piano sanitario di emergenza extraospedaliera in caso di

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piano sanitario di emergenza extraospedaliera in caso di
Presidenza del Consiglio
dei Ministri
Dipartimento della Protezione Civile
PIANO SANITARIO DI EMERGENZA
EXTRAOSPEDALIERA IN CASO DI
CONTAMINAZIONE DELIBERATA CON
MATERIALE RADIOATTIVO E
NUCLEARE
SOMMARIO
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1.Premessa
Il presente piano nazionale di emergenza per la risposta sanitaria extraospedaliera contro
ipotesi terroristiche di natura radiologica e nucleare è stato predisposto ai sensi dell’Ordinanza del
Presidente del Consiglio dei Ministri del 28 marzo 2003, n. 3275.
In particolare, la citata Ordinanza, in considerazione della situazione di diffusa crisi
internazionale e del conseguente innalzamento del rischio di attentati di natura terroristica,
assegna al Capo del Dipartimento della Protezione Civile della Presidenza del Consiglio dei
Ministri -Commissario delegato- nell’ambito delle competenze istituzionali di protezione civile e
fatti salvi i poteri del Ministro dell’Interno, l’assunzione urgente di tutte le iniziative necessarie a
ridurre al minimo le possibilità che si verifichino danni all’incolumità pubblica e privata,
conseguenti ad eventi calamitosi di natura terroristica. In tal senso, in base alle disposizioni
dell’Ordinanza, il Dipartimento della Protezione Civile, fatta salva la competenza organizzativa in
materia sanitaria delle Regioni ed
in accordo con la Conferenza Stato, Regioni e Province
Autonome, intende emanare piani specifici di emergenza extraospedaliera in caso di utilizzo di
agenti chimici, radioattivi/nucleari e biologici.
Nell’attuale quadro normativo, un atto terroristico NBCR viene classificato tra gli eventi di
cui al Comma 1, lett. c) dell’Art. 2 della Legge n. 225 del 24 febbraio 1992 (calamità naturali,
catastrofi o altri eventi che, per intensità ed estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e
poteri straordinari).
La pianificazione del rischio terroristico presuppone, analogamente a quanto si verifica per
catastrofi di origine naturale o antropica, il concorso di più componenti istituzionali e strutture
operative del sistema di protezione civile. In questo ambito, tenendo conto delle singole competenze
dei diversi Enti ed Amministrazioni che interagiscono sul luogo in cui si è verificata una
contaminazione deliberata con materiale radioattivo e nucleare e dei loro piani discendenti, si sono
definiti, in ottemperanza all’art.1, comma 2), lettera a) dell'ordinanza n. 3275/ 2003, gli interventi
medico-sanitari da attuare dal momento dell’allarme ad una delle Centrali operative istituzionali
fino all’eventuale trasporto dei pazienti in strutture ospedaliere.
Il Prefetto, cui compete a livello provinciale il coordinamento delle strutture e delle
risorse statuali nella fase di emergenza, informa tempestivamente in merito all’evento il Capo
Dipartimento della Protezione Civile che, a sua volta,
Consiglio.
1
ne dà comunicazione al Presidente del
Il Capo Dipartimento convoca il Comitato Operativo per l'Emergenza, dove sono
rappresentati tutti i Ministeri, le Amministrazioni e gli Enti interessati, per il coordinamento degli
interventi necessari al soccorso e alla riduzione del danno alla cittadinanza.
L’efficacia e l’efficienza dei soccorsi sanitari dipendono fondamentalmente dalla capacità
di integrazione e coordinamento tra i servizi sanitari e le altre componenti del soccorso. Pertanto si
è ritenuto necessario inserire nel presente documento anche gli interventi di strutture operative non
sanitarie, in primo luogo Vigili del Fuoco e Forze dell’Ordine, laddove sono in relazione con
l’organizzazione dei soccorsi sanitari, fatto salvo quanto altro previsto nelle rispettive
pianificazioni di settore.
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2. Parte generale
In accordo con quanto definito dal Piano Nazionale di difesa da attacchi terroristici di tipo
biologico, chimico, radiologico e nucleare elaborato dalla Commissione Interministeriale Tecnica
per la Difesa Civile, per offesa terroristica di tipo radio-nucleare si intende la diffusione deliberata
nell’ambiente di materiali radioattivi e nucleari in grado di arrecare danni biologici e psicologici
all’uomo.
