PRUDENZA CON I FILTRI IN FIBRA DI VETRO

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PRUDENZA CON I FILTRI IN FIBRA DI VETRO
sicurezza
PRUDENZA CON I FILTRI IN
FIBRA DI VETRO
Gli specialisti della sicurezza confermano la necessità di classificare i
filtri in fibra di vetro con la frase di rischio R40 (“possibilità di effetti
cancerogeni - prove insufficienti”) e l’etichettatura Xn (nocivo).
L’eventuale deroga dalla classificazione di possibile cancerogeno
deve essere documentabile, ma non ci risulta che alcun produttore o
rivenditore abbia fatto analisi specifiche
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ANNO XII – N.69 – APRILE 2006
sicurezza
UN’INCHIESTA NECESSARIA PER
FARE CHIAREZZA
Nell’ambito dell’attività normativa che si sta svolgendo nel
Gruppo di lavoro UNI (Ente Nazionale di Unificazione)
sugli impianti di verniciatura, si sta affrontando il tema dei
filtri per le cabine.
Dovendo valutare le prestazioni tecniche e ambientali dei
vari tipi di filtri esistenti sul mercato, componenti che rivestono un’importanza fondamentale nel giudizio comparativo tra i diversi tipi di cabina, è stato sollevato il problema
della classificazione dei prodotti in fibra di vetro.
E’ risultato che alcuni produttori li forniscono corredati
con scheda di sicurezza che classifica il prodotto con la frase
di rischio R40 (“possibilità di effetti cancerogeni - prove
insufficienti”) ed etichettatura Xn (nocivo), altri li classificano soltanto con la frase R36/37/38 (“irritanti per gli
occhi, le vie respiratorie e la pelle”), con etichettatura Xi
(irritante) e altri ancora non li etichettano neppure e non
consegnano alcuna scheda di sicurezza.
Tale incertezza naturalmente crea oggettive situazioni di
concorrenza sleale, ma soprattutto costituisce una potenziale fonte di rischio per gli utilizzatori, nonostante alcuni
ritengano che il problema sia inconsistente, in quanto il
diametro delle particelle delle fibre utilizzate è intorno a
25-30 microns, dimensione che supera abbondantemente
il limite del campo di inalabilità (3 microns).
E’ altresì noto però che la manipolazione dei filtri, prima
e dopo l’impiego, rende possibile che le fibre non inalabili si possano frantumare, diventando così inalabili; inoltre ci sono materiali, come le polveri di legno duro ad
esempio, che vengono classificati cancerogeni non per la
loro inalabilità, bensì perchè fermandosi sulle mucose nasali
producono adenocarcinomi, con possibili esiti mortali,
tanto che, com’è noto, l’Unione europea ha classificato
come cancerogene queste polveri.
Per affrontare l’argomento in modo appropriato, abbiamo
svolto un’inchiesta, che ha portato all’acquisizione di una
serie di documenti e pareri pubblicati in questo articolo,
in modo che tutti gli operatori del settore siano messi al
corrente dei rischi legati all’utilizzo di questo tipo di filtri.
In particolare segnaliamo il documento in figura 1, un certificato redatto dall’autorevole laboratorio della “Stazione
Sperimentale Vetro” che, in base all’analisi di un filtro in
fibra di vetro presente sul mercato, attesta la necessità di
classificarlo con la frase R40 e di etichettarlo con il simbolo Xn.
Prima di divulgare agli operatori l’esito della nostra inchiesta, abbiamo inviato agli operatori pubblici e privati una
richiesta di chiarimento sulle modalità con cui i filtri in fibra
di vetro utilizzati in verniciatura vengono immessi sul mercato e con quali simboli e frasi di rischio dovrebbero essere
contrassegnati.
PROFESSIONE VERNICIATORE DEL LEGNO
Fig 1.
CERTIFICATO DELLA STAZIONE SPERIMENTALE VETRO
Questo articolo riporta una sintesi dei pareri pervenuti.
IL PARERE DEL CONSULENTE
Sull’argomento ritengo che sia corretta la etichettatura R40,
poiché le fibre minerali artificiali sono da ritenersi cancerogene. Ne consegue che deve essere adottata l’ etichettatura Xn.
