Jean d`Ormesson è nato nel 1925 a Parigi ed è uno dei più celebri

Transcript

Jean d`Ormesson è nato nel 1925 a Parigi ed è uno dei più celebri
Jean d’Ormesson è nato nel 1925 a Parigi ed è uno dei
più celebri scrittori e intellettuali francesi. Tradotto in
tutto il mondo, è membro dell’Académie Française
ed è stato per anni direttore di «Le Figaro». È stato
presidente del Consiglio internazionale della filosofia
e delle scienze umane dell’Unesco e ambasciatore
francese all’Onu. I suoi libri più noti in Italia sono A
Dio piacendo, La gloria dell’Impero, Il vento della
sera e Il romanzo dell’ebreo errante. Il suo ultimo
successo, Che cosa strana è il mondo, pubblicato
in Italia nel 2011 da Barbès Editore, è diventato
in Francia un autentico caso editoriale, restando per
mesi nei primi cinque posti dei libri più venduti e
facendo di d’Ormesson uno degli scrittori più amati
dalle nuove e nuovissime generazioni di lettori.
Gare du Nord
La frenesia e la multiculturalità della parigina Gare du
Nord raccontano il carattere composito della collana di
narrativa contemporanea di Edizioni Clichy, dedicata alla
scrittura di stampo letterario, principalmente francofona
ma non solo: storie, esseri umani, vite, colori, suoni, silenzi,
tematiche forti, autori dal linguaggio inconfondibile,
senza timore di assumere posizioni di rottura di fronte
all’establishment culturale e sociale o di raccontare abissi,
sperdimenti, discese ardite ma anche voli e flaneries.
«La conversation»
de Jean d’Ormesson
© 2011 Éditions Héloise d’Ormesson - Paris
Per l’edizione italiana:
© 2013 Edizioni Clichy - Firenze
Edizioni Clichy
Via Pietrapiana, 32
50121 - Firenze
www.edizioniclichy.it
Isbn: 978-88-6799-002-3
Jean d’Ormesson
La conversazione
Traduzione di Tommaso Gurrieri
Edizioni Clichy
La conversazione
Tutto accade attraverso le idee;
esse producono i fatti,
che gli servono solo da involucro.
Chateaubriand
La mia ammirazione per Bonaparte è sempre stata
grande e sincera perfino quando
attaccavo più vivacemente Napoleone.
Chateaubriand
Prologo
Varcare il Rubicone
La storia offre dei momenti
in cui sembra esitare prima di prendere
lo slancio: Alessandro Magno alla testa
delle sue falangi un istante prima di attaccare
l’Impero persiano dalle risorse inesauribili;
Annibale quando decide di varcare
le Alpi con i suoi elefanti per colpire
Roma al cuore; Cesare - l’esempio
più celebre - sulle rive del Rubicone;
il generale de Gaulle a Bordeaux, all’alba
del 17 giugno 1940, quando sale
sull’aereo del generale Spears che lo porterà
a Londra, verso la ribellione, verso
una resistenza che può sembrare allora
senza speranza - e verso la gloria.
È uno di questi lampi che ho
cercato di cogliere: l’istante in cui Bonaparte,
adulato dai francesi che ha portato fuori
dall’abisso, decide di diventare Imperatore.
11
Jean d’Ormesson
C’è sempre una preistoria
che occorre tenere presente.
Nel novembre 1799
Bonaparte ha trent’anni. Con la complicità
di Sieyès, dopo aver comprato l’aiuto
di Barras e con l’aiuto di suo fratello Lucien,
è riuscito per un pelo, al suo ritorno
dall’Egitto,
a compiere il colpo di Stato
del 18 brumaio anno VIII:
mette fine a un Direttorio screditato
che è durato quattro anni.
I cinque direttori (solo
i primi due contano) - Barras,
Sieyès, Gohier, Roger Ducos, Moulin vengono sostituiti da una «commissione
consolare» di tre membri - Sieyès,
Ducos, Bonaparte - presto sostituita
essa stessa, grazie a una nuova Costituzione,
da un altro trio: Bonaparte, Primo Console;
Cambacérès, Secondo Console; Lebrun,
Terzo Console. Il Primo Console
ha tutti i poteri. Il Secondo e il Terzo
Console hanno solo un ruolo consultivo.
