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parte-b) consolidanti e protettivi polimerici di
PARTE-B) CONSOLIDANTI E PROTETTIVI POLIMERICI DI NATURA SEMI-INORGANICA A BASE DI SILICIO CAPITOLO PRIMO-B DAL SILICIO ELEMENTARE AGLI ORGANOSILANI, AI POLISILOSSANI E ALLE RESINE SILICONICHE I polimeri semi-inorganici a base di silicio [1,2], virtualmente, possono essere considerati come derivati da molecole ( monomeri ) la cui nomenclatura fa riferimento al silano ( SiH4 ) e questo in analogia ai polimeri organici, principalmente quelli di natura alifatica, la cui terminologia viene rapportata al metano ( CH4 ). La chimica dei composti organici del silicio è stata sviluppata da F. S. Kipping ( figura 1 ), professore presso l’Università di Nottingham ( Inghilterra ) che nel periodo che va dal 1899 al 1937 fu capace di preparare, in laboratorio, una serie di prodotti organo-siliconici analoghi a quelli derivati dalla chimica del carbonio [3,4]. < In 1900, Professor F. S. Kipping…., discovered a way of making the element silicon behave very much as carbon does in its formation of organic compounds. Silicon possesses certain properties similar to those of carbon, and the two elements belong to the same chemical group. But silicon is the element that form substances such as quartz and glass; unchanging materials, inert and resistant to the effect of heat or atmospheric influences > [5]. < He published 54 papers during the period 1899-1937 and at the end he said he could see no industrial application of his studies. But, even while he said this, the growing appreciation of the principles of polymer chemistry was leading some workers to consider the possibilities of high molecular-weight materials based on silicon > [3,4]. I primi tentativi di realizzare in chiave industriale polimeri siliconici ad alto peso molecolare, con proprietà intermedie tra quelli completamente inorganici ( ad es. i vetri ) e quelli organici, risalgono al 1931 quando J. F. Hyde ( Research Department of the Corning Glass Company, USA ) riuscì a preparare, sfruttando i risultati di Kipping e applicando i nuovi principi della chimica organica e macromolecolare, una serie di polimeri nella cui catena si alternano atomi di silicio e di ossigeno [4]. J. Harry Du Bois, a proposito delle proprietà di questi nuovi materiali, ebbe a scrivere: < The silicones are hybrid-in between the organic plastics and the sand > [6]. Le prime resine siliconiche, per la loro elevata stabilità termica e caratteristica di isolante elettrico, furono, inizialmente, utilizzati dalla Corning nella produzione di nastri isolanti, in particolare come impregnanti dielettrici di tessuti realizzati in fibre di vetro. 1 FIGURA 1: Frederick Stanley Kipping, l’inventore dei processi che portarono allo sviluppo dei polimeri organo-siliconici [4]. Le proprietà isolanti mostrate dalle resine siliconiche indussero la General Electric Company ( Schenectady-NY,USA ) a finanziare un programma di ricerca finalizzato alla messa a punto di metodi e processi per lo sviluppo industriale dei polimeri e degli intermedi organo-siliconici. La conduzione di questo progetto fu affidata a W. I. Patnode e E. G. Rochow. Nel 1943 la Corning Glass Company e la Dow Chemical Company, attraverso una joint venture, costituirono la Dow Corning Corporation allo scopo di sviluppare la ricerca, la produzione industriale e la commercializzazione dei prodotti siliconici. Il primo grande impianto di produzione di resine e gomme siliconiche della Dow-Corning entrò in funzione nel 1945 [7]. Nel 1946 fu avviato a Waterford ( NY-USA ) l’impianto di produzione di composti e resine siliconiche basati sulla tecnologia messa a punto dalla General Electric. I processi sviluppati dalla Corning Glass Corporation e dalla General Electric si differenziavano sostanzialmente nella procedura seguita per la produzione dei clorosilani ( prodotti intermedi di grande rilevanza ). 2 In particolare la Dow Corning, partendo dal lavoro di Kipping, usava il metodo Grignard, mentre la General Electric impiegava una procedura diretta ideata da Rochow [4,5,6]. Nel 1950 la Albright & Wilson Ltd ( UK ) e la Dow-Corning ( USA ) costituirono una jointlyowned company, la Midland Silicones. Quest’ultima società, nel 1950, avviò la costruzione del primo impianto per la sintesi di siliconi in UK, a Barry nel South Wales. Tale impianto entrò in produzione nel 1952 [7]. Nel 1955 la ICI, produttrice del cloruro di metile, prodotto di base nella sintesi dei siliconi, sviluppò un proprio impianto per la produzione di polimeri siliconici, basato sui processi della General Electric, che fu collocato presso la Divisione Nobel ad Ardeer ( UK ). L’industria dei siliconi, che nel 2006 compie 60 anni, ha visto una continua espansione e diversificazione dei propri prodotti che trovano ormai applicazione in sempre nuovi e importanti settori, molti dei quali ad alto grado di contenuto scientifico e tecnologico. Lo sviluppo della chimica del silicio ha permesso la sintesi di un gran numero di composti organici del silano che rappresentano le molecole di base per la realizzazione di prodotti intermedi ( monomeri e oligomeri ) e quindi di polimeri organo-siliconici che a seconda della lunghezza delle catene macromolecolari e della loro struttura possono avere caratteristiche di liquidi, solidi, plastiche, elastomeri, gomme e termoindurenti. Molti prodotti di origine organo-siliconica hanno trovato largo impiego, per le loro particolari caratteristiche molecolari, chimiche e fisiche, nel campo della conservazione e restauro del costruito e dei manufatti in pietra, inclusi quelli di interesse culturale, storico ed artistico. La struttura chimica e le caratteristiche molecolari di alcuni derivati del silano di interesse nel campo della conservazione dei manufatti lapidei sono qui di seguito delineati [1, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15]. ⇔ Alchilsilani Sono composti in cui gli idrogeni del silano sono totalmente o in parte sostituiti da un radicale alchilico ( R ); si formano legami del tipo: SiC ( ad esempio il trimetilsilano, Si(CH3)3H ). ⇔ Alcossisilani In queste sostanze gli idrogeni del silano vengono sostituiti da radicali alcossilici ( OR ). Gli alcossisilani si caratterizzano per la presenza del raggruppamento SiOC ( vedasi ad esempio il tetraetossisilano o silicato di etile Si[OC2H5]4 ). ⇔ Alchilalcossisilani Gli idrogeni del silano sono sostituiti, in parte da radicali alchilici ( R ) ed in parte da radicali alcossilici ( OR ). Questi composti presentano nella loro molecola il raggruppamento CSiOC. La struttura molecolare del metiltrimetossisilano, tipico esempio di alchilalcossisilano, è la seguente: OC2H5 CH3SiOC2H5 OC2H5 3 Come si evince dalla formula sopra riportata tre gruppi alcolici si legano al silicio mediante l’atomo di ossigeno dell’ossidrile, formando dei legami Si—O, mentre il gruppo alchilico si ancora al silicio mediante un legame Si—C. ⇔ Siliconati Sono dei silani dove alcuni idrogeni sono sostituiti da radicali alchilici mentre altri da ossidrili salificati con Na+ o K+ ( il raggruppamento caratteristico è così costituito: CSiO− ). ⇔ Polisilossani Sono polimeri la cui costituzione chimica, nel caso di macromolecole lineari, è qui di seguito illustrata: R (OSi)n R’ I radicali R e R’ possono essere entrambi alchilici ( alchil-polisilossani ), arilici ( aril-polisilossani ) oppure un alchile ed un fenile ( alchil-aril-polisilossani ). Le “Resine Siliconiche” fanno parte di questa classe di composti [8]. ⇔ Polialchilalcossisilani per idrolisi del legame SiO, presente nelle molecole degli alcossisilani e degli alchilalcossisilani si formano dei gruppi SiOH che per condensazione danno luogo prima ad oligomeri e successivamente a polimeri ad alto peso molecolare, lineari o ramificati. In particolare i polialchilalcossisilani lineari sono caratterizzati dalla seguente struttura: (R’O)Si(R)[O(R’O)Si(R)]nO Gli alcossisilani, e gli alchilalcossisilani, possono essere considerate delle molecole monomeriche le quali hanno la capacità di dare luogo a reazioni di condensazione, in presenza di acqua, formando dei prodotti oligomerici ( dimeri, trimeri ecc. ) e in opportune condizioni, dei polisilossani e polialchilalcossisilani , lineari o reticolati I composti di natura organo-siliconica sono prodotti che derivano direttamente dal silicio elementare che, a sua volta, si ricava dalla silice naturale ( in particolare dalle sabbie silicee ) mediante un processo di riduzione in una fornace elettrica che sfrutta la seguente reazione: SiO2 + 2C → Si + 2CO (1) Il processo descritto in (1) è fortemente endotermico; l’elevata energia che bisogna fornire rappresenta uno dei principali motivi per l’elevato costo degli organosilani [10]. Il silicio, a sua volta, viene convertito, per reazione diretta, nel tetraclorosilano: Si + 2Cl2 → SiCl4 (2) 4 Quest’ultimo composto, attraverso sintesi che utilizzano i reattivi di “ Grignard ” può essere trasformato in derivati organici del silano. Lo schema delle reazioni è sotto illustrato: SiCl4 + RMgX → RSiCl3 + MgXCl (3a) RSiCl3 + RMgX → R2SiCl2 + MgXCl (3b) R2SiCl2 + MgXCl → R3SiCl + MgXCl (3c) Alternativamente gli organosilani sono ottenuti attraverso un processo diretto, messo a punto da Rochow, che parte dal silicio elementare: Si + 2RCl → R2SiCl2 (4) La reazione tra il silicio e il cloruro di metile porta ad una miscela costituita dal dimetildiclorosilano [ (CH3)2SiCl2, ≅ il 70-90% ] e da altri derivati secondari ? metilclorosilani [ CH3 SiCl3, 3-15%; (CH3)3SiCl, 3%; CH3HSiCl2, 1-3%; (CH3)2HSiCl, 0,5% ]; tetrametil silano [ ( CH3)4Si, 0,1% ] e policlorosilani, 1-6% ? che vengono, di norma, separati per distillazione frazionata [ 16]. Gli organoclorosilani sono i prodotti di partenza dai quali, mediante processi relativamente semplici, è possibile ottenere una vasta gamma di composti alcossisilanici. Tra gli alcossisilani che hanno trovato applicazione come precursori di consolidanti e protettivi rientrano il tetraetossisilano [ Si ( OC2H5 )4 ], il trietossimetilsilano [ CH3 Si ( OC2H5 )3 ] e il trimetossi metilsilano [( CH3O)3Si CH3 )] [10,17]. Come già precedentemente scritto, le molecole alchilalcossisilaniche, in presenza di acqua e in opportune condizioni, danno luogo ad una reazione di policondensazione che porta alla formazione di composti oligomerici costituiti da un numero limitato di unità ripetitive. Questi materiali, denominati silossani, si caratterizzano per il legame SiOSi. Il processo di trasformazione, per condensazione, del metil-trietossi-silano a silossano dimero è riportato nella figura 2. A loro volta i silossani, in presenza di idonei iniziatori e catalizzatori, ad appropriate temperature, attraverso successive reazioni di condensazione si trasformano in prodotti polimerici ad elevato peso molecolare, lineari o reticolati, denominati polisilossani ( vedasi schemi di reazione nelle figure 3 e 4 ). I polisilossani , principalmente a causa dei legami SiO che si ripetono lungo la macromolecola, presentano: • buona stabilità termica; • elevata capacità di isolante elettrico; • proprietà costanti in un ampio intervallo di temperatura; •alta permeabilità ai gas ( all’ossigeno in particolare ); •repellenza all’acqua; •proprietà antiadesive e antischiumogene. Inoltre va sottolineato il fatto che il legame Si-O è ionico al 51%, pertanto esso può essere rotto con relativa facilità mediante attacco di acidi e di basi [1]. Altre caratteristiche interessanti dei polisilossani, connesse alla bassa barriera energetica di 5 rotazione intorno ai legami SiO, sono l’alta flessibilità e un basso coefficiente di viscosità [1]. Modificando le condizioni di reazione la polimerizzazione dei silossani può portare a prodotti più o meno reticolati comunemente denominati resine siliconiche [11]. Le resine siliconiche fortemente reticolate ed alto peso molecolare formano un reticolo tridimensionale la cui struttura, molto simile al quarzo naturale ( silice ), si caratterizza per l’elevata concentrazione di legami SiO. < Diversamente dal quarzo, comunque, il quarto atomo di ossigeno di una resina siliconica è sempre sostituito da un gruppo organico “R”. Esso può essere paragonato alla struttura del quarzo modificata organicamente. Tutte le resine siliconiche sono costituite da unità siliciche trifunzionali> [12]. Le resine siliconiche, costituite in genere da 30-80 unità siliciche, con una massa molecolare che varia da 2000 a 6000, una densità compresa tra 1,1-1,2g/cm3, rappresentano una famiglia intermedia, dal punto di vista chimico, tra le sostanze organiche ed inorganiche.Queste sostanze, sotto forma di emulsioni o in soluzione organiche, sono impiegate nel settore delle costruzioni come vernici protettive. Attualmente i polisilossani vengono prodotti attraverso un processo di ring opening polymerization, indotto da iniziatori ionici che parte da alcossisilani ciclici ( trimeri e tetrameri ) ottenuti mediante idrolisi del dimetildiclorosilano [12]. Lo schema della reazione di polimerizzazione dell’octametilciclotetrasilossano ( tetrametro ciclico ) a polisilossano è riportato, a titolo esemplificativo, nella figura 5 [12]. Le caratteristiche chimiche del polidimetilsilossano ( vedasi figura 6 ) dipendono fortemente dalla natura chimica dei gruppi terminali. Se R è un metile ( CH3 ) allora il gruppo terminale è un trimetilsilano; il polimero è un silicone ( olio o grasso ) scarsamente reattivo. Quando il gruppo terminale è un OH ( dimetilsilanolo ) allora il polimero siliconico, in presenza di opportuni reagenti, può dare luogo a reazioni di reticolazioni che portano a prodotti con caratteristiche gommose ( gomme di condensazione ). Se il gruppo terminale è un dimetilsilano ( R=H ) il polimero risultante è capace di reagire con particolari agenti formando una gomma reticolata ( gomme di addizione ) [10]. L’elevata flessibilità dello scheletro silossanico, con riferimento alla figura 6-b, è da imputare ai seguenti fattori: i ) la lunghezza del legame SiO ( 1,64A ) che è significativamente maggiore di quella del legame CC ( 1,53A ), caratteristico dei polimeri organici; ii ) gli atomi di ossigeno in catena che non sono legati a gruppi laterali; iii ) l’angolo di valenza SiOSi ( 180-θ’ = 143° ) che è molto più aperto di quello dei legami tetraedrici ( ≈ 110° ). L’insieme di questi fattori rende la rotazione intorno ai legami SiO più libera e meno impedita; pertanto la flessibilità dinamica delle catene dei polisilossani è relativamente elevata [19]. Da quanto sopra si ricava che la struttura molecolare e le proprietà applicative di un polimero siliconico dipendono fortemente dal processo di polimerizzazione e di post-polimerizzazione adottati per il suo ottenimento. In particolare, come si evince dalla figura 7, un polisilossano può presentarsi come un liquido fluido ( polimero lineare ), come una resina che per effetto di una reazione di curing si trasforma in un polimero fortemente reticolato di tipo glass-like, oppure dare luogo alla formazione di un prodotto con caratteristiche di gomma a seguito di un post-trattamento di reticolazione effettuato dopo la sintesi [20]. 6 I polisilossani ( genericamente noti come siliconi ), caratterizzati da uno scheletro macromolecolare costituito dalla successione di unità ripetitive contenenti il raggruppamento SiO e raggruppamenti organici di varia natura comprendono una vasta gamma di materiali. CH3 I ) EtOSiOEt + H2O + catal. → OEt → CH3 EtOSiOH + EtOH OEt CH3 CH3 II ) EtOSiOH + HOSiOEt → OEt OEt CH3 CH3 → tEOSiOSiOEt + H2O OEt OEt FIGURA 2: Schema della reazione di condensazione tra due molecole di metiltrietossisilano per formare un dimero silossanico. Si passa attraverso un prodotto intermedio, denominato silanolo, che si ottiene per idrolisi dell’alcossisilano in presenza di acqua e di opportuni catalizzatori [12]. 7 FIGURA 3: Schemi di reazioni che portano all’ottenimento di polisilossani lineari e reticolati FIGURA 4: Reazioni di polimerizzazione di alcossisilani (a) e di alchilalcossisilani (b). 8 FIGURA 5: Schema della reazione di ring opening in base alla quale oligomeri ciclici organosilossanici vengono trasformati in polisilossani lineari. In figura viene raffigurata la reazione di apertura dell’anello dell’octametilciclotetrasilossano che porta all’ottenimento del polidimetilsilossano [19] Infatti a seconda del grado di polimerizzazione, della costituzione delle unità ripetitive, del grado di reticolazione e della reattività dei gruppi organici laterali è stato possibile sintetizzare e immettere nel mercato una serie di prodotti che, in base alle loro caratteristiche, possono afferire alle seguenti classi: Fluidi; Emulsioni; Compositi; Lubrificanti; Resine; Elastomeri o Gomme. Per le loro uniche proprietà, i materiali organo-siliconici trovano applicazioni in settori diversi quali ad esempio: Elettronica; Auto; Costruzioni; Fotonica; Scienze della vita. 9 a) b) FIGURA 6: Struttura molecolare di una macromolecola di polisilossano lineare: a ) unità ripetitiva e gruppi terminali del polidimetilsilossano b ) elementi strutturali e conformazionali da cui dipende l’elevata flessibilità dei polisilossani. 10 Come già precedentemente scritto i polisilossani si distinguono dai corrispondenti polimeri organici essenzialmente per l’elevata flessibilità dello scheletro ( figura 8 ) che conferisce loro una alta mobilità molecolare e quindi una temperatura di transizione vetrosa molto bassa ( nel caso del polidimetilsilossano è di –120°C ( vedasi dati a confronto nella figura 9 ) [21]. La chimica dei polisilossani permette di sintetizzare materiali aventi masse molecolari molto diverse tra loro. FIGURA 7: Rappresentazione schematica delle possibili strutture di un polimero siliconico. sinistra: polisilossani lineari con caratteristiche di un fluido; centro: resina siliconica reticolata di tipo glass-like; destra: gomma dopo un post-trattamento di reticolazione [20]. 11 FIGURA 8: Sopra: Modello molecolare di una macromolecola di un generico polisilossano con una conformazione vicino a quella estesa. Gli atomi di silicio sono in rosso; quelli di ossigeno in verde, i sostituenti laterali legati al silicio sono riportati in blu. Sotto: Modello molecolare del polidimetilsilossano. La flessibilità delle macromolecole permette alle stesse di assumere anche conformazioni a gomitolo. Gli atomi di ossigeno sono in rosso; quelli di silicio in grigio [21]. 12 FIGURA 9 : Temperatura di transizione vetrosa di polimeri lineari diversi: PE= polietilene; PB= polibutene; PP= polipropilene; PIB= poliisobutilene; PET= polietilenetereftalato; PVAc= polivinilacetato; PS= polistirene; PVC= polivinilcloruro; PDMS=dimetilsilossano [21]. Come si evince dal diagramma della figura 10, a seconda del processo di sintesi è possibile produrre polidimetilsilossani la cui massa molecolare varia da ˜ 102 a ˜ 106 dalton [21]. Naturalmente al crescere del peso molecolare aumenta la viscosità del materiale; questo comporta la possibilità di potere produrre polisilossani con caratteristiche reologiche, solubilità nei solventi e capacità di formare film e pellicole ricoprenti mirate all’utilizzo. Queste ultime considerazioni risultano essere particolarmente rilevanti allorquando i polimeri siliconici vengono impiegati nel campo della conservazione del costruito e dei manufatti in pietra. 13 FIGURA 10: Correlazione tra viscosità ( ? 0, cP ) e massa molecolare nel caso del polidimetilsilossano [21]. 14 RIFERIMENTI 1 ) M.E Young, M.Murray, P. Cordiner, < Stone consolidants and chemical treatments in Scotland >, Report to Historic Scotland (1999), http://www2.rgu.ac.uk/schools/mcrg/miconsol.htm, (2005). 2 ) E. Garrod, The Building Conservation Directory (2001), www.buildingconservation.com/articles/stoneconsol.htm, (2005). 3 ) F. S. Kipping, Proc. Roy, Soc. 159,A,139 (1937). 4 ) M. Kaufman, < the first century of plastics >, the Plastics Institute, London (1963). 5 ) J. Gordon Cook, < Your guide to Plastics >, Merrow Publishing CO LTD, England (1964). 6 ) J. Harry Du Bois < Plastics History U.S.A. >, Cahners Books, Boston (1972). 7 ) D. W. F. Hardie, J. 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(1994). 21 ) Dow-Corning Corporation Website (2005). 15 16 CAPITOLO SECONDO-B CARATTERISTICHE APPLICATIVE DEI DERIVATI DEL SILANO ( MONOMERI; OLIGOMERI E POLIMERI ) IMPIEGATI COME CONSOLIDANTI E PROTETTIVI DEL COSTRUITO E DEI MANUFATTI LAPIDEI Miscele di alcossisilani a diversa struttura chimica, diluiti in solventi per ridurne la viscosità, vengono comunemente impiegati nei trattamenti di consolidamento/protezione di manufatti litoidi. Alla formulazione viene aggiunto un appropriato catalizzatore/iniziatore capace di innestare il processo di idrolisi e di policondensazione, in situ, in corrispondenza di tempi e temperature prefissati [1]. La velocità di penetrazione all’interno delle pietre e il grado di riempimento dei pori del manufatto degradato, che rappresentano le principali caratteristiche del sistema consolidante, dipendono dai seguenti fattori: a ) la viscosità della formulazione; b ) la natura del solvente e sua velocità di evaporazione, dall’interno delle pietre, durante il corso della polimerizzazione; c ) la concentrazione e la composizione della miscela di alcossisilani; d ) la struttura chimica degli alcossisilani; e ) la velocità di polimerizzazione e di indurimento e la struttura del polimero che si forma nei pori; f ) l’adesione ed il tipo di legami che si vanno ad esplicare tra i gruppi funzionali del polimero e del substrato lapideo. Scegliendo opportuni iniziatori e catalizzatori è possibile far si che la polimerizzazione degli alcossisilani inizi dopo la penetrazione della formulazione liquida all’interno del manufatto da consolidare. Il polimero altamente reticolato che si forma, con una struttura molto simile a quella della silice o del quarzo, riempie i pori e le crepe agendo da collante tra grani tra loro sconnessi. La presenza di ossidrili, nel solido polimerico, che non hanno reagito favorisce la formazione di legami con gli OH che, eventualmente, si dovessero trovare sulla superficie interna dei pori [2]. E’ stato ampiamente dimostrato che il trattamento con alcossisilani influenza alcuni parametri fondamentali del manufatto lapideo, tra cui: la porosità; l’assorbimento dell’acqua; la distribuzione delle dimensioni dei pori; la resistenza alla cristallizzazione dei sali e all’azione del processo di gelo/disgelo [3]. In letteratura viene riportato che gli alcossisilani possono penetrare all’interno di pietre porose fino ad una profondità di 20-25 mm [1,4]. Intorno al 1975 è stato sviluppato e commercializzato con il marchio Brethane una formulazione a tre componenti [ 1 ) alchiltrialcossisilano; 2 ) acqua/solvente; 3 ) catalizzatore al piombo] la quale presentava una elevata capacità di penetrazione e una velocità di indurimento controllabile [5]. La reazione di polimerizzazione del Brethane inizia dopo tre ore dal momento del mescolamento dei componenti; questo permette alla formulazione di penetrare profondamente ( ≅ 50mm ) all’interno di manufatti in pietra porosa [4]. 1 Danehey, Wheeler e Su hanno studiato l’influenza del quarzo e della calcite sul processo di poilmerizzazione del metiltrimetossisilano ( MTMOS ) utilizzando la tecnica della spettroscopia basata sulla risonanza magnetica dei nuclei di “29Si”. Questa tecnica di analisi strumentale permette di monitorare la graduale scomparsa di molecole di MTMOS e la formazione di polimeri in cui un atomo di silicio è legato, attraverso un ossigeno, ad uno oppure a più atomi di silicio [6]. Gli Autori hanno dimostrato che la calcite riduce fortemente la velocità della reazione di condensazione del MTMOS. Al contrario sia la velocità di condensazione che di idrolisi del MTMOS risultano essere poco influenzati dalla presenza di quarzo. Questi risultati sono stati interpretati assumendo che i cristalli di calcite possano svolgere un’azione anticatalitica. Pertanto il trattamento con MTMOS dovrebbe essere poco efficace nel consolidamento di pietre di natura calcarea a base di calcite [6]. Butlin et Al., in apparente contraddizione con le conclusioni di Danehey et Al., analizzando gli esiti di trattamenti conservativi, in un periodo temporale di 15 anni, hanno evidenziato come il consolidamento si sia dimostrato efficace sia nel caso di pietre calcaree [ si ricavano da rocce formate principalmente da carbonato di calcio CaCO3 ( ˜ 83-99% ) ] che di pietre arenarie [ si ottengono da rocce silicee ( SiO 2 ˜ 85-90% ) formate da sabbie cementate tra loro: il cemento può essere di natura silicea ( quarzo ), di natura argillosa, calcarea, bituminosa, micaceo, ecc. ]. E’ probabile che questa osservazione sia da mettere in relazione con la più elevata porosità dei manufatti in pietra calcarea sottoposti a trattamento di consolidamento [7]. Kumar e Price hanno evidenziato come la presenza di sali possa influenzare i parametri cinetici della trasformazione degli alcossisilani a polialcossisilani. In particolare essi hanno dimostrato che il solfato di sodio provoca una drastica riduzione nella velocità di idrolisi e di condensazione del MTMOS. Il cloruro di sodio ha, invece, la capacità di determinare un incremento nei valori della velocità della reazione di condensazione del MTMOS [8]. Clifton, nella sua già citata pubblicazione [1], ha messo in risalto alcuni interessanti risultati, ricavati dalla letteratura del settore, relativi ad una serie di operazioni di consolidamento effettuate utlizzando alcossisilani. Alcuni di questi risultati sono qui di seguito riportati. i) ii) iii) iv) Gli alcossisilani migliorano la resistenza delle pietre arenarie nei confronti della cristallizzazione del solfato di sodio. Le prestazioni degli alcossisilani variano da pietra a pietra e tra l’altro dipendono dalla compatibilità tra il solvente e la specifica pietra da trattare: Mediante microscopia elettronica in scansione è stato possibile dimostrare che, nel caso di pietre arenarie, i prodotti polimerici derivanti dall’idrolisi e condensazione degli alcossisilani riempiono gli spazi tra i grani formando un coating uniforme. I trattamenti di consolidamento con alcossisilani sembra che siano poco efficaci nei confronti del passaggio dell’umidità e della resistenza al gelo, inoltre in alcune circostanze sono stati osservati cambiamenti di colore nelle pietre trattate. Formulazioni a base di MTMOS ( solvente: 1:1 acetone-etanolo; soluto: MTMOS, concentazione, 20% e 50% ) denotano la capacità di penetrare all’interno di pietre arenarie ( tipo Horice sandstones ). In particolare, come si evince dai dati riportati nella tabella 1, la % di soluzione e di polimero assorbita e la profondità di penetrazione aumentano sostanzialmente, relativamente alle condizioni sperimentali utilizzate, con l’aumentare del contenuto di MTMOS [9,10]. La capacità di pietre arenarie ( tipo Horice ) di assorbire acqua ed idrocarburi leggeri, viene fortemente influenzata da trattamenti con soluzioni a base di metiltrimetossisilano e di silicato di tetraetile ( vedasi dati in tabella 2 ). Il trattamento con MTMOS riduce del 90% la capacità di assorbimento di acqua, riempiendo solo il 10% ( in volume ) dei pori. Il silicato di tetraetile sembra che induca una minore idrorepellenza. 