Per quanto riguarda poi la questione del diametro delle fibre,
una tesi da tempo sostenuta dai produttori di filamenti di
vetro (quelli destinati a formare filati e materiali che vengono usati per manufatti in vetroresina) rivendica che,
stante il diametro delle fibre che essi dichiarano essere pari
a 10 micron e quindi assai superiore a quello dell’amianto
o delle fibre ceramiche usate per coibenza termica, queste
fibre non possano avere effetti cancerogeni. Tale tesi ha recentemente avuto udienza anche nella IARC (Agenzia internazionale di ricerca sul cancro) di Lione, la quale ha stralciato i filamenti di vetro dalla classificazione cancerogeno
2b (che corrispondono alla classe 3 della normativa comunitaria).
Nella mia esperienza, sviluppata in particolare nel corso di
un processo per malattia professionale (tumore alle corde
vocali con tracheotomia) di un lavoratore addetto alla produzione di filamenti di vetro, ho potuto verificare che nei
processi produttivi si formano sempre anche significative
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goria ed irritanti, contraddistinte dalle
frasi di rischio R49 e R38.
Fanno eccezione a questa regola le lane
minerali con particolari requisiti di
biopersistenza, che possono essere etichettate con la sola frase R38 (D.M.
16/2/93 e XVIII adeguamento
67/548/CEE).
Le frasi R40 e R49 non si applicano a
questi materiali (lane minerali e/o FCR)
se questi risultano costituiti da fibre il
cui diametro medio geometrico ponderato rispetto alla lughezza meno due
errori standard (Dlg - 2ES) risulti maggiore di 6 micron
(l’allegato I della circolare 4/2000 fornisce un metodo per
calcolare il Dlg - 2ES).
Ovverosia, le frasi R40 e R49 devono essere applicate a
quelle MMVF (lane minerali o fibre ceramiche) il cui diametro medio geometrico ponderato rispetto alla lunghezza meno due errori standard (Dlg - 2ES) risulti inferiore di 6 micron.
frazioni di fibre di piccolo diametro, cui
è associata l’azione cancerogena.
Inoltre, come appretto delle fibre, si
utilizzano normalmente resine contenenti formaldeide, che si libera durante
il processo produttivo e durante il
magazzinaggio.
Infine, non si deve trascurare il fatto che
le resine utilizzate come legante del
pannello filtrante possono liberare
monomeri o altre sostanze pericolose e
cancerogene durante l’uso del pannello.
Ritengo che il certificato della Stazione
Sperimentale Vetro possa essere rappresentativo della categoria dei manufatti in questione. Condivido quindi l’orientamento ad osservare il principio di cautela, tenuto
conto anche del fatto che poco o nulla si sa, o viene garantito, circa i metodi produttivi.
Roberto Carrara
IL PARERE DELL’INAIL
Roberto Buzzi
Con.T.A.R.P.
(Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione
INAIL - Direzione Regionale Lazio)
In risposta alla vostra comunicazione, trasmetto quanto
segue, sperando di poter chiarire alcuni dei vostri dubbi
sull’argomento.
Le fibre vetrose artificiali (MMVF) trovano ampio utilizzo
civile e industriale in virtù delle loro caratteristiche meccaniche e di resistenza al calore.
Tali caratteristiche, affini a quelle degli amianti, hanno suggerito una possibile azione nociva per gli utilizzatori.
Su questa ipotesi si sono succedute nel tempo diverse opinioni le cui conclusioni, ancora non completamente
condivise, sono riassunte in una monografia della IARC
del
2002.
Sulla base di tale monografia, le sole fibre ceramiche refrattarie (FCR), particolare tipo di MMVF, sono considerate in Classe 2B (possibile cancerogeno per l’uomo)
mentre le altre tipologie sono comprese in classi di minore
pericolosità.
In Italia il Decreto del Ministero della Sanità del 1 settembre 1998, recepimento della direttiva 97/69/CE, ha
definito i criteri per la classificazione, l’imballaggio e l’etichettatura delle MMVF.
Nella circolare 15 marzo 2000 n° 4, recante le note esplicative di tale decreto, le MMVF a orientazione casuale
vengono suddivise, in base alla composizione chimica,
ossia al tenore in ossidi di metalli alcalini e alcalini terrosi, in lane minerali e FCR.
