritmo a
tutto il palinsesto, rappresentando una struttura all’interno della quale inserire i programmi. Come si vedrà nell’ultimo capitolo, con l’analisi dettagliata del palinsesto di Radio Città del
Capo di Bologna, è la distribuzione dei momenti informativi nel
corso della giornata a decidere molto sulla struttura e la durata degli altri programmi. Il numero, la specificità delle radio
locali e l’irreperibilità delle informazioni, purtroppo, non permettono di tracciare un dato statistico certo, dall’analisi delle
interviste5 condotte per questo lavoro emerge però che in media vi è un affollamento di quattordici giornali radio nel giorno
medio, un numero molto alto che, considerando lo spazio temporale tra le 6:00 del mattino e le 24:00, assicura quasi un gr
ogni ora. Ed è proprio la distribuzione dei gr ad improntare
l’esoscheletro del palinsesto, una distribuzione che nel formato a
programmi non è ovviamente omogenea come avviene nel flusso
e soffre di alte concentrazioni il mattino e notevoli pause nelle
ore pomeridiane, tuttavia si tratta di un punto fisso, che articola
la programmazione e consente all’ascoltatore di orientarsi.
Il giornale radio è il format informativo più comune ed importante, è attraverso il giornale radio che l’emittente veicola la
propria immagine, esso è l’appuntamento istituzionale con l’informazione, il più riconoscibile e seguito. Tuttavia, occupa una
parte minima del tempo che le radio locali dedicano all’infor5
L’analisi dei dati raccolti è in appendice.
86
L’informazione radiofonica locale in Italia
mazione. Una fetta importante di palinsesto è occupata, invece,
da altri format informativi, che si affiancano al giornale radio per
completare l’offerta e raggiungere il monte ore minimo previsto
per legge.
Anch’essi si articolano nel palinsesto posizionandosi tra le
lunghe pause che corrono tra un gr e l’altro, approfondendone
i temi, confrontando i punti di vista o affrontando gli argomenti
che il giornale radio demanda altrove. Tra questi i formati più
comuni sono le rassegne stampa, i microfoni aperti, i dibattiti
in diretta e i contenitori, che possono riguardare qualsiasi argomento, dalla cronoca, alla politica, alla musica, alla cultura;
a questi si aggiungono altri momenti informativi, meno diffusi
o riservati a momenti particolari come le cronache in diretta di
eventi politici o culturali, e il ricorso, sempre meno frequente, di
documentari radiofonici.
Rispetto all’offerta informativa nazionale, le radio locali riescono ad operare un regime più flessibile, meno condizionato
dalle contingenze della messa in onda, che si traduce spesso nel
dilatarsi dei tempi e nella preponderanza del dibattito. Anche i contenuti dell’informazione radiofonica locale differiscono
da quelli dell’informazione nazionale, non tanto nei temi, quanto nell’approccio e nella possibilità di approfondimento, senza
la gogna di un ritmo produttivo intenso è possibile infatti affrontare più aspetti, ascoltare più voci, contingentare meno gli
interventi. Questo atteggiamento non deve però essere confuso con il dilettantismo o la chiacchiera a ruota libera, è invece
un equilibrio naturale tra tempo della messa in onda e tempo della parola, un atteggiamento che predilige l’approfondimento e lo contrappone, come contenuto e come fattore concorrenziale, all’informazione radiofonica veloce e sintetica, capace
di trasfomare un’agenzia in una notizia ancor prima di averla
contestualizzata.
Un meccanismo che si traduce parimenti anche nel trattamen87
L’informazione radiofonica locale in Italia
to dell’informazione culturale (cinema, letteratura, teatro, arti,
musica, spettacolo), ormai assenti nell’emittenza nazionale o ridotti a cronaca nomenclatoria: anche questi temi hanno il loro
spazio, quotidiano o settimanale, ed una particolare importanza
per la radio che voglia intessere un discorso concreto e multidisciplinare con il territorio. Cosı̀ come l’informazione sportiva, invece sempre presente nell’emittenza nazionale, ma qui ricondotta ad una logica più intima, specifica, articolata, capace di dare
spazio alle tifoserie, alle passioni. Ci sono poi format che sono
l’omologo delle trasmissioni di servizio dell’emittenza nazionale,
come il meteo, il traffico, l’agenda degli appuntamenti, ma estremamente più utili all’ascoltatore, perché capaci di metterlo
in connessione con il mondo immediatamente circostante.
Trasmettere informazione, per una radio locale, significa
quindi mettere in forte discussione il proprio palinsesto, riempirlo di appuntamenti, di opportunità, con l’equilibrio necessario
per rendere gradevole la fruizione ai propri ascoltatori, ma anche cercando di introdurre, e quindi interessare, nuove fasce di
pubblico. È un percorso che si avvale di tutta la storia e l’esperienza dell’emittente, ma che la disattende continuamente avendo la necessità di adattarsi alle mutate situazioni del presente.
Trasmettere informazione, per una radio locale è un percorso in
continua evoluzione.
4.3
Produrre informazione
Contrariamente a quel che accade in televisione, in radio non
esiste il concetto di magazzino da cui attingere materiali per
mandarli in onda; una volta che si è deciso di non entrare in
syndication con altre radio e acquisire da queste ore di trasmissione da intermezzare alla pubblicità, la via è segnata verso la
produzione casalinga dei prodotti. Della radio, inoltre, non fanno parte tutti quei prodotti emessi tipicamente in differita dalla
88
L’informazione radiofonica locale in Italia
televisione, come film o documentari, che, anche autoprodotti,
consentono all’emittente di riempire ampi spazi di palinsesto e
diluire il costo, sempre alto, della diretta. In radio, quello che
viene prodotto è tipicamente trasmesso in diretta o con uno scarto di pochissimi minuti e la tendenza è quella di ridurre sempre
più il ricorso alla registrazione.
Questo permette alla radio di avere un’economia più snella e
veloce, con un sistema di costi molto semplificato rispetto alla
televisione, non è necessario, infatti, per la radio aggiudicarsi
i diritti su library di programmi ed immobilizzare capitale per
prodotti non ancora trasmessi, e anche il ricorso alle esclusive
su particolari eventi, come il calcio (o lo sport in genere) ed altri
eventi culturali, è limitato e comunque materia da cui le radio
locali sono escluse.
Gli unici materiali immagazzinabili per la radio sono i brani
musicali, che solitamente un software di regia automatica si preoccupa di mettere in onda al momento giusto e secondo i criteri
di marchio dell’emittente, anche se non sono rari casi in cui la
messa in onda di musica avviene ancora manualmente, con cd
o musicassette in qualche caso. Tuttavia, la musica non rappresenta un materiale esclusivo dell’emittente e in questo caso
il fattore concorrenziale dipende esclusivamente dalla corrispondenza tra le scelte dei dj e i gusti degli ascoltatori e non da
delicati equilibri di diritti ed esclusive.
La radio, inoltre, non si nutre di se stessa. Mentre non è
inusuale per la televisione riproporre parti del proprio palinsesto,
sotto forma di replica o di amarcord, e non solo di quei prodotti
nati specificamente per la fruzione in differita, per la radio si
tratta di una modalità estremamente rara e limitata a zone ben
contestualizzate con obiettivi specifici. La notte, sull’emittenza
nazionale, esistono repliche dei programmi in onda al mattino,
ma si tratta di scelte di servizio, per dare l’occasione a chi non ha
potuto seguire l’evento in diretta di recuperarlo in differita, un
89
L’informazione radiofonica locale in Italia
consumo che avviene comunque nell’arco delle ventiquattrore e
rivolto a fasce di pubblico differenti. Anche se alcuni programmi
sono diventati storici, si prenda ad esempio “Alto Gradimento”,
la radio non s’immagina neppure di ripeterlo in onda, preferendo
veicolarlo con logiche alternative di narrowcasting.
L’ultimo vincolo che impedisce alla radio di riempire il proprio palinsesto con prodotti confezionati da terzi è la lingua:
il fatto che la radio sia esclusivamente sonora, impedisce di acquistare dall’esterero parti di programmazione, poiché il “doppiaggio” risulta impossibile, cosı̀ come la trasmissione in lingua
originale.
Ecco quindi che una radio che sceglie di produrre il proprio
palinsesto si trova ad affrontare i vincoli e i costi della produzione, particolarmente rilevanti se la radio ha una dimensione
locale ed una disponibilità economica limitata.
L’informazione rappresenta la parte più impegnativa di tutta
la produzione ed anche la più costosa, poiché richiede professionalità qualificate e molte risorse, non è infatti sufficiente la
passione o l’occasione per improvvisare un mestiere difficile come
quello del giornalista, almeno se si vogliono ottenere dei risultati
accettabili ed un prodotto che sia piatto su posizioni da tabloid,
con notizie di terza o quarta mano e prive di un preciso taglio
editoriale.
Come si è visto nei paragrafi precedenti, l’offerta informativa
di una radio locale è piuttosto ampia e si articola su formati e
momenti differenti, diversificando ed ampliando i temi. Questo
comporta per l’emittente l’impiego costante di un discreto numero di giornalisti, conduttori e tecnici, ed un ritmo produttivo
molto serrato. Ci sono, come si è più volte affermato, differenze
notevoli tra un’emittente e l’altra, tuttavia è facile comprendere quanto sia oneroso per un’emittente locale produrre informazione, un prodotto editoriale ad altissimo costo anche per
le grandi radio e che in questa scala di valori si fa ancor più
90
L’informazione radiofonica locale in Italia
presente.
I costi vivi della produzione sono soprattutto rappresentati
dai giornalisti impiegati (cfr. 4.4), ovvero dai loro stipendi. Seppure molte realtà operino in regime di volontariato o di remunerazioni poco più che simboliche, per ottenere un prodotto di buon
livello ed uscire dalla logica del dilettantismo, molte radio locali
d’informazione hanno avvertito la necessità di una redazione interna qualifica ed in grado di svolgere la professione giornalistica
nel contesto territoriale dell’emittente, assumendo personale con
varie formule di contratto. I giornalisti, contrariamente ai conduttori, lavorano in gruppo e sono impiegati per tutto il giorno,
producendo ciascuno un tempo molto limitato di radio, il che li
rende una categoria particolarmente costosa.
Gli stipendi assorbono una cospicua parte delle risorse, ma
da soli non sarebbero in grado di rendere tanto critico il bilancio, ad essi, però, vanno aggiunti altri costi diretti, che possono essere identificati negli strumenti (cfr. 4.5) necessari all’informazione: spese telefoniche, spostamenti, attrezzature informatiche, materiali di consumo, connettività, software per
l’elaborazione dell’audio.
Anche le fonti hanno un loro costo, di contatto e d’impegno
quelle umane, di licenza quelle informatiche. Un abbonamento
annuale all’agenzia giornalistica ansa, per esempio, utilizzabile
da un solo operatore per volta e legato ad un computer specifico, costa ad una piccola emittente dodicimila Euro all’anno,
ovvero quanto e più di uno stipendio medio per lo stesso periodo. Le radio locali d’informazione hanno però la necessità di
fruire di fonti d’agenzia anche a livello locale e quasi sempre ad
una agenzia nazionale è affiancata un’agenzia locale, quindi un
doppio abbonamento.
Vi sono differenze notevoli tra le emittenti che fanno dell’informazione la principale attività e quelle il cui obiettivo è raggiungere i limiti di legge per continuare la propria attività im91
L’informazione radiofonica locale in Italia
prenditoriale, tuttavia qualsiasi emittente ha nell’informazione
una voce di bilancio cospicua, un problema quindi che si estende
quasi indifferentemente a tutto il settore. La cosı̀ detta “Legge
dell’Editoria” (Legge n. 62 del 7 marzo 2001), anch’essa molto
discussa, soprattutto in merito alla definizione di “prodotto editoriale” che per qualche mese fece temere agli editori amatoriali,
specie quelli telematici, una interpretazione troppo severa, contribuisce in forme molto diverse al sostegno dell’informazione radiofonica locale, con rimborsi, ad esempio, anche del cinquanta
per cento sul consumo elettrico e sulla telefonia fissa, connettività esclusa, o con altre forme di rimborso che rendono molto
più conveniente acquistare da terzi prodotti informativi già confezionati, piuttosto che produrli. La legge, infatti, prevede per
quelle radio locali, commerciali o comunitarie, che facciano tra
le 7 e le 20 il 15% di programmi informativi, il rimborso dell’80% dei costi sostenuti per abbonarsi a due agenzie di stampa
radiofonica, numero che sale a tre e si estente al 50% del costo
dei satelliti se i programmi informativi occupano almeno il 25%
della programmazione negli orari suddetti.
Costi e agevolazioni sono le principali ragioni per cui le radio
scelgono di acquistare da terze parti l’informazione da trasmettere, ovvero di avvalersi della collaborazione di agenzie radiofoniche esterne che confezionano giornali radio, e altri prodotti,
pronti per essere trasmessi. All’indomani dell’approvazione della legge Mammı̀ le agenzie radiofoniche rafforzano la propria
attività, distribuendo il loro prodotto a moltissime emittenti.
Le agenzie radiofoniche sono agenzie di stampa che producono notiziari radiofonici, distribuendoli attraverso diversi
canali alle affiliate che usufriscono del servizio, solitamente esse
supplisco in tutto o in parte alle redazioni interne delle radio,
fornendo ad esse notiziari completi, che l’emittente trasmette
cosı̀ come vengono prodotti, oppure singoli servizi, che le singole
emittenti integrano all’interno dei propri notiziari. Molte delle
92
L’informazione radiofonica locale in Italia
agenzie forniscono un servizio globale, su tutti gli ambiti dell’informazione, mentre altre, sempre più numerose, si specializzano
in particolati settori, come Radio Traffic, la cui redazione realizza notiziari sul traffico, o News World, che produce prevalentemente servizi su eventi come Sanremo, Festival Bar, o Disco per
l’Estate. Negli ultimi anni, la presenza di agenzie radiofoniche
si è rapidamente moltiplicata, soprattutto per effetto della legge
sull’editoria (cfr. p. 92) che permette sostanziosi rimborsi per
quelle radio che trasmettono qualche ora diurna d’informazione;
accanto alle agenzie più grandi ne stanno nascendo, infatti, altre, più piccole, di dimensione locale, in grado di offrire servizi
alle radio di una provincia o di una regione.
Tra le agenzie più strutturate c’é sicuramente Area, nata nel
1984, e che oggi serve 140 radio con una delle sue linee informative, programmate al punto ora, alla mezz’ora e al quaranticinquesimo minuto; non si tratta di repliche, ma di tre linee di news
con caratteristiche, durata e costi differenti, in modo che ciascuna delle affiliate possa scegliere la migliore soluzione. Area,
inoltre, produce un quarto notiziario, irradiato all’inizio dell’ora
e specificamente dedicato alle radio del circuito Nove Nove Area
News. Dedicare un prodotto ad una radio o ad un circuito di
radio specifico non è un’esclusiva di Area, anche Italia Press,
ad esempio, ha una linea di notiziari prodotti sulle specifiche
esigenze di Kiss Kiss Network.
Kiss Kiss Network nell’estate del 2001 abbandonò l’informazione come prodotto interno alla radio, smantellando la propria redazione, i cui giornalisti fondarono Italia Press, trasformando un settore in perdita per un’emittente in una attività
in grado di produrre utile. Attualmente, Italia Press, con una
redazione di dieci giornalisti e 25 corrispondenti, produce quattro notiziari con diciotto edizioni ciascuno, prevalentemente rivolti al mercato locale, e progetta, in un prossimo futuro, di diversificare ancora la propria offerta con notiziari regionali. Con93
L’informazione radiofonica locale in Italia
trariamente ad Area, che usa il satellite, i notiziari di Italia Press
sono resi disponibili sul sito Internet dell’agenzia con circa dieci
minuti di anticipo sulla messa in onda.
Le radio che si avvalgono di questo servizio, sono soprattutto le radio commerciali, con una scarsa vocazione informativa.
Le radio comunitarie e le radio locali d’informazione con una
concessione commerciale, infatti, pur soffrendo delle identiche,
e anzi più marcate, difficoltà di bilancio, proprio perché fanno
dell’informazione la loro bandiera rinunciano a questo meccanismo, cercando altre modalità di produttive. Accanto alle agenzie
radiofoniche descritte ne stanno nascendo altre, più attente ai
temi cari alla tipologie di radio oggetto di questo studio, come la
geopolitica o le questioni sociali, agenzie che non producono un
prodotto finito come il giornale radio, ma servizi o reportage,
che le radio utilizzano all’interno dei propri contenitori. Sono
esperienze, queste, che in qualche modo hanno avuto corso con
la nascita del “Popolo di Seattle” e del movimento “No Global”, esperienze che si avvalgono delle forme connettive umane
e tecnologiche e che esse stesse operano in regime di economia
precaria.
Esemplare è il caso si amis, Agenzia Multimediale d’Informazione Sociale, nata da una scissione interna alla redazione di
Radio Città Futura di Roma nel 1998 e in cui sono confluite
altre realtà adespota operanti in ambito sociale o comunitario.
amis attualmente fornisce contenuto a circa venticinque emittenti sparse sulla penisola, di cui l’ottanta per cento sono radio
comunitarie, producendo ogni giorno decine di servizi ed avvalendosi per questi di una rete di corrispondenti in tutto il mondo.
La redazione dell’agenzia è composta di sole sei persone, tutti
giornalisti, e tre volontari, studenti o stagisti; questa è però anche la dimensione dell’agenzia, che opera sotto la forma sociale
di Associazione giornalistica no profit e non può permettersi
personale amministrativo o tecnico, caricando la redazione an94
L’informazione radiofonica locale in Italia
che di queste incombenze. amis è un esempio di cooperazione
riuscita, in partnership con organizzazioni internazionali come
l’Amarc, World Association Community Radio Broadcasers, e la
cnrl, Confederation National des Radios Libres, può avvalersi
di una rete di corrispondenti e collaboratori molto fitta ed estesa, che le permette, nel suo piccolo, di confezionare prodotti di
grande qualità contenutistica. Al contrario delle altre agenzie,
amis non eroga il proprio servizio a pagamento, i suoi servizi
sono disponibili attraverso Internet gratuitamente, le voci di
bilancio dell’agenzia sono infatti costituite esclusivamente dai
prodotti che essa fornische in esclusiva ad alcune emittenti, anche non convenzionali, come Radio Carta, l’emittente diffusa 6
del settimanale omonimo, o da finanziamenti europei per progetti culturali. Non ultimo l’agenzia opera a livello internazione,
esportando il modello cooperativo no profit, in zone disagiate,
ove promuove la radiofonia impegnandosi come interlocutore per
la fornitura di impianti d’alta frequenze, ma anche producendo
servizi e reportage in lingua.
Quella individuata da amis è una formula per la qualità, un
modello produttivo diffuso tra la maggioranza delle radio comunitarie e quella manciata di radio commerciali d’informazione.
L’informazione viene prodotta a partire da una dimensione locale, con una docotomia visibile non solo a livello di contenuto
rispetto a quella non locale ed anzi sono proprio le ragioni produttive a determinarne le specificità. L’economia ristretta di
queste emittenti le costringe, infatti, a concentrare il proprio
sforzo produttivo su quei formati che meglio le forze della radio riescono a raggiungere, non solo in termini di contenuto,
di contatti e corrispondenze a disposizione della redazione, ma
anche in merito al ciclo di vita del programma, che se troppo
6
Radio Carta di fatto non esiste. È un ibrido tra una webradio e un programma fissuso
in assoluta asincronia da una ventina di radio sparse sulla penisola e via satellite da Global
Radio.
95
L’informazione radiofonica locale in Italia
intenso rischia di mettere a repentaglio tutta l’operazione. Per
questo motivo anche le emittenti d’informazione hanno nel loro
palinsesto prodotti di terze parti.
In questo caso però sono diverse le finalità e le modalità. Se
nel caso delle radio locali commerciali non produrre informazione
e reperirla all’esterno si traduce in un consistente risparmio di
risorse per l’emittente, qui si innesca un meccanismo di scambio
e collaborazione, che vede le radio molto spesso legate tra loro.