2 Dai dati delle tabelle 1 e 2 è possibile trarre utili informazioni circa la idrofobicità e il livello di riempimento dei pori da parte di consolidanti di natura silanica [9,10]. La resistenza meccanica in compressione dei campioni di pietra arenaria, consolidati come descritto nella tabella 1, migliora sostanzialmente rispetto a quella delle pietre non trattate ( vedasi dati in tabella 3 ) [9,10]. Come si ricava dall’andamento delle curve riportate nella figura 1 il trattamento con MTMOS non sembra che sia di impedimento alla rimozione di sali pre-assorbiti ( in particolare NaCl ) effettuata mediante immersione in acqua dei campioni dopo consolidamento [9,10]. Alcuni Autori hanno trovato che il marmo ( roccia calcarea a struttura granulare di origine metamorfica, caratterizzata dalla presenza di grossi granuli cristallini di calcite, ad alto grado di purezza ) trattato con resine siliconiche presenta una accentuata predisposizione ad assorbire anidride solforosa. Questo comportamento è stato evidenziato attraverso la determinazione, mediante diffrazione dei raggi-X all’alto angolo, del solfuro di calcio formatosi sulla superficie a seguito della reazione della SO2 con carbonato di calcio e successiva riduzione del solfato a solfuro ( vedasi figura 2 ) [11]. La determinazione della velocità di propagazione di onde elettromagnetiche ultrasoniche ( Vus ) rappresenta una utile metodologia per quantificare l’efficacia di un trattamento di consolidamento. Infatti Vus aumenta con l’aumentare della coesione tra i grani pertanto confrontando i valori di Vus di pietre trattate con quelli di pietre tal quali è possibile ricavare informazioni circa la bontà del processo usato [12]. La variazione di Vus in campioni di pietre di granito ( roccia a struttura granulare costituita principalmente da quarzo, ortosio e mica ), a seguito di consolidamento con formulazioni a base di prodotti silanici diversi , è riportata nella tabella 4. Dai dati si deduce che tutti i trattamenti hanno determinato un effetto consolidante la cui entità dipende fortemente dalla natura chimica dell’agente usato. In particolare si nota come la formulazione che mostra la maggiore efficacia è una miscela di un agente consolidante ( un estere organico dell’acido silicico, Si(OH)4 ) e un idrorepellente ( un oligosilossano ). Va sottolineato il fatto che l’impiego di idrorepellenti causa un aumento di Vus la cui entità risulta essere nettamente inferiore a quella dei trattamenti basati sul solo utilizzo di consolidanti [12]. Nella figura 3 sono mostrate le curve di cinetica di assorbimento di acqua di campioni di pietre granitiche dell’El Escorial ( Madrid ) trattate con formulazioni consolidanti e idrorepellenti a base di prodotti silanici diversi. Dall’andamento delle curve è possibile concludere che le formulazioni contenenti idrorepellenti di natura polisilossanica e oligosilossanica esercitano una maggiore capacità protettiva nei confronti della penetrazione dell’acqua all’interno delle pietre [12]. Il confronto delle micrografie elettroniche riportate nella figura 4 mette in evidenza come il grado di penetrazione di polisilossani idrorepellenti sia relativamente basso. Questa osservazione è la dimostrazione del fatto che ai fini di un efficace effetto di protezione superficiale nei confronti dell’acqua non sia necessario che l’agente protettivo penetri il manufatto lapideo in profondità [12]. R. Fort Conzales et Al. Hanno dimostrato che il trattamento di pietre granitiche con formulazioni consolidanti/protettivi a base di prodotti silanici può comportare delle variazioni cromatiche superficiali che di norma tendono ad attenuarsi con il tempo. Questo fenomeno può essere quantificato mediante misure dell’indice globale della variazione del colore ( ? E ). Dai valori di ? E, riportati nella tabella 5 si ricava che il trattamento con una formulazione a base di EOS ( estere organico dell’acido silicico ) e di un organosilossano oligomerico determina un effetto cromatico notevolmente superiore a quello di altri trattamenti che utilizzano prodotti di natura diversa [12]. J. R. Clifton, in relazione a quanto sopra, ha citato il caso della Cattedrale di Wells dove le statue ed un pannello in pietra, dopo trattamento con alcossisilani, hanno acquisito, rispettivamente, una 3 colorazione more dull grey ed un tono leggermente più tendente all’arancio di quello delle pietre adiacenti non trattate. Questa osservazione porta alla conclusione che qualora il trattamento interessi solo una sezione del manufatto quest’ultima apparirà visibilmente di diverso colore; inoltre si comporterà all’invecchiamento naturale in maniera differente [1]. TABELLA-1 Capacità consolidante di una formulazione a base di metiltrimetossisilano nei confronti di una pietra arenaria ( tipo: Horice ). Condizioni sperimentali: 1 ) un campione cubico ( 5cm3 ) di pietra viene immerso nella soluzione per 3hrs; 2 ) il campione, estratto dalla soluzione, è tenuto per 14 giorni avvolto in un film di alluminio e di polietilene per permettere la polimerizzazione del silano [9,10]. Formulazione Solvente:1:1 acetoneetanolo; Soluto:metiltrimetossisilano (20%) Solvente: 1:1 acetoneetanolo; Soluto: metiltrimetossisilano (50%) % di soluzione assorbita % di polimero Profondità di assorbito penetrazione (mm) 9,4 1,0 3-8 11,2 3,0 totale 4 TABELLA-2 Capacità di assorbire acqua e idrocarburi leggeri da parte di pietre arenarie ( Horice ) pretrattate con consolidanti silanici. La % di acqua e di benzina assorbita è stata determinata dopo un tempo di immersione pari rispettivamente a 48 e 3hrs [9,10]. Formulazione Solvente: 1:1 acetoneetanolo; Soluto: metiltrimetossisilano (20%) Solvente: 1:1 acetoneetanolo; Soluto: metiltrimetossisilano (50%) Solvente: 1:1 acetoneetanolo; Soluto: tetraetilsilicato acqua assorbita (%) Idrocarburi assorbiti (%) 1,0 0,8 8,4 3,0 0,9 8,0 1,0 6,2 9,4 Polimero assorbito (%) TABELLA 3 Resistenza meccanica in compressione di campioni di pietra arenaria pretrattati con formulazioni consolidanti a base di silani. Il processo di consolidamento è descritto nelle tabelle 1 e 2 [9,10] Formulazione Massa di polimero assorbita (%) Nessuna Silicato di sodio in acqua 1,0 Solvente: 1:1 acetone-etanolo; 1,0 Soluto: metiltrimetossisilano (20%) Solvente: 1:1 acetone-etanolo; 3,0 Soluto: metiltrimetossisilano (50%) Solvente: 1:1 acetone-etanolo; 1,0 Soluto: etilsilicato (20%) Resistenza meccanica in compressione (Mpa) 15 21 27 22 23 5 FIGURA 1: Curve di rimozione di sali ( NaCl ), per immersione in acqua, di campioni di pietra arenaria ( tipo Horice ) consolidati con formulazioni di natura diversa: a ) pietra non trattata, NaCl al 1,6%; b ) pietra consolidata con una soluzione di resina epossidica ( 3,1% ), NaCl al 1,7%; c ) campione non consolidato, NaCl al 2,8%; d ) pietra consolidata con estere silanico, NaCl al 2,3% [10]. 6 FIGURA 2: Curve nelle quali viene riportata la quantità relativa di solfuro di calcio che si viene a formare sulla superficie di campioni di marmo trattati con consolidanti di natura diversa in funzione del tempo di esposizione alla anidride solforosa e all’acqua [11]. 7 TABELLA 4 Variazione della velocità di propagazione di ultrasuoni [∆Vus (%)] in campioni di granito indotta da trattamenti con agenti consolidanti e idrorepellenti di natura silanica [12]. Trattamento consolidante(C) e/o idrorepellente(H) Oligosilossano(H) Estere organico di acido silicico(C) Estere organico di acido silicico(C)+ Oligosilossano(H)(tipo1) Organosilossano oligomerico(H) Estere organico di acido silicico(C)+ Oligosilossano(H)(tipo2) Polisilossano(H) Estere organico di acido silicico(C)+ Estere organico di acido silicico(C)+ Polisilossano(H) Estere organico di acido silicico(C)+ ∆Vus (%) +8 +55 +64 +22 +70 +2 +65 +41 +24 TABELLA 5 Valori dell’indice globale di variazione del colore ( ? E ) relativi a superfici di pietre granitiche trattate con formulazioni diverse a base di prodotti silanici [12]. Prodotto consolidante(C) e/o idrorepellente(H) EOS*(C)+Poliestere saturo, polisilossano e esteri di acidi inorganici(H) EOS*(C)+Metiletossipolisilossano(H) EOS*(C)+Organosilossano oligomerico(F) Copolimero Silossano/Acrilato modificato(C+F) Resine acriliche e siliconiche(C+H) EOS*(C) e Polisilossani oligomerici(C+H) Silicato sodico(modificato biochimicamente)(C+H) (*) EOS = Estere organico dell’acido silicico ?E 2,48 5,79 18,66 0,61 4,09 1,38 4,65 8 FIGURA 3: Cinetiche di assorbimento di acqua da parte di campioni di pietre granitiche, repertate dall’ El Escorial ( Madrid ), trattate con varie formulazioni di natura silanica: Curva-1: campione non trattato. Le curve 2, 3, 4, 5 si riferiscono a campioni trattati rispettivamente con: estere organico dell’acido silicico ( EOS- consolidante-C )+ oligosilossano ( idrorepellente-HF ); estere organico dell’acido silicico ( EOS- consolidante-C )+ polisilossano ( idrorepellente-HF ); oligosilossano ( idrorepellente-HF ); polisilossano ( idrorepellente-HF ) [12]. 9 FIGURA 4: Micrografie elettroniche di campioni di pietra tal quali (sopra) e di pietra trattata con un agente protettivo idrorepellente [12]. 10 Influenza dei trattamenti di consolidamento/protezione su alcune caratteristiche del substrato lapideo: I trattamenti consolidanti e protettivi determinano nei manufatti lapidei variazioni nelle dimensioni dei pori e relativa distribuzione, nei valori della permeabilità al vapore d’acqua e all’acqua. Al fine di potere effettuare una valutazione dell’efficacia dei trattamenti risulta necessario, pertanto, quantificare l’entità delle modificazioni indotte. a) Dimensioni dei pori. I trattamenti di consolidamento e di protezione, in generale, causano una riduzione della porosità globale accessibile all’acqua la quale dipende fortemente dalla natura dei prodotti usati e dal meccanismo secondo cui essi agiscono. Alcuni trattamenti portano al riempimento, totale o parziale, dei pori, altri esercitano solo un effetto ricoprente attraverso il depositarsi di un sottile strato di coating. Come si evince dai diagrammi della figura 5, gli andamenti delle curve di distribuzione delle dimensioni dei pori dopo trattamenti consolidanti e protettivi, effettuati sullo stesso substrato lapideo, risultano essere notevolmente diversi. In particolare è possibile osservare che: i ) in entrambi i casi la porosità accessibile al mercurio diminuisce, l’entità del fenomeno essendo maggiore nel caso del trattamento con idrorepellente (la porosità dei materiali condizionati con prodotti impermeabilizzanti e consolidanti risulta essere, rispettivamente, pari all’8,2% e al 9,2% ); ii )l’applicazione dell’idrorepellente genera un aumento dei pori con dimensioni < 0,1µm, mentre il trattamento consolidante causa un incremento dei pori aventi dimensioni > 1µm [12]. I risultati della figura 5 mostrano come gli aspetti fenomenologici concernenti le modificazioni nella strutturazione dei pori, indotte da trattamenti conservativi, dipendono, per un determinato sistema lapideo, dalla natura chimica dell’agente ( consolidante/protettivo ) e dal suo meccanismo di azione; essi, comunque, possono essere definiti solo sulla base di una accurata analisi a posteriori. b ) Permeabilità al vapore d’acqua e all’acqua. Secondo le raccomandazioni del < WTA, Scientific Technical Workshop for Monument Maintenance and Building Restoration Inc., Munich, FRG > un trattamento con idrorepellente deve ridurre la permeabilità al vapore d’acqua al massimo del 10% rispetto al valore del manufatto lapideo non trattato. Le variazioni ( %? ) indotte da vari tipi di trattamento consolidante e/o protettivo ( tutti effettuati sullo stesso substrato di pietra granitica ) sulla permeabilità al vapore d’acqua ( Pv ), sulla velocità di propagazione di ultrasuoni ( Vus ) e sulla porosità accessibile all’acqua ( n0 ), sono messe a confronto nella tabella 6. In alcuni casi si osserva una riduzione della permeabilità al vapore d’acqua , in altri addirittura un aumento. Comunque l’entità del fenomeno dipende fortemente dal tipo di formulazione usata [12]. Il sistema che sembra presentare la migliore combinazione delle proprietà, post-trattamento, è quello basato sull’impiego del copolimero silossano/acrilato, prodotto con intrinseche capacità di consolidante e di idrorepellente. 11 FIGURA 5: Curve di distribuzione della dimensione dei pori in campioni di Pietra di “Bonar” tal quali ( sin tratar in figura ) e trattati con prodotti idro-repellenti ( Hidrofugante in figura ) e consolidanti La porosità globale, accessibile al mercurio, della pietra non condizionata e di quelle trattate con idrorepellente e consolidante è, rispettivamente, pari all’11,2%, 8,2% e al 9,1%, [12]. TABELLA 6 Variazioni indotte da trattamenti consolidanti e protettivi diversi sulla permeabilità al vapore d’acqua (%? Pv), sulla velocità di propagazione di ultrasuoni (%? Vus) e sulla porosità all’acqua (%? n0) nel caso di pietre granitiche [12]. Prodotto consolidante(C) e/o idrorepellente(H) Resine acriliche e siliconiche(C+H) EOS*(C) e Polisilossani oligomerici(C+H) Silicato sodico(modificato biochimicamente)(C+H) EOS*(C)+Metiletossipolisilossano(H) Copolimero Silossano/Acrilato modificato(C+F) EOS*(C)+Poliestere saturo, polisilossano e esteri di acidi inorganici(H) EOS*(C)+Organosilossano oligomerico(F) %? Pv %? Vus %? n0 +68 +35 +19 +9 -3 -13 -42 +15 -5 -15 -11 +20 +18 -28 -8 -37 +13 -30 -45 +28 -48 12 Stabilità e Durabilità dei trattamenti di consolidamento/protezione Un trattamento di consolidamento e/o di protezione è efficace se dura nel tempo; cioè se invecchia con una velocità relativamente bassa. In generale il concetto di mantenimento nel tempo delle performance da parte di un materiale include l’aspetto di stabilità e di durabilità. Su questo argomento Serena e Litran scrivono: < In the effort to estimate the potential long-term serviceability of performance above a threshold level that is regarded as acceptable…..two aspect can be distinguished. One is stability of a material or composite of materials, that is, their resistance to environment factors such as oxygen, ozone, moisture, heat and light, which bring about chemical changes. The other is durability, largely the physical resistance to change with respect to the stress and strain of use > [13]. La stabilità e la durabilità di un trattamento di conservazione di un manufatto lapideo dipendono, oltre che dalla tipologia della formulazione chimica impiegata e dalla natura della pietra, anche dall’aggressività dell’ambiente in cui il manufatto vive e dalle sollecitazioni termomeccaniche a cui esso è sottoposto nel tempo. Nella pratica comune queste caratteristiche sono stimate sottoponendo una serie di campioni trattati e non a cicli di invecchiamento accelerato in una camera climatica. In particolare durante le prove viene analizzato il processo di degradazione in funzione dell’umidità, della temperatura, delle radiazioni elettromagnetiche ( in particolare quelle UV ), della concentrazione di agenti chimici ( acidi e basici ) e delle sollecitazioni fisiche e termomeccaniche. Il grado di invecchiamento viene monitorato, definendo, in funzione del tempo, le variazioni di alcune significative grandezze quali: il peso; la velocità di propagazione di ultrasuoni; la porosità aperta; il colore, ecc.. Viene anche indagato il comportamento a seguito di cicli gelo-disgelo, umido-secco e alla cristallizzazione di sali. Il tipo di reazione a prove di invecchiamento accelerato di campioni di pietre granitiche ( rocce a struttura granulare costituite principalmente da quarzo ( SiO 2 ) ), trattati con formulazioni silaniche di vario tipo viene documentato attraverso i dati riportati nelle tabelle 7 e 8 [12]. In particolare dai dati della tabella 7 si ricava che i trattamenti con oligosilossano determinano una migliore risposta ai cicli di gelo-disgelo e secco-umido. Infatti la perdita in peso risulta essere notevolmente inferiore di quella delle pietre non trattate. Dalla tabella 8 è possibile trarre la conclusione che trattamenti poco dissimili possono provocare, comunque, variazioni molto diverse nei campioni della stessa pietra sottoposti a prove di invecchiamento accelerato. E’ importante sottolineare il fatto che la scelta di un trattamento di consolidamento/protezione dipende anche da come i vari parametri sopra discussi evolvono nel tempo. Con l’obbiettivo di definire il trattamento conservativo più appropriato da applicare a manufatti artistici localizzati nella Sicilia nord-orientale, P Cardiano et Al. hanno effettuato uno studio comparativo sottoponendo all’azione di vari prodotti commerciali( consolidanti e protettivi ) campioni di pietre locali, con caratteristiche chimico-fisiche diverse ( vedasi tabella 9 ) [14]. La composizione e le proprietà di alcune formulazioni di natura silanica sono sotto riportati. Formulazione-H: 100% alchilalcossisilani diluiti con etanolo( protettivi ), commercializzati dalla Raccanello Padova ( Hydrophase-H ). Formulazione-HS: 40% alchilalcossisilani oligomerici in isopropanolo ( Hydrophase-HS, della Raccanello-Padova ). 13 Formulazione-TEOS: estere dell’acido silicico[ Si(OEt)4 ], 40% in isopropanolo, senza catalizzatore ( commercializzato dalla Phase-Firenze ). Campioni cubici ( 3x3x3cm ) delle varie tipologie di pietra, dopo essere stati lavati con acqua deionizzata, essiccati a 60°C e portati a peso costante ( 36hrs ), sono stati trattati con le formulazioni consolidanti e/o protettive ( assorbimento per capillarità-6hrs; assorbimento per totale immersione24hrs). Successivamente i campioni sono stati conservati per 45 giorni in ambiente con atmosfera controllata ( 50%RU; 30°C ) al fine di favorire l’evaporazione del solvente e l’assorbimento di una quantità di acqua necessaria per la reazione di idrolisi dei gruppi Si? OR [14]. I dati, riportati nella tabella 10, mostrano che il peso dei campioni di pietra, dopo il trattamento conservativo sopra descritto, aumenta. La percentuale di prodotto assorbito, a seguito della reazione di curing dipende fortemente sia dalla natura delle pietre che dalle caratteristiche chimico-fisiche delle formulazioni impiegate. In particolare la pietra di Comiso ( COM ) mostra una più elevata affinità nei confronti del TEOS, lo stesso dicasi per quella di Mistretta ( MIS ). Campioni di pietra di Sinagra ( SIN ), al contrario, presentano una capacità di assorbimento che si differenzia di poco rispetto alle tre formulazioni silaniche usate [14]. TABELLA 7 Perdita di peso (%? P) osservata in campioni di granito prima trattati con vari prodotti silanici e quindi sottoposti, in camera climatica, a cicli di Umido-Secco (U-S) e di Gelo-Disgelo (G-DG) [12]. TRATTAMENTI CONSOLIDANTI(C) E IDROREPELLENTI(H) Campione non trattato Oligosilossano(H) Estere organico dell’acido silicico(C) Estere organico dell’acido silicico(C) + Oligosilossano(H) Estere organico dell’acido silicico(C) + Polisilossano(H) Estere organico dell’acido silicico(C) Oligosilossano(H) CICLO: U-S (%? P) CICLO: G-DG (%? P) 1,21 0,00 O,10 0,81 0,08 0,34 0,00 0,25 0,32 1,4 4,49 0,44 0,45 0,49 14 TABELLA 8 Comportamento di campioni di pietra granitica sottoposti a tre diverse prove di invecchiamento accelerato: a ) cristallizzazione di sali; b ) gelo-disgelo; c ) umido-secco. I campioni, prima delle prove di invecchiamento sono stati trattati con idrorepellenti silanici [12]. Prova di invecchiamento Proprietà Campioni non trattati ( ? (%) ) Campioni trattati con EOS* e Polisilossano-1 ( ? (%) ) Cristallizzazione di sali ””” peso -0,39 -0,10 Campioni trattati con EOS* e Polisilossano2 ( ? (%) ) -0,09 velocità ultrasuoni Porosità aperta peso -8,55 -7,32 -3,88 +11,11 +5,65 +24,08 -0,02 -0,06 -0,03 ””” Gelo-Disgelo +UV “””” “””” Colore +2,69 +4,16 Velocità -1,08 -10,45 ultrasuoni “””” Porosità +3,17 +7,90 aperta Umido-Secco peso -0,01 -0,16 “””” Velocità -4,02 -3,74 ultrasuoni “””” Porosità +3,98 +15,51 aperta (*) EOS= esteri organici dell’acido silicico +2,83 -14,10 +3,32 -0,03 -2,21 +6,58 15 TABELLA 9 Caratteristiche fisiche e chimiche di campioni di pietre tipiche della regione nord-orientale della Sicilia sui quali sono stati effettuati trattamenti con agenti consolidanti/protettivi a base di prodotti silanici di natura diversa [14]. Pietra e Luogo di Origine ( SMA ) CalcareS. Marco d’Alunzio ( TAO ) CalcareTaormina ( COM ) CalcareCalcarenite di Comiso ( MIS ) Quarzoquarzite di Mistretta Caratteristiche Porosità Utilizzi Carbonatica, Compatta, Cristallina, Colorata Simile alla SMA ma con un livello maggiore di venature e fratture Grani minuti, colorata, morbida, cristallina Molto bassa; Distribuzione 1÷5µ Decorazioni interne ed esterne Molto bassa; Distribuzione 1÷5µ -------------- Molto elevata e omogenea. Distribuzione 0÷03µ(83%). Bassa-Struttura. Microporosa. Distribuzione ( 1÷0,5µm ) ( 45% ). Costruzioni Componente principale dei grani: il quarzo presente sia come cristalli singoli che come aggregati policristallini. Pietra molto dura ( SIN ) Arenaria- Dimensioni dei grigia di Sinagra grani variabile (0,12mm). Composizione: quarzo e frammenti di minerali a base di silicati (feldspati e mica). ( BAS ) Basalto- Pietra vulcanica, densa Etneo ( da e dura composta da Maniace ) silicati,( feldspati ). Colorata. ( CAR ) Marmo di Calcite –dolomite Carrara ricristallizzata (riferimento ) Costruzioni Bassa. Costruzioni Distribuzione bimodale con massimi: 0-0,025µm e 0,10,2µm Bassa-Macro-porosa ---------------- Molto Bassadistribuzione omogenea 5÷0,05µ ----------------- 16 Per quanto riguarda l’influenza dei trattamenti sulla porosità è stato riscontrato che: a ) Il trattamento delle pietre CAR con H, HS, e TEOS influenza solo la porosità totale; b ) Nel caso dei campioni di SMA si riscontra che tutti i trattamenti causano non solo una forte riduzione nei valori della porosità totale ma anche una drastica modificazione della distribuzione delle dimensioni dei pori. Tra i vari agenti il TEOS presenta la massima efficacia. c ) La porosità delle pietre TAO risulta essere fortemente ridotta, in particolare, dal TEOS. d ) Le formulazioni HS e TEOS determinano una variazione apprezzabile nei valori della porosità totale dei campioni del marmo di Carrara ( CAR ). In particolare si osserva una riduzione del 65,4% della porosità a seguito del trattamento con TEOS. In conclusione il trattamento con TEOS, ai fini della riduzione della porosità totale, risulta essere il più efficace nel caso di campioni di pietre SMA, TAO, BAS, MIS e SIN. La formulazione HS è la più attiva per le pietre CAR e COM [13]. TABELLA 10 Aumento (%) del peso di campioni di pietra, descritti in tabella 9, dopo trattamento con formulazioni a base di prodotti silanici diversi ( vedasi testo ) e successivo curing. Per la comprensione delle sigle vedasi tabella 9 e testo [14]. CAMPIONE /AGENTE H HS TEOS CAR SMA TAO COM 0,02 0,05 0,002 0,05 0.05 0,015 0,01 0,01 0,15 BAS MIS SIN 0,1 0,04 0,33 0,001 1,46 0,3 0,05 0,5 0,24 0,47 0,64 0,42 17 L’efficacia di un trattamento di consolidamento e/o di protezione deve essere valutata quando il sistema globale [ include il substrato e i prodotti derivanti dall’insieme delle trasformazioni chimiche ( idrolisi, condensazione, polimerizzazione in situ, reticolazioni ecc. ) tra le molecole degli agenti impiegati e quelli conseguenti i processi di interazione tra i gruppi funzionali presenti nel manufatto lapideo e nelle molecole dei consolidanti/protettivi] ha raggiunto una condizione di equilibrio chimico e fisico. Pertanto prima di scartare o validare un determinato trattamento bisogna essere sicuri che il sistema, nella sua globalità, sia a regime, il che delle volte può richiedere del tempo. Le fotografie riportate nella figura 6 rappresentano una chiara esemplificazione di quanto sopra scritto. Infatti esse evidenziano come un trattamento con un prodotto silanico ( ConservareOH , i cui componenti attivi sono gli esteri etilici dell’acido silicico [ Si—(OCH2CH3)4 ] ) di pietre calcaree sembrerebbe a prima vista provocare una inaccettabile modificazione cromatica la quale, però, si va ad attenuare fortemente con il trascorrere del tempo, per cui, alla fine,il trattamento può essere, nel suo complesso, considerato valido [15]. FIGURA 6: Trattamento di pietre di origine calcarea con il prodotto silanico commercializzato come ConservareOH ( a base di esteri tetraetilici dell’acido silicico ). Sinistra: pietre tal quali; Centro: pietre ad un mese dal trattamento, si osserva un evidente fenomeno di imbrunimento; Destra: le pietre a cinque anni dal trattamento, praticamente hanno riacquistato il colore delle pietre tal quali [15]. 18 RIFERIMENTI 1 ) J. R. 