RINASCIMENTO e la Chiesa in Italia
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RINASCIMENTO e la Chiesa in Italia
Associazione Italiana dei Professori di Storia della Chiesa Dizionario Storico Tematico La Chiesa in Italia Volume I - Dalle Origini All'Unità Nazionale Roma 2015 Copyright © 2015 Voce pubblicata il 14/01/2015 -- Aggiornata al 17/01/2015 RINASCIMENTO e la Chiesa in Italia Autore: Yvonne zu Dohna Rinascimento, Neoplatonismo e Chiesa. Con il termine rinascimento si qualifica il clima culturale creatosi in Italia tra il XV e XVI secolo, indicativamente dalla fine del grande scisma al Concilio di Trento (Vasari, Burckhardt, Michelet) e la metafora di rinascita inerisce alla ripresa dell’eredità letteraria e artistica greco-romana. Il rinascimento rappresenta, quindi, un nuovo approccio al mondo classico e al senso della cultura, e il suo studio coinvolge le dimensioni letterarie-artistiche (Duhem, Randall), religiose-teologiche (De Lubac-Ulmann), scientifiche e filosofiche (Kristeller). Il rinascimento si caratterizzò per un “sano antropocentrismo” che esaltò la persona umana nella sua unicità e perfezione. Si può considerare come la “culla della modernità” nelle sue matrici: filologicaermeneutica (Lorenzo Valla, Erasmo), filosofica-cosmologica (Ficino, Cusano, Bruno), politica (Macchiavelli), “moralistica” (Guicciardini, Castiglione). Gli scritti di Platone raggiunsero l’Italia attraverso le fonti bizantine e vennero tradotti in latino. Umanisti come Marsilio Ficino e Pico della Mirandola diedero vita a una nuova forma di “neoplatonismo cristiano” reinterpretando con il pensiero platonico le verità cristiane, ad esempio l’uomo come immagine di Dio e la bellezza umana come riflesso della perfezione divina. La bellezza terrena rivela così all’anima umana le sue origini divine. La bellezza divina suscita il desiderio di conoscenza (eros) e la fede rappresenta la sua forma compiuta. Nell’arte europea emerse quindi un nuovo interesse per l’imitazione della natura, per una corporeità sensualeerotica e la sua espressione classica. L’arte antica venne considerata come modello ideale. Attraverso l’interesse per la cultura classica, la Chiesa espresse la volontà di inserirsi nella tradizione imperiale antica e il tentativo di riprendere una presenza culturale-politica ispirata a quel modello. Gli emissari papali raccolsero molti scritti degli autori antichi fino a trasformare la Biblioteca Apostolica Vaticana, aperta da Sisto IV al pubblico nel 1475, in una collezione importantissima. L’intreccio tra il lavoro degli umanisti e la promozione ecclesiastica della cultura fu molto intenso in tutti quei decenni. L’espressione di Terenzio homo sum, nihil humani alienum mihi puto può essere considerata la cifra dell’orientamento culturale generale. Il cristianesimo rinascimentale attraversò diverse dinamiche e processi. Si assistette a una sua “interiorizzazione” ed “elementarizzazione” sia affettiva sia intellettuale, sotto l’influsso degli ordini mendicanti e dei mistici (francescani, domenicani, spirituali, Eckhart, Taulero, Ruysbroeck), caratteristiche della devotio moderna (De imitatione Christi). La riscoperta della cultura greca non è slegata dal dialogo-incontro tra Oriente e Occidente (Concili di Pisa, Costanza, Basilea, Ferrara, Firenze) e nella teologia si possono ritrovare diverse anime tra il nuovo platonismo (Ficino), l’aristotelismo e il tomismo (De Vio), lo scotismo (Della Rovere) e fermenti di riforma (Savonarola). Non sono da dimenticare, infine, una certa espansione evangelizzatrice anche extraeuropea e la variegata vivacità della pietà popolare. Neoplatonismo e