La situazione del paese è terrificante.
12
La conversazione
Il commercio e l’industria sono in ginocchio.
La produzione industriale è ridotta
del 60% a Parigi, dell’85% a Lione. I porti
di Marsiglia e Bordeaux sono praticamente
chiusi. La rete stradale è distrutta.
Il servizio delle diligenze
non è più assicurato.
Un brigantaggio generalizzato si estende
all’insieme del territorio,
soprattutto in Provenza e
nell’Ovest. I boschi e le colture sono
devastate. La moneta è svalutata
del 99%. Le casse dello Stato sono vuote.
La paga dei funzionari e dell’esercito
accusa un ritardo di oltre un anno.
Le rendite non sono più corrisposte.
Non c’è più alcun bilancio
stabilito. Un delirio di lussuria ha sconvolto
i costumi. Per quattro anni, dall’anno VIII
all’anno XII, dalla fine del 1799 all’inizio
del 1804, Bonaparte, a prezzo di un impegno
prodigioso, riforma profondamente
la Francia e la rimette in piedi.
Nel febbraio del 1800, tre mesi dopo il colpo
di stato, un referendum sull’organizzazione
13
Jean d’Ormesson
del Consolato dà più di tre milioni
di voti a Bonaparte contro millecinquecento.
Il Primo Console s’insedia alle Tuileries,
poi a Saint-Cloud, fonda la Banca di Francia,
ferma la lista degli emigrés e decreta
l’amnistia,
promulga il Concordato, organizza
l’istruzione pubblica, crea il sistema
dei licei, crea la Legion d’Onore,
crea il franco germinale con la sua effigie.
Varca soprattutto il Gran San Bernardo,
riporta sugli austriaci la vittoria
di Marengo e firma nel 1802
il trattato di Amiens
con l’Inghilterra, la Spagna e l’Olanda.
Quello stesso anno 1802, Bonaparte, che ha
già ottenuto di essere rieletto
per dieci anni, si fa
nominare Primo Console a vita e instaura
una nuova Costituzione approvata
a sua volta da una maggioranza massiccia
e che rinforza ancor di più i suoi poteri.
In che momento l’idea di diventare
Imperatore
e di fondare, dopo i Merovingi,
14
La conversazione
i Carolingi, i Capeti, i Valois
e i Borboni, una nuova dinastia
appare nella mente di Bonaparte?
È difficile dirlo. Nei primi mesi
del 1804, con l’esecuzione capitale del
contadino ribelle
Cadoudal e il suicidio di Pichegru,
e soprattutto con il rapimento su territorio
tedesco e l’esecuzione del duca di Enghien,
l’ultimo dei Condé, Bonaparte darà
abbastanza garanzie alla Rivoluzione
- che lui completa
in ogni senso del termine - per poter
aspirare apertamente a salire sul trono
imperiale. Ho situato un po’ prima, nel corso
dell’inverno 1803-1804, una conversazione
immaginaria e decisiva con Cambacérès.
Conversazione immaginaria - ma in cui
tutte le parole prestate al Primo Console
sono state da lui
pronunciate in una circostanza
o in un’altra. Non mi sarei avventurato
a inventare delle frasi che avrebbero potuto
sembrare ridicole o esagerate.
Tutto ciò che dice
15
Jean d’Ormesson
Bonaparte - e anche la storia un po’
ingarbugliata dello scialle di Joséphine tanto
ambito dalla sua cognata, Caroline Murat figura nei documenti dell’epoca:
racconti, rapporti, memorie...
Conversazione con Jean-Jacques Régis
di Cambacérès. Mi sono sentito più libero
col futuro duca di Parma che con
il Primo Console. Le sue idee sono meno
forti di quelle di Bonaparte. Per due ragioni:
prima di tutto, perché Cambacérès è meno
forte di Bonaparte; e poi perché,
a differenza del Primo Console, le tirate
di Cambacérès sono per la maggior parte
farina del mio sacco.
