Papà mi aspetta in Brasile
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Papà mi aspetta in Brasile
“Papà mi aspetta in Brasile” Diario autobiografico di una pressa da 150 tonnellate che viaggia con “Italiansped”. Sono una pressa da 150 tonnellate e sono stata registrata all’anagrafe il primo febbraio con il nome di PH6500, ma siccome non ve lo ricorderete mai potete chiamarmi Packy, che poi sarebbe il diminutivo di pachiderma. Mi dicono che sono del segno dell'Acquario, ma al momento ho altre preoccupazioni. Dato il peso e la mancanza di arti non posso proprio muovermi da sola, anche perché rischio di fare un sacco di danni. Non solo, senza qualcuno che mi guidi rischio di distruggere manti stradali, ponti e sono in grado di far venire il colpo della strega anche al Tir più attrezzato. Questo me l'hanno spiegato subito, anche perché uno specchio delle mie dimensioni non si è trovato e quindi da sola faticavo a comprendere. Dimenticavo, sono nata a Imola, da mamma Sacmi e da un papà brasiliano, per cui sono costretta a muovermi e ad attraversare oceani. Così. appena nata mi hanno sommerso di attenzioni, perché dovevo raggiungere il babbo. Mi hanno vestito con un bellissimo mantello termoreitrabile per evitare che mi facessi male e quindi mi hanno deposto in una gigantesca "cassa da vivo" (7,730 mt x 3,710 x 2,900). Devo essere di famiglia benestante, perché il legno della cassa è pregiatissimo, tanto da essere omologato per le adozioni internazionali. Fuori dalla clinica c'è già il camion che mi aspetta per la prima parte del viaggio. Gli infermieri di Italiansped, almeno così sta scritto sui camici, devono pensare che soffra di mal d'auto perché hanno montato sul Tir un "seggiolone" in metallo predisposto alla mia accoglienza. Era proprio della mia misura! Mentre mi ci adagiavano sopra mi hanno spiegato che il seggiolone serve per caricarmi e scaricarmi meglio, per evitarmi troppi sballottamenti e colpi, ed è proprio bello sapere che tutta questa gente si preoccupa per me. Una volta sul seggiolone, è venuto a prendermi un taxi speciale, fatto apposta per le "taglie forti". Un trattore Mercedes 4 assi con rimorchio modulare a 12 assi. Per farmici salire hanno utilizzato un aggeggio lunghissimo chiamato carroponte. Quando sembravo sistemata a dovere, siamo partiti verso Ravenna. Devo essere figlia di qualcuno di molto importante, perché per tutto il viaggio mi ha scortato la polizia, con agenti davanti e dietro. Si vede che esistono potenziali "rapitori" di grandi dimensioni... Ma è stato un viaggio tranquillo, e tutta 'sta processione è arrivata fino al porto, dove su una banchina mi hanno affidato ad una gru che mi ha sollevato molto molto delicatamente su una specie di totem in attesa che arrivasse la nave che doveva portarmi in Brasile da papà. Quando l'ho vista mi è scappato un “wow” di ammirazione, ci siamo presentate, "piacere Packy piacere Bibici sono la tua nave" e, nonostante la differenza di età, lei ha otto anni, io pochi giorni, ci siamo subito trovate simpatiche. Per quanto io sono grossa, lei era lunga: 107 metri. Peccato io non sia tipa da passeggiate sul ponte... Bibici era equipaggiata con due grosse gru fatte apposta per quelle come me, capaci di tirare 80 tonnellate l'una. Ma la cosa che mi ha affascinato di più era la sua bandiera, Antigua e Barbados, mi hanno detto. Non so nemmeno cosa voglia dire ma il nome mi piaceva molto, sapeva di avventura e di bel sole. Già mi vedevo piantata al sole sotto una palma, oddio, diciamo un "palmone". Comunque, quando sono arrivata in porto a Ravenna era già il 17 febbraio. Era una fresca alba invernale e un sacco di persone sono venute a guardarmi e controllarmi, poi all'ora di pranzo mi hanno incominciato a caricare e sistemato nel mio posto riservato. (vedi photogallery) Poi, finalmente, il 18 febbraio siamo partiti, la Bibici ha mollato gli ormeggi pronta a raggiungere il Brasile, precisamente Sao Francisco do Sul. Arrivo previsto per il 20 marzo. Una crociera di un mese a quest'età, voi ve la sognate eh? Comunque me la sono goduta alla grande, e il tempo è passato in un lampo, tanto che non mi sono accorta che Bibici ha impiegato quattro giorni più del previsto. Siamo arrivate alla sera tardi, per cui nessuno ha voluto svegliarmi e solo la mattina dopo hanno incominciato a slegarmi per farmi scendere. Mi hanno di nuovo caricata sulle gru e quindi trasportata in un magazzino in attesa che arrivasse il mio permesso di soggiorno in Brasile. Questa è stata la parte più noiosa del viaggio, quattro giorni e quattro notti in un magazzino polveroso, Bibici non era a portata di mano e sono spariti anche i miei premurosi infermieri. Fortuna che non avevo pannoloni da cambiare. Ma, se devo essere sincera, qualche pianto me lo sono fatto. Comunque, passati quei giorni noiosi, finalmente sono partita per raggiungere Portobello, il mio papà. L'ho potuto abbracciare solo l'11 aprile, ma è stata una grandissima gioia. Certo, ormai ero cresciuta, avevo già più di due mesi, tanto che mio papà ha esclamato: "come sei già grande!" 12 novembre 2009 | 16:05