La gravità degli effetti biologici derivanti dall’offesa radio-nucleare dipende essenzialmente
dalla dose di radiazioni assorbita dai soggetti coinvolti ed è influenzata dal tipo di radioisotopo
contaminante utilizzato, dalla sua forma fisica, dalla quantità totale di radioisotopo disperso, nonché
dalle modalità di dispersione. Il danno prodotto può essere dovuto alla irradiazione corporea esterna
causata essenzialmente da sorgenti γ o β emettitrici, oppure alla contaminazione interna attraverso
l’inalazione o l’ingestione di radionuclidi.
Sul territorio nazionale sono presenti impianti elettronucleari di potenza in fase di chiusura
definitiva, impianti di ricerca (alcuni dei quali chiusi), materiale radioattivo presso strutture
ospedaliere ed impianti industriali, depositi di rifiuti radioattivi e impianti del ciclo del
combustibile, che costituiscono una potenziale fonte di rischio se fatti oggetto di attentati
terroristici. Sono inoltre presenti aree portuali nelle quali è autorizzato l’attracco di navigli a
propulsione nucleare.
Tutti gli impianti citati, sono potenziali obiettivi di azioni deliberate che possono condurre
ad immissione di radioattività nell’ambiente, con rischio di irraggiamento esterno ed interno, di
diversa gravità ed estensione, sulla popolazione coinvolta. L’attuale normativa nazionale prevede,
per gli stessi impianti, una pianificazione d’emergenza basata su scenari incidentali di varia
tipologia. Sebbene a seguito dell’Ordinanza di protezione civile 3267/2003 siano stati rivisti i piani
di protezione fisica degli impianti SOGIN (Società per la Gestione degli Impianti Nucleari Spa),
ENEA (Ente per le Nuove tecnologie e per l’Ambiente) e FN (Fabbricazioni Nucleari Spa) e quindi
potenziati i relativi sistemi antintrusione a difesa dei materiali nucleari e radiologici, gli effetti
prodotti da un attentato terroristico potrebbero comportare conseguenze diverse da quelle previste
nell’ambito delle rispettive pianificazioni.
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Considerando inoltre altre possibili azioni dolose che prevedano l’utilizzo o il
coinvolgimento di materiale nucleare o radioattivo, i più probabili scenari di evento sono
riassumibili come segue:
 attentati ad impianti e strutture contenenti materiali radioattivi, ivi compresi i rifiuti radioattivi;
 attentati a natanti a propulsione nucleare, inclusi i sommergibili, anche al di fuori dei porti;
 attentati con l’impiego di materiale radioattivo (tipo bomba sporca);
 attentati nel corso del trasporto di materiale radioattivo o nucleare;
 caduta dolosa di aeromobili con materiali radioattivi o nucleari a bordo;
 diffusione di contaminazione su vie critiche (acquedotti, impianti d’aerazione, alimenti).
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3. Sistema di comando e controllo
Il sistema di comando e controllo identifica quali sono le strutture decisionali a livello centrale e
periferico che entrano in gioco nella gestione dell’emergenza ed i rapporti intercorrenti tra loro e
con le diverse strutture operative, evidenziando le attribuzioni di competenze e di responsabilità in
seno agli organi decisionali e il punto di convergenza univoco a cui far capo nella gestione
dell’emergenza.In particolare, la struttura di coordinamento locale fa capo al Prefetto e quella
centrale fa capo al Presidente del Consiglio dei Ministri.
.1 Attivazione del sistema di comando e controllo
Il punto di partenza per l’attivazione del sistema di comando e controllo può essere uno dei
seguenti:
 chiamate telefoniche ad un numero breve di emergenza (112, 113, 115, ecc.) da parte di persone
direttamente interessate o testimoni dell’evento;
 chiamate telefoniche ad un numero breve di emergenza da parte di operatori e lavoratori che
gravitano nell’area colpita;
 chiamate telefoniche a sale operative locali o nazionali del sistema di protezione civile da parte
di cittadini direttamente interessati o testimoni dell’evento.