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Wheeler, < Alkoxysilanes and the Consolodation of Stone > Getty Conservation Institute (2005). 19 20 CAPITOLO TERZO-B APPLICAZIONE DI FORMULAZIONI A BASE DI PRODOTTI SILANICI NELLA CONSERVAZIONE DI MANUFATTI LAPIDEI: CASE HISTORIES Nel presente capitolo sono riportati e criticamente discussi alcuni significativi esempi di interventi conservativi effettuati su manufatti lapidei impiegando formulazioni consolidanti /protettive a base di prodotti di derivazione silanica. A ) Il Monumento alla Libertà ( Riga, Lettonia ) Il monumento alla Libertà di Riga ( figura 1 ), costruito nel 1935 ( scultore K. Zale; architetto E. Stalbergs ) è costituito nei suoi elementi strutturali da: ? una base di calcestruzzo; ? un rivestimento esterno in granito grigio e rosso ( Finlandia ) e in travertino italiano ( Tivoli ); ? un obelisco in travertino alla cui sommità è collocata la statua, in bronzo, della Libertà [1]. Le caratteristiche delle pietre costituenti sono qui di seguito delineate. a ) Travertino Romano- Tufo calcareo ( i tufi sono rocce di origine vulcanica, formatesi per cementazione di ceneri, lapilli e sabbia proiettati dai vulcani nella fase esplosiva. La cementazione avviene per la pressione esercitata dagli strati superiori e per l’azione dell’acqua ), cavernoso , leggero e resistente avente le seguenti caratteristiche: i ) composizione chimica essenzialmente a base di calcite microcristallina; ii ) porosità totale, 4-7%; iii ) assorbimento di acqua, 2%; iv ) resistenza a compressione, 111,3Mpa. b ) Granito Rosso ( Balmoral-Red ) e Granito Grigio ( Nystade )- roccie intrusive a struttura granulare caratterizzate da: i ) una costituzione chimica che vede la presenza di minerali silicei quali la mica, il quarzo e il feldspato; ii ) una struttura densa ed omogenea; iii ) una porosità totale >1%; iv ) un’assorbimento di acqua ˜ 0,15%; v ) una resistenza a compressione pari a 180MPa [1]. L’esame dello stato di conservazione ha messo in risalto che una delle principali cause di degrado è da mettere in relazione con le alterazioni delle pietre di travertino provocate da fattori connessi all’inquinamento ambientale, alle condizioni climatiche ( frequenti cicli di gelo/disgelo ) e all’azione catalitica del vapore d’acqua nei confronti di processi degradativi di natura chimica, biologica e fisico-meccanica. 1 L’altra origine di deterioramento è da imputare alla corrosione del supporto portante in calcestruzzo dovuta alla penetrazione, attraverso i giunti di piombo, di acqua contenente SO2, CO2 e ioni cloro. Le conclusioni di cui sopra hanno portato alla individuazione dei seguenti interventi: a ) trattamento delle parti in travertino con prodotti idrorepellenti al fine di proteggere le pietre dall’azione aggressiva di agenti chimici ambientali e quindi ridurre la penetrazione dell’ acqua verso la struttura interna di calcestruzzo; b ) sostituzione del piombo usato come sigillante nei giunti tra elementi in granito, e questo a causa della inadeguatezza del piombo ad isolare i giunti nei confronti dell’acqua. Prima di procedere alla esecuzione di trattamenti protettivi nei confronti delle pietre di travertino si è provveduto a valutare l’efficienza in laboratorio di vari prodotti idrorepellenti di natura siliconica su campioni ( cubici, 5x5x5cm ) ricavati da rocce così come estratti dalla cava. Le caratteristiche delle formulazioni sperimentate sono riportate nella tabella 1. Dall’ esame dell’insieme dei risultati, sintetizzati nella tabella 2, è stato possibile concludere che la migliore combinazione di proprietà è stata riscontrata per le pietre trattate con la formulazione a base di sodio-alluminio-metil-silanolato ( N/A6) [ Il trattamento non modifica l’aspetto esteriore del manufatto; riduce l’asssorbimento di acqua per capillarità (da 1,80% a 0,04%) e l’assorbimento per immersione totale (da 2,38% a 0,94%); non limita eccessivamente l’evaporazione dell’acqua e la permeabilità al vapore d’acqua ( da 1,68 a 1,33 [g/mhPa]E-10 ); provoca una riduzione accettabile del drying index ( da 2,13 a 1,61[log] ) e induce una riduzione nel volume dei pori ( da 4,86 a 2,62cm3 ) ]. Non essendo possibile avere la disponibilità del prodotto N/A6 in quantità industriali allora per il trattamento protettivo della superficie in travertino è stato scelto il prodotto, commerciale, a base di alchilalcossisilano ( Funcosil WS ) che si caratterizza, rispetto agli altri prodotti, per una migliore combinazione delle prestazioni. In particolare le pietre trattate con la formulazione acquosa di alchilalcossisilano, come emerge dai dati della tabella 2, presentano: - una riduzione dell’assorbimento di acqua [ sia per capillarità ( da 1,80 a 0,21% ) che per immersione totale ( da 2,38 a 1,46% ) ];una attenuazione della porosità ( da 4,86 a 4,28cm3 );un indice di essiccamento che passa da 2,13 a 1,90[log]; un valore della permeabilità al vapore d’acqua che da 1,68 si riduce a 1,08g/mhPaE-10 [1]. Il trattamento in situ della superficie del monumento alla Libertà in pietre di travertino con la formulazione di alchilalcossisilano ( FuncosilWS) è stato effettuato, dopo le necessarie operazioni di pulitura (water jet e micro abrasive sand blasting e drying ), applicando il prodotto mediante l’ausilio di una spazzola [1]. La valutazione dell’efficacia del trattamento, verificata dopo due anni, ha permesso di concludere che: ~ la superficie trattata presenta una dislocazione verticale eterogenea ed occasionale di linee di annerimento, mentre quella non trattata risulta essere ricoperta omogeneamente da una patina nerastra ( vedasi figura 2 ); ~ il condizionamento induce un miglioramento del comportamento nei confronti dell’assorbimento dell’acqua piovana; ~ non si osservano effetti di inibizione o di azione catalitica nei confronti della contaminazione microbiologica/biologica. 2 TABELLA 1 Prodotti siliconici usati per il trattamento protettivo idrorepellente, in laboratorio, di campioni di travertino romano [1]. Agente effettivo Concentrazione Agente di Nome trasporto commerciale e Fonte Silano-silossano — Acqua K501/Liquid Plastics Ltd/UK Silossano ˜ 7M% Idrocarburo Funcosil alifatico SNL/Remmers/D Alchil˜ 10%(m/m) Acqua Funcosil alcossisilano WS/Remmers/D Silicone >10%(m/m) Acqua Funcosil OW/Remmers/D Sodio-alluminio- Si˜ 4,9V% Acqua N/A6/Academy of metil-silanolato Science/Latvia TABELLA 2 Proprietà di campioni di pietre di travertino dopo trattamento protettivo con prodotti silanici idrorepellenti di natura diversa ( vedasi tabella 1 ) [1] SodioAlchilNon Trattato alluminio- alcossimetil silano silanolato (WS) (N/A6) Volume dei pori[cm3] 4,86 2,62 4,28 Porosità totale[%] 3,70 2,51 3,33 Assorbimento di 1,80 0,04 0,21 acqua per capillarità[%] Assorbimento di 2,38 O,94 1,46 acqua per immersione totale[%] Indice di 2,13 1,61 1,90 essiccamento [log] Permeabilità al 1,68 1,33 1,08 vapore d’acqua[g/mhPa]E10 CAMPIONE/ /PRODOTTO/ /PROPRIETA’ Silicone Silano- Silossano (SNL) (OW) Silossano (K501) 3,71 3,42 0,05 1,03 1,74 1,32 3,71 2,51 0,05 1,30 1,83 1,68 1,90 1,28 0,02 0,26 1,08 0,97 3 FIGURA 1: Monumento alla Libertà, Riga-Lettonia [1]. Figura 2: Frammento di un rilievo in travertino del Monumento alla Libertà di Riga-Lettonia. A sinistra- dopo due anni dal trattamento con il prodotto idrorepellente a base di alchil-alcossi-silano ( FuncosilWS ) si osservano solo occasionali striature nerastre. A destra- la parte non trattata mostra un evidente processo di annerimento che causa la formazione di una patina uniformemente distribuita lungo tutta la superficie [1]. 4 B ) Il “ AL Hayne Monument ” [ Fort Worth-Texas ( USA ) ] Il monumento ( altezza 762cm, base ~ 243cm2 ), eretto nel 1893, è in pietra arenaria scolpita con una base bugnata. Un insieme di colonne in granito rosso levigato, alla sommità, sostiene una cupola gotica all’interno della quale è collocata il busto in bronzo di Al Hayne ( vedasi figure 3 e 4 ). Il manufatto in pietra è stato scolpito di l. Brown, mentre quello in bronzo è opera di E. Sellors [2]. Lo stato di conservazione del monumento, prima dell’intervento di restauro, relativamente alle parti in pietra arenaria era caratterizzato: — da diffuse perdite di materiale alla superficie; — da perdita di componenti decorativi; — dalla presenza di croste nere dovute alla formazione di solfuri. Lo stato di conservazione delle colone in granito risultava essere buono. Le aree superficiali in pietra arenaria che mostravano fenomeni di polverizzazione sono state sottoposte ad un intervento preliminare di consolidamento impiegando un prodotto, commerciale, della PROSOCO, “Conservare-OH 100” (OH-100 ) , ready to use. Il trattamento con OH-100, sostituendo i collanti naturali, è utile per effettuare operazioni preliminari finalizzate a rinforzare e stabilizzare opere in muratura rese friabili da fenomeni deteriorativi di varia origine, prima di procedere alla pulitura, ai rattoppi e al rivestimento protettivo. I componenti attivi dell’ OH-100 sono gli esteri etilici dell’acido silicico [ Si— (OCH2CH3)4 ] che, per le ridotte dimensioni molecolari, hanno la capacità di penetrare profondamente all’interno del materiale degradato. FIGURA 3: Il monumento eretto in onore di Alfred S.Hayne, Fort Worth, Texas, Usa [2]. 5 FIGURA 4: Particolare del monumento in figura 3 [2]. Mediante l’ausilio di un idoneo catalizzatore contenuto nella formulazione, e in presenza di umidità, si innesca la reazione di idrolisi, condensazione e di polimerizzazione in situ degli esteri che, a reazione completata, porta alla formazione di un reticolo polimerico glass-like simile a quello della silice ( SiO2 ) [3,4,5,6]. Dopo il processo consolidante con Conservare-OH 100 le parti in pietra arenaria sono state sottoposte a trattamento di pulitura a cui ha fatto seguito quello protettivo eseguito mediante impregnazione con i prodotti della PROSOCO, commercializzati come Conservare-H, con l’obbiettivo ultimo di rinforzare le pietre e nello stesso tempo renderle più idrorepellenti. La formulazione etichettata come Conservare-H100, ha tra i suoi componenti attivi un etil silicato, che agisce da consolidante, e un silano che esplica la funzione idrorepellente [3]. < This ethyl silicate/silane treatment replaces the natural binding materials while protecting the treated surface from future deterioration…… . All patching and pointing materials should be in place before application of Conservare H100 > [3]. 6 C ) Palazzo Chigi ( ROMA ) Il restauro di Palazzo Chigi ( figura 5 ), sede del Governo italiano, è stato completato il 07novembre-1999. FIGURA 5: Veduta di insieme di Palazzo Chigi, Roma, sede del Governo Italiano. Per il restauro conservativo di alcune delle sue parti sono stati utilizzati prodotti a base di polisilossani [7-a]. L’intervento conservativo ha contemplato, tra l’altro, il restauro dei travertini e degli stucchi, la riproposizione dei colori dell’edificio e l’eliminazione delle persiane in legno. < Le lavorazioni sono state complesse: dalla spazzolatura degli strati superficiali…., al consolidamento degli intonaci……., alla protezione con prodotti a base di polisilossani > [7-a]. Dalla documentazione che descrive i dettagli dell’intervento conservativo si ricava come l’impiego di prodotti polisilossanici sia stato particolarmente opportuno, nel caso di stucchi ed intonaci, per il ricoprimento delle superfici restaurate al fine di proteggere i manufatti da ulteriori attacchi degradativi [7-a]. Esempi di decorazioni in stucco ( elementi modellati o realizzati tramite stampi, in situ o meno, applicati a creare motivi decorativi plastici per lo più negli spazi interni delle architetture…….elementi realizzati con gesso, polvere di marmo o travertino e colla ( tipici degli stucchi decorativi da interni )………anche modellazioni in cui interviene l’uso della calce spenta….., in modo da consentire produzioni con sufficiente resistenza anche per esterni [7-b] ) sono mostrati nella figura 6. 7 a) b) FIGURA 6: a ), b ) Palazzo Chigi: decorazioni in stucco che sono state trattate, dopo restauro, con protettivi di natura polisilossanica [7-a]. 8 FIGURA 7: Palazzo Chigi: Edicola d’angolo( particolare ), confronto tra lo stato di conservazione prima ( sopra ) e dopo ( sotto ) il restauro [7-a]. 9 FIGURA 8: Palazzo Chigi: Edicola d’angolo ( dettaglio ). Confronto tra prima ( sopra ) e dopo il restauro ( sotto ).[7-a]. 10 FIGURA 9: Palazo Chigi: L’Edicola dopo restauro [7-a]. 11 Protettivi di natura polisilossanica sono stati utilizzati anche nel restauro dell’Edicola d’angolo ( 19th sec.), raffigurante la Madonna con Bambino, in maiolica dipinta con la cornice in stucco dorato. In particolare formulazioni a base di derivati silanici sono servite per effettuare la protezione finale degli stucchi dopo le operazioni di restauro conservativo [7-a]. Le immagini dell’Edicola prima e dopo restauro sono mese a confronto nelle figure 7 e 8 mentre l’Edicola restaurata è mostrata nella sua interezza in figura 9 [7-a]. D ) Gli Stucchi di Palazzo Rosso ( GENOVA ) e di Villa Quiete (ARENZANO – GENOVA ) L’uso del silicato di etile si è rilevato utile per il consolidamento delle teste leonine di Palazzo Rosso ( figura 10 ) le quali, come si evince dalla figura 11, presentavano in superficie chiari fenomeni di sfarinamento e di perdita di consistenza [8]. Il silicato di etile è stato applicato, con la tecnica a spruzzo, prima delle operazioni di restauro e dopo accurate procedure di pulitura, spolveratura e asportazione delle stuccature cementizie e demolizione del modellato irrimediabilmente degradato. Il silicato di etile prima viene assorbito nella malta originale, quindi polimerizza e attraverso legami chimici blocca il processo di sfarinamento consolidando così il manufatto che è pronto per le opportune operazioni di restauro ( figura 12 ). Nella figura 13 viene mostrata l’immagine della testa leonina a restauro terminato [8]. FIGURA 10: Facciata di Palazzo Rosso ( Genova ) dopo restauro [8]. 12 FIGURA 11: Condizione del modellato relativa alla testa leonina prima dell’intervento di restauro. Sono visibili le stuccature cementizie applicate in un restauro precedente e completamente rimosse [8]. FIGURA 12: Consolidamento della superficie delle teste leonine mediante l’applicazione, con la tecnica a spruzzo, di silicato di etile [8]. 13 FIGURA 13: La testa leonina dopo restauro [8]. Nel caso del restauro e ricostruzione degli stucchi esterni di Villa Quiete, nella riproduzione di particolari aggetti si è fatto uso di calchi in gomma siliconica. La procedura prevede le seguenti operazioni: i ) applicazione di un controstampo, necessario a rendere rigido il calco stesso ed evitare quindi deformazioni durante la gettata ( figura 14 ); ii ) distacco del calco ( figura 15 ); iii ) distacco della gomma siliconica dal soggetto, riassemblaggio del calco e quindi colata della malta ( figure 16,17, 18 ) [8]. E )Statue egiziane in calcare ( British Museum-LONDON UK ) Nel periodo 1983-1989, diverse tipologie di trattamenti, basati su prodotti organo-silanici, sono stati impiegati per consolidare e stabilizzare venti sculture egiziane in mostra presso il British Museum ( Londra ) che mostravano chiari sintomi di deterioramento . 14 FIGURA 14: Applicazione di un controstampo ( vedasi testo ) [8]. FIGURA 15: Distacco del calco in resina siliconica [8]. 15 FIGURA 16: Il calco in resina siliconica così come ottenuto dopo la gettata [8]. FIGURA 17: Applicazione dei calchi [8]. 16 Figura 18: il calco mentre viene fissato al supporto [8]. < High concentrations of soluble salts render the stone susceptible to surface damage. When combined with significant concentration of clays, major de-lamination and structural decay can occur……..two deterioration types have been observed. Surface damage such as powdering and pitting seems to be related mainly to the presence of soluble salts…….A large number of soluble salt analyses from objects have shown chloride to be the most common anion present, with nitrate also present in many instances> [9]. Le formulazioni ed i prodotti usati per i trattamenti di consolidamento e stabilizzazione delle sculture sono qui di seguito elencati: — metil-trimetossi-silano ( MTMOS ) non catalizzato + Paraloid ( resina acrilica )+ metilfenilsilicone + tricloroetano ( solvente ); — metil-trimetossi-silano, non catalizzato + una resina acrilica + metil-fenilsilicone + tricloroetano (solvente ); — tetraetossisilano ( silicato di etile-TEOS ), catalizzato. — Le resine sono state applicate utilizzando una pipetta dalla quale veniva fatta gocciolare lentamente la formulazione fino a quando la pietra ne risultava essere completamente impregnata. Le sculture con un elevato contenuto di sali, dopo un primo consolidamento venivano sottoposte ad un processo di desalinizzazione e successivamente ri-trattate con le formulazioni a base di organosilani [9]. Una valutazione circa l’efficacia dei processi di consolidamento utilizzati, effettuata dopo circa dieci anni, ha portato alle seguenti conclusioni: a ) i trattamenti con prodotti organo-silanici hanno ritardato i fenomeni di deterioramento nell’85% delle sculture esaminate; b ) gli organosilani hanno dimostrato di avere la capacità di legare le argille presenti nella pietra 17 calcarea inibendone l’attività destabilizzante; c ) l’impiego del silicato di etile ( TEOS ) determina la formazione di un reticolo polimerico tridimensionale che è risultato essere, relativamente alle condizioni sperimentate, suscettibile di degradazione in presenza di elevate concentrazioni di sali; la conservazione delle sculture in un ambiente con bassi valori dell’umidità relativa riduce sostanzialmente questo fenomeno; d ) le sculture trattate con consolidanti a base di MTMOS mostrano una maggiore resilienza dovuta alla loro alta idrorepellenza [9]. F ) Tessere dei mosaici dell’arco di ingresso al Presbiterio ( SAN VITALE- RAVENNA Le tessere in pasta vitrea fratturate sono state consolidate e protette mediante infiltrazione a goccia di resina siliconica ( Wacker BS 44 ). La resina in eccesso veniva rimossa ripulendo la superficie con un idoneo solvente organico [10]. La resina BS 44 ( polifenilmetilsilossano ), commercializzata dalla Wacker allo stato di polvere, prima dell’utilizzo viene disciolta in un opportuno solvente organico. In presenza di un idoneo catalizzatore il prodotto, dopo il trattamento, subisce un processo di indurimento formando sulla superficie un reticolo tridimensionale chimicamente legato al substrato del manufatto lapideo mediante forti legami primari. < La resina BS 44 idrorepellente, dotata di ottimo potere penetrante e di ritiro molto limitato, è stata utilizzata per colmare le fratture createsi nella pasta vitrea in modo da arrestare o comunque ritardare notevolmente il processo di degrado impedendo la penetrazione dell’acqua veicolo degli agenti di deterioramento [ pur consentendo lo scambio tra l’interno e l’esterno di vapore d’acqua ( figura 19) il che permette al manufatto di traspirare, nota dell’Autore ]. Il BS 44, dopo la reazione di polimerizzazione, assume una struttura, una composizione ed un indice di rifrazione molto simile a quella del vetro. L’impasto riacquista così compattezza e tono di colore mitigandosi l’effetto ottico di schiarimento dovuto alle continue deviazioni che il raggio subisce attraversando le numerose interfacce dovute alla fratturazione……La resina ha dato buoni risultati per quanto riguarda la stabilità nel tempo > ( vedasi figura 20 ) [10]. G ) Porta di Cordova ( CARMONA-SPAGNA ) Recentemente un gruppo di esperti ha sperimentato, in laboratorio, una serie di formulazioni a base di derivati organici del silicio con l’obbiettivo di valutare l’efficacia di questi preparati nei trattamenti di consolidamento e di protezione della Porta di Cordova ( Carmona, Andalusia-Spagna ) in relazione sia alla natura delle pietre impiegate nella costruzione del manufatto che allo stato di conservazione dello stesso [12]. La pietra usata nella costruzione della Porta di Cordova ( figura 21 ) è una calcarenite gialla ( calcarenitas amarillas de la Formaciòn del Alcor ) caratterizzata da una elevata porosità (valore medio ~ 34%). La composizione chimica di due campioni di pietra repertati direttamente dal manufatto, in zone diverse, è indicata nella tabella 3. 18 FIGURA 19: Viene mostrata l’azione protettiva esercitata dalla resina BS 44 la quale impedisce all’acqua di penetrare all’interno del manufatto ( vedasi le gocce che permangono sulla superficie ), mentre consente la permeabilità al vapore d’acqua [11]. TABELLA 3 Composizione chimica (%) di campioni lapidei ( calcarenite gialla ) repertati da zone diverse della Porta di Cordova ( Carmona-Spagna ) [12] Campione Perdita SiO2 CaO PCC2 PCC3 9,09 9,07 48,87 0,32 44,37 0,55 38,10 31,49 MgO Fe2O3 Al2O3 SO3 0,98 0,74 0,26 0,31 3,23 12,52 19 FIGURA 20: Tessere in pasta vitrea deteriorate e trattate con una resina siliconica protettiva idrorepellente nell’ambito dell’intervento di restauro sui mosaici dell’arco di ingresso al Presbiterio di S. Vitale ( Ravenna ) [10]. 20 FIGURA 21 : La Porta di Cordova in Carmona ( Andalusia-Spagna )[13]. TABELLA 4 Caratteristiche dei trattamenti sperimentanti per il restauro della Porta di Cordova ( Carmona-Spagna )[12] Prodotto Produttore Tegovakon Composizione Effetto Applicazione Goldschmidt Silicato di etile Consolidante formulato al 75% Tegosivin-HL -100 Goldschmidt Metiletossi -polisilossano Idrorepellente Al 5% in xilene Consolidante -OH ARD-55,050 Wacker Silicato di etile Consolidante Formulato al 75% Raccanello Polimeroacrilicosiliconico Consolidante + Formulato al 10% Idrorepellente 21 L’alta % di SO3 riscontrata nel campione PCC3 è dovuta alla presenza di gesso formatosi per effetto di fenomeni degradativi [12]. Dallo stato di conservazione del manufatto è emersa la necessità di dovere procedere sia a trattamenti di consolidamento che di protezione con idrorepellenti. L’efficacia dei trattamenti è stata valutata, in laboratorio su campioni lapidei, tenendo in debita considerazione i seguenti elementi: i ) la compatibilità dei prodotti e le relative tecnologie applicative con i materiali e le tecniche usate nella realizzazione del manufatto; ii ) la resistenza agli agenti di degradazione che saranno attivi a restauro ultimato. Le caratteristiche dei prodotti sperimentati sono riportate, insieme alla loro fonte, nella tabella 4. Le procedure adottate per il condizionamento di campioni (cubici, volume pari a 5cm3 ) di pietra della Porta di Cordova sono qui di seguito riassunte. Prima fase: pulitura e portata a secco all’aria al fine di conseguire un contenuto di acqua in equilibrio con l’ambiente. Seconda fase: immersione dei provini nelle formulazioni liquide per dieci minuti, tempo reputato sufficiente per una buona penetrazione degli agenti consolidanti e/o idrorepellenti. Terza fase: portata a secco dei campioni e determinazione del corrispondente aumento di peso. E’ importante sottolineare il fatto che nel caso dei campioni trattati con prodotti monomerici ( silicato di etile ) che danno luogo ad un processo di polimerizzazione in situ, dopo la impregnazione delle pietre di calcarenite, il tempo di essiccamento ( 15-20 giorni ) è notevolmente più lungo di quello dei provini condizionati con prodotti già allo stato polimerico ( metiletossi-polisilossano e polimero acrilico-siliconico ( 6-7 giorni ) ) [12]. L’efficacia dei trattamenti è stata valutata determinando le variazione indotte su alcune caratteristiche fondamentali delle pietre, quali : la porosità; l’assorbimento e la cessione di acqua; la durezza superficiale; la resistenza all’alternanza cristallizzazione/dissoluzione di sali; la resistenza a cicli umido/secco. TABELLA 5 Porosità media (%) dei campioni di pietra calcarenite della Porta di Cordova prima e dopo trattamento con i prodotti della tabella 4 [12]. Prodotto usato nel trattamento Tegovakon Tegosivin-HL-100 Consolidante-OH ARD-55,050 Porosità Prima /Dopo 29.93/27,75 32,22/27,74 31,83/29,04 33,34/30,39 Riduzione porosita(%) 7,28 13,90 8,76 8,84 22 I risultati relativi ad alcune delle proprietà di cui sopra sono qui di seguito riportati e discussi. ? Porosità Come si evince dai dati della tabella 5 tutti i prodotti sperimentati provocano una riduzione della porosità media nei campioni di calcarenite. L’effetto maggiore si osserva nel caso dei campioni trattati con il Tegosivin-HL-100, un idrorepellente a base di metiletossi-polisilossano [12]. ? Assorbimento di acqua per capillarità I campioni trattati con Tegovakon, un silicato di etile consolidante, assorbono poco meno dei campioni tal quali. Questo risultato è da mettere in relazione con la bassa riduzione della porosità causata da questo prodotto. L’altro agente consolidante, il silicato di etile della Wacker (Consolidante-OH ) presenta una più accentuata riduzione dei valori dell’assorbimento di acqua per capillarità. Gli Autori assumono che questo sia in parte da addebitare alla presenza di residui organici non polimerizzati e/o a piccole quantità di solvente non evaporato [12]. L’agente idrorepellente della Goldschmidt, il metiletossi-polisilossano (Tegosivin-HL-100 ), si caratterizza per un buon comportamento idrofobico che dura nel tempo senza causare apprezzabile alterazioni ai campioni di pietra trattati. Infine si osserva che i provini impregnati con il polimero acrilico-siliconico della Raccanello ( ARD-55,050 ), consolidante e idrorepellente, perdono parzialmente le caratteristiche di idrofobicità in corrispondenza di elevati tempi di contatto con l’acqua [12]. ? Assorbimento di acqua per immersione totale I provini trattati con ARD-55,050 assorbono praticamente la stessa quantità dei campioni tal quali. Il Tegovakon provoca una leggera diminuzione dell’assorbimento, mentre il Consolidante-OH induce un effetto idrorepellente relativamente maggiore, anche se i campioni non riescono a raggiungere una situazione di equilibrio [12]. TABELLA 6 Incremento della durezza superficiale indotta da trattamenti consolidanti e/o protettivi nel caso di campioni di pietre di calcarenite prelevate dalla Porta di Cordova [12]. Trattamento/ Consolidante- Tegovakon -OH Silicato di etile prodotto Silicato di etile ( Goldschmidt ) ( Wacker ) Incremento durezza superficiale (%) 18,7 16,5 Tegosivin-HL-100 Metiletossi-polisilossano (Goldschmid ) 13,7 ARD-55,050 Polimeroacrilico-siliconico (Raccanello ) 14,9 23 ? Durezza superficiale Dai dati della tabella 6 si ricava che i provini trattati con il Consolidante-OH della Wacker, presentano, rispetto ai campioni trattati con gli altri prodotti, un maggiore incremento della durezza superficiale. ? Cicli di cristallizzazione e di solubilizzazione di sali( solfato di sodio ) I campioni, trattati e non, sono stati sottoposti a cicli costituiti dalle seguenti fasi: 1 ) immersione in una soluzione di Na2SO4 al 10% per 24 hrs; 2 ) essiccamento a 65°C per 22 hrs; 3 ) raffreddamento a RT per 2 hrs e successiva pesata. Il solfato di sodio, alle condizioni di cui sopra, cristallizza con 10 molecole d’acqua nel reticolo solido con un aumento di volume di circa il 300%. La crescita di questi cristalli all’interno dei pori provoca delle forti tensioni che in alcune circostanze sono causa di drammatici effetti di disgregazione del materiale lapideo. Dalle prove è risultato che il Tegosivin-HL-100 impedisce alla soluzione salina di penetrare all’interno dei campioni. Pertanto le pietre trattate con questo prodotto non mostrano sintomi di disgregazione. Il Consolidante-OH esplica un’azione protettiva riducendo la velocità dei fenomeni degradativi. Nel caso di provini condizionati con il polimero acrilico-siliconico ( ARD-55,050 ), dopo un certo numero di cicli, si osserva il distacco di un sottile strato superficiale [12]. ? Cicli di umidificazione/essiccamento Le prove prevedono: 1) l’immersione in acqua, a RT, per 24 hrs; 2) l’essiccamento per 24 hrs in stufa a 80°C; 3) il raffreddamento per 2 hrs e pesata. Dopo 20 cicli i provini non mostrano evidenze di fenomeni degradativi [12]. Dall’insieme delle prove effettuate su campioni di pietra calcarenite della Porta di Cordova è stato possibile determinare l’efficacia relativa dei vari trattamenti effettuati utilizzando i prodotti descritti nella tabella 4. In particolare i risultati hanno permesso di concludere che: i ) tra i trattamenti che hanno utilizzato formulazioni con caratteristiche consolidanti, quelli a base di silicato di etile sono risultati essere più efficaci di quelli che hanno impiegato il polimero acrilsiliconico ( ARD 55,050 ); ii ) tra i due prodotti idrorepellenti il Tegosivin-HL-100 è risultato essere di gran lunga migliore [12]. 