Denuncia Inizio Attività Edilizia – Aspetti Giuridici
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Denuncia Inizio Attività Edilizia – Aspetti Giuridici
STUDIO LEGALE ZAMBELLI TASSETTO Denuncia Inizio Attività Edilizia – Aspetti Giuridici Venerdì 26 giugno 2009 Avv. Franco Zambelli (Presidente Associazione Avvocati Amministrativisti del Veneto) ASSOCIAZIONE FRA PROFESSIONISTI TEL. 041 940752 E-MAIL: [email protected] VIA CAVALLOTTI N. 22 - 30171 MESTRE (VE) TELEFAX 041 957621 WWW.ZTLEX.COM I TITOLI EDILIZI: LICENZA-CONCESSIONE-AUTORIZZAZIONE - D.I.A. BREVE EXCURSUS STORICO La L. 17 agosto 1942, n. 1150, nota come la prima legge urbanistica in Italia, stabiliva che chiunque intendesse eseguire nuove costruzioni edilizie ovvero ampliare quelle esistenti o modificarne la struttura o l'aspetto nei centri abitati dovesse chiedere apposita licenza al podestà del comune. Tale titolo era gratuito e riguardava esclusivamente l’edificazione all’interno del centro urbano. Soltanto con la c.d. “legge ponte” del 6 agosto 1967, n. 765 l’obbligo della licenza edilizia venne esteso a tutto il territorio comunale. Sul finire degli anni ‘70, con l’approvazione della legge “Bucalossi” (la n. 10 del 28 gennaio 1977), la licenza edilizia venne sostituita dalla concessione. Quest’ultima legge introdusse, all’art. 3, il principio della onerosità del suo rilascio, connesso al pagamento di un contributo commisurato alle spese di urbanizzazione nonché al costo di costruzione dell’opera. In realtà, l’art. 9 stabiliva, in deroga al suddetto principio, il rilascio di una concessione gratuita per una serie di interventi minori (restauro, risanamento conservativo, ristrutturazione, ecc…). Alla legge sulla edificabilità dei suoli del 1977 fece seguito la legge 5 agosto 1978 n. 457 (c.d. “piano decennale per l’edilizia residenziale”), che definì (art. 31) le singole tipologie degli interventi edilizi (manutenzione ordinaria, straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia ed urbanistica) ed affermò per la prima volta l’esigenza di accelerare il procedimento formativo dell’atto di consenso comunale alle trasformazioni minori, sottraendo, altresì, le stesse ad ogni contributo del privato. Le opere di manutenzione straordinaria, pertanto, purché non eseguite su edifici soggetti a vincolo storico-artistico, vennero sottratte al regime concessorio ed assoggettate a mera autorizzazione gratuita, da ritenersi accordata in ipotesi di mancata risposta del Sindaco nel termine di 90 giorni dalla domanda. Fu questa la prima fattispecie legislativa di silenzioassenso della P.A. in materia urbanistica. Il D.L. 23.1.1982, n. 9, successivamente convertito dalla legge 25 marzo 1982, n. 94, ampliò le ipotesi di interventi edilizi eseguibili previa autorizzazione gratuita del Sindaco, estendendo l’applicazione dell’istituto del silenzio-assenso. L’assentimento silenzioso venne, altresì, disciplinato anche in relazione alle istanze di rilascio dei provvedimenti di concessione per nuove costruzioni residenziali e per il recupero di immobili preesistenti. Sito Internet: www.ztlex.com Studio Zambelli- Tassetto pagina 2 Il regime del silenzio-assenso per le concessioni edilizie, introdotto dalla L.N. 1982/94, benché temporalmente limitato, secondo l’originaria previsione, al 31 dicembre 1984, fu reiteratamente prorogato nel corso del successivo decennio, sino alla emanazione della legge 4 dicembre 1993, n. 493, la quale sostituì all’assentimento silenzioso un’articolata procedura di rilascio. LA LEGGE N. 241/1990 E LA D.I.A. Nel 1990 il legislatore nazionale introdusse la fondamentale normativa in materia di procedimento amministrativo (legge 7 agosto 1990, n. 241). Tra le più rilevanti innovazioni ascrivibili alla citata legge, va senza dubbio annoverata la c.d. “denuncia di inizio attività” (D.I.A.), il nuovo strumento di semplificazione procedimentale compiutamente disciplinato all’art. 19. L’essenziale novità di tale norma consisteva nel fatto che, tramite essa, si attribuiva al privato una posizione caratterizzata da originarietà, nel senso che la legittimazione del privato all’esercizio delle attività elencate nella disposizione non era più fondata sull’atto di consenso della P.A., ma derivava direttamente dalla legge. L’originaria formulazione dell’art. 19 della L.N. 1990/241 ebbe a subire una significativa modifica ad opera della L.N. 2005/80, la quale ha ulteriormente ampliato il campo di applicazione della d.i.a. Il nuovo testo prevede che: “Ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l'esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale il cui rilascio dipenda esclusivamente dall'accertamento dei requisiti e presupposti di legge o di atti amministrativi a contenuto generale e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio degli atti stessi, […] è sostituito da una dichiarazione dell'interessato corredata, anche per mezzo di autocertificazioni, delle certificazioni e delle attestazioni normativamente richieste”. Con la d.i.a., quindi, al principio autoritativo si sostituisce il principio di auto responsabilità dell’amministrato, che è legittimato ad agire in via autonoma valutando l’esistenza dei presupposti richiesti dalla normativa in vigore. LA D.I.A. NELL’EDILIZIA L’estensione al settore edilizio di questo nuovo istituto avvenne ad opera dell’art. 2, comma Sito Internet: www.ztlex.com Studio Zambelli- Tassetto pagina 3 60 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, che subordinò a denuncia di inizio attività gli interventi di manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo ed altre opere minori (recinzioni, muri di cinta e cancellate; opere interne; impianti tecnologici, etc.). Nel giugno del 2001 venne approvato il T.U. in materia edilizia (D.P.R. n. 380/2001), il quale, tuttavia, entrerà in vigore soltanto due anni più tardi, in data 30 giugno 2003. La disciplina vigente in tema di d.i.a. è contenuta negli artt. 22 e 23 del T.U. n. 380/2001. o L’ATTUALE REGIME DELLA D.I.A.E.: GLI ARTT. 22 E 23 DEL T.U. EDILIZIA L’ART. 22 DEL T.U. 380/2001 Il testo vigente dell’art. 22 del T.U. n. 380/2001 così recita: “1. Sono realizzabili mediante denuncia di inizio attività gli interventi non riconducibili all'elenco di cui all'articolo 10 e all'articolo 6, che siano conformi alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente. 2. Sono, altresì, realizzabili mediante denuncia di inizio attività le varianti a permessi di costruire che non incidono sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, che non modificano la destinazione d'uso e la categoria edilizia, non alterano la sagoma dell'edificio e non violano le eventuali prescrizioni contenute nel permesso di costruire. Ai fini dell'attività di vigilanza urbanistica ed edilizia, nonché ai fini del rilascio del certificato di agibilità, tali denunce di inizio attività costituiscono parte integrante del procedimento relativo al permesso di costruzione dell'intervento principale e possono essere presentate prima della dichiarazione di ultimazione dei lavori. 