Le prime sono classificate come cancerogene di terza categoria ed irritanti, con le frasi di rischio R40 e R38; le
seconde sono classificate come cancerogene di seconda cate-
IL PARERE DELL’ASL
Allego una scheda (vedi fig. 2), ricavata dalle norme in
vigore, sulle fibre ceramiche e lane di vetro e la loro etichettatura.
Ricordo che spesso si intende per fibra di vetro un materiale ottenuto con tecniche di estrusione (con diametri
quindi più controllati). Per quanto riguarda la frantumazione che potrebbe portare le fibre ad essere inalabili,
risulta in molte citazioni che la tendenza spontanea di queste fibre è la frattura trasversale, ad accorciarsi ma non ad
assottigliarsi. Come vedrete, oltre che dai casi indicati
nella nota Q, dalla nota R delle etichettature l’attribuzione
o meno della classificazione cancerogeno viene attribuito
solo in base ad uno studio dimensionale, che quindi
sostanzialmente non considera altri tipi cancerogenicità,
più da contatto che da inalazione; si potrebbe obiettare,
e molti lo fanno, ma la regola di etichettatura è questa.
Sul fatto delle schede certamente il materiale che viene
fornito, se rientra negli obblighi di etichettatura di cui all’allegato, deve essere accompagnato dalla scheda informativa di sicurezza aggiornata definita nel DM 7/9/2002 (e
seguenti).
Massimo Bruzzone
ASL 3 LIGURIA
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Fig. 2 - SINTESI DELLA NORMATIVA
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rio adottare le precauzioni di cui all’R40, oltre ad R 36,
37, 38.
Nella vostra nota viene poi evidenziata la possibilità di
rischio da esposizione a polveri di legno che avrebbero
effetti cancerogeni.
Questo aspetto va approfondito e precisato con estrema
attenzione, in quanto la presenza di polveri di legno, se si
dovesse trattare di legno duro classificate dalla stessa IARC
in classe 1 (cancerogeno per l’uomo) con organo bersaglio
specifico le fossa nasali e paranasali, potrebbero rendere necessario introdurre anche la classificazione R45 ed R49, con
tutte le relative azioni e precauzioni da adottare in presenza
di esposizione a cancerogeni.
Riassumendo, ritengo pertanto opportuno:
a) classificare R 36,37,38,40, con relative schede di sicurezza, i filtri in fibra di vetro secondo il principio di precauzione;
b) verificare opportunamente la presenza delle polveri di
legno e la loro tipologia, in quanto esiste la possibilità di
trovarsi in presenza di possibili cancerogeni per l’uomo in
classe 1 IARC e la conseguente necessità della classificazione anche R45 e R49.
Condivido la vostra valutazione del problema e quindi
ritengo che l’etichettatura dei filtri in fibra di vetro debba
essere Xn (nocivo), con frase di rischio R40 - R36/37/38.
Liviano Vianello
Medico del lavoro
Servizio Prevenzione Igiene Sicurezza Ambienti di
lavoro ULSS 16 Padova
IL PARERE DEL SINDACATO
Vista la particolarità e la peculiarità del quesito da voi
posto ed alla luce della certificazione del 24-7-2001 di
analisi di un filtro in fibra di vetro, con la presente ritengo
opportuno segnalarvi le considerazioni sotto precisate.
Innanzi tutto ritengo che occorra separare il quesito in due
precisi momenti o fasi di valutazione, in quanto, come appare
dalla lettura della vostra stessa nota, potrebbero individuarsi due precisi e distinti momenti di rischio e di relativa valutazione, e più precisamente:
1) produzione e messa in commercio di filtri in fibra di
vetro per cabine di verniciatura;
2) smaltimento del prodotto esausto e sua sostituzione
con nuovo prodotto.
Per quanto concerne il primo punto, mi parrebbe opportuno sottolineare che le valutazioni del rischio che incombono sull’utilizzatore del prodotto ingenerano una serie di
obblighi e precauzioni che incombono conseguentemente
sul produttore, ancorché sull’acquirente, se il prodotto
viene posto in utilizzo da preposti e/o dipendenti.
Ne consegue quindi che, alla luce dei risultati delle analisi
in microscopia elettronica ed in fluorescenza eseguite su
un campione di un filtro in fibra di vetro presso la stazione
sperimentale del vetro di Murano, alla luce della normativa vigente e tenendo presente il principio di precauzione
che impone, in fase di incertezza, di adottare tutte le precauzioni ed assolvere a tutti gli adempimenti previsti per
quel rischio, sarebbe opportuno, vista la possibilità in fase
di movimentazione del filtro (installazione e/o rimozione)
di una frantumazione delle fibre, che passerebbero dalla
loro dimensione originale non inalabile ad una dimensione
più ridotta invece inalabile, introdurre l’obbligo della
scheda di sicurezza con la classificazione R 36, 37, 38, 40.