24 Idrorepellenti e consolidanti commercializzati con il marchio di fabbrica RHODORSIL®, vedasi tabelle 7 e 8, sono stati impiegati nelle operazioni di restauro di numerosi monumenti tra cui vanno citati: l’Arco di Trionfo (PARIGI) ( figura 22 ), le Colonne di S. Lorenzo (MILANO), le Statue del Prato della Valle (PADOVA) ( figura 23 ), la Cripta della Basilica di S. Marco (VENEZIA) ( figura 24 ) e il Palazzo Senatorio in Campidoglio (ROMA) [14,15]. FIGURA 22: Dal riferimento [15].< Uno scorcio spettacolare dell'Arco di Trionfo e dell'Avenue Champs-Elysées illuminata……. (Benoit Tessier/Reuters) > [15]. Gli idrorepellenti Rhodorsil® ( tabella 7 ) sono particolarmente indicati: — per la protezione e il risanamento di edifici con rivestimenti a base di calce ( marmorini, intonaci, graffiati ) e di pareti faccia a vista in mattoni, pietre naturali o marmi. — per il trattamento < di edifici vecchi o antichi che dopo un processo di pulitura risultano indeboliti ed attaccabili da piogge acide, gelo, smog, muffe, funghi, efflorescenze saline e raggi U.V. > [14]. I consolidanti Rhodorsil® ( tabella 8) < sono silicati di etile associati ad un catalizzatore neutro che rende più rapida e completa la loro polimerizzazione anche in presenza di scarsa umidità. Sono fatti penetrare nel materiale lapideo degradato con il quale creano una rete di legami, di tipo minerale, riportando a condizioni di massa e di caratteristiche meccaniche simili a quelle originali, senza impedirne la traspirazione e senza mutarne l’aspetto esteriore. Essi hanno consentito l’evoluzione delle tecniche di restauro e conservazione, nonché la possibilità di preservare opere antiche logorate dall’inquinamento e dal degrado ambientale > [14]. 25 FIGURA 23: Le statue del Prato della Valle-Padova FIGURA 24: la Cripta della Basilica di S. Marco (VENEZIA) 26 TABELLA-7 Idrorepellenti RHODORSIL®: nome commerciale; descrizione e applicazioni [14]. IDRODESCRIZIONE -REPELLENTE Idrorepellente H 240 concentrato diluibile Polisilossanocon ragia minerale dearomatizzata. SP 420 Polisilossano e RMDA H 224 Polisilossano Idrorepellente pronto all’uso prediluito in ragia minerale dearomatizzata. Idrorepellente concentrato diluibile con ragia minerale dearomatizzata. Polisilossano e RMDA Idrorepellente pronto all’uso prediluito in ragia minerale dearomatizzata. SILICONAT O 51 T Idrorepellente concentrato diluibile in acqua. SILIRAIN 50 Metilsiliconato di potassio SILIRAIN ACQUA Metilsiliconato di potassio APPLICAZIONI Protezione di facciate contro l’umidità. Trattamento rimonte capillari. Ideale per applicazioni su supporti in cemento fresco, intonaci a base di calce e marmorini. Protezione di facciate contro l’umidità. Trattamento rimonte capillari. Ideale per applicazioni su supporti in cemento fresco, intonaci a base di calce e marmorini. Protezione di facciate contro l’umidità. Trattamento rimonte capillari. Ideale per applicazioni su legno, marmi, pietre naturali, mattoni e qualsiasi altro supporto non alcalino. Conferisce uno spiccato effetto perlante. Protezione di facciate contro l’umidità. Trattamento rimonte capillari. Ideale per applicazioni su legno, marmi, pietre naturali, mattoni e qualsiasi altro supporto non alcalino. Conferisce uno spiccato effetto perlante. Trattamento terre cotte e laterizi. Trattamento ad iniezione contro l’umidità ascensionale (rimonte capillari ). Idrorepellente a bassa concentrazione diluibile in acqua. 27 TABELLA-8 Consolidanti RHODORSIL®: nome commerciale; descrizione e applicazioni [14]. CONSOLIDANTE DESCRIZIONE Preconsolidante RC 70 per Silicato d’etile architetture ed formulato opere d’arte. con stannosilossano . RC 80 Silicato d’etile formulato con stannosilossano e resina metilica RC 90 Silicato d’etile formulato con stannosilossano e resina metilfenilica Consolidante ed idrorepellente per architettura ed opere d’arte. Forte consolidante ed idrorepellente per architettura ed opere d’arte. APPLICAZIONI Preconsolidamento di pietre naturali, silicee (arenarie, ceppo gentile, calcaree), carbonate (granito, marmo, basalto), terre cotte (mattoni, cotti) e manufatti in cemento, particolarmente deteriorate prima della pulizia. Il trattamento va ultimato con una mano di RC 80 o d’idrorepellente SILIRAIN 50 Per degradi superficiali stesura di una mano sola dopo l’RC 70. Consolidamento e trattamento contro l’umidità di pietre naturali, sintetiche, terre cotte e manufatti in cemento. Per gravi alterazioni del supporto ed in presenza di pulverolenza assicura un maggiore effetto consolidante. Può essere utilizzato su ogni tipo di supporto. Consolidamento e trattamento contro l’umidità di pietre naturali, sintetiche, terre cotte e manufatti in cemento. 28 RIFERIMENTI 1 ) I. Sidraba, “ New Materials for Conservation of Stone Monuments in Latvia ”, in < New materials for safeguarding cultural heritage >, ARIADNE 10, 02- May, (2002)[ http://www.itam.cas.cz/˜ arcchip/ariadne_10.shtml ] ( 2005). 2 ) “ The Texas Ten ”, < The Texas Historical Commission Conservation Treatment for Ten Historic Outdoor Sculptures, final Report > (1999). 3 ) PROSOCO-Restoration & Conservation-Consolidation Treatments, http://www.prosoco.com//Product.asp?ID=166[2005]. 4 ) C. Balestrieri, < Chimica >, Editrice Ferraro-Napoli, (2005). 5 ) H. Fritsch, “ Ripristino, mediante composti organici del silicio, della solidità originale della pietra naturale danneggiata da agenti naturali ”, in < Manutenzione e conservazione del costruito fra tradizione e innovazione > Bressanone (1986). 6 ) < Materiale lapideo di origine naturale-degrado e tecniche di restauro >, Coordinatrice M. R. Serio, Istituto Tecnico Industriale E. Majorana ( anno 2001/2002). 7) a ) < Governo Italiano-il Restauro di Palazzo Chigi >, http://www.governo.it (2005). b ) C. Paolini, M. Faldi, < Glossario delle Tecniche Artistiche e del Restauro > Edizioni Palazzo Spinelli, Firenze (2005). 8 ) Laboratorio di decorazione CREARTE [ http://www. Cearte.info ] (2005). 9 ) D. Thickett, N. J. Lee, S. M. Bradley, “ Assessment of the performance of silane treatments applied to Egyptian limestone sculptures displayed in a museum environment ”, in < Proceedings of 9th International Congress on Deterioration and Conservation of Stone >,Elsevier, Vol.2, Venice June 19-24 (2000). 10 ) L. Alberti, A. Tomeucci, “ Intervento di restauro sui mosaici dell’arco di ingresso al presbiterio in S. Vitale a Ravena ”, in < Restauri ai mosaici nella basilica di S. Vitale a Ravenna >, a cura di C. Fiore, C. Muscolino, CNR-MBCA, CNR-IRTEC, Faenza. 11 ) http://www.Wacker.com (2005). 12 )J. Espinosa Gaitan et Al.,”La investigacion cientifica aplicada a la caracterizaciòn de materiales y la selecciòn de tratamientos de conservaciòn” http://www.juntadeandalucia.es/cultura/iaph/publicaciones/dossiers/dossier08art4.h…(05/12/2005) 13 ) www.legadoandalusi.com (2006). 14 ) http://www.siliconipadova.it/documenti/GUIDA%20IDROREPELLENTI.PDF, (2006). 15 ) http://www.corriere.it/gallerie/20061129.shtml, (2006). 29 30 CAPITOLO QUARTO-B RELAZIONI TRA CARATTERISTICHE MOLECOLARI, REATTIVITA’, PROPRIETA’ CONSOLIDANTI/PROTETTIVE, COMPATIBILITA’ E DURABILITA’ DEI COMPOSTI ORGANO-SILANICI IMPIEGATI NELLA CONSERVAZIONE DEI MANUFATTI LAPIDEI DI INTERESSE STORICO, CULTURALE E ARTISTICO I composti organo silanici usati nel campo del consolidamento, della protezione e in generale nella conservazione del costruito ( pietre, stucchi, intonaci ecc. ) e dei manufatti lapidei ( monumenti, sculture, mosaici, terre cotte, ecc. ) includono una ampia gamma di prodotti che si diversificano per la struttura chimica e le caratteristiche fisico, meccaniche e reologiche. Alcuni , ad esempio i tetra-alcossisilani, non hanno proprietà di idrorepellenza. Altri, come gli alchil-trialcossisilani, hanno un elevato potere di idrofobicità che può essere modulato modificando la struttura chimica delle molecole. I polisilossani sono di norma dei prodotti oligomerici, meno volatili dei silani, che però sono solubili in solventi di varia natura. Pertanto questi ultimi vengono impiegati principalmente allo stato di soluzione. I polimeri e le resine siliconiche , a causa della loro elevata massa molecolare, anche se in soluzione, non garantiscono un’adeguata penetrazione nella struttura dei materiali edili pertanto al momento dell’applicazione nel campo del consolidamento e della protezione del costruito e dei manufatti lapidei, generalmente, vengono utilizzati allo stato di monomeri o di oligomeri che solo successivamente si trasformano, in situ, in polimeri ad elevata massa molecolare. La relazione tra struttura e peso molecolare dei vari prodotti silanici, al crescere della loro complessità molecolare, è schematicamente illustrata attraverso la figura 1. FIGURA 1: Relazione tra struttura e peso molecolare dei derivati silanici al crescere della loro complessità molecolare [1-a]. 1 Spesso, nella pratica comune, vengono usate formulazioni basate su miscele di composti silanici con caratteristiche diverse attraverso il cui utilizzo è possibile garantire l’insieme dei processi di: ? penetrazione all’interno del supporto e quindi consolidamento; ? protezione della superficie dagli agenti esterni ( acqua e sali ); ? traspirabilità al passaggio del vapore d’acqua dall’interno all’esterno [1-b]. A ) PRODOTTI ORGANO-SILANICI CON CARATTERISTICHE DI IDROREPELLENZA PER TRATTAMENTI PROTETTIVI SUPERFICIALI I composti silanici impiegati come agenti di protezione superficiali di pietre ( naturali e sintetiche ) appartengono alle seguenti famiglie di molecole: ? ? ? ? alchilalcossisilani; organo-silossani oligomerici; oligo-silossani; poli-silossani ( ad es. il metil-etossi-poli-silossano ). FIGURA 2: Assorbimento di acqua di campioni di pietra arenaria calcarea in funzione della struttura chimica di vari prodotti silossanici. Le curve, dall’alto verso il basso, si riferiscono a campioni: a ) non trattato; b ) trattato con silossano oligomero con alto contenuto di gruppi alchilici; c ) condizionato con metilsilossano polimero; d ) impregnato con metilsilossano oligomero ( 7,5% in peso di sostanza attiva ) [1-a]. 2 Come già precedentemente scritto un agente idrorepellente deve essere capace di trasformare la superficie di un substrato ( malta/mattone/pietra ) da idrofila a idrofoba riducendone la capacità di assorbire l’acqua. Il comportamento idrorepellente dei prodotti silanici, come mostrato nel caso di una pietra arenaria calcarea nella figura 2, dipende fortemente dalla loro struttura molecolare [1-a]. Dall’andamento delle curve in figura 2 si deduce che nelle condizioni sperimentali usate il prodotto più efficace è il metilsilossano oligomero. Il meccanismo protettivo di alcuni agenti silani, appartenenti alla famiglia degli alchil-alcossi-silani, può essere spiegato ammettendo che essi formino sulla superficie del substrato una sottile pellicola dove i gruppi alchilici legati agli atomi di silicio, con caratteristiche idrofobe, si dispongono orientandosi verso l’esterno, mentre quelli alcossilici e/o ossidrilici aderiscono alla pietra mediante forti legami ( ad es. ad idrogeno ). La strutturazione ipotizzata è schematicamente raffigurata nella figura 3 [2]. FIGURA 3: Alcuni prodotti silanici, ad azione idrorepellente, formano sulla superficie del substrato una pellicola con i gruppi alchilici, idrofobi, orientati verso l’esterno, mentre quelli alcossilici e/o ossidrilici aderiscono alla superficie [2]. Le reazioni che portano le molecole di un alcossisilano, ad esempio l’iso-butil-tri-etossisilano, ad ancorarsi alla superficie del substrato, prevedono che, in presenza di tracce d’acqua, a seguito di reazioni di idrolisi successive, le molecole si trasformino in alchil-silanoli ( monomeri o oligomeri ) ( vedasi figura 4 ). Queste ultime sostanze, altamente reattive, come evidenziato nella figura 5, hanno la capacità di ancorarsi ai materiali lapidei formando forti legami ad idrogeno con i gruppi Si(OH)2, Al(OH)3 e Ca(OH)2 presenti sulle loro superfici [1-b]. 3 FIGURA 4: Schema di reazione di un alchil-alcossisilano che in presenza di acqua si idrolizza dando luogo alla formazione di silanolo altamente reattivo [1-b]. FIGURA 5: Schema attraverso cui è possibile evidenziare i legami che si vanno a formare tra gli ossidrili di una molecola silanica ed i gruppi reattivi presenti sulla superficie di materiali lapidei [1-b]. 4 < L’aggancio delle molecole di silano alla superficie di un materiale poroso rende idrofoba la “pelle” del substrato proprio per la presenza dei gruppi alchilici che respingono l’acqua….>[2]. La figura 6 < riproduce schematicamente un provino di malta ( con e senza il trattamento silanico ) dopo l’esposizione all’acqua: si noti la goccia di acqua che viene assorbita dai pori della malta non trattata per la grande affinità…..del materiale nei confronti dell’acqua; al contrario, la goccia d’acqua a contatto con la malta silanizzata non solo non entra nei pori, ma addirittura assume una forma sferica a causa dell’idrorepellenza superficiale del silano > [2]. I gruppi alchilici, legati direttamente agli atomi di silicio, determinano sia il grado di idrorepellenza che la resistenza alla degradazione chimica ( indotta da acidi e sostanze alcaline azotate derivanti dal metabolismo di funghi e batteri ) dei prodotti di origine silanica ( monomerici, oligomerici o polimerici ). I gruppi alcossilici sono, invece, responsabili della velocità della reazione di idrolisi e di polimerizzazione e della compatibilità con il substrato minerale umido [1-b]. FIGURA 6: A destra è raffigurata una goccia d’acqua mentre penetra nei pori della superficie di una malta non trattata. A sinistra è, schematicamente, rappresentato il comportamento della stessa superficie resa idrorepellente dal trattamento con formulazioni idrofobizzanti a base silanica: la goccia d’acqua viene respinta dalla malta. Da notare come i pori non vengono ostruiti dal film silanico [2]. 5 La verifica dell’efficacia di un trattamento superficiale idrofobizzante viene effettuata versando dell’acqua sulla superficie trattata, dopo essersi assicurati che sia avvenuta la reazione di indurimento. Il trattamento è positivo se si riscontra che l’acqua scivola via dal substrato senza aderire alla superficie ( vedasi figura 7 ), non essendosi, altresì, osservate indesiderate modifiche all’aspetto esteriore del manufatto [2]. FIGURA 7: Verifica dell’efficacia di un trattamento di protezione superficiale. A sinistra della foto è mostrato il comportamento di una superficie di un manufatto in pietra trattata con prodotti silanici idrorepellenti; l’acqua scivola senza essere assorbita. Il contrario avviene nel caso della superficie tal quale (a destra della foto) [2]. 6 La capacità di una pietra, trattata con una formulazione protettiva, di assorbire acqua, a parità di ogni altra condizione, può dipendere fortemente dalla concentrazione dell’agente impregnante nel mezzo di trasporto ( solvente/disperdente ). Infatti come mostrato nella figura 8, l’assorbimento % di H2O di campioni di pietra arenaria calcarea, dopo condizionamento con metilsilossano oligomero in ragia minerale, diminuisce fortemente al crescere della concentrazione del derivato silanico [1-a]. FIGURA 8 : Assorbimento d’acqua di campioni di pietra arenaria calcarea, trattati con metilsilossano oligomero in acqua ragia minerale ( tempo di immersione in acqua 24 hrs ), in funzione della concentrazione dell’agente impregnante [1-a]. 7 B ) PRODOTTI SILANICI ( MONOMERI,OLIGOMERI E POLIMERI ) CON CARATTERISTICHE DI CONSOLIDANTI LAPIDEI I silani, usati come consolidanti, siano essi allo stato di molecole monomeriche che di oligomeri o di polimeri a basso peso molecolare, hanno la capacità di penetrare profondamente nei substrati porosi dando luogo alla formazione di strutture reticolate ( tipo gel di silice ) che aderendo alle superfici, mediante forti legami ad idrogeno, determinano il ripristino dei legami tra i grani delle pietre costituenti l’oggetto da consolidare. Gli esteri etilici dell’acido silicico [ Si—(OCH2CH3)4 ] sono i prodotti silanici comunemente impiegati come consolidanti nella pratica della conservazione dei manufatti lapidei, < as conservators considers it “ Safe, Straightforward and Controllable ’’ >[3]. Questi composti, per le ridotte dimensioni molecolari, diffondono facilmente all’interno del materiale degradato dove, in situ, in presenza di idonei catalizzatori e di umidità, si realizzano i seguenti processi: i )idrolisi dei gruppi [ Si—(OCH2CH3 ) ] a [Si—(OH]; ii ) condensazione dei gruppi ossidrilici con formazione di molecole alcossisilaniche, oligomeriche, caratterizzate da legami [Si—O—Si ] in catena; iii ) trasformazione degli oligomeri in polimeri lineari e reticolati; iv ) formazione di strutture polimeriche tridimensionali, ad elevato grado di reticolazione, che aderiscono fortemente al substrato [4]. I modelli molecolari riprodotti nelle figure 9 e 10 delineano le trasformazioni molecolari che partendo dall’acido silicico, in particolare da ioni SiO 4- (a struttura tetraedrica ), attraverso successive reazioni di condensazione portano alla formazione di molecole sempre più complesse ( cicliche, monomeriche, oligomeriche e polimeriche lineari e reticolate-tridimensionali ) che vanno a costituire la grande famiglia dei silicati e polisilicati [5]. La formula e la struttura chimica dell’estere tetraetilico dell’acido silicico e dell’etil-polisilicato a struttura lineare, sono riportate rispettivamente nelle figure 11 e12. Attraverso l’utilizzo di appropriati catalizzatori la reazione, che avviene con sviluppo di alcool etilico, può essere spinta fino alla formazione di un gel, completamente reticolato, di silice ( SiO 2 ). L’azione consolidante dei silicati organici è da ascrivere al fatto che i prodotti oligomerici/polimerici che si formano in situ hanno la possibilità di legarsi chimicamente ai grani delle pietre mediante reazioni di condensazione tra gruppi ossidrili presenti alla superficie dei pori e quelli che si trovano lungo le loro molecole. I meccanismi di consolidamento di silicati organici che hanno la caratteristica di precipitare polimeri e/o silice all’interno dei pori sono schematicamente illustrati nella figura 13 [5,6]. E’ importante sottolineare che i derivati organici dell’acido silicico determinano essenzialmente il consolidamento della struttura, mentre non influenzano la capacità di assorbimento d’acqua della pietra trattata [6]. I polimeri siliconici, che si vanno a formare in situ, denotano una elevata resistenza alle radiazioni UV e alla pioggia acida, anche se essi risultano essere facilmente attaccati e degradati da vapori silanici. Questo fenomeno deve essere tenuto in debita considerazione; pertanto quando si procede ad una operazione di re-consolidamento bisogna assicurarsi che non siano presenti vapori di silani che nel corso del primitivo trattamento non sono riusciti a polimerizzare [8]. 8 Formulazioni contenenti esteri organici dell’acido silicico ( componente con caratteristiche consolidanti ) e polisilossani oppure oligosilossani ( componenti ad azione idrorepellente ) sono state sperimentate nella conservazione del costruito e di manufatti lapidei allo scopo di realizzare con un unico trattamento sia il consolidamento che la protezione nei confronti dell’assorbimento di acqua [9]. FIGURA 9: Modello molecolare dello ione SiO4-(a struttura tetraedrica ), unità fondamentale di tutti i silicati. L’atomo in blu è quello di silicio; in rosso sono raffigurati gli ioni O- [4]. 9 FIGURA 10: Modelli molecolari delle possibili strutture derivanti dall’associazione di ioni SiO4-. In figura sono rappresentati esempi di molecole cicliche, di catene polimeriche lineari, policicliche e reticolate-tridimensionali. [4]. 10 FIGURA11: Struttura molecolare dell’estere etilico dell’acido silicico ( tetraetilato di silicio ) [5]. FIGURA12: Struttura molecolare dell’etil-polisilicato a struttura lineare [5]. 11 Figura 13: I meccanismi molecolari che sono alla base dell’ azione consolidante di polimeri ( polisilicati ) dell’acido silicico formatisi in situ a partire da un estere organico dell’acido silicico. L’effetto consolidante si esplica attraverso la formazione di legami Si—O—Si derivanti dalla reazione di condensazione tra ossidrili presenti alla superficie dei pori e quelli nelle molecole dei polisilicati [6,7]. 12 La moderna chimica dei silani permette di sintetizzare prodotti tailor- made con caratteristiche mirate all’utilizzo. Ad esempio è possibile, modificando in maniera opportuna e controllata i processi di sintesi, ottenere polimeri siliconici, a struttura programmata, dai quali produrre film per coating con valori variabili: — - del coefficiente di diffusione ( Dexp ), relativamente a sostanze gassose diverse — ( He, O2, N2, CO2, CH4, ecc. ); — - della temperatura di transizione vetrosa ( Tg ); — -della densità ( ?). — Questo risultato viene ottenuto sostituendo nelle unità ripetitive del polidimetilsilossano un metile con un gruppo avente una struttura molecolare diversa ( propile, trifluoropropile e fenile ). Come si evince dai dati della figura 14 la Tg e la ? crescono sistematicamente passando dal polidimetilsilossano ( PDMS ) al polifenilmetilsilossano ( PPhMS ). Corrispondentemente i valori di Dexp, relativamente alla stessa specie di molecola gassosa, decrescono ( vedasi dati in tabella 1 )[10]. TABELLA 1 Valori del coefficiente di diffusione (Dexp ) [ cm2/s x106 ] di film siliconici con diversa struttura molecolare. I valori di Dexp si riferiscono ai gas: CO2 e CH4 [10]. GAS CO2 CH4 PDMS 26 24 PPMS 11 8,1 PTFPMS PPhMS 5,3 2,0 5,6 1,2 Polidimetilsilossano-PDMS; polipropilmetilsilossanoPPMS; politrifluoropropilmetilsilossano-PTFPMS; PolifenilmetilsilossanoPPhMS. 13 FIGURA 14: Correlazione tra struttura molecolare e proprietà di polisilossani. Nella colonna a sinistra sono raffigurate le strutture molecolari delle unità ripetitive. Le colonne al centro e a destra riportano rispettivamente la temperatura di transizione vetrosa e la densità [10]. 14 Dai dati riportati nel riferimento [10], alcuni dei quali evidenziati nella figura 14 e nella tabella 1, è stato possibile concludere: < The values of the estimated diffusion coefficients of all the above gases in the four silicone polymers studied decrease in the gas order H2 > O2 >N2 > CO2 > CH4 This is also the order of increasing “ kinetic ” molecular diameters of the gases. The values of the estimated diffusion coefficient of a given penetrant gas in different silicone polymers decrease in the polymer order PDMS = PPMS > PTFPMS > PPhMS The substitution of a bulkier or more rigid functional group in a polymer generally inhibits the intrasegmental ( rotational ) mobility of the polymer chains, which is commonly reflected by an increase in Tg. This reduces in turn the diffusivity of gases in the substituted polymers…..> [10]. In alcune circostanze può tornare utile modificare chimicamente la superficie di film polisilossanici al fine di indurre al materiale proprietà aggiuntive che ne migliorino le prestazioni in relazione all’impiego prefissato. FIGURA 15: Struttura molecolare dell’unità ripetitiva del poli( 2-idrossietilmetacrilato ) ( PHEMA ). 