3. In alternativa al permesso di costruire, possono essere realizzati mediante denuncia di inizio attività: a) gli interventi di ristrutturazione di cui all'articolo 10, comma 1, lettera c); b) gli interventi di nuova costruzione o di ristrutturazione urbanistica qualora siano disciplinati da piani attuativi comunque denominati, ivi compresi gli accordi negoziali aventi valore di piano attuativo, che contengano precise disposizioni plano-volumetriche, tipologiche, formali e costruttive, la cui sussistenza sia stata esplicitamente dichiarata dal competente organo comunale in sede di approvazione degli stessi piani o di ricognizione di quelli vigenti; qualora i piani attuativi risultino approvati anteriormente all'entrata in vigore della legge 21 dicembre 2001, n. 443, il relativo atto di ricognizione deve avvenire entro trenta giorni dalla richiesta degli interessati; in mancanza si prescinde dall'atto di ricognizione, purché il progetto di costruzione venga accompagnato da apposita relazione Sito Internet: www.ztlex.com Studio Zambelli- Tassetto pagina 4 tecnica nella quale venga asseverata l'esistenza di piani attuativi con le caratteristiche sopra menzionate; c) gli interventi di nuova costruzione qualora siano in diretta esecuzione di strumenti urbanistici generali recanti precise disposizioni plano-volumetriche. 4. Le regioni a statuto ordinario con legge possono ampliare o ridurre l'ambito applicativo delle disposizioni di cui ai commi precedenti. Restano, comunque, ferme le sanzioni penali previste all'articolo 44. 5. Gli interventi di cui al comma 3 sono soggetti al contributo di costruzione ai sensi dell'articolo 16. Le regioni possono individuare con legge gli altri interventi soggetti a denuncia di inizio attività, diversi da quelli di cui al comma 3, assoggettati al contributo di costruzione definendo criteri e parametri per la relativa determinazione. 6. La realizzazione degli interventi di cui ai commi 1, 2 e 3 che riguardino immobili sottoposti a tutela storico-artistica o paesaggistica-ambientale, è subordinata al preventivo rilascio del parere o dell'autorizzazione richiesti dalle relative previsioni normative. Nell'ambito delle norme di tutela rientrano, in particolare, le disposizioni di cui al decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490. 7. È comunque salva la facoltà dell'interessato di chiedere il rilascio di permesso di costruire per la realizzazione degli interventi di cui ai commi 1 e 2, senza obbligo del pagamento del contributo di costruzione di cui all'articolo 16, salvo quanto previsto dal secondo periodo del comma 5. In questo caso la violazione della disciplina urbanisticoedilizia non comporta l'applicazione delle sanzioni di cui all'articolo 44 ed è soggetta all'applicazione delle sanzioni di cui all'articolo 37”. Il regime attuale degli interventi edilizi, alla luce della citata disposizione di legge, può, dunque, schematizzarsi come segue: a) interventi liberi (art. 6 del D.P.R. 380/2001 e ss.mm.ii.): - manutenzione ordinaria; - eliminazione di barriere architettoniche che non comporti la realizzazione di rampe o di ascensori esterni, ovvero di manufatti che alterino la sagoma dell’edificio; - opere temporanee per attività di ricerca nel sottosuolo. b) Interventi soggetti a permesso di costruire (art. 10): - Interventi di nuova costruzione; - Interventi di ristrutturazione urbanistica; - Interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo in tutto o in parte diverso da precedente e che comportino aumento di unità immobiliari, Sito Internet: www.ztlex.com Studio Zambelli- Tassetto pagina 5 modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, ovvero che, limitatamente agli immobili comprese nelle zone omogenee A), comportino mutamento della destinazione d’uso. c) Interventi soggetti a d.i.a. (art. 2, comma 1 e 2): - tutti gli interventi edilizi non assoggettati a permesso di costruire ai sensi dell’art. 10, sempre che siano conformi alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi; - le varianti a permessi di costruire già rilasciati, purché non incidano sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, non modifichino destinazione d’uso, categoria edilizia e sagoma dell’edificio e non violino prescrizioni specificamente imposte dal permesso di costruire. Tali varianti “possono essere presentate prima della dichiarazione di ultimazione dei lavori” e ciò significa che la presentazione della d.i.a. può essere anche successiva alla concreta realizzazione delle stesse; d) Interventi soggetti a d.i.a. o, in base a scelta discrezionale dell’interessato, a permesso di costruire (art. 22, comma 3): - Interventi di ristrutturazione di cui all’art. 10, comma 1, lett. c); - Interventi di nuova costruzione o di ristrutturazione urbanistica, qualora siano disciplinati da piani attuativi comunque denominati, ivi comprese le convenzioni di lottizzazione, che contengono precise disposizioni plani volumetriche; Interventi di nuova costruzione qualora siano in diretta esecuzione di strumenti urbanistici generali, recanti precise disposizioni plano-volumetriche. LA DIA E LA SUPERDIA. La dottrina parla di “superdia” con riferimento alla normativa di cui all’art. 22 del T.U. delle disposizioni in materia edilizia (D.Lgs. n. 380/2001), così come novellato (dapprima) dalla cosiddetta "legge obiettivo" n. 443/2001, nonché, di poi, dal D.Lgs. 301/2002, che è stato emanato dal Governo in forza della delega che la stessa legge obiettivo conteneva (art. 1, comma 14) al fine di introdurre, nel testo unico, adeguamenti normativi e di coordinamento tra il testo originariamente vigente e quello novellato . Per quanto concerne le fattispecie di dia semplice, esse sono costituite da tutti gli interventi edilizi minori. In pratica si tratta degli interventi già poc’anzi ricordati a commento dell’art. 22, commi 1 e 2 . È importante chiarire la ratio delle previsioni subordinate al rilascio di una semplice dia. In proposito va detto che il T.U. edilizia, prima di entrare in vigore, era improntato alla Sito Internet: www.ztlex.com Studio Zambelli- Tassetto pagina 6 liberalizzazione delle attività. Successivamente, però, la L.N. 443/2001 introdusse delle fattispecie tassative di dia, individuate dall’art. 1, comma 6, lett. a) della legge obiettivo negli “interventi edilizi minori di cui all’art. 4, comma 7, del D.L. 5 ottobre 1993, n. 398”. Di lì a poco è entrato in vigore il D.Lgs. 301/’02 che ha cambiato nuovamente la prospettiva, riportandola all’originario art. 22 e, cioè, al fatto che l’individuazione delle ipotesi di dia semplice va effettuata in via