Alla ricerca dei sapori perduti
Transcript
Alla ricerca dei sapori perduti
RISTORANTI Alla ricerca dei sapori perduti Fotografie di Nevio Doz Pagina precedente: lo chef Mario Loccheddu davanti al suo ristorante Sas Benas di Santu Lussurgiu, dove la cucina sa di territorio. A sinistra: sempre al Sas Benas, prima degli antipasti, vengono serviti buoni salumi e sfiziosi crostini. I l cartello all’ingresso è eloquente: “Non si servono paste asciutte”. Non fatevi illusioni, dunque. Alla trattoria La Balena (via di Santa Gilla 25, 070/28.84.15) avrete una sola certezza: state mangiando il pesce più fresco di Cagliari, cucinato come solo i pescatori sanno fare. E allora provate a gustare le tenere carni dell’orata al sale o la profumata consistenza dell’aragosta alla catalana, bollita e condita con l’olio e il pomodoro. Niente trucchi, niente intingoli: solo sapore di mare in purezza. La Sardegna è un continente di subregioni e microclimi. A distanza di poche decine di chilometri cambia il dialetto, cambiano le facce, cambia il mondo. E il mondo è diverso anche in cucina. Da Cagliari in poco più di un’ora d’auto si raggiunge il Montiferru. Il pesce del Golfo degli Angeli lascia spazio al bue rosso. Non è una divinità pagana, ma gli abitanti di Seneghe lo venerano come se lo fosse. Mattea Usai gli ha dedicato il suo ristorante, che si chiama appunto Al Bue Rosso (piazza Montiferru 3-4, 338/2.36.90.26): un laboratorio del gusto dove le rarissime carni di razza sardo-modicana, allevate nei vicini pascoli del Montiferru e tutelate da Slow Food, incontrano l’olio profumato spremuto nei piccoli frantoi locali, le tenaci paste fatte in casa e il delicato aroma del formaggio casitzolu. Dal bue rosso Mattea ricava il pâté di fegato, il pâté di milza, e la lingua salmistrata. Sapori unici, come il pecorino stravecchio che incontra il miele di castagno. La cucina che sa di territorio è la carta vincente del ristorante Sas Benas di Santu Lussurgiu (piazza San Giovanni, 0783/55.08.70). Olio di Seneghe, carni rosse modicane e casitzolu, insaporiti con gli aromi del bosco. Singolare il carrello degli antipasti, con insalata di bollito e dadolata di pomodori, cosciotto di maiale affumicato con erbe selvatiche servito freddo con insalatina e parmigiano a scaglie. Tra i primi, particolarmente apprezzate le tagliatelle fatte in casa con porcini e cinghiale. Ottimi i secondi, tutti di carne: una menzione speciale per la tagliata con cicorietta e casitzolu. Qualche decina di chilometri per arrivare a Nuoro, capoluogo della Barbagia. Il miglior indirizzo a tavola è il ristorante Da Giovanni (via IV Novembre, 0784/ 3.05.62). Nella carta si ritrovano ricette in via d’estinzione, autentici pezzi di archeologia gastronomica. Assolutamente da non perdere la minestra con la merca: una magia di pasta e patate, colorata dal pomodoro e arricchita con lo speciale formaggio ricavato dal latte cagliato acido, messo in salamoia ed essiccato. I più for199 RISTORANTI Adriano Mauri A sinistra: l’interno del ristorante Al Bue Rosso di Seneghe, chiamato così perché vi sono cucinate solo carni di razza sardo-modicana. In basso, a sinistra: sebadas (pasta, formaggio, miele), il dolce sardo più classico, una delle specialità della trattoria Da Angelo di Tortolì. In basso, a destra: la fregola, frutto della lavorazione della semola, è alla base di molti primi. Ottimi quelli dell’Oasi, a Teti. tempo, tra i fornelli governati da Anna Maria Mele a dominare è la tradizione più pura. Ma in tempi di chef e haute cuisine il nome giusto è tempio di sapori perduti. Passione e amore consentono di trasferire la natura dai campi al piatto, conservando al palato la freschezza e il silenzio della Sardegna dell’interno. E allora vale la pena di gustare le insalatine di acetosella, ranoleccio e nasturzio. O la zuppa coi funghi e la fregola sarda. Le pentole poggiate sui bassi fornelli somigliano agli alambicchi d’uno stregone ed esalano profumi sconosciuti: il maialetto in umido con il gingiolu, ciliegia invernale che cresce a Meana Sardo; o le polpettine di capra e il maiale con le castagne. Come dessert, da provare il buffu- Fotografie di Prima Press tunati potranno gustare il brodoso aroma del filindeu, una pasta a trama fitta cucinata nel brodo di pecora e condita con il formaggio fresco acido di un giorno. Unico. Una manciata di chilometri per raggiungere Teti e il suo fiore all’occhiello, il ristorante L’Oasi (via Trento 10, 0784/6.82.11). Verrebbe da chiamarlo trattoria perché, come le antiche cucine d’un 201 RISTORANTI RISTORANTI Fotografie di Adriano Mauri chiusura, carezzato il palato coi dolcetti fatti in casa, l’acquavite e il mirto distillati con passione dai produttori della zona. Lungo la provinciale, che collega il bivio per Lanusei a Villagrande, si incontra il ristorante Il Bosco (località Parco di Santa Barbara, 0782/3.25.05). Qui Giorgio Mura porta in tavola prosciutto (quello sardo, fatto con maiali al pascolo brado che si nutrono solo Sopra: il ristorante Il Bosco, tutto immerso nella grande oasi verde di Santa Barbara, tra Lanusei e Villagrande. In basso: una bottiglia di crema di liquirizia, uno dei profumatissimi distillati prodotti da Anna Maria Mele, del ristorante L’Oasi, a Teti. Prima Press littu, pane di mandorle e miele. In alternativa, il bastone: pasta frolla arrotolata, all’interno noci, nocciole, mandorle e le marmellate che Anna Maria confeziona personalmente in casa. Dolci sapori antichi che solo all’Oasi – dove nulla è già visto o scontato – si possono incontrare. Dopo il caffè, i distillati di questa superba signora dei fornelli: crema di liquirizia e di corbezzolo e liquori di alloro, fichi d’India e finocchietto. Discendendo verso sud, in meno di un’ora d’auto si raggiunge l’Ogliastra. Una cucina fedele a se stessa, che non ama le contaminazioni: a tavola dominano i piatti di terra, le carni arrosto e i frutti del bosco, cucinati nel rigoroso rispetto della tradizione pastorale. A Tortolì, nella trattoria Da Angelo (via Piemonte 25, 0782/62.35.33), la cuoca Anna Boi prepara a mano culurgiones (saporite conchiglie di pasta ripiene di patate e pecorino), malloreddus e mustazzolos da condire col sugo di pomodoro o col ragù di selvaggina. Tra i secondi dominano il maiale, l’agnello, la pecora e la capra arrosto. Per dessert, il dolce più classico: la sebada, due dischi di pasta farciti col formaggio fresco, fritti e tuffati nel miele in un croccante e felice connubio di dolce e salato. A Lanusei, la trattoria La Madonnina (località Monte Paulis, strada Sa Serra, 346/ 3.17.14.84 o 348/5.23.60.21) serve prosciutti di pecora e di cinghiale, malloreddus col sugo di selvaggina, cinghiale alla cacciatora e tutti gli arrosti della tradizione ogliastrina: capra, agnello e maialino da latte. Da provare i ravioli con polpa di porchetto o di pecora conditi con crema ai porcini. In Sopra: il ristorante L’Oasi, a Teti, è un vero e proprio “tempio” di sapori antichi grazie ad Anna Maria Mele, signora dei fornelli di provata bravura. di ghiande e niente mangimi chimici) e casaxedu col miele, pasta fresca col caglio di capretto, culurgiones e arrosti di capra e di maiale. Siamo nel regno della cucina sarda più autentica. Il culurgione cambia sapore da un paese all’altro: a Villagrande lo preparano con patate, formaggio di pecore e di capra, basilico, grasso di pecora e di maiale. E la paniscedda, che al Bosco è un pane condito con miele, uva cotta, mandorle e uva passa, è sconosciuta altrove. A confermare che in Sardegna, anche in cucina, ogni paese è un mondo a parte. Giovanni Antonio Lampis