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NUTRIRE LA CITTA’ I DABBAWALA DI MUMBAI NELLA DIVERSITA’ DELLE CULTURE ALIMENTARI URBANE di Sara Roncaglia INTRODUZIONE Questo libro è l’esito di un percorso di ricerca realizzato per un duplice scopo: il mio dottorato in Scienze Politico Sociali e Psicologiche, indirizzo in Metodologia della Ricerca nelle Scienze Umane presso la facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Genova con il coordinamento scientifico del prof. Marco Aime, e la mia partecipazione a un progetto collettivo coordinato dal prof. Giulio Sapelli presso la Fondazione Eni Enrico Mattei di Milano, iniziato nel 2007 e terminato l’anno seguente, dal titolo “Le diversità. Un progetto di ricerca su persone e istituzioni”. Un duplice percorso intellettuale, dunque, che mi ha permesso di lavorare su più fronti, intrecciando lo sviluppo di un’epistemologia delle diversità culturali con l’etnografia di una cooperativa di Mumbai, il Nutan Mumbai Tiffin Box Suppliers Charity Trust, i cui dabbawala (trasportatori di cibo) quotidianamente distribuiscono 200.000 pasti nella metropoli. Un efficiente sistema che da più di 130 anni permette agli impiegati, agli studenti e agli alunni delle classi elementari di mangiare ogni giorno il cibo preparato a casa, senza rischi di contaminazioni castali o igieniche. Per dar conto del lavoro svolto, vorrei introdurre brevemente i temi dei capitoli che compongono il libro, mettendo in risalto la pluralità degli stimoli che le due istituzioni con cui ho collaborato mi hanno dato. La prima parte si presenta come un’ampia introduzione ai concetti cardine che hanno reso possibile il lavoro sul campo. Viene analizzato il tema della diversità culturale nella sua polisemanticità, abbracciando l’ampia gamma di significati ad esso attribuiti. Il tema della diversità è stato il più delle volte affrontato in relazione alle pratiche dell’accettazione o della mancata accettazione dell’alterità dentro le organizzazioni e le istituzioni. In questa direzione si è intrecciato strettamente ai temi dell’identità, del genere, del ruolo economico e sociale delle minoranze etniche e religiose. Nella prima parte si è cercato di darne uno spaccato, introducendo il concetto di cibo come specchio in grado di interpretare tali temi rispetto alle dinamiche e gli interrogativi della contemporaneità. La declinazione della diversità che è stata utilizzata nel lavoro collettivo svolto presso la Fondazione Eni Enrico Mattei, ha ulteriormente ampliato il discorso, includendo, come ha scritto Giulio Sapelli nell’introduzione generale al progetto, «la differenziazione dei meccanismi di allocazione delle risorse (tanto materiali quanto simboliche) che si allineano, senza soluzione di continuità, lungo una retta ideale che va dal puro scambio monetario al dono, dal mercato alla gerarchia e quindi, a rovescio, dall’obbligazione al prezzo. (…) Incorporata in quest’ottica, la diversità diventa un prisma che ci permette di leggere i meccanismi crescenti di integrazione dei flussi di scambio di merci, persone e capitali a livello mondiale nelle sue infinite rifrazioni, ossia negli altrettanto infiniti modi con cui le persone aggregano strategie allocative che contaminano in diversi e variegati elementi di quel continuum». Nella seconda parte ho voluto narrare, nelle prassi storico economico-sociali, il rapporto culturale che intercorre tra Bombay/Mumbai e il il Nutan Mumbai Tiffin Box Suppliers Charity Trust, cercando di far comprendere la stretta correlazione che esiste tra questi due attori. Le dinamiche interne alla città sono state lo scenario attivo per la nascita di questo sistema di distribuzione, che, oltre a possedere caratteristiche di sostenibilità dal punto di vista della conservazione di elementi di senso fondanti per una data società, appare anche interessante sotto il profilo delle possibilità occupazionali che garantisce a persone povere e analfabete: esso riesce a dare senso alla vita di chi lo rende possibile, tanto da essere percepito come un vero e proprio “mestiere”, che si passa di generazione in generazione. Nella terza parte sono stati analizzati i cardini religiosi, ideologici, castali dell’associazione e il valore che il cibo riveste nella società indiana. Con le categorie della gastrosemantica, ovvero la capacità distintiva della cultura di significare, esperire, sistematizzare, filosofare e comunicare con il cibo, ho cercato di descrivere il rapporto che esso intrattene con la quotidianità delle donne, con le pratiche del sacro, con la gerarchia castale all’interno di una grande metropoli come Mumbai. Nella quarta parte ho descritto la struttura del Nutan Mumbai Tiffin Box Suppliers Charity Trust: il management, le linee operative, l’avvicendarsi delle generazioni, le logiche di distribuzione, il processo di consegna e gli strumenti tecnici volti a permetterlo. Strumenti semplici come i segni posti sui dabba, che ne agevolano la loro consegna e mezzi più complessi come la rete ferroviaria urbana, che funge da vera e propria mappa mentale per i mumbaiti, permettendo di tracciare un nesso relazionale simbolico e materiale in una città che raggiunge i 19 milioni di abitanti. Nelle conclusioni ho tentato di mostrare la