residuale rispetto alle tassative fattispecie del permesso di costruzione. In virtù delle previsioni ‘coordinate’ del T.U. edilizia si è determinata una frattura rispetto al passato. Ed infatti, prima dell’entrata in vigore del T.U. edilizia erano le ipotesi di concessione edilizia ad essere generalizzate, mentre invece le eccezioni a siffatta regola erano tassative. Muta dunque e radicalmente, la prospettiva. Per quanto concerne, poi, il regime giuridico previsto per la c.d. DIA semplice va chiarito, innanzitutto, che la dia non è obbligatoria. Rientra, infatti, nelle facoltà dell’interessato richiedere, alternativamente alla dia, il permesso di costruire (art. 22, comma 7). La dottrina, in proposito, parla di “permesso di costruire facoltativo” il quale costituisce un titolo abilitativo anomalo. Titolo la cui richiesta e concessione, da parte della P.A., segna un momento di rottura del ‘dogma’ della corrispondenza tra tipologia di intervento (la sostanza) e tipo di titolo abilitativo (la forma). Rottura che è giustificata dalla volontà privata di rendere ‘certa’ la legittimità dell’atto. Di conseguenza, la domanda privata di permesso a costruire facoltativo non è inammissibile e va valutata dall’Amministrazione pur nella ricorrenza di fattispecie assentibili mediante semplice dia. Altra conseguenza dell’adozione di un permesso a costruire facoltativo si rinviene nel regime giuridico applicabile che rimane quello della DIA, anche agli effetti penali che (trattandosi di dia) non sussistono (comma 7). Altra peculiarità consiste nella tendenziale gratuità dia (comma 7), salvo che la legge regionale disponga diversamente (comma 5). Per quanto concerne, invece, la c.d. super dia, essa è prevista dal T.U. edilizia nelle ipotesi degli interventi edilizi maggiori di cui all’art. 22, comma 3. La finalità dell’istituto è indubbiamente la semplificazione procedurale e non, propriamente, la liberalizzazione in senso stretto (c.d. deregulation), in quanto, a tutto intendere, permane la disciplina sostanziale dell’intervento edilizio soggetto a concessione (permesso di costruzione). Appare opportuno passare brevemente in rassegna le diverse fattispecie. 1) La prima ipotesi normativa consiste negli interventi di ristrutturazione edilizia previsti Sito Internet: www.ztlex.com Studio Zambelli- Tassetto pagina 7 dall’art. 22, comma 3, lett. a), norma che rimanda all’art. 10, comma 1 lett. ‘c’ sugli “interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d’uso” . Per comprendere la sostanza del riferimento è necessario tracciare, ulteriormente, un parallelo anche con l’art. 3, comma 1, lett. ‘d’ del T.U. edilizia il quale contiene la nozione di ristrutturazione edilizia. Così chiarito il referente normativo, giova precisare che la dottrina utilizza, a proposito della fattispecie in esame, il riferimento al concetto di ristrutturazione “pesante. Presupposto logico per la concretizzazione dell’ipotesi in esame è dato dalla preesistenza dell’edificio. Si deve trattare, pur sempre, di un edificio legittimamente costruito (così in Cass. pen. 40843/2005), non costituisce ristrutturazione la ricostruzione su ruderi od edifici demoliti (Cons. St. 4407/2007) e non conta, al fine di ravvisare la fattispecie in esame, che l’edificio sia abitabile (T.R.G.A. Trentino Alto Adige, Bolzano, 97/2006). Fino all'approvazione del T.U. edilizia esisteva una definizione normativa di interventi di ristrutturazione edilizia che consistevano in “quelli rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti” (art. 31 comma 1, lett. d), l. 5 agosto 1978, n. 457). La giurisprudenza aveva interpretato tale disposizione nel senso che “la ristrutturazione comprende anche la demolizione seguita dalla fedele ricostruzione del manufatto, con l'unica condizione che la riedificazione assicuri la piena conformità di sagoma, volume e superficie tra il vecchio e il nuovo manufatto […]” (Così in Cons. Stato, sez. V, 10 febbraio 2004, n. 476; Cons. Stato, sez. V, 18 settembre 2003, n. 5310). La materia, però, è stata ridisciplinata dal già citato art. 3 comma 1, lett. d), del T.U. n. 380 del 2001 il quale, nell'originaria stesura, richiedeva appunto la fedele ricostruzione (sagoma, volume, sedime e materiali) del preesistente. Tale norma è stata successivamente modificata dall'art. 1 comma 6, lett. b) della legge obiettivo la quale ha richiesto, perché vi sia ristrutturazione, l'identità di volume e sagoma. Successivamente, il D.Lgs. 301/2002 ha eliminato, dall'art. 3 t.u. edilizia, l'originario Sito Internet: www.ztlex.com Studio Zambelli- Tassetto pagina 8 riferimento alla “fedele ricostruzione” (espungendo così ad es. il richiamo alle caratteristiche dei materiali), ma ha confermato che la ricostruzione costituisce ristrutturazione solo se il risultato finale coincide con la volumetria e sagoma preesistenti. La norma attualmente in vigore è stata interpretata nel senso che nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia, sono ricompresi anche gli interventi consistenti nella demolizione e ricostruzione, purché ciò avvenga con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica. Si conferma, quindi, anche nel nuovo testo sull'edilizia, che la demolizione e ricostruzione è classificabile come ristrutturazione solo a condizione del mantenimento delle caratteristiche planovolumetriche dell'edificio da ricostruire (Cons. Stato, sez. V, 16 marzo 2007, n. 1276). Da ultimo, tuttavia, il Cons. Stato, con la pronuncia n. 5214 della sez. IV resa l’8 ottobre 2007, ha affermato che l'identità della volumetria e della sagoma costituisce un limite solo per gli interventi di ristrutturazione che comportano la previa demolizione dell'edificio. 2) La seconda fattispecie in ordine alla quale si parla di ‘superdia’ consiste nei casi di nuove costruzioni e di interventi di ristrutturazione urbanistica, svolti nel rispetto degli strumenti urbanistici attuativi o generali, purché, questi ultimi, contengano previsioni di dettaglio plano volumetriche, tipologiche, formali e costruttive espressamente attestate, nella loro effettiva sussistenza, dal Comune o da un tecnico [art. 22, comma 3, lett. b) ]. La disposizione normativa ricorre alla presenza di due requisiti applicativi: A) esistenza di piani attuativi con precise disposizioni. Va sottolineato che il riferimento operato dal Legislatore è ad una categoria aperta (“i piani attuativi comunque denominati”), con possibilità, dunque, di ricomprendere nella stessa anche gli accordi negoziali tra privati e P.A. aventi valore di pianificazione di dettaglio. È integrato il requisito previsto dalla norma anche se le precise disposizioni siano determinabili per il tramite del rinvio per relationem ad uno strumento urbanistico generale o sovracomunale immediatamente cogente (es. il piano di bacino). La valutazione del grado di precisione