Se per l’informazione strettamente locale, infatti, le redazioni
interne riescono ad essere autosufficienti, la rete di corrispondenze e contatti per l’informazione non locale, nazionale ed internazionale, con le dovute eccezioni, è al di là delle possibilità delle
singole emittenti. Per supplire a questa carenza, le emittenti
tessono una fitta di rete di collaborazioni e scambi reciproci, sul
modello di amis, oppure si affidano a forme di consociativismo
come “Popolare Network” (cfr. 5.2).
4.4
Hardware 1 — La redazione
Dalle indagini svolte per questo lavoro risulta che solo il 17%
delle emittenti intervistate non possiede una redazione interna,
il 3% ha redazioni composte da più di dieci persone, mentre il rimanente 80% ha redazioni composte da uno a dieci elementi, con
una preponderanza di casi tra i due e i quattro redattori. Sempre
dalla stessa indagine, emerge che esse sono composte in media
da giornalisti professionisti per il 26% e per il 36%, in eguale
misura, da giornalisti pubblicisti e da altre figure, praticanti o
volontari non inquadrati professionalmente.
La professione giornalistica è stata organizzata dal legislatore
del 1963 con l’istituzione dell’Ordine, dell’Albo e dell’esame di
Stato. L’Albo di cui si parla (art.1, primo comma, della legge
3 febbraio 1963 n. 69) si compone di due elenchi: nel primo
sono iscritti i giornalisti professionisti, nel secondo i pubblicisti.
96
L’informazione radiofonica locale in Italia
E, chiarisce l’art. 1 citato, ai commi 2 e 3: “sono professionisti coloro che esercitano in modo esclusivo e continuativo la
professione di giornalista. Sono pubblicisti coloro che svolgono
attività giornalistica non occasionale e retribuita anche se esercitano altre professioni o impieghi”. La differenza fondamentale
tra pubblicisti e giornalisti si basa, quindi, sulla professionalità
“esclusiva” di questi ultimi, laddove i primi, pur svolgendo sempre un’attività non occasionale e retribuita, possono anche esercitare altre professioni. Annesso all’Albo c’è un Registro dei
praticanti, cioè di coloro che si avviano a diventare, dopo 18
mesi di tirocinio, giornalisti professionisti. L’Albo ha anche un
elenco speciale limitato ai direttori responsabili di pubblicazioni
professionali, scientifiche o tecniche. La pratica oggi si fa nelle
redazioni dei giornali quotidiani, dei periodici, delle agenzie di
stampa, dei tg e dei radiogiornali, dei portali Internet registrati
presso il Tribunale Civile oppure presso le scuole di giornalismo
riconosciute dall’Ordine.
La figura del radiogiornalista è piuttosto recente e nella storia della radiofonia privata si presenta quasi in sordina, dopo
una lunga metaforfosi professionale. Le radio libere “politicizzate” iniziano ad essere frequentate da giovani che s’improvvisano
conduttori e semplicemente raccontando fatti al microfono fanno informazione, a questi, però, spesso si affiancano giornalisti
della carta stampata, che smesso il proprio ruolo, iniziano una
nuova esperienza comunicativa in radio. È questa sinergia, negli
anni, a trasformare volontariato e amatorialità in professionismo, e a far nascere il radiogiornalista. Tuttavia, la composizione
delle redazioni interne alle radio fa supporre che questo percorso
non sia ancora concluso e che l’informazione, nelle emittenti locali, sia ancora affidata in gran parte a figure professionali poco
definite. Non solo, in generale non è possibile identificare un
modello organizzativo comune, all’interno delle emittenti, anche
se è in atto un processo di specificazione, in modo da definire
97
L’informazione radiofonica locale in Italia
quali sono e che mansioni svolgono le diverse figure professionali.
L’impegno, nelle realtà italiane, riguarda solitamente almeno una
fase significativa del processo di produzione in un determinato settore: realizzare un giornale radio vuol dire scrivere i testi e realizzare e montare un’intervista; chi conduce un programma lavora
alla sua preparazione, ecc. . . Siè passati in sostanza da un’assegnazione confusa delle mansioni ad una specializzazione di settore
attenta alla continuità del risultato; è però bene ricodare che si
tratta di un processo tutt’ora in corso, un atta all’interno delle
radio nazionali e delle locali più forti, ma dal quale sono rimaste
fuori, del tutto o in parte, piccole radio locali sopravissute alla
razionalizzazione del settore. (Scaglioni, 2002a, p. 139)
I giornalisti delle radio locali, operano sovente in regime
di grande sacrificio, con stipendi molto meno che dignititosi
ed un orario di lavoro intenso. Rispetto ai colleghi dell’emittenza nazionale, rinunciano spesso a molti dei diritti e delle
agevolazioni che sono propri della professione giornalistica. Inoltre, una parte consistente dell’informazione è prodotta da
volontari e praticanti, personale non retribuito o con rimborsi
simbolici. Per le radio locali, l’apporto anche solo numerico dei
volontari è determinante: gli eventi da seguire nell’arco di una
stessa giornata sono troppi per la parte di redazione retribuita ed
una radio locale che voglia essere presente sul territorio non può
permettersi di operare scelte drastiche sulle notizie da ridurre
notevolmente la propria capacità informativa. La radiofonia locale d’informazione è certamente una delle vie più immediatamente raggiungibili per iniziare la carriera giornalistica, l’alto
numero di redazioni permette infatti a moltissimi praticanti di
fare esperienza, ma più spesso quella del radiogiornalista locale è
una scelta di vita, la scelta di fare un mestiere nonostante tutte
le difficoltà organizzative ed economiche.
98
L’informazione radiofonica locale in Italia
Un altro dato rilevante emerso dalle interviste, riguarda l’inquadramento professionale dei redattori, giornalisti o non giornalisti, che rivela che la forma di contratto più diffusa è quella a tempo determinato (45.2%), il che dimostrebbe una certa dinamicità nella composizione delle redazioni, ma anche, al
contrario, un consistente numero di contratti a tempo indeterminato (40.5%). Sono dati contradditori, ma non irreali: si è
visto che la parte più consistente delle risorse è impiegata proprio negli stipendi dei dipendenti e la decisione di assumere una
forma contrattuale piuttosto che un’altra è frutto di meccaniche
interne, determinate dalle logiche dell’economia di varietà cui si
faceva cenno nel secondo capitolo. Il primo contratto nazionale
giornalistico dell’emittenza locale tra la Fnsi e il coordinamento aer-anti-corallo è datato 3 ottobre 2000 e prevede, tra
le altre cose, retribuzioni minime per il teleradiogiornalista con
meno di ventiquattro mesi di attività e per il teleradiogiornalista con più di ventiquattro mesi di attività. Il contratto nasce
nell’ottica di dare anche al giornalista operante nell’emittenza
locale una dignità economica e professionale, tuttavia a questo
contratto aderiscono le superstations (cfr. 2.4) e le televisioni
locali, redendolo troppo esoso per le piccole radio, che scelgono
per i loro giornalisti, contratti più simili a quelli che regolano il
rapporto con i conduttori, come ad esempio il contratto enpals.
Non ultimo, i redattori delle radio locali sono impiegati in
ambiti affini, ma non propri all’attività giornalistica, essi svolgono internamente all’emittente ruoli differenti, che impiegano la
loro professionalità nella realizzazione di prodotti non radiofonici, ma attraverso cui la radio riesce a reperire parte delle risorse
necessarie. Non è inusuale infatti che siano i giornalisti ad occuparsi della realizzazione di prodotti multimediali o che a loro
sia affidata la realizzazione di trasmissioni sempre informative,
ma su commissione di terze parti.
99
L’informazione radiofonica locale in Italia
4.5
Hardware 2 — Mezzi e attrezzature
Tra informazione e tecnologie c’è uno strettissimo rapporto,
l’esistenza stessa e la disponibilità di una tecnologia più volte ha
inaugurato la nascita di un mezzo d’informazione. Le tecnologie, però, intervengono anche ad un altro livello, forse meno visibile, ma altrettanto importante nello sviluppo dei mezzi d’informazione. Nell’ultimo decennio la disponibilità di tecnolgie sempre più portabili ed economiche ha permesso di moltiplicare le
fonti d’informazione, Internet soprattutto, ha permesso la nascita di progetti come Indymedia, dalla partecipazione democratica, ma anche le comunicazioni interpersonali si sono arricchite
di strumenti potenti e facili da utilizzare, come la telefonia mobile. Sono innovazioni non storiche, come le onde radio, la carta
stampa, l’elettricità, il cinema, si tratta di piccoli miglioramenti,
che non hanno dato vita a nuovi “contenitori”, ma hanno saputo
invece migliorare sensibilmente quelli già esistenti. La radio, si è
sempre nutrita di queste piccole o grandi innovazioni (cfr. 2.5),
riuscendo a fruttarle meglio e prima di qualsiasi altro media.
Anche l’informazione radiofonica ha avuto sensibili
agevolazioni dallo sviluppo tecnologico, tanto che, ad oggi,
nessuna redazione locale o nazionale, ma più in generale nessun
operatore dell’informazione può svolgere il proprio lavoro senza
alcuni importanti strumenti. È una dipendenza insanabile e che
sarà ancora più forte in futuro, e che nella dimesione locale si
traduce in una ulteriore indispensabile spesa.
Non è pensabile che la redazione possa fare a meno del telefono, di un telefono mobile e di un registratore, analogico o digitale, per ogni collaboratore; cosı̀ come di un collegamento ad
Internet veloce, che le permetta non solo di consultare le agenzie di stampa, che oggi erogano i propri servizi attraverso più o
meno complesse interfacce web, ma anche di condividere file, con
le agenzie radiofoniche o con il network attraverso il protocollo
100
L’informazione radiofonica locale in Italia
ftp. Il satellite, poi, sta ottenendo un forte successo, permette
di ascoltare le altre emittenti, di ritrasmetterne il segnale e di
ottenere servizi dalle agenzie; nella sua forma telefonica, invece,
permette di raggiungere inviati o corrispondenti in ogni zona
del mondo. Le linee telefoniche isdn rendono possibile il collegamento con altre emittenti, e la trasmissione di programmi
comuni da città differenti.
Le radio locali hanno poi intrapreso da tempo un percorso
di rapida informattizzazione delle strutture e investono molto,
ogni anno, in nuove attrezzature tecnologiche e in nuove licenze
software. Sono spese importanti, consistenti, ma indispensabili.
La crescente mole delle informazioni e il moltiplicarsi degli spazi
informativi, rendono necessarie tecnologie sempre più in grado
di aiutare il redattore nella selezione e nell’elaborazione della
notizia, in un ciclo produttivo che è sempre più breve ed intenso.
101
Capitolo 5
La dimensione intima
Fino ad ora si è parlato della radio e dei suoi meccanismi
interni, delle sue economie, di ordini di costi e strategie di sopravvivenza, si è visto che quanto è più piccola la dimensione dell’impresa radiofonica, tanto più per questa è difficile affrontare
il mercato, regolato da leggi che cortocircuitano i normali meccanismi e permettono l’esistenza di fenomeni penalizzanti per
la piccola emittenza, come radio classificate locali dal legislatore, ma che operano a tutti gli effetti come radio nazionali,
avantaggiandosi di una e dell’altra classificazione.
Si è visto anche come queste difficoltà siano accentuate per
quelle radio che fanno dell’informazione la cifra carateristica
dell’emittente, per gli alti costi che questa comporta, non solo
strutturali, ma anche indiretti, per le particolari caratteristiche
del palinsesto, che deve essere meno denso di pubblicità e più
propenso ad un tipo di produzione fatta sui ritmi delle notizie e
degli accadimenti quotidiani.
Eppure il gran numero di radio presente in Italia e la buona
penetrazione di cui gode il mercato radiofonico locale, il buon
successo, insomma, di questa radiofonia, suggeriscono che concorrano altri fattori a comporre il quadro del settore e che ci
siano elementi che le cifre raccolte possono solo parzialmente
spiegare e dove, alle volte, siano inutili o fuorvianti.
102
L’informazione radiofonica locale in Italia
È la dimensione intima della radio locale il più autentico motivo del suo successo. La capacità di descrivere all’ascoltatore
il mondo immediatamente circostante, condiviso da chi parla e
da chi ascolta, e di metterlo in relazione con i fatti del mondo;
La radio locale parla di una realtà vicina all’ascoltatore senza
mai tuttavia descriverla, produce indizi di questo circostante,
lasciando all’ascoltatore l’onere di interpretarlo. Le radio locali
svolgono funzioni identitarie all’interno di una comunità, ma anche funzioni connettive ed di circolazione delle idee all’interno di
gruppi sociali e luoghi fisici altrimenti troppo isolati (Menduni,
2001, p. 184). Sono funzioni importanti, che nessun altro media
è in grado di assolvere, soprattutto quando l’attenzione è rivolta
al locale, alla dimensione microscopica, intima appunto, non esiste altro mezzo che per natura riesca ad intessere un rapporto
tanto stretto e spesso paritario.
La potenza di trasmissione non ha solo ripercussioni sull’economia, sull’azienda radiofonica, ma anche sulla sua identità
come relazione con gli altri e con il territorio, la limitata portanta del segnale influsisce quindi primariamente sul rapporto che si
instaura con gli ascoltatori, che si cementa con la fidelità reciproca: non a caso la radio è il mezzo della relazione, una relazione
a doppia via. È un linguaggio a bassa disposizione metalinguistica. Questo la obbliga ad una modalità di comunicazione che si
sviluppa su un solo livello — il piano della relazione diretta tra
chi trasmette e chi ascolta — e che per tale motivo necessita di
una coerenza continua, di una forte identità punto per punto. È
in questo modo che la radio colma una lacuna, fornisce risposte
concrete a quell’abbassamento delle capacità comunicative tipico della società contemporanea e frutto, o danno collaterale, di
quell’enorme e indistino flusso informativo. L’informazione è
presente ovunque, noi viviamo e agiamo in un mondo sociale
che ha fatto dell’informazione — ma sarebbe meglio dire delle
informazioni — una merce di scambio (o di ricatto), un bene
103
L’informazione radiofonica locale in Italia
concreto che non è più valore aggiunto, ma valore e basta. Si è
anche coniato un termine per descrivere quest’atmosferera cosı̀
densa e ricca, cosı̀ presente tanto da essere un dato di fatto:
“infosfera”. L’infosfera è qualcosa che ci circorda e ci penetra,
come l’aria.
In questa infosfera densa di segnali, satura forse, la radio
locale rapprensenta un momento di pausa, un luogo in cui riprodurla ed attrezzare criticamente le capacità interpretative per
affrontarla. Con il suo essere un linguaggio capace di articolarsi nello spazio, oltre che nel tempo, permette di esperire
direttamente sul quotidiano e sul circostante l’importanza di
quei brevi e densi pacchetti informativi che le tecnologie del
suono, le più vicine alle capacità sensoriali umane, forniscono in
continuazione.
Nelle radio locali le caratteristiche proprie del linguaggio radiofonico, la democraticità propria del mezzo e il rapporto identitario
fra enunciante e ricevente si moltiplicano in maniera esponenziale.
Il radicamento sul territorio fa sı̀ che quell’afasia comunicativa,
frutto dell’esposizione ai flussi informativi dei media, si abbassi
sensibilmente, o quantomeno cambi di registro, grazie all’intrinseca necessità e alla palese richiesta di dialogo ed interattività con
l’utenza. (Pitteri, 2002, p. 127)
L’interattività è l’altro evidente carattere della radio locale,
capace di rafforzare e rivitalizzare le culture locali, dare voce a
minoranze cuturali, sociali, etniche, metterle in relazione. Ed
è proprio all’interno di questo complesso ed intricato puzzle di
rimandi che l’azienda, anche piccola, dall’economia limitata, riesce a sopravvivere, è qui che quelle relazione socioculturali si
fanno socioeconomiche, che il dialogo tra vicini diventa radio.
La radio locale sotto questi aspetti è sostanzialmente differente dagli altri media e dall’emittenza non locale, sostiene un’altra responsabilità, agisce su paradigmi ignoti a quest’ultima e
104
L’informazione radiofonica locale in Italia
muove leve che non sono immediatamente definibili. Contrariamente alle radio nazionali, ai grandi network, gli ascoltatori
della radio locale instaurano con questa un rapporto molto stretto, vicino anche fisicamente, sentono l’emittente come “loro” e
la usano per scambiarsi messaggi, dalle dediche, all’intervento
sulla politica, alla critica più dura. È un atteggiamento che si
riscontra maggiormente tra le radio comunitarie, per definizione
rivolte ad un gruppo sociale ben definito, un sotto insieme cittadino, chiuso, come gli studenti dell’Università di Siena con
Facoltà di Frequenza, l’unica emittente universitaria d’Italia via
etere, o i tifosi della Roma residenti nella capitale con Rete Roma
(cfr. 4.1), ma che generalmente si estende a tutte quelle realtà
radiofoniche capaci di coinvolgere ed instaurare un rapporto con
gli ascoltatori.
I programmi d’informazione rivestono ovviamente un’importanza centrale in questo processo, attraverso l’informazione la
radio locale può non solo essere punto di riferimento per il bacino d’utenza, raccontare il circostante dall’interno, può soprattutto coinvolgere amministratori, politici, imprenditori, sindacalisti e il resto della categoria dirigente locale, dando l’opportunità agli ascoltatori di interagire direttamente con essi, di porsi
come tramite tra gruppi sociali che difficilmente avrebbero altro
modo di confrontarsi paritariamente. Sono relazioni si sviluppano a partire dal lavoro quotidiano della radio, dentro e fuori la
redazione, e che hanno il momento di massima visibilità durante
le dirette, i “microfoni aperti”, dove la radio non è più filtro, ma
strumento di aggregante comunicazione.
Lo speciale rapporto con gli ascoltatori è allora il carattere
che più distingue le radio locali, con una erogazione locale, dall’emittenza nazionale. Un rapporto che si articola in momenti
differenti e che ha una influenza importante anche sulla composizione del palinsesto, oltre che sul dato economico. Tutto della
radio risente di questo rapporto, anche i format dei singoli pro105
L’informazione radiofonica locale in Italia
grammi e il taglio editoriale di questi. Quando l’informazione
diventa intima, condivisa tra un gruppo più o meno ristretto di
ascoltatori, comunque sempre esponenzialmente più piccolo dei
numeri nazionali, l’attenzione volge sui microeventi, gli accadimenti più prossimi. Si è visto però come le radio locali riescano
ad intessere relazioni anche al di fuori della proprio bacino, come
sfruttino le tecnologie per catturare eventi di respiro nazionale
ed internazione, come riescano a filtrare elementi e a ricondorli
nella propria località. La radio locale è quindi il luogo dove la
definizione di “villaggio globale” è cortocircuitata, di polarità
inversa. Più che altrove con questo media è possibile costruire
una informazione che indaghi il vicino da lontano, o apra al contrario, la prospettiva microscopica in un contesto di più ampio
respiro.
5.1
Tra locale, nazionale ed internazionale
Quando si parla di informazione locale, spesso si sottointende
un tipo d’informazione che si occupa prevalentemente di fatti
locali, di microeventi, che coinvolge la propria capacità sul territorio e poco altro, soprattutto se si prende come riferimento
l’informazione prodotta dai quotidiani locali, diffusissimi sulla
nostra penisola, o quella delle televisioni. In radio, invece, coesistono spesso argomenti locali con argomenti che trascendono
la limitata portata del segnale, vanno ad indagare altrove, a livello nazionale o internazione, traducendosi in format e momenti
differenti all’interno del palinsesto, ma anche interagendo, dando
vita a soluzioni uniche nel loro genere, a formati estranei ad ogni
altro tipo di radiofonia e ad ogni altro tipo di media. È quindi
erroneo pensare all’informazione radiofonica locale, come un’esperienza che si nutre esclusivamente di fatti locali, lasciando che
ciò che sta fuori dalla propria frequenza sia ad appannaggio dei
media nazionali, o di qualche giornale radio realizzato fuori dalla
106
L’informazione radiofonica locale in Italia
propria redazione. Al contrario, la dimensione intima, il rapporto stretto con il territorio, danno alla radio un motivo ulteriore
per ingagare ciò “che sta fuori” e per iscriverlo all’interno del
proprio bacino.
La dimensione degli argomenti affrontati dalle radio locali
d’informazioni è quindi più ampia, coivolge livelli differenti: accanto all’attività sul territorio, la radio si occupa di fatti nazionali ed internazioni, facendo uso della fitta rete di collaborazioni
intessuta con il circuito delle altre radio locali e degli altri media. Certamente esse non sono competitive in termini di compensazione matieriale, non possiedono né i mezzi né le risorse
per farlo, lo sono invece in termini di compensazione valoriale.