Nato a Montpellier, consigliere
presso la corte dei conti di quella città,
presidente del tribunale criminale
dell’Hérault,
Cambacérès ha una quindicina d’anni
più di Bonaparte. All’inizio del 1804,
Bonaparte ha trentaquattro anni, e
Cambacérès
cinquanta. Eletto deputato alla Convenzione
Nazionale, vota «con riserva» la morte
16
La conversazione
del re. Ministro della Giustizia sotto il
Direttorio, diventa Secondo Console
con la raccomandazione di Sieyès
e di Bonaparte. Di fronte a Lebrun, Terzo
Console piuttosto oscuro, incarna agli occhi
del paese la tradizione della Rivoluzione.
Gioca un ruolo essenziale nella redazione
del Codice Civile. Presidente del Senato
e del Consiglio di Stato
in assenza di Bonaparte, sarà
arcicancelliere dell’Impero e duca di Parma.
Si unirà in seguito ai Borboni
nel 1814, poi di nuovo a Napoleone
durante i Cento Giorni.
Sarà esiliato nel 1815 e, rientrato in Francia,
morirà a Parigi nel 1824.
Perché scegliere Cambacérès
per rispondere a Bonaparte?
Per molte ragioni. Prima di tutto, Bonaparte
è il Primo Console e Cambacérès
il Secondo. Sono l’uno e l’altro, a livelli
evidentemente molto diversi,
i due principali personaggi del regime
consolare. Inoltre Cambacérès è
17
Jean d’Ormesson
molto intelligente, abbastanza leale,
molto sottile - forse troppo sottile
- molto abile - forse troppo abile.
Repubblicano e regicida,
Cambacérès è anche uno
dei migliori rappresentanti di quello spirito
rivoluzionario che l’ascesa
di Bonaparte e il suo accesso al trono
imperiale rischiano di compromettere
e che occorre ammansire: è del tutto
naturale che il Primo Console cerchi
di circuirlo. E poi Bonaparte
è soprattutto circondato da generali
che ha avuto al fianco sui campi di battaglia,
che gli sono ciecamente fedeli,
che lui chiama a volte i suoi «sciabolatori»
e che sono, se non quasi analfabeti,
comunque più impacciati
di Bonaparte e di Cambacérès
nell’uso delle idee e delle parole.
Il regicida futuro duca di Parma è
più o meno l’unico civile a essere intimo
del vincitore di Marengo,
futuro vincitore di Austerlitz, e, con
Talleyrand ovviamente - ma Talleyrand
18
La conversazione
lavora piuttosto per se stesso il solo nell’entourage immediato
del grand’uomo a saper maneggiare
dei concetti.
Ultima domanda. Perché Bonaparte?
La risposta è abbastanza semplice. Perché
ha qualcosa di geniale. Perché è il successore
di Achille, di Cesare,
di Alessandro Magno.
Perché cambia il corso della storia
e prepara il mondo in cui viviamo.
Un fallimento, ma affascinante. Una scia
di polvere sull’Europa. E soprattutto
perché incarna la più straordinaria
avventura storica e romanzesca
di tutti i tempi. La maggior parte dei sovrani
che hanno segnato la loro
epoca sono eredi:
salgono al trono per compiere
le loro prodezze quando la morte ne fa
scendere il loro padre, il loro fratello o il loro
zio. Napoleone è figlio soltanto
delle proprie opere.
Si genera da solo. È un mito
19
Jean d’Ormesson
vivente, una leggenda che si crea, un dio
che sta sorgendo. È quella cosa così rara
all’origine di ogni grandezza nella
politica, nell’arte, nella letteratura,
nella scienza: un’ambizione nell’istante
stesso in cui si tramuta in storia,
un sogno che sta per diventare realtà.
È quell’incontro tra il sogno
e la realtà che ho tentato di descrivere.
Come si potrebbe descrivere
la nascita dell’Iliade,
di ciò che diventerà in seguito l’Impero
romano, del Mosè di Michelangelo
o della teoria della gravitazione.
Non è impossibile, è anzi abbastanza
verosimile che le cose siano andate
come raccontano le pagine che vi accingete
a scorrere. I tre rintocchi sono
scoccati. Si alza il sipario.
20
La conversazione
L’azione si svolge alle Tuileries
dove Bonaparte si è insediato
all’indomani del 18 brumaio.
Verso l’inizio dell’inverno 1803-1804,
il Primo Console riceve
Cambacérès, Secondo Console.
Cambacérès
Ebbene, ecco, cittadino Primo
Console. Abbiamo finito.
Col vostro permesso, mi ritiro.
Stasera vado a cena con Talleyrand.
Bonaparte
Da lui, in rue du Bac? All’Hôtel Gallifet?
Cambacérès
No. A casa mia. All’Hôtel d’Elbeuf.
Bonaparte
Ci state bene, all’Hôtel d’Elbeuf?
Mi è stato detto che l’Hôtel del
Secondo Console è meno grande
25
Jean d’Ormesson
dell’Hôtel Noailles in cui sta
il Terzo Console.
Cambacérès
Siete molto ben informato.
Ma l’Hôtel Noailles in cui vive Lebrun
è in rue Saint-Honoré. E io,
all’Hôtel d’Elbeuf, mi affaccio sul
Carrousel, o quasi, a due passi
dalle vostre Tuileries. È sempre
un vantaggio per i santi essere
il più vicino possibile al loro dio.
Bonaparte
Sembra che siate un santo
molto goloso e che si mangi
molto bene a casa vostra.
Cambacérès
Spero non sia un rimprovero.
26
La conversazione
Bonaparte
È una constatazione.
Cambacérès
Tanto meglio. Eccomi rassicurato.
Bonaparte
La golosità non è il vostro unico
difetto. Ma è quello
di cui è permesso parlare con
più facilità.
Cambacérès
Mio Dio... Come siete brusco!
Come pensate di farvi
degli amici se non offrite loro
ciò che c’è di migliore? È anche
a tavola che si agisce sugli uomini,
e la buona politica, dopotutto,
si confonde forse in parte con
la buona cucina.
27
Jean d’Ormesson
Bonaparte
Per voi, forse. Mi assicurano
che le valigie diplomatiche
non vi fanno recapitare soltanto
dispacci, ma anche vettovaglie
che vi arrivano da tutte le parti
- e spesso da paesi nemici.
Cambacérès
Ah! Decisamente, niente sfugge
ai seguaci che Fouché ha seminato
intorno a sé...
Bonaparte
Non ho bisogno di Fouché
per essere al corrente di tutto
ciò che accade a Parigi e in Francia.
E nemmeno delle vostre pernici
arrostite da un lato e abbrustolite dall’altro.
Cambacérès
Che volete farci? Voi siete il Primo
28
La conversazione
Console. Io sono soltanto il Secondo.
A ognuno le proprie grandezze. Voi
raccogliete
vittorie e io offro banchetti.
Una cena riuscita, è il mio personale
Marengo.
Bonaparte
Sapete cosa si dice a Parigi?
«Se si vuole mangiar male, basta cenare
da Lebrun. Se si vuole mangiar bene,
basta cenare da Cambacérès...
Cambacérès
...e se si vuole mangiar veloce, basta cenare
da Bonaparte». Conosco il detto.
Bonaparte
Sì, è vero. Amo la rapidità.
In guerra, dove vinco le battaglie
grazie alle gambe dei miei soldati,
in politica, dove occorre sempre anticipare
29
Jean d’Ormesson
Napoleone Bonaparte nel 1799, litografia di Gérard
La conversazione
gli eventi, nella conversazione,
dove vado dritto al punto. E a tavola,
dove mangio poco. La colazione
mi viene servita alle nove e mezzo
su un piccolo tavolino tondo di mogano
a una gamba centrale, intarsiato di
madreperla e coperto da una tovaglietta: mi
ricorda il tamburo di cui mi servo in guerra.
Il mio pasto normale si compone
di poco: due uova al piatto,
un’insalata di fagiolini, due o
tre olive, un dito di parmigiano
annaffiato di chambertin. Mi nutro
con rapidità. Quando sono solo,
il mio pasto dura solo qualche minuto.
Ho altre cose da fare. Non mi piace
perder tempo.
Cambacérès
E non avete perso tempo.
Sottotenente a sedici anni, luogotenente
a ventidue...
31