15 Relativamente a quest’ultimo aspetto sembra utile citare lo studio, effettuato da F. Abbassi e H. Mirzadeh, i quali sono riusciti ad innestare sulla superficie di film di polidimetilsilossano molecole di poli (2-idrossietilmetacrilato ) ( PHEMA ) impiegando una metodica di Laser-induced surface grafting [11]. La struttura molecolare dell’unità ripetitiva del PHEMA è descritta nella figura 15, mentre l’insieme delle reazioni del processo di grafting è schematicamente illustrato nella figura 16 [11]. FIGURA 16: Rappresentazione schematica del processo di innesto di molecole di poli(2-idrossietilmetacrilato ) ( PHEMA ) su di un substrato siliconico[11]. 16 L’innesto di molecole di PHEMA sulla superficie di film di PDMS induce una maggiore idrofilicità, il cui livello, come si ricava dai valori dell’angolo di contatto, aumenta al crescere del grado di innesto ( vedasi dati nella tabella 2 ) [11]. Le caratteristiche di idrofilicità sono da mettere in relazione con la presenza di ossidrili nelle unità ripetitive del PHEMA. Qualora questi dovessero essere sostituiti con gruppi idrofobici, ad esempio dei metili, allora la superficie dei film polisilossanici diverrebbe più idrorepellente. Pertanto, utilizzando i metodi chimici a disposizione, risulta possibile progettare film con caratteristiche superficiali mirate alla particolare applicazione. TABELLA 2 Dipendenza dei valori dell’angolo di contatto di film di polidimetilsilossani dal grado di innesto (dg ) di molecole di idrossietilmetacrilato ( HEMA ) [11]. CAMPIONE ANGOLO DI CONTATTO PDMS(100%) 105,6 PDMS-g45,2 HEMA (dg: 1,6x10-3) (g/m2) PDMS-g35,2 HEMA (dg: 5,5x10-3) (g/m2) A valori minori dell’angolo di contatto corrisponde una maggiore idrofilicità della superficie dei film [11]. Le proprietà di un polisilossano possono essere anche modificate in massa realizzando dei sistemi a due componenti basati sul concetto dei reticoli interpenetrati sequenziali ( IPNs ). La tecnica utilizzata da F. Abbassi e H. Mirzadeh per l’ottenimento di PDMS-IPNs-PHEMA ( vedasi schema in figura 17 ) prevede una prima fase in cui un film preformato di PDMS lineare viene sottoposto a reazione di reticolazione e quindi fatto rigonfare mettendolo a contatto con una soluzione contenente HEMA monomero. Successivamente si innesca la polimerizzazione e la reticolazione delle molecole di HEMA con formazione del reticolo di PHEMA che va ad intersecarsi con quello di PDMS [11]. Le caratteristiche strutturali e morfologiche dei IPNs dipendono fortemente dalla composizione. Quando la percentuale di PHEMA supera il 50% il sistemaPDMS-IPNs-PHEMA presenta due distinte temperature di transizione vetrosa che corrispondono a quelle del PDMS e del PHEMA. 17 Questo comportamento è in linea con una strutturazione bifasica che viene evidenziata mediante microscopia a scansione delle superfici di frattura ( vedasi micrografie al SEM di figura 18 ) [11]. Per concentrazioni di PHEMA inferiori al 50% il sistema non presenta evidenze di separazione di fase. Come si evince dai dati della tabella 3, attraverso la tecnologia IPNs è possibile realizzare materiali in PDMS mofificato con più elevato grado di idrofilicità [11]. TABELLA 3 Dipendenza dei valori dell’angolo di contatto di film di PDMS-IPNs-PHEMA dalla composizione [11]. CAMPIONE ANGOLO DI CONTATTO PDMS (100%) 105,6 PDMS-IPN97,1 PHEMA (80/20 w/w ) PDMS-IPN88,3 PHEMA (60/40 w/w ) PDMS-IPN61,5 PHEMA (40/60 w/w ) A valori minori dell’angolo di contatto Corrisponde una maggiore idrofilicità della superficie dei film 18 FIGURA 17: Modificazione in massa del polidimetilsilossano ( PDMS ) attraverso reazioni che portano alla formazione di reticoli sequenziali interpenetrati ( IPNs ) del tipo PDMS/PHEMA ( vedasi testo per la descrizione delle varie fasi del processo) [11]. 19 FIGURA 18: Micrografie elettroniche in scansione di superfici ottenute per frattura in azoto liquido di campioni di PDMS-IPNs-PHEMA ( 41,5/58,5 wt/wt ) a diverso ingrandimento [11]. 20 C ) ASPETTI PROBLEMATICI E CRITICITA’ CONNESSI ALL’IMPIEGO DEI DERIVATI SILANICI NELLA CONSERVAZIONE DEL COSTRUITO E DEI MANUFATTI LAPIDEI Nell’utilizzare i prodotti silanici sono state riscontrate delle criticità e delle problematiche. Alcune delle più significative sono qui di seguito indicate [8]. i ) I silani allo stato monomerico sono volatili, pertanto essi possono evaporare dalla superficie prima che la polimerizzazione si realizzi. ii ) Vapori di monomeri silanici, in alcune circostanze, migrano, condensano e polimerizzano su superfici del manufatto che non dovrebbero essere oggetto di trattamento. iii ) La polimerizzazione dei silani avviene in presenza di acqua. Nel caso di mancanza di quest’ultima il processo di idratazione non può completarsi e pertanto parte del prodotto consolidante evapora. iv ) La presenza di sali può interferire sia con il processo di polimerizzazione dei monomeri silanici che con quello di adesione al substrato. v ) Nel caso di pietre contenenti calcite si è osservato che la velocità di polimerizzazione dei silani è più bassa. vi ) La velocità di polimerizzazione dei silani aumenta con la concentrazione di acqua. In determinate situazioni alte velocità possono dare luogo all’accumulazione di sforzi nel materiale polimerico con formazione di difetti e cricche. vii ) Le caratteristiche chimiche e fisiche dei polimeri derivanti dalla reazione di polimerizzazione dei silani dipendono fortemente dal tipo di solvente usato, dalla presenza di catalizzatori e dalle condizioni di mescolamento. viii ) L’applicazione di un secondo trattamento silanico su di un manufatto già precedentemente trattato può dare luogo a fenomeni di rigonfiamento connessi alla presenza di materiale non completamente polimerizzato. viii ) I trattamenti idrofobizzanti e consolidanti a base di prodotti silanici possono causare variazioni cromatiche dei substrati. L’entità del fenomeno dipende dalla natura del substrato, dalle caratteristiche molecolari dei prodotti finali e dalle metodologie applicative. ix ) Nel caso di pietre arenarie è stato verificato che il trattamento con prodotti silanici può favorire i processi degradativi indotti dalla cristallizzazione dei sali e dall’azione di nebbie acide. Pur tenendo in debita considerazione le criticità di cui sopra è possibile concludere che tra i prodotti polimerici con caratteristiche consolidanti e idrorepellenti quelli di origine silanica sembrano indurre alle pietre trattate, in particolare le arenarie, una migliore combinazione di proprietà ( resistenza meccanica, porosità, permeabilità, dilatazione termica, colore ecc. ) [8]. Questo risultato è da mettere in relazione con il fatto che, almeno in via teorica, il prodotto finale della polimerizzazione in situ presenta una struttura molecolare molto vicina a quella della silice che rappresenta l’elemento cementante in molte pietre naturali di natura arenaria [8]. Nel caso di pietre calcaree ( ad es. marmi, dolomiti ecc. ) ad alto contenuto di calcite, il trattamento con alcossi-silani ha dimostrato dei limiti applicativi [12]. 21 RIFERIMENTI 1) a ) E. Schamberg, H. Fritsch “ L’impregnazione delle facciate”, < Manutenzione e Conservazione del Costruito tra Tradizione e Innovazione> Bessanone (1986). b ) Infobuild.it, Il Portale dell’Edilizia, 28-12-(2005). 2 ) M. Colepardi, “ Materiali Immateriali ”, http://www.enco-journal.com/moderno/8.htlm. 3 ) C. A. Price, “Brethane Stone Presarvative” in < Building research establishment on brethane >, ( UK ) CP1 (1981). 4 ) PROSOCO-Restoration & Conservation-Consolidation Treatments, http://www.prosoco.com//Product.asp?ID=166 [2005]. 5 ) C. Balestrieri, < Chimica >, Editrice Ferraro-Napoli, (2005). 6 ) H. Fritsch, “ Ripristino, mediante composti organici del silicio, della solidità originale della pietra naturale danneggiata da agenti naturali ”, in < Manutenzione e conservazione del costruito fra tradizione e innovazione > Bressanone (1986). 7 ) < Materiale lapideo di origine naturale-degrado e tecniche di restauro >, Coordinatrice M. R. Serio, Istituto Tecnico Industriale E. Majorana ( anno 2001/2002). 8 ) M. E. Young, M. Murray, P. Cordiner, “ Stone consolidants and chemical treatments in Scotland ”, Report to Historic Scotland, http://www2.rgu.ac.uk/schools/mcrg/miconsol.htm (1999). 9 ) R. Fort Gonzalez,et Al., Revista de Plasticos Modernos, 89, 83 (2005). 10 ) S. G. Charati, S. A. Stern, Macromolecules, 31, 5529 (1998). 11 ) F. Abbassi, H. Mirzadeh, Journal of Polymer Science: Part B: Polymer Physics, 41, 2145 (2003). 12 ) PROSOCO, Technical Bulletin, www.prosoco.com,1102-HCT (2005). 22 23 PARTE-C I POLIMERI ORGANICI DI SINTESI USATI NEL CONSOLIDAMENTO E NELLA PROTEZIONE DEL COSTRUITO E DEI MANUFATTI LAPIDEI L’impiego di polimeri organici di sintesi nella conservazione del costruito e dei manufatti lapidei è relativamente recente ( i primi interventi risalgono agli anni 1960s ). Pertanto il comportamento dei materiali trattatti con queste sostanze, in relazione a tempi lunghi, rimane, in molte circostanze, ancora da definire [1]. In generale il consolidamento e la protezione delle pietre, attraverso l’uso di polimeri organici sintetici, viene effettuato mediante due diversi processi. Processo di tipo-1 prevede le seguenti fasi: a ) polimerizzazione di molecole organiche monomeriche; b ) dissoluzione del polimero in un idoneo solvente; c ) penetrazione e deposizione della soluzione nei pori e nei vuoti; d ) evaporazione del solvente. Processo di tipo-2 contempla i seguenti passaggi: a ) trattamento delle pietre da trattare direttamente con molecole monomeriche liquide, oppure con soluzioni di sostanze monomeriche; b ) polimerizzazione in situ all’interno dei pori e dei vuoti; c ) evaporazione del solvente e di eventuali sottoprodotti della reazione di polimerizzazione[2]. Nei processi di conservazione del costruito e dei prodotti in pietra vengono impiegati sia polimeri organici di sintesi termoindurenti che termoplastici. 1 CAPITOLO PRIMO-C LE RESINE EPOSSIDICHE: SINTESI E PROPRIETA’ Le resine epossidiche, scoperte nel 1933 dal chimico svizzero Pierre Castan della I. G. Farbenindustrie, sono polimeri a basso peso molecolare ( liquidi o solidi ) caratterizzati dal fatto che nella loro molecola sono presenti due o più gruppi epossidici. Queste resine, in presenza di induritori/catalizzatori hanno la capacità di reticolare dando luogo alla formazione di una struttura tridimensionale ad alto grado di reticolazione ( i primi brevetti sui processi di reticolazione delle resine epossidiche furono depositati intorno al 1936 ). Dopo la seconda guerra mondiale alcune grandi industrie chimiche ( Ciba-Geigy, Dow, Celanese, Shell, Reichhold, Resyn ) svilupparono un insieme di studi che portarono alla industrializzazione e commercializzazione ( ˜ 1948 ) delle prime resine epossidiche. A seconda del tipo di processo e dei componenti di base le resine epossidiche vengono così classificate: – Resine derivate da epicloridina; – Resine derivate da peracidi; – Resine da monoepossidi insaturi [3]. – La realizzazione di un sistema epossidico indurito e reticolato è basato su due fasi nettamente distinte tra loro. FASE-I ) La prima fase prevede la sintesi di un prepolimero lineare ( diepossido ) che, nel caso delle resine di più largo consumo, viene prodotto attraverso una reazione, a stadi, di policondensazione tra l’epicloridrina e il bisfenolo A. La struttura chimica di queste due sostanze è illustrata in figura 1. FIGURA 1: Struttura chimica dell’epicloridrina e del bisfenolo A. 2 Nella molecola della epicloridrina è presente il gruppo: denominato epossido o ossirano. Gli epossidi, eteri ciclici in cui l’ossigeno è uno degli atomi che costituiscono l’anello, sono dotati di una alta reattività chimica. Nella reazione di policondensazione tra l’epicloridrina e il bisfenolo A, con soda caustica che agisce, nello stesso tempo, da catalizzatore e da reagente, di norma si usa un eccesso di epicloridrina al fine di assicurare la presenza di gruppi epossidici alle estremità del polimero. Il primo stadio della reazione che porta all’ottenimento del diepossido, descritto nella figura 2, prevede la formazione del sale sodico del bisfenolo A. FIGURA 2: Schema del primo stadio della sintesi del diepossido: l’idrossido di sodio reagisce con il bisfenolo A formando suo sale sodico [4]. 3 Nel secondo stadio uno degli ossigeni terminali del sale sodico del bisfenolo A si lega all’atomo di carbonio dell’epicloridrina che non fa parte del ciclo epossidico; si libera cloro con formazione di cloruro di sodio ( vedasi schema in figura 3 ) [4]. FIGURA 3: Schema relativo al secondo stadio della sintesi del diepossido ( vedasi testo ) [4]. Se il rapporto stechiometrico epicloridrina/bisfenolo A è uguale a 2 anche l’altro ossigeno terminale del bisfenolo A si lega ad un’altra molecola di epicloridrina ( vedasi figura 4 ). In queste condizioni la reazione si arresterebbe. Nel caso che il raporto tra epicloridrina e bisfenolo A sia pari a 3, allora la reazione conduce ad una miscela 50/50 delle due specie molecolari descritte in figura 5. Queste molecole, attraverso la reazione illustrata nella figura 6, reagiscono tra di loro dando luogo alla formazione di un dimero ( sale sodico ) la cui struttura molecolare ( figura 6 ) si caratterizza per la presenza di un atomo di ossigeno che porta una carica negativa [4]. In presenza di molecole d’acqua, derivanti dalla reazione di formazione del sale sodico del bisfenolo A, lo ione ossigeno si trasforma in un ossidrile; si rigenera la molecola di NaOH ( vedasi schema in figura 7 ). Va sottolineato il fatto che aumentando la percentuale di epicloridrina si producono molecole diepossidiche a più elevato grado di polimerizzazione. In generale è possibile, attraverso il processo di sintesi sopra riportato, ottenere prepolimeri /oligomeri il cui grado di polimerizzazione ( DP ) può variare da 1 a circa 25. Diepossidi con bassi valori di DP, a temperatura ambiente, sono liquidi, quelli con DP alti sono solidi [3,4]. 4 FIGURA 4: Nel caso che il rapporto stechiometrico tra l’epicloridrina e il bisfenolo A sia pari a 2 la reazione porterebbe alla formazione di molecole di bisfenolo A diepossidate ( diglicidiletere del bisfenolo A DGEBA ) [4]. FIGURA 5: Prodotti della reazione tra epicloridrina e bisfenolo A nel caso di un rapporto stechiometrico pari a 3/1 [4]. 5 FIGURA 6: Schema della reazione che porta alla formazione di una molecola, dimero ( sale sodico ), di resina epossidica a struttura lineare [4]. FIGURA 7: Stadio finale della reazione tra epicloridrina e bisfenolo A, in presenza di NaOH, che porta all’ottenimento di oligomeri lineari diepossidici [4]. 6 Le caratteristiche chimiche e fisiche del diepossido prepolimero dipendono fortemente dal suo grado di polimerizzazione “n”. < As “n” increases, the resin becomes more viscous, and when “n” is 2 or more the product is solid. The largest volume and most important product commercially available is a mixture made up primarily of pure bisphenol A diglycidyl ether and much smaller amounts of oligomers. The composition consists of 87-88% diglycidyl ether with n=0, 11% with n=1, and 1-2% with n=2. This provide a resin with an average molecular weight of about 370, which is prepared by using a very high ratio of epichlorohydrin to bisphenol A….> [5]. I prodotti di cui sopra hanno una viscosità, a 25°C, che varia da 10.000 a 18.000 cP. Fanno parte di questa famiglia di resine l’Araldite 6010 della Ciba-Gegy e l’Epon 828 della Shell. C. Selwitz, nella sua già citata pubblicazione mette in risalto il fatto che in commercio sono disponibili resine epossidiche, con particolari caratteristiche di consolidanti per manufatti lapidei, basate su di un prepolimero ottenuto per reazione del 2,2-di-(4-idrossicicloesil) propano con epicloridrina. Come si evince dallo schema della figura 8, il primo stadio della reazione consiste nella idrogenazione del bisfenolo A [5]. < The resulting cycloaliphatic molecule is bulkier and less linear than bisphenol A glycidyl ethers. This and the conversion rigid benzenoid structures to molecularly flexbile cyclohexyil rings provides products such as Shell’s of Eponex resins with sharply lower viscosities…..and better light stability than their aromatic counterparts > [5]. Come si ricava dai dati riportati nella tabella 1, è possibile, modificando la struttura molecolare dei reagenti, realizzare sistemi prepolimerici di natura epossidica la cui viscosità varia in un ampio intervallo di valori ( da ~ 3 a ~ 16.000 cP ). TABELLA 1 Dipendenza della viscosità di prepolimeri epossidici dalla struttura molecolare [5]. PREPOLIMERO VISCOSITA’ EPOSSIDICO ( cP; 25°C ) Diglicidil etere del bisfenoloA 10.000-16.000 contenente oligomeri Diglicidil etere del bisfenolo A 3.600 senza oligomeri Diglicidil etere del bisfenoloA 1.500 ( idrogenato) con oligomeri Triglicidil etere del trimetilolpropano 400 1,4-butandiolo diglicidil etere 19 Vinilcicloesene diepossido 10-154 Butil glicidil etere 3 7 . FIGURA 8: Prepolimero epossidico, per applicazioni nel settore dell’edilizia come consolidante, ottenuto a partire da bisfenolo A idrogenato e successiva reazione con epicloridrina: schema della reazione di sintesi ( vedasi testo ) [5] 8 FASE-II ) La seconda fase consiste nella reticolazione del diepossido con un induritore, ad esempio una diammina ( H2N—R—NH2 ). Lo schema dei vari passaggi chimici che portano alla formazione di un reticolo tridimensionale sono descritte nella sequenza delle figure 9, 10 11e 12 [4]. In particolare nella figura 9-a) viene illustrato il meccanismo della reazione iniziale di attacco della diammina al diepossido: gli elettroni non impegnati dell’azoto sono ceduti all’ossigeno del gruppo epossidico che si carica negativamente; l’azoto si carica positivamente, si apre l’anello e si forma un legame C—N. Successivamente, il composto a destra della figura 9-a) , a seguito di un processo di riassestamento interno che prevede la formazione di un gruppo alcolico e di un gruppo amminico si trasforma nel prodotto raffigurato a destra in figura 9-b ). Il gruppo amminico ha la capacità di reagire, attraverso uno dei suoi atomi di idrogeno con un altro gruppo epossidico dando luogo alla formazione del prodotto mostrato in figura 9-c). Il gruppo amminico presente all’altra estremità della molecola della diamina può a sua volta reagire con altri due gruppi epossidici. Di fatto quattro molecole di prepolimero si legano ad una singola molecola di diammina ( vedasi figura 10 ). Sulla base dello schema di reazione descritto nelle figure 9 e 10 anche le altre estremità dei diepossidi oligomerici reagiscono con altre molecole di diammina fino a quando tutte le molecole di diammina e di prepolimero diepossidico si legano le une alle altre per dare luogo alla formazione di un unico reticolo tridimensionale. La struttura molecolare che si viene a realizzare è schematicamente illustrata attraverso la figura 11 [3,4]. Nell’industria delle resine epossidiche < altre molecole contenenti dei gruppi idrossi, come l’idrochinone, i glicoli e il glicerolo, possono essere utilizzati al posto del difenilpropano mentre non esiste sul mercato alcun prodotto contenente gruppi epossi con prezzo concorrenziale rispetto all’epicloririna > [6]. Oltre alle poliammine possono essere usate come induritori le poliammidi, la fenol-formaldeide, l’urea-formaldeide, acidi e anidridi acide. Questi ultimi reagiscono attraverso l’esterificazione dei gruppi idrossilici secondari presenti sulle resine epossidiche [6]. La caratteristica fondamentale delle resine epossidiche risiede essenzialmente nel particolare processo di indurimento che < avviene quando si associa la resina ad un indurente. Quando questi vengono riuniti e mescolati intimamente si ha la disponibilità di un periodo, più o meno lungo, a seconda del pot life del formulato, che permette l’utilizzo della miscela. Dopo di che inizia la reazione esotermica con sviluppo di calore, segno che la miscela sta polimerizzando, ed in breve tempo non è più utilizzabile > [6]. In generale il pot life ( il tempo che, a 25°C, intercorre tra il mescolamento dei due componenti e quello corrispondente all’avvio della reazione di reticolazione ), determinato essenzialmente dalla reattività dell’agente indurente, viene regolato in relazione alle procedure dettate dalle modalità di impiego. Il pot life, a seconda delle formulazioni può variare da 5-15 minuti per gli adesivi rapidi, fino a 40’1 ora, nel caso di sistemi le cui procedure di impiego sono basate su processi di stratificazione o da colata, che richiedono tempi di lavorazione più lunghi o polimerizzazioni più lente al fine di contenere lo sviluppo di calore [6]. Le struttura chimiche di tipici induritori amminici, capaci di attivare la reazione di reticolazione a temperatura ambiente, sono illustrate in figura 12 [7]. 9 FIGURA 9: Processo di indurimento delle resine epossidiche. Schema delle reazioni iniziali di attacco della diammina al diepossido ( vedasi testo ) [4]. a) . b) c) 10 Figura 10: Processo di reticolazione delle resine epossidiche: ogni diammina impegna quattro prepolimeri dieposidici FIGURA 11: Processo di indurimento di una resina epossidica basata sull’impiego di una diammina alifatica come induritore: strutturazione molecolare del reticolo tridimensionale a cura completata [3,4]. 11 FIGURA 12: Struttura chimica di tipici induritori amminici attivi a temperatura ambiente [7]. 12 I sistemi epossidici si caratterizzano per le seguenti proprietà: § Stabilità dimensionale ( ritiro zero dopo la polimerizzazione ); § Elevata resistenza meccanica; § Ottimo comportamento nei confronti di aggressivi chimici, solventi, oli e idrocarburi; § Assenza di solventi e sostanze volatili; § Elevata capacità collante e di adesivo tra materiali di natura diversa [6]. I principali settori di impiego delle resine epossidiche, insieme alle relative procedure di applicazione, sono qui di seguito riportati [6]. i ) Formulati per stratificazione — Realizzazione di sistemi compositi che richiedono l’impregnazione di fibre di vetro, aramidiche, carbonio ecc.. ii ) Formulati per attrezzi — Produzione di parte di macchinari, stampi per termoformatura ecc.. Generalmente la tecnologia usata è quella basata sul processo per colata. iii ) Adesivi — Prodotti usati nell’incollaggio di materiali eterogenei: metalli, cemento, vetro, legno, pietra, vetroresina, ecc.. iv ) Formulati per l’elettronica — Materiali per l’inglobamento di circuiti elettrici, apparecchiature elettroniche, bobine , trasformatori ecc.. v ) Formulati per il settore delle costruzioni e dell’ingegneria civile — Prodotti impiegati nella sigillatura di crepe determinatesi in strutture in cemento e malte idrocompatibili e nel ripristino di pavimentazioni e di parti mancanti. Sistemi da inezioni per il consolidamento di manufatti in calcestruzzo: Malte per l’ancoraggio di elementi in acciaio. vii ) Formulati per rivestimenti protettivi — Vernici anticorrosive e antiacide, rivestimenti per serbatoi e macchinari a contatto con bevande e sostanze alimentari. Le resine epossidiche si suddividono in due grandi categorie: quelle che reticolano a freddo e quelle che induriscono a caldo ( T > 120°C ). Le prime sono a R.T. liquide pastose o allo stato di soluzione; prima dell’applicazione vengono mescolate con l’induritore che a sua volta può essere liquido o in soluzione ( colle a freddo vengono impiegate per l’incollaggio del vetro, della pomice, del cemento ,della carta, dei tessuti, di manufatti in termoindurenti ( poliestere ) o in termoplastiche quali le poliammidi e il polimetilmetacrilato ). Le resine a caldo, solide a R.T., generalmente si trovano in commercio già mescolate con l’induritore. Esse sono applicate dopo avere preriscaldato le parti da incollare. La polimerizzazione di norma avviene in idonei forni. Nel campo del restauro del costruito, in particolare nella sigillatura delle lesioni del calcestruzzo e nel consolidamento degli edifici, sono impiegati i sistemi epossidici per colata a due componenti, eventualmente caricati al momento dell’utilizzo con cariche inerti. Vengono usati sistemi con induritori poliammidici, dotati di grande elasticità e aderenza ai substrati. La carica ha la funzione di aumentare il volume dell’impasto, riducendo la quantità di legante nella massa. < La minore quantità di resina, distribuita uniformemente negli interstizi, sviluppa meno calorie, parte delle quali vengono assorbite dall’inerte stesso; in questo modo il picco esotermico resta contenuto in limiti accettabili……….il prodotto caricato acquista una resistenza all’urto e alla compressione decisamente superiore > [6]. 13 Le caratteristiche e le proprietà di alcuni formulati epossidici per colata utilizzati nel settore dell’edilizia sono riportati nella tabella 2 [6]. Sistemi epossidici per iniezione trovano ampio impiego nel campo dell’ingegneria civile. Infatti le particolari caratteristiche di questi prodotti ( bassa viscosità, alto potere impregnante, ottima aderenza ai materiali componenti, indurimento completo, anche in presenza di umidità, elevata resistenza alle sollecitazioni meccaniche, ottima resistenza agli aggressivi chimici e assenza di ritiro ) li rendono idonei per la soluzione di problematiche strutturali e nel consolidamento, restauro e conservazione di edifici e manufatti lapidei di interesse storico e culturale. TABELLA-2 Caratteristiche e proprietà di formulati epossidici impiegati nel settore dell’edilizia [6]. PROPRIETA’ FORMULATO MALTA DA MALTA PER NON CARICATO COLATA RIFACIMENTI Viscosità della miscela 620 (cPs) Rapporto 100/50 resina/indurente (w/w) Tipo di inerte Quarzo* Quarzo** Rapporto legante/inerte 1/2 1/10 (w/w) Densità del 1,6 1,8 3 conglomerato (gr/cm ) Consistenza della malta Massa colabile Compattabile Indurimento app.