La sala operativa che per prima riceve l'informazione sull'evento, oltre ad avviare le proprie
procedure interne:
 acquisisce ulteriori informazioni sull'evento;
 allerta le altre centrali operative interessate, competenti per territorio secondo procedure
predefinite ;
 informa il Prefetto competente per territorio;
 informa, tramite la propria Sala Operativa nazionale o regionale, il Centro Situazioni del
Dipartimento della Protezione Civile.
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.1.1
Centrale Operativa 118
Alla notizia dell’evento, valutata la possibilità che si possa trattare di un attentato terroristico
con utilizzo di sostanze radioattive, la Centrale Operativa del Sistema 118 (C.O.118) coordinata dal
responsabile di turno, provvede a:
 contattare le altre Centrali Operative di emergenza ;
 allertare il proprio responsabile e/o il Direttore dei Soccorsi Sanitari – DSS (cfr. 4.2.2);
 informare la Prefettura;
 informare l’Assessorato Regionale alla Sanità competente per territorio;
 predisporre l’attivazione del piano straordinario per le maxi-emergenze, sia interno che esterno,
per il pronto impiego di tutte le risorse disponibili (G.U. n. 116 del 12 maggio 2001);
 dare disposizione ai mezzi sanitari di non intervenire sul luogo dell’evento prima dell’arrivo dei
Vigili del Fuoco (VV.F.), rimanendo in attesa di ordini precisi, in zona opposta rispetto alla
direzione del vento predominante;
 predisporre l’invio sul posto del mezzo, con a bordo personale sanitario addestrato e fornito di
idonei Dispositivi di Protezione Individuale (DPI);
 allertare le squadre sanitarie specializzate nelle procedure di decontaminazione competenti per
territorio (cfr. All. 1);
 allertare le Direzioni sanitarie delle strutture ospedaliere, secondo un piano precedentemente
delineato, affinché si preparino ad attivare i piani di emergenza intraospedaliera e alla
gestione del possibile arrivo di pazienti non decontaminati;
 allertare le Direzioni sanitarie della/e Azienda/e Sanitarie Locali (ASL);
allertare l’Agenzia Regionale per l’Ambiente (ARPA) competente per territorio.
.1.2
Prefetto
Ricevuta l’informazione dell’evento:
 dà formale comunicazione al Ministro dell'Interno ed al Capo Dipartimento della Protezione
Civile;
 attiva il Piano Provinciale di difesa civile;
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 attiva e presiede il Comitato Provinciale di Difesa Civile, per il coordinamento a livello
provinciale delle strutture e risorse statuali nella fase di emergenza;
 comunica con il Comitato Operativo di Protezione Civile per il coordinamento delle attività e le
necessità di personale, materiali e mezzi;
 gestisce l’informazione alla popolazione e i rapporti con i mezzi di comunicazione a livello
locale;
 assume decisioni in merito all'opportunità di prendere le precauzioni e le contromisure per la
protezione della popolazione, sulla base delle indicazioni del Direttore Tecnico dei Soccorsi, del
Centro Elaborazione e Valutazione dei Dati (CEVaD, cfr. 3.3) e della Azienda Sanitaria
territoriale.
.2
Regione – Assessorato alla Sanità
 Attiva l’unità di crisi regionale;
 attiva le risorse sanitarie locali ritenute necessarie alla gestione degli interventi, sentita la
Prefettura;
 pre-allerta ed eventualmente attiva la/le squadra/e di decontaminazione al di fuori della
Provincia interessata all’evento, sentita la Prefettura;
 attiva la struttura ospedaliera di riferimento regionale;
 verifica disponibilità dei farmaci per la gestione dell’emergenza.