Lo stretto rapporto con il territorio, un territorio ben definito e
limitato, la confidenza intessuta con gli ascoltatori permettono
alla radio di affrontare questi argomenti con un taglio ed una attenzione che le radio nazionali non possono permettersi: questo
è il valore aggiunto dell’informazione radiofonica locale.
Più che in ogni altro media, la radio è il luogo della parola. Se “la radio informa, la televisione illustra e il quotidiano
approfondisce”, allora c’é anche una seconda radio, quella che
concede spazio all’approfondimento, al dibattito, al dialogo, una
seconda radio che prende vita proprio a partire dalle radio locali
d’informazione, che in qualche modo hanno conservato nel loro
dna, come una natura aliena, quel modo di fare radio che era
proprio delle prime esperienze degli anni Settanta, con la radiofonia libera, indipendente e senza nessun fine economico. Si è
già detto quanto il panorama sia cambiato da allora, ma si è anche accennato al fatto che quell’esperienza non è scomparsa del
tutto, ma anzi resiste, silenziosa ma forte, proprio in questo tipo
di radiofonia. Sono soprattutto quelle radio inscritte, in qualche
misura, nella generica categoria della sinistra critica, fuori da
ogni schieramento politico, ma che ad essi guardano con attenzione, ad occuparsi di questo tipo d’informazione, che trascende
107
L’informazione radiofonica locale in Italia
il locale, guarda al nazionale e oltre, ma ritorna al proprio territorio di riferimento per discuterne, come in famiglia, con i propri
intimi ascoltatori.
5.2
Una informazione glocale?
C’è un termine che ben descrive questo meccanismo che congiunge locale e non locale, locale e globale insieme: glocale. Si
può dire allora che l’informazione che producono queste radio
sia una informazione glocale, si tratta però di una descrizione
che usciti dal piano teorico, per natura generalizzante, pone alcune problematicità nella sua traduzione pratica, nell’analisi dei
dati sul campo. Ascoltando le emittenti locali d’informazione,
infatti, ci si rende conto che seppure gli argomenti siano effettivamente glocali, ovvero trattano di temi vicini e lontati, c’è una
qualche pausa tra essi, come il riflesso di una dicotomia interna. Diventa interessate allora scavare all’interno dei meccanismi
produttivi della radio, al di là delle cifre e dei costi, per capire
a cosa si sia di fronte.
In un interessante articolo1, Ivan Berni, ex direttore editoriale
di Radio Popolare di Milano, afferma che tra locale e nazionale vi
sia una falsa antinomia e che non si tratti tanto di un problema
di mediazione, ma di un modello editoriale preciso. Una scelta
editoriale dunque, non un carattere connaturato nella radio. È
quindi da scartare l’ipotesi che l’informazione glocale sia entrata
in queste emittenti attraverso quel rapidissimo decorso che ha
coinvolto i media tutti interconnettendoli, facendoli diventare
uno il prolungamento dell’altro come in un flusso continuo. Occuparsi di fatti non locali, metterli in relazione con il locale,
cercare di averne una visione a partire dagli elementi minimi è
invece un obiettivo, la scelta di arricchire il proprio palinsesto
1
Una grande radio d’informazione, in errepi n◦ 26, luglio 2003.
108
L’informazione radiofonica locale in Italia
e raccogliere la sfida dei media mainstream in quei termini di
compensazione valoriale cui si faceva cenno poco sopra.
Le radio locali d’informazione ricercano questo tipo di valore
non tanto a partire dalla composizione del palinsesto, che è invece il risultato finale, ma più dall’interno, nelle redazioni e nella
linea editoria di ogni singola trasmissione, la ricercano a partire
dagli elementi costituenti l’identità della radio. Tradurre questa scelta in termini di produzione è estremamente difficoltoso,
se per l’informazione locale, infatti, l’emittente può sfruttare
una rete di contatti diretti, sviluppati sul territorio, per l’informazione non locale è necessario utilizzare un’altra strategia ed
altre fonti, ovvero caricare la propria struttura di costi ulteriori.
Occuparsi di fatti non locali, però, non significa per la piccola emittente emulare quello che viene fatto dai grandi network
o dalle radio nazionali, piuttosto significa affrontare questi temi
all’interno di una logica differente. Oltre alle notizie, agli aggiornamenti costanti, nella radio locale d’informazione sopravvive il
dialogo, il dibattito, inserito in ampie campiture di spazio, ove
vi è tutto il tempo di sviscerare gli argomenti, le ipotesi, di coinvolgere opinionisti, dentro e fuori la portata del proprio segnale.
È la dimensione del dialogo che si articola nel rapporto stretto con gli ascoltatori che questi temi riescono ad emergere dal
locale per guardare fuori, più oltre. L’informazione glocale si
muove cosı̀ su piani distinti, ma che scivolano uno sull’altro, con
rimandi ed istanze risolvibili solo all’interno della dimensione
più intima, tra radio ed ascoltatore.
Se quindi quell’antinomia rilevata da Ivan Berni è realmente
fasulla, inesistente, ciò non significa che anche nei meccanismi
profondi della radio non si viva una contraddizione, a livello organizzativo, produttivo e di relazione. Analizzandoli, emerge infatti che, seppure l’onda progonga un flusso ricco di rimandi tra
informazione locale e non locale, vi è all’interno della redazione
una dicotomia dialogica, ma pur sempre una separazione se non
109
L’informazione radiofonica locale in Italia
netta, marcata.
I fatti degli ultimi anni, dal 11 settembre 2001 in poi, hanno
riportato all’attenzione del grande pubblico la situazione geopolitica mondiale, inaspettatamente, quasi d’improvviso, l’occidente ha scoperto di non essere l’unica forma di cultura e che
al di fuori dei propri confini esiste tutto un mondo che non è
soltanto esotico, ma vive di proprie ragioni e con proprie regole.
I media, ovviamente, hanno cercato di dare una risposta, di far
conoscere, di descrivere quanto meglio possibile l’accaduto. La
televisione, il media informativo più utilizzato, ha cercato di
dare visibilità e immagine alla realtà, mentre nei fatti è ruscita
a dare visibilità ed immagine soltanto a ciò che è congruente con
i suoi meccanismi produttivi ed economici. La radio, invece, il
complesso della radiofonia, è riuscita ad utilizzare al meglio il
suo carattere primario, la parola, a darle spazio, pur nella sua
condizione di naturale menomazione — sorella cieca, riferito alla
televisione — ha saputo acuire il suo unico senso.
Su Radio Rai abbiamo sentito qualche cosa che ha dell’incredibile
per chi sia costretto a seguire i telegiornali, o per chi sia costretto
ad infliggersi, per ragioni professionali, il teatrino messo in onda quotidianamente da Bruno Vespa. Dalle Radio Rai abbiamo
ascoltato esattamente ciò che manca alla televisione. Abbiamo
avuto la prova di quanto la televisione possa “deficere”, nella sua
versione quotidiana, tra tg e talk show. Abbiamo udito l’incredibile, nel senso che abbiamo sentito gli inviati della televisione
raccontare cose che in televisione non hanno mai avuto lo spazio
per narrare, se non nelle riserve indiane di tv7. Abbiamo sentito gli inviati della televisione riuscire a fare ragionamenti ed
elaborazioni economiche, selle implicazioni umanitarie e sociali
della guerra in atto. Esattamente tutto ciò che, nel telegiornale o
nel talk show di prima o sencoda serata, è loro sistematicamente
precluso. (Agostini, 2002, p. 335)
110
L’informazione radiofonica locale in Italia
Nella sua dimensione locale, la radio d’informazione, ha dato
risposte ancor più precise, trasformandosi per moltissimi italiani in una fonte di informazione ulteriore, sostitutiva per alcuni
aspetti, non tanto sul piano delle notizie, disponibili ormai attraverso qualunque supporto pressoché in tempo reale, ma su
quello dell’approfondimento, dell’analisi. Se la radio nazionale
ha scoperto di poter utilizzare oltre ai giornalisti della propria
redazione anche quelli di altre testate, in modo da arricchire le
voci e il panorama delle opinioni, la radio locale d’informazione,
per quanto riguarda i fatti nazionali ed internazionali, basa quasi
interamente tutte le sue possibilità sulla disponibilità di fonti
esterne, istituzionali o meno.
La sinergia, la collaborazione, la rete dei contatti, sono indispensabili alla radio locale che voglia fare informazione guardando fuori dai propri “confini”, indispensabili perché le dimensioni
sono ridotte per potersi permettere inviati e indispenabili perché
indispensabili perché altrimenti questo tipo d’informazione si
trasformerebbe nella ripezione autistica dei lanci di agenzia,
sarebbe una informazione di secondo o terzo grado, già filtrata,
sminuzzata, diregita forse, sicuramente non autentica.
Molte delle esperienze radiofoniche di questi anni, invece, suggeriscono che le emittenti siano andate in cerca di qualcosa di
diverso, di una informazione capace di competere realmente con
quella erroneamente avvertita come più professionale, in qualche
modo più vera. Non ci sono dati conclusivi, ma il buon andamento della radio d’informazione, soprattutto a livello locale,
la visibilità che queste esperienze hanno saputo guadagnarsi in
questi anni, sta certamente mettendo in luce il fatto che la richiesta d’informazione al di là ragioni meremente commerciali è
alta e continua a crescere.
Da una parte si ha la crescita dei mezzi d’informazione, almeno nei numeri, una integrazione sempre più forte, poche ed
imponenti voci che si affacciano sulla scena, dall’altra, una picco111
L’informazione radiofonica locale in Italia
la parte in realtà, non secondaria, ma certamente limitata, si ha
invece l’affermazione di modelli apparentemente contradditori
con il mercato, la ricerca di una strada alternativa e possibile.
Non si tratta di resistenza, ma di nuove idee e nuovi percorsi;
in fondo è sempre stato a partire dalla radiofonia locale, quella
fatta con sacrificio e senso per l’avventura, che sono nate e si
sono sviluppate le istanze che oggi conosciamo, e non è impossibile che questo periodo di rinnovamento e sperimentazione sia
il preludio ad una nuova stagione.
5.3
Contenuti e formati per il glocale
Dalle cento venti interviste a risposta suggerita condotte
per questo lavoro, nella sezione dedicata ai programmi d’informazione, emerge un dato interessante: tra le risposte a scelta
multipla il 50% delle radio indica di trasmettere rassegne stampa
nazionale e locale in pari misura, il 72% giornali radio nazionali, il 76% giornali radio locali, ben il 64% ha programmi di
approfondimento, mentre solo il 38% prevede un appuntamento
fisso di approfondimento con il coinvolgimento in diretta degli
ascoltatori. Combinando i dati con le altre risposte, però, si
ottiene un dato in parte differente.
In primo luogo sono le radio che si dichiarano “d’informazione” a trasmettere un ampio portfolio di programmi, format differenti per differenti momenti della giornata. Mentre
quelle radio che dichiarano di fare informazione come parte accessoria della propria attività o come servizio, si concentrano
prevalentemente sui giornali radio, è nelle radio d’informazione
che vivono i programmi di approfondimento, il coinvolgimento
degli ascoltatori e le rassegne stampa; le emittenti oggetto di
questo studio, insomma, ricorrono alla quasi totalità dei formati
per veicolare la propria informazione. Un altro dato interessante
si ricava combinando di dati sui formati al tipo di produzione:
112
L’informazione radiofonica locale in Italia
sono prevalentemente le emittenti che producono informazione
in parte da se e in parte acquistandola da terzi a trasmettere
gionali radio, meno della metà sono invece quelle emittenti che
producendo la totalità della propria informazione usano questo
format, il che confermerebbe in giornale radio come l’impegno economico e produttivo più importante per le radio d’informazione e come il formato maggiormente prodotto all’esterno di
questa.
Oltre alle risposte suggerite, la domanda prevedeva anche una
risposta a campo libero, ed è proprio qui che si rivelano i dati
più sorprendenti. Le emittenti hanno risposto che la loro offerta
informativa prevede anche: notizie sugli eventi locali di carattere
culturale, musicale, etnogastronomico, informazioni sul traffico,
la viabilità, il meteo, radio giornali dedicati alle notizia sportive
locali, format ibridi tra intrattemimento e informazione, dove
è lo stesso speaker ad annunciare i brani musicali, intrattenere
il pubblico e leggere le notizie. C’è poi un ritorno al reportage,
allo speciale, preparato con cura dalla redazione e trasmesso non
come inserto di una trasmissione, ma come un format completo.
La radio locale si conferma quindi essere una fucina per i nuovi
formati, la sperimentazione, poiché operando in regime di alta
flessibilità le è possibile adattare il contenuto alla forma, e non
il contrario come avviene spesso nell’emittenza nazionale.
Un alto numero di formati, però, incide anche sull’organizzazione del lavoro all’interno della redazione e di tutta la radio,
specie là dove i contenuti richiedono competenze e strutture differenti, come nel caso dell’informazione glocale; non è un caso
infatti che i format del giornale radio e della rassegna stampa, presenti in tutte le realtà e quindi significati come esempi,
siano separati, a livello di palinsesto e di organizzazione interna.
Il giornale radio nazionale è spesso in carico ad una struttura
esterna alla radio, acquistato dalle agenzie o fornito dal network cui la radio è affiliata, mentre quello locale, dove esiste,
113
L’informazione radiofonica locale in Italia
poiché si tratta di un format più diffuso tra quelle emittenti che
hanno una copertura almeno provinciale, mentre tra le piccole
emittenti, dalla copertura cittadina è un formato praticamente
assente, è in carico alla redazione interna. La rassegna stampa,
invece, è sempre fisicamente separata nel palinsesto tra locale
e nazionale: quella locale è solitamente inserita all’interno di
un qualche spazio informativo, anche in ragione delle ridotte dimensioni, mentre quella nazionale è affidata alle voci più note
della radio, le più autorevoli, poiché su essa si basa gran parte
dell’informazione nazionale che la radio è capace di produrre in
autonomia. La rassegna stampa, contrariamente a quanto accade per il giornale radio, la diffusione è omogenea tra radio di
diverse coperture, confermandosi uno dei format più utilizzati
dalle emittenti locali, in particolare quella nazionale cui nessuna
emittente rinuncia. Questo format permette alla radio di fare
informazione con pochissime risorse, acquistare i giornali e commentarli in onda è infatti una pratica mutuata dalle prime esperienze radiofoniche, dove per fare informazione senza possedere
una struttura si era costretti ad utilizzare le fonti già disponibili;
sarebbe però limitativo pensare alla rassegna stampa in termine
escluvi di format economico: attraverso di essa la radio afferma
d’essere anch’essa un luogo di riflessione, di approfondimento e
di dialogo.
L’informazione radiofonica, quando si fa glocale, è capace
però di nutrirsi di altre risorse, inedite e che si sono affacciate
sono negli ultimi anni. La disponibilità di abbonamenti satellitari e connessioni a banda larga economici hanno portato in
radio il mondo oltre i confini nazionali, attraverso la televisione
satellitare e i giornali stranieri. Fino a pochi anni fa una rassegna dei quotidiani stranieri era impensabile, non fosse altro per il
ritardo con cui giungono queste testate nelle edicole, tra le ventiquattro e le quarantotto ore dopo la pubblicazione nel paese
d’origine; oggi invece, attraverso Internet è possibile consultare
114
L’informazione radiofonica locale in Italia
qualsiasi giornale straniero in tempo reale e ad un costo accessibile. Si sono fatti strada cosı̀ alcuni format che prevendono
l’utilizzo di tali testate e che fornisco all’ascoltatore un contenuto davvero inedito. La televisione satellitare poi ha influito
forse più di ogni altro media nell’informazione glocale, paradossalmente anche alla radio. Mentre in televisione spesso le
immagini di cnn, bbc, Al Jazeera, Al Arabia ed altre emittenti
satellitari, hanno spesso coperto, si sono sovrapposte all’immagine televisiva nostrana, al più relegando il conduttore in una
finestrella del tutto secondaria, la radio ha trovato un modo
nuovo di approcciarsi a queste fonti, non raccontandone le immagini, ma commentandole. Attraverso la radio non è possibile
vedere e, per il vincolo della lingua neppure sentire, le emittenti
estere, è però coerente ascoltare i pensieri del radio giornalista
che le sta guardando. La televisione satellitare è diventata per la
radio d’informazione locale una fonte come le altre, integrata nel
ciclo produttivo, discutibile o affidabile, ma comunque presente.
Informazione locale e non locale differiscono per formati, contenuti e fonti, per presenza nel palinsesto, per risorse finanziarie
ed umane, almeno nei meccanismi interni alla radio, produttivi
ed organizzativi, eppure all’ascolto la differenza tra una e l’altra
non è cosı̀ marcata, anzi tra esse vi è un dialogo costante, una
dicotomia dialogica, ricca di rimandi, che viene risolta proprio
nel format informativo più tipico di queste emittenti, l’approfondimento. È in queste trasmissioni, solitamente in onda sul
finire della giornata, ove si riepiloga l’accaduto, si riassumono le
voci che si sono succedute e dove anche, sempre più spesso, vi
è una felice contaminazione tra generi. Si tratta di format “riposanti”, dove l’informazione non è una raffica di parole, cifre e
fatti, ma è circostanziata, inscritta nel viveve quotidiano, dove
si può rallentare e discutere, con gli ospititi e gli ascoltatori.
Sono anche solitamente i format più riconoscibili della radio, i
più caratteristici, come possono essere Onda anomala di Ra115
L’informazione radiofonica locale in Italia
dio Popolare di Milano o La talpa spaziale di Città del Capo
Radio Metropolitana di Bologna, quelli che trainano l’ascolto e
che più creano affezione. È un’informazione molto specializzata, che nessun’altra emittente è in grado di dare, poiché il valore
aggiunto è il proprio bacino d’utenza, il rapporto con l’ascoltatore, ed è sempre in questo modello di radio che locale e globale
trovano la loro naturale comunione, che risolvono le istanze contraddittorie, che cortocircuitano il normale, incessante, flusso
dell’informazione odierna.
5.4
Parlare più forte della frequenza
La radio è un’assenza, un oggetto mobile, miniaturizzato fino
a scomparire. Oggi è possibile ascoltare la radio attraverso un
normale apparecchio fm, richiederla via Internet, farsela piovere
sulla testa dal satellite, è possibile ascoltarla in galleria, in auto,
in casa, al lavoro, in viaggio: prima e meglio degli altri media
la radio è riuscita ad uscire dal proprio involucro, a farsi voce
senza corpo.
Occorrerà forse accordarsi sul fatto che la radio di cui si parla è
una pura convenzione. Solo perché si lega il termine a un oggetto
non è assolutamente detto che esista ancora una corrispondenza
tra quell’involucro e ciò che lo anima. Per prima, tra gli altri
media, la radio si è staccata dall’involucro che la definiva e si sta
trasformando in comunicazione pura, senza supporti. La radio
si ascolterà sempre di più senza aver bisogno di possedere un
apparecchio radiofonico, la new radio muta oltre ai linguaggi le
modalità di fruizione, di trasmissione, di rilevamento dei dati di
ascolto. L’Internet ha forse salvato la radio dall’estinzione, ma
ha estinto ogni iconografia radiofonica. (Nicoletti, 2002)
La new radio di cui parla Nicoletti, direttore di Rainet, non ha
solo arricchito le proprie modalità di trasmissione e di ascolto,
116
L’informazione radiofonica locale in Italia
ha soprattutto vinto il vincolo dell’etere, ha potuto e saputo
sfruttare le nuove tecnologie per estendere il proprio segnale,
rafforzarlo. È stato un percorso brevissimo quello che ha portato la quasi totalità delle radio ad affiancare alla frequenza un
secondo e terzo canale trasmissivo, capace di estendere il primo
o essere ad esso alternativo.