(vol. 2 6 8 200ml) (ore) Indurimento completo 5 5 5 (25°C, in gg.) Resistenza alla 96 122 155 compressione (N/mm2) Resistenza alla 83 32 26 flessione (N/mm2) Resistenza alla 59 36 29 Trazione (N/mm2) * granulometria: 25% 00-01; 50% 0,1-0,3; 25% 0,4-0,7 ** granulometria: 25% 0,1-0,3; 50% 0,4-0,7; 25% 1-1,5 14 La procedura di impiego viene così descritta nel riferimento [6]: < Si praticano dei fori di diametro adeguato nella struttura da consolidare……..All’interno dei fori si inseriscono tondini in acciaio o barre in vetroresina, che hanno il compito di determinare la resistenza alla trazione e al taglio Si sigilla l’apertura con del mastice, lasciando un piccolo foro per l’introduzione della resina, la quale viene iniettata con una pompa o una siringa, fino al riempimento della cavità. Le elevate doti meccaniche acquisite dal formulato dopo l’indurimento e l’ottima aderenza ai vari materiali, determinano una continuità e distribuiscono il carico ad una estesa superficie all’interno della struttura > [6]. Attualmente particolari formulati epossidici idrocompatibili sono utilizzati come additivi nelle malte cementizie in fase di impasto. Questi sistemi determinano i seguenti vantaggi: — — — — — — migliore resistenza meccanica; migliore aderenza; meno contenuto di acqua nell’impasto; minore ritiro di presa; riduzione della porosità del calcestruzzo; elevata resistenza agli agenti chimici ambientali [6]. Nella pratica del consolidamento di manufatti lapidei spesso è necessario disporre di formulati meno viscosi e quindi capaci di penetrare più facilmente all’interno del sistema da trattare, La struttura molecolare di alcuni prepolimeri epossidici a bassa viscosità è riportata nella figura 13 [7]. In molte circostanze è risultato utile diluire il prepolimero in un idoneo solvente organico al fine di disporre di sistemi caratterizzati da un viscosità ancora più bassa [2]. Nel consolidamento delle pietre gli agenti di cura, per sistemi epossidici, che hanno trovato largo impiego sono le poliammine, in particolare la dietilenetriammina e la trietilenetetrammina, le cui strutture molecolari sono riportate nella figura 14. Queste poliammine sono caratterizzate da una bassa tensione di vapore e quindi elevata volatilità e tossicità ambientale. Pertanto si tende a sostituirle con prodotti molecolarmente più complessi studiati per risolvere in maniera più mirata problematiche connese alla conservazione del costruito e dei manufatti lapidei, incluso i vetri ( vedasi figura 14 ). Le strutture molecolari di alcuni di questi induritori sono illustrate nella figura 14 [5]. L’impiego di resine epossidiche si è dimostrato utile nel consolidamento di pietre calcaree, marmi, pietre arenarie e nei processi di incollaggio di frammenti, anche di grandi dimensioni, staccatesi dal substrato Nel trattamento di marmi è stato riscontrato che le resine indurite possono inglobare sostanze saline impedendo loro di cristallizzare Il trattamento del calcestruzzo con resine epossidiche determina un miglioramento del modulo a cui si oppone un aumento della fragilità. Questo comportamento deve essere tenuto in debita considerazione perché potrebbe rendere le strutture più vulnerabili agli shock sismici, alle vibrazioni e alle sollecitazioni termiche. In alcuni trattamenti è stato osservata la formazione di una polvere di colore bianco alla superficie di pietre condizionate con resine epossidiche esposte all’azione dei raggi solari. Al fine di evitare tale inconveniente risulta necessario rimuovere dalla superficie delle pietre trattate residui di formulati epossidici prima della reazione di cura [2,8]. 15 FIGURA 13: Struttura molecolare di prepolimeri epossidici a bassa viscosità [7]. 16 FIGURA 14: Struttura chimica di agenti di cura di sistemi epossidici. Dall’alto verso il baso: Dietilenetriammina; Trietilenetetrammina; Dimero acido usato nella sintesi di ammidoammine; Tris(dimetilamminometil)fenolo; Mentano diammina; Isoforone diamina; Jeffammina D-230; Jeffammina T-403 [5]. 17 RIFERIMENTI 1 ) G. Martinez, Revista de Plasticos Modernos, 91,49 (2006). 2 ) J. R. Clifton, < Stone Consolidating Materials > (1980), http://palimpsest.stanford.edu/byauth/clifton/stone/ (last changed 03,2004 ) 3) a) S. Vargiu, “ Polimeri Termoindurenti” in < Macromolecole, Scienza e Tecnologia >, Pacini Editore, Pisa (1983). b) < Encyclopedia Handbook >, Edited by Modern Plastics Magazine, McGraw-Hill, Inc. USA, (1994). c) W. H. Brown, C. S. Foote, < Chimica organica >,EDISES, Napoli (2004). 4 ) < Resine Epossidiche >, Department of Polymer Science, University of Southern Mississippi, http://pslc.ws/italian/epoxy.htm, (1996). 5) C. Sewitz < Epoxy Resins in Stone Conservation >, The Getty Conservation Institute, Research in Conservation-7,(1992) 6 ) www.prochima.it/download/manuals.htm ( le Resine, parte 1,2 ) (2006). 7 ) C. V. Horie, < Materials for Conservation >, Elsevier, Amsterdam (2005) 8 ) www.fiortech.com/resine%20epossidiche.htm (2006). 18 19 CAPITOLO SECONDO-C APPLICAZIONE DELLE RESINE EPOSSIDICHE NEL CAMPO DEL RESTAURO CONSERVATIVO DEL COSTRUITO E DEI MANUFATTI LAPIDEI ASPETTI POSITIVI E CRITICITA’ Nel caso del consolidamento delle pietre il successo o meno di un trattamento dipende dalla capacità della formulazione epossidica di penetrare profondamente, prima della reazione di reticolazione, all’interno del manufatto da consolidare. < The depth of penetration is affected by the characteristics of the substrate, such as porosity, pore size, surface polarity, the properties of the consolidating solution, and the manner of application > [1]. Alessandrini et Al., al fine di mettere in evidenza la dipendenza della profondità di penetrazione dalla natura e struttura delle pietre da trattare, ed in particolare dalla loro porosità, hanno determinato l’aumento in peso e il grado di penetrazione di una formulazione epossidica a bassa viscosità nel caso di campioni di marmo, pietra arenaria e tufo. Negli esperimenti è stata usata una soluzione avente la seguente composizione: – pentaeritritolo tetraglicidil etere ( Araldite XG40 ): 25 parti; – ammina cicloalifatica ( XG41 ): 8 parti; – acetone: 27 parti; – isopropanolo: 5 parti; – acqua: 13 parti. – Il trattamento è stato effettuato spennellando ripetutamente la superficie dei campioni con la soluzione in esame. Successivamente le superfici venivano lavate con acetone [2]. Come si ricava dai dati della tabella 1, i campioni in tufo, che si caratterizzano per un più elevato valore della porosità rispetto agli altri materiali, mostrano una più alta percentuale di aumento in peso a cui si accompagna una maggiore profondità di penetrazione da parte della formulazione epossidica [2]. Una particolare procedura, messa a punto da K. L. Gauri e successivamente da C. R. Ullrich, si è dimostrata efficace nel trattamento di statue in marmo. Essenzialmente essa prevedeva le seguenti fasi: – immersione del manufatto prima in una miscela di acetone in acqua (1/1) poi in una miscela contenente una minore % di acqua e quindi in acetone puro; – trattamento del campione con una formulazione costituita da una resina epossidica ( 70% ) e da acetone ( 30% ); – condizionamento del manufatto con soluzioni epossidiche con % di resina epossidica man mano crescenti ( fino ad un massimo del 95% ); – cura del campione per alcuni giorni e quindi immersione in acetone e finalmente nella resina pura [3]. 1 Questa procedura si è dimostrata efficace nel consolidamento di campioni di marmo di Carrara invecchiati naturalmente [1]. P. Kotlik et Al., hanno messo in evidenza come in alcune circostanze la profondità di penetrazione di una formulazione liquida consolidante, a parità di ogni altra condizione, è fortemente dipendente dalla concentrazione del prepolimero epossidico ( vedasi dati in tabella 2 ) [4]. TABELLA 1 Influenza del tipo di pietra e della porosità sulla capacità di penetrazione di una formulazione epossidica ( vedasi testo ) [2]. PIETRA POROSITA’ AUMENTO (%) IN PESO (%) PENETRAZIONE (mm) Marmo fresco di Candaglia Marmo degradato di Candaglia Arenaria di Arezzo Tufo etrusco degradato 1,8 0,01 ~0 1,8 0,07 ~0 21 0,47 1,5 45 3,11 5,0 C. Selwitz, nel commentare i dati della tabella 2 ha scritto: < Kotlik found that using higher resin concentrations to provide deeper penetration provided a better quality of consolidation……..The samples were immersed at reduced pressure for three hours. At a 2,5% polymer loading, obtained by using a 30% solution, the sandstone showed almost no tendency to absorb water and no change in weight after 30 sodium sulfate recrystallization cycles > [1]. Le resine epossidiche, che mostrano una buona resistenza nei confronti di molti agenti chimici, in particolare gli alcali, l’acqua e i solventi organici, offrono una debole resistenza all’azione degradativa delle radiazioni solari ed in particolare di quelle UV le quali per effetto di formazione di gruppi cromofori determinano, in alcuni casi, marcati fenomeni di ingiallimento[5]. 2 In relazione a quanto sopra J. Down, attraverso approfonditi studi, ha messo in risalto come la composizione chimica dell’agente di cura giochi un ruolo decisivo nel determinare il grado di resistenza delle resine epossidiche all’attacco degradativo della luce ( vedasi dati riassuntivi in tabella 3 ) [6,7]. TABELLA 2 Influenza della concentrazione di una resina epossidica ( bisfenolo A diglicidil etere (MW=460) e dietilenetriammina ) in una soluzione di metanolo-toluene sull’aumento in peso (? P%), sull’aumento in peso dopo 48 ore di immersione in acqua (? P%–H2O-48hr), sulla variazione in peso dopo 30 cicli di cristallizzazione di Na2SO4 (? P%–Na2SO4-30 ) di campioni di pietra arenaria ( tipo Horice ) [4]. CONCENTAZIONE DELLA RESINA (%) 2,9 5,6 15,0 30,0 (? P%), (%) ? P%–H2O48hr ? P%– Na2SO4-30 ) 0,34 O,66 1,14 2,54 8,5 7,3 4,9 0,6 -20 -9 2 0 Secondo alcuni autori è possibile ridurre al minimo il processo di ingiallimento evitando che si depositino sulla superfici dei manufatti, durante il trattamento, residui di resina epossidica non reticolata. Altri restauratori hanno messo in risalto come la rimozione dalla superficie dei manufatti di una crosta superficiale di resina epossidica ossidata e ingiallita per effetto della luce solare sia sufficiente a fare riemergere un’area sottostante con la colorazione originale stabile nel tempo [1,3,8]. L’effetto consolidante di una resina epossidica cicloalifatica su campioni di granito di Segovia è stato quantificato misurando la variazione della velocità di propagazione di onde ultrasoniche ( %? Vu ) rispetto ai campioni non trattati. Da questi esperimenti è risultato che nei campioni consolidati le radiazioni si propagano molto più velocemente ( %? Vu = +67 ) a dimostrazione del fatto che il trattamento con la resina epossidica ha reso il materiale più coeso [9]. Sempre nel riferimento [9] sono riportati gli esiti di uno studio tendente a definire l’influenza dei trattamenti con resine epossidiche, di natura diversa, circa il grado di idrorepellenza e la perdita di peso a seguito di cicli umido/secco ( %? P H/S ) e gelo/disgelo (%? P G/D) nel caso di campioni di pietra granitica. Usando una resina epossidica cicloalifatica i valori di %? P H/S e %? P G/D risultano essere rispettivamente pari a 0,15 e 0,24. Inoltre è stato dimostrato come, dopo trattamento con una resina di natura alifatica, il grado di idrorepellenza dei campioni trattati aumenta del 60% ( il tempo necessario ad assorbire una goccia d’acqua depositata sulla superficie risulta essere pari a 118mins ) [9]. 3 L’evoluzione della velocità di propagazione di ultrasuoni in funzione del numero di cicli gelo/disgelo nel caso di campioni di granito trattati con consolidanti diversi tra cui una formulazione di resina epossidica cicloalifatica è diagrammata nella figura 1. Dall’andamento delle curve si ricava che il comportamento dei campioni dipende sostanzialmente dalla natura chimica dell’agente consolidante. In particolare è possibile notare come l’effetto consolidante delle resine epossidiche ( curva C2 in figura 1 ), inizialmente paragonabile a quello dell’estere organico dell’acido silicico ( curva C1 in figura 1) diminuisce più rapidamente con il numero di cicli fino a portarsi al di sotto della curva relativa al materiale non trattato ( curva ST in figura 1 ) [9]. Questa osservazione porta alla conclusione che la scelta di un prodotto consolidante vada fatta tenendo in debita considerazione le variazioni climatiche della regione dove è locato il manufatto da trattare [10]. Modificando la struttura molecolare dei componenti base delle resine epossidiche è stato possibile produrre formulazioni aventi caratteristiche chimiche, fisiche, meccaniche e applicative fondamentalmente diverse. Qui di seguito vengono illustrati alcuni significativi esempi che avvalorano quanto sopra asserito. 1 ) K. L. Gauri e A. R. Madiraju hanno dimostrato che la natura chimica della resina epossidica gioca un ruolo determinante nella protezione del marmo nei confronti dell’anidride solforosa. Infatti, come si deduce dalle curve riportate nella figura 2, Parte-B, capitolo 2-B, una resina epossidica di natura alifatica favorisce la formazione di cristalli di solfuro di calcio facilitando la velocità dell’attacco degradativo da parte della SO2; al contrario i campioni trattati con una formulazione a base di bisfenolo A diglicidil etere denotano, rispetto ai campioni non trattati, una maggiore resistenza [1,11]. Facendo riferimento ai dati della figura sopra citata Gauri ha proposto una metodica per la protezione del marmo contro l’SO2 basata su di un procedimento che vede una prima fase caratterizzata da un trattamento consolidante con il bisfenolo A diglicidil etere a cui fa seguito un trattamento superficiale con un polimero acrilico fluorurato [1]. 2 ) Dall’andamento delle curve riportate nelle figure 2 e 3 si ricava come le resine di natura cicloalifatica, ottenute attraverso una reazione di reticolazione tra il diolo cicloalifatico, derivante dalla idrogenazione del bisfenolo A, con poliammidi ( vedasi schema di reazione descritto nella figura 8, Parte-C, Cap. 1-C ) mostrano, rispetto alle resine di tipo bisfenolo A diglicidil etere/poliammide, una più efficace resistenza all’azione delle radiazioni ultraviolette. Pertanto queste resine, messe a punto dalla Shell Chemical Company ( Eponex series ), hanno trovato applicazioni < in formulated coatings because of improved outdoor performance over conventional bisphenol A-type resins and lower viscosity, which permits application at higher concentrations > [1,12]. Le caratteristiche chimiche e fisiche della resina commercializzata come Eponex 1510 <… a medium viscosity hydrogenated epoxy resin……has a good chemical and UV resistance…..is used in exterior and high solids coatings…..should be stored at room temperature in conditions such that moisture is excluded… the shelf life should be a minimum of three years….>[13], sono qui di seguito elencate: – Contenuto in gruppi epossidici ( mmol/Kg ) – Massa molare epossidica ( g ) equivalente di epossido ) 4545-4762 210-220( grammi di resina contenenti 1g- 4 – Viscosità ( 25°C; mPa.s ) – Colore ( Pt-Co ) – densità ( Kg/l ) 1800-2500 80 max 1,14. TABELLA 3 Influenza della composizione chimica dell’agente di cura sulla stabilità delle resine epossidiche al buio e alla luce [6,7,1 ]. Struttura chimica dell’agente di cura Prodotto Stabilità al buio (anni)* 2 Trietilenetetrammina Araldite 6010/HY951 Araldite 3 6010/HY956 Stabilità alla luce del sole (anni)* <1 Miscela di ammino <1 polietileneammine (APEAs) PolipropileneossidoQuick-i12 1 diammina poxy Ammidi acido Hysol 0151 19 11 alifatiche delle ( APEAs ) 2,2,4Epo-tek 301 38 7 trimetilesametilene – diammina + alchil glicidil etere APEAs + resina Epoxyglass 42 6 epossidica APEAs + Epo-tek 51 24 polietileneossido 301-2 APEAs + Ablebond >100 <1 polietileneossido 342-1 Ammidi acido EC2216 20 38 alifatiche delle ( APEAs ) + polietileneossidodiammina (*) la stabilità viene determinata dal tempo richiesto dalla resina per superare un livello minimo di ingiallimento 5 FIGURA 1: Velocità di propagazione di ultrasuoni in funzione del numero di cicli gelo/disgelo nel caso di campioni di granito trattati con consolidanti diversi tra cui una formulazione di resina epossidica cicloalifatica. Curva C1: estere organico dell’acido silicico; Curva C2: resina epossidica cicloalifatica; Curva ST: campioni non trattati [9]. FIGURA 2: Stabilità nei confronti delle radiazioni ultraviolette di resine epossidiche ciclo-alifatiche ( Eponex resins/polyamide ) e aromatiche ( Bisphenol A diglycidyl ether/polyamide ) [1,12]. 6 FIGURA 3: La stabilità alle radiazioni UV della resina Eponex, della Shell Chemical Company, messa a confronto con quella di altre resine aventi natura chimica diversa [1,12]. Le proprietà delle resine Eponex 1510 e 1511 vengono così descritte nel riferimento [14]: < weatherable epoxy resins are a unique class of low viscosity epoxy resins, which in properly formulated solvent and waterborne coatings, exhibit improved exterior performance over conventional bisphenol-A type epoxy resin while retaining epoxy-like properties. As a consequence of their uniqueness, however, these resin systems also have certain characteristics that require special formulating techniques to obtain coatings with maximum film performance and gloss retention. Application of these techniques, many of which are not used in formulating conventional bisphenol-A epoxy resin coatings, are necessary for obtaining optimum film performance from higher solids and waterborne weatherable epoxy coatings. Since their introduction, these weatherable epoxy resins have been successfully applied in high solids coatings, including baking finishes, as modifiers for industrial acrylic finishes, clear coatings for wood, a binder for decorative aggregate, and in certain maintenance applications >[14]. 3 ) Una nuova resina epossidica, di natura cicloalifatica, particolarmente idonea al consolidamento della pietra, caratterizzata, rispetto ad altre formulazioni epossidiche, da una più alta resistenza alle radiazioni UV e da una maggiore resistenza agli agenti chimici, è stata messa a punto da G. Marinelli et Al. [14] e successivamente commercializzata dalla EUROSTAC con la sigla EP 2101 [15,1]. Le principali peculiarità di questa resina, sono così delineate nel riferimento [16]: 7 < Resina epossidica cicloalifatica sciolta in solventi organici, polimerizzabile a temperatura ambiente, non ingiallente. Per l'impregnazione ed il consolidamento di materiali porosi degradati (pietre, legni, cotti, intonaci, ecc.). Bassa viscosità relativa ed un elevato residuo secco. Leggera idrofilia del sistema non indurito che ne consente la penetrabilità anche su materiali non completamente asciutti. Possibilità di polimerizzare da 12 - 15 °C. Elevate caratteristiche meccaniche e di resistenza chimica. Eccellente resistenza all'ingiallimento dovuto all'esposizione ai raggi UV. Aspetto: liq. trasp. Viscosità: 10 mPas Lavorabilità: 24 h Resistenza: Flessione: 75 N/mmq; Trazione: 45 N/mmq; Compress.:85 N/mmq >[16]. L’impiego della resina EP 2101 prevede una formulazione basata sui seguenti componenti: i ) sistema indurente, una poliammina alifatica; ii ) co-solventi, isopropanolo-toluene. Il pot life si aggira intorno alle 48 ore [1]. Nella tabella 4 sono riportati i risultati dello studio effettuato da R. Cavalletti et Al. su campioni di vari tipi di pietre ( calcare, tufo, marmo, trachite, ecc. ) trattati con EP 2101/poliammina alifatica. Dai dati della tabella 4 si ricava che: – – la % di polimero assorbito e la resistenza al discoloramento dipendono fortemente dalla natura della pietra trattata e dal suo stato di conservazione; la resistenza alla compressione dei campioni trattati risulta essere significativamente maggiore di quella dei campioni non trattati [15,1]. – C. Fiori et Al., in uno studio che risale al 1987 avente l’obbiettivo di selezionare possibili agenti consolidanti con i quali trattare un antico pavimento in mosaico, fortemente deteriorato ( Nora, Sardegna ), hanno valutato le proprietà di campioni impregnati con tre formulazioni diverse. In particolare una delle formulazioni era a base di EP 2101, mentre le altre due contenevano rispettivamente un polimero acrilico ( Paraloid B-72 ) e un polisilossano ( DriFilm 104 ). Le tessere del mosaico, erano costituite essenzialmente da calcite e da una bassa percentuale di minerali di natura granitica [17]. I risultati hanno messo in evidenza che i campioni trattati con la formulazione a base di EP 2101 presentano, rispetto a quelli condizionati con gli alti due sistemi: ¦ ¦ ¦ ¦ un più elevato contenuto di polimero assorbito; un assorbimento di acqua per capillarità intermedio; una resistenza a compressione sostanzialmente maggiore; una maggiore capacità di penetrazione [17,1]. Esempi di applicazioni della resina EP 2101, riportate nel riferimento[18], saranno descritte nel capitolo seguente. Secondo quanto riportato da O. Salvadori e M.P. Nugari la resina EP 2101 resisterebbe bene al’attacco di batteri e funghi [19,20]. 4 ) Recentemente la EUROSTAC ha messo a punto una nuova resina epossidica liquida a bassa viscosità per inezioni ( EP-IN 2501 ) le cui caratteristiche vengono così descritte nel riferimento [19]: 8 <Resina epossidica liquida a bassa viscosità, senza solventi con reattività regolabile, polimerizzabile a temperatura ambiente ed in presenza di elevata umidità. Adatta nel restauro di strutture lesionate in calcestruzzo, legno, pietra, cotto, mediante il riempimento delle fessure o l'ancoraggio di chiodi in acciaio o vetroresina. La bassa viscosità ne consente la penetrazione anche nelle fessure più sottili. Elevate caratteristiche meccaniche e di adesione consentono di ripristinare l'omogeneità iniziale delle strutture lesionate > [20]. In particolare la resina EP-IN 2501 presenta le seguenti proprietà: Aspetto: liq. trasp. Viscosità: 200 mPas Lavorabilità: 45’ Resistenza: Flessione: 92 N/mmq; Trazione: 92 N/mmq; Compress.:68 N/mmq. La struttura molecolare del solvente, spesso impiegato nella formulazione delle resine epossidiche per ridurne la viscosità, può influenzare fortemente la velocità della reazione tra prepolimero e sistema indurente ( la velocità di cura ), la natura delle interazioni della resina con la superficie delle pietre trattate, la pot life della formulazione, il grado di penetrazione, la formazione di film, l’adesione, il colore e altre performance applicative [1]. Ad esemplificazione di quanto sopra nella figura 4 viene mostrato come variando il solvente sia possibile modificare sostanzialmente la pot life di una formulazione epossidica a base di bisfenolo A ( idrogenato ) diglicidiletere/poliammide [21,1]. Dall’andamento delle curve si ricava che il sistema contenente butanolo presenta un valore della pot life sensibilmente minore rispetto a quello con metil isobutil chetone ( dopo 3 ore la viscosità del primo sistema assume valori molto più elevati a dimostrazione del fatto che il grado di cura è maggiore ). FIGURA 4: Influenza della natura chimica del solvente sulla pot life di una formulazione epossidica a base di bisfenolo A ( idrogenato ) diglicidiletere/poliammide [21,1]. 9 Dai dati riportati e discussi nel presente capitolo si deduce come le caratteristiche applicative e d’uso di sistemi a base di resine epossidiche dipendano fortemente dalla natura chimica del prepolimero epossidico, dalla struttura molecolare dell’agente di cura, dalla funzionalità del solvente e dalla composizione della formulazione. Modulando opportunamente questi fattori è possibile realizzare sistemi consolidanti /protettivi a base di resine epossidiche con proprietà finalizzate all’utilizzo e mirate alle tecnologie applicative. TABELLA 4 Campioni di pietra di natura diversa trattati con una formulazione a base di resina Epossidica cicloalifatica EP 2101 e di una poliammina come induritore. Vengono riportati le seguenti caratteristiche: la quantità di polimero assorbita misurata come aumento in peso % dei campioni ( ? peso (%) ); il discoloramento; e la resistenza in compressione [15,1]. Pietra ? peso (%) immersione ? peso (%) capillare 5,5 3,9 CALCARE (ChiampoVicenza) CALCARE Fossillifero, molto poroso (Vicenza) MARMO rosso di Verona degradato 0,15 TUFO, degradato (Viterbo) TRACHITE euganea Marmi di varia origine MARMO 0,21 troddense, (quarzo monzunite) degradato (**) (*) una resina acrilica 6,0 0,18 Discolorazione 500hrs camera fluotest ( ?=366µm) Nessuna variazione rispetto al Paraloid(*) Nessuna variazione Res. Compr. (Kg/cm2) (non trattato) Res. Compr. (Kg/cm2) (imersione) Res. Comp. (Kg/cm2 (capillare) 250 450 440 Aspetto bagnato 860 1500 Aumento tonalità Aumento tonalità Aspetto bagnato Aspetto bagnato (**) sottoposto a cicli di trattamento con NaCl 10 In relazione all’influenza della natura chimica/fisica del substrato lapideo sulla capacità consolidante dei sistemi epossidici C. Selwitz ha scritto: < It appears from this data, and from the success that other workers have had consolidating different types of substrates with epoxy resins, that the order of decreasing treatability is: synthetic cast sandstone, natural sandstone, and then limestone. Unfortunately limestone has the greatest need for consolidants that can provide mechanical strength > [1]. Recentemente sono state sviluppati dei procedimenti chimici che permettono la sintesi di resine epossidiche modificate attraverso l’inclusione di una fase elastomerica costituita da particelle siliconiche sferiche ricoperte da un guscio di natura organica con gruppi funzionali orientati verso l’esterno ( vedasi figura 5 ). Questi sistemi messi a punto dalla Hanse ChemieAC, commercializzati con il marchio ALBIDUR EP 2240, EP 2240 e EP 5340, sono caratterizzati da una più elevata resistenza all’impatto e stabilità termica rispetto alle resine di tipo DGEBA e a quelle cicloalifatiche. Va sottolineato il fatto che la reazione di modificazione non comporta diminuzione nei valori del modulo, della temperatura di transizione vetrosa e della viscosità. < Albidur products consist of an epoxy resin in which silicone elastomer particles of a defined size (0.1 – 3 µm) are finely distributed. The silicone elastomer particles have an organic shell structure comprising reactive groups …. These particles are able to chemically link into the epoxy matrix. If a mechanical load is applied to the cured resin, it can be dissipated uniformly in all directions when interfering with a rubber domain. If a tear has already occurred, it is prevented from propagating, because the elastomer particles stretch perpendicular to the direction of tear and are not torn out, as they are chemically bound into the matrix……In addition, the shrinkage upon cure of a formulation modified with Albidur® can be influenced very favourably, as the silicone elastomer particles expand at increased temperatures during the curing and hence counterbalance the shrinkage > [23]. La tipica morfologia bi-fasica di una resina ALBIDUR viene evidenziate attraverso la micrografia elettronica della figura 6 mentre la dipendenza della resistenza all’impatto dalla % di particelle siliconiche è mostrata nella figura 7 [23]. FIGURA 5: Rappresentazione schematica della struttura di una particella elastomerica di ALBIDUR. In figura è evidenziata la fase centrale costituita da una gomma siliconica, il guscio di natura organica e i gruppi funzionali disposti alla superficie che permettono l’aggancio con la matrice organica epossidica [23]. 