artisti a Firenze. È Firenze, con i Medici, la culla di questo movimento. Con Brunelleschi, Donatello, Masaccio e Ghiberti iniziò un’intensa rievocazione delle forme antiche, ispirata dalla letteratura e da interessi archeologici. In seguito, con Botticelli, Leonardo, Michelangelo, sotto Lorenzo il Magnifico e l’influsso del Savonarola, lo stile diventò, invece, più intellettuale-filosofico, raggiungendo il suo vertice speculativo. Le maggiori peculiarità stilistiche furono l’utilizzo della prospettiva, un forte realismo descrittivo, anche anatomico, e la ricerca dell’essenzialità del tratto, tra uno studio della natura e il tentativo costante di una sua trasfigurazione artistica. Queste tendenze si espressero in modo diversificato e personalissimo nelle singole realizzazioni dei diversi artisti. Neoplatonismo e politica culturale papale. Grazie alla promozione papale, Roma cominciò a diventare nella seconda metà del Quattrocento il centro della massima espressione della Weltanschauung rinascimentale. Il Palazzo Apostolico divenne uno scrigno d’arte. Ripercorrendo gli interventi papali nell’ambito artistico possiamo rilevare l’intreccio tra l’influsso neoplatonico e la politica culturale ecclesiastica. Giannozzo Manetti descrive nella sua biografia come Niccolò V (1447-55), umanista fiorentino e primo Papa residente permanentemente a Roma dopo l’esilio avignonese, modificò l’architettura e la decorazione della basilica vaticana di San Pietro quale espressione del suo potere imperiale. Rinnovò, inoltre, le mura cittadine e il Campidoglio (Antonio da Firenze, Leon Battista Alberti, Bernardo Rossellino, Fra Angelico). Pio II (1458-64), umanista, scrittore e diplomatico, incaricò Rossellino di trasformare Corsignano, modesto luogo della sua nascita, nella città ideale di Pienza. A Roma fece realizzare la Loggia delle Benedizioni di S. Pietro da Francesco del Borgo, allievo di Alberti, che s’ispirò al Tabularium e ai teatri antichi. Per Paolo II (1464-71) Francesco del Borgo trasformò il suo palazzo cardinalizio e l’adiacente chiesa di S. Marco in una nuova e moderna residenza papale ai piedi del Campidoglio: il Palazzo Venezia. Sisto IV (1471-84), francescano, rinnovò il sistema viario della città, costruì il Ponte Sisto, l’ospedale di S. Spirito, il convento agostiniano di S. Maria del Popolo e la Cappella Sistina: paradigma dello stile quattrocentesco di Roma, dove Pietro Perugino, Sandro Botticelli, Domenico Ghirlandaio e Cosimo Rosselli, nelle vite di Mosè e di Cristo, mettono a confronto i due testamenti. La morte di Mosè viene raffigurata in modo particolare, poiché egli muore, non in solitudine prima di contemplare la terra promessa, ma in mezzo al popolo che lo piange. Il corpo morto di Mosè è, nel senso tipologico, una prefigurazione del Melismos, il corpo morto di Cristo e corpo eucaristico sull’altare. Alessandro VI (1492-1503), grande e discusso uomo politico, chiamò Antonio il Vecchio da Sangallo, fratello minore di Giuliano, l’architetto di Lorenzo il Magnifico, per fortificare Castel S. Angelo e per costruire la Torre Borgia in Vaticano e la rocca di Civita Castellana. Incaricò, inoltre, il Pinturicchio per la decorazione dell’Appartamento Borgia. Giulio II (1503-13), di formazione francescana come lo zio Sisto, scelse Bramante come suo architetto sia per l’ingrandimento e rinnovamento del Vaticano (Cortile del Belvedere, Logge, Stanze) che per la ricostruzione della Basilica di S. Pietro. Nel braccio del coro doveva essere collocato il suo monumento funebre in cui Michelangelo doveva oltrepassare tutte le precedenti realizzazioni scultoree. Il Palazzo dei Tribunali, sede di