La radiofonia locale non ha atteso, almeno non più di quanto
fosse necessario perché queste tecnologie fossero alla loro portata economica e di conoscenze. Le radio locali che trasmettono
via Internet sono moltissime, alcune hanno anche continuato a
sopravvivere grazie ad Internet e anche il satellite si sta ben
affermando, confermandosi un ottimo veicolo per l’audio oltre
che per il video. L’obiettivo primario delle radio locali, non è
tanto quello di offrire un canale alternativo ai propri ascoltatori, servizio per altro molto apprezzato in un periodo in cui
moltissime persone ascoltano la radio di fronte al computer, ma
quello di estendere la propria frequenza al di là del confine sempre stretto del bacino d’utenza e della capacità trasmissiva. Internet e il satellite sono strumenti perfetti per questo, seppure
utilizzati con scopi differenti proprio in ragione della loro diversa
natura.
Il satellite attualmente è ad appannaggio delle realtà più
strutturate, quelle in grado di poter dedicare circa ventimila
euro all’anno a questa tecnologia; viene utilizzato soprattutto
per trasmettere il proprio segnale con altissima fedeltà sonora,
in modo che altri possano riceverlo e ritrasmetterlo via etere a
loro volta. L’ascolto personale via satellite, non è diffusissimo,
sia pure per la “stranezza” di ascoltare la radio dal televisore,
l’elettrodomestico più comunente interfacciato con il ricevitore
satellitare. Si tratta comunque di una tecnologia in crescita, soprattutto nella sua versione telefonica, sempre più economica ed
in grado di connettere le radio locali in diretta con corrispondenti
in tutto il mondo a costi accessibili.
117
L’informazione radiofonica locale in Italia
Internet è forse la tecnologia per eccellenza per le radio locali.
Tra i contenuti multimediali trasmissibili attraverso il protocollo http, l’audio è sicuramente il più facile da gestire, anche
ad una qualità piuttosto elevata. Approntare una postazione
per lo streaming audio è relativamente semplice sotto il profilo
delle conoscenze e molto economico, sono sufficienti un computer dalle normali capacità ed una connessione permanente alla
rete; la quantità di software disponibile, anche libero da costose
licence, è poi un ulteriore vantaggio per le emittenti. Inoltre,
attraverso Internet, la radio locale può aprire nuovi canali di comunicazione, dentro e fuori il territorio, con servizi alternativi
alla radio, nuove modalità di fruizione. Ad esempio, Radio Città
103 di Bologna fornisce sul proprio server il palinsesto completo
degli ultimi sette giorni, in file audio di trenta minuti ciascuno,
un sistema informatico che è costato all’emittente pochissimo,
perché iscritto in una logica di scambio reciproco con un altro
gruppo sociale della città, il Bologna Free Software Forum.
Con lo streaming le radio locali si sono avvicinate anche alla
parte testuale di Internet, i siti web. Nei primi anni, tra il 1996
e il 2000, i siti erano strutture costose e le radio provvedevano
da se a costruirli pur non avendone le capacità, con il risultato
di avere siti non solo “brutti”, ma anche difficilmente navigabili
e soprattutto privi di contenuto. In breve tempo, però, la sempre maggiore attenzione degli ascoltatori verso questa risorsa,
in grado di “ripetere” all’ascoltatore il nome della trasmissione
in onda, l’album citato, o di “ricordargli” il palinsesto, ha indotto le radio a capitalizzare anche questo strumento e adottare
manovre correttive. Il sito web per le radio locali è un altro modo di colloquiare con il territorio, presentando la propria offerta,
la propria struttura, ma è soprattutto un luogo, necessariamente
non fisico, ove estendere il rapporto con gli ascoltatori. Nei siti
delle radio sono comparsi forum, sondaggi, classifiche, recensioni e altri strumenti in grado di mettere in connessione diretta
118
L’informazione radiofonica locale in Italia
l’ascoltatore con l’emittente; la tendenza è che qualunque informazione passi in radio debba avere un suo contestuale omologo
sul sito web, meccanismo che si sposa perfettamente con il blog,
strumento molto usato dai conduttori per instaurare un dialogo
personale con gli ascotatori, stringendo una sinergia tra testo e
voce difficilmente reperibile nelle esperienze nazionali.
Una sinergia che però trova una difficile conferma nell’informazione radiofonica. Se le strutture della radio permettono di
agire su canali differenti per l’intrattenimento e la cultura, sono
ancora poche le radio che fanno informazione anche sul web,
ovvero che spendono parte del tempo e delle risorse per trascrivere i testi dei giornali radio o più semplicemente per attivare
risorse alternative a quelle dell’onda. È più comune trovare
sui siti delle radio l’ultima edizione del gr o alcuni contenuti di approfondimento, che vedere una specifica attenzione per
questo canale. Non ci sono ovviamente dati che possano illustrarne i motivi, ma è con molta probalità un’atteggiamento sintomatico della difficile situazione in cui versano le radio locali
d’informazione e le loro redazioni.
119
Parte III
Una radio metropolitana
120
Capitolo 6
Anatomia della più grande
radio bolognese
Radio Città del Capo di Bologna ha recentemente cambiato
nome in Città del Capo Radio Metropolitana, operando un’inversione dei termini nella propria ragione sociale, una necessità
emersa dopo l’acquisizione della seconda frequenza e l’estensione
del segnale che copre oggi un bacino d’utenza potenziale di un
milione e mezzo di persone. È un cambiamento significativo,
non tanto in termini di identità, che rimane intatta, quanto
come segnale di un rinnovamento interno, che non cancella le
strutture esistenti, ma le arricchisce, e pone nuove sfide.
Scegliere questa emittente come termine di paragone e confronto con quanto descritto nei capitoli precedenti non è una casualità, Radio Città del Capo possiede infatti tutte le caratteristiche per garantire a questo studio una verfica sul campo: è una
radio locale, con un bacino d’utenza non troppo esteso e al contempo sufficientemente ampio perché al suo interno convivano
istanze differenti; è una radio d’informazione, che fa dell’informazione la sua scelta primaria, che in parte la produce con una
redazione interna e in parte la ottiene da Popolare Network, cui
è affiliata; è una radio con una concessione commerciale, che vive
di pubblicità, ma che ne manda in onda solo il 35% di quanto
sarebbe consentito, reperendo altrove il resto delle risorse neces121
L’informazione radiofonica locale in Italia
sarie; è una radio che ha saputo costruire intorno a se un ampio
consenso, e inevitabili critiche, intessendo un forte rapporto con
gli ascoltatori e il territorio. Inoltre, è una radio dal carattere
forte e dalla forte identità, nata da una scelta di connotazione
ideologica, ovvero mantere l’informazione indipendente da qualsiasi pressione politica o editoriale, ha creato intorno a se una
forte base d’ascolto, rinnovando la propria offerta musicale e
informativa senza tuttavia perdere quelle peculiarità che l’hanno fatta capolista delle radio bolognesi. È anche una radio che
vuole fortemente — ed esplicitamente — crescere, migliorare la
qualità delle proprie trasmissioni e la forza del proprio segnale.
Nella storia di Radio Città del Capo si sono avvicendate molte
stagioni, tanto che un’indagine1 della Regione Emilia Romagna
datata 1989 la classifica come un emittente che trasmette per lo
più musica etnica, di origine africana, e pur mettendo in luce i
duecento minuti d’informazione, il minutaggio più alto tra tutte
le emittenti cittadine, coglie una realtà molto lontana dal sound
odierno, orientato al rock e alla musica d’autore. Una storia,
quella dell’emittente, che inizia subito bruscamente, nel 1987,
dopo una scissione interna alla redazione di Radio Città, che
oggi ha apposto al proprio nome la frequenza, 103.
Radio Città del Capo nasce a Bologna nel 1987, anche se la
sua storia comincia all’interno di Radio Città, storica emittente
dove già alle origini della stagione delle radio libere trasmettevano parecchi di coloro che avrebbero fondato la nuova radio. Le
ragioni per cui circa il 90% dei redattori e collaboratori di Radio
Città alla fine degli anni 80 abbia rotto con la casa madre sono
semplici e paradossali. La cooperativa proprietaria della testata
voleva imporre una direzione più fedele agli orientamenti del nuovo consiglio di amministrazione, controllato da “Democrazia Proletarià’ (partito che poi confluirà qualche anno dopo nella neonata
1
Salani (1989)
122
L’informazione radiofonica locale in Italia
Rifondazione Comunista). Ma i redattori, collaboratori e collaboratrici della radio (alcuni dei quali politicamente vicini o addirittura iscritti a quel partito) a tal punto erano affezionati al loro
essere non istituzionali, eretici, radicali, che decisero di non accettare alcun controllo, anche discreto e forse appena adombrato,
nemmeno da partiti “amici”. Le voci storiche della Radio, il 12
aprile del 1987, annunciarono l’uscita “in massà’ da Radio Città e
la fondazione di “una nuova radio libera, meticcia e ricca di contaminazioni nel suono della musica cosı̀ come nello stile del suo
linguaggio”. Tre giorni dopo, in una sorta di spettacolo/colletta
all’interno del locale “q bo”, furono raccolti i primi 25 milioni per
acquistare la nuova frequenza, venne fondata quasi all’istante la
nuova cooperativa, dal nome significativo di “Not Availablè’ (non
disponibile) e nel giro di sei mesi esatti, il 12 ottobre 1987, alle ore
17 circa, il 96.250 in modulazione di frequenza fu definitivamente
occupato da Radio Città del Capo2 .
Fin da subito quindi Radio Città del Capo si connota come
un’emittente differente dalle altre, soprattutto negli obiettivi che
si pongono le persone che vi lavorano, che scelgono di non avere
un editore e di caricarsi direttamente di tutte le resposabilità,
adottando come forma sociale la cooperativa, che garantisce decisioni dall’ampio consenso e limita la formazione di correnti
interne, potenzialmente dannose per il progetto. Ma è negli anni successi che l’emittente trova una definizione più certa, con
l’aumentare degli introiti pubblicitari e lo stabilizzarsi delle situazione economica la radio riesce a lavorare con più serenità sulla
propria offerta e le strutture interne.
Nel 1990, l’anno in cui fu approvata la legge Mammı̀, la radio prende una decisione per certi versi inaspettata: richiede al
Ministero competente una concessione commerciale. Seppure le
dimensioni, gli obiettivi e le strutture interne la collochino più
2
La storia della Radio — www.radiocittadelcapo.it
123
L’informazione radiofonica locale in Italia
opportunamente tra le radio comunitarie, Radio Città del Capo
sceglie di non usufruire dei vantaggi fiscali proposti dalla legge
e di affrontare il già difficile mercato accanto a realtà spiccatamente commerciali. Una decisione, questa, che si dimostrerà
vincente negli anni a venire, perché darà alla radio grande libertà d’inventare e muoversi all’interno del mercato radiofonico,
di raccogliere pubblicità, soprattutto nei settori della cultura,
molto attivi sulla scena bolognese, e di rendersi definitivamente
indipendente.
Ma è l’anno successivo ad essere forse il più determinante,
nel 1991 Radio Città del Capo entra a far parte di Popolare
Network (cfr. 3.3.3) inaugurando una stagione di forte crescita e grande visibilità. Il network, con una struttura capace di
produrre continuativamente giornali radio, assicura soprattutto l’informazione come appuntamento fisso nel palinsesto della
radio, che fino ad allora basava la propria offerta su lunghe dirette, dibattiti ed altri format a basso costo. Il marchio del network, fontado da Radio Popolare di Milano, emittente storica
e molto conosciuta, si appone a quello della radio, rafforzandolo e trasferendo su di esso parte del prestigio guadagnato in
vent’anni di attività dell’emittente milanese. Paradossanlmente,
però, proprio a ridosso di questa opportunità, Radio Città del
Capo “scopre” di essere sommersa dai debiti, che né la pubblicità né le altre risorse possono estinguere. La risposta è chiara,
mutuando la logica dell’azionariato diffuso da Radio Popolare
e rifiutando ogni tipo d’aiuto che possa rendere pregiudizievole il progetto della radio, Radio Città del Capo inaugura la
prima capagna abbonamenti, ovvero chiede agli ascoltatori di
acquistare la radio come si acquista un giornale. È nelle parole
dell’allora presidente Mirco Pieralisi che si coglie tutto l’aspetto
drammatico della vicenda.
Lo strumento che abbiamo scelto per assicurare nello stesso mo124
L’informazione radiofonica locale in Italia
mento la sopravvivenza e la continuità dell’attività della radio è
quello di una forma di “abbonamento” che vincoli la radio al proprio ascolto. Vogliamo trasformare, almeno in parte, Radio Città
del Capo un una sorta di “pay-radio” attraverso una forma di finanziamento permanente (salvo revoca), tramire un semplice giro
bancario, di 10 15 o 20 milal lire al mese da parte di ascoltatrici, ascoltatori, associazioni, cooperative. Questo meccanismo, che
renderà di fatto l’ascolto garante collettivo della testata, risulterà
decisivo per superare l’emergenza e fissare una fonte permanente
di entrata. Solo questo contributo, intergrato dalle entrate pubblicitarie e da quelle provenienti dalle iniziative esterne (conserti,
feste, etc.) può permettere di costruire le condizioni di uno sviluppo economico che tuteli l’indipendenza della radio e ci consenta
di lavorare con serenità per renderla all’altezza dei nuovi progetti legati alla costruizione di un circuito nazionale di emittenti
libere3 .
Non si tratta di incapacità amministrativa o imprenditoriale, la radio basa la propria economia su equilibri fragilissimi,
dove anche solo un piccolo spostamento delle cifre può significare la catastrofe finanziaria; con l’abbonamento la radio chiede
alla città di partecipare al progetto, di sostenere una realtà di
servizio, senza scopo di lucro, perché questi sono i termini della
cooperativa. La risposta arriva, anch’essa decisa, come nel 1987:
trecento abbonamenti riaprono la radio.
Scampata la prima crisi, gli anni successivi passano con relativa tranquillità. Nel 1995, un progetto congiunto con un’altra
emittente bolognese, Oasi Radio, fa nascere i giornali radio locali, un progetto molto ambizioso che sarà abbandonato pochi
anni dopo per il mutare delle condizioni in favore di altri più agili
formati. Nel 1999 Radio Città del Capo trasferisce i suoi studi da
3
Dalla lettera di Mirco Pieralisi datata giugno 1992 e allegata alla petizione cittadina
Radio Città del Capo deve viveve libera e indipendente sostenuta dalla quasi totalità della
scena culturale e politica di Bologna
125
L’informazione radiofonica locale in Italia
Porta San Felice a Via Berretta Rossa, una sede più grande e più
adatta ad ospitare le molte persone che orbitano intorno all’emittente, che le consente di meglio organizzare le strutture interne,
sempre più articolate tra direzione, amministrazione, abbonamenti, reparto tecnico, ufficio commerciale, redazione culturale
e d’informazione; un trasferimento che richiede molte risorse,
sacrifici, ma che fornisce alla radio nuove energie e rinnovati stimoli. Prima della storia recente ci sono però ancora un paio di
passaggi critici.
La legge 28/2000, conosciuta come legge sulla Par Condi4
cio , mette un freno alle capacità informative di Radio Città del
Capo, l’emittente, di fatto, si trova impossibilitata a fare informazione non elettorale, ma politica, proprio nel momento più
importante per la città: la vittoria di Giorgio Guazzaloca sulla
sinistra bolognese. In vero, la legge fu contestata da moltissime
altre emittenti locali, poiché oltre a disporre vincoli per l’emittenza nazionale, trattava allo stesso modo le radio e le televisioni
locali, dove l’abbondanza degli operatori, situazione diametralmente opposta a quella nazionale, avrebbe garantito da sé al
pluralismo. L’unica strada percorribile era quella di diventare
un organo di partito, poiché la legge prevedeva eccezioni per
questo tipo di emittenti, con due possibilità: affidarsi ad una
forza politica esistente, sarebbe bastato che due parlamentari
dichiaressero di appartenere ad un movimento di la radio era
voce ufficiale, o fondare un nuovo partito. La scelta fu quasi
ovvia, senza rinunciare ad alcuna forma della propria libertà,
Radio Città del Capodivenne organo d’informazione del partito
Mopolin, Movimento per la libertà d’informazione, tuttora esistente con una manciata di tesserati. Questa idea aprı̀ la strada
ad una nuova forma di protesta, che allora seicento emittenti locali rappresentate alla rea, Radiotelevisioni Europee Associate,
4
Legge 22 Febbraio 2000, n. 28 — Disposizioni per la parità di accesso ai mezzi di
informazione durante le campagne elettorali e referendarie e per la comunicazione politica.
126
L’informazione radiofonica locale in Italia
avevano messo in campo nelle forme classiche, non contrastare
la legge, ma aggirarla, renderla inutile, disarmarla; protesta che
pochi anni dopo indusse il Parlamento a cambiare la legge.
Nel frattempo Radio Città del Capo diventa un “prodotto”
Audiradio, anche se aderisce saltuariamente alle indagini, che
per queste dimensioni si rivelano spesso inattendibili; nonostante tutto, però, la racconlta pubblicitaria cresce, cosı̀ come le
strutture interne. Si acquistano nuovi computer e le tecnolgie
entrano nei meccanismi della radio come parte fondante, imprescindibile e sicuramente, il ricambio generazionale, la presenza
di nuovi conduttori e nuovi redattori, aiuta questa fase e spinge la cooperativa a cercare nuove possibilità per fruttare le
conoscenze che nel frattempo sono cresciute.
È un altra volta la legge a mettersi di traverso e ad impedire
il cammino, senza sgambetti questa volta, ma con un autentica
mazzata. La legge 66/20015, detta anche “legge ammazza emittenti”, obbliga le radio con concessione commerciale a costituire
società di capitale e assumere due dipendenti per il rinnovo della
frequenza. Si tratta, ovviamente, di un provvedimento legislativo che lancia nel panico più autentico tutta la radiofonia locale
italiana, soprattutto quella, di cui è parte Radio Città del Capo,
che basa la propria sopravvivenza su delicati equilibri e in primo luogo sull’apporto dei volontari. È un momento importante,
in cui la radio ha assoluto bisogno di ricorrere a tutte le sue
energie ed aumentare in breve tempo le entrate. Da maggio, inizia una fortissima campagna abbonamenti straordinaria, il cui
obiettivo è chiaro: duecento cinquanta nuovi abbonati prima
della fine dell’anno, cosa non facile, perché significa aumentare
del cinquanta percento quelli esistenti, o si chiude. Non ci sono
alternative. A dicembre i nuovi abbonati sono più di trecento
5
Legge 20 marzo 2001, n. 66 — Conversione in legge, con modificazioni, del decretolegge 23 gennaio 2001, n. 5, recante disposizioni urgenti per il differimento di termini in
materia di trasmissioni radiotelevisive analogiche e digitali, nonché per il risanamento di
impianti radiotelevisivi
127
L’informazione radiofonica locale in Italia
e c’è un elemento nuovo. Questa volta non è stata la città a
rispondere, non è stato spirito di carità, questa volta gli ascoltatori hanno risposto come tali, in prima persona, per difendere
un bene, quello dell’informazione indipendente ad ogni costo,
che hanno avvertito come indispensabile. Questa volta ci sono
il g8 di Genova, la morte di Carlo Giuliani, l’11 settembre e il
rollio, lontano, ma non troppo, degli aerei da guerra, che girano
in tondo, come uccelli da carogna.
6.1
Suoni e formati
Sono proprio i fatti di Genova ad incanalare la radio verso
la conformazione attuale. Pur essendo una radio locale, Radio Città del Capo allestisce una redazione congiunta con Radio
Popolare di Milano, Contatto Radio di Massa Carrara e Radio
Gold di Valenza Po coprendo, attraverso le strutture del network, l’evento fin dalle sue prime fasi. In realtà il lavoro del
network parte da molto più lontano, dal forum di Porto Alegre,
ma è con i tre giorni del vertice che l’emittente bolognese ha la
possibilità di partecipare direttamente, inviando due giornalisti
negli studi di Popolare Network allestiti provvisioriamente nel
capoluogo ligure. Il palinsesto è interamente dedicato all’evento, con frequenti aggiornamenti e dirette dalle strade, interviste
e opinioni, materiale poi raccolto in un cd-rom, Microfoni da
Genova, regalato agli abbonati sul finire dell’anno. Genova sancisce un passaggio importante per l’emittente, in primo luogo la
radio prende consapevolezza delle proprie possibilità comunicativa, di poter dare un apporto determinante sulla scena nazionale
pur rimanendo vincolata alla frequenza locale, ma anzi di poter
dare dal locale un punto di vista del tutto inedito, assente altrove. Il luglio del 2001 vede poi crescere la redazione, arricchirsi
di persone e di capacità, un’esperienza che darà un volto nuovo
alla redazione tutta, una rinnovata autostima.