11 FIGURA 6: Micrografia elettronica in scansione di una resina epossidica modificata con ALBIDUR. Viene evidenziata la morfologia bifasica caratterizzata da una matrice epossidica nella quale sono disperse particelle elastomeriche analoghe a quelle descritte nella figura 5 [23]. FIGURA 7: Dipendenza della resistenza alla frattura e della relativa energia dalla concentrazione di gomma siliconica nel caso di resine epossidiche rinforzate con ALBIDUR [23]. 12 RIFERIMENTI 1 ) C. Selwitz < Epoxy Resins in Stone Conservation >, the Getty Conservation Institute, Research in Conservation, 7 (1992). 2 ) G. Alessandrini et Al., “ Conservation treatment on stone ”, in < International Symposium on the Deterioration and Protection of Stone Monuments >, Rilem. 7.1, Paris (1978). 3 ) K. L. Gauri, Nature, 228:882 (1970). 4 ) P. Kotlik, P. Justd; J. Zelinger, Studies in Conservation, 28, 75 (1983). 5 ) P. Davini, L’Informatore del Marmista, n.516/dicembre (2004). 6 ) J. Down, Studies in Conservation, 29, 63 (1984). 7 ) J. Down, Studies in Conservation, 31,159 (1986). 8 ) D. P. Schweinsberg, G. A. George, Corrosion Science, 26(5), 331, (1986). 9 ) T. Fort Gonzales et Al., Revista de Plasticos Modernos, 89, 83 (2005). 10 ) G. Martinez, Revista de Plasticos Modernos, 91, 49 (2006). 11 ) K. L. Gauri, A. R. Madiraju, Geological Society of America, Engineering Geology Case Histories, II:73 (1978) 12 ) R. S. Bauer, Shell Chemical Company Technical Bulletin, SC: 729 (1982 ). 13 ) Resolution- Performance products, data sheet-Eponex 1510, re-issued June (2004). 14 ) Miller-Stephenson Products; www.miller-stephenson.com/aero_009.htm (2005). 15 ) R. Cavalletti et Al., Fifth International Congress on the Deterioration and Conservation of Stone, Lausanne, Sept. 25-27, 769-777 (1985). 16 ) Bresciani SRL.it, Catalogo prodotti: EUROSTAC EP 2101 Resina Epossidica, ultima modifica 07/03 (2006). 17 ) C. Fiori, et Al., Conservation in Situ, Musaicos 4. Soria (1987). 18 ) M. Gangi, M. Li Puma, < Impiego delle Resine Epossidiche nel Restauro della Pietra >, http://www.unipa it/benicult/materiali/pietra_file/outline.htm (2006). 19 ) O. Salvatori, M. N. Nugari, Biodeterioration, 7, 424 (1988) 20 ) F. Capitelli, E. Zanardini, C Sorlini, Macromol. Biosci., 4, 399 (2004). 21 ) Bresciani SRL.it, Catalogo prodotti: Epossidica EUROSTAC EP-IN 250, (2005). 22 ) R. S. Bauer, Shell Chemical Company Technical Bulletin SC: 729-83 (1982). 23 ) Hanse-Chemie. Com, Modifying Epoxy Resins with Core Shell Materials ( ALBIDUR ), (2004). 13 14 CAPITOLO TERZO-C APPLICAZIONE DELLE RESINE EPOSSIDICHE NEL CAMPO DEL RESTAURO CONSERVATIVO DEL COSTRUITO E DEI MANUFATTI LAPIDEI: CASE HISTORIES Nel presente capitolo vengono riportati e illustrati alcuni casi di applicazione delle resine epossidiche nel restauro di edifici, statue, monumenti e manufatti in ceramica di varia origine ed epoca. Attraverso la descrizione di case history, significativi sia per la tipologia del manufatto trattato che per le procedure seguite, è possibile ricavare informazioni che permettono di evidenziare gli aspetti di positività e le criticità connesse all’utilizzo delle resine epossidiche come consolidanti, protettivi e adesivi in relazione: - alla natura chimica e fisica dei substrati e al loro stato di degrado; - alla struttura molecolare delle formulazioni impiegate; - alle condizioni climatiche e al tipo di agenti chimici inquinanti presenti nell’ambiente circostante. CASE HISTORY-1 IL PORTALE DELLA CASA ESKENS- TORUN, POLONIA Immagini della casa Eskens ( nel vecchio mercato di Torun, Polonia ) e del suo portale rinascimentale sono riprodotte nelle figure 1,a-c) [1]. Il portale, in pietra arenaria di Gotland, fortemente deteriorato da fattori ambientali, è stato restaurato nel 1966 da W. Domaslowski et Al. [2]. La metodologia seguita è stata così descritta nel riferimento [3]: < The portal was ornately sculpted gray sandstone that had been painted. Flaking was discernible under the paint layers, and fragmentation and powdering had occurred where the paint had come off. The first step of the treatment was preconsolidation with a limited application of a 15% solution of Epidian-5 epoxy resin and hardner in a 1:5 blend of toluene and methanol. This penetrated to a depth of a few millimiters and stabilized the surface so that the paint layer could be taken off with an alkaline poultice paste mixture.Washing with water…..and restored the original porosity. The door frame, pilaster, capitals, bases, and socles were all treated using the pocket method. After the pocket was removed the portal was wrapped in undisclosed plastic film for 10 days: This was not sufficient time for curing to be completed under ambient conditions of 16-17°C, and back migration caused darkening in some areas > [3]. Dopo 17 anni sia le pietre consolidate che i restauri strutturali eseguiti impiegando malte epossidiche apparivano essere in buone condizioni [3]. FIGURA 1-a ): Riproduzione fotografica della casa Eskens ( Torun, Polonia ) [1]. FIGURA 1-b): Riproduzione fotografica del portale della casa Eskens ( Torun, Polonia ) [1]. FIGURA 1-c): Riproduzione fotografica di parte del portale della casa Eskens ( Torun, Polonia ) [1]. CASE HISTORY-2 Il PORTALE ROMANICO DELLA CHIESA DELLA SANTA MADDALENA, WROCLAW, POLONIA Il degrado del portale della chiesa della Santa Maddalena ( Wroclaw, Polonia ), vedasi figura 2, era causato principalmente dall’acqua e dai sali che penetravano dalla parte interna. Il processo di restauro è stato preceduto da un trattamento di preconsolidamento delle sezioni interessate a fenomeni di sfaldatura e di erosione effettuato ricoprendo la superficie con una soluzione di resina epossidica al 20%. Per la ricostruzione dei dettagli strutturali è stata impiegata una malta ottenuta mescolando una resina epossidica con polvere di pietra arenaria. A undici anni dalla esecuzione del restauro un esame dello stato di conservazione del monumento ha portato alla seguente conclusione: <….the stone was strong and showed no powdering, exfoliation, or peeling. The epoxy mortar was also in good condition……..Examination ten years later found the portal in a very good state of preservation > [3,4]. CASE HISTORY-3 IL CALIFORNIA BUILDING IN BALBOA PARK; SAN DIEGO ( USA ) Il California Building, un magnifico esempio di riproduzione di barocco spagnolo [ vedasi fotografie riportate nelle figure 3, a-c) ], costruito nel 1915 in occasione dell’esposizione che celebrava l’apertura del canale di Panama [6], < ….consists of a central dome flanked by four vaults and a bell tower. The exterior is constructed of cast stone made from fine quartzose granules, coarse sand, and a lime cement. This composition gives it the weathering characteristcs of a highly porous sandstone with a calcite binder. There is extensive ornamentation and statuary of this same cast stone around the main entrance …..and on the upper stories of the tower….> [3]. Intorno al 1975 una accurata indagine sullo stato di conservazione del monumento mise in evidenza, tra l’altro: < …..the disappearance of detail,.. the wearing away of ornamentation, and… the sleepage of water and salts into the interior, seriously reducing its mechanical strength. Parts of the ornamentation craked, came loose, disintegrated, or fell away. In some areas, piece of stone could be pulled off by hand……. Further analytical diagnosis showed that loss of detail in the ornamentation was due to dissolution of the calcitic cement and separation of unbonded sand grains. The white incrustation of the interior walls …….found to be a complex mixture of calcium, sodium sulfates, and chlorides……. The cast stone ornamentation is attached to structural concrete reinforced with iron bars that rusted and expanded. This caused sections of both the stone and the concrete to rupture…… Efflorescence was considered to be the major cause of stone decay in this building, and lowering the salt content, which was as high as 1,0% in some portions of the stone, to a safer level was a major undertaking > [3]. I risultati dell’analisi di cui sopra portarono alla progettazione e all’esecuzione di un importante intervento di restauro conservativo che vide un ampio impiego di resine epossidiche. Alcuni aspetti salienti concernenti l’utilizzo di formulazioni epossidiche sono cosi’ riportate nel riferimento [6]: < An epoxy-resin impregnation process, patented by Universal Restorations, Incorporated, of Washington, D. C., used in the 1975 renovation was supposed to make the facade sculpture stronger than when originally built. Technicians from Universal Restorations dried the concrete with steam, bringing out the salts. Then sprayed or painted layers of combustible epoxy-resin mixture on the surface. FIGURA 2: La chiesa della Santa Maddalena di Wroclaw ( Polonia ) il cui portale è stato restaurato utilizzando resine epossidiche [5]. Mike Casey of Universal Restoration replaced damaged or missing lanterns, moldings, noses, cars, and other protuberances with plastics or fiber glass replicas, weighing about 25% less than the originals. To avoid too sharp a contrast between old and new parts, Casey added coloring agents and sand from Sweetwater Canyon to the final epoxy-resin coating > [6]. FIGURA 3-a ): Riproduzione fotografica del California Building San Diego, USA [6]. Il trattamento con resina epossidica ha comportato, tra l’altro, una riduzione della capacità di assorbire acqua dall’ambiente ( da 12 a 1-2% ) da parte delle pietre e del costruito. Alla fine del trattamento le superfici esposte furono trattate con una soluzione di un perfluoropolietere ( Du Pont’s Fluoro polymer B in cellosolve acetato e metil etil chetone ) al fine di realizzare un coating capace di impedire l’attacco da parte dell’anidride solforosa e di innalzare ulteriormente il grado di idro-repellenza. < After 15 years, the ornamentations is crisp and the stone stable > [3]. FIGURA 3-b ),c ): Immagini del California Building, San Diego, USA [6]. CASE HISTORY-4 BASSORILIEVO PRESENTE SULLA FACCIATA DELLA CHIESA DI SANTA MARIA DELLE VIGNE, GENOVA ( ITALIA ) Il bassorilievo ( vedasi figura 4 ), posto al centro del timpano della facciata della chiesa di Santa Maria delle Vigne ( Genova ) è opera dello scultore D. Casella. < Durante l'ultimo restauro eseguito non a regola d'arte, è stato utilizzato per il suo recupero una malta cementizia diluita e stesa a pennello completamente su tutta la superficie. Facendo questo, il modellato fu completamente perduto, nascondendo così la finitura a "marmorino" eseguita abilmente dallo scultore > [7]. Nelle operazioni di restauro, una volta liberato il bassorilievo dallo scialbo, si è fatto uso di perni in resine epossidiche per consolidare la struttura. La procedura adottata è illustrata nella figura 5 [7]. La fotografia del bassorilievo a restauro ultimato è mostrata nelle figura 6 [7]. FIGURA 4 : Il bassorilievo presente sulla facciata della Chiesa di Santa Maria delle Vigne ( Genova ) prima del restauro [7]. FIGURA 5: Operazioni di consolidamento strutturale con resine epossidiche, dopo discialbatura, del bassorilievo mostrato in figura 4, eseguite mediante il metodo ad iniezione [7]. FIGURA 6: Fotografia del bassorilievo dopo restauro [7]. CASE HISTORY-5 RESTAURO DEL PORTALE DI INGRESSO PALAZZO SALITA SAN NICOLA, GENOVA ( ITALIA ) Malte chimiche basate su resine epossidiche bicomponenti sono state utilizzate nella ricomposizione di un vaso posto sulla sommità del portale di ingresso del palazzo sito in salita San Nicola ( Genova, Italia ). Nella figura 7 viene riproposta una immagine del vaso prima dell’intervento di restauro. < Si possono osservare le grosse fessurazioni dalle quali l'acqua penetrando al suo interno, ha fortemente compromesso la struttura indebolendola notevolmente. Il vaso è stato successivamente smontato eliminando le parti non più coese; si è poi sostituito l'anima in ferro con barre in acciaio inox, ed infine, si è ricomposto il tutto mediante l' utilizzo di malte chimiche quali resine epossidiche bicomponenti > [8]. La fotografia del portale e del vaso, ad operazione di restauro conclusa, è mostrata nella figura 8 [8]. CASE HISTORY-6 STUCCHI ESTERNI DI VILLA QUIETE, ARENZANO ( GENOVA ) Resine epossidiche sono state impiegate nelle operazione di recupero e ricostruzione delle decorazioni architettoniche presenti nelle facciate esterne della villa Quiete ( stile eclettico-tardo ottocento ) ( figura 9 ) [9]. < Buona parte delle decorazioni architettoniche vengono recuperate mediante l’applicazione di barrette filettate in acciaio inox rinforzate da resine epossidiche applicate direttamente all’interno della struttura forando la superficie attraverso l’uso di trapano a percussione fino al raggiungimento della pietra > [9]. La procedura di applicazione della resina epossidica, mediante apposita pistola a pressione, è mostrata nella figura 10. Come si evince dalla figura 11 le resine epossidiche sono state utilizzate nelle operazione di consolidamento iniettandole direttamente nelle fessurazioni. < Le resine epossidiche vengono applicate anche attraverso le grosse fessurazioni le quali aggrappandosi direttamente sulla pietra, consolidano le zone distaccate dal supporto > [9]. CASE HISTORY-7 LA SCALA DI GIACOBBE, CASTELLETTO DI CUGGIONO ( MILANO ) < Questo piccolo complesso monumentale……… si è sviluppato accanto ad un’antica cappella, dedicata ai Santi Giacomo e Filippo. In epoca imprecisata, ma verosimilmente nella seconda metà del sec. XIV, i religiosi dell’ordine dei Domenicani giunsero nel piccolo borgo forse in seguito a donazioni o lasciti di persone colpite dalla “peste nera” che imperversò in quel tempo nell’intera Europa; o forse semplicemente per sfuggire al contagio che era più probabile nelle città, i frati uscirono da Milano e vennero a fondare questo convento che dedicarono a S. Rocco > [10]. FIGURA 7: Fotografia del vaso posto sulla sommità del portale di ingresso del palazzo sito in salita San Nicola ( Genova, Italia ), prima del restauro [8]. FIGURA 8: Fotografia del portale e del vaso dopo restauro [8]. FIGURA 9: Immagine della torretta della Villa Quiete prima del restauro [9]. FIGURA 10: Restauro degli stucchi esterni di Villa Quiete: l’applicazione della resina epossidica mediante la tecnica ad iniezione con pistola a pressione [9]. Nel 1991 il progetto di restauro, affidato all’ingegner Luigi Paolino < è stato redatto con l’obiettivo di salvaguardare i valori architettonici ed ambientali originari, pur nel rinnovamento funzionale derivante dalle esigenze della Committenza per una nuova fruibilità degli spazi > [10]. FIGURA 11: Restauro di Villa Quiete: applicazioni delle resine epossidiche in operazioni di consolidamento delle fessurazioni [9]. Resine epossidiche e prodotti a base di resine acriliche sono state impiegate negli interventi di restauro degli intonaci e degli apparati architettonici. < Gli interventi di restauro e consolidamento dell’intonaco, dei marcapiano delle cornici e degli apparati ornamentali è avvenuto previo lavaggio delle superfici con idropulitura con pressione determinata dalla specifica situazione e raschiatura manuale di pitture recenti, ove presenti; eliminazione delle porzioni degradate da umidità ed irrecuperabili. Nelle zone ove con verifica a percussione manuale in situ si sono riscontrati distacchi dal supporto, il consolidamento in profondità è stato eseguito mediante foratura con trapano a rotazione, iniezione di adesivo epossidico con appositi diffusori, formulato a consistenza tixotropica [ per tissotropia si intende il particolare comportamento di alcuni geli ( sistemi colloidali bifasici consistenti di una fase solida e una liquida ) i quali sottoposti a forze vibrazionali ( ultrasuoni, agitazione, ecc., ) liquefano; quindi risolidificano se lasciati in uno stato indisturbato-stazionario; n. d. A. ]. Il successivo consolidamento corticale della superficie dell’intonaco è stato effettuato con l’impiego di prodotti a base di resine acriliche in soluzione, diluite con solventi fino a saturazione. Le lacune e le porzioni in cui è stato rimosso l’intonaco cementizio di recente fattura sono state risarcite con intonaco di calce. Il trattamento finale è consistito nella velatura delle superfici trattale > [10]. La fotografia della corte interna restaurata è riprodotta nella figura 12 [10]. FIGURA 12: la corte interna della Scala di Giacobbe dopo restauro [10]. CASE HISTORY-8: SUPERFICI MARMOREE DELLA FACCIATA DEL DUOMO DI MILANO Resine sintetiche, essenzialmente di natura epossidica ed acrilica sono state ampiamente impiegate nel restauro conservativo delle superfici marmoree ( marmo di Candoglia ) del Duomo di Milano ( figura 13 ) effettuato nel 1972. Su questo argomento L. Toniolo ha scritto: < Infine, mi sembra interessante far notare la complessità dell’intervento dovuta alla presenza di prodotti sintetici di varia natura, relativi ai trattamenti effettuati nel restauro del ’72: resine epossidiche, utilizzate per le stuccature, sigillature e per le integrazioni, resine acriliche diffuse su tutta la superficie, sia tal quali con funzione protettiva sia addizionate con pigmenti con funzione più propriamente di scialbatura estetica…… > [11]. Esempi di impiego di malta con resina epossidica come legante in operazioni di sigillatura tra conci e di stuccature e integrazioni su elementi scultorei del Duomo di Milano sono documentati attraverso le fotografie della figura 14 [11]. FIGURA 13: La facciata del Duomo di Milano FIGURA 14: Restauro conservativo della facciata del Duomo di Milano ( 1972): SOPRA: Esempio di sigillatura tra conci in malta con resina epossidica come legante. SOTTO: Stuccature e integrazioni su un elemento scultoreo in malta con resina epossidica come legante [11]. CASE HISTORY-9 ACQUEDOTTO ROMANO IN TUFO ( VITERBO ) – PORTALE DELLA CATTEDRALE DI FANO Nel riferimento [12] M. Gangi e M. Li Puma riportano i risultati di trattamenti di consolidamento dei monumenti sopra citati effettuati impiegando la resina epossidica cicloalifatica EP 2101 di cui si è ampiamente scritto nel capitolo precedente. In relazione a queste operazioni gli Autori scrivono: < Un trattamento fatto in situ, fu realizzato nel 1983 su tratti di un acquedotto romano di tufo a Viterbo, dove il tufo si stava scagliando e polverizzando gravemente. Fu così effettuata l’impregnazione a pennello con questa resina che ha fermato il fenomeno alterativo e consolidato la pietra con ottimi risultati. Il forte cambio di colore che è apparso subito dopo il consolidamento è ora meno percettibile mentre la superficie è molto compatta e solida……………. ……….. . Un altro importante caso di studio è rappresentato dal restauro conservativo del portale, della finestra circolare e della soprastante fila di archetti pensili della Cattedrale di Fano. Le forme di degrado più evidenti erano: - Elementi decorativi alterati; - Strato evidente di sporco dei valori scultorei; - Alterazioni legati ai processi di gelo-disgelo, solubilizzazione e ricristallizzazione di sali, solubilizzazioni di gas tossici; - Lacune con conseguente erosione; - Formazione di pellicole, croste nere e depositi di polveri; - Incrostazioni di cemento; - Presenza di fessurazioni > [12] ( vedasi figure15 e 16 ). CASE HISTORY-10 GROTTA DEL NINFEO, VILLA GUASTAVILLANI ( BOLOGNA ) Il restauro della Grotta del Ninfeo di Villa Guastavillani ( Arch. F. Guerra, sec. XVI ), ad opera dello Studio Fiorillo, ha visto l’impiego di varie tipologie di resine sintetiche ( acriliche, siliconiche ed epossidiche ) Alcune fasi del restauro vengono così descritti nel riferimento [13]. < 1-Prima spolveratura con pennellesse morbide di depositi di polvere , ragnatele, calcinacci ecc. e préconsolidamento, dove non è stato possibile eseguire una pulitura immediata, con l'applicazione di emulsione acrilica a bassa percentuale. 2-Si sono usate per la riadesione dei frammenti distaccati o in fase di distacco una malta leggera (calce idraulica inerte ed emulsione acrilica) e, dove è stato necessari , resine epossidiche. 3-La pulitura generale di polvere, depositi , sporco e sali solubili è stata effettuata con successivi lavaggi per atomizzazione di acqua deionizzata. 4-Per l'eliminazione di alghe e muffe si è ricorso ad appositi anti – muffe. 5- Il consolidamento generale è avvenuto con silicato di etile sino al rifiuto dato a spruzzo. FIGURA 15: Portale della Cattedrale di Fano. FIGURA 16: Portale della Cattedrale di Fano. Intervento effettuato sulle decorazioni Musive [12]. 6-La pulitura delle arenarie e delle parti in marmo è stata eseguita con impacchi di acqua deionizzata satura di carbonato di ammonio in polpa di carta e successivi lavaggi. 7-Si è provveduto al consolidamento degli intonaci , delle crepe, di piccole mancanze, di distacchi con una malta composta da calce idraulica, inerte, coccio pesto e aggiunta di emulsione acrilica a bassa percentuale. 8- Il preconsolidamento del soffitto a volte (in ottime condizioni) è stato realizzato con Hidrophase a pennello. 9-Per la protezione finale è stato usato a nebulizzazione hidrophase (alchil-alcossi-silani). ………………..> [13]. Riproduzioni fotografiche della Grotta del Ninfeo sono riportate nella figura 17 [13]. CASE HISTORY-11: I RESTAURI DEL MUSEO STIBBERT ( COLLE DI MONTUGHI- FIRENZE ) L’impiego di resine epossidiche, relativamente al restauro delle coperture, delle facciate e consolidamento del pratino, del Museo Stibbert ( vedasi figura 18 ) viene così riportato nel riferimento [14]: < ……Il progetto ha incluso il rifacimento del tetto dell'edificio museale ……………. Il tetto della scala a chiocciola che conduce alle sale giapponesi è stato completamente restaurato perché ormai prossimo al crollo, ma di questo sono rimasti integri i correnti originali che hanno subito un trattamento simile a quello delle capriate sopradescritte: in questo caso, gli elementi sono stati svuotati dall'esterno e riempiti con barre d'acciaio e resine epossidiche in modo da mantenere in essere le facce dei correnti e delle tavole decorate all'interno………………….. …….Nel corso del lungo intervento, nel 1997, la ditta Ires SpA si è occupata del consolidamento e restauro degli stemmi dislocati sulla parete esterna della Sala della Cavalcata, lato parco, sulla torre e su alcuni altri punti della facciata dello stesso versante. Quest'area della superficie muraria è fittamente decorata da stemmi murati, un abbinamento raffinato e variopinto di testimonianze araldiche raccolte dal grande collezionista. L'intervento è stato molto impegnativo anche a causa della varietà dei materiali (terracotta invetriata, marmo, malta, pietra per un totale di circa 230 pezzi) impiegati nella creazione degli scudi gentilizi; inoltre le diverse tipologie dei processi di alterazione e degrado hanno impegnato i restauratori nella ricerca di soluzioni tecnologiche, nell'uso di materiali e nell'applicazione delle lavorazioni più adeguate ad ogni singolo caso. Gli interventi compiuti, tesi al restauro e alla conservazione di una ricca collezione di manufatti di pregevole fattura hanno seguito i cicli di lavorazioni sottoelencati: -preconsolidamento - eseguito con silicati e fluorurati; -pulitura - eseguita a secco, con acqua demineralizzata, con impacchi di argille assorbenti, con impacchi di polpa di carta e carbonato di ammonio; -stuccatura - eseguita con leganti acrilici o fluorurati, polveri di pietra, calci esenti da sali; - consolidamento strutturale eseguito con microspillature inox e malte epossidiche; -consolidamento di superficie eseguito con silicati o fluorurati; - idrofobizzazione eseguita con perfluorurati……….> [14]. Resine epossidiche sono state anche impiegate nel restauro di un pannello in vetro soffiato: FIGURA 17: Immagini della Grotta del Ninfeo [13]. <…Oggetto del restauro è un pregiato pannello di vetro soffiato, dipinto a grisaglia, smalti e giallo d'argento, tessuto a piombo. Opera del XVI secolo - cm. 22,7 33,7. La vetrata è stata smontata ed analizzata, poi il restauro è proceduto nella successiva sequenza: …………………….. - le tessere fratturate sono state rimosse ed i frammenti ricomposti e rincollati in costola con resina epossidica fotosensibile ai raggi U.V.; - il pannello ha ritrovato la sua completezza con il reinserimento delle tessere incollate; i piombi rotti sono stati saldati ed una nuova fasciatura, realizzata con trafilato uguale a quello originale come forma e dimensione, è stata inserita; …………………….. - - come ultima operazione, il pannello è stato reinstallato nel telaio di alloggiamento originale, dotando la piombatura esterna di un nuovo sistema di fascette in ottone bronzato > [14]. CASE HISTORY-12: IL RESTAURO DELLE MURA DI SCIACCA L’impiego di resine epossidiche e di altri polimeri in alcune operazioni di consolidamento è riportata nel riferimento [15]. < Alla luce delle indagini effettuate e dopo aver eseguito una attenta restituzione grafica e fotografica è stato possibile scegliere metodi e materiali idonei per il consolidamento e restauro della struttura muraria, ………….Si è quindi provveduto a razionali puntellamenti dei tratti di mura più ammalorati per passare al vero e proprio consolidamento attraverso bonifiche con malte a base di grassello di calce pura, perfettamente idrata ed esente da residui non spenti (calcinelli o bottaccioli), carbonati finissimi e materiale fittile macinato alla molazza. ……………….. Una problematica comune alle tre Porte è stata individuata soprattutto nell'area basamentale, laddove la risalita igroscopica dell'acqua era maggiore e si estrinsecava con decoesioni di materiale litoide e abbondanti migrazioni di sali. …………………. Sulle aree protette dalle cornici e sugli elementi decorativi dove le concrezioni erano più tenaci, il trattamento a secco è stato preceduto da impacchi emollienti di argilla assorbente (Sepiolite) e polpa di cellulosa addizionate con carbonato di ammonio in soluzioni blande, mentre le superfici ad intonaco sono state dapprima disinfestate dagli agenti biodeteriogeni con un biocida a lungo tempo d'azione (Preventol al 20% in soluzione acquosa) e poi integrate con malta di polvere cellulosica (polifilla), additivata con resina acrilica in emulsione acquosa (Primal AC 33), inerti selezionati e pigmenti naturali. Alcune parti in pietra estremamente alveolizzate sono state armate con microbarre in VTR del diametro di mm. 3 e 6, fissate con resina epossidica bicomponente prepolimerizzata (Eurostac 2001 al 20% in soluzione di Solvostac CES 2004), ………….. …………….. L'ultima operazione di restauro ha riguardato la protezione superficiale delle calcareniti, attraverso l'applicazione di uno strato di silicato di etile (Kratos Alfa-Rankover), quanto più sottile ed uniforme, tale da opporre un'apprezzabile resistenza alla penetrazione dell'acqua meteorica e dei composti gassosi inquinanti > [15]. FIGURA 18: Il Museo di Stibbert. RIFERIMENTI 1 ) http://commons.wikimedia.org/wiki/Eskens_House_in_Toru%C5%84 (2006). 2 ) W. Domaslowski, Biblieoteka Muzealnictwa, i Ochrony Zabytkow, 19, 91 (1967). 3 )C Selwitz, < Epoxy Resins in Stone Conservation >, The Getty Conservation Institute (1992). 4 ) W. Domaslowski, A. Strzelczyk, Preprints of the Contributions to the Bologna Congress, 126, (1986). 5 ) commons.wikimedia.org/wiki/Gothic_architecture (2006). 6 ) R. Amero, < History of the California Building in Balboa Park >, San Diego Historical Society, http://www.sandiegohistory.org/bpbuildings/calibldg.htm, (2006). 7 ) < Restauro con stucchi artistici della facciata della Chiesa di Santa Maria delle Vigne-Genova >, Laboratorio di decorazione CreArte; http://www.crearte.info/ (2006). 8 ) < Restauro portali di ingresso palazzo salita S. Nicola 36A e 36B, Genova >, Laboratorio di decorazione CreArte; http://www.crearte.info/ (2006). 9 ) <Restauro e ricostruzione stucchi esterni Villa Quiete Arenzano Genova > , Laboratorio di decorazione CreArte; http://www.crearte.info/ (2006). 10 ) L.Marcellini, < La Scala di Giacobbe, restauro e nuova destinazione funzionale >, INFOBUILD, il Portale per l’Edilizia, MAPEI. http://www.infobuild.it (2006). Recuperare l'Edilizia nº 41, novembre (2004). 11 ) L. Toniolo, < I lavori di restauro della facciata del Duomo di Milano >, il Progetto DI.DU.MI per la Conservazione delle Superfici Marmoree; recupero e conservazione /numero58/ articoli/ DUOMO (2006). 12 ) M. Gangi, M. Li Puma, < Impiego delle resine epossidiche nel restauro della pietra >, http://www.unipa.it/benicult/materiali/pietra_file/slide001.htm (2006). 13 ) http://www.fiorillorestauro.it/referenze (2006). 14 ) http://www.nardinirestauro.it/dossier_stibbert/presentazione.htm (2006). 15 ) http://www.studiobenfari.it (2006). CAPITOLO QUARTO-C CONSIDERAZIONI CIRCA L’IMPIEGO DELLE RESINE EPOSSIDICHE NEL CAMPO DEL CONSOLIDAMENTO E DELLA PROTEZIONE DEL COSTRUITO E DEI MANUFATTI LAPIDEI DI INTERESSE STORICO, CULTURALE E ARTISTICO Le resine epossidiche, come ampiamente documentato nel capitolo precedente, per le loro caratteristiche chimiche, fisiche e strutturali sono largamente usate nelle operazioni di recupero e restauro conservativo di manufatti in materiali lapidei naturali e artificiali ( malte, stucchi, ceramiche, vetri, ecc. ). Le resine epossidiche trovano impiego nel campo delle malte sintetiche ad alto potere incollante Per le seguenti applicazioni: ? incollaggi strutturali; ? risarciture di parti mancanti; ? livellamento di superfici sconnesse; ? rifacimento e ricostruzione di particolari nella ristrutturazione monumentale ( fregi, fioroni, rilievi, ec. ); ? fissaggio di ganci e tiranti al calcestruzzo [1]. Nel settore della ristrutturazione, consolidamento statico e dell’adeguamento sismico di edifici le resine epossidiche vengono applicate per operazioni di risarcitura e ricucitura di lesioni, iniezioni armate, incollaggi strutturali e inghisaggio di tirafondi, armature, ecc..( vedasi esempio di applicazione in figura 1 ) [2]. FIGURA 1: applicazione di resine epossidiche in strutture in calcestruzzo [2]. 1 Resine epossidiche, opportunamente additivate/caricate sono utilizzate < per la risarcitura di lesioni, ricostruzione di parti mancanti e per la stuccature di pavimentazioni e rivestimenti ceramici per la quale sia richiesta un’eccezionale forza di adesione e di resistenza chimico-meccanica non raggiungibili con l’impiego di materiali di tipo tradizionali > [3]. Inoltre questo tipo di resine, < grazie alla sua notevole versatilità può utilizzarsi anche per: -ancorare elementi in acciaio con il cls (bulloni, tiranti e staffe); -sigillare lesioni prima di eseguire iniezioni di prodotti resinosi; -livellare superfici sconnesse in cls > [3]. Stucchi e adesivi epossidici esenti da solventi, caratterizzati da un ritiro nullo, trovano impiego nella saldatura di materiali di natura diversa; in particolare nel ripristino superficiale di parti mancanti su: • • • • • • ferro; cemento; materiali edilizi; legno; alluminio; vetro [4]. L’impiego delle resine epossidiche come adesivi e consolidanti nel restauro conservativo di edifici storici e di manufatti lapidei di interesse culturale ed artistico è ampiamente comprovato. < Earthquake-ravaged buildings worlwide have been stabilized with massive infusions of epoxies adhesives and sealers. The structural stabilization of plaster ceilings to metal lathe by means of epoxy flooding techniques, or the consolidation of damaged load-bearing members such as masonry walls, columns or arches by means of high pressure injections, may involve the application of thousands of gallons of epoxy material. Epoxies are also used as wood consolidants > [5]. Le resine epossidiche sono state utilizzate nel consolidamento di varie tipologie di materiali lapidei naturali ( pietre calcaree, marmi e pietre arenarie ) così come nelle operazioni di re-adesione di frammenti in pietra staccatesi dal substrato lapideo [6]. Nel campo dei beni culturali, in Europa, le resine epossidiche sono state impiegate, come consolidanti, nella conservazione di oggetti lapidei di piccole dimensioni ( ad esempio, statue, colonne, ecc. ) e nel trattamento di aree limitate di edifici storici e di monumenti ( vedasi lavori di W. Domaslowski, P. Kotlik, G. Marinelli e L.Lazzarini [7] ). La tecnologia sviluppata prevedeva essenzialmente le seguenti fasi: 1 ) preparazione di una formulazione liquida ( consolidante ) costituita da una miscela di alcoli e di idrocarburi aromatici ( solvente ), da un prepolimero epossidico e da un induritore ( soluto ); 2 ) predisposizione di una adeguato sistema per permettere alla formulazione di restare in contatto con la superficie un tempo sufficientemente lungo per penetrare all’interno dell’oggetto da consolidare e quindi, successivamente, al prepolimero di reagire con l’induritore e dare luogo alla rezione di reticolazione e di indurimento in situ; 2 FIGURA 2: Consolidamento con resina epossidica di una statua in pietra arenaria rappresentante un angelo. Figura in alto: Immagine della statua prima del Consolidamento. Figura in basso a sinistra: scultura avvolta in una rete. Figura in basso a destra: l’angelo durante l’operazione di impregnazione [7,8]. 3 3 ) allontanamento della resina e del solvente in eccesso dalla superficie trattata [7,8]. Nelle figura 2 e 3 sono riprodotti alcune delle metodiche adottate per l’impregnazione ed il trattamento consolidante di manufatti di dimensioni relativamente piccole ( rispettivamente una statua in pietra arenaria e un vaso ) impiegando formulati a base di resine epossidiche [8,9]. FIGURA 3: Consolidamento di oggetti di piccole dimensioni per Immersione completa in una resina epossidica non ancora reticolata. Il trattamento si realizza immergendo l’oggetto da trattare in una borsa in plastica flessibile contenente la formulazione a base di resina ( regione in grigio in figura ). Il tutto viene immerso in acqua ( regione in nero nella figura ) per sfruttare la pressione idrostatica che agendo uniformemente favorisce la penetrazione all’interno dell’oggetto [9,8]. 4 Nel caso di consolidamento di grandi superfici verticali l’impregnazione con formulazioni contenenti il prepolimero epossidico, l’induritore e il solvente è stata effettuata sia utilizzando la tecnologia “Spray ( vedasi a titolo esemplificativo i lavori eseguiti negli USA da K. L. Gauri ) [10], che attraverso l’ausilio di un idoneo pennello o spazzola [9]. La penetrazione del consolidante nel substrato in pietra dipende dalla porosità, dalla viscosità della soluzione e dal metodo di applicazione. I metodi cui sopra garantiscono una buona profondità di penetrazione solo nel caso di pietre molto porose, pur utilizzando sistemi a bassa viscosità. E’ per queste ragioni che è stata sviluppata una metodica di impregnazione che prevede di addossare un recipiente contenente la formulazione alla facciata da trattare in maniera tale da forzare, attraverso la pressione esercitata dalla stessa soluzione, la penetrazione all’interno del manufatto lapideo. Inoltre, vedasi figura 4, con questo sistema è possibile aumentare notevolmente il tempo di contatto tra il liquido e la superficie [9]. ? IMBUTO ? CONTENITORE ? RESINA ? SUPERFICIE DA TRATTARE FIGURA 4: Schema del metodo adottato per il trattamento consolidante con resine epossidiche di grandi superfici lapidee verticali [9]. 5 Il metodo descritto nella figura 4 è stato impiegato nel 1982 per il trattamento di consolidamento con resine epossidiche del tempio buddista di Borobudur ( Giava ) considerato una delle sette meraviglie del mondo. Questo tempio è stato dichiarato monumento nazionale indonesiano dopo il definitivo restauro, terminato nel 1983 e sostenuto dall'ONU ( Figura 5,6 e 7 ). FIGURA:5: Il complesso monumentale di Borobudur, 42 chilometri a Nordest di Yogyakarta ( Indonesia ), testimonianza tra le più alte al mondo di architettura legata al culto di Budda. Il monumento consiste in una sorta di piramide tronca alta 35 metri a base rettangolare su sei piani, sormontata da tre piani circolari sui quali poggiano le classiche stupe a forma di campana. Numerosi sono i bassorilievi in pietra con la vita del Sakyamuni [11]. Resine epossidiche, basate su monomeri di tipo alifatico o ciclo alifatico, come già riportato nei capitoli precedenti, a causa della loro maggiore resistenza alle radiazioni ultraviolette e una più elevata capacità di impregnazione del substrato, dovuta ad una minore viscosità, hanno trovato applicazione nel consolidamento di manufatti lapidei di interesse storico e culturale [8,9,12]. In relazione a quanto sopra J. Delgado Rodrigues ha scritto: < Of particular interest are the cyclo-aliphatic epoxy resins that have better characteristics than other epoxy types, namely in terms of their resistance to UV radiation. One of the consolidation products of this type is the EP 2101, from EUROSTAC, that has been used successfully in the deep consolidation of some granite columns ……..and that we have also tested….. both with granites and with carbonate rocks. This product has shown an excellent impregnating capacity, both in fissured materials like granites and in porous varieties such as the carbonate stones. In fact, we were able to consolidate granite specimens in about 7cm depth and limestones on more than 2cm, under normal environment conditions…… The reported success of the consolidation granite columns ……gets a total confirmation in our previous results ( Figura 8 ) but our recent research studies on carbonate stones leave us with some doubts on the adequacy of this consolidation product for porous materials …..> [12]. 6 FIGURA 6: Complesso monumentale di Borobudur; le stupe a forma di campana. [11]. FIGURA 7: Complesso monumentale di Borobudur; i bassorilievi in pietra con la vita del Sakyamuni [11]. 7 Dagli studi di J. Delgado Rodrigues e di altri ricercatori è possibile concludere che le resine epossidiche sono idonee al consolidamento di pietre fessurate o fratturate, per le quali agiscono essenzialmente da adesivi strutturali. Al contrario esse risultano essere meno appropriate, se non addirittura dannose, per il consolidamento di pietre porose. < While in fissured materials the epoxy resin seems to produce a more or less gradual strength increase, in porous stones the consolidation is mostly confined to the outer stone skins, in a such a way that a sharp boundary is created between the outer very hard layer and the inner less consolidated and consequently less resistant zone. Its impregnating capacity is higher than that of Paraloid B72 and the transition between outer and inner zones is less sharp, but in large terms these two consolidants seem to act in much a similar way > [12]. FIGURA 8: Dipendenza della velocità di propagazione di ultrasuoni dalla profondità nel caso di rocce granitiche trattate con resine epossidiche di natura cicloalifatica ( EP2101 ). La resina è penetrata all’interno del campione per una profondità massima di circa 7cm [12]. 8 Dai dati di letteratura e dai rapporti dei conservatori sull’impiego delle resine epossidiche nelle operazioni di consolidamento strutturale di manufatti in pietra si ricavano i seguenti elementi circa i vantaggi e gli svantaggi relativi al loro utilizzo. ELEMENTI DI POSITIVITA’ - - ottimo potere di adesione alla pietra e durabilità del trattamento di consolidamento; eccellenti proprietà meccaniche ( resistenza a compressione, trazione e flessione ) e termiche; buona resistenza alla corrosione chimica ambientale; ottima resistenza alla temperatura; elevata insensibilità ai substrati alcalini, come il calcestruzzo, ed all’umidità, sia prima che dopo l’indurimento; ottima stabilità dimensionale, ritiro praticamente nullo ( meno dell’1% ) a seguito della reazione di indurimento e di reticolazione ( al contrario di quanto avviene nel caso delle resine termoplastiche che solidificano da soluzioni per evaporazione del solvente ); velocità di reticolazione e pot life della resina che possono essere adattati all’impiego/funzione e che dipendono dalla natura chimica e dalla reattività dell’agente di cura che si utilizza ( ammine aromatiche e alifatiche, perossidi organici, poliammidi e ammidi, polimercaptani, fenoli, anidridi organiche: ad es. ftalica o maleica ) [8,9,12,13]. ELEMENTI DI CRITICITA’ - - la irreversibilità dei trattamenti di consolidamento; la bassa resistenza alle radiazioni, e ai raggi UV che tendono a dare luogo a fenomeni di ingiallimento che in alcuni casi possono determinare, per invecchiamento, gravi danni alle superfici, specie se chiare, dei manufatti trattati; l’elevata viscosità e quindi bassa capacità di impregnare la pietra in profondità; la propensione di alcuni formulati a formare, per effetto dell’esposizione alla luce, sulla superficie del materiale trattato, uno strato polverulento, bianco e friabile, donde la necessità di allontanare ogni residuo superficiale in eccesso di resina non curata [5,6,8,9]. Per ovviare ad alcune delle criticità sopra evidenziate si è provveduto alla messa a punto di resine epossidiche basate su monomeri cicloalifatici e ammine alifatiche ( vedasi capitoli precedenti ). Questo ha permesso di produrre sistemi caratterizzati da una minore viscosità e da una maggiore resistenza all’azione degradativa delle radiazioni luminose [8,14]. Altri percorsi innovativi hanno portato allo sviluppo di formulazioni epossidiche con la possibilità di regolare la viscosità e quindi la capacità penetrante mediante opportuni solventi funzionalizzati ( chetoni, idrocarburi aromatici, ecc. ). Attualmente è possibile trovare in commercio formulati a base di resine epossidiche, allo stato di pre-cura, con valori della viscosità e della pot life funzionali alla tipologia di materiale da consolidare e congruenti con le modalità di applicazione [15]. Lo studio della nocività ambientale delle resine epossidiche e dei relativi processi di lavorazione e di post-lavorazione ha portato alle seguenti conclusioni: i ) i composti usati nella produzione di prepolimeri epossidici e i relativi sistemi indurenti sono dei sensibilizzatori capaci di provocare nell’uomo reazioni allergiche; 9 ii ) le resine dopo la reazione di cura sono praticamente innocue; iii ) le polveri di resine epossidiche indurite che vengono prodotte da post-lavorazioni, se ingerite possono dare luogo ad irritazioni dei polmoni, degli occhi e della pelle; iv ) una elevata presenza nell’ambiente di polveri di resine epossidiche può essere pericolosa nel caso di incendi [5]. Le resine epossidiche, insieme alle fibre aramidiche, sono impiegate, come matrici, nella produzione di compositi fibrosi. Questi materiali, costituiti da fibre continue ad alta resistenza immerse in matrici polimeriche, sono caratterizzati da elevate proprietà meccaniche e leggerezza. Essi trovano applicazione, in alternativa all’acciaio, nel consolidamento statico delle vecchie costruzioni in muratura con particolare riferimento ai vari elementi componenti la struttura portante (fondazioni, murature, pilastri, solai, volte, strutture di sottotetto e copertura, scale e sbalzi) [16]. < Sotto il profilo tecnologico,i vantaggi dell’utilizzazione dei materiali compositi fibrosi per il rinforzo,il ripristino, il restauro o l’adeguamento sismico di elementi strutturali in muratura,derivano dall’elevate capacità meccaniche, dalla resistenza alle aggressioni derivanti dalla presenza di agenti chimici, nonchè dall’insensibilità all’acqua. Inoltre i materiali compositi, a fronte della scarsa reversibilità dell’acciaio, sono perfettamente reversibili attesa la possibilità di rimuovere le sostanze adesive che assicurano la trasmissione degli sforzi; tale caratteristica, associata alla capacità di non defunzionalizzare l’opera attesa l’applicazione non invasiva, risulta particolarmente interessante sotto il profilo architettonico con riferimento ad edifici di interesse monumentale…. > [16]. Le fibre aramidiche ( commercializzate come KEVLAR ( DuPont ), TWARON ( Akzo Nobel ) o NOMEX ( DuPont ) ), la cui struttura molecolare è illustrata nella figura 9, presentano, rispetto all’acciaio: - un valore specifico della resistenza tensile cinque volte superiore; - il 50 % in più di resistenza elastica; - una maggiore flessibilità alle variazioni dimensionali in condizioni atmosferiche avverse; - una elevata resistenza alle alte temperature; - un più basso valore del modulo di elasticità; -un valore della resistenza ultima sensibilmente maggiore. < Il valore ridotto del modulo di elasticità nei confronti di quello dell’acciaio,……, costituisce un elemento preferenziale per il connubio materiale composito a base di fibra aramidica/ muratura e ciò in quanto si riduce lo scarto rispetto al modulo elastico del materiale da consolidare (muratura) > [16]. Il composito costituito da fibre aramidiche e resine epossidiche con un rapporto % fibra/resina pari a 50/50, < ha fornito i risultati più soddisfacenti nell’ambito degli studi condotti per ottimizzare la scelta del tipo di fibra per il materiale composito da utilizzare per il consolidamento delle murature > [16]. Fasce realizzate impregnando tessuti in fibra aramidica con resina epossidica hanno trovato applicazione < per placcaggi di volte ed archi e per l’esecuzione di legatura e fasciature dei pannelli murari 10 (consolidamento e rafforzamento dei martelli e dei cantonali murari), fino alla realizzazione della fasciatura esterna dell’intero corpo di fabbrica da eseguirsi con il placcaggio delle fasce consolidanti di piano disposte, in corrispondenza dei vari livelli, lungo il perimetro dell’edificio; tale fasciatura perimetrale continua,…., costituisce un incatenamento alternativo alle classiche catene, la cui applicazione risulta sempre invasiva in quando richiede necessariamente l’esecuzione di forature per l’attraversamento dei pannelli murari con conseguente disturbo del materiale lapideo > [16]. FIGURA 9: Struttura molecolare delle fibre aramidiche, poliammidi aromatiche cristalline. I gruppi ammidici sono legati a due anelli aromatici in posizione para. La struttura è irrigidita da forti legami ad idrogeno intermolecolari [17]. 11 Compositi in matrice epossidica, rinforzati con fibre aramidiche, sono stati scelti per rinforzare le volte rimaste in opera nella Basilica di San Francesco in Assisi ( Figura 10 ). In relazione a questa tipologia di intervento G. Croci E P. Rocchi scrivono: < In corrispondenza degli arconi trasversali si prevede realizzazione di due costolature a sezione scatolare in fibra aramidica e resina epossidica dotate di un’anima piena realizzata in termanto o legno lamellare….Tali nervature hanno, ciascuna, una sezione alta circa 22 cm e larga 10 cm e sono dotate di costolature trasversali che collaborano all’irrigidimento di una adeguata porzione delle vele adiacenti ed allo stesso tempo riducono il pericolo d’instabilità per sollecitazione di taglio delle pareti verticali delle nervature medesime. …….……….Il materiale scelto per i rinforzi di estradosso è la fibra aramidica con matrice di resina epossidica in quanto tra i materiali attualmente a disposizione per le più avanzate tecnologie d’intervento è quello più adatto ad essere affiancato ad una struttura muraria particolarmente importante e delicata. Infatti le fibre aramidiche presentano un modulo elastico inferiore a quello dell’acciaio, del titanio e delle fibre in carbonio (1200000kg/cm2 per la sola fibra e 600000kg/cm2 per la fibra immersa nella resina epossidica), riducendo il problema dell’insorgere di pericolose concentrazioni di tensione nella muratura in prossimità dei rinforzi, mentre allo stesso tempo presenta una elevata resistenza a rottura per trazione (30000kg/cm2 per la sola fibra e 14000kg/cm2 per la fibra immersa in resina), permettendo la realizzazione di strutture con massa relativamente ridotta, pregio non trascurabile in un intervento che deve resistere ad azioni sismiche. La fibra aramidica presenta anche il vantaggio di non essere fragile, di resistere bene alla fatica e di possedere una buona capacità dissipativa ….> [17]. L’importanza delle resine epossidiche nel consolidamento dei materiali lapidei naturali e dei materiali lapidei artificiali ( malte, stucchi, ceramiche ecc. ) è stato così commentato da P. Bosch e C. Albrusci: < La aplicacion de resinas epoxy….como consolidantes de la pietra consigue frenar la destruccion de objetos en avanzado grado de deterioro, cosa que seria imposible sin estos tratamientos > [9]. 12 FIGURA 10: Interno della Basilica di San Francesco, Assisi, in fase di restauro dopo i danni provocati dal terremoto [17]. 13 RIFERIMENTI 1 ) Resine Industriali ( Roma ), http://www.resine.it/pol700bi.htlm (2005). 2 ) Resine Industriali ( Roma ), http://www.resine.it/polisism.htlm (2004). 3 ) Resine Industriali ( Roma ), http://www.resine.it/polistuc.htlm (2004). 4 ) Resine Industriali ( Roma ), http://www.resine.it/poliatta.htlm (2004). 5 ) K. Yager, Center for Safety in the Arts, (1986). 6) J. R. Clifton, < Stone Consolidating Materials: A Status Report >; http://palimpsest.stanford.edu/byauth_clifton/stone/stone8.htlm ( 2004). 7) a ) W. Domaslowski, Monumentum, Vol.IV, 51-64 (1969). b ) P. Kotlik et Al., Conservation, 28, 75 (1983). c ) G. Marinelli, Proc. Int. Symp. On the Cons. Of Stone, Bologna, pp 573-591 (1975). d ) L. Lazzarini, M. L. Tabasso, < Il Restauro della Pietra >, CEDAM-Padova (1986). 8 ) C. Selwitz, < Epoxy Resins in Stone Conservation >, Research in Conservation, The Getty Conservation Institute, 7, (1992). 9 ) P. Bosch, C. Abrusci, Revista de Plasticos Modernos, 89 (583), 49 (2005). 10) K. L. Gauri, Studies in Conservation, 19, 100 (1974). 11) http://www.bananiele.it/java/jav3.htm (2006). 12) J. Delgado Rodrigues,< Historical Constructions > P. B. Lourenco, P. Roca(Eds.), Guimaraes, (2001). 13) http://www.prochima.it/download/manuals.htm (2006). http://www.dunagroup.com/ita/marmi-e-graniti.asp (2006) http://en.wikipedia.org/wiki/epoxy (2006). 14 ) P. Davini,< I materiali Polimerici nel trattamento della pietra >, L’Informatore del Marmista, n.516/dicembre (2004). 15 ) G. Martinez, Revista de Plasticos Modernos, 91 (595), 49 (2006). 16 ) < Il consolidamento statico delle strutture in muratura con l’utilizzazione dei materiali compositi fibrosi >, http://www.sacen.it/attiv.htm (2006). 17 ) G. Croci, P. Rocchi, Gli Interventi definitivi per il Consolidamento della Basilica, Ministero Beni Culturali e Ambientali, Commissione pro Basilica di San Francesco, a cura di Giuseppe Basile e p. Nicola Giandomenico, http://www.icr.beniculturali.it/Strumenti/Documenti/Q3.pdf. (1998). 14 15