Per quanto concerne invece il secondo punto, credo sia
opportuno innanzi tutto distinguere la parte di obblighi
che incombono sul produttore del filtro e quelli che incombono solo ed esclusivamente sull’utilizzatore.
In particolare vi sono gli obblighi collegati allo smaltimento di rifiuti speciali, oltre a quelli di precauzione collegati alla presenza di fibre di vetro che, riducendo la loro
dimensione, diventano fibre inalabili e rendono necessa-
Ilver Casadio
Ufficio infortuni e malattie professionali
INCA-CGIL di Ravenna
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ESTRATTO DALLA CIRCOLARE 15 marzo 2000, n° 4, DEL MINISTERO
DELLA SANITA’ (Note esplicative del decreto ministeriale 1/9/1998
recante: “Disposizioni relative alla classificazione, imballaggio ed etichettatura di sostanze pericolose (fibre artificiali vetrose)”
NOTA R
La classificazione “cancerogeno” non si applica alle fibre il cui diametro geometrico medio ponderato rispetto alla lunghezza meno due errori standard risulti maggiore di 6(micron)m.
Sono state esentate dalla classificazione come cancerogene le fibre con diametro medio ponderato rispetto alla lunghezza superiore a 6 micron, in quanto al di sopra di tale valore le fibre sono considerate non più respirabili dall’uomo
e perciò non in grado di raggiungere gli alveoli polmonari.
Le definizioni di diametro geometrico e di errore standard sono riportate nell’allegato 1.
Alle sole lane minerali è stata assegnata anche la nota Q.
NOTA Q
La classificazione “cancerogeno” non si applica se è possibile dimostrare che la sostanza in questione rispetta una delle
seguenti condizioni:
- una prova di persistenza biologica a breve termine, mediante inalazione, ha mostrato che le fibre di lunghezza superiore a 20 micron presentano un tempo di dimezzamento ponderato inferiore a 10 giorni;
- una prova di persistenza biologica a breve termine, mediante instillazione intratracheale, ha mostrato che le fibre di
lunghezza superiore a 20 micron presentano un tempo di dimezzamento ponderato inferiore a 40 giorni;
- un’adeguata prova intraperitoneale non ha rivelato un’eccessiva cancerogenicità;
- una prova di inalazione appropriata a lungo termine ha portato alla conclusione che non ci sono effetti patogeni
significativi o alterazioni neoplastiche.
Le prime due prove sono relative a saggi di biopersistenza in vivo, cioè alla determinazione del periodo di ritenzione
della fibra a livello polmonare a seguito di somministrazione per via inalatoria o intratracheale negli animali da laboratorio. Infatti la capacità di una fibra di produrre effetti sulla salute dipende da una combinazione di eventi e caratteristiche.
Le fibre devono cioè avere dimensioni tali da essere inalabili per raggiungere i polmoni e ivi depositarsi e persistere
per un tempo sufficientemente lungo da esplicare la loro azione patogena.
LA DEROGA DALLA CLASSIFICAZIONE COME CANCEROGENO DEVE ESSERE DOCUMENTABILE
I risultati delle prove effettuate, che portano ad usufruire della deroga dalla classificazione come cancerogeno, in base
alla nota R oppure in base alla nota Q, devono essere mantenuti a disposizione dal responsabile della immissione sul
mercato, per eventuali controlli da parte delle autorità competenti.
CORRETTA CLASSIFICAZIONE (SULLA BASE DEI PARERI PERVENUTI)
CasNo
Classificazione:
Etichettatura:
R:
S:
650-016-00-2
Carc. Cat. 3; R40 ; Xi; R38
Xn
38-40
(2-)36/37
ETICHETTATURA
CORRETTA SOLO SE IL PRODUTTORE HA EFFETTUATO
LE PROVE PREVISTE DALLA
LEGGE
SCHEDA DI SICUREZZA ED ETICHETTATURA CORRETTA
PROFESSIONE VERNICIATORE DEL LEGNO
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