128
L’informazione radiofonica locale in Italia
Una trasformazione che non può che influenzare il format
radiofonico, il suono della radio. Anche l’onda subisce una
lenta trasformazione, la ritrovata salute, anche economica della radio, permette la nascita di nuovi spazi informativi e della
ridefinizione di quelli esistenti. Il suono amatoriale, tanto caratteristico, è attutito, aumenta l’attenzione dei conduttori ai particolari, poiché ora, che il peggio sembra passato, l’emittente è
libera di concentrarsi anche sulla forma, pur tenendo centrale il
contenuto. Anche le trasmissioni serali, solitamente lasciate alla
buona volontà dei conduttori, vengono iscritte in un progetto
editoriale globale, che toccherà tutte le fascie della giornata, ma
è un rinnovamento interno che non crea fratture, modella più
che altro, suggerisce.
Ogni trasmissione della radio è ben progettata, testata, passa
da una fase sperimentale ad una fase applicativa marginale, per
poi essere inclusa nel palinsesto quotiano; alle voci storiche della
radio se ne affiancano di più giovani, riconquistando anche quella
parte di pubblico che per motivi generazionali si era allontanata
dall’emittente. La fase dei pionieri sembra essere definitivamente
archiviata, a favore di una stagione nuova, più professionale,
meno casuale, incerta.
Pian piano in radio si colgono i risultati di una crescita lenta,
ma fruttuosa, cui tutte le parti, dalla redazione all’ufficio commerciale concorrono. Le forze della radio lavorano sinergicamente ad un progetto comune, come e più di prima, un progetto che sembra essersi definitivamente salvato dalla necessità
di sopravvivenza e può iniziare a crescere. Il format della radio si avvicina sempre di più a quello di una radio parlata, con
appuntamenti importanti durante la giornata ed un continuo
fraseggio, fatto di musica e spot, che renda sempre e comunque
riconoscibile l’emittente, che la renda meno “ostica” anche all’ascoltatore desueto. Vengono individuati responsabili di area,
che possono far crescere le proprie competenze specifiche, ot129
L’informazione radiofonica locale in Italia
tenere il meglio da loro lavoro, senza perdere troppe energie nel
capire chi deve fare cosa, tanto tipico delle realtà minuscole.
La struttura aziendale della radio corre dietro a queste novità,
progettando e lavorando dietro le quinte, non per stabilizzare la
situazione, ma per preparare il domani, un lavoro che terminerà
nelle sue prime fasi solo nel marzo del 2004, con l’acquisizione
della seconda frequenza e il progetto della radio metropolitana.
6.2
Il palinsesto
Nonostante si dichiari una radio parlata d’informazione, il
palinsesto di Radio Città del Capo è composto per il sessanta
cinque percento da musica, il che non può che confermare la
complessità degli elementi che compongono l’emitente. In questa
cifra vanno inclusi i programmi serali, che si protraggono fino alle
2:00 del mattino, mentre la programmazione diurna inizia alle
6:00 con i primi interventi dal network e alle 8:30 in diretta da
Bologna; un palinsesto, quindi, che prevede solo quattro ore di
interruzione, contrariamente alle sei o otto delle altre emittenti
locali.
Il formato è quello dei programmi autoriali, spazi delimitati
nel tempo da una logica d’interpunzione, dove è l’unità di contenuto a prevalere su quella temporale, programmi che si articolano secondo un giro di boe costituito dai giornali radio
del network e che quindi hanno un’autonomia temporale ben
precisa. Il palinsesto subisce delle variazioni nel ritmo secondo
la stagione, con una programmazione autunnale, da ottobre a
maggio, ed una estiva, da giugno a settembre, con periodi di
trasizione non sempre ben definiti; secondo il giorno della settimana, con un blocco dal lunedı̀ al venerdı̀ e una programmazione
apposita nei fine settimana, che porta seco altre differenze tra il
giorno del sabato e la domenica; subisce però anche variazioni
130
L’informazione radiofonica locale in Italia
all’interno della stessa giornata, con le trasmissioni quotidiane
tra le 8:30 e le 20:00 e quelle settimanali nella fascia serale.
L’impianto principale del palinsesto è dovuto alla trasmissione dei giornali radio, quattordici edizioni quotidiane in onda
tra le 6:30 e le 0:30 di ogni giorno, all’interno di questa struttura vi sono fasce orarie ben delineate, all’inzio e in coda alle
quali vengono posti gli spot pubblicitari. Tra le fasce orarie sono
ben riconoscibili la mattina, il mezzo dı̀, il primo pomeriggio, il
pomeriggio e la sera, mentre all’interno di queste le eventuali
divisioni sono dovute per lo più al cambio di voce, che quasi mai
corrisponde ad un cambio di ritmo. Il minutaggio, mediamente,
vede otto ore di musica in diretta, cinque di informazione e tre di
intrattenimento, cui si devono aggiungere circa due ore di pubblicità distribuite in frammenti da pochi minuti su tutto l’arco
della giornata.
L’analisi dei programmi quotidiani, quelli in onda nella fascia diurna dal lunedı̀ al venerdı̀, vede ripersi lo stesso schema da
qualche anno, con variazioni più nel contenuto che nel formato.
Alle 8:30 è in onda il primo programma, che è d’informazione,
Mente Locale, un contenitore in cui vengono proposte notizie soprattutto locali, compresa la ressegna stampa. Alle 9:30 si apre
la rassegna stampa nazionale di Radio Città del Capo, affidata ad un personaggio di rilievo della radio, uno per ogni giorno
della settimana. Il resto della mattina, dalle 10:00 alle 12:30 è
affidato ad un solo programma di intrattenimento, La Semana,
prevalentemente di musica e conduzione, interrotto da due giornali radio e da alcuni altri appuntamenti informativi di pochi
minuti prodotti dall’emittente. Alle 12:30, fino al gr delle 13:00
vanno in onda aggiornamenti e i primi approfondimenti locali
e nazionali, e alcune rubruche informative, come Portopalo. Il
primo pomeriggio — invece — è una fascia che inizia in modo
molto incerto, solo per parte dell’anno occupata da una trasmissione musicale, Sesto Senso, in onda dallo studio esterno della
131
L’informazione radiofonica locale in Italia
radio, un gabbiotto di vetro e metallo di tre metri quadri in
pieno centro, costruito per ragioni di marketing e visibilità. La
fascia dalle 14:00 alle 15:30 è occupata da l’unico programma
musicale diurno trasmesso in network; si tratta di Patchanka
condotto in coppia da Marina Petrillo da Popolare di Milano e
Elisa Graci da Bologna, collegate in diretta da una linea telefonica isdn, nei mesi invernali, e di Trenta gradi all’onda condotto
ogni settimana da una diversa radio del network, nei mesi estevi. Tutto il pomeriggio, dalle 16:00 alle 18:00, è destinato a due
trasmissioni di un’ora ciascuna: Su la testa, musica e intrattenimento, e Humus, rubrica di arte, musica e cultura. La fascia
diurna finale, invece, è occupata dall’informazione. Alle 18:15
va in onda La Talpa Spaziale, il contenitore informativo di punta
di Radio Città del Capo, a cui segue, alle 19:30, il giornale radio
più ascoltato e lungo della giornata.
Un analisi dei programmi settimanali, quelli che vanno in
onda tra le 20:00 e le 2:00 del mattino, sarebbe — invece – impossibile: sono circa una ventina, tutti di carattere musicale, in
onda al ritmo di tre per serata. Non si deve pensare, però, che
siano programmi minori, riempitivi, o qualche riserva di dilettanti della radio, al contrario, sono programmi molto curati,
molto diversi uno dall’altro, che approfondiscono ciascuno un
genere musicale o una tendenza; forse ancor più di quelli diurni
sono queste le trasmissioni che costruiscono l’identità culturale
della radio. Ognuno ha un seguito di fedelissimi e conduttori
appassionati che seguono il format da anni, nonostante l’orario
sfavorevole all’ascolto radiofonico hanno una risposta in termini
di ascolto molto importante e anche se la volontà dell’emittente
è quella di arrivare ad una radio sempre più giornaliera, questa parte di programmazione è difficilmente eliminabile se non
mettendo a rischio l’identità stessa della radio.
Il fine settimana, in termini di palinsesto, è molto interessate. Anzitutto, esclusi i giornali radio, l’informazione locale è
132
L’informazione radiofonica locale in Italia
assente, non ci sono né aggiornamenti né rassegne stampa locali, l’unica forma d’informazione prodotta dall’emittente è la
rassegna stampa del mattino, che la domenica può diventare la
rassegna stampa del network secondo una turnazione tra le affiliate. La mattina è occupata da una trasmissione di musica e
cultura il sabato, Santi Time, e di intrattenimento la domenica, Pigiama Party, sono format basati su lunghe campiture di
tempo e riscuotono un enorme successo. Il pomeriggio invece —
come le notti di tutta la settimana tra del 2:00 e le 6:00 — è in
azione la regia automatica che trasmette una selezione musicale
preimpostata, fino a sera, quando riprende la programmazione
settimanale.
Come si vede, il palinsesto è fortemente condizionato da due
fattori. Primo, i giornali radio del network, limitano la capacità dell’emittente di disporre liberamente delle articolazioni di
tempo, ingabbiando gli spazi e ritmando la giornata su un modello non estraneo, ma neppure proprio dell’emittente. Secondo,
tra una trasmissione e l’altra vi è spesso un lasso di tempo che
viene riempito con musica e spot o trasmissioni di servizio, come
il meteo e Tempo Reale, agenda quotidiana degli appuntamenti,
non si tratta però di spazi congeniali, ma di “avanzi”, che forse
sono un riflesso della prima condizione, ma che comunque sono
avvertiti all’ascolto come zone grigie. La definizione di questo
palinsesto ha richiesto molti anni di tentativi, ma la sua messa
a punto non può essere operata attraverso rivoluzioni, è invece
un percorso interno alla radio, che comunque necessità di una
forma definita, ma non troppo rigida, in modo da poter operare
cambiamenti anche in corso d’opera.
6.3
La musica
Sintonizzandosi sulle frequenze di Radio Città del Capo, si
hanno molte più possibilità di ascoltare un brano musicale che
133
L’informazione radiofonica locale in Italia
un giornale radio o la voce di uno speaker ed è naturale: la musica è sempre stata nell’anima dell’emittente bolognese, fin dalla
sua nascita, quando trasmetteva prevalentemente musica etnica.
Il ricambio generazione dei conduttori, l’avvicendarsi di nuove
politiche editoriali, hanno pian piano cambiato il sound della
radio, che oggi trasmette musica rock per gran parte in lingua
inglese; di giorno vengono trasmessi brani più orecchiabili, meno
difficili da intrepretare anche per un pubblico non attentissimo,
mentre i suoni più difficili e generi poco conosciuti sono migrati
verso le trasmissioni serali, un percorso questo molto recente,
tanto che il palinsesto del 2002/2003 ancora aveva una fascia
pomeridiana dedicata a Thermos una trasmissione, oggi collocata alle 21:30, indubbiamente ricca, ma complessa da seguire
per chi non abbia un interesse specifico o molta attenzione.
Non si tratta di una censura, i conduttori della radio, in
cambio della loro prestazione gratuita possono infatti trasmettere qualunque suono, in totale libertà, non ci sono accordi né
con case discografiche, né interessi di altro genere, la voglia di
crescere e acquisire più ascoltatori, però, ha costretto a scegliere
soluzioni di questo tipo, non sempre coerenti, ma pur sempre
necessarie.
La musica non è solo suono, è anche informazione. Un grande
pregio delle trasmissioni musicali di Radio Città del Capo è proprio quello che assieme ai brani viene spiegato il contesto, la
storia, vengono intervistati i protagonisti, spesso appartenenti
alla scena indipendente, che vengono invitati in studio anche
per esibirsi in diretta. L’informazione musicale si accompagna a
quella culturale, con interviste e commenti sul teatro, sul cinema, l’arte, la letteratura, soprattutto all’interno del contenitore
Humus, a cura di Piero Santi.
Radio Città del Capo ha poi ottenuto una discreta visibilità
nazionale con la trasmissione Patchanka, che si avvale di una
doppia conduzione da Milano e Bologna ed è trasmessa in net134
L’informazione radiofonica locale in Italia
work; sul locale attraverso le dirette dal Sesto Senso, il circolo
Arci che ospita il minuscolo studio esterno, e con l’azione dei
conduttori che come “secondo mestiere” partecipano in veste di
dj a serate e feste per la città.
Musica però significa soprattutto servizio. Sono molti gli ascoltatori che si sintonizzano su Radio Città del Capo per ascoltare una musica irreperibile da altre parti, totalmente assente
nell’emittenza nazionale, molti testimoniano di sintonizzarsi anche via Internet quando sono fuori città per ascoltarla. La scelta
di privilegiare generi musicali poco noti o poco trasmessi ha giocato a tutto vantaggio della radio, che ha potuto coinvolgere tra
i suoi ascoltatori anche moltissimi studenti, un pubblico molto
importante in una città universitaria come Bologna, che forse
non cercano il tipo d’informazione che trasmette l’emittente, ma
ad essa di avvicinano attraverso quel mezzo straordinario che è
la musica. Questa musica.
6.4
L’informazione
L’informazione è un argomento centrale per Radio Città del
Capo, l’elemento attorno al quale si definisce e sopravvive lo
stesso progetto di radio; l’informazione è anche l’attività che la
radio riconosce come primaria, come irrinunciabile, nonostante
porti via quali il 65% delle risorse e produca un reddito diretto
pari a zero. L’informazione per questa emittente non è né una
imposizione di legge, né una funzione accessoria, è una scelta,
operata già prima della Mammı̀, un servizio che attraverso la
forma dell’abbonamento è divenuto debitorio nei confronti della
comunità che sostiene la radio, ineliminabile.
Tuttavia, definire che tipo di informazione sia quella Radio
Città del Capo è tutt’altro che semplice. Si tratta di un prodotto
composito, fatto di una sommatoria di elementi, certo integrati
all’interno di un progetto editoriale univoco, che coordina quan135
L’informazione radiofonica locale in Italia
to più possibile, ma anche per parte indipendenti, con istante e
contingenze proprie. L’analisi nei paragrafi seguenti seguirà un
andamento quanto più possibile analitico , soffermandosi sulle
singole parti nel dettaglio, qui, invece, si vorrebbe tentare una
ricognizione più globale, un’approccio al totale, con inevitabili
generalizzazioni e parzialità irrisolte.
Anzitutto è evidente un dato, una divisione piuttosto netta
tra l’informazione dei gr, puntuale, ciclica, cha dà le notizie e
l’informazione di commento ed opinione; parti all’interno delle
quali si sviluppa sia il locale che il non locale. Con le sue sole
forze Radio Città del Capo riesce a produrre informazione locale, con una buona penetrazione sul territorio e l’informazione
internazionale di commento, l’aggiornamento degli eventi in ambito nazionale ed internazionale invece è affidato quasi esclusivamente al network. Una organizzazione dipesa soprattutto dalle
dimensioni dell’emittente, che non le consentono di allestire una
propria redazione per i fatti non locali, di avere inviati o una
rete di contatti sufficienti. Eppure, si definisce come una radio
d’informazione glocale, ponendo l’accento sul fatto che anche la
parte non locale è determinante e pur traducendosi in uno sforzo
ulteriore è necessario affrontarla. Un’apparente contraddizione
che viene risolta solo nel rapporto simbiotico con il network, che
con la sua struttura fornisce a Radio Città del Capo ciò di cui ha
bisogno. Anche nel caso dell’emittente bolognese si apre una dicotomia evidente, quindi, tra locale e non locale, una dicotomia
a livello di palinsesto, di produzione ed organizzazione interna,
ma parimenti ad altre esperienze simili, l’onda propone un flusso ininterrotto, una frattura inavvertibile. Se gli appuntamenti
informativi sono dedicati al locale o al non locale durante tutto
l’arco della giornata, è nella sua trasmissione di punta, La Talpa
Spaziale, che le due parti vengono ricondotte ad una unità di
contenuto attraverso l’informazione d’opinione.
Se il commento, l’opinione, sono caratteri propri dell’infor136
L’informazione radiofonica locale in Italia
mazione prodotta dall’emittente e forse quelli maggiormente
rappresentativi, essi si concentrano prevalentemente sui temi
della politica e della cronaca internazionale. La cronaca — invece — è presente soltanto in una misura fortemente inferiore,
cosı̀ come sono assenti lo sport, l’economia, il costume. Quella di
Radio Città del Capo è una informazione fortemente specializzata, e solo in questa direzione può essere un prodotto distintivo
della radio e distintivo rispetto all’offerta delle altre emittenti
bolognesi e delle quattro testate quotidiane con pagine dedicate
alla città. Tra le altre emittenti cittadine sono poche quelle che
puntano sull’informazione: Radio Città 103 fa una informazione
più militante e molto meno strutturata; Nettuno Onda Libera,
che ha posizioni politiche diverse, produce notiziari di respiro
regionale, informazione sportiva, tratta di molti temi, ma senza la cura e l’approfondimento di Città del Capo; il resto delle
emittenti, invece, tratta l’informazione come un contenuto di
supporto, accessorio.
6.4.1
L’orologio dell’informazione
L’informazione è un fatto ciclico, un bollettino. Non a caso le
più grandi radio d’informazione del mondo, soprattutto quelle
nazionali, organizzano il loro palinsesto intorno alla struttura
ciclica del clock orario, all’interno del quale si alternano momenti informativi differenti e brevissimi, aggiornamenti continui,
e come l’approfondimento (cfr. 3.2.2) soffra di una penalità
evidente, di un ritmo sincopato e frammentario.
Anche il palinsesto di Radio Città del Capo è costruito intorno ad una struttura rigida, quella dei gr, la cui disposizione
nel tempo, però, non è ciclica e presenta invece momenti di
forte concentrazione alternati ad altri più dilatati. Popolare
Network fornisce, nei giorni feriali, quattordici edizioni quotidiane del giornale radio, alle 6:30, 7:00, 7:30, 8:00, 9:00, 10:30,
137
L’informazione radiofonica locale in Italia
12.00, 13.00, 15.30, 18.00, 19.30, 22.30, 23.30 e 00.30. Le edizioni delle 7:30, 13:00, 19:30 e 00:30 sono quelle più lunghe, di
circa 25 minuti, mentre le altre sono edizioni brevi, tra i 3 e i
5 minuti. Come si vede la distribuzione non è omogenea e neppure gli orari lo sono, con otto edizioni alla mezz’ora e sei al
punto ora, inoltre, nelle ore del pomeriggio vi è una pausa di
ben due ore e mezza. È una organizzazione mutuata dagli anni
passati, che Popolare Network, secondo le parole del direttore,
Danilo De Biasio, intervistato per questo lavoro, subirà, nel gennaio del 2005, un makeup di questa griglia verso un andamento
più regolare, edizioni al punto ora e una edizione breve in più,
intorno alle 17:00, che copra la fascia pomeridiana.
Il palinsesto di Radio Città del Capo è ovviamente fortemente
influenzato da questa organizzazione, non solo nel disporre le
trasmissioni tra una edizione e l’altra, ma anche nell’organizzazione del lavoro interna alla redazione. Radio Popolare, in
trent’anni, è riuscita a portare la maggiore attenzione dei suoi
ascoltatori verso una fascia preserale, un orario insolito per la radiofonia, facendo dell’edizione delle 19:30 la propria ammiraglia6
e costringendo in qualche modo le proprie affiliate a seguire la
medesima strategia.
I giornali radio si concentrano prevalentemente sull’informazione nazionale ed internazionale, sui temi della politica, dello sviluppo sociale e del lavoro; le edizioni brevi sono condotti
esclusivemente dagli studi di Milano, mentre nelle quattro più
lunghe c’è lo spazio per interviste, servizi ed approfondimenti.
