LA SCATOLA MAGICA - Parrocchia Maria Madre della Chiesa

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LA SCATOLA MAGICA - Parrocchia Maria Madre della Chiesa
Parrocchia Maria Madre della Chiesa , Matera - Arcidiocesi Matera Irsina - via dei Dauni, 20 - 75100 Matera - tel 0835 387892
www. mariamadredellachiesa. it
Ad Eleonora ed Annacarla,
a tutti i semi di luce
e a tutti coloro che di loro si occupano con amore
LA SCATOLA MAGICA
Una notte, un vento autunnale portò via, lontano, un piccolissimo seme di luce.
Dopo aver riposato dieci giorni, il seme, mosso da un ultimo soffio, riprese la
sua corsa per fermarsi in una selva, posto davvero insolito,
in cui vivevano insieme, animali della fattoria, del bosco e
della savana; un luogo speciale,
dove
tutti
erano
impegnati
ad
assolvere un compito: dare luce e vita
a tutti i semi che lì, si erano fermati
per essere nutriti e riscaldati.
I più leggeri e delicati si fermavano nell’ultimo rifugio; ad accoglierli, in fondo,
erano un leone ed una leonessa, che, con i loro rari e brevi
ruggiti,
dettavano
e
scandivano
il
percorso dei semi. Questi erano stati posti
con estrema cura in scatole trasparenti
munite di sei oblò con tendina, di cui quattro si aprivano
all’occorrenza.
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In tutto i rifugi della selva erano tre:
- il più lontano era quello in cui si fermavano i chicchi più piccini, nutriti con un
cibo speciale conservato in sacchi sospesi su un arbusto collocato nei pressi
della scatola fatata e con poco latte portato dalle mamme mou, che si
avviavano dalla fattoria ogni tre ore;
- nel rifugio posto al centro, i semi più pesanti, quelli che avevano bisogno di
più latte;
- nel terzo, il più vicino all’uscita della selva, dove la luce del sole batteva più
forte, si fermavano i semi cresciuti nel peso;
In questo ricovero, i chicchi trascorrevano molto tempo con le mamme mou
prima ancora di poter uscire e tornare a librare nell’aria.
I papà leopardi potevano entrare nei rifugi solo in orari
prestabiliti e potevano condividere il loro amore e calore due
volte al giorno; mentre alle mamme mou erano permessi ben
sei incontri.
A minacciare la vita dei piccoli chicchi, un mostruoso drago
alato, con due enormi occhi gialli e sporgenti, che dall’alto
sorvolava
tutta
la
selva.
Il
suo
fuoco
metteva
continuamente in pericolo la vita di tutti i semi che lì
riposavano.
Le scatole erano calde dimore, che a volte si illuminavano di una luce
fluorescente, di colore turchese o viola.
In queste, a custodire i cuori dei semi si alternavano due piccoli
coniglietti con un orsetto e due coccinelle in
compagnia di un elefante.
Vicinissimi alle scatole erano piccoli scrigni che contenevano
grilli e cicale; questi cantavano allorché un certo signor Ossigin, ospite vitale
della selva, tardava ad arrivare.
Egli riposava in un baule e indossava sempre una divisa invisibile, veniva fuori
solo in caso di necessità, quando i grilli o le cicale,
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avvertendo la sua assenza, necessaria per la vita del piccolo seme, lo
svegliavano con i loro canti e i loro chiacchiericci.
Ossigin aveva una cara amica, la signora Sasà; sua compagna di giochi, che di
rado arrivava nella selva, veniva chiamata solo in caso di bisogno, quando
Ossigin si sentiva solo e la sua presenza ed energia risultavano indispensabili.
Sasà, donna molto vanitosa, veniva avvisata con grande anticipo; la sua
preparazione, infatti, richiedeva tempo, sicché giungeva nella selva con una
certa austerità, sempre profumata, elegante e impeccabilmente vestita di un
rosso porpora.
I loro giochi erano dei piccoli riti necessari per la vitalità del seme e
fondamentali per il tempo che il chicco doveva trascorrere nella selva affinché
crescesse per potersi poi trasferire da un rifugio all’altro e poter, in ultimo,
uscire dalla selva.
A vegliare ininterrottamente e senza tregua, diverse gazzelle che con tanta
pazienza e vigore erano sempre pronte ad accudire,
nutrire, controllare ed ordinare i chicchi e le loro
scatole magiche, le quali, nel passaggio da un rifugio
all’altro, venivano sostituite da vere e proprie culle.
Le gazzelle, essendo le prime a conoscere i progressi dei piccoli semi,
appuntati in registri colorati e ben ordinati, aggiornavano e
coinvolgevano riservatamente le mamme mou che, timide,
entravano nei rifugi per portare il loro prezioso nutrimento.
Inoltre, queste avevano, la facoltà, nel secondo rifugio, di trasformare le
mamme
mucche
canguri,
pronte
in
a
mamme
coccolare,
riscaldare e cibare direttamente i
semi.
Nel terzo rifugio si completa l’opera: una
barriera eterea, composta dalle lacrime delle mamme mou, dall’ottimismo dei
papà leopardi, dalla grande forza dei leoni e delle leonesse, dalla immensa
vitalità delle gazzelle e dai preziosi doni, si erge a scudo impalpabile fino ad
arginare il fuoco del drago infame.
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Il seme di luce Annacarla è stato nutrito e riscaldato, nella selva, per 65 giorni.
Un particolare e affettuoso ringraziamento
dai genitori di Annacarla Tota
U.O. di NEONATOLOGIA – U.T.I.N.
“Ospedale S. Carlo” - Potenza
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