incontinenza urinaria
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INCONTINENZA URINARIA L’incontinenza urinaria è definita come la perdita involontaria di urina in quantità o con frequenza tale da costituire per l’individuo un problema sociale o di salute. La frequenza dell’incontinenza urinaria varia tra 8 e 34% degli anziani a domicilio ed oltre il 50% dei ricoverati in RSA o in ospedale. Il sesso maggiormente colpito è quello femminile; in anziani di età superiore a 70 anni la frequenza è del 16% nelle donne e del 7% negli uomini. Le conseguenze dell’incontinenza urinaria sono rappresentate da peggioramento dello stato psicologico, conseguenze sulla vita relazionale che portano a isolamento e/o depressione, rischio di istituzionalizzazione, infezioni locali, sepsi delle vie urinarie, eruzioni cutanee perineali, lesioni da decubito, cadute con le loro conseguenze (fratture). I fattori determinanti la continenza urinaria nell’anziano sono: Integrità dei centri e dei circuiti nervosi Integrità delle funzioni cognitive (riconoscimento del bisogno di urinare) Autonomia funzionale (spostarsi, svestirsi, utilizzare i servizi igienici) Integrità apparato urinario Assenza di barriere architettoniche (scale) Indisponibilità del personale di assistenza, in caso di disabilità Motivazione a mantenere la continenza Le efferenze motorie parasimpatiche (colinergiche) e simpatiche (adrenergiche) presiedono rispettivamente alla contrazione del detrusore e rilasciamento dello sfintere uretrale liscio (svuotamento vescicale) ed al rilasciamento del detrusore e contrazione dello sfintere uretrale liscio (riempimento vescicale). Normalmente, quando il riempimento vescicale raggiunge il valore soglia (circa 300 ml), l’aumento della pressione vescicale induce l’attivazione del nucleo motore che determina la contrazione vescicale, il rilassamento degli sfinteri e l’aumento della pressione endo addominale per contrazione della muscolatura addominale pelvica. Vanno poi considerati gli effetti dell’invecchiamento sull’apparato urinario, rappresentati da: - Riduzione della capacità vescicale (vescica sclerotica); Aumento della contrattilità vescicale che determina contrazioni vescicali involontarie (vescica instabile); Aumento del volume residuo post-minzionale; Ridotta abilità a trattenere l’urina (nella donna lassità delle strutture pelviche per gravidanza e caduta estrogenica post-menopausale); Ipertrofia prostatica; Aumentata produzione notturna di urina. Si classifica l’incontinenza urinaria in due forme principali: incontinenza urinaria transitoria (acuta), ed incontinenza persistente o stabilizzata. L’incontinenza urinaria acuta è la perdita di urina provocata da malattie o condizioni acute intercorrenti o da assunzione di farmaci. Le condizioni patologiche più frequenti sono rappresentate da infezioni urinarie, fecalomi, delirium, scompenso cardiaco acuto, diabete scompensato, immobilità temporanea. I farmaci/tossici più frequentemente coinvolti sono diuretici, psicofarmaci, anticolinergici, calcio antagonisti ed alcolici. Nell’incontinenza urinaria acuta vanno adottati i necessari interventi ambientali ed assistenziali, evitando (o limitando) l’uso del catetere vescicale. L’incontinenza persistente (o stabilizzata) si distingue in tre forme: 1. Incontinenza da sforzo Perdita involontaria di urine in caso di aumento della pressione addominale (tosse, risate, sforzi addominali). Frequente di giorno, assente di notte (posizione supina). I pazienti non avvertono stimolo ad urinare. Le cause sono rappresentate, nella donna, da alterazioni dei meccanismi di sospensione del collo vescicale e dell’uretra, riduzione del tono degli sfinteri e rilassamento della muscolatura pelvica, mentre nell’uomo le cause più frequenti sono le lesioni sfinteriali da prostatectomia e dalla radioterapia loco-regionale. 2. Incontinenza con (da) urgenza E’ la forma più frequente, rappresentata da un’improvvisa sensazione di urgenza minzionale incontrollabile a causa di iperattività del detrusore vescicale. Le cause più frequenti sono rappresentate da sepsi delle vie urinarie, neoplasie, calcoli, coaguli vescicali, vescica iperattiva, patologie del sistema nervoso (ictus, encefalopatie) con compromissione dei circuiti inibitori della contrazione vescicale. 3. Incontinenza con disturbo della fase di svuotamento o da rigurgito In questa forma un alterato svuotamento vescicale comporta la ritenzione di urina; ciò determina un aumento della pressione intravescicale che causa una piccola ma costante perdita di urina, sia diurna che notturna. Le cause sono le più varie: traumi del midollo spinale,neoplasie, prolasso uterino ipertrofia prostatica, ipotonia del muscolo detrusore. L’ iter diagnostico dell’incontinenza urinaria prevede -Anamnesi: esordio, frequenza, circostanze, sintomi associati, assunzione di farmaci; -Esame obiettivo: addominale, rettale, pelvico, neurologico; -Esami diagnostici: ecografia addominale/pelvica, esame urine, urinocoltura; -Test specifici: valutare la contenzione urinaria a vescica piena, tossendo: se c’è perdita di urine può essere dovuta ad instabilità del detrusore e/o incompetenza dello sfintere uretrale. Se non c’è perdita va controllato il residuo post-minzionale: se è maggiore di 150 ml (in assenza di fecalomi o masse endo addominali) c’è ostruzione uretrale; se è minore di 150 ml c’è instabilità del detrusore. Il trattamento dell’incontinenza urinaria è farmacologico (anticolinergici, antispastici, alfa agonisti, estrogeni, alfa bloccanti, inibitori 5 alfa reduttasi, a seconda del tipo di muscolatura coinvolta, trattamenti non farmacologici (biofeedback, stimolazione elettrica funzionale, chinesiterapia pelviperineale, rieducazione vescicale/minzione programmata) che tendono al miglioramento del controllo vescico-sfinterico e perineale. Infine, esiste una gestione palliativa dell’incontinenza urinaria, di più stretta competenza del Servizio di Assistenza Protesica, che comporta l’utilizzo di ausili (cateteri vescicali a permanenza, cateteri esterni (nel maschio) e sistemi di assorbenza (pannoloni e traverse). Un altro aspetto da tenere in considerazione è l’incontinenza urinaria del bambino. I disturbi a urinare nel bambino sono raggruppabili in tre gruppi di complessità aumentante (enuresi notturna mono-sintomatica, incontinenza associata con le anomalie dell'apparato urinario e le neuro-patologie con difetti congeniti che limitano il normale sviluppo del basso apparato urinario o del suo controllo neurologico con impossibilità di controllo volontario della funzione vescicale o, ancora, la precedente chirurgia pelvica). Uno dei più frequenti è proprio l'enuresi, ovvero la perdita involontaria e incosciente di urina durante il sonno. La maggior parte dei bambini è in grado di rimanere asciutta già all'età di 3 anni. Fino a 4 anni la pipì a letto è considerata ancora normale, ma se accade all'età di 5 anni od oltre il problema va affrontato.