Se per la scena nazionale Popolare ricorre ai propri inviati e alle
corrispondenze delle varie affiliate, per quella internazionale si
avvale di corrispondenti propri, ma soprattutto di giornalisti di
varie testate quotidiane, come il Corriere della Sera, Il Sole 24
6
Radio Popolare, fin dalla sua nascita, ha posto gli appuntamenti informativi secondo
quelli che erano gli orari di turnazione delle fabbriche, Fabbrica oggi la mattina presto ed
un notiziario sindacale alle 18:30, una tendenza che con il mutare della situazione e del
proprio target è andata attenuandosi.
138
L’informazione radiofonica locale in Italia
Ore, la Repubblica. Anche la cronaca ha un suo spazio, per
lo più senza commenti o corrispondenze, cosı̀ come lo sport,
limitatamente alla domenica.
La redazione di Radio Città del Capo contribuisce al network
dal locale per temi dal respiro nazionale, con servizi solitemente
affidati ai giornalisti più esperti. In questo senso l’apporto fornito al network non è preventivabile né stabilito, piuttosto è una
forma di aggregazione, legata agli accadimenti: ci sono momenti
in cui l’emittente è molto presente, come nei casi dell’omicidio
Marco Biagi o dell’elezione a sindaco di Sergio Cofferati, ed altri in cui contribuisce poco o per niente. Diverso è il caso di
azioni congiute, come per i fatti di Genova, o altri in cui sono
tutte le emittenti ad essere interpellate per un punto di vista
locale, come ad esempio in caso di straordinario maltempo o del
backout del settembre 2003.
6.4.2
Contenitori informazione
La parte più solida dell’offerta informativa di Radio Città del
Capo è costituita dai programmi prodotti dalla stessa emittente,
che si articolano nell’arco della giornata dal mattino alla sera nei
giorni dal lunedı̀ al venerdı̀. Se il primo appuntamento con l’informazione è alle 6:30, con il primo giornale radio, la produzione
locale inizia due ore più tardi, alle 8:30. È un orario insolito per
la radiofonia, molto mattiniera, ma indispensabile per riuscire a
coprire tutta la giornata con le poche forze a disposizione. Una
apertura anticipata, seppure ventilata in un progetto di crescita,
è ancora un’ipotesi di difficile applicazione.
Mente Locale è la prima trasmissione informativa, dura circa un’ora ed è interrotta alle 9:00 da un’edizione breve del gr.
Come suggerisce il nome, vengono trattati soprattutto temi locali, aggiornando i fatti della giornata precedente e commentando le pagine locali de “la Repubblica”, “Il Resto del Carlino”,
139
L’informazione radiofonica locale in Italia
“L’Unità” e “Il domani di Bologna”, testata locale di Lega Coop.
All’interno vi sono anche le informazioni sul traffico, un servizio
attraverso cui la radio cerca di informare sulla viabilità delle
strade e della tangenziale, ma che non funziona alla perferzione,
poiché, nonostante la viabilità cittadina sia peggiorata notevolmente negli ultimi anni, a Bologna manca ancora un servizio di
monitoraggio in tempo reale che, trasmesso via radio, potrebbe
evitare molti disagi. Le forze dell’ordine, infatti, non sono in
grado di fornire informazioni corrette all’emittente, che si affida
alle segnalazioni degli utenti, con inevitabili ritardi che vanno
ad insistere sull’inefficacia del servizio.
A seguire, per una mezz’ora, c’è lo spazio forse più noto,
quello della rassegna stampa nazionale affidata a voci note della
radio, tra cui quella famosa del lunedı̀ dello scrittore Pino Cacucci. È uno spazio che mira ad informare sui fatti del giorno, ma
soprattutto uno spazio di approfondimento, dove i conduttori,
anche forti della propria posizione, sono liberi di fare commenti
e concentrarsi sugli argomenti magari meno noti, da mettere in
rilievo.
La mattinata informativa continua con qualche momento di
infotainment all’interno della trasmissione La Semana, con commenti alle notizie più curiose, trasmissione che ospita Media dal
mondo, una rubrica di pochi minuti che commenta le prime
pagine dei quotidiani stranieri disponibili gratuitamente sul Internet. In conclusione di fascia sono collocati un aggiornamento
dei fatti locali e la rubrica Porto Palo, condotta dal direttore
Giovanni Dognini, basata sul format dell’intervista all’autore di
un libro.
Da questo punto, bisogna aspettare le 18:15 per ritrovare la
redazione informazione della radio. Collocata in testa all’edizione ammiraglia del giornale radio, quella delle 19:30, c’è la
La Talpa Spaziale, il contenitore all’interno del quale si riversa
tutto il lavoro quotidiano della redazione. Si tratta della prin140
L’informazione radiofonica locale in Italia
cipale trasmissione informativa di Radio Città del Capo, fatta
di notizie locali e non locali, basata soprattutto sull’approfondimento, ma che da qualche mese comprende anche un brevissimo
giornale radio locale, con moltissimi servizi registrati ed interventi. La conduzione è affidata ad un redattore esperto secondo
una turnazione, che compone l’edizione scegliendo, in accordo
con gli altri, i servizi da mandare in onda e gli argomenti da
trattare. Oggi La Talpa Spaziale dura circa un’ora e un quarto, anche se nacque come format più lungo, di due ore, ma la
sua caratteristica principale è sempre stata quella di avere una
conduzione dedicata alla parola, con lunghi tratti di dialogo punteggiati dalla selezione musicale della radio, un elemento distintivo, quello della musica all’interno dell’informazione, che rende
l’ascolto molto piacevole e morbido il passaggio da un argomento all’atro. Questa trasmissione si nutre di un lavoro che parte
dal mattino, con la raccolta delle informazioni, la realizzazione
dei sevizi, e la selezione dei contributi, e che coinvolge l’intera
redazione; un lavoro molto intenso che utilizza tutte le risorse
della radio per la realizzazione di un unico format, all’interno del
quale viene sfruttata anche la collaborazione con il network che
giornalmente mette a disposizione delle proprie affiliate servizi
ed interviste per le trasmissioni prodotte in proprio.
La Talpa Spaziale — infine — è anche il luogo dove le apparenti contraddizioni tra locale e non locale sono risolte, il passaggio da locale a non locale non solo è inavvertibile sotto il profilo
della continuità, ma si nutre di continui rimandi, di irrinunciabili
paragoni tra il mondo cittadino e quello che sta oltre.
6.4.3
Le trasmissioni di servizio e redazionali
Durante l’arco della giornata, oltre agli spot e alla musica c’è
anche un altro tipo di punteggiatura, più parca di protagonismo,
ma non meno presente. Sono le trasmissioni di servizio, come
141
L’informazione radiofonica locale in Italia
il meteo o Tempo Reale, agenda quotidiana degli appuntamenti,
che ha quattro edizioni quotidiane ed una telematica sul sito della radio. Sono trasmissioni solitamente poste in testa o in coda
agli eventi informativi, che completano il quadro dell’offerta con
segnalazioni utili, di servizio appunto. Rivestono poi un’importanza non secondaria, perché contrariamente ai giornali radio o
ai contenitori, possono essere sponsorizzati, anzi il meteo è nato
proprio dall’idea di uno sponsor, e consentono all’emittente di
offrire un servizio rientrando almeno dei costi.
Nati da sponsorizzazioni sono anche i redazionali, trasmissioni particolari prodotte e trasmesse dalla radio, ma pagate per
intero dal committente. Sono fonti di reddito non indifferenti,
che rientrano nella logica dell’economia di varietà, dove la radio
riesce a sfruttare il proprio know how giornalistico assieme ad
altre competenze e a dar vita a prodotti originali. Trasmessi solo
dall’emittente o da un gruppo di emittenti tra i redazionali più
recenti si possono segnalare Il Milione dedicato al mondo del lavoro e prodotto in collaborazione con l’Università degli Studi di
Bologna, Informa Regione commissionato con bando pubblico
dalla Regione Emilia Romagna per illustrare la propria attività e trasmesso in un circuito di quindici radio, Codacons, la
finestra sul consumo sull’attività dell’omonima associazione di
consumatori e da essa commissionata.
6.4.4
Dirette, microfoni aperti e speciali
Gli ultimi tre anni hanno visto alternarsi sulle frequenze di
Radio Città del Capo la programmazione normale, quella quotidiana, fissata nel palinsesto, ad eventi speciali, lunghe dirette
dalle piazze di Bologna e del resto d’Italia, o focus su particolari
temi che richiedono una attenzione continua. Non è raro insomma che la radio ceda la linea al network, per trasmissioni che
superano di gran lunghe le sei ore di programmazione congiuta,
142
L’informazione radiofonica locale in Italia
permesse dalla Mammı̀ proprio in virtù del loro carattere straordinario. Si tratta di momenti in cui la normale alternanza dei
programmi è sconvolta a favore di format assente dalla radiofonia nazionale, un flusso ininterrotto di voci e collegamenti, una
cronaca costante. Una modalità di trasmissione che si ripete sia
in ambito nazionale, dove è il network a gestire la regia degli
eventi, sia, più limitatamente, in ambito locale.
Gli esempi sono molto numerosi, dai fatti di Genova, alla
manifestazione sindacale di Roma contro l’articolo 18, alle manifestazioni della pace di Roma e Firenze, alla festa in Piazza
Maggiore per la vittoria di Sergio Cofferati sindaco, solo per
citare gli esempi più recenti. Quella della lunga diretta, infatti, è una modalità che Radio Città del Capo mutua dalle radio
libere degli anni Settanta e che è subito presente, ancor prima
della costituzione del network nella sua storia. Quando un evento ha la necessità di un aggiornamento costante Radio Città del
Capo vi dedica tutta la sua attenzione, soprattutto quando si
tratta di un evento glocale, in grado di interessare la sensibilità
di molti. Negli ultimi anni poi, specialmente dopo l’inizio del
conflitto iracheno, a causa del quale Popolare Network organizzò
eventi dentro e fuori la radio, radunando venti mila persone per
disegnare un simbolo della pace visibile dal cielo, la diretta ha
assunto un valore nuovo, si è caricata di altri significati: con il
network si è potuto dare visibilità a fatti e manifestazioni oscurate dalle televisioni e dalle radio pubbliche, fatti manifestazioni
che hanno coinvolto milioni di persone in tutta Italia.
La diretta — però — non è solo cronaca degli eventi lontani,
quando la diretta interessa la città si fa notizia e la radio diventa fonte, non solo commento. Quando accade qualcosa in
città che richiede l’attenzione immediata della redazione questa è pronta, nonostante non ci sia un redattore notturno o nei
fine settimana pronto alle emergenze come accade nelle redazioni
più strutturate, a mobilitarsi secondo un accordo di reperibilità
143
L’informazione radiofonica locale in Italia
e di avviso reciproco, che si estende anche fuori dalla redazione
della radio e coinvolge giornalisti di altre emittenti, di quotidiani e televisioni. L’omicidio di Marco Biagi, l’occupazione della
stazione da parte dei disobbedienti, la fuga di alcuni immigrati
dal cpt di Bologna, la bomba carta piazzata sotto un camper
in Piazza Maggiore durante un comizio di Gianfranco Fini, sono
tutti fatti che hanno visto la redazione mobilitarsi e andare in
onda dopo pochi minuti, sia dal luogo dell’evento che dallo studio. Una rete di contatti e di rilevamento che dice molto della
professionalità della redazione, ma anche della specificità dei temi trattati. Su altre emergenze, infatti, come quella ambientale,
la redazione non ha appigli, “bucando”, come si dice in gergo, una notizia come il terremoto del settembre 2003, che pure
vide scendere in strada centinaia di persone spaventate in piena
notte, senza informazioni, poiché i telefoni delle forze dell’ordine
erano intasati e dove la radio avrebbe potuto svolgere un ruolo
determinante per rassicurare e informare la popolazione.
Ruolo che, risolti i problemi tecnici, ha avuto modo di svolgere pochi giorni più tardi, durante il blackout tra il 20 e il
21 settembre. Una contingenza fortunata restituisce la corrente
elettrica a Radio Città del Capo, che non è dotata di gruppo
elettrogeno, qualche minuto prima delle 9:00 del mattino, un
orario in cui, essendo domenica, la città inizia a svegliarsi. Le
televisioni non funzionano, mentre gli apparecchi radio, quelli a
pile o quelli delle automobili, sı̀. Le emittenti nazionali danno la
notizia, ma si concentrano sui motivi dell’accaduto e spaziano
con servizi che coinvolgono tutta la penisola, men tre le altre
emittenti locali sono ancora ricevibili. È Radio Città del Capo
a mappare la situazione. Paolo Soglia, presidente della cooperativa, è in studio e chiede ai bolognesi di segnalare la situazione
della loro zona facendo emergere piano piano il quadro completo
la città, fornendo ai cittadini il punto sui servizi essenziali della
città, ritrasmettendo le raccomandazioni delle autorità e, con lo
144
L’informazione radiofonica locale in Italia
stabilizzarsi della situazione, iniziando la cronaca di un fatto che
si trascinerà ancora per qualche settimana.
6.5
Staff, conduttori, redazione
Intorno alla radio ruotano circa sessanta persone, per la maggior parte conduttori di trasmissioni settimanali. Tra staff tecnico, amministrativo, dirigenziale, redazione informazione, musica e cultura, sono solo una trentina le persone a percepire un
qualche tipo contribuzione e solo la metà ha un contratto a tempo pieno. Radio Città del Capo, quindi, pur essendo cresciuta
in dimensioni e importanza, pur riuscendo a portare il proprio
bilancio in pareggio, si basa ancora in larga misura sul volontariato, sull’entusiasmo e la gratuità. È un fenomeno che va sempre
più riducendosi per quelli che sono i ruoli amministrativi e tecnici, quelle presenze senza le quali la radio non potrebbe sopravvivere, ma che ancora costituisce la maggior parte dell’organico
delle redazioni musicale, culturale e informazione.
Tutti i contratti sono enpals7 , anche per i giornalisti, che
più propriamente dovrebbero avere un contratto differente, e
non ci sono contratti dirigenziali. La scelta è ricaduta, dopo la
cosı̀ detta “legge ammazza emittenti” (cfr. 6), su questa forma
contrattuale per motivi di costo, altre forme di contratto, infatti,
non avrebbero permesso neppure di concedere ai dipendenti gli
stipendi minimi di oggi, che si aggirano, per il tempo pieno, tra
i 500 e gli 800 euro netti mensili.
La redazione è composta di quindici persone, di cui solo
cinque hanno un contratto con l’emittente: Lucia Manassi, il
capo redattore, è l’unica giornalista professionista, e cinque redattori, Giusy Marcante, Simone Sabattini, Alessio Corazza,
Beppe Persichella, giornalisti pubblicisti. I dieci collaboratori
7
Ente Nazionale di Previdenza e di Assistenza per i Lavoratori dello Spettacolo
145
L’informazione radiofonica locale in Italia
di cui la radio dispone continuativamente non sono invece retribuiti, per lo più si tratta di studenti della Facoltà di Sciende
delle Comunicazioni, che a seguito di uno stage hanno deciso di
fermarsi in radio per vivere un’esperienza di lavoro ed ottenere
il tesserino di giornalista pubblicista. Se i servizi e le trasmissioni più importanti sono seguite dai cinque redattori, i volontari
sono una parte imprescindibile, poiché forniscono alla radio una
disponibilità di risorse altrimenti inarrivabile.
Tra i conduttori, invece, sono solo quelli diurni ad essere pagati, quelli che conducono una qualche trasmissione tra le 10:00
e le 18:00 di ogni giorno, tra loro, però, non c’è nessun contratto a tempo pieno e la loro retribuzione è basata sul minutaggio
dell’onda. I conduttori delle trasmissioni settimanali, collocate
la sera, non percepiscono alcuna forma di contribuzione e la loro
attività è prestata gratuitamente.
Seppure l’attenzione alla qualità della vita lavorativa è alta e l’emittente voglia affiancare al collegio sindacale interno
una figura responsabile del personale, oggi inesistente, capace di
traghettare i rapporti informali verso una forma più strutturata
e professionale, che elimini le collaborazioni occasionali e sappia
dare un qualche tipo di futuro ai collaboratori, le cifre rimangono quelle esposte: un tipo di retribuzione che anche categorie
meno qualificate faticherebbero ad accettare. Ed è a partire
dalle retribuzioni che si può capire quanto sia oneroso per una
radio locale produrre informazione e mantenere una redazione
interna, ancorché basata per i due terzi sul volontariato: se non
esistesse la redazione, con le sue spese dirette ed indirette, il bilancio della radio non solo sarebbe in attivo, ma tutto l’impianto
dell’attività sarebbe discretamente remunerativo. Lavorare in
una radio come questa, quindi, è una scelta precisa, soprattutto
se la radio è l’unica fonte di reddito, una scelta che può essere
solo personale ed intima, perché condiziona la propria vita e il
proprio futuro.
146
L’informazione radiofonica locale in Italia
6.6
L’impresa economica
Come per ogni azienda, il bilancio di Radio Città del Capo è
composto di una molteplicità di voci, entrate, uscite, ammortamenti che di anno in anno determinano l’attivo o il passivo della
chiusura d’esercizio; sono forse due i fattori che la distinguono
invece dalle altre imprese commerciali: l’assenza di scopo di lucro della cooperativa che gestisce l’emittente e l’esistenza di voci
“improprie” nel complesso del bilancio.
Non meno della maggioranza delle piccole emittenti, Radio
Città del Capo è inscritta in una economia di varietà (cfr. 2.2),
dove lo specifico dell’attività radiofonica garantisce soltanto una
parte, seppur consistente, del fatturato, mentre il resto è reperito in un articolato e peculiare rapporto con il territorio. Accanto
alle entrate pubblicitarie, quindi, che sono la fonte primaria, vi
sono altre voci, che costituisco l’universo frammentario attraverso cui l’emittente riesce a portare a termine l’anno fiscale senza
perdite, o con perdite limitate, e che di fatto sostengono il progetto, fanno in modo che possa sopravvivere un altro anno. Per
certi aspetti si tratta di una logica agghiacciante, perché la radio
è condizionata da avventimenti che si svolgono in un periodo di
tempo molto breve, che permette manovre correttive minime,
dove un errore può rendere vani anni di sacrifici, ma è anche
la logica che regge la quasi totalità della radiofonia locale, o almeno di quella parte che non è intenzionata a vedere la propria
identità, a cedere alle mire espansionistiche dei grandi network
o delle superstation.
Accanto alla pubblicità — quindi — anche Radio Città del
Capo ha la necessità di reperire altre forme di reddito, esterne alla radio, ma che in qualche modo possano sfruttare le capacità e
la notorietà di questa. L’abbonamento (cfr. 6.6.4) è certamente
la più evidente ed anzi forse quella che più di ogni altra ha saputo sostenere l’emittente; i progetti cui la radio partecipa sono
147
L’informazione radiofonica locale in Italia
un’altra fonte importante, non solo diretta, ma che le consentono
di intessere rapporti con le istituizioni ed il territorio, che a loro
volta generano indotto; le attività esterne, seppure la radio abbia
abbandonato ormai da qualche anno l’organizzazione di feste e
concerti, attività invece alla base di moltissime esperienze radiofoniche locali; e infine la collaborazione con altre coopertative e
con altre realtà che nell’ultimo hanno, ad esempio, hanno visto
l’emittente impegnata nella gestione de “La Macchia”, un locale
estivo il cui esercizio si è chiuso in passivo a causa della scarsa
affluenza.
In apertura di capitolo si sono riassunte le varie fasi della storia di Radio Città del Capo e si è visto come le cesure tra una
stagione e l’altra siano state proprio le crisi finanziarie, cui la
radio ha fatto fronte trovando soluzioni sempre diverse, e sempre provvisorie. Sembra quindi miracoloso che a soli tre anni
dall’ultima crisi la radio abbia trovato le risorse non solo per
stabilizzare la situazione, ma per arricchirla qui nuovi obiettivi, nuovi stimoli ed anche una nuova, costosa frequenza su cui
trasmettere. Ma alla base di questa insperata salute non ci sono
miracoli, solo la tenacia delle persone che lavorano in radio e
della cooperativa che gestiscono.
6.6.1
La forma cooperativa
Not Available, la cooperativa che ha come attività principale
la gestione di Radio Città del Capo, è stata fondata nel 1987,
contestualmente all’acquisto della prima frequenza ed oggi ha
116 soci per un capitale sociale di poco inferiore ai 60.000 euro.