.3
Capo del Dipartimento della Protezione Civile – Commissario Delegato
Venuto a conoscenza dell'evento:
 sentito il Presidente del Consiglio dei Ministri, convoca il Comitato Operativo della Protezione
Civile, struttura di coordinamento centrale;
 convoca, se ritenuto opportuno, la Commissione per la Previsione e la Prevenzione dei Grandi
Rischi;
 comunica con la/le Prefettura/e coinvolta/e nell’evento per il coordinamento degli interventi
necessari al soccorso e alla riduzione del danno alla popolazione;
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 acquisisce, tramite il Centro Situazioni del Dipartimento della Protezione Civile, costanti
informazioni sull’evoluzione dell’evento;
 si avvale del supporto del CEVaD, istituito e convocato ai sensi dell’art. 123 del D. Lgs. 230/95,
nonché del Centro Funzionale Nazionale del Dipartimento della Protezione Civile. In
particolare:
-
il Centro Funzionale Nazionale si attiva come punto di supporto tecnico per la
definizione di previsioni a breve termine sulla situazione meteorologica nell’area
dell’evento, anche avvalendosi dei Centri Funzionali Regionali attivi sul territorio
nazionale;
-
il CEVaD si attiva come punto di supporto tecnico per la definizione di previsioni a
breve termine sulla diffusione della contaminazione radioattiva, anche avvalendosi delle
previsioni fornite dal Centro funzionale, e sulle conseguenti dosi prevedibili a carico
della popolazione coinvolta;
 informa e mantiene contatti con i Presidenti delle Regioni;
 supporta la Presidenza del Consiglio dei Ministri per la diffusione dell'informazione alla
popolazione e per la gestione dei rapporti con i mezzi di comunicazione a livello nazionale;
 tiene costantemente aggiornato il Presidente del Consiglio sull’evoluzione della situazione.
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4. Organizzazione dei soccorsi
4.1 Attività nell’area di intervento
Nell'area di intervento le azioni prioritarie sono:
1. delimitazione della zona operativa e delle aree di rischio sulla base dei livelli di contaminazione
ambientale;
2. controllo e limitazione degli accessi alla zona operativa;
3. allontanamento delle persone dalla zona contaminata e decontaminazione sanitaria (cfr. All. 2);
4. soccorso urgente e primo trattamento ai feriti, con eventuale trasferimento a strutture
ospedaliere identificate sulla base della pianificazione regionale ;
5. eventuali misure di profilassi immediata (cfr. All. 3).
4.2 Posto di Comando Avanzato
La struttura operativa di intervento che ha il compito di coordinare e gestire gli interventi di
emergenza sul luogo del disastro costituisce il Posto di Comando Avanzato (P.C.A.), ed è formata,
come nucleo essenziale, da:
 il Direttore Tecnico dei Soccorsi (DTS), preventivamente individuato dal Prefetto nella
pianificazione provinciale di difesa civile, responsabile della gestione dell’intervento in loco. In
linea generale il DTS è il Responsabile dei Vigili del Fuoco nell’area di intervento;
 il Direttore dei Soccorsi Sanitari (DSS), precedentemente individuato dal Prefetto, identificato
nel responsabile della C.O.118 o nel responsabile del DEA o in un Medico delegato dal
responsabile medico del 118 (G.U. 116 /2001);
 l’ufficiale di Pubblica Sicurezza delegato dal Questore.
Per gli aspetti operativi, il P.C.A. si avvale:
 del personale proveniente dai Comandi provinciali e/o dalla Direzione regionale del Corpo
Nazionale dei Vigili del Fuoco;
 del personale sanitario del 118 e della ASL competente per territorio, dotato di attrezzature e
formazione professionale adeguate ad un intervento diretto sul luogo dell’evento;
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 del personale delle squadre sanitarie per la decontaminazione delle persone coinvolte,
individuato dall’Assessorato regionale alla Sanità (cfr. All. 1)
 del personale delle Forze dell’Ordine (FF.O.).
.1
Direttore Tecnico dei Soccorsi (DTS)
Il DTS provvede a:
 coordinare gli interventi di tutte le strutture operative nell'area dell'evento ( VV.f.; Servizio
Sanitario Nazionale, FF.O., ARPA, ecc.)
 mantenere contatti costanti con la Prefettura, in particolare per:
-
richiedere eventuali materiali, mezzi e personale;
-
fornire indicazioni tecniche di supporto alle decisioni del Prefetto, anche per quanto riguarda
la tutela della popolazione residente nell'area a rischio;
 mantenere costanti contatti con l’ARPA competente per il monitoraggio e la valutazione della
radiocontaminazione ambientale
.2
Direttore dei Soccorsi Sanitari (DSS):
Il DSS provvede a:
 prendere immediati contatti con il DTS per concordare:
-il posizionamento dell’area di raccolta dei contaminati, se non già stabilito dal DTS con il
primo equipaggio sanitario giunto sul posto;
-il posizionamento della stazione di decontaminazione, se non già stabilito dal DTS con il primo
equipaggio sanitario giunto sul posto;
-
il posizionamento del Posto Medico Avanzato (PMA)1,
-
le strategie operative dell’intervento.