tutti i tribunali della Curia e della città, doveva essere costruito di fronte alla vecchia sede del Vicecancelliere, in una piazza della nuova Via Giulia, che il ricostruito Ponte Trionfale avrebbe collegato direttamente con il Vaticano. Giulio II fu anche grande collezionista di sculture antiche e collocò l’Apollo del Belvedere, sua statua preferita, il Laocoonte recentemente scoperto e altre icone nel giardino superiore del Belvedere. Le sue architetture gigantesche, iscrizioni e statue rispecchiano l’utopia personale di un impero papale di tutta Italia. Nelle sue commissioni pittoriche si espressero non solo le sue ambizioni politiche, ma anche il suo pensiero profondamente religioso e molto vicino al Neoplatonismo. Nella volta della Cappella Sistina, avviata nel 1508, Michelangelo rappresentò la Creazione e la storia di Noè, ispirandosi anche alle interpretazioni di Egidio da Viterbo (Pfeiffer) e Rashi (Doliner Blech, Dohna) e dimostrando come Dio suddivide gradualmente l’unità dell’universo fino all’elezione del popolo, agli antenati di Mosè e a Cristo. Nello stesso periodo Raffaello evocò nella Stanza della Segnatura la grande rinascita, con Giulio II, della promozione della teologia, delle scienze, delle arti e della poesia, mentre nella Stanza di Eliodoro e nella Madonna Sistina espresse l’incolumità della Chiesa dalle minacce politiche e dallo scisma, grazie alla protezione divina e alla fede del Papa (Frommel). Sotto Giulio II Roma divenne il centro dell’arte europea, momento aureo delle arti in cui il cristianesimo abbracciò mirabilmente la tradizione antica. Leone X Medici (1513-21) si formò nella Firenze di Marsilio Ficino e Angelo Poliziano. Come il padre, Lorenzo il Magnifico fu amante e collezionista d’arte e fautore di raffinate cerchie di intellettuali. Unendo lo Studium sacri palatii, il Collegium Vaticani e lo Studium urbis creò l’Università Sapienza, con particolare attenzione allo studio delle lingue antiche, dell’ebraico e del greco. Promosse il recupero di manoscritti e l’allestimento di biblioteche, la musica, la cura delle lettere, quasi creando ante litteram un’“Accademia di belle arti”. Dopo la morte di Bramante nominò Raffaello suo successore come primo architetto papale, incaricandolo di ingrandire la Basilica di S. Pietro e di continuare la decorazione delle Stanze e della Cappella Sistina con due cicli di arazzi che rappresentano la storia degli apostoli, i successori di Mosè e Cristo, evocati dai pittori quattrocenteschi. Le scene di S. Pietro stavano sotto quelle di Mosè esprimendo l’Ecclesia ex circumcisione e le scene di Paolo sotto quelle di Cristo, evocando l’Ecclesia ex gentibus. Ambedue i cicli testimoniano la futura maiestas papalis. Con il suo carattere così erudito, tranquillo e sereno, Leone X favorì l’aspetto classicista nell’arte di Raffaello. La maggior parte dei sui grandi progetti architettonici, purtroppo, non fu mai realizzata e perfino Villa Madama, cominciata su iniziativa di suo cugino, il Vicecancelliere Giulio de’Medici, non procedette oltre la metà. Adriano VI (1521-23), segretario olandese di Carlo V ed eletto su pressione di questo, era molto meno interessato alle arti e alla cultura antica. In un’incisione dove l’Avarizia caccia le Muse dal tempio delle arti, Baldassarre Peruzzi, il secondo architetto del papa, che disegnò anche la sua tomba a S. Maria dell’Anima, riprovò questo atteggiamento tanto contrario allo spirito del rinascimento. Infatti, alcuni artisti lasciarono la città e Roma perse il suo ruolo di centro artistico. Inizialmente Clemente VII (1523-34) alimentò la speranza che Roma divenisse nuovamente un theatrum