È una cooperativa mista, composta in parte di soci lavoratori che
si occupano direttamente dell’emittente e per gran parte da soci
sostenitori, che hanno sottoscritto la quota per rafforzare l’attività nel campo dell’informazione. La forma coopertiva è stata
scelta dai fondatori con un preciso obiettivo: rendere disponibile
148
L’informazione radiofonica locale in Italia
il bene della frequenza ad un alto numero di persone e quindi, di
fatto, non metterlo a disposizione di alcuna. Obiettivo, questo,
che verrà rimarcato con forza nel manifesto (cfr. 6.6.2) del 2001,
scritto nell’anno più duro e più significativo nella breve storia
dell’emittente.
La forma cooperativa ha anche altri significati, meno immediati forse, ma ugualmente riconoscibili. Not Available non
agisce all’interno del “sistema inteso come l’integrazione funzionale della realtà in un tutto che determina essenzialmente i
suoi elementi costitutivi” (Razeto, 2004, p. 8), sarebbe erroneo,
perché significherebbe valutare la cooperativa che gestisce Radio
Città del Capo all’interno degli stessi schemi e meccanismi che
cerca di vincere, sarebbe come porla in relazione con un sistema
di valori che critica e da cui si pone fuori. La cooperativa, senza abusare del termine, è un’alternativa, necessaria, che elabora
un progetto, alternativo appunto, in campo economico, tecnologico e culturale ancor prima che politico. È un’alternativa nel
piccolo, che precisa il concetto, che si pone non in un ambito
economico, ma in uno micro economico, solidale. È una realtà
suboordinata, perché trova la sua base sociale in quei settori ai
margini del sistema di produzione, va in senso contrario, a beneficio di gruppi sociali diversi. Il cooperativismo è riscatto, è un
fatto economico, sociale, politico e culturale, è un nuovo tipo di
relazione.
Not Available non ha fini di lucro e ciò la rende inseparabile
dalle persone che vi lavorano, dal patto che esse stipulano l’una
con l’altra e che non riguarda solo la gestione economica dell’impresa, ma anche le attività che l’impresa svolge, nonostante
all’interno l’organizzazione del lavoro sia strutturata, seppure
non verticistica, e si trovi un corretto equilibrio tra informalità,
burocrazia, ruoli e funzioni disciplinari. I buoni rapporti interni,
la sostanziale amizia che lega i soci lavoratori tra loro, hanno
sempre giocato a favore di questa emittente, che per superare le
149
L’informazione radiofonica locale in Italia
crisi ha saputo trovare le energie necessarie al proprio interno.
È importante — però — sottolineare come non sia l’approccio
“missionario” quello vincente, lo spirito di sacrificio è utile, ma
solo se il progetto d’impresa è concreto.
L’attività della cooperativa ha saputo intessere rapporti
molto concreti, e alle volte molto redditizi, con altre realtà sul
territorio, ha saputo partecipare alla vita cittadina attraverso
alleante di secondo o terzo grado con altre realtà cooperative,
farsi promotrice di inziative, diventare soggetto forte. Non è
un caso che l’attuale presidente di Not Available sia anche il
presidente dell’associazione Bologna Multimediale, che riunisce
buona parte delle aziende bolognesi che si occupano di Information tecnology, o che la stessa cooperativa abbia stretti rapporti con Lega Coop e con la sua testata quotidiana, “Il Domani
di Bologna”. Sono rapporti capaci di estendere il principio di
economia di varietà ad di là dell’azienda stessa, di renderlo vicendevolmente più forte, senza mai tuttavia rischiare che fattori
esterni influenzino l’identità e gli obiettivi del progetto.
Tra i soci, in ultimo, si fa largo l’ipotesi di diversificare le proprie attività anche sotto il profilo fiscale, poiché nonostante la
cooperativa sia una forma sociale vantaggiosa per molti aspetti,
con il crescere del fatturato cresce anche il rischio d’impresa e che
un investimento errato possa trascinare seco tutto il resto o comunque inflenzarne l’andamento. E c’è anche un altro fattore,
non trascurabile: la siae. L’informatica ha in qualche modo
sconvolto le regole all’interno delle radio: per nessuna emittente
è oggi possibile mandare in onda brani dal loro supporto originale, questi devono invece essere convertiti in file audio binari
per poter essere processati, questo è il termine italiano più corretto, dal software di messa in onda o dalla regia automatica;
inoltre, per legge, i supporti originali devono tutti essere marcati
da un bollino, che spesso manca, o perché la stessa etichetta musicale non ha provveduto ad apporlo sulla confezione o perché
150
L’informazione radiofonica locale in Italia
quest’ultima va perduta. La Società Italiana degli Autori e degli
Editori ha un solo modo per controllare che tutto sia regolare:
chiedere alle emittenti un forfait.
Annualmente, il complesso delle emittenti italiane, rai esclusa, versa alla siae milioni di euro, una cifra che è pari al 5%
del fatturato lordo totale e che non tiene conto in nessun modo
delle scelte musicali delle emittenti, che come Radio Città del
Capo possono mandare in onda musica i cui autori non sono
iscritti alla siae, o della musica effettivamente trasmessa, di
cui è prova documentale la dettagliata scaletta che le emittenti
stendono per legge e che ha come controprova ulteriore la registrazione pedissequa di tutto quello mandato in onda, conservata
per interi anni. La percentuale può anche apparire piccola, ma
se calcolata sul fatturato tipo di una emittente di queste dimensioni si ottiene una cifra pari a 20.000 euro, cifra con cui ogni
anno potrebbero essere stipendiati due collaboratori in più. Per
questa ragione, sarebbe quantomeno indicato che Not Available
mettesse al riparo almeno quella parte di fatturato che non è direttamente la radio a produrre, diversificando la propria attività
fiscale.
6.6.2
Il manifesto
Quello che segue è il testo integrale del manifesto di Radio
Città del Capo, datato dicembre 2001. Si tratta di un testo
molto importante per l’emittente, poiché stabilisce i binari da
seguire e gli obiettivi da raggiungere.
Radio Città del Capo è un’emittente indipendente, imperniata
su una cooperativa formata da lavoratori e collaboratori. La
cooperativa si chiama Not Available ed è composta da 116 soci.
Radio Città del Capo considera valori irrinunciabili, collaudati
da un’esperienza quindicinale, la propria indipendenza e la propria funzione di servizio. E considera un diritto essenziale della persona quello di poter comunicare ed essere informata. Per
151
L’informazione radiofonica locale in Italia
funzione di servizio Radio Città del Capo intende il porsi come
soggetto di comunicazione, informazione e cultura di interesse
pubblico, scegliendo esplicitamente di interpretare in particolare
gli interessi di quanti (e sono la maggioranza della popolazione)
sono costretti a subire i meccanismi dei processi informativi e non
hanno strumenti né per incidervi né per tutelarsene.
Ciò assume particolare rilievo in presenza delle concentrazioni editoriali, perseguite da forze politiche ed economiche: esse accentuano quei meccanismi che riducono la pluralità delle voci, mortificano la libertà di informare e comunicare, contribuiscono a determinare la subordinazione sociale di larghi strati della popolazione,
spengono dissenso e dialettica, producono conformismo.
Radio Città del Capo intende operare in controtendenza: privilegiando la lettura critica della realtà, senza emettere sentenze
pregiudiziali ma con l’intento di scoprire, verificare, sollecitare,
evidenziando ciò che non appare, rifuggendo da mode e conformismi, considerando le contraddizioni come elemento fecondo
da conoscere e non esorcizzare, eleggendo come valore ogni spunto di trasformazione che si ispiri ai criteri dei diritti personali e
collettivi, valorizzando la creatività inespressa.
In nessun caso Radio Città del Capo dovrà essere portavoce o
megafono di chicchessia, il suo impegno sarà quello di esprimere
la pluralità del reale e restituire la voce a coloro che ne sono stati
privati.
Ciò comporta tra l’altro: la promozione di sempre nuove fonti
(specie quando il sistema della informazione internazionale tende
a restringerne il numero); un metodo di lavoro fondato sulla ricerca e sulla verifica competente; la partecipazione attiva del pubblico e la cooperazione con chiunque persegua questi stessi fini.
Il proposito è quello di produrre una comunicazione non mercificata, tempestiva ma non compromessa in una scansione di tempi
che snaturi la realtà, una comunicazione che sia anche strumento
per la comprensione, la memoria, l’agire quotidiano. Dagli anni
’90 Radio Città del Capo si propone inoltre di offrire con la sua
adesione al circuito di Popolare Network una proiezione nazionale
e internazionale delle sue attività e dei suoi servizi, senza tuttavia
perdere le proprie radici locali.
Il progetto è quello di un Glocal Radio ovvero una radio capace
di collegare i problemi micro (locali) delle nostre singole esistenze
152
L’informazione radiofonica locale in Italia
con quelli macro (globali) che afferiscono invece ai temi mondiali
dell’economia e dell’ecosistema.
I lavoratori di Radio Città del Capo intendono porsi in quella
pattuglia di protagonisti della comunicazione che vogliono essere
in sintonia con gli elementi progressivi di trasformazione, fornendo, non solo al pubblico ma anche a tutti coloro che lavorano per
l’informazione, uno strumento attivo nel quale e con il quale intervenire. Radio Città del Capo fonda i presupposti della propria indipendenza oltre che nella propria storia, nella propria autonomia
finanziaria, nella criticità, nella ricerca, nella scelta di guardare
alla trasformazione e in quella di schierarsi comunque a fianco di
coloro i cui diritti sono lesi, consapevole che essa si realizza anche
in un concorso di intenti con soggetti politici e sindacali ma da
essi non dipende. Con la convinzione che non vi siano modelli
a cui rifarsi, ma vi sia una grande necessità di dire, comunicare,
intervenire attivamente nella comunicazione collettiva, conoscere
i fatti e le possibili relazioni fra di essi, come contributo ad un
“cercare senso” nell’esistente e nel possibile.
Questo progetto di libertà e indipendenza non può avere padroni
ma solo copartecipazioni; ecco perché abbonarsi significa non solo
aiutare finanziariamente il progetto ma esserne parte attiva.
6.6.3
La pubblicità
La pubblicità è la risorsa più importante per Radio Città
del Capo, poiché da sola è in grado di generare il 60% del fatturato. Per una radio con queste caratteristiche, però, si tratta di un argomento delicato, poiché un abuso di questa risorsa può ingenerare motivi di risentimento negli ascoltatori e ricadute sull’immagine della radio. Anche per questo motivo la
direzione dell’ufficio commerciale dell’emittente è stata affida ad
una persone di grande esperienza e sensibilità come Francesco
De Grande, la cui tenacia ha tenuto insieme l’emittente in più
di un occasione.
Un ufficio commerciale interno all’emittente non è una caratteristica diffusa tra le emittenti, che preferiscono delegare la raccolta pubblicitaria ad agenzie esterne, senza l’onere di dover cos153
L’informazione radiofonica locale in Italia
tituire da zero una rete di contatti e delle spese che una struttura
interna comporta. Averlo, però, significa anche vantaggi: in primo luogo tutte le entrate sono a disposizione della radio, senza
che si affievoliscano tra un passaggio e l’altro, in seconda battuta l’emittente è libera di adottare la politica più confacente
al momento, senza dover trattare o mediare con alcuno. Certo, un’agenzia esterna è in grado di proporre offerte strutturate,
campagne veicolate su più media differenti, pacchetti di spot,
ma l’esperienza di Radio Città del Capo in questo settore si è
evoluta, tanto da rendere residuali le contro indicazioni all’approccio scelto. L’ufficio commerciale, che è composto di quattro
persone, tratta tutte le fasi della pubblicità, dalla ricerca degli
inserzionisti, alla contrattualistica, alla realizzazione degli spot,
alla messa in onda, con ruoli definiti, ma flessibili che cercano
di fruttare al meglio le capacità di ognuno.
Gli inserzionisti di Radio Città del Capo sono collocati per
lo più nell’area della cultura e dello spettacolo, quasi 80% della totalità degli spot riguardano infatti appuntamenti culturali,
spettacoli teatrali, rassegne cinematografiche, eventi musicali.
Il resto si compone in varia misura di altre categorie, tra cui
piccoli e medi commercianti, iniziative sindacali, librerie, negozi
di strumenti e supporti musicali, locali e ritrovi per il tempo
libero. Sono realtà solitamente che non possono permettersi
una campagna di stampa o che affiancano ad essa la radiofonia, soprattutto perché riconoscono negli ascoltatori di Radio
Città del Capo il loro potenziale cliente. La buona resa delle
campagne pubblicitarie è anche dovuta al particolare clima di
Bologna, città universitaria, dove la disponibilità a spendere in
intrattenimento e cultura è più alta che altrove. Dove l’emittente fa più fatica è fuori da questi settori, che non conoscono
l’emittente, la reputano eccessivamente politicizzata, o dove la
radio non ha saputo intessere una rete di contatti sufficiente.
La politica della radio in materia di spot riflette quella degli
154
L’informazione radiofonica locale in Italia
altri settori: va in onda solo il 35% della pubblicità consentita
per legge, con 25 fasce di cinque o sei spot ciascuna tra le 7:00 e
le 23:00, dagli inserzionisti sono escluse quelle categorie che non
sono ritenute in linea con i valori che la radio intende comunicare, come le pelliccerie, e non sono accettati spot elettorali da
parte di qualunque forza politica. Il costo degli spot è inoltre
mantenuto basso, anche se competitivo con il mercato, per una
campagna di quattro giorni sono sufficienti 100 euro, per una
di venti appena quattro volte tanto; una tendenza questa che
l’emittente sta ragionando se invertire, alzare il costo degli spot
— infatti — significherebbe ridurre l’affollamento pubblicitario
e dare più prestigio agli inserzionisti.
Pubblicità non significa solo spot. Esistono le sponsorizzazioni, aziende che legano il loro nome ad un programma
specifico, la pubblicità cartacea su Novantaseietre, il periodico quadrimestrale gratuito dell’emittente e gli introiti derivanti
dagli spot che Popolare Network (cfr. 3.3.3).
Molte emittenti intervistate per questo lavoro hanno dichiarato che gli inserzionisti più grandi chiedono loro i dati Audiradio,
Radio Città del Capo non è stata un “prodotto” Audiradio fino
alla metà degli anni Novanta, quando l’istituto rilevò un ascolto di circa 30.000 unità sui sette giorni. Da allora la radio
non ha più partecipato alle rilevazioni, ritenendolo, parimenti a
tantissime altre emittenti locali, insufficiente, fino al 2004, quando l’acquisizione della seconda frequenza e il progetto di radio
metropolitana hanno spinto la dirigenza a ritentare. Il risultato
del primo ciclo ha rilevato 4 casi nel giorno medio, pari a 15.000
ascoltatori, e 13 nei sette giorni, pari a 35.000. È un dato molto
parziale che anche alla luce di quanto accaduto con il secondo
ciclo di rilevazioni (cfr. 2.1.1), lascia l’emittente perplessa e che
mette in discussione la partecipazione a future indagini.
155
L’informazione radiofonica locale in Italia
6.6.4
Gli abbonamenti
L’abbonamento a Radio Città del Capo è una sottoscrizione
in denaro da parte degli ascoltatori che ha tre aggettivi: volontaria, determinante, imprescindibile. È volontaria perché non è
condizione necessaria per essere un ascoltatore della radio, né
motivo per essere un ascoltatore migliore o peggiore. È determinante perché più di una volta ha permesso alla radio di risollevarsi da una crisi economica. È imprescindibile perché tutt’ora costituisce una voce di bilancio determinante, ineliminabile.
L’abbonamento è una forma evoluta di quella che è la caratteristica abitudine consolidata della sinistra di fare la colletta, è
la sua evoluzione drammatica, un’evoluzione strutturata perché
se la colletta è, come dire, il cappello in mano al momento del
bisogno, l’abbonamento stabilizza le risorse, è un’entrata tutto
sommato stabile, su cui la radio può contare, fare investimenti,
pianificare il bilancio.
Oggi gli abbonati sono circa mille e consentono alla radio di
contare annualmente su una somma di circa 70.000 euro, il 20%
del bilancio complessivo. Si può intuire come questa risorsa sia
indispensabile per far quadrare i conti della radio e non solo delle
sue parti marginali. L’abbonamento è una sorta di contratto che
vincola la radio ai suoi ascoltatori, la vincola a rispettare a pieno
il progetto, a far luce su tutto, ad avere una gestione trasparente.
È una forma di contatto molto forte, che molte emittenti non
possiedono, che dà un volto ed un nome a voci che altrimenti
rimarrebbero ignote o mute. All’abbonato è chiesta una piccola
cifra annuale, alla radio di non tradire la propria identità.
Il 90% degli abbonamenti è sottoscritto o rinnovato durante
la campagna abbonamenti, che è un po’ il carnevale della radio,
una settimana prenatalizia in cui la radio interrompe il flusso
ciclico del palinsesto e riorganizza le trasmissioni, improntandole
sul gioco e le telefonate. Gli inserzionisti mettono a disposizione
156
L’informazione radiofonica locale in Italia
alcuni premi, gli ascotatori telefonano e li vincono e vengono
persuasi a sottoscrivere l’abbonamento. È una festa collettiva,
in cui si celebrano gli ascoltatori più che altro, ma anche dove c’è
lo spazio per sperimentare nuovi format e mettere uno a fianco
all’altro conduttori che non hanno mai lavorato insieme.
Esistono abbonamenti dai 39 ai 150 euro, passando per cifre
particolarmente significative come 96.3 euro, che ricalca la frequenza. Quella di accettare abbonamenti per cifre prestabilite,
senza lasciare la decisione all’arbitrarietà dell’ascoltatore, rientra in una logica ben precisa: capire preventivamente su quale
cifra contare. Anche il veicolo della sottoscrizione è importante
e non a caso l’emittente sta cercando di eliminare i contanti,
il bollettino postale e il bonifico bancario, che sono soggetti a
moria da un anno all’altro, e concentrare le energie sul rid, che
viene pagato in tre rate quadrimestrali, spingendo gli abbonati
verso cifre più alte ed un rapporto più duraturo. Durante la
campagna 2003 è stato introdotta anche la possibilità di sottoscrivere l’abbonamento via Internet, una forma che sta avendo
sempre più successo per la facilità e l’eliminazione dei fax. Altro impegno per l’ufficio abbonamenti è sul fronte del rinnovo,
come l’emittente spiega sul proprio sito web, infatti, la data del
rinnovo è molto importante, poiché rinnovare nei primi mesi dell’anno nuovo significa incidere sulla chiusura d’esercio dell’anno
corrente.
6.7
Gli ascoltatori
Da un’indagine8 condotta tra il dicembre 2003 e il febbraio
2004 su un campione di 500 ascoltatori, l’emittente ha potuto
8
L’indagine è stata condotta a mezzo Internet, attraverso una pagina interattiva con
domande a risposta suggerita. Il campione considerato e qui analizzato ha completato
tutte le domande richieste in forma non anonima, ovvero indicando i propri dati personali
per partecipare al concorso a premi abbinato al sondaggio. I dati completi dell’indagine
sono stati pubblicati su Novantaseietre, anno XIII, n. 1/2, 2004.
157
L’informazione radiofonica locale in Italia
evincere uno spaccato del suo ascolto molto più preciso di quanto permettano i normali strumenti di indagine a disposizione di
una realtà di queste dimensioni. Non si tratta di un’indagine
statistica, ma se raffrontata con i casi rilevati da Audiradio durante il primo ciclo del 2004 si ottiene comunque un campione
esteso e mirato.
Il “sondaggione”, cosı̀ si chiama l’indagine, rileva alcuni dati
che confermano quanto sospettato dall’emittente: Radio Città
del Capo è apprezzata soprattutto da persone con una cultura elevata, o meglio un elevato grado d’istruzione, in una fascia d’età
che va dai 25 ai 45 anni, per il 48% dipendenti, anche se si rileva
un’alta percentuale di lavoratori autonomi, atipici e studenti che
assieme costituiscono l’altra metà dell’ascolto. Contrariamente
alle previsioni, invece, hanno risposto soprattutto gli uomini,
pari al 57% del campione.
Per quanto riguarda le abituni d’ascolto, se la metà degli intervistati conosce la radio da tre o quattro anni, ben il 17% sono
ascoltatori dell’ultimo anno, mentre il resto ascolta la radio fin
dalla sua nascita. Il 38% ha conosciuto la radio attraverso una
segnalazione, il che indicherebbe un forte passa parola cittadino.
