Incidente stradale a causa di un animale selvatico: di
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Incidente stradale a causa di un animale selvatico: di
“Incidente stradale a causa di un animale selvatico: di chi è la colpa? Amministrazioni chiamate a giudizio” di Monica Bombelli e Matteo Iato Fonte: Corriere di Novara del 6/2/2010 Incidente stradale a causa di un animale selvatico: di chi è la colpa? Ad affrontare il problema è stata di recente la Corte di Cassazione, terza sezione civile, nella sentenza del 16/11/209, depositata l’8/1/2010 n. 80. Un tizio infatti stava percorrendo in auto un strada statale quando si vedeva improvvisamente attraversare la carreggiata da un capriolo. L’urto era inevitabile, pur essendo risultato che l’uomo procedeva a velocità moderata, ed aveva subito danni dall’incidente. Il tizio proponeva causa alla Provincia e all’ente che gestiva la strada, appunto per ottenere il risarcimento dei pregiudizi subiti. Nel corso del giudizio veniva chiamata in causa anche la Regione. Il giudice di pace territorialmente competente riteneva responsabile dei danni la Provincia. La sentenza veniva impugnata e, quale giudice di appello, il Tribunale competente riteneva invece responsabile la Regione. L’ente regionale non ci stava e ricorreva in Cassazione. La quale ha colto l’occasione per dare alcune dritte sulla particolare materia. “Il caso in esame – scrivono i magistrati della Suprema Corte nella motivazione della loro sentenza – concerne il problema della responsabilità per i danni arrecati a terzi dal comportamento della fauna selvatica”. E va risolto, a parer loro, “sulla base dei principi generali in tema di illecito civile di cui agli artt. 2043 ss c.c”, dato che le leggi speciali, statali e regionali, che disciplinano competenze e responsabilità dello Stato e degli enti locali, nulla dispongono espressamente su questa peculiare tematica. Infatti, spiegano i giudici, la legge 11 febbraio 1992 n. 157, all’art. 26, dispone che sia costituito un fondo regionale apposito per il risarcimento dei cd. danni non altrimenti risarcibili, cioè dei danni arrecati dagli animali alle coltivazioni ed ai fondi agricoli che non siano imputabili a colpa di alcuno. Analoghe disposizioni sono quindi contenute nelle diverse leggi regionali. Però, precisano gli ermellini, “da tali disposizioni, tuttavia, non si possono trarre indicazioni quanto alla disciplina applicabile ai danni a terzi, ed in particolare ai casi, oggi frequenti, di danni alla circolazione stradale: né quanto all’ente responsabile, né quanto ai criteri di imputazione della responsabilità”. Pertanto, ne deriva che si debba guardare, per individuare la disciplina applicabile alla peculiare questione, ai principi generali dell’ordinamento giuridico in tema di responsabilità civile, i quali, si legge nella sentenza, “impongono di individuare il responsabile dei danni nell’ente a cui siano concretamente affidati, con adeguato margine dia autonomia, i poter di gestione e di controllo del territorio e della fauna ivi esistente, e che quindi sia meglio in grado di provvedere, prevenire ed evitare gli eventi dannosi del genere di quello del cui risarcimento si tratta”. Invero, la responsabilità per i danni arrecati da animali selvatici alla circolazione dei veicoli “deve essere imputata all’ente, sia esso Regione, Provincia, Ente parco, Federazione o Associazione, ecc., a cui siano stati concretamente affidati, nel singolo caso, i poteri di amministrazione del territorio e di gestione della fauna ivi insediata, sia che i poteri di gestione derivino dalla legge, sia che derivino da delega o concessione di altro ente”. Sempre però, per quest’ultimo caso, “che sia conferita al gestore autonomia decisionale o operativa sufficiente a consentirgli di svolgere l’attività in modo da poter efficientemente amministrare i rischi di danni a terzi, inerenti all’esercizio dell’attività, e da poter adottare le misure normalmente idonee a prevenire, evitare o limitare tali danni”. Il che vuol dire, in sostanza, che per individuare il soggetto responsabile dei pregiudizi provocati dalla fauna selvatica, in un incidente causato dalla medesima fauna selvatica, deve identificarsi chi è colui il quale, in quel territorio specifico, ne esercita il controllo effettivo, decidendo come esercitarlo. Questo potere di esercizio effettivo può derivare all’ente che lo svolge realmente dalla legge o anche da un atto di delega da parte di un altro ente, che di tale potere ne aveva la titolarità. In quest’ultima ipotesi si tratterà di verificare, da un lato, che all’ente delegato sia stata conferita sufficiente autonomia decisionale ed operativa in modo da poter concretamente ed effettivamente esercitare il controllo e non sia invece un mero esecutore materiale di ordini di altro ente. Invero, se manca l’autonomia effettiva e concreta nell’esercizio del controllo, non può esservi responsabilità, restando responsabile l’ente che di fatto decide e dispone. Se, al contrario, l’ente delegato ha autonomia effettiva, allora certamente è responsabile dei danni che derivano dalla gestione del territorio che esso ente svolge, nel caso specifico dei danni arrecati dalla fauna selvatica del territorio su cui svolge il controllo. Dall’altro, vi è anche da investigare, nel singolo caso concreto, se l’ente delegante abbia comunque una proprio responsabilità per tali danni, quantomeno sotto il profilo del controllo sull’ente delegato. Invero, ricorda la Cassazione, “poiché la delega non fa venir meno la titolarità dei poteri medesimi e deve essere esercitata secondo le direttive dell’ente delegante”. Quanto al caso preso in considerazione dalla Suprema Corte, è stato osservato che la legge 8/6/1990 n. 142 sulle autonomie locali ha attribuito alle province le funzioni amministrative che attengono a determinate materie, fra cui la protezione della fauna selvatica, nelle zone che interessano in parte o per intero il territorio provinciale. E che la legge 157/1002 attribuisce alle Regioni a statuto ordinario il compito di emanare norme relative alla gestione e alla tutela di tutte le specie di fauna selvatica, disponendo altresì che le province attuassero la disciplina regionale, peperò in virtù dell’autonomia ad esse attribuita dalla legge statale e non per delega delle regioni. Quindi, secondo i magistrati, da tali normative si deve desumerne che la regione abbia una competenza essenzialmente normativa, mentre alle province spetti l’esplicazione delle concrete funzioni amministrative e di gestione, nell’ambito del loro territorio. Sempre nel caso specifico, poi, la regione aveva, con leggere regionale, attribuito compiti analoghi alla Provincia. Atti pertanto rinviati ad altro tribunale perché riesamini la posizione specifica dell’ente nel caso in questione. A cura dell’Avv. Monica Bombelli e dell’Avv. Matteo Iato