stretta relazione che intercorre tra l’intero sistema della preparazione e distribuzione dei dabba e i processi culturali di trasformazione alimentare a BombayMumbai. La traccia che ho seguito esplora Bombay come città globale, nei cui meandri è possibile rintracciare i percorsi alimentari dei molti migranti che hanno contribuito a renderla tale. I molteplici processi di acculturazione propri di questo continuo avvicendarsi di migrazioni hanno infatti dato una fisionomia alimentare particolare alla città, fisionomia che è possibile riconoscere nelle diverse espressioni culinarie e nelle molteplici prassi di commensalità. In concomitanza al cambiamento di nome - e di status simbolico - della città da Bombay a Mumbai si è però assistito a un inasprimento delle tensioni tra le diverse comunità residenti, tensioni acuìte da una progressiva etnicizzazione dello scenario sociale, con una rivendicazione di diritti sulla base di appartenenze castali, regionali e linguistiche. Mumbai è così diventata palcoscenico di sanguinosi scontri etnico religiosi, che fanno dell’alimentazione il primo e il più elementare simbolo di separazione. In questo scenario di crescente conflittualità, il cibo esplicita distinzioni e contrapposizioni in parte già presenti nel retroterra culturale indiano, ma che ora sfociano sempre più spesso in aperte ostilità politiche e in violenze vere e proprie. Sul palcoscenico mumbaita si rappresenta il cannibalismo culturale dell’Altro, in quanto ogni gruppo sociale aspira al monopolio esclusivo della cultura e del potere sulla città. Queste dinamiche vengono lette attraverso il concetto di foodscape o “panorama del cibo”, concetto proposto per descrivere i flussi globali relativi all’alimentazione e che permette di tracciare le mappe del trasferimento di materiale culturale relativo alle pratiche nutritive. Letto all’insegna del paradigma interpretativo dei panorami alimentari, il caso dei dabbawala ci aiuta a comprendere come il gusto stia divenendo un elemento chiave delle trasformazioni culturali a livello globale. Un gusto che non è solo una pulsione sensoriale, ma appartiene all’ordine della significazione, una costruzione culturale che plasmandosi socialmente trasforma e dà significato al mondo. La mia tesi è che si stia gradualmente affermando, globalmente, una cosmologia unitaria del gusto, un’attenzione alle prassi alimentari in grado di incorporare una riflessione sul carattere etico del cibo e sull’estensione globale di tutti i processi, sia simbolici sia materiali, ad esso collegati. Da queste considerazioni è emerso il titolo del libro “Nutrire la città”: la nutrizione indica infatti il rapporto tra il regime alimentare, ovvero la dieta, e lo stato di salute o di malattia di un corpo. Ampliando la metafora organica, il cibo diventa vettore di fenomeni che esprimono disagio o benessere, nei contesti urbani, della coesistenza di diverse culture. In quest’ottica l’alimentazione è l’anamnesi culturale di Mumbai e i dabbawala, grazie al loro lavoro, permettono di raccontarla attraverso la distribuzione capillare dei pasti sul suo territorio, rendendo così tangibile tale coesistenza con l’elemento più quotidiano e più vicino alla nostra fisiologia: il cibo. Vorrei infine ringraziare la Fondazione Eni Enrico Mattei per aver sostenuto la mia ricerca in India e il prof. Giulio Sapelli, il prof. Marco Aime perché mi ha consentito di lavorare liberamente sul mio progetto di ricerca, il collegio docenti del Dottorato in Metodologia della ricerca nelle scienze umane presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Genova, la prof.ssa Pinuccia Caracchi e, in particolar modo, la prof.ssa Alessandra Consolaro per la condivisione delle loro conoscenze approfondite sull’India e il prof. Pier Giorgio Solinas per la stimolante discussione durante la sessione di dottorato. Ringrazio Carlo Petrini e Federica Tomatis per avermi segnalato la presenza di Raghunath Medge e Gangaram Talekar, presidente e segretario del Nutan Mumbai Tiffin Box Suppliers Charity Trust, all’incontro di Terra Madre a Torino nel 2006, e ringrazio tutti i dabbawala che hanno avuto la pazienza di raccontarsi. Non sarei mai riuscita a fare questa ricerca senza l’aiuto di molte persone: Francesca Caccamo per la traduzione in hindi delle interviste, Usman Sheikh per il lavoro di sbobinatura, Rebecca David e Kenneth David per avermi ospitato durante il mio primo soggiorno a Mumbai, Shailindra Kaul e Abhijeet Sandhu per la loro ironica e importante amicizia, Sandy, Kalpana, Chiara Longo e suo marito Sebastian Bastard per l’ospitalità durante il mio secondo soggiorno a Mumbai, Clara, Meena Menon e l’associazione Annapurna. Ringrazio inoltre la prof.ssa Roberta Garruccio perchè, dopo aver letto la mia tesi di laurea anni fa, ha letto e commentato anche la mia tesi di dottorato e Deborah Pavanello per l’attenta revisione dei testi. Una gratitudine particolare e un caro ricordo vanno al compianto Armando Marchi, responsabile del Barilla-Lab, per lo stimolante lavoro di ricerca nell’ambito dell’alimentazione presso la Barilla. Un ringraziamento sentito va infine a Daniele Cologna perché in questi anni ha sempre avuto la pazienza di consigliarmi nel mio percorso intellettuale. E ai miei cari.