I tre quarti del campione ascolta la radio tutti i giorni, prevalentemente da casa o in auto, anche se è in forte crescita l’ascolto
via Internet (cfr 6.8), che arriva al 14%. Anche gli orari rilevano
qualche sorpresa, preferendo la mattina presto come per il resto
della radiofonia, ma concentrando il picco d’ascolto nella fascia tra le 18:00 e le 20:00, ovvero quella in cui sono concentrati
i maggiori pragrammi informativi dell’emittente e del network;
ascolto che per i due terzi si trascina fino alla conclusione dei
programmi, indicando un seguito continuativo. Ben il 56% ascolta anche altre emittenti, preferendo le nazionali RadioTre Rai
e Radio 24 — Il sole 24 Ore.
Tra le trasmissioni più seguite ci sono i programmi d’informazione con il giornale radio in testa (82%) e i programmi
158
L’informazione radiofonica locale in Italia
di approfondimento Porto Palo (48%), Mente Locale (42%),
La Talpa Spaziale (40%). Mentre per quelli musicali il più
seguito è Patchanka parimerito con Humus, unico tra i programmi pomeridiani a superare il 10% del campione. L’ascolto
rispecchia il gradimento, che assegna l’eccellenza ai programmi
d’informazione e qualcosa in meno a quelli musicali e di servizio.
Quello ottenuto dal sondaggione è uno spaccato significativo,
in cui l’emittente quasi sempre si riconosce e in cui trova conferme, non solo relativamente al prodotto radiofonico, ma anche
per le attività che ad esso si affiancano e che lo completano. La
particolare attenzione degli ascoltatori verso l’informazione è anch’essa significativa, sta a dire che Radio Città del Capo lavora
nella giusta direzione, con obiettivi mirati, chiari e condivisi.
6.7.1
Gli Abbonati
Gli abbonati sono ascoltatori particolari, cosı̀ affezionati all’emittente da sottoscrivere una donazione volontaria in denaro
(cfr. 6.6.4), l’abbonamento. Sono anche quella parte di pubblico più attenta, o almeno quella che più direttamente partecipa
alla vita della radio, si interessa degli accadimenti e dei processi
interni, non manca di essere critica sulle decisioni della cooperativa e sulla linea editoriale e certamente non è avara di commenti
positivi. A tenere la regia è Bibı̀ Bellini, responsabile dell’ufficio
abbonamenti, l’unico a conoscere personalmente uno per uno gli
abbonati, a coinvolgerli, a tenerli informati, a sapere cosa fanno
nella vita e a cosa pensano, come vorrebbero la radio, quali sono
i loro dubbi e ad insistere perché visitino la radio almeno una
volta.
È una forma di conoscenza reciproca che aiuta a creare connessioni non estemporanee, che vanno al di là delle due feste che
la radio organizza ogni anno, per il compleanno dell’emittente e
per l’inaugurazione della campagna abbonamenti, che rende viva
159
L’informazione radiofonica locale in Italia
la radio all’interno anche al di là dell’onda, trasformandosi in elemento connettivo, aggregante, tra gli stessi ascoltatori. Essere
abbonati alla radio non è un modo per usufruire di un servizio,
o per ottenere sconti in una trentina di esercizi sparsi per la
città, è entrare in relazione con gli altri, sentirsi parte di un
gruppo esclusivo, è la realizzazione più concreta di quello che
afferma Menduni (2001, p. 184) a proposito della radiofonia locale e che in parte lo contraddice: perché qui la fedeltà è alta,
irrinunciabile.
6.8
www.radiocittadelcapo.it
Quella visibile attualmente è la terza versione del sito web di
Radio Città del Capo, inaugurata nel maggio del 2003. In vero,
l’emittente bolognese fu forse una delle primissime radio locali
ad investire su Internet come veicolo di promozione e contatto,
oltre che di lavoro. La prima versione, datata 1998, cosı̀ come la
seconda, del 2000, sono frutto di un lavoro interno all’emittente,
per molti aspetti amatoriale, che però ha saputo assolvere le
esigenze della struttura. Con la terza versione c’è invece un
salto qualitativo avvertibile sotto più di un aspetto e che oggi
pone la radio all’avanguardia, almeno tra le radio locali.
Il sito è una vera e propria piattaforma editoriale che consente
ai collaboratori della radio di arricchire le pagine di contenuto,
testuale o multimediale, in totale autonomia, senza l’intervento di un responsabile tecnico, conferendo cosı̀ grande flessibilità
alle routine di lavoro. È dotato di sezioni che illustrano l’attività della radio, il suo progetto, il palinsesto e i programmi, ha
un aggiornamento quotidiano, che riporta notizie sui programmi in onda, sugli appuntamenti e la versione testuale di alcune
trasmissioni, come Tempo Reale e Media dal Mondo. Il sito è
un dono di un abbonato alla radio e pone molta attenzione alla
fruibilità e all’accessibilità, rispetto alla grafica; ha guadagnato
160
L’informazione radiofonica locale in Italia
qualche premio, come quello di CoopNet 2003 e Möbius 2004,
per altro classificandosi sopra siti di radio importanti come quelli
di RaiUno Rai e Radio Radicale.
Il rapporto tra radio ed Internet, però, è più stretto. Da
quando i conduttori sono liberi di gestire i propri contenuti in
autonomia, l’indirizzo del sito viene ripetuto spesso, gli ascoltatori sono invitati a visitarlo non solo come fonte d’informazione
sui programmi, sugli orari e il palinsesto, anche come fonte di
approfondimento o per recuperare quello che nella concitazione
del dialogo è andato perduto, come il titolo di un disco, di un
libro, il sito Internet di un gruppo musicale o di una istituzione.
Anche l’audio riveste molta importanza, poiché la radio più
che testo produce materiale sonoro, dalle interviste, agli speciali, ai live in studio, sono materiali che ha senso conservare,
archiviare e riproporre attraverso un diverso veicolo, slegato dal
flusso radiofonico, che sia in grado di consentire un ascolto in
differita. È una modalità, quella del narrowcasting via Internet
che la radio persegue fin dai primissimi vagiti sulla rete e che
proprio nell’ultimo hanno sembra aver trovato una sua stabilità
strutturale ed una logica meno casuale. Sia le trasmissioni musicali che quelle informative, nel momento in cui esauriscono il
tempo in onda, rendono disponibili sul sito i propri materiali,
arricchendo quella sezione che va sotto il nome di “Archivi audio”, che in breve ha saputo contenere ed ospitare decine di ore
di materiali. In questo ambito, Radio Città del Capo detiene
un primato, che è quello dello streaming, della radio in diretta via Internet, che si sta configurando come un vero e proprio
canale alternativo, soprattutto per la tanta parte di ascoltatori
affezionati che hanno una grande mobilità e spesso si muovono
al di là dei limiti spaziali del segnale.
Il sito, in ultimo, è anche diventato un mezzo di scambio e
di promozione per le attività non radiofoniche della cooperativa, per l’ufficio commerciale che via rete fornisce e riceve infor161
L’informazione radiofonica locale in Italia
mazioni dagli inserzionisti e veicola la propria offerta, o per i
progetti esterni, dove di nuovo il sito è piattaforma di scambio
sicura e archiviazione per materiali di ogni genere.
Il rapporto tra nuove tecnologie e Radio Città del Capo è
quindi un rapporto che va sempre più strutturandosi, anche per
questo l’emittente ha intrapreso nuovi progetti in questo senso, che mirano ad una gestione delle informazioni interne ed
esterne meno caotica, ad una integrazione sembre più marcata
tra meccanismi di produzione e dialogo tra i vari uffici, dove
spesso, nonostante il numero non elevato di persone, le informazioni faticano a circolare. Questi progetti riguardano da una
parte il potenziamento degli strumenti già esistenti, come il sito,
dove nell’arco del 2005 saranno disponibili sempre più materiali sonori, dall’altra la creazione di nuove piattaforme tecnologiche per il lavoro interno, come l’allestimento di un server
interno per lo scambio e l’archiviazione dei file e il ripensamento
radicale delle soluzioni software verso una piattaforma libera e
accessibile.
162
Parte IV
Appendici
163
Appendice A
Analisi dei dati raccolti
La letteratura sulla radiofonia locale soffre da sempre della
mancanza di dati statistici certi ed analisi quantitative che possano descrivere con esattezza le dimensioni economiche e strutturali, oltre che l’estensione, del fenomeno. È una mancanza
che si ripercuote anche, e con incidenza più diretta, sulla stessa
radiofonia locale, poiché per un’azienda non conoscere con sufficiente esattezza il proprio settore significa muoversi nel mercato
con una limitata capacità di intervento, correndo rischi anche
notevoli. Le aziende radiofoniche che operano a livello locale, occasionalmente suppliscono ai dati con andagini private, cercando
di interpretare quello che accade nella città, nella provincia o nella regione ove operano; si tratta però di indagini non strutturate,
basate sul passa parola, sui contatti professionali, amicali e vicinali che ogni azienda, per sopravvivere, stringe nel corso della
propria attività, indagini che sono spesso inutilizzabili dallo studioso, perché parziali e comunque non rese pubbliche. Anche le
Regioni di tanto in tanto operano analisi sul proprio territorio,
come l’Umbria, la Toscana o l’Emilia-Romagna, in questo caso
però si tratta di analisi davvero sporadiche, anche se efficaci, e
che bisognerebbero di un aggiornamento quanto meno biennale
per essere attendibili.
Le ragioni dell’assenza di dati sono state espresse nel para164
L’informazione radiofonica locale in Italia
grafo 2.1 e si possono riassumere nell’inefficienza degli organi
preposti, nella rapida e disorganica crescita del settore, nella
sua altrettanto disordinata compressione, nella parzialità degli
istituti di rilevamento, come Audiradio (cfr.2.1.1), che analizzano una parte minima del settore, con pratiche accettate, ma
discutibili.
Questo studio ha basato quanto espresso nei capitoli precedenti utilizzando il maggior numero di fonti possibile e cercando
di risolverne le contraddizioni, occasionalmente operando confronti tra indagini condotte in tempi molto differenti, ma arrendendosi di fronte a quei casi ove la forzatura avrebbe falsato
la natura e il contesto del dato. Ai dati disponibili si sono affiancati quelli raccolti direttamente sul campo, attraverso una
serie d’interviste ai responsabili delle emittenti, delle agenzie
radiofoniche di stampa e attraverso un questionario a risposta
suggerita, sottoposto ad un alto numero di emittenti.
Il questionario è stato segnalato via posta elettronica a 973
emittenti locali, di cui 119 hanno risposto in forma corretta a
tutte le 51 domande. Seppure la compilazione, avvenuta via Internet attraverso una pagina pubblica, prevedeva l’indicazione
del nome della radio come deterrente ad intromissioni e falsificazioni dell’indagine, ai partecipanti è stato garantito l’anonimato, ragione per cui i dati vengono pubblicati in forma aggregata e non analitica. Il questionario non è — ovviamente —
un’analisi statistica, né ha la pretesa di rilevare dati certi, tuttavia la corrispondenza di alcuni indici spia, domande inserite
per permettere un confronto con altre indagini, con altri dati
già pubblicati ne consente una valutazione positiva.
Hanno risposto in prevalenza emittenti del sud Italia (44%),
seguite da quelle del nord (34%) e dal centro (22%). È un dato che collima nei termini di localizzazione geografica con le
stime antecendenti questo studio. Le radio appartengono a 42
province su 103 e 16 regioni su 20, dall’indagine rimango quindi
165
L’informazione radiofonica locale in Italia
fuori le emittenti di Abruzzo, Friuli Venezia-Giulia, Liguria e
Valle d’Aosta. Tra le province che hanno fornito più risposte si
segnalano Brescia, Bologna, Bari, Macerta e Firenze.
Figura A.1: Localizzazione geografica delle emittenti
Frequenza e qualità del segnale
Le emittenti trasmettono per il 47.6% su più di tre frequenze
contemporaneamente, solo il 23.8% trasmette su due frequenze e ancora meno su una sola frequenza, 14.3%. La portata
del segnale è regionale per il 57.6% e provinciale per il 23.8%,
mentre solo il 7.1% ha una frequenza cittadina o metropolitana.
Il bacino d’utenza è per il 35.7% tra le cento e le cinquecento
mila unità, salendo oltre i cinque milioni per il 31% e frammentandosi nelle cifre intermedie. Questo dato è particolarmente
significativo, perché indica che l’essere locali non significa necessariamente avere una portata locale, limitata e come nella stessa
classificazione legislativa rientrino realtà molto differenti.
166
L’informazione radiofonica locale in Italia
Figura A.2: Numero di frequenze su cui operano le emittenti
La qualità del segnale è buona per il 61.9%, mentre è disturbata per il 28.6%. I motivi del disturbo sono per il 33.2% causati
da ostacoli naturali, ma per il 66.7% rileva disturbi causati da interferenze di altre emittenti, confermando il fatto che lo spettro
di banda fm è cosı̀ satuto da consentire la trasmissione ad una
distanza insufficiente. Gli impianti delle emittenti sono posti
per più dei tre quarti fuori città, su un monte o collina, mentre
solo il 21.7% usufrisce di strutture artificiali, palazzi o torri. La
quasi totalità, invece, rileva “coni d’ombra”, ovvero zone in cui
il segnale è assente a causa di ostacoli che ne impediscono la
propagazione in linea retta, in che, data la morfologia del nostro paese, è quasi ineliminabile se non con ripetitori e strutture
artificiali che rendono la totalità della rete ancor più densa di
fonti e segnali.
167
L’informazione radiofonica locale in Italia
Figura A.3: Estensione del segnale
Ascolto e ascoltatori
La risposta relativa agli ascoltatori medi durante il giorno
medio e nell’arco della settimana è stata quella che ha subito
maggiori variazioni. Le radio segnalano cifre che vanno dai
cinque mila ai seicento mila ascoltatori nella giornata e si
triplicano per la settimana, con medie irreali e non indicative.
Il 50% delle radio ricorre ad Audiradio per conoscere il proprio ascolto, mentre il 9.5% si affida ad indagini istituzionali e
il resto ricorre ad indagini private o di altri istituti di ricerca. A
dichiarare di non possedere dati sono solo il 3% delle emittenti.
Gli ascoltatori di queste emittenti hanno un’età compresa tra
i 26 e i 45 anni, sono interessati in pari misura alla musica e
all’informazione, non ponendo particolari attenzioni verso l’intrattenimento; ascoltano la radio ogni giorno per il 59.9% e due
o tre volte alla settimana per il 26.2%, prevalentemente nella
fascia tra le 09:00 e le 13:00 e, in misura inferiore, tra le 15:00 e
le 18:00.
168
L’informazione radiofonica locale in Italia
Figura A.4: Diffusione delle indagini di ascolto
Storia della radio
È il 1976 l’anno in cui sono nate la maggior parte delle radio
(40%), un picco nella curva risultante che non trova similitudini e che comunque si assesta vicino allo zero nell’ultima decade
del secolo scorso, dimostrando quando l’approvazione delle leggi ha impedito la nascita di nuove realtà. L’80% delle radio
ha una concessione commerciale e il 45% è gestita da una società a responsabilità limitata. La cooperativa è presente per
il 12%, mentre l’associazione solo per il 7.1%, forme sociali che
afferiscono quasi esclusivamente alle radio comunitarie. Il 57.1%
rileva cambiamenti della proprietà nel corso della propria storia.
Le radio sono nate per ragioni commerciali per il 49.2%, di
opportunità per il 21.4%, comunitarie per il 14.3% e politiche per
il 12%. Un dato interessante, vede la proprietà delle radio nate
per ragioni politiche in mano a cooperative, che però gestiscono
l’emittente con una consessione commerciale.
Solo il 31% delle emittenti fa parte di un network e aderisce
169
L’informazione radiofonica locale in Italia
Figura A.5: Forma societaria delle emittenti
ad esso per ragioni politiche per il 36.8% o in pari misura perché
il network fornisce l’informazione, mentre solo una percentuale
residuale pensa al netowork come un introito pubblicitario
assicurato.
Voci di bilancio e pubblicità
Le domande relative alle voci di bilancio hanno rivelato una
situazione tutto sommato nota. La pubblità è fonte di introiti
superiore al 50% per la quasi totalità delle emittenti commerciali, mentre solo il 4.8% delle emittenti — tutte comunitarie
— ha dichiarato di non avere introiti pubblicitari. Gli inserzionisti sono prevalentemente aziende e commercianti locali (85.7%),
enti pubblici (45.2%) o aziende nazionali (57.1%), di questi il
55.8% chiede i dati Audiradio.
Il 12% delle radio non ha altre forme di sostegno, mentre per
il 33% queste costituiscono una voce di bilancio tra il 11 e il
20%. L’organizzazione di feste ed eventi è per 42.9% la forma di
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L’informazione radiofonica locale in Italia
sostegno alternativa più consistente, il 16.7% stabilisce scambi
merce (merce vs. spot) con aziende locali e il sostegno degli
ascoltatori è parimerito con i finanziamenti pubblici al 14.3%.
Figura A.6: Forme di sostegno alternative alla pubblicità
Informazione
Per la natura di questo studio, le domande sull’informazione
hanno riguardato il maggior numero di domande, dalle quali
sono emersi risultati in parte già espressi nei capitoli precedenti
e qui riassunti.
Il 66.7% asserisce che l’informazione è parte fondamentale ed
imprescindibile per proprio palinsesto, il 19% che è un servizio,
mentre solo il 7.1% soffre delle imposizioni di legge. Il 57.1%
delle emittenti produce informazione in concorso con terzi, il
28.6% la produce da se e il 14.3% la ottiene da terzi per la
totalità.
Piccole redazioni interne sono molto diffuse, il 71.4% ne
possiede una con meno di dieci redattori, mentre il 16.7% non
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L’informazione radiofonica locale in Italia
Figura A.7: Come l’informazione è percepita dalle emittenti
ha redazione. Lavorano nelle redazioni giornalisti pubblisti per
il 36%, per il 15% giornalisti professionisti, mentre quelli non
iscritti a nessun tipo di albo costituiscono la maggioranza, con
il 49%. Il rapporto con i redattori è regolato con contratti a
tempo indeterminato cper 40.5%, contratti a tempo determinato o a progetto per il 45.2%, mentre il volontariato è esteso fino
al 26.2%.
L’informazione pesa sul bilancio delle emittenti fino al 30%
per il 31% dei casi e fino al 50% per il 28.6%, cifra che sale sopra
il 50% per tutte emittenti che si dichiarano d’informazione.
Le mittenti dedicano per 50% da una a tre ore giornaliere
all’informazione, ma la quasi totalità delle radio d’informazione
dedica tra le quattro e sei ore, con punte rilevanti anche oltre
questa cifra. Il palinsesto prevede format molto eterogenei: giornali radio locali e nazionali e programmi di approfondimento per
il 70%, la rassegna stampa è presente nel 50% dei casi, mentre il
38.1% delle emittenti programma regolari microfono aperti con
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L’informazione radiofonica locale in Italia
Figura A.8: Da chi sono prodotti i programmi di informazione
Figura A.9: Il peso dell’informazione sul bilancio complessivo
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L’informazione radiofonica locale in Italia
gli ascoltatori sui temi della giornata.
Figura A.10: Ore giornaliere dedicate all’informazione
Gli argomenti più visitati sono la cultura, lo sport, la politica e la cronaca nella quasi totalità dei casi, mentre economia
e costume sono praticamente assenti. Ogni radio trasmette in
media 14 gr quotidiani, in una forbice temporale compresa tra
le 5:00-9:00 e le 20:00-00:30, dimostrando una grandi differenze tra i vari palinsesti, che sono organizzati per 62% secondo
l’alternanza di programmi e per il 38% secondo un flusso orario.
Tecnologie
La penetrazione tecnologica all’interno delle emittenti è per il
47.6% avanzata e buona per il 45.2%, la manutenzione è affidata
a tecnici interni alla radio per il 33.3%, a tecnici esterni per il
23.8% e ad entrambi per il 35.7%. Gli investimenti più consistenti sono operati per le tecnologie informatiche, subito seguite
da quelle di alta e bassa frequenza, scarsi invece gli investimenti
in tecnologie tecnologiche o digitali, come il dab o il satellite.
174
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