richiesto dalla norma è lasciata a ciascun organo comunale in sede di approvazione dei piani o di ricognizione di quelli esistenti. B) attestazione dell’effettiva sussistenza delle precise disposizioni da parte del Comune o di un tecnico. La dichiarazione dell’organo comunale non è assimilabile ad un provvedimento essendo invece una mera certificazione. Per quanto concerne la relazione asseverata, essa va predisposta da un tecnico abilitato che può anche non essere il progettista. Sito Internet: www.ztlex.com Studio Zambelli- Tassetto pagina 9 3) La terza ed ultima fattispecie concerne gli interventi di nuova edificazione in diretta esecuzione di strumenti urbanistici generali recanti precise disposizioni plano-volumetriche. Manca, a differenza del caso precedente, il riferimento agli interventi di ristrutturazione urbanistica. La previsione trova concretizzazione nei piani di ultima generazione che sono quelli c.d. “self-executing” nei quali sono inserite le ‘schede-norma’ le quali descrivono puntualmente gli interventi realizzabili in certe zone senza rinviare allo strumento attuativo, tanto da rendere superfluo il procedimento sotteso al rilascio del permesso a costruire, non dovendo il Comune, in sede di verifica della dia, compiere ulteriori valutazioni tecnico-discrezionali. L’erroneo ricorso alla dia in presenza di una fattispecie di piano attuativo o generale non sufficientemente dettagliato comporta l’applicazione delle sanzioni di cui all’art. 44 T.U. edilizia, per il difetto di uno dei presupposti legittimanti la procedura semplificata. C’è, tuttavia, la possibilità di sanatoria ex art. 36 laddove l’intervento sia comunque conforme agli strumenti urbanistici sebbene privi di precise disposizioni. Per quanto concerne, infine, il regime giuridico della SuperDIA, esso è quello del permesso di costruire. La superDIA, quindi, è facoltativa. A differenza della dia la superdia è onerosa e le violazioni della stessa consistono nelle sanzioni amministrative e penali previste per le violazioni del permesso di costruire. LA NATURA GIURIDICA DELLA D.I.A. . Sulla natura giuridica della dia 2 sono le tesi che si contendono il campo. A) TESI NATURA ATTO AMM.VO ABILITATIVO TACITO: La dia è fattispecie a formazione successiva - atto amministrativo tacito. B) TESI DELLA NATURA DI ATTO PRIVATO: La dia è atto formalmente e soggettivamente non amministrativo, in quanto non proveniente da una P.A. . C) POSIZIONE DEL CONSIGLIO DI STATO: Non è uniforme: I TESI – FAVOREVOLE ALLA POSIZIONE PRIVATISTICA: sentenza n. 3586/2006 e n. 717/2009: II TESI – POSIZIONE ECCLETTICA: NON È PROVVEDIMENTO VERO E PROPRIO (ESPRESSO) MA ATTO DI IZIATIVA PRIVATA PARIFICABILE AD UN’AUTORIZZAZIONE IMPLICITA DI TIPO PROVVEDIMENTALE : sentenza 11-26 novembre 2008, n. 5811 (Condominio Casa Smeralda contro Comune di San Michele al Tagliamento). IN SENSO CONFOME: Consiglio di Stato, sez. Sito Internet: www.ztlex.com Studio Zambelli- Tassetto pagina 10 VI, 5 aprile 2007, n. 1550; Consiglio di Stato, sez. IV, 12 settembre 2007, n. 4828; Tar Napoli, 7 marzo 2008, n. 1167. TUTELA DEL TERZO IN MATERIA DI DIA: Dipende dalla tesi che si accoglie in ordine alla natura giuridica della dia. Tesi natura di atto amministrativo abilitativo tacito: Si ritiene che la dia (o, secondo una sottocategoria di pensiero, l’eventuale provvedimento per silentium che ne deriva) sia impugnabile avanti al TAR con un normale ricorso impugnatorio. Tesi della natura privatistica: Escluso che il privato possa intentare l’ordinaria tutela di impugnazione trattandosi di atto privato, le forme di tutela del terzo sono di tre tipi: 1) azione di accertamento dell’illegittimità del comportamento posto in essere dal privato nel termine decadenziale di 60 gg. dalla conoscenza dell’illegittimità del comportamento stesso. Tesi che però presuppone che davanti al G.A. possa proporsi (ma la questione non è pacifica) un ricorso di mero accertamento con il quale senza impugnazioni di atti, viene chiesto solo un accertamento. 2) Consiglio di Stato, sentenza n. 4453/2002: il privato deve precostituirsi qualcosa da impugnare davanti al G.A., stimolando l’esercizio di un potere amministrativo di autotutela. Decorsi i termini per l’esercizio del potere di autotutela il privato dovrebbe impugnare, davanti al G.A., il silenzio-inadempimento, proponendo un ricorso ex art. 21 bis legge TAR. 3) Consiglio di Stato sentenza n. 3916/2005: il privato deve stimolare l’esercizio del potere repressivo e, anche in questo caso, attendere il decorso del termine di cui all’art. 2 della L.N. n. 241/’90, per poi impugnare il silenzio inadempimento eventuale. Il discrimen tra le due tesi attiene alle condizioni di esercizio dei due poteri che il privato è chiamato a stimolare. Mentre il potere di autotutela, come peraltro emerge dalla stessa lettura degli art. 21 quinquies e 21 nonies, è potere squisitamente discrezionale, il potere repressivo è potere vincolato, nel cui esercizio la P.A. è chiamata a verificare la sussistenza o meno dei presupposti richiesti dalla legge per l’attività posta in essere dal privato. Sul tema è intervenuto il Consiglio di Stato con la sentenza n. 948/2007 con la quale, riconosciuta la natura privatistica della dia, si conclude osservando che spetta al terzo stimolare l’esercizio del potere che residua decorso il termine per l’esercizio del potere Sito Internet: www.ztlex.com Studio Zambelli- Tassetto pagina 11 inibitorio. La sentenza richiama, alternativamente, le pronunce del Cons St. nn. 3916/’05, per la quale si deve stimolare il potere repressivo e 4453/’02, secondo cui sarebbe da stimolare, invece, il potere di autotutela. INTERVENTI ESEGUIBILI CON D.I.A. Sono eseguibili in base a d.i.a. i seguenti interventi edilizi: 1) MANUTENZIONE STRAORDINARIA L’art. 3, 1° comma, lett. b) del T.U. n. 380/2001 ricomprende nella manutenzione straordinaria “le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni di uso” (definizione già fornita dall’art. 31, lett. b) della legge n. 457/1978). 2) RESTAURO E RISANAMENTO CONSERVATIVO L’art. 3, 1° comma, lett. c) del T.U. n. 380/2001 identifica gli interventi di restauro e risanamento conservativo come quelli “rivolti a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo stesso, ne consentano destinazioni d'uso con essi compatibili. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio, l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso, l'eliminazione degli elementi estranei all'organismo edilizio”. 3) DEMOLIZIONI-SCAVI-INTERRI 4) RECINZIONI – MURI DI CINTA - CANCELLATE 5) OPERE INTERNE 6) VARIANTI IN CORSO D’OPERA Il 2° comma dell’art. 22 del T.U. n. 380/2001, come si è visto, prevede che sono sottoposte a d.i.a. le varianti a permessi di costruire che: - non incidono sui parametri urbanistici e le volumetrie; - non modificano la destinazione d’uso e la categoria edilizia; - non alterano la sagoma dell’edificio; - non violano le prescrizioni eventualmente contenute nel permesso di costruire. 7) RISTRUTTURAZIONE EDILIZIA E MUTAMENTO DI DESTINAZIONE D’USO. L'art. 3, comma 1, lett. d) del T.U. n. 380/2001 detta la nozione di ristrutturazione. L’art. 22, comma 3, aggiunge che gli interventi di ristrutturazione assoggettati a permesso Sito Internet: www.ztlex.com Studio Zambelli- Tassetto pagina 12 di costruire possono essere realizzati anche con la c.d. superdia. Per effetto della norma di chiusura del sistema dell'art. 22 comma 1, che stabilisce che tutti gli interventi per i quali non sia previsto un regime specifico devono essere realizzati con d.i.a., ne deriva che gli interventi di ristrutturazione diversi da quelli di cui all'art. 10 possono essere realizzati anche con semplice dia. Di conseguenza: ristrutturazione necessitano sempre che comportino di permesso mutamento di di costruire destinazione gli d’uso interventi tra di categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico; fuori dei centri storici sono realizzabili mediante d.i.a. qualora comportino il mutamento della destinazione d’uso all’interno di una stessa categoria omogenea; nei centri storici non possono essere realizzati mediante d.i.a. neppure qualora comportino il mero mutamento della destinazione d’uso all’interno di una stessa categoria omogenea LA PROCEDURA DI DENUNCIA DI INIZIO ATTIVITA’ Il procedimento da seguire per l’effettuazione della d.i.a. è scandito dall’art. 23 del T.U. n. 380/2001, il quale prevede che: “1. Il proprietario dell'immobile o chi abbia titolo per presentare la denuncia di inizio attività, almeno trenta giorni prima dell'effettivo inizio dei lavori, presenta allo sportello unico la denuncia, accompagnata da una dettagliata relazione a firma di un progettista abilitato e dagli opportuni elaborati progettuali, che asseveri la conformità delle opere da realizzare agli strumenti urbanistici approvati e non in contrasto con quelli adottati ed ai regolamenti edilizi vigenti, nonché il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienicosanitarie. 2. La denuncia di inizio attività è corredata dall'indicazione dell'impresa cui si intende affidare i lavori ed è sottoposta al termine massimo di efficacia pari a tre anni. La realizzazione della parte non ultimata dell'intervento è subordinata a nuova denuncia. L'interessato è comunque tenuto a comunicare allo sportello unico la data di ultimazione dei lavori. 3. Qualora l'immobile oggetto dell'intervento sia sottoposto ad un vincolo la cui tutela compete, anche in via di delega, alla stessa amministrazione comunale, il termine di trenta giorni di cui al comma 1 decorre dal rilascio del relativo atto di assenso. Ove tale atto non sia favorevole, la denuncia è priva di effetti. 4. Qualora l'immobile oggetto dell'intervento sia sottoposto ad un vincolo la cui tutela non compete all'amministrazione comunale, ove il parere favorevole del soggetto preposto alla tutela non sia allegato alla denuncia, il competente ufficio comunale convoca una Sito Internet: www.ztlex.com Studio Zambelli- Tassetto pagina 13 conferenza di servizi ai sensi degli articoli 14, 14-bis, 14-ter, 14-quater, della legge 7 agosto 1990, n. 241. Il termine di trenta giorni di cui al comma 1 decorre dall'esito della conferenza. In caso di esito non favorevole, la denuncia è priva di effetti. 5. La sussistenza del titolo è provata con la copia della denuncia di inizio attività da cui risulti la data di ricevimento della denuncia, l'elenco di quanto presentato a corredo del progetto, l'attestazione del professionista abilitato, nonché gli atti di assenso eventualmente necessari. 6. Il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, ove entro il termine indicato al comma 1 sia riscontrata l'assenza di una o più delle condizioni stabilite, notifica all'interessato l'ordine motivato di non effettuare il previsto intervento e, in caso di falsa attestazione del professionista abilitato, informa l'autorità giudiziaria e il consiglio dell'ordine di appartenenza. È comunque salva la facoltà di ripresentare la denuncia di inizio attività, con le modifiche o le integrazioni necessarie per renderla conforme alla normativa urbanistica ed edilizia. 7. Ultimato l'intervento, il progettista o un tecnico abilitato rilascia un certificato di collaudo finale, che va presentato allo sportello unico, con il quale si attesta la conformità dell'opera al progetto presentato con la denuncia di inizio attività. Contestualmente presenta ricevuta dell'avvenuta presentazione della variazione catastale conseguente alle opere realizzate ovvero dichiarazione che le stesse non hanno comportato modificazioni del classamento. In assenza di tale documentazione si applica la sanzione di cui all'articolo 37, comma 5”. Alcune considerazioni. Per quanto attiene al procedimento e la documentazione, la norma prevede la necessità della c.d. relazione asseverata, quella cioè in cui il progettista si assume la responsabilità di attestare di aver verificato l’effettiva conformità del progettato intervento edilizio a tutta la vigente normativa urbanistico-edilizia, di sicurezza ed igienico-sanitaria. Il termine di 30 giorni, che deve intercorrere tra la presentazione della denuncia e l’effettivo inizio dei lavori, è mutuato dall’art. 19 della L.N. 241/1990, il quale stabilisce come si è visto - che il suddetto termine operi come condizione sospensiva dell’acquisizione, da parte della d.i.a., dell’effetto abilitativo all’espletamento dell’attività edilizia denunciata. L’effetto abilitativo, infatti, si verifica automaticamente, all’avverarsi della condizione normativamente prevista della scadenza del termine senza che l’Amministrazione abbia comunicato alcun ordine di non attivarsi. La presentazione di una d.i.a. ed il decorso del termine non possono avere alcun effetto abilitativo in ipotesi non consentite per carenza dei presupposti e dei requisiti Sito Internet: www.ztlex.com Studio Zambelli- Tassetto pagina 14 normativamente previsti. Qualora un intervento eseguito in seguito a d.i.a. non sia riconducibile a detto regime, bensì a quello del permesso di costruire, la intervenuta presentazione della denuncia medesima è assolutamente irrilevante ed i lavori eseguiti sono da considerarsi abusivi. Permane, altresì, in capo alla P.A. (art. 19, comma 3, L.N. 241/1990), il potere “di assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli artt. 21 quinquies e 21 nonies” della stessa legge. La d.i.a. è sottoposta al termine massimo di efficacia di 3 anni e l’interessato ha l’obbligo di comunicare allo sportello unico la data di ultimazione dei lavori. I lavori non ultimati entro tale termine devono essere realizzati previa nuova denuncia. Una volta che l’intervento sia stato ultimato, il progettista (o un tecnico abilitato) deve rilasciare un certificato di collaudo finale, che va presentato allo sportello unico, con cui si attesti la conformità dell’opera eseguita al progetto presentato con la d.i.a. Va rilevato che il progettista, nel redigere la relazione ed il certificato di controllo, assume la qualifica di persona esercente un servizio di pubblica necessità, ai sensi degli artt. 359 e 481 c.p.: in caso di dichiarazioni non veritiere, egli è, pertanto, responsabile sia sotto il profilo penale, sia sotto quello disciplinare. VIOLAZIONI AL REGIME DELLA D.I.A. In ipotesi di interventi eseguiti in assenza della denuncia o in difformità da quanto denunciato, dovrà applicarsi una sanzione pecuniaria pari al doppio dell’aumento del valore venale dell’immobile conseguente alla realizzazione delle opere eseguite e, comunque, mai inferiore a 516 euro. Tale sanzione dovrà essere irrogata nella misura minima di 516 euro allorquando la denuncia venga presentata, su iniziativa spontanea dell’interessato, successivamente all’inizio effettivo dell’intervento, ma mentre questo è ancora in corso di esecuzione. Sanzioni più gravi sono previste per gli interventi di restauro e di risanamento conservativo realizzati in assenza della denuncia. Appare opportuno ricordare che, qualora la procedura di d.i.a. sia illegittimamente utilizzata per interventi assoggettati a permesso di costruire, si applicano le sanzioni amministrative correlate al regime di detto provvedimento. Sito Internet: www.ztlex.com Studio Zambelli- Tassetto pagina 15 Rassegna di giurisprudenza più recente In tema di reati edilizi, l'apertura di una porta al posto di una preesistente finestra necessita del preventivo rilascio del permesso di costruire, non essendo sufficiente la mera denuncia d'inizio attività poiché si tratta d'intervento edilizio comportante una modifica dei prospetti, in quanto tale non qualificabile come ristrutturazione edilizia "minore". Cassazione penale sez. III, 04 dicembre 2008 n. 834 In tema di edilizia, il regime di denuncia di inizio attività (DIA) non è applicabile a lavori da eseguirsi su manufatti originariamente abusivi che non risultino oggetto di condono edilizio o di sanatoria, atteso che gli interventi ulteriori su immobili abusivi ripetono le caratteristiche di illegittimità dall'opera principale alla quale ineriscono strutturalmente. Cassazione penale sez. III, 02 dicembre 2008, n. 1810 In tema di reati edilizi, l'abusiva realizzazione di una copertura ad una cassa scale non integra il reato di cui all'art. 44, lett. b), d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380,1 in quanto si tratta di un intervento di manutenzione straordinaria non subordinato a permesso di costruire ma assentibile in base a semplice d.i.a., attesa la sua natura pertinenziale o di volume tecnico ai sensi dell'art. 3, comma primo, lett. b), del d.P.R. citato. Cassazione penale sez. III, 24 ottobre 2008, n. 42897 In caso di applicazione della disciplina vincolistica, è necessario acquisire il parere o l'autorizzazione dell'autorità tutoria. In merito, attualmente opera il comma 6 dell'art. 22, t.u. n. 380 del 2001 (norma riproduttiva di precedenti disposizioni del medesimo tenore) in base al quale "la realizzazione degli interventi di cui ai commi 1, 2 e 3 che riguardino 1 1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato e ferme le sanzioni amministrative, si applica: a) l'ammenda fino a 20658 euro per l'inosservanza delle norme, prescrizioni e modalità esecutive previste dal presente titolo, in quanto applicabili, nonché dai regolamenti edilizi, dagli strumenti urbanistici e dal permesso di costruire; b) l'arresto fino a due anni e l'ammenda da 10328 a 103290 euro nei casi di esecuzione dei lavori in totale difformità o assenza del permesso o di prosecuzione degli stessi nonostante l'ordine di sospensione; c) l'arresto fino a due anni e l'ammenda da 30986 a 103290 euro nel caso di lottizzazione abusiva di terreni a scopo edilizio, come previsto dal primo comma dell'articolo 30. La stessa pena si applica anche nel caso di interventi edilizi nelle zone sottoposte a vincolo storico, artistico, archeologico, paesistico, ambientale, in variazione essenziale, in totale difformità o in assenza del permesso. 2. La sentenza definitiva del giudice penale che accerta che vi è stata lottizzazione abusiva, dispone la confisca dei terreni, abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite. Per effetto della confisca i terreni sono acquisiti di diritto e gratuitamente al patrimonio del comune nel cui territorio è avvenuta la lottizzazione. La sentenza definitiva è titolo per la immediata trascrizione nei registri immobiliari. 2-bis. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli interventi edilizi suscettibili di realizzazione mediante denuncia di inizio attività ai sensi dell'articolo 22, comma 3, eseguiti in assenza o in totale difformità dalla stessa. Studio Zambelli- Tassetto pagina 16 Sito Internet: www.ztlex.com immobili sottoposti a tutela storico-artistica, paesaggistico-ambientale, è subordinata al preventivo rilascio del parere o dell'autorizzazione richiesti dalle relative normative". T.A.R. Napoli Campania sez. VI, 04 agosto 2008, n. 9720 Stante la disciplina vincolistica, opera il comma 6 dell'art. 22, t.u. n. 380 del 2001, in base al quale la realizzazione degli interventi di cui ai commi 1, 2 e 3, che riguardino immobili sottoposti a tutela storico-artistica o paesaggistico-ambientale, è subordinata al preventivo rilascio del parere o dell'autorizzazione richiesti dalle relative normative (poiché nel caso di specie, tale preventivo parere non risulta richiesto, ne consegue che il procedimento d.i.a. non può dirsi correttamente attivato). T.A.R. Napoli Campania sez. VI, 04 agosto 2008, n. 9725 Per la realizzazione di un campo da tennis, che non comporta la creazione di nuovi volumi, è sufficiente la denuncia di inizio di attività, la cui mancanza non ha rilevanza penale. Cassazione penale sez. III, 08 luglio 2008, n. 36560 In materia edilizia, è configurabile il reato di cui all'art. 44, comma primo, lett. a), d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (inosservanza delle norme, prescrizioni e modalità esecutive previste dal Tit. IV nonché dai regolamenti edilizi, dagli strumenti urbanistici e dal permesso di costruire) in caso d'intervento edilizio di demolizione e ricostruzione in difformità da un progetto assentito con permesso di costruire, in quanto tale intervento non è eseguibile in base a semplice D.I.A. ai sensi del combinato disposto degli artt. 4, comma settimo, L. 4 dicembre 1993, n. 493 e 1, comma sesto, lett. e) L. 21 dicembre 2001, n. 443, atteso che dette norme si riferiscono ad interventi autonomi e non ad interventi in difformità dal titolo. Cassazione penale