11 IL GRUPPO PPR ACQUISISCE IL MARCHIO BRIONI
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11 IL GRUPPO PPR ACQUISISCE IL MARCHIO BRIONI
11 IL GRUPPO PPR ACQUISISCE IL MARCHIO BRIONI Human Resources Advisor "Non è esatto che abbiamo pagato per il 100% di Brioni 350 milioni di euro, come hanno scritto i media la scorsa estate: il prezzo è stato significativamente inferiore e comunque in linea con gli attuali multipli dell'Ebitda nel settore del lusso. Direi un prezzo molto buono sia per il venditore, sia per il compratore”. François-Henri Pinault, presidente e Ceo di Ppr, risponde in conference call dal quartier generale parigino alla domanda del Sole 24 Ore. Con una nota diffusa stamattina alle 7, il gruppo francese – che si sta concentrando da un lato nel segmento luxury e dall'altro in quello sportswear-lifestyle, abbandonando progressivamente la distribuzione organizzata – ha ufficializzato di avere rilevato dalle famiglie Fonticoli e Perrone l'intero capitale della Brioni di Penne, azienda leader nel segmento maschile sartoriale, 170 milioni di ricavi, "redditizia e in continua espansione", con 1.800 dipendenti, "di cui 400 sarti", ha precisato il Ceo di Brioni, Francesco Pesci. Dunque il celeberrimo smoking con papillon impeccabilmente indossato dall'agente 007 Pierce Brosnan cambia nazionalità, passando sotto l'ombrello del gruppo Ppr che controlla altri prestigiosi marchi del lusso made in Italy come Gucci, Bottega Veneta e Sergio Rossi. Il Ceo François-Henri Pinault mette dunque un altro tassello nel suo polo del lusso e non a caso sceglie l'ennesimo marchio italiano. L'ultimo big brand a passare sotto la bandiera francese, lo scorso marzo, è stata la Bulgari, rilevata dal numero uno nel mondo del lusso, la Lvmh di Bernard Arnault. Resta il fatto che per il capitalismo italiano - di piccole, medie o grandi dimensioni che sia – il passaggio generazionale è un nodo difficile da affrontare. Lo testimonia il lungo elenco di cessioni degli ultimi mesi: oltre a Brioni e Bulgari, appunto, Belstaff, Allegri e, poco prima, la maison Gianfranco Ferrè. Marchi che per competere nel mercato del lusso, sempre più competitivo, sono costretti a cedere il timone a gruppi più strutturati. Peccato che gli acquirenti non siano mai altre imprese italiane. >>> Articolo tratto da “TG COM” del 08.11.2011 I