mundi per tutti i geni del tempo. Già come cardinale aveva commissionato a Raffaello la Villa Madama e la Trasfigurazione, a Sebastiano del Piombo la Risurrezione di Lazzaro, ad Andrea del Sarto e Pontormo gli affreschi di Poggio a Caiano e diverse statue a Bandinelli e Rustici. La sua maggiore commissione pittorica fu la Sala di Costantino, cominciata sotto Leone X da Raffaello e ultimata negli anni 1520-24 da Giulio Romano e G. F. Penni. I brevi intermezzi di Rosso Fiorentino e Parmigianino, che non ottennero commissioni da lui, non giustificano l’ipotesi di uno “stile clementino”. I suoi architetti rimasero Sangallo e Peruzzi ed egli spostò la sua attività architettonica in imprese familiari della natia Firenze, incaricando Michelangelo di completare la Cappella Medicea e di costruire la Biblioteca Laurenziana. Giulio Romano, l’unico veramente “capriccioso” degli artisti romani, lasciò la città per sempre già nel 1524 e dopo la crisi sia politico-finanziaria sia artistica del Sacco di Roma, la costruzione di S. Pietro fu sospesa e i pochi artisti rimasti cercarono altrove committenti più generosi. Clemente VII incaricò Michelangelo del Giudizio Universale nella Cappella Sistina ma solo Paolo III (1534-49) riuscì a farlo dipingere. In questo affresco si rispecchiano i dibattiti del tempo sul destino dell’uomo, sull’immortalità dell’anima e la risurrezione della carne. Nella figura di Cristo Risorto senza la barba e i capelli lunghi della tradizione iconografica emerge il nuovo Adamo purificato, forte, responsabile e fisicamente bello. Panoramica italiana. Nelle città italiane il pensiero rinascimentale si sviluppò con modi ed espressioni diversificate. Pur formati dallo stile fiorentino, molti artisti s’interessarono anche ai grandi innovatori fiamminghi, come van Eyck e Rogier van der Weyden, ai francesi, come Jean Fouquet, e ai tedeschi, come Schongauer, Dürer, Grünewald e Holbein. Ispirati all’arte nordica e da Antonello da Messina, pittori veneziani come Giovanni Bellini e la sua scuola svilupparono un colorismo rivoluzionario adottato perfino da Raffaello, e con cui Tiziano aprì nuovi orizzonti anche per l’arte sacra. Accanto a Venezia, i centri artistici più vitali dell’Italia settentrionale nel Quattrocento furono le corti di Ferrara, Mantova, Urbino, Napoli e Milano, , che grazie ad Alberti e Mantegna contribuirono sostanzialmente alla maturazione del nuovo stile. Ispirato dal giovane Leonardo, anche Perugino sviluppò a Perugia e Firenze la sua maniera “dolce e soave”, che proseguì nelle opere di Pinturicchio e del giovane Raffaello. Un esempio isolato fu Siena, con una pittura al confine fra gotico e Rinascimento. Grazie al re Alfonso e i suoi discendenti crebbe anche a Napoli un centro artistico dove confluirono influssi dall’antico, Firenze e Roma, dalle Fiandre, dal mondo arabo-spagnolo e dal mondo antico. Il rinascimento appare, dunque, come un fenomeno tipicamente italiano che solo alla fine del Quattrocento cominciò a espandersi in Francia e Spagna e solo nel Cinquecento si estese all’Europa centrale e orientale e all’Inghilterra. Fonti e Bibl. essenziale S.J. Freedberg, Painting of the High Renaissance in Rome and Florence, 2 voll., Cambridge, Mass. 1961; H. de Lubac, Pico della Mirandola. L’alba incompiuta del Rinascimento, Jaka Book, Milano 1977; J.F. D’amico, Humanism in Rome, in Jt. A. Rabil (ed.), Renaissance Humanism, Foundations, Forms and Legency, Vol. 1 Philadelphia 1988; A. Esch-C.L. Frommel (edd.), Arte, Committenza ed economia a Roma e nelle corti del Rinascimento 1420-1530, Roma 1995; G. Alteri – P. 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