sez. III, 02 luglio 2008, n. 38028 Ai sensi dell'art. 6 comma 1, lett. b), t.u. 6 giugno 2001 n. 380 gli interventi edilizi volti all'eliminazione delle barriere architettoniche rientrano nella c.d. attività edilizia libera e di conseguenza non richiedono il previo rilascio di concessione edilizia o di autorizzazione, tranne che non comportino alterazione della sagoma dell'edificio, nel qual caso si applica il regime della denuncia di inizio di attività ex art. 22 e 23, dello stesso t.u. n. 380 del 2001, o incidano su beni vincolati per i quali va chiesta la previa autorizzazione all'Autorità amministrativa preposta alla tutela del vincolo. T.A.R. Potenza Basilicata sez. I, 27 giugno 2008, n. 340 Un intervento comportante il mutamento di destinazione d'uso di parte dei locali da attività commerciale ad attività artigianale, con localizzazione all'esterno dell'immobile di una Sito Internet: www.ztlex.com Studio Zambelli- Tassetto pagina 17 canna fumaria, esecuzione di lavori di rivestimento delle pareti dei predetti locali con piastrelle, di pitturazione e posa di un controsoffitto e con collocazione di un divisorio in cartongesso tra l'area a destinazione commerciale e quella ad uso artigianale, va qualificato come di mutamento di destinazione d'uso con esecuzione di opere, non assentibile con semplice denuncia di inizio di attività, essendo invece necessario il conseguimento del permesso di costruire, ex art. 22 comma 2, d.P.R.6 giugno 2001 n. 380. T.A.R. Lecce Puglia sez. III, 13 giugno 2008 n. 1741 Laddove un intervento si estrinsechi in opere, interne od esterne, le quali incidano sui parametri edilizi, ed urbanistici, o comportino mutamento di destinazione d'uso e di categoria edilizia, la denunzia di inizio attività ex art. 22 comma 2, d.P.R. n. 380 del 2001 è preclusa. T.A.R. Bari Puglia sez. III, 10 giugno 2008, n. 1415 In tema di mutamento di destinazione d'uso di immobili, il legislatore regionale ha il potere di stabilire per quali mutamenti, connessi o non connessi a trasformazioni fisiche, dell'uso di immobili o di loro parti si renda necessario un regime concessorio o di permesso di costruire e per quali altri un regime autorizzatorio o di denuncia di inizio di attività. (Fattispecie di trasformazione di sottotetto per la quale l'art. 18, comma quarto, della legge reg. Sicilia 16 aprile 2003 n. 4 ha previsto la necessità, alternativamente, della concessione ovvero della denuncia di inizio di attività ai sensi dell'art. 22, comma terzo, d.P.R. n. 380 del 2001, entrambe assistite da sanzione penale). Cassazione penale sez. III, 07 marzo 2008, n. 21923 In materia edilizia, nell'ipotesi di interventi edilizi eseguiti in area paesaggisticamente vincolata per i quali è sufficiente la mera denuncia di inizio attività, la loro realizzazione "sine titulo" (o per non aver presentato la d.i.a. ovvero per non aver conseguito il nulla osta dell'autorità tutoria) non è configurabile il reato di costruzione edilizia abusiva, il quale è integrato solo nell'ipotesi di interventi edilizi ammessi al regime della cosiddetta superd.i.a., in virtù del combinato disposto degli artt. 22, comma terzo e 44, comma secondo bis, del d.P.R. n. 380 del 2001. Cassazione penale sez. III, 26 febbraio 2008, n. 17954 In materia edilizia, è configurabile il reato di costruzione abusiva nel caso di realizzazione di un manufatto in forza di un titolo abilitativo "provvisorio" atipico previsto dalla normativa secondaria (nella specie, un Regolamento edilizio comunale) ma non dalla normativa statale, in quanto è vietato introdurre titoli abilitativi che consentono l'esecuzione di interventi edilizi in contrasto con la legislazione nazionale. (Fattispecie relativa a manufatto precario non qualificabile come tale ai sensi del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380). Sito Internet: www.ztlex.com Studio Zambelli- Tassetto pagina 18 Cassazione penale sez. II, 07 febbraio 2008, n. 12428 In tema di reati edilizi, ove un intervento edilizio eseguito in base a d.i.a. (denuncia inizio attività) non rientri tra quelli assentibili con tale titolo abilitativo ma necessiti di permesso di costruire, l'intervento deve essere considerato come abusivo nè l'intervenuta presentazione della denuncia di inizio attività esclude la configurabilità del reato previsto dall'art. 44, lett. b), d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380. Cassazione penale sez. III, 29 gennaio 2008, n. 11113 La DIA costituisce soltanto uno strumento di semplificazione che inverte la struttura tradizionale del procedimento amministrativo, ma non aumenta l'aspettativa alla conservazione delle opere abusive. Solo gli interventi minori di cui all'art. 22 commi 1 e 2, d.P.R. n. 380 del 2001 beneficiano infatti dell'esenzione dall'ordine di remissione in pristino, e nel caso di interventi di restauro e di risanamento conservativo unicamente se gli immobili non siano vincolati (v. l'art. 37 comma 2, d.P.R. n. 380 del 2001). T.A.R. Brescia Lombardia sez. I, 16 gennaio 2008, n. 8 In materia edilizia, anche se a seguito delle modifiche apportate dal cosiddetto T.U. dell'edilizia (art. 137, comma terzo, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380), la realizzazione nel sottosuolo (o nei locali siti al piano terreno dei fabbricati) di parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari è oggi consentita in base a semplice denuncia di inizio attività, è pur sempre necessario che l'esecuzione delle opere e degli interventi in questione avvenga nel rispetto delle condizioni previste dall'art. 9, comma primo, della L. 24 marzo 1989, n. 122. Cassazione penale sez. III, 15 gennaio 2008, n. 8693 La D.I.A. è un titolo autorizzatorio edilizio alternativo al permesso di costruire nell'attuazione del Piano di recupero così come espressamente previsto dall'art. 22 comma 3, lett. b), d.P.R. n. 380 del 2001 e dall'art. 79 comma 1, lett. a), l. reg. Toscana n. 1 del 2005. T.A.R. Firenze Toscana sez. I, 10 gennaio 2008, n. 4 In tema di reati edilizi, l'installazione di una antenna radiofonica e del relativo traliccio necessitano del permesso di costruire in quanto rientranti negli interventi di nuova costruzione (art. 3, comma primo, lett. e), d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380), per i quali non è applicabile né la disciplina semplificata prevista dall'art. 22 del citato decreto né, in ragione della sostanziale diversità delle fattispecie, la procedura prevista dall'art. 87 del D.Lgs. 1 agosto 2003, n. 259 per l'installazione degli impianti di telecomunicazione mobile (ovvero Sito Internet: www.ztlex.com Studio Zambelli- Tassetto pagina 19 installazione di impianti per telefonia cellulare) subordinata al rilascio di autorizzazione. Cassazione penale sez. III, 26 ottobre 2007, n. 45243 In tema di reati edilizi, la semplice demolizione di un manufatto non integra il reato di cui all'art. 44, comma primo, lett. b) del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (esecuzione di lavori in assenza del permesso di costruire), in quanto per tale tipologia di intervento non è necessario il permesso di costruire ma è sufficiente la denuncia di inizio attività la cui mancanza costituisce illecito amministrativo. (In motivazione la Corte, nell'enunciare il predetto principio, ha ulteriormente affermato che la mancanza della d.i.a. non può giustificare il sequestro penale). Cassazione penale sez. III, 04 ottobre 2007, n. 4098 La diffida-ordine di non iniziare i lavori, notificata dalla P A. all'interessato a seguito della presentazione di una denuncia di inizio attività ex art. 22 d.P.R. n. 380/2001, non può configurarsi come un vero e proprio rigetto dell'istanza del privato data la brevità del termine entro cui l'Amministrazione deve provvedere e non essendo prevista la possibilità di sospensione del termine stesso. Consiglio Stato sez. IV, 12 settembre 2007, n. 4828 Le ristrutturazioni effettuabili previa Dia, disciplinate dall'art. 22 comma 3, d.P.R. n. 380 del 2001 debbono ritenersi soggette alla sanzione ripristinatoria, di cui all'art. 33 del medesimo d.P.R. e non alla sanzione pecuniaria che, per opere eseguite in assenza o difformità da Dia, il successivo art. 37 prevede, ma con riferimento esclusivo ai primi due commi del citato art. 22. T.A.R. Roma Lazio sez. I, 18 giugno 2007, n. 5534 Gli interventi assoggettabili alternativamente a permesso di costruire ovvero a denuncia di inizio attività, contemplati dall'art. 22, comma 3, lett. e), d.P.R. n. 380 del 2001, sono soggetti al regime sanzionatorio proprio delle opere subordinate a permesso di costruire, e non già a quello dettato dall'art. 37 per i casi di d.i.a. cd. obbligatoria. T.A.R. Roma Lazio sez. I, 16 maggio 2007, n. 4458 Il legislatore, nell'art. 22 d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, ha adottato un criterio residuale per individuare gli interventi edilizi realizzabili mediante denuncia di inizio attività, ricomprendendovi tutti gli interventi non riconducibili a quelli indicati negli art. 6 e 10 dello stesso d.P.R. In particolare, da ciò derivando che le opere interne possono essere eseguite previa mera dichiarazione di inizio attività a condizione che non comportino modifiche della sagoma o dei volumi o comunque, se realizzate nell'ambito dei centri storici, non Sito Internet: www.ztlex.com Studio Zambelli- Tassetto pagina 20 comportino modificazioni della destinazione d'uso. Da ciò deriva, in particolare, che richiedono il permesso di costruire le opere interne che siano riconducibili all'art. 10, lett. c), d.P.R. n. 380 del 2001 e, quindi, tra le altre, quelle che modifichino la destinazione d'uso dell'immobile. Cassazione penale sez. III, 19 aprile 2007, n. 22866 In caso di intervento ricadente in zona paesaggisticamente vincolata, il termine di trenta giorni decorso il quale si forma il titolo abilitativo decorre dal rilascio dell'autorizzazione paesaggistica ed ove tale atto non sia favorevole, la denuncia è priva di effetti (art. 22, comma 3, d.p.r. n. 380 del 2001). Consiglio Stato sez. VI, 05 aprile 2007, n. 1550 Ai sensi degli artt. 10 e 22 comma 3, t.u. 6 giugno 2001 n. 380, le attività edilizie consistenti nella demolizione e ricostruzione che non avvengano nel rispetto della stessa volumetria e sagoma del manufatto preesistente, sono da qualificare come nuove costruzioni, assoggettate al permesso di costruire. Consiglio Stato sez. IV, 16 marzo 2007, n. 1276 La realizzazione di un soppalco all'interno di una preesistente abitazione necessita del preventivo rilascio del permesso di costruire (o della DIA alternativa al permesso), atteso che l'art. 10, comma primo lett. c), del d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 assoggetta a permesso di costruire gli interventi di ristrutturazione edilizia che portano ad un organismo in tutto o in parte diverso dal precedente, senza la necessità che concorrano tutte le condizioni previste nello stesso articolo (modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti, delle superfici), in quanto queste sono alternative, come ricavasi dall'uso della disgiuntiva nel citato testo normativo. Cassazione penale sez. III, 12 gennaio 2007, n. 8669 La esecuzione in assenza o in difformità degli interventi subordinati a denuncia di inizio attività (DIA) ex art. 22, commi 1 e 2, d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, allorché non conformi alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia in vigore, comporta l'applicazione della sanzione penale prevista dall'art. 44 lett. a), del citato d.P.R. n. 380, atteso che soltanto in caso di interventi eseguiti in assenza o difformità dalla DIA, ma conformi alla citata disciplina, è applicabile la sanzione amministrativa prevista dall'art. 37 dello stesso decreto n. 380 del 2001. Cassazione penale sez. III, 22 novembre 2006, n. 41619 L'entrata in vigore della l. 21 dicembre 2001 n. 443 e del d.P.R. giugno 2001 n. 380 (Testo Sito Internet: www.ztlex.com Studio Zambelli- Tassetto pagina 21 Unico in materia edilizia) ha disciplinato in via definitiva gli interventi di demolizione e ricostruzione di preesistenti manufatti. Invero, ai sensi dell'art. 1 comma 6 lett. b) l. n. 443 del 2001 (c.d. legge-obiettivo), le ristrutturazioni edilizie attuate mediante demolizione e fedele ricostruzione dell'immobile nel rispetto della medesima preesistente volumetria e sagoma e delle caratteristiche tipologiche e planovolumentriche senza aumenti di unità immobiliari, rientrano nella previsione dì cui all'art. 3 del T.U. in materia edilizia e, come tali, non richiedono il permesso a costruire ex art. 10 del T.U., bensì possono essere realizzate sulla base della mera denuncia di inizio attività ai sensi dell'art. 22 la cui mancanza non determina alcun illecito penale. Tribunale Nola, 24 ottobre 2006, n. 1211 Le opere interne alle costruzioni che non comportino modifiche della sagoma e che non rechino pregiudizio alla statica dell'immobile, disciplinate dall'abrogato art. 4, comma 7, lett. e) l. n. 493 del 1993, come modificato dall'art. 2, comma 60, l. 23 dicembre 1996 n. 662 e dalla l. rg. n. 19 del 2001, rientrano fra le opere soggette in via residuale alla denunzia di attività, ex art. 22, d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380. In presenza di tali caratteristiche, la sanzione della demolizione è sproporzionata, in quanto l'ordinamento la predispone per colpire le opere edilizie abusive che necessitano di titolo concessorio (oggi permesso di costruire) e non già quelle riconducibili all'ambito della Dia, come quelle in esame. T.A.R. Napoli Campania sez. II, 19 ottobre 2006, n. 8680 Sito Internet: www.ztlex.com Studio Zambelli- Tassetto pagina 22