1 Il Posto Medico Avanzato (PMA) è un dispositivo funzionale di selezione e trattamento sanitario delle
vittime. E’ ormai di uso corrente denominare PMA una struttura attendata di rapidissimo impiego, generalmente
gestita dalla Centrale operativa 118 con personale formato ad operare nell’ambito dell’emergenza/urgenza, che
viene utilizzata per il tempo necessario a stabilizzare i feriti gravi prima del loro trasferimento in ospedale. Nello
scenario in oggetto il PMA si farà carico dei soggetti già decontaminati.
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 identificare il responsabile della/delle squadra/e sanitaria/e di decontaminazione;
 coordinare tutto il personale sanitario giunto sul posto ed assegnare i compiti specifici secondo
lo schema previsto dai piani di maxi-emergenze sanitarie;
 incaricare un componente della/e squadra/e sanitaria/e per il controllo della dosimetria degli
operatori
 definire le turnazioni del personale sanitario;
 mantenere costantemente aggiornata la C.O.118 sulla evoluzione dell’evento e rappresentare
eventuali necessità.
.3
Strutture operative nell’area di intervento
.3.1
Vigili del Fuoco (VV.F.)
Il responsabile dei VV.F., salvo diversa decisione da parte del Prefetto, assume l'incarico di
Direttore Tecnico dei Soccorsi (DTS) e coordina tutti gli interventi in loco.
Attraverso le proprie squadre idoneamente protette, provvede a :
 effettuare la rilevazione dei livelli di contaminazione radioattiva dell'area interessata;
 delimitare l’area in:
-
zona rossa (o "area calda"), zona operativa di massima pericolosità riservata esclusivamente al
personale dei Vigili del Fuoco adeguatamente protetto;
-
zona arancio (o "area tiepida"), zona operativa potenzialmente pericolosa, riservata a personale
VV.F., sanitario e di supporto adeguatamente protetto;
-
zona verde (o "area fredda") zona operativa non pericolosa, riservata a personale operativo di
soccorso (VV.F. – F.F.O.- sanitario, ecc).
effettuare il salvataggio delle persone coinvolte e il trasporto dei feriti non deambulanti presso le
stazioni campali di decontaminazione, situate entro i confini esterni dell’area “tiepida”. In tale
area le persone, contaminate o sospette tali, vengono assistite dal personale sanitario che, dotato
di idonea protezione individuale e degli strumenti operativi necessari, provvede alla loro
decontaminazione;
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garantire l’approvvigionamento idrico per le attività di decontaminazione;
effettuare d’intesa con il DSS la prima decontaminazione sommaria (decontaminazione primaria
collettiva) tramite getti d'acqua erogati con lance, in un’area appositamente individuata
all’interno dell’ “area tiepida”, realizzando, ove sia possibile, un sistema di raccolta delle acque
reflue;
eseguire gli interventi necessari e possibili finalizzati alla mitigazione del danno prodotto dalle
sostanze pericolose (individuazione, neutralizzazione, recupero ecc.);
effettuare la decontaminazione degli operatori.
.3.2
Forze dell’Ordine
Le squadre delle Forze dell'Ordine, coordinate dal Questore o da un suo delegato:
 bloccano l’accesso verso le aree a rischio a persone non autorizzate;
 canalizzano i flussi delle persone decontaminate verso le aree di raccolta predisposte;
 rendono sicura la zona da ulteriori minacce di tipo convenzionale;
 regolano il traffico dei mezzi di soccorso e controllano le aree di sosta per i veicoli di soccorso;
 identificano e registrano le persone presenti .L'elenco dei nominativi sarà trasmesso ai
Dipartimenti di Prevenzione delle AASSLL competenti per territorio ai fini dell'attività di
sorveglianza e monitoraggio degli effetti deterministici a breve, medio e lungo termine
dell’esposizione alla sorgente radioattiva;
 identificano e rintracciano persone contaminate che abbiano lasciato la zona prima
dell'intervento dei mezzi di soccorso. Tali nominativi devono essere trasmessi alle AASSLL di
appartenenza dei soggetti ai fini dell'attività di cui al punto precedente.
Per l’attuazione di quanto sopra indicato è necessario che almeno una parte del personale delle
Forze dell’Ordine impiegato nell’area di intervento disponga di idonei dispositivi di protezione
individuale.
.3.3
Personale sanitario
Il personale sanitario opera in area fredda (zona verde) ad eccezione di quello che, dotato di
idonei DPI, effettua interventi in area tiepida (zona arancio).
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L’equipaggio del primo mezzo sanitario della C.O. 118, dotato di DPI e di dosimetri, giunto
sul luogo provvede a:
 posizionare il mezzo in area fredda secondo le indicazioni del personale VV.F.;
 trasmettere alla C.O.118:
-la conferma dell’evento segnalato;
-la tipologia dello scenario;
-la presenza di vittime ed il numero ipotizzato delle persone coinvolte.
Il responsabile dell’equipaggio (medico o infermiere), cui spetta la responsabilità della gestione
sanitaria fino all’arrivo del Direttore dei Soccorsi Sanitari:
 richiede alla C.O. 118, se necessario:
- l’attivazione delle squadre sanitarie specializzate nelle procedure di decontaminazione e
l’invio della struttura campale per la decontaminazione;
- l’attivazione del piano delle maxi-emergenze e l’allestimento del Posto Medico Avanzato
(PMA);
mantiene i contatti con il Direttore Tecnico dei Soccorsi:
-
per concordare l’area di stazionamento dei mezzi in arrivo;
-
per avere indicazioni sulla necessità di indossare i DPI;
-
per concordare le aree di raccolta per i soggetti presumibilmente non contaminati ma da
tenere comunque sotto osservazione, per quelli contaminati ma deambulanti, per i non
deambulanti;
-
per concordare l’ubicazione dei mezzi di decontaminazione;
-
per essere costantemente aggiornato sulla evoluzione dell’evento;
 indossati i DPI, effettua un primo “triage” in area tiepida, con attribuzione di codice- colore
tramite cartellini resistenti alla decontaminazione, sui pazienti non deambulanti, portati fuori
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dall’area calda dai VV.F. ed in attesa di essere decontaminati, ed esegue, se le circostanze lo
consentono, trattamenti salvavita.
La squadra sanitaria di decontaminazione, giunta sul posto provvede a:
 rapportarsi con il DSS per raccogliere le informazioni necessarie per le operazioni di
decontaminazione;

indossare i DPI previsti;

effettuare il triage pre-decontaminazione, se non già eseguito, nell’area di raccolta delle
vittime, ivi trasportate dal personale dei VV.F.;

spogliare i contaminati e raccogliere gli indumenti e gli effetti personali in appositi sacchi
opportunamente numerati;

apporre ad ogni persona un bracciale o altro mezzo identificativo resistente alla
decontaminazione;

effettuare la decontaminazione anche delle persone deambulanti, già sottoposte alla
decontaminazione collettiva da parte dei VV.F. prima dell’allestimento della catena di
decontaminazione campale;

proteggere le vittime, con indumenti monouso, al termine della decontaminazione;

indirizzare i soggetti decontaminati, che necessitano di stabilizzazione e trattamento prima
dell’evacuazione, al PMA, situato in area fredda (zona verde).
Al termine delle operazioni effettuate sui pazienti, il personale della squadra sanitaria
provvederà alla propria decontaminazione, utilizzando le stazioni specifiche per gli operatori.
Il personale sanitario di soccorso, stazionante nell’area fredda, procede alla presa in carico dei
soggetti decontaminati effettuando un triage post-decontaminazione e avviandoli verso il PMA, se
necessitano di cure.
In particolare, il personale del PMA provvede a:
 effettuare un ulteriore triage;
 fornire le cure indilazionabili ai soggetti già decontaminