Scrivo questo pezzo su invito del buon Flavio
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Scrivo questo pezzo su invito del buon Flavio
(Sopra, un’illustrazione che ritrae la “Piramide Bosniaca del Sole”, evidenziando il presunto fascio di onde radio che fuoriesce da sottoterra. Tratta dal sito-web: www.piramidasunca.ba su gentile concessione del Dr. Sam Semir Osmanagich) Scrivo questo pezzo su invito del buon Flavio, essenzialmente per dire la mia sulla questione delle Piramidi di Bosnia. Tuttavia, prima di esprimere il mio personale punto di vista, intendo fare un sunto su ciò che è stato finora assodato riguardo queste strutture (e su due di esse in particolare): lo ritengo necessario, visto che ancora adesso c’è qualcuno che ritiene che tali strutture non esistano. Le cosiddette "Piramidi Bosniache" sono situate vicino alla città di Visoko, che, a sua volta, non dista molto da Sarajevo. Si tratta di un complesso di strutture che, secondo il Dr. Sam Semir Osmanagich (Foreign Member della Russian Academy of Natural Sciences e Anthropology Professor presso l’American University in Bosnia-Herzegovina), il principale artefice del successo mediatico dell'intera questione relativa alla loro esistenza, ma anche secondo diversi altri studiosi, è costituito da ben quattro "piramidi" (utilizzo le virgolette perché, in realtà, non sono esattamente delle piramidi nel senso tradizionale del termine), un tempio, diversi tunnel sotterranei ed un'area di tumulazione. Nello specifico, lo stesso Osmanagich si riferisce alle quattro strutture principali del complesso con i termini di "Piramide Bosniaca del Sole", "Piramide Bosniaca della Luna", "Piramide del Drago Bosniaco" e "Piramide Bosniaca dell'Amore"; oltre ad esse, troviamo sempre in zona il cosiddetto “Tempio di Madre Terra”, i “Tunnel di Ravne”, il “Tunnel KTK” ed anche i “Tumuli di Vratnica”. (Qui sopra, una foto che ritrae il complesso delle strutture di Visoko dall’alto. Tratta dal sito-web: www.piramidasunca.ba su gentile concessione del Dr. Sam Semir Osmanagich) Prima di tutto è opportuno chiarire la questione “piramidi-non piramidi”. Il motivo per cui il termine “piramidi” va preso con le molle dipende dal fatto che, in realtà, non ci troviamo di fronte a costruzioni monumentali paragonabili a quelle dell’antico Egitto o a quelle Maya, quanto piuttosto a strutture naturali, nella fattispecie alcune colline, rimodellate da un’azione artificiale. La cosa risulta piuttosto evidente per quel che riguarda la cosiddetta “Piramide Bosniaca del Sole”, una delle due strutture di cui parleremo più diffusamente (…la nostra rimanente attenzione si focalizzerà, poi, anche sui misteriosi “Tunnel di Ravne”). Tra i fautori di questa di teoria “manipolativa” (o delle “strutture naturali rimodellate”), troviamo Riccardo Brett, ricercatore formatosi a Ca’ Foscari, ultimo supervisore degli scavi a Visoko per conto della “Bosnian Pyramid of the Sun Foundation” (la Fondazione diretta da Osmanagich, che presiede al controllo dell’intera area archeologica delle Piramidi Bosniache). Per evitare di storpiare il pensiero del Brett con mie deviazioni personali, preferisco riportarvi per intero una breve intervista che mi ha concesso. Va premesso che per molte delle domande da me poste, Brett avrebbe voluto fornire una spiegazione molto più dettagliata; per motivi di tempo/praticità si è però limitato a rispondere nel modo più conciso possibile. Le teorie da lui avanzate, così come alcune conclusioni, sono naturalmente avvalorate da molti più particolari di quanti non siano elencabili nel breve dialogo qui di seguito trascritto. In alcuni punti ho inserito mie note personali per facilitare la comprensione del testo, ma sono facilmente distinguibili (le ho trascritte tra parentesi quadre). Intervistatore: Quali sono le tue qualifiche e in che veste ti sei occupato delle piramidi bosniache? Riccardo Brett: Ho una laurea in Conservazione dei Beni Culturali conseguita a Venezia, sotto il corso di studi di Archeologia del Vicino Oriente. Ho partecipato in un paio di scavi in Italia e a diverse ricognizioni in Irlanda, Malta, Spagna e Francia. Presso gli scavi di Visoko, alla terza stagione della mia presenza come volontario, mi è stata offerta la posizione di "archeologo della fondazione", in altre parole di supervisore degli scavi e guida delle squadre di volontari. Attualmente sto avviando uno scavo a Visoko separatamente dalla Fondazione presso un sito medievale: abbiamo ottenuto i permessi per l'anno passato e ora speriamo di continuare nel 2013. I.: Quelle di Visoko sono proprio piramidi? Come sono state realizzate e quale pensi sia la loro funzione? R.B.: Ovviamente rispondere non è semplic; personalmente io mi accosto all'idea che siano di fatto colline e che siano in parte state rimodellate da popolazioni affiancabili cronologicamente a quella cultura Neolitica Europea di cui ancora poco si sa veramente per quest'area in particolare. L'opera umana è particolarmente evidente nell'angolo N-E della “Piramide Bosniaca del Sole” che abbiamo scavato quest'anno: la datazione di questa zona non è completa, però ceramiche assimilabili alla cultura Butmir sono state trovate in gran quantità, anche se ciò non è ancora sufficiente. Per quel che riguarda la funzione, la spiegazione più logica è quella strategica. Non entro in merito nell'argomento energie ed ultrasuoni in quanto non è il mio campo [n.d.r. ne parleremo estesamente nella successiva parte dell’articolo]. Sicuramente è stata evidenziata la connessione con altri siti: le cime di queste colline erano allineate senza dubbio da una logica che rispecchiava sia motivazione di controllo del territorio, sia in relazione al calendario lunare per quel che riguarda solstizi ed equinozi. In altre parole, credo avessero una funzione molto pratica. Altre strutture simili sono presenti quasi ovunque sul pianeta ed è ormai indiscutibile il fatto che questi tumuli e colline piramidali non avessero solamente una funzione sepolcrale. Le strutture megalitiche in Francia, Irlanda, Malta e via dicendo hanno già messo in luce da anni questi fattori: se consideriamo elementi simili a quelli osservati in questi siti con i dati ora disponibili a Visoko, vediamo che le differenze sono minime in termini di organizzazione delle zone che furono occupate da questi insediamenti. I.: Cosa mi puoi dire riguardo la loro datazione? E nel caso, come ci sei arrivato? R.B.: Personalmente ho consegnato al Dr. Osmanagich due campioni di materiale organico, il primo nel 2010 ed il secondo nel 2012. Il campione del 2010 fu esaminato in Polonia, proveniva dal sito n.20 sulla "Piramide Bosniaca della Luna" e il risultato ottenuto al C14 ci diede una data approssimativamente relativa a 12340 BP [n.d.r. la dicitura BP significa Before Present, una sigla comunemente adottata per le datazioni al radiocarbonio: in questo specifico caso, essenzialmente significa 12340 anni prima del 1950, anno convenzionalmente scelto come “anno zero” dalla comunità scientifica internazionale, poiché durante lo stesso vennero definite le curve di calibratura per la datazione con il radiocarbonio; inoltre, il 1950 risulta particolarmente adatto a fungere da “spartiacque” temporale, dato che precede la sperimentazione su larga scala a livello atmosferico delle armi nucleari, le quali posseggono la capacità di alterare il rapporto globale tra il carbonio 14 e il carbonio 12, la cui corretta misurazione risulta determinante per il processo di datazione al radiocarbonio]. Il secondo campione, estratto quest'anno dallo strato appena superiore ai blocchi di conglomerato è stato esaminato a Kiev: il risultato al C14 è stato attorno al 24000 BP. Questi sono i dati che mi sono stati forniti dalla Fondazione e dai Laboratori. Sono ad ogni modo ovviamente d'accordo che questi dati non siano sufficienti a datare ne il deposito nel suo complesso ne relative possibili strutture. I dati sono relativi solamente allo strato in cui sono stati rinvenuti i campioni e di conseguenza sono solo sufficienti a delineare un limite per gli strati inferiori. I.: Qualcuno ritiene che il materiale “di rivestimento” della “Piramide Bosniaca del Sole” sia costituito da geopolimeri, cioè materiali sintetici ottenuti combinando chimicamente materiali naturali. I geopolimeri sarebbero, in diversi casi, proprio difficilmente distinguibili da materiali naturali. C’è qualche laboratorio che ha effettuato delle analisi su campioni prelevati dal rivestimento della “Piramide Bosniaca del Sole” per stabilire se si tratti di geopolimeri? R.B.: Conta che le analisi di Davidovits [n.d.r.: Joseph Davidovits è un noto chimico francese, esperto in geopolimeri] danno come risultato geopolimeri artificiali [n.d.r. Davidovits ha dichiarato pubblicamente di aver effettuato un’analisi al microscopio elettronico di materiale proveniente dagli scavi nel complesso della Piramidi Bosniache fornitogli da Osmanagich. Tale analisi avrebbe rivelato che il materiale in questione non è altro che un antico geopolimero cementizio artificiale basato sulla chimica del calcio/potassio; documentazione digitale a riguardo è facilmente reperibile sul suo sito-web]. D'altronde, non sono geologo e non è proprio il mio campo, anzi è quasi un aspetto della faccenda che - ti sembrerà strano - non mi interessa un granché... trovo più affascinanti le ricerche sugli allineamenti, sulle decine di siti sparsi in un' area così piccola (si parla di circa trenta siti degni di nota per le varie epoche...). Chissà, sarei tentato anch'io a prendere un campione e portarlo ad un laboratorio... (Nella foto appena sopra, scavi in corso a Visoko. Si possono notare alcuni blocchi di materiale roccioso, esposti dallo scavo, che sembrano disposti a costituire una specie di copertura esterna per la struttura della Piramide di Visoko. L’immagine ci è stata gentilmente fornita da Riccardo Brett) I.: Cosa pensi della civiltà che ha “modellato” le Piramidi Bosniache? R.B.: Personalmente credo che venga di molto sottovalutata l'importanza di questo bacino balcanico per quello che fu poi la diffusione della cultura neolitica mediterranea in Europa. Se si analizza la mitologia, il simbolismo presente nelle ceramiche, sugli Stećak - i monumenti in pietra presenti in molti siti nell'exJugoslavia e non solo [n.d.r. gli Stećak sono prevalentemente ritenuti dall’archeologia moderna delle strutture ornamentali in pietra per antiche tombe di realizzazione medievale; recentemente tuttavia si sta ripensando questa attribuzione temporale, dato che, per molti degli Stećak stessi - soprattutto quelli che appaiono più antichi - essa non risulta supportata da sufficienti e concrete evidenze scientifiche. L’origine architettonica di alcuni di questi artefatti, nonché il significato religioso della simbologia sacra che è possibile riscontrare su di essi, sembra provenire da radici molto più antiche che probabilmente retrodatano al neolitico, quindi non certamente medievali] - e nei reperti in rame rinvenuti quest'anno, possiamo individuare molti caratteri interessanti per comprendere l'origine e lo sviluppo degli insediamenti durante le varie epoche in quest'area. La similitudine con molti aspetti della cultura Induista - suggerita in particolare dai lavori del ricercatore indipendente Nenad M. Djurdjevic - ci porta a porci la domanda se non furono proprio i Balcani il ponte fra l'oriente e, ad esempio, la cultura Norrena. Certamente, ad ogni modo, siamo ancora nell'ambito delle teorie: le certezze sono poche, ma quelle poche direi solide. Due esempi. Innanzitutto, la chiesa Bogumila nel XII secolo ritenne particolarmente importante far sopravvivere le tradizioni pagane nascondendole sotto nomi di santi e rivisitazioni di miti paleo-cristiani: questo ci ha aiutato a procedere a ritroso e ad avvicinarci a quella che era la spiritualità di questa zona, elementi della quale sono così radicati da sopravvivere ancora oggi giorno. In parole povere, possiamo affermare che molto di quel che abbiamo sotto agli occhi a Visoko può essere assimilato al culto della Madre Terra e a credenze vicine all'animismo e ad alcune forme della cultura Vedica. Secondo punto importante, date le dimensioni dei siti scavati quest'anno, in particolare sulla collina Kstac (quella che viene anche definita come “Tempio di Madre Terra”), la quantità enorme di frammenti di ceramiche e le evidenti mura megalitiche ancora da dissotterrare completamente, possiamo affermare che l'occupazione di quest'area era interessata da una comunità molto ampia. Credo si possa parlare approssimativamente di 10-15,000 abitanti divisa in villaggi in tutta l'area. È una cifra che oggi giorno può sembrare esigua ma che in tempi remoti, specialmente nel Neolitico, significava una società estremamente organizzata e possibilmente strutturata su una centralizzazione del potere. Queste sono caratteristiche particolarmente incompatibili con l'idea generale che si ha degli insediamenti Neolitici. A farla breve, ritengo che a Visoko ci siano gli elementi per prendere in considerazione la possibilità che la società come noi la conosciamo possa avere origini più complesse di quanto venga normalmente teorizzato: basti prendere Göbekli Tepe per avere un altro esempio di insediamento "anomalo". Apparizioni di gruppi più organizzati in società più numerose oltre i 7000 anni BP sono caso di studio da decenni. Un ultima puntualizzazione: quando si parla di "civiltà" bisogna stare attendi a non fraintendere questo concetto con l'idea di una "società urbanizzata": in effetti sarebbe più preciso parlare di "cultura neolitica". I.: Come mai i “Tunnel di Ravne” sono stati sigillati internamente con dei muri di pietre disposte a secco? Ho sentito dire che ciò sarebbe avvenuto in tempi molto antichi, è vero? R.B.: I “Tunnel di Ravne”, originalmente chiamati Trivunova Vrela (Sorgente di Trivun), sono un aspetto decisamente intrigante quando si vede nel complesso la questione delle Piramidi Bosniache. Vorrei una volta per tutte sfatare il mito che sia la Fondazione a creare i tunnel mano a mano che si va avanti: 1) Le sezioni sono si allargate, ma questo è per seguire le direttive riguardo la sicurezza dettate dal Federal Ministry of Mining bosniaco, il quale fornisce precise indicazioni relativamente al fatto che il “soffitto” dei tunnel debba mantenere un’altezza minima di 2 metri dal piano di calpestio. Anche se talvolta non è necessario allargare: in certi tratti la struttura è stata confermata essere auto-portante e sicura anche senza impalcature. 2) L'ultimo tunnel scoperto questa estate si estende per 150 metri orizzontalmente dentro la collina: sono entrato per primo e posso assicurarvi che non lo abbiamo scavato noi! A parte questo, riguardo ai muri a secco le teorie sono molte. Io di mio preferisco le spiegazioni semplici. Diciamo che, per motivi strutturali, la direzione scelta escludeva vie secondarie oppure zone che non venivamo più utilizzate: di conseguenza, (…ed è prassi anche oggigiorno nelle miniere) chiunque abbia creato questi tunnel, mentre avanzava chiudeva sezioni inutilizzate con le stesse pietre che si trovava davanti. Oggi abbiamo diverse prove di segni di attrezzi e la presenza di pietre annerite dalla combustione di candele/lampade ad olio ed, inoltre, penso che siamo vicini a rispondere alla domanda riguardante la direzione da cui siano entrati i creatori di Ravne e se abbiano sigillato i tunnel da fuori o se si siano "chiusi dentro". La verità sta in mezzo come sempre: infatti, avendo individuato altre sezioni e possibili aperture secondarie non è da escludere che entrambi i procedimenti siano avvenuti. Per quel che riguarda la datazione, il C14 eseguito anni orsono parla di 6000 anni fa se non ricordo male, ma secondo me i periodi di occupazione sono stati molti e anche recenti. Per quel che riguarda i monoliti in “sandstone” sono invece ancora molto perplesso. Posso assicurare che tracce di segni di scanalature sono state trovate in più reperti durante gli ultimi mesi: l'unica interpretazione che sono riuscito a darvi finora è che siano dei marcatori di punti di particolare importanza all'interno dei tunnel. Forse un modo per contare le distanze o per segnalare intersezioni. I.: È vero che all’interno dei “Tunnel di Ravne” sono stati rinvenuti oggetti prodotti solamente qualche secolo fa (ad es. una lampada a olio se non erro), segno che i tunnel stessi erano già conosciuti in passato, e non sono una scoperta solo recente? Inoltre, come si concilia la presenza di questi oggetti con l’ipotesi che i tunnel siano stati sigillati in un periodo remoto della storia umana? R.B.: Ero presente quando la lampada ad olio fu trovata (l'abbiamo datata per confronto e livello di erosione/ruggine attorno al XVIII secolo). Questa in particolare è stata trovata in un area non sigillata completamente, anzi, direi che pareva piuttosto crollata, sul tunnel vuoto di destra il quale finisce sul bordo della collina. In altre parole: basterebbe che qualcuno avesse individuato una delle aperture secondarie e, con un po’ di fatica e magari con in testa l'idea di trovare un qualche "tesoro" si fosse poi infilato dentro e avesse percorso quei 100/120 metri... quindi niente di che purtroppo per sfasare le datazioni. Piuttosto, escludendo le teorie relative alla funzione di semplice miniera, non credo sia da escludere la possibilità che effettivamente questi tunnel siano stati esplorati, riempiti parzialmente e poi ri-svuotati anche negli ultimi 2000/3000 anni. Dico questo perché una miniera non la si chiude se non è esaurita e soprattutto non la si riapre a distanza di secoli! Credo sia molto più realistico un utilizzo militare (vedi leggende medievali locali) o di rifugio/culto in tempi più remoti. Riassumendo, l'intera sezione fino a dove la Fondazione e i volontari hanno lavorato fino ad adesso sono convinto anch'io che fosse stata chiusa in tempi più remoti, mentre la sezione attualmente scoperta e trovata vuota - nonostante la sua prima creazione sia sicuramente contemporanea al resto della struttura precedentemente scavata dai volontari - parrebbe essere stata esplorata anche recentemente. L'utilizzo e la funzione di questi tunnel, escludendo la miniera per le sue caratteristiche e fasi di occupazione, non è ancora del tutto chiara. (Nell’immagine sopra, la lampada ad olio ritrovata all’interno dei “Tunnel di Ravne” e datata intorno al XVIII secolo. Fornitaci gentilmente da Riccardo Brett) Ringraziando ancora il Brett per la sua cortesia nel rispondere alle mie domande, cerco di riassumere il succo del discorso: - - - le “Piramidi Bosniache” esistono realmente, anche se dovremmo più propriamente chiamarle “Colline Bosniache rimodellate artificialmente”; sono realizzazioni databili perlomeno al neolitico, forse anche più antiche (questo in base agli ultimi rinvenimenti archeologici); successivamente sono state “vissute” ed utilizzate dall’uomo in diversi altri contesti storici (quasi sicuramente in epoca romana e nel periodo medievale), ogni volta con scopi probabilmente differenti; all’interno dei “Tunnel di Ravne” sono stati anche scoperti dei muretti a secco che fanno propendere per l’autenticità ed antichità dell’intera struttura; almeno una parte di queste strutture (mi riferisco, ad esempio, proprio ai “Tunnel di Ravne”) era libera da detriti ed esplorabile ancora nel XVIII secolo; in particolare, per quel che riguarda i “Tunnel di Ravne”, ne è la prova il reperto costituito da un’antica lampada ad olio del XVIII secolo, ritrovato all’interno dei tunnel stessi, e, di conseguenza, corrisponde a falsità l’affermazione che sia la Fondazione di Osmanagich, attraverso l’opera degli scavatori volontari, a “realizzare” oggigiorno i tunnel, spacciandoli poi furbescamente per strutture antiche; alcuni campioni di materiale prelevato dagli scavi sono stati analizzati da un noto esperto internazionale che afferma trattarsi di geopolimero cementizio artificiale; - alla luce delle ultime scoperte archeologiche effettuate in loco (anche dal Brett), chi insiste nel dire che le “Piramidi Bosniache” e le strutture sotterranee ad esse connesse non esistono, oppure che si tratta solamente di formazioni geologiche naturali è quanto meno in errore o, al peggio, in malafede. Partirò in seguito da queste premesse per formulare un mio ragionamento, ma prima è venuto il momento di parlare del mistero che sembra nascondersi sotto queste strane “colline rimodellate” di Bosnia. Passo perciò a fornirvi qualche nota relativa al Prof. Paolo Debertolis e al SB Research Group. Il Prof. Paolo Debertolis, attualmente dipendente presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Trieste in qualità di Ricercatore con incarico di docenza (Professore aggregato), è Laureato in Medicina e Chirurgia (dal 1986), e ha ottenuto la specializzazione in Odontostomatologia (nel 1989), con perfezionamento in Odontoiatria Legale, Odontologia e Archeologia Odontoiatrica (nel 2006). Possiamo quindi pensare alla sua figura professionale come a quella di un medico (legale) che è contemporaneamente anche archeologo. Durante l’estate del 2010, per assecondare la propria passione per l’archeologia (perché nel caso di Debertolis anche di passione si tratta, non solo di lavoro) e la propria curiosità, egli si è recato in prima persona a Visoko per una ricognizione scientifica preliminare sui siti di scavo della “Piramide Bosniaca del Sole” e dei “Tunnel di Ravne”, per farsi un’idea più precisa sull’autenticità delle strutture del complesso, ed, in seconda battuta, per effettuare alcune ricerche che potevano essere compiute solo in loco, attivandosi per dar vita ad un gruppo di ricerca (denominato SBRG) che, almeno inizialmente, si focalizzava proprio sullo studio di alcune particolarità riscontrate principalmente nell’enigmatica location archeologica di Visoko. Utilizzando un estratto dalla presentazione sul loro sito-web ufficiale, l’SB Research Group (o SBRG) “è un progetto universitario di ricerca multidisciplinare volto allo studio architettonico, della geometria, dei materiali e delle forme delle strutture antiche presenti in Europa ed allo sviluppo della conoscenza dal punto di vista antropologico e storico delle scoperte effettuate in questo contesto. SBRG coniuga alcuni elementi di due università italiane, Università degli Studi di Trieste e Politecnico di Milano. In particolare, ha manifestato preciso interesse in tal senso il Dipartimento Universitario Clinico di Scienze Mediche, Chirurgiche e della Salute, sezione di Archeologia Odontoiatrica, Università degli Studi di Trieste, che ha assunto definitivamente la direzione del progetto. SB Research Group collabora con istituzioni pubbliche e fondazioni private con impostazione multidisciplinare di studio, ossia secondo diversi punti di vista scientifici e specializzazioni: antropologico, architettonico, urbanistico, geologico, fisico, storico ed archeologico”. Tra le varie ricerche condotte a Visoko dal SBRG (a partire dall’estate 2010 il Prof. Debertolis e il “suo” team si sono recati sui siti “sorvegliati” dalla Fondazione di Osmanagich almeno diciassette volte), quelle che hanno prodotto i risultati più “strani” lambiscono il campo dell’archeo-acustica, cioè la scienza che studia le sonorità e le risonanze delle caverne, dei megaliti e di altri luoghi antichi, in modo da poter studiare il panorama uditivo dei nostri antenati. È proprio effettuando rilevazioni strumentali che il Prof. Debertolis si è accorto che, sulla cima della “Piramide Bosniaca del Sole”, su di una sonda laterale alla stessa struttura ed anche all’interno dei “Tunnel di Ravne”, è presente un anomalo segnale ultrasonico la cui frequenza si aggira “intorno” ai 28KHz. Va utilizzato il termine “intorno” perché il valore misurabile sperimentalmente tende a slittare in un range che varia dai 26KHz ai 30KHz. La curva è di forma gaussiana per cui il valore medio è di 28KHz. In esso vi è una portante costante ed una parte modulata incostante. Come afferma lo stesso Debertolis: “Gli ultrasuoni li abbiamo rilevati principalmente con un registratore digitale Sound Devices mod.722 e microfoni Sennheiser MKH 800 TWIN. Abbiamo usato anche un Marantz PDM661 ed uno Zoom H4N, insieme con un analizzatore di spettro NTI XL2. In acqua e nella neve abbiamo usato dei microfoni Aquarian Hydrophones H2a XLR”. I dati rilevati tramite tale strumentazione sono stati poi analizzati grazie al prezioso contributo di un referenziato tecnico del suono, il finlandese Heikki Savolainen. Va specificato che il segnale è stato registrato in diverse occasioni (quindi non si tratta di un fenomeno sporadico) e che, con le necessarie strumentazioni ed autorizzazioni, è possibile ripetere la rilevazione sperimentale in qualsiasi momento, ottenendo i medesimi risultati conseguiti dal SBRG. Che cosa genera questo anomalo segnale ultrasonico? Qualche risposta ha cominciato a saltar fuori dopo che il Prof. Debertolis, al termine dell'ICBP2011 (ossia dell’International Conference of the Bosnian Pyramids tenutasi nel settembre 2011), ha conosciuto personalmente il fisico croato Slobodan Mizdrak, instaurando con quest’ultimo un rapporto di collaborazione che prosegue tuttora. Mizdrak e l’SBRG si sono infatti accorti che il complesso della “Piramide Bosniaca del Sole”, oltre al segnale ultrasonico, emette anche un secondo segnale elettromagnetico consistente quest’ultimo di onde radio, le quali manifestano le stesse caratteristiche di frequenza del segnale ultrasonico. Il segnale elettromagnetico possiede anch’esso caratteristiche di costanza, ossia non si interrompe mai. L’ipotesi di lavoro è che sia proprio il segnale elettromagnetico a generare, come effetto “spurio”, gli ultrasuoni rilevati nei pressi della “Piramide Bosniaca del Sole”: potrebbero, in effetti, essere presenti in loco strati profondi di quarzo che, attraversati dal fascio elettromagnetico, entrerebbero in risonanza, producendo gli ultrasuoni captati strumentalmente. Ciò spiegherebbe, in parte, anche l’incostanza di intensità della parte modulata del segnale ultrasonico. Altre ragioni che possano spiegare tale incostanza le si possono ricavare dai dati ambientali. L’incostanza della parte modulata del segnale ultrasonico sembra poter essere messa in relazione con le variazioni del tempo atmosferico, dell'ora della giornata e della stagione. Probabilmente, ciò è da porre in relazione all'energia statica presente nell'ambiente (posto che il segnale ultrasonico provenga dagli strati profondi di quarzo attraversati dalle onde radio, la differenza di potenziale tra ambiente esterno ed interno della struttura può influenzare di molto il segnale). Presumendo, dunque, che il segnale ultrasonico derivi da quello elettromagnetico, il problema diventa quello di dare una spiegazione a quest’ultimo. Quale fonte lo origina, e, soprattutto, di che tipo di segnale si tratta? Sicuramente le risposte più interessanti a questi ultimi quesiti sono quelle che sono pervenute agli studiosi attraverso i risultati di un esperimento condotto nel corso del mese di aprile 2012 sulla “Piramide Bosniaca del Sole”. Tale esperimento è stato operato al fine di stabilire la posizione della sorgente delle onde radio di cui si parlava in precedenza, attraverso la tecnica della triangolazione, e di inferire le caratteristiche fisiche salienti della sorgente stessa. L’esperimento è stato condotto dal fisico Mizdrak e dai suoi assistenti, in collaborazione con Debertolis e l’SBRG. Lo stesso Riccardo Brett vi ha partecipato, con l’ingrato compito di fungere per tre notti da “guardiano notturno” delle attrezzature di rilevazione posizionate in loco. Per lo più si trattava di sensori per le VLF (avvolgimenti in rame calibrati) connessi a vari analizzatori di spettro di diverse marche, collegati a diversi computer (ad es. un Aaronia NF-3010). I dati ottenuti hanno richiesto quasi tre mesi di analisi e conferme da parte di tre istituti indipendenti e affidabili (Istituto di Statistica di Belgrado, Istituto di Statistica di Zagabria, Istituto di Matematica Avanzata di Vienna). (Diapositiva relativa ai risultati dell’esperimento di triangolazione effettuato ad aprile 2012. L’SBRG detiene il copyright per quest’immagine, concessa al solo scopo di pubblicazione a corredo di quest’articolo. È pertanto vietato qualsiasi altro utilizzo della stessa.) I tre istituti hanno svolto l’analisi secondo le loro proprie metodiche, ma raggiungendo risultati coincidenti. Secondo tali analisi dei dati a disposizione, il segnale esiste, è riconducibile allo spettro delle VLF (Very Low Frequencies, la gamma di onde radio impiegate oggigiorno per le comunicazioni con i sottomarini), è sempre presente e dispone delle seguenti peculiarità: innanzitutto il fascio di onde radio è obliquo, cioè il punto di origine non è ubicato esattamente sotto la “Piramide Bosniaca del Sole”, ma spostato di circa 410 metri verso ovest e ad una profondità di 2,44 km nel sottosuolo. La potenza di trasmissione del segnale è maggiore di 10 kW (simile a quella di una emittente televisiva). L’origine non è puntiforme, ma deriva da un ampio riflettore orientato verso l’apice “virtuale” della “Piramide Bosniaca del Sole”. Parliamo di apice virtuale poiché la cosiddetta “Piramide Bosniaca del Sole” non ha un vero e proprio vertice, dato che la sommità della stessa è “tronca” e consiste di un piccolo plateau. Il segnale elettromagnetico è convergente, con un fuoco ben determinato, esattamente come quello generato da un’antenna parabolica. Questo spiega perché, allontanandosi dalla sommità della “Piramide Bosniaca del Sole” verso l’alto, aumenti proporzionalmente la potenza del segnale, fino a raggiungere il suo acme, appunto, nel fuoco, che si trova a circa 15 metri sopra il plateau alla sommità della struttura. Non è ancora ben chiaro se sia la forma del riflettore alla sorgente del segnale (diametro calcolato di circa 800 metri, con un dislivello tra il bordo ed il centro di circa 15 metri, quasi proprio come un gigantesco paraboloide) a determinare in maniera diretta la convergenza del fascio o se, piuttosto, sia la conformazione piramidale della struttura della “Piramide Bosniaca del Sole” a concentrare l’ampio fascio di onde radio (…oppure ancora, se entrambe le suddette circostanze contribuiscano al verificarsi del fenomeno). Il segnale radio, proseguendo dal punto di convergenza del fascio, si proietta poi verso l’alto, probabilmente a raggiungere lo spazio extra-atmosferico. Sempre dai dati in possesso di Mizdrak, il riflettore alla sorgente del segnale risulta costituito di materiale metallico (lui ipotizza argento) e sembra presentare un assetto obliquo. (Diapositiva che, tramite un modello schematico, riassume i dati dell’esperimento di triangolazione effettuato ad aprile 2012. L’SBRG detiene il copyright per quest’immagine, concessa al solo scopo di pubblicazione a corredo di quest’articolo. È pertanto vietato qualsiasi altro utilizzo della stessa.) È possibile che questo segnale sia di origine naturale, ma va, per forza di cose, contemplata anche la possibilità opposta, e cioè che il segnale sia di origine artificiale. In effetti, le caratteristiche di costanza e di periodo sembrano quelle di un segnale artificiale. Poi va tenuto presente il fatto che, se davvero esiste un reale paraboloide nel sottosuolo capace di produrre integralmente l’emissione di raggi che poi si concentrano 15 metri sopra la cima della “Piramide Bosniaca del Sole”, ci si troverebbe di fronte ad un evento con caratteri di precisa artificialità. Il problema è che, anche volendo, risulta al momento impossibile “dissotterrare” la struttura in questione, per venire a capo del mistero. O meglio, è assolutamente impossibile per la nostra tecnologia. A quella profondità il calore è eccessivo e nessuno potrebbe sopravvivere più di qualche minuto. Inoltre, nessuna miniera arriva a quella profondità. Neppure quelle a cielo aperto. Una tra le più profonde miniere del mondo si trova nello Utah: aumenta costantemente la sua larghezza e profondità, tanto che allo stato attuale, misura ben quattro chilometri di diametro ed è profonda 1.200 metri… ma la stanno scavando continuativamente sin dal 1863! È chiaro che, con i mezzi attuali dell’uomo, scavare per raggiungere il presunto paraboloide sarebbe quindi improponibile. (Diapositiva che riassume schematicamente i dati salienti relativi alla BPS, cioè la “Bosnian Pyramid of the Sun”, messi in relazione con ciò che si è scoperto riguardo il fascio di onde radio proveniente dal sottosuolo nei pressi della stessa struttura. L’SBRG detiene il copyright per quest’immagine, concessa al solo scopo di pubblicazione a corredo di quest’articolo. È pertanto vietato qualsiasi altro utilizzo della stessa.) Fin qui siamo rimasti nel campo delle certezze e dei dati assodati (…e visto che abbiamo parlato di seri ricercatori non poteva essere altrimenti), ma ora è venuto il momento di illustrare ciò che non è affatto certo e che deriva più dalle sensazioni personali dell’autore di questo articolo (condivisibili o meno) che dalle risultanze strumentali. Ricapitolando e riassumendo ancora una volta il nostro discorso, è stata rilevata nei pressi della “Piramide Bosniaca del Sole” una potente emissione di onde radio, proveniente dal sottosuolo e tendente verso lo spazio, che presenta caratteri di artificialità. Se il segnale è di origine artificiale, di che tipo di segnale si tratta? E soprattutto, cosa o chi è direttamente responsabile della sua esistenza? Certamente non l’uomo moderno, visto che la nostra tecnologia non ci consente di piazzare un trasmettitore a 2,44 km di profondità. Innanzitutto, non parliamo di una trasmissione codificata (almeno ciò non risulta dai dati in possesso dei ricercatori). Per cui non si tratta di un trasmettitore con la funzione di inviare informazioni complesse. La costanza del segnale lo fa più assomigliare a quello di un radiofaro (cioè di uno strumento atto ad assistere la navigazione aerea o marina). Il problema è che, pur essendo il segnale riconducibile allo spettro delle VLF (come già accennato, di sovente utilizzate per le comunicazioni con i sottomarini), il trasmettitore si trova posizionato lontano da qualsiasi costa. Né risulta che in loco sia mai esistito un radiofaro aereo. Il segnale stesso, oltretutto, si proietta verso lo spazio infinito. Non risulta direzionato verso un punto particolare della volta celeste, e la cosa, comunque, non avrebbe senso, visto che la naturale rotazione terrestre produrrebbe, nell’arco di ventiquattro ore, un ampio “slittamento” dell’eventuale zona-bersaglio del segnale (non traspare, in effetti, che ci sia qualche tipo di compensazione del segnale commisurata alla rotazione terrestre). L’intero fenomeno, se di origine artificiale, potrebbe essere quindi assimilabile al concetto di “spazio-faro locale”. Cioè di un segnale con funzione di assistenza alla navigazione locale di veicoli extra-atmosferici transitanti in orbita circum-terrestre, in particolare sopra le coordinate delle strutture di Visoko. Certo che se si trattasse di una struttura artificiale, un trasmettitore con una simile funzione e dotato di una simile potenza dovrebbe oltretutto venire continuamente ed adeguatamente alimentato da una fonte di energia altrettanto potente. Debertolis ci ha confidato che nei tunnel di Ravne, oltre al segnale ultrasonico, è stata registrata un’altra sonorità non ben definita che sembra prodotta da “un qualcosa che ruota”, un rumore che somiglia vagamente a quello di una turbina (il generatore di potenza che alimenta il trasmettitore?). Ma anche ammettendo che si tratti di una turbina, il sottoscritto si chiede chi l’avrebbe posizionata in quel luogo e con quale tecnologia. Qui ci ritorna alla mente qualcosa di cui abbiamo parlato in precedenza, quando abbiamo affrontato l’intervista con il Brett. Il complesso delle strutture di Visoko è databile perlomeno al neolitico, e forse è addirittura più antico. Inoltre, sempre come abbiamo già detto, alcuni campioni di materiale prelevato dagli scavi sono stati analizzati da un noto esperto internazionale che afferma trattarsi di geopolimero cementizio artificiale. Ipotizzando che il presunto trasmettitore sia, in qualche maniera, collegato al complesso di Visoko, e che sia quindi contemporaneo a tali strutture, chi avrebbe avuto, durante il neolitico, le possibilità tecnologiche per dar vita a simili realizzazioni? Tendo ad escludere l’idea dell’uomo primitivo, o almeno l’idea che di quell’uomo ci viene comunemente dipinta dai testi storici, anche se è possibile che la proto-umanità abbia ri-utilizzato quelle strutture, se già esistenti, per propri scopi precipui. La risposta che mi vien più naturale dare e che non si tratti di un’opera umana, anche se molto antica; è probabilmente contemporanea o addirittura precedente all’uomo del neolitico, che ne ha solamente “invaso” ed utilizzato le parti più “esposte” per i propri scopi. E se non è un’opera umana (il condizionale è d’obbligo), rimangono ben poche scelte riguardo i possibili realizzatori. Da tenere presente anche il fatto che, chiunque abbia collocato un ipotetico trasmettitore a 2,44 km di profondità, intendesse evitare una sua facile localizzazione, e di conseguenza, una sua eventuale manomissione/disattivazione. In effetti, se nel neolitico io mi fossi dato tanta briga per costruire un simile capolavoro tecnologico, non mi sarebbe andato giù di vederlo finire tra le mani inesperte di ignari primitivi, e avrei cercato di proteggerlo conferendogli caratteristiche di elusività e di autoprotezione. Caratteristiche che sembrano perdurare tutt’ora, e non mi riferisco solo all’inacessibilità della location in cui è ubicato l’ipotetico trasmettitore. Voglio infatti raccontarvi una circostanza di cui pochi sono a conoscenza, confermatami da chi ha preso parte in prima persona all’esperimento di triangolazione del segnale radio. Durante una delle tre nottate in cui si stavano effettuando le misurazioni strumentali, il “presunto trasmettitore” di Visoko sembra aver, in qualche modo, “avvertito” la presenza della strumentazione atta a rilevarlo, attivando qualcosa di simile ad un “protocollo difensivo”. Si sono cominciate a vedere “scintille” su tutti gli apparati, mentre i rilevatori hanno cominciato a registrare tensioni di rimando intorno ai 3 volt, con il rischio effettivo che i sensori si guastassero (anche se, fortunatamente, ciò non è successo). In pratica, il macchinario sotterraneo avrebbe cercato di “sovraccaricare” la strumentazione che lo stava analizzando, forse con il fine di danneggiarla (e ciò non era mai successo durante le rilevazioni strumentali precedenti, ma si è ripetuto diverse volte durante l’esperimento di triangolazione). Ciò non mi sembra affatto un fenomeno naturale, e, anche se lo fosse, sarebbe di difficile spiegazione. In sintesi, molti aspetti riguardanti il complesso delle strutture di Visoko fanno pensare ad un intervento con caratteri di palese artificialità. Molte circostanze che riguardano il complesso stesso andrebbero sicuramente indagate parecchio più a fondo (anche volendo propendere per l’ipotesi di fenomenologia naturale, che, comunque, presenterebbe caratteri di estrema peculiarità). Ma con i dati che sono già in nostro possesso possiamo tranquillamente affermare che esiste la concreta possibilità che ci trovi di fronte a qualcosa di “innaturale” (nel senso lato del termine), che non sia il prodotto di mani umane. E tale possibilità andrebbe in qualche modo verificata. Il Brett mi ha raccontato che sulla terrazza dove si trovano ogni giorno i volontari degli scavi di Visoko campeggia la scritta: “Why are you here?” (trad. “Perché ti trovi qui?”). La risposta, forse, consiste nel cercare di capire chi ha realizzato il complesso di quelle strutture e tutto ciò che sta nascosto a 2.44 km nel sottosuolo. Visoko non appare certamente come un posto normale e qualunque cosa stia accadendo lì non è facilmente spiegabile a chi non c’è mai stato. Ma è arrivato il momento di provarci con un po’ più di impegno, vista la possibile rilevanza della posta in gioco. Questo è anche il motivo per cui ho scritto questo articolo, che, oltre che a fornire qualche risposta, spero serva a ingenerare diversi interessanti interrogativi in chi lo leggerà. Per chi volesse approfondire autonomamente la questione, o volesse contattare i ricercatori citati nell’articolo, posso fornire, le seguenti e-mail: - Riccardo Brett => [email protected]; Paolo Debertolis => [email protected]; Sam Semir Osmanagich => [email protected].