Lavoro Subordinato, Autonomo e Parasubordinato: Caratteri ed

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Lavoro Subordinato, Autonomo e Parasubordinato: Caratteri ed
Lavoro Subordinato, Autonomo e Parasubordinato:
Caratteri ed Elementi distintivi
“Dialogo immaginario tra il Praticante e il Professionista”
Studio Beltrami Tomarelli & Associati Consulenti del Lavoro
Foligno Via Gran Sasso, 25 www.gruppopraim.com
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Presentazione:
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Chi siamo  Raffaello
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Gli argomenti da trattare: breve elencazione  Raffello
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Quale obiettivo: essere utili al praticante secondo la nostra opinione e esperienza  Mauro
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Come tratteremo gli argomenti: dialogo immaginario tra il praticante (Mauro) e il professionista (Raffaello) in
una occasione di verifica di apprendimento  Mauro
--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------Domanda 1): Professionista  Praticante
Prima di entrare nel merito del lavoro subordinato, autonomo e parasubordinato,
volevo capire se avessi chiaro chi è il “Consulente del Lavoro” e quale è l’oggetto della
sua professione?
Risposta Praticante  [Fonti: Legge 11 gennaio 1979, n. 12 – vedi www.consulentidellavoro.it] Caro dottore… è il
primo argomento che lei mi ha affidato il primo giorno di frequenza dello Studio, quindi mi trova preparato... occorre
rifarci alla Legge 11 gennaio 1979, n. 12, la quale…
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L’articolo 1) delinea l’esercizio della professione di consulente del lavoro nel modo che segue… “Tutti gli
adempimenti in materia di lavoro, previdenza ed assistenza sociale dei lavoratori dipendenti, quando non sono
curati dal datore di lavoro, direttamente o a mezzo di propri dipendenti, non possono essere assunti se non da
coloro che siano iscritti negli nell’albo dei consulenti del lavoro…, nonché da coloro che siano iscritti negli albi
degli avvocati, dei procuratori legali, dei dottori commercialisti e dei ragionieri e periti commerciali, i quali in tal
caso sono tenuti a darne comunicazione agli ispettorati del lavoro…”.
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L’articolo 2) individua l’oggetto dell’attività… “I consulenti del lavoro… svolgono per conto di qualsiasi datore di
lavoro tutti gli adempimenti previsti dalle norme vigenti per l’amministrazione del personale dipendente…
Inoltre, su delega e in rappresentanza degli interessati, sono competenti in ordine allo svolgimento di ogni altra
funzione che sia affine, connessa e conseguente…”.
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L’articolo 3) stabilisce che per diventare consulente del lavoro occorre superare l’esame di Stato di abilitazione,
avendo previamente svolto con profitto il praticantato la cui durata è biennale.
Approfondimento Professionista  Bene… volevo però farti presente che si discute ormai da tempo della Riforma
della nostra professione con l’obiettivo di adeguare il nostro lavoro alla realtà dei nostri anni; la nostra professione infatti
ha conosciuto una grande evoluzione e ti volevo invitare, tu che sarai il consulente del lavoro di domani, a seguire con
interesse e cogliere le opportunità dei nuovi settori della consulenza come solo per citarne qualcuno quello della
sicurezza sul lavoro, la pianificazione previdenziale, la ricerca e la selezione del personale, la formazione e la
comunicazione… non solo quindi buste paga!
Domanda 2) Professionista  Praticante
Perfetto… ma allora volevo anche capire se avessi chiaro cosa deve fare il praticante e
a quale regole si deve attenere?
Risposta Praticante  … Ritengo che il praticante sia tenuto ad un comportamento serio e si deve impegnare…
Approfondimento Professionista  [Fonti: Articolo 3 della Legge 11 gennaio 1979, n. 12 ; D.M. 2 dicembre 1997 –
vedi www.consulentidellavoro.it] Bene ma… ti ricordo che dobbiamo rifarci all’articolo 3 della Legge 11 gennaio 1979, n.
12 e al D.M. 2 dicembre 1997, i quali…
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L’articolo 5) del D.M. stabilisce che… “Il periodo di pratica non può essere inferiore a 2 anni e deve essere
svolto con diligenza, assiduità e con una frequenza minima giornaliera di 4 ore medie giornaliere, sotto la
direzione del professionista che “deve” fornire la preparazione idonea per l’esercizio della professione, sia sotto
l’aspetto tecnico che sotto il profilo comportamentale e deontologico”.
Domanda 3) Professionista  Praticante
Bene… entriamo ora nel merito della nostra verifica, cosa si intende per lavoro
subordinato?
Risposta Praticante  [Fonti: Articolo 2094 del Codice civile] La nozione di lavoro subordinato si ricava dall’articolo
2094 del Codice civile, che definisce il prestatore di lavoro subordinato come “…colui che si obbliga mediante
retribuzione a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale e manuale, alle dipendenze e sotto la
direzione dell’imprenditore”. Il lavoro subordinato corrisponde quindi alla situazione giuridica in cui un soggetto, il
lavoratore, mette le proprie energie psicofisiche a disposizione di un altro soggetto, il datore di lavoro, il quale le
organizza secondo i criteri più consoni per la sua attività, in cambio di un corrispettivo detto retribuzione.
Approfondimento Professionista  [Fonti: Articolo 2094 del Codice civile ; …solo una tra le tante… Sentenza Corte
di Cassazione Sezione Lavoro del 13 dicembre 2010, n. 25150] Molto bene… la definizione non fa una piega, tuttavia,
ritengo necessari alcuni approfondimenti; anzitutto quel mettere a disposizione del datore di lavoro le proprie energie
psicofisiche significa, per il lavoratore, essere soggetto ad una cosiddetta “obbligazione di mezzi” detta anche di
“comportamento”, cioè il lavoratore non si vincola al raggiungimento di un risultato (quindi non assume un
“obbligazione di risultato”; a cui corrisponde il diritto del datore di lavoro (attenzione, non l’obbligo!) di organizzare tale
energie psico-fisiche come meglio ritiene per la sua attività; in altre parole, se il datore non “organizza” le energie
psicofisiche del lavoratore (perchè ad esempio non ha lavoro, oppure è un pessimo imprenditore…) è comunque tenuto
alla controprestazione, vale a dire al pagamento della retribuzione. Precisato quanto precede, ritengo poi necessario
individuare quale sia l’elemento essenziale e caratterizzante questo tipo di rapporto, vale a dire la “subordinazione”
che altro non è se non quel vincolo di natura personale che assoggetta il prestatore di lavoro al potere
direttivo, di controllo e disciplinare del datore di lavoro con conseguente limitazione della sua autonomia
ed inserimento nell’organizzazione aziendale. Ma cerchiamo di rendere più semplice il concetto chiarendo il
significato di poteri “direttivo”, di “controllo” e “disciplinare”:
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Direttivo significa il potere del datore di lavoro di impartire ordini in merito alle modalità di esecuzione della
prestazione in modo tale da poter organizzare il lavoro del prestatore secondo le modalità che egli ritiene più
opportune per la sua impresa;
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Controllo significa il potere di vigilare affinché il lavoro sia prestato secondo le direttive impartite;
-
Disciplinare significa il potere di irrogare provvedimenti disciplinari qualora il lavoratore contravvenga alle
direttive impartite.
Altri elementi sono invece soltanto “sussidiari” nel senso che concorrono a definire con maggiore certezza il rapporto di
lavoro come subordinato laddove presente il vincolo di subordinazione (elemento essenziale) ma che, da soli considerati,
non possono essere assunti come indice della subordinazione. Vediamoli brevemente nel dettaglio:
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assenza di organizzazione imprenditoriale e di rischio economico in capo al lavoratore;
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osservanza di un orario prestabilito;
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retribuzione commisurata al tempo;
-
continuità e durata del rapporto;
-
obbligo in capo al lavoratore di avvisare il datore di lavoro in caso di assenza;
-
utilizzo di strumenti di rilevazione delle presenze;
-
utilizzo da parte del prestatore di mezzi, attrezzature, strumenti forniti esclusivamente dal datore di lavoro;
-
ecc…
Infine si deve rilevare il cosiddetto “nomen juris” vale a dire il come le parti hanno inteso definire il rapporto di lavoro:
la giurisprudenza prevalente ritiene che il giudice, chiamato a valutare il rapporto, debba far riferimento alle modalità in
cui in concreto si svolge la prestazione lavorativa. Ne consegue che il nomen juris non è mai elemento decisivo ai fini
della qualificazione del rapporto ma semmai può essere valutato laddove siano presenti elementi contraddittori oppure
non ci siano indici decisivi in favore della ricorrenza dell’autonomia piuttosto che della subordinazione.
Domanda 4) Professionista  Praticante
Quali sono i principi fondamentali del nostro ordinamento giuridico che interessano il
lavoro e la legislazione sociale? Mi riferisco in particolare alla nostra Costituzione!
Risposta Praticante  [Fonti: Costituzione della Repubblica Italiana del 27 dicembre 1947] Caro Dottore… le darò
dimostrazione di tutta la mia conoscenza in materia costituzionale derivante dai miei studi universitari! Innanzitutto il
lavoro è uno degli aspetti fondamentali del nostro ordinamento a partire dalla Costituzione, la prova sta nel fatto che
molti articoli sono dedicati a tale aspetto sociale. Ci sono degli articoli che hanno natura “precettiva” (sono norme
obbligatorie e applicabili in concreto), altri che hanno natura “programmatica” (sono norme di principio che per avere
pieno effetto hanno bisogno del legislatore ordinario). Ma vediamo nel dettaglio:
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L’articolo 1, comma 1, pone il lavoro a fondamento della nostra Repubblica.
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L’articolo 3, comma 2, impegna la Repubblica a rimuovere gli ostacoli di ordine economico – sociale che,
limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, ne impediscono il pieno sviluppo della persona umana e
l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
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L’articolo 36 fissa con il comma 1 il principio fondamentale (precettivo) della “giusta retribuzione” per il
quale il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del suo lavoro ed in
ogni caso sufficiente ad assicurare a se e alla sua famiglia una esistenza libera e dignitosa.
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L’articolo 36 fissa con il comma 2 il principio della limitazione dell’orario giornaliero di lavoro.
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L’articolo 36 fissa con il comma 3 il diritto al riposo settimanale e alle ferie annuali, non potendovi
rinunziare.
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L’articolo 37 con il comma 1 assicura alla donna lavoratrice gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse
retribuzioni che spettano al lavoratore; ed inoltre assicura determinate condizioni che devono consentire alla
donna lavoratrice l’adempimento della sua essenziale funzione familiare.
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L’articolo 37 con il comma 1 e 2 si prende cura del lavoro dei minori, stabilendo che è la legge a stabilire
l’età minima per il lavoro e che la legge deve prevedere speciali norme a tutela del lavoro dei minori.
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L’articolo 38, comma 1 afferma il diritto al mantenimento e all’assistenza sociale per ogni cittadino inabile al
lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere.
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L’articolo 38, comma 2 è il cardine della nostra legislazione sociale in quanto afferma il diritto per i lavoratori
a che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia,
invalidità, vecchiaia e disoccupazione involontaria.
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L’articolo 39 sancisce la libertà sindacale.
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L’articolo 40 sancisce la libertà di sciopero.
Professionista  Ok… molto bene, non ho altro da aggiungere!
Domanda 5) e 6) Professionista  Praticante
Cosa si intende invece per lavoro autonomo? E quali sono gli elementi che lo
distinguono dal lavoro subordinato?
Risposta Praticante  [Fonti: Articolo 2222 del Codice civile] La nozione di lavoro autonomo si ricava dall’articolo
2222 del Codice civile, che definisce il contratto d’opera come l’accordo mediante il quale un soggetto, il prestatore
d’opera, si obbliga a compiere, verso un corrispettivo, un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e
senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente. Il lavoro autonomo corrisponde pertanto alla situazione
giuridica in cui tra committente e prestatore non c’è alcun vincolo di subordinazione e, pertanto, il committente non può
intervenire riguardo al modo in cui il prestatore organizza il lavoro per ottenere il risultato dedotto in contratto.
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L’articolo 2222 del Codice civile stabilisce che il contratto d’opera è: “Quando una persona si obbliga a compiere
un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del
committente si applicano le disposizioni di questo Capo…”.
Approfondimento Professionista  Molto bene… va bene il tuo puntuale riferimento alle fonti… tuttavia ritengo che
tu debba sforzarti di più a far capire i concetti, quindi sottolineare sono caratteri del lavoro autonomo
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assenza del vincolo di subordinazione del prestatore nei riguardi del committente: significa che il
prestatore di lavoro non soggiace a disposizioni circa le modalità della prestazione lavorativa fermo restando
che la prestazione deve essere tale da garantire il risultato dedotto nel contratto d’opera;
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obbligazione di risultato: significa che il prestatore d’opera si obbliga quindi a garantire un risultato vale a
dire la realizzazione dell’opera come convenuta in contratto (obbligazione “di risultato”);
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assunzione del rischio da parte del prestatore: significa che se l’opera non viene realizzata o viene
realizzata in modo non conforme a quanto convenuto nel contratto, il relativo rischio economico ricade sulla
persona che pone in essere la prestazione, cioè sul prestatore (non sul datore di lavoro/committente come nel
lavoro subordinato);
-
prestazione prevalentemente personale del prestatore d’opera: significa che il lavoro, proprio e dei
familiari, prevale rispetto all’organizzazione d’impresa;
Quindi… volendo fare un confronto per il caso dell’inadempimento dell’obbligazione lavorativa nel lavoro autonomo e nel
lavoro subordinato:
-
cosa consegue al “lavoratore - prestatore d’opera” che non raggiunge il risultato, cioè che non realizza l’opera
oppure la realizza in maniera difforme rispetto a quanto convenuto in contratto? Il datore di lavoro –
committente può rifiutarsi di corrispondere il corrispettivo pattuito per l’opera!
-
cosa consegue invece al “lavoratore subordinato” che nell’eseguire la prestazione non osserva (cioè si rifiuta di
soggiacere alle…) le direttive del datore di lavoro? Il datore di lavoro può esercitare il suo potere disciplinare
fino (nei modi e nei limiti della legge) alla massima espressione del potere disciplinare dato dal provvedimento
del licenziamento!
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Tabella di confronto:
LAVORO SUBORDINATO:
vincolo di subordinazione prestatore-datore di lavoro.
LAVORO AUTONOMO:
assenza di qualsiasi vincolo di subordinazione
prestatore-committente.
obbligazione di mezzi:
obbligazione di risultato:
messa a disposizione delle energie psico-fisiche
il prestatore assume in proprio l’obbligo di
realizzare l’opera o il servizio dedotto in contratto.
assenza di rischio d’impresa in capo al prestatore.
assunzione in proprio da parte del prestatore del
rischio connesso all’esecuzione dell’opera/servizio.
esecuzione della prestazione sulla base delle direttive
esecuzione del lavoro in completa autonomia
ed essendo sottoposto al controllo ed eventualmente
finalizzato al compimento dell’opera o del servizio
al potere disciplinare del datore.
nel rispetto delle caratteristiche generali
convenute in contratto.
corrispettivo della prestazione denominato retribuzione
corrispettivo denominato compenso e non legato
determinato sulla base del tempo impiegato dal prestatore.
esclusivamente al tempo impiegato;
generalmente più elevato in quanto remunera
anche l’assunzione del rischio in capo al
prestatore.
--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------Domanda 7) Professionista  Praticante
Cosa si intende per rapporto di lavoro e contratto di lavoro? Sono forse sinonimi?
Risposta Praticante  Dottore sono sincero… non ho colto bene la differenza, potrebbe chiarirmela lei!?
Approfondimento Professionista  [Fonti: Codice civile, Libro IV delle “Obbligazioni in generale”] D’accordo…
dobbiamo rifarci ai concetti di diritto privato che, come più volte ti ho ricordato, un aspirante consulente del lavoro deve
conoscere molto bene…; anzitutto quando si parla di rapporto di lavoro si vuole intendere il rapporto giuridico, vale a
dire una relazione tra 2 o più parti regolata dalle norme di diritto e che determina situazioni giuridiche attive (diritti) e
passive (obblighi). Il rapporto giuridico nasce, si modifica o si estingue per effetto del contratto… ma che cosa si intende
per contratto? L’articolo 1321 del Codice civile stabilisce che: “Il contratto è l’accordo tra 2 o più parti per costituire,
regolare od estinguere un rapporto giuridico patrimoniale.”
Questi quindi gli elementi essenziali del contratto di lavoro:
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le parti (devono essere almeno 2 (bilaterale) o più di 2 (plurilaterale); in presenza di una sola parte non si
parla di contratto ma di atto unilaterale);
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l’accordo (deve essere libero e incondizionato);
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l’oggetto (nel rapporto di lavoro sono la prestazione di lavoro e la retribuzione);
-
la causa (è la giustificazione economico-sociale, cioè lo scambio tra prestazione di lavoro e retribuzione);
-
la forma (il principio generale è quello della libertà della forma, tuttavia, di fatto, una serie numerosa di
prescrizioni rendono pressoché obbligatoria la forma scritta, a titolo di esempio: (a) l’obbligo legislativo di
consegnare all’atto dell’assunzione una lettera contenente tutta una serie di elementi (sanzionato in via
amministrativa); (b) alcune clausole (patto di prova, patto di non concorrenza ecc…) che richiedono la forma
scritta a pena di nullità; (c) le norme che regolano l’apprendistato e il contratto di inserimento; (d) nei contratti
a termine a pena di nullità del termine (si considerano dall’origine a tempo indeterminato).
Domanda 8) Professionista  Praticante
Quale tipi di contratti di lavoro subordinato sai indicarmi?
Risposta Praticante  [Fonti: Articolo 2097 Codice civile ; D.lgs. 368/2001 ; Legge 247/2007 ; Circolare Ministero
Lavoro 1° agosto 2002, n. 42] Innanzitutto… il contratto di lavoro è, ovvero dovrebbe essere, di norma a tempo
indeterminato, le parti cioè non stabiliscono un termine di durata, per cui il contatto potrà avere termine soltanto per un
atto di recesso di una parte nei confronti dell’altra, ed a questa comunicata (licenziamento o dimissioni), oppure per
mutuo consenso delle parti, oppure per il venir meno di una delle parti (decesso del lavoratore o cessazione aziendale),
oppure per il raggiungimento dell’età del pensionamento da parte del lavoratore. Il contratto di lavoro può essere
tuttavia anche a termine in presenza di ragioni, anche riferibili alla ordinaria attività del datore di lavoro, di carattere: 1)
tecnico (necessità di disporre personale qualificato non presente in azienda), 2) produttivo (l’esigenza di far fronte a
particolari esigenze e richieste di mercato), 3) sostitutivo (per sostituire lavoratori assenti per malattia, infortunio,
gravidanza ecc….
Professionista  Ok… perfetto!
Domanda 9) Professionista  Praticante
Cosa si intende per patto di prova? Per assunzione in prova?
Risposta Praticante  Vede Dottore… ho le idee confuse in merito, un mio amico che fa l’operaio mi dice che lui nella
sua azienda la prova l’ha fatta per un mese ma senza essere assunto e insiste che la prova non presuppone una
assunzione e che solo se si supera la prova si viene assunti. A me invece risulta il contrario ma potrebbe spiegarmi
meglio lei?
Approfondimento Professionista  [Fonti: Articolo 2096 Codice civile] Il tuo amico ha preso un grosso granchio e
anche tu però non dovresti avere esitazioni! Per prova si intende semplicemente quel periodo immediatamente
successivo all’instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato (quindi presuppone l’avvenuta instaurazione del
rapporto) nel quale entrambe le parti possono liberamente recedere dal rapporto di lavoro senza obbligo:
-
del preavviso di dimissioni o di licenziamento;
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del pagamento di un’indennità sostitutiva al preavviso;
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della motivazione del licenziamento nel caso di recesso da parte del datore di lavoro.
L’articolo 2096 del Codice civile stabilisce che: “Salvo diversa disposizione l’assunzione del prestatore di lavoro per un
periodo di prova deve risultare da atto scritto. Imprenditore e prestatore sono rispettivamente tenuti a consentire e a
fare l’esperimento che forma oggetto del patto di prova. Durante il periodo di prova ciascuna delle parti può recedere
senza preavviso ne indennità. Compiuto il periodo di prova l’assunzione diviene definitiva e il servizio prestato si computa
nell’anzianità di servizio del prestatore di lavoro.”
La funzione della prova è:
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per il datore di lavoro, verificare le competenze del lavoratore e le sue capacità di eseguire le mansioni per le
quali è stato assunto;
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per il lavoratore, valutare le condizioni di lavoro e il suo eventuale interesse a rendere definitivo il contratto di
lavoro.
Alcuni ulteriori precisazioni:
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durata: è stabilita dai CCNL in rapporto alla qualifica ed al livello di inquadramento; esiste una norma, la Legge
604/1966, che indirettamente ne stabilisce la durata massima in 6 mesi;
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modalità di computo: il principio generale se l’unità di misura sono i giorni è quello dei giorni di calendario a
meno che non sia espressamente specificato che trattasi di giorni di effettivo lavoro;
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forma: si parla di “patto di prova” per intendere la clausola che deve obbligatoriamente risultare da atto
scritto pena la nullità.
La Corte Costituzionale in proposito …:
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durante il periodo di prova il lavoratore ha diritto allo stesso trattamento economico e normativo di un
lavoratore la cui assunzione è definitiva;
-
il datore di lavoro durante la prova ha il diritto di richiedere al prestatore gli stessi compiti e mansioni di
lavoratori di eguale qualifica;
-
durante il periodo di prova il datore può comunicare il recesso anche oralmente in quanto l’obbligo della
comunicazione scritta sorge solo quando l’assunzione è divenuta definitiva.
Domanda 10) Professionista  Praticante
Quali sono i principali adempimenti all’atto dell’assunzione?
Risposta Praticante  Ne facciamo così tante di pratiche di assunzione a Studio che ritengo di avere ormai una certa
padronanza! Ma vediamo le varie fasi…
Premesso che la fase preliminare, quella nella quale il datore di lavoro si confronta con il professionista per l’analisi della
esigenza aziendale e per definire l’ipotesi migliore di assunzione, le fasi possono essere così elencate:
-
acquisizione dei dati preliminari (nome, cognome, data di nascita, codice fiscale, residenza o domicilio, titoli di
studio posseduti, precedenti esperienze lavorative ecc…);
-
organizzazione e invio del lavoratore, laddove occorra, al controllo sanitario per verificare l’idoneità specifica
alla mansione. [Fonti: articolo 41 del D.lgs. 81/2008]
-
comunicazione telematica preventiva di assunzione al Centro per l’Impiego mediante UNILAV, comunicazione
con valore di pluriefficacia nei confronti di tutti gli enti. [Fonti: D.lgs. 297/2002 e Legge 296/2007]
-
redazione, consegna e sottoscrizione del contratto di assunzione o comunque consegna della comunicazione
con i dati essenziali del rapporto di lavoro, compreso l’eventuale patto di prova. [Fonti: D.lgs. 152/1997 ; D.lgs.
181/2000 ; Legge 133/2008]
-
consegna degli allegati al contratto di assunzione (esempio: dichiarazione di responsabilità per la spettanza
delle detrazioni d’imposta; informativa e modello ministeriale per la scelta della destinazione del trattamento di
fine rapporto; modello di richiesta dell’assegno al nucleo familiare; lettera per la privacy ecc…). [Fonti: D.P.R.
600/1973 ; D.lgs. 252/2005 ; D.P.R. 797/1965 e Legge 153/1988 ; D.lgs. 196/2003]
-
erogazione della formazione e informazione in materia di sicurezza sul lavoro. [Fonti: articolo 36 del D.lgs.
81/2008]
-
registrazione a Libro Unico del Lavoro entro il 16 del mese successivo a quello di assunzione. [Fonti: Legge
133/2008 e D.M. 9 luglio 2008]
Approfondimento Professionista  Molto bene… ritengo però opportuno integrare la tua esposizione con alcuni casi
specifici:
Lavoratore extra – comunitario (regolarmente presente!) [Fonti: Testo Unico Immigrazione D.lgs. 286/1998 e
Regolamento di attuazione DPR 394/1999]
-
verifica del permesso di soggiorno (se è valido e se consente lo svolgimento di una attività di lavoro
subordinato);
-
verifica dell’idoneità dell’alloggio secondo i canoni sanitari ed urbanistici;
-
comunicazione telematica preventiva di assunzione al CPI mediante UNILAV, al pari dei lavoratori nazionali;
-
trasmissione entro 5 giorni dall’assunzione del contratto di soggiorno allo Sportello Unico dell’Immigrazione.
Lavoratore edile [Fonti: D.lgs. 81/2008]
-
preventiva formazione di 16 ore in materia di sicurezza sul lavoro e dei cantieri mobili nel caso di prima
esperienza lavorativa nel settore edile;
-
comunicazione telematica preventiva di assunzione al CPI mediante UNILAV;
-
consegna del tesserino di cantiere (con foto di riconoscimento) da indossare durante il lavoro.
Minore [Fonti: Legge 977/1967 ; Legge 53/2003 ; Risposta Interpello Ministero Lavoro 2 maggio 2006, n. 25 ; ; Legge
296/2006 ; Nota Ministero Lavoro 20 luglio 2007]
-
valutazione dell’assolvimento dell’obbligo scolastico: si ha al termine del primo ciclo di studi, ovvero della durata
di 10 anni;
-
valutazione dell’età minima: la regola generale è che essa è raggiunta quando il minore ha assolto all’obbligo
scolastico, comunque non può essere inferiore a 16 anni compiuti;
-
l’eccezione è data nel caso di svolgimenti di attività di lavoro di carattere culturale, artistico, sportivo,
pubblicitario, nel settore dello spettacolo, previa autorizzazione alla Direzione Provinciale del Lavoro;
-
sottoposizione a visita medica preventiva per valutare l’idoneità al lavoro;
-
preclusione assoluta al lavoro in talune attività di cui all’Allegato alla Legge 977/1967 (esempio: attività con
utilizzo di atmosfera a pressione, con esposizione media giornaliera oltre i 90 decibel, con utilizzo di prodotti
tossici, corrosivi, esplosivi, infiammabili, nocivi, irritanti, cancerogeni oppure con piombo, amianto;
-
preclusione al lavoro notturno;
-
contratto di assunzione firmato dai genitori (o da un tutore), stante la mancanza nella capacità di agire.
Domanda 11) Professionista  Praticante
Cosa si intende per contratto di lavoro con finalità formative? A cosa dobbiamo
riferirci?
Risposta Praticante  [Fonti: articolo 49 del D.lgs. 276/2003 ; articolo 23 della Legge 133/2008] Ritengo dobbiamo
riferirci al contratto di apprendistato, ovvero a quello speciale contratto di lavoro avente causa mista, nel quale cioè la
prestazione del lavoratore viene scambiata non solo con la retribuzione ma anche con la formazione, in modo tale che
l’apprendista riesca a raggiungere quella abilità tecnica propria di un lavoratore qualificato.
Approfondimento Professionista  Esatto… ma non mi dici nulla altro? Ritengo infatti che dovresti essere più
completo: in primo luogo … un po’ di storia! … Perché l’apprendistato nasce con la Legge 25/1955 che prevedeva per la
prima volta la possibilità di assumere giovani di età non inferiore a 15 e non superiore a 20, sancendo l’obbligo per i
datori di lavoro di impartire o far impartire quel insegnamento necessario al conseguimento di una qualifica
professionale. La normativa resta pressoché immutata sino alla Legge 196/1997 (Pacchetto Treu) che tra le altre cose
estende l’età massima a 24 anni, fissa un limite minimo e massimo di durata (18 mesi e 4 anni), per la prima volta lega
le agevolazioni contributive per le aziende all’obbligo per i giovani di partecipare ad iniziative formative esterne, sino ad
arrivare al D.lgs. 276/2003 (Legge Biagi) che riforma radicalmente l’istituto introducendo 3 differenti tipologie di
apprendistato: diritto dovere di istruzione e formazione (attualmente non operativo), alta formazione (operativo
solo
nelle
regioni
che
hanno
stipulato
apposite
convenzioni
con
Università
o
istituzioni
formative)
e
professionalizzante. E’ in relazione alla tipologia del professionalizzante che ritengo opportuno fare alcune
specificazioni. Hai parlato giustamente di causa mista che risiede nello scambio tra la prestazione da un lato e la
retribuzione e formazione dall’altro ma, considerato che la formazione ha un periodo di durata necessariamente
prestabilito, il contratto di apprendistato deve considerarsi a termine o a tempo indeterminato? (Domanda
rivolta all’aula!) La risposta non è scontata! Infatti, pur avendo un termine di durata il periodo necessario all’acquisizione
della qualifica professionale, il contratto è da un punto di vista civilistico a tempo indeterminato (fatta solo salva la
possibilità, al termine del suddetto periodo, di disdetta del datore di lavoro nel rispetto del termine previsto dai CCNL); la
mancata disdetta comporta infatti l’automatica prosecuzione del rapporto a tempo indeterminato (si dice che il rapporto
si consolida a tempo indeterminato sin dall’inizio!).
Novità della recente disciplina:
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l’estensione dell’età massima che da 24 sale a 29 e 364 giorni;
-
il piano formativo individuale che deve costituire parte integrante del contratto di lavoro e deve essere coerente
con i profili formativi risultanti dalle leggi regionali e/o dai CCNL;
-
la formazione aziendale ed extra aziendale come cardine del rapporto di lavoro e condizione indispensabile
affinché il datore possa fruire dei benefici contributivi;
-
le agevolazioni retributive
sotto
forma non più di retribuzione percentualmente ridotta ma di
sottoinquadramento per non più di 2 livelli;
-
l’estensione della durata massima (dai 4 anni ai 6);
-
la flessibilità rappresentata dall’ammissione dell’apprendistato per attività stagionali;
-
la norma che regolamenta il cumulo di precedenti periodi di apprendistato per la stessa qualifica (si cumulano
se non ci sono interruzioni superiori ai 12 mesi).
In conclusione cosa succede al temine del periodo di formazione previsto per il conseguimento della qualifica
professionale ?
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Attribuzione della qualifica e prosecuzione del rapporto a tempo indeterminato;
-
Attribuzione della qualifica e comunicazione della disdetta nel termine contrattuale di preavviso.
E prima della scadenza del periodo come può interrompersi il rapporto?
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Dimissioni;
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Licenziamento per giusta causa o giustificato motivo.
Rapporti simili da differenziare:
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Contratto di formazione e lavoro (alias … CFL). Introdotto nel lontano 1984 era, dopo l’apprendistato, il
contratto formativo per eccellenza. Non perdo tempo nel parlartene in quanto è stato soppresso dal D.lgs.
276/2003 e sostituito dal contratto di inserimento. Non si tratta di un contratto con finalità formative in
quanto il suo scopo è l’inserimento o il reinserimento di una pluralità di soggetti cosiddetti svantaggiati (giovani
tra i 18 e i 29 anni, disoccupati di lunga durata da 29 a 32, lavoratori con più di 50 anni privi di un posto di
lavoro, donne residenti in aree geografiche disagiate, persone con gravi handicap) nel mondo del lavoro
attraverso un adeguamento delle competenze professionali al contesto lavorativo. E’ un contratto a termine
(minimo 9 massimo 18 mesi) per il quale è prevista come obbligatoria la forma scritta che deve contenere
obbligatoriamente il progetto di inserimento. Sono previsti per i datori incentivi normativi e retributivi
(esclusione dal computo dei limiti numerici previsti da leggi e contratti e sottoinquadramento sino a 2 livelli) e
contributivi (dipendono dall’area geografica di appartenenza, dalla tipologia e dal settore: vanno dalla stessa
contribuzione degli apprendisti sino al 25% di sgravio passando per il 40%).
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Tirocinio formativo e di orientamento (stage). Pur non costituendo un rapporto di lavoro subordinato
assume finalità formative nel senso di orientare i giovani nelle proprie scelte professionali attraverso un
inserimento temporaneo in azienda e quindi una conoscenza diretta del mondo del lavoro. E’ possibile inserire
con questo strumento: Studenti frequentanti la scuola secondaria superiore (4 mesi), inoccupati, disoccupati,
iscritti nelle liste di mobilità, studenti universitari anche nei 18 mesi successivi al termine degli studi, portatori di
handicap. I limiti all’inserimento sono: in aziende fino a 5 dipendenti, 1 unità; da 6 a 19 dipendenti, 2 unità
contemporaneamente; da 20 dipendenti in su, fino al 10% contemporaneamente.
A proposito dei Tirocini non possiamo fare a meno di ricordare il recente ruolo di primo piano assunto dai
Consulenti del Lavoro attraverso la Fondazione. Il Consulente del lavoro delegato può direttamente dal proprio
Studio, tramite il sito web della Fondazione, richiedere l’attivazione del tirocinio per le proprie aziende clienti. La
Fondazione attraverso il comitato scientifico valuta formalmente e sostanzialmente la correttezza della richiesta quindi
trasmette via mail al delegato la Convenzione e il Progetto formativo da far firmare all’azienda e al tirocinante. Evidenti
sono i vantaggi in termini di semplicità nell’attivazione del tirocinio (procedura telematica guidata), rapidità (in media
una settimana), garanzia (in quanto il progetto di tirocinio viene valutato da un punto di vista sostanziale dalla
Fondazione Studi) ma anche di prestigio per la nostra categoria.
Domanda 12) e 13) Professionista  Praticante
Volendo tornare al contratto d’opera… mi sapresti rappresentare la differenza tra
contratto d’opera e contratto di appalto? Cosa si intende per appalto d’opera e appalto
di servizi?
Risposta Praticante  Sono sincero, non ho ancora affrontato bene tale aspetto…
Approfondimento Professionista  [Fonti: articolo 1655 Codice civile ; articolo 29 del D.lgs. 276/2003 ; Circolare
Ministero del Lavoro n. 48 del 15 dicembre 2004 ; Circolare Ministero del Lavoro n. 5 del 11 febbraio 2011] Il contratto
d’opera, come definito dall’articolo 2222 del Codice civile, è l’accordo mediante il quale un soggetto, il prestatore
d’opera, si obbliga a compiere, verso un corrispettivo, un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e
senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente. Quindi un soggetto (il prestatore d’opera) che si obbliga
verso un altro (committente) in forza di un contratto a realizzare un’opera o un servizio in completa autonomia e senza
essere assoggettato ad alcun vincolo di subordinazione pur nel rispetto dei requisiti fissati dal committente e parte
integrante del contratto. Il contratto di appalto, come definito dall’art. 1655 del Codice Civile, è il contratto mediante
il quale una parte (appaltatore) assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il
compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro. E’ nel passaggio …”con organizzazione dei
mezzi necessari” che si può individuare la differenza tra appalto e contratto d’opera. Mi spiego meglio … nel contratto di
appalto, accanto al requisito rappresentato dall’assunzione del rischio d’impresa in capo all’appaltatore, si aggiunge un
qualcosa in più rappresentato dal fatto che l’appaltatore dispone anche dell’organizzazione dei mezzi necessari alla
realizzazione dell’opera o del servizio. E sul concetto di organizzazione dei mezzi necessari, in passato inteso rigidamente
come la somma del capitale, strumenti e attrezzature, lavoratori alle dipendenze, che è intervenuto il D.lgs. 276/2003
che con l’articolo 29 stabilisce che: “Il contratto di appalto, stipulato e regolamentato ai sensi dell’art. 1655 del codice
civile, si distingue dalla somministrazione di lavoro per l’organizzazione dei mezzi necessari da parte dell’appaltatore, che
può anche risultare, in relazione alle esigenze dell’opera o del servizio dedotti in contratto, dall’esercizio del potere
organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto, nonché per l’assunzione, da parte
dell’appaltatore del rischio d’impresa.” In buona sostanza, affinché l’appalto possa considerarsi genuino non è più
necessaria in capo all’appaltatore la proprietà dei mezzi di produzione (materie prime, macchinari, attrezzature) che
possono essere forniti anche dal committente ma è sufficiente l’esercizio del potere organizzativo e direttivo sui lavoratori
impiegati e la sussistenza del rischio d’impresa. In proposito il Ministero del Lavoro ha evidenziato almeno 3 indici
rilevatori della necessaria presenza del rischio d’impresa in capo all’appaltatore:
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l’aver già in essere un’attività imprenditoriale che esercita in forma abituale;
-
lo svolgere una propria attività produttiva in maniera evidente e comprovata;
-
l’operare per conto di differenti imprese da tempo o nell’arco temporale considerato).
Domanda 14) Professionista  Praticante
Cosa si intende per lavoro parasubordinato? E’ forse un terzo genere rispetto al lavoro
subordinato e autonomo?
Risposta Praticante  [Fonti: articoli 60 – 69 del D.lgs. 276/2003 ; Circolare Inail n. 32 del 11 aprile 2000 ; Circolare
Ministero del Lavoro n. 1 del 8 gennaio 2004 ; articolo 50 del DPR 917/1986 ; articolo 2, comma 26, Legge 335/1995] La
modernizzazione del sistema produttivo, l’introduzione di nuove tecnologie, il decentramento produttivo e organizzativo,
l’emergere di nuove professionalità legate alla conoscenza ecc… hanno favorito, già dagli anni ’90, una particolare
modalità lavorativa caratterizzata da una prestazione di collaborazione coordinata e continuativa con l’imprenditore,
svolta tuttavia senza vincolo di subordinazione. La conseguenza è stato il superamento del rigido dualismo tipologico tra
lavoro subordinato ex articolo 2094 Codice civile e lavoro autonomo ex articolo 2222 Codice civile, per ricomprendere il
cosiddetto lavoro parasubordinato, il lavoro cioè prestato senza vincolo di subordinazione ma con alcuni elementi
propri del lavoro subordinato. Occorre tuttavia precisare che non ha avuto luogo una ulteriore tipizzazione del lavoro
rispetto all’autonomia e alla subordinazione, in quanto la collaborazione coordinata e continuativa è a tutti gli effetti
considerato lavoro autonomo ex articolo 2222 del Codice civile. Sono collaboratori coordinati e continuativi coloro che
esercitano attività, non rientranti tra quelle del lavoro dipendente, ne tra quelle oggetto di arti e professioni, che
presentano le seguenti caratteristiche:
a)
Collaborazione, nel senso di mancanza del vincolo di subordinazione del Collaboratore nei confronti del
Committente, essendo il Collaboratore svincolato dall’inserimento strutturale nell’organizzazione gerarchica del
Committente, il quale è destinatario dell’opera o del servizio predeterminato per la cui realizzazione il
Collaboratore medesimo gode di autonomia circa le modalità, il tempo e il luogo dell’adempimento, pur in
funzione delle finalità e delle necessità organizzative del Committente;
b)
Coordinamento, nel senso di un rapporto di costante e consensuale coordinamento del Collaboratore con
l’organizzazione del Committente per realizzare il progetto o il programma di lavoro o la fase del programma di
lavoro, tale da prefigurare un collegamento funzionale dell’attività del Collaboratore rispetto a quella del
Committente, dovendosi il Collaboratore medesimo conformare solo alle direttive generali ma non anche alle
modalità pratiche di esecuzione della prestazione, mai e in nessun caso preventivamente stabilite;
c)
Continuità, nel senso che la prestazione del Collaboratore è resa non in modo episodico e occasionale ma in
modo continuativo e regolare per il periodo necessario alla realizzazione del progetto o il programma di lavoro o
fase del programma di lavoro;
d)
Natura prevalentemente personale dell’opera, nel senso della necessaria prevalenza del carattere
personale dell’apporto lavorativo del Collaboratore rispetto all’eventuale impiego di mezzi e/o persone;
e)
Riconducibilità a un progetto, nel senso che la prestazione del Collaboratore sia riconducibile a uno o più
progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso, determinati dal Committente e gestiti autonomamente dal
Collaboratore in funzione del risultato e quale rappresentazione, anche parziale, di esso, nel rispetto del
coordinamento con l’organizzazione del Committente e indipendentemente dal tempo impiegato per
l’esecuzione dell’attività lavorativa;
f)
Previsione di un termine finale, nel senso che il rapporto di collaborazione si estingue alla scadenza del
termine, determinato o determinabile, previsto per la realizzazione del progetto, programma o fase di esso,
ovvero prima di tali momenti per giusta causa o per altri motivi contrattualmente previsti, tale per cui,
necessariamente, si prefigura una collaborazione a termine.
Approfondimento Professionista  Perfetto, molto bene… passiamo ora ad un gioco della serie “botta e risposta”!
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Il gioco dei rapporti di lavoro (vedi elenco successivo)
A questo punto il Professionista introduce il gioco chiedendo la partecipazione dei praticanti presenti per una risposta
veloce e sintetica nel modo che segue:
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la collocazione tra autonomia, subordinazione o altro;
-
una definizione sintetica
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Il gioco dei Rapporti di lavoro:
Lavoro a chiamata
[Fonti: articoli 33 - 35 del D.lgs. 276/2003]
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detto anche lavoro intermittente o job on call;
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è il contratto mediante il quale il lavoratore si rende disponibile a svolgere una prestazione di lavoro su
chiamata del datore di lavoro;
-
diversamente dal part-time, nel lavoro intermittente il lavoratore è titolare di diritti propri del lavoratore
dipendente solo nel periodo di effettivo impiego;
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è ammesso per i lavori considerati discontinui dalla normativa del lavoro (commessi di negozio in città con
meno di 50 mila abitanti, receptionist di albergo, addetti alle pompe di carburante…);
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è ammesso durante i fine settimana, le ferie estive, le vacanze natalizie e pasquali;
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è sempre ammesso nel caso il lavoratore abbia sino a 25 anni o più di 45 anni.
Lavoro accessorio occasionale
[Fonti: articoli 70 – 74 del D.lgs. 276/2003 ; articolo 22 Legge 133/2008 ; articolo 7 Legge 33/2009 ; articolo 2, commi
148 – 149 Legge 191/2009]
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si ricorre al lavoro accessorio nel caso di attività occasionali, cioè quelle che danno luogo nei confronti di un
medesimo committente a compensi netti fino a € 5.000 (€ 6.660 lordi) nel corso di un anno solare;
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le attività devono essere svolte direttamente a favore dell’utilizzatore della prestazione senza intermediari (è
escluso cioè la possibilità che un impresa possa reclutare e retribuire lavoratori per svolgere prestazione a
favore di terzi come nel caso dell’appalto;
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è ammesso, in qualsiasi settore, per i giovani fino a 24 anni di sabato, domenica o periodi di vacanza; sempre
nel caso i giovani siano studenti universitari;
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è ammesso, in qualsiasi settore, per i pensionati senza alcuna limitazione;
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è ammesso per i percettori di trattamenti di sostegno al reddito (peri il 2010 e 2011, sino a marzo);
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è ammesso nelle attività agricole stagionali, per i pensionati, casalinghe e giovani sino a 24 anni;
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è ammesso nelle attività agricole laddove il produttore realizza un volume d’affari non superiore a € 7.000;
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è ammesso nei lavori domestici, giardinaggio, pulizia e manutenzione di edifici, ripetizioni scolastiche,
manifestazioni sportive, culturali, fieristiche ecc… senza alcuna limitazione;
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il compenso è costituito dal buono lavoro (voucher) con valore nominale, esente da imposizione fiscale e non
incide sullo stato di disoccupazione;
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il valore nominale del buono comprende la contribuzione INPS e INAIL (per cui il buono da € 10 nominali da un
corrispettivo al prestatore di € 7,50.
Lavoro autonomo occasionale
[Fonti: articolo 2222 del Codice civile ; Legge 326/2003 ; Circolare INPS 6 luglio 2004, n. 103]
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e’ la prestazione resa a favore di un committente per realizzare un opera o un servizio con lavoro
prevalentemente proprio, senza vincolo di subordinazione, senza alcun coordinamento con la struttura
organizzativa del committente;
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la prestazione deve essere in modo del tutto occasionale, senza cioè il requisito della professionalità e della
prevalenza (questa è la differenza con il lavoro autonomo abituale);
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il lavoratore atono occasionale si iscrive alla Gestione separata INPS solo se realizza nell’anno solare un reddito
superiore a € 5.000, anche se per effetto di prestazioni rese da più committenti.
Associazione in partecipazione con apporto di lavoro
[Fonti: articoli 2549 - 2554 del Codice civile ; Legge 326/2003 ; Circolare INPS 1° febbraio 2005, n. 18]
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con il contratto di associazione in partecipazione un soggetto, l’associante, attribuisce ad un altro soggetto,
l’associato, una partecipazione agli utili in cambio di un determinato apporto, capitale o prestazione di lavoro;
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la gestione dell’impresa spetta all’associante (non si costituisce un vincolo associativo);
-
l’associato ha diritto al rendiconto della gestione;
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l’associato in partecipazione che apporto lavoro sono tenuti a iscriversi alla Gestione separata INPS (55% dei
contributi a carico dell’associante, 45% a carico dell’associato).
Lavoro domestico
[Fonti: articoli 2240 – 2246 del Codice civile ; Legge 339/1958 ; DPR 1403/1971 ; CCNL 1° febbraio 2007]
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consiste nella prestazione resa dal lavoratore per il funzionamento della vista familiare del datore di lavoro.
Lavoro associativo in società di persone e in società di capitali
[Fonti: … ]
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I consigli da Consulente (ex praticante):
In fase di chiusura (ultimi 3 minuti), per sollecitare l’applauso…
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I nostri consigli:
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studiare molto, se possibile dedicando ½ giornata alla frequenza dello Studio e ½ giornata allo studio
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studiare direttamente sulle fonti (Costituzione, Codice Civile, Codice del lavoro, Codice Tributario…)
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fare molte esercitazioni scritte (temi di diritto del lavoro, esercitazioni di diritto tributario…)
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per chi frequenta Studi “puristi” (solo amministrazione del personale…) trovare il modo di approfondire anche la
materia del diritto tributario presso professionisti di tale settore
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frequentare il corso dei praticanti
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pretendere dal professionista attenzione e pianificare con lui step di verifica
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nel praticare lo Studio del professionista, chiedere con umiltà di poter fare ogni tipo di pratica, anche quella
apparentemente più umile (come l’archiviazione ecc…)
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rileggere sempre il codice deontologico
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per essere un esperto del diritto del lavoro, ripassare sempre il diritto privato, costituzionale, commerciale, in
quanto sono le basi del sapere per un bravo consulente del lavoro
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essere aperti alla evoluzione della professione, non solo quindi la “busta paga”
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Grazie per l’attenzione!
Studio Beltrami Tomarelli & Associati Consulenti del Lavoro
Foligno Via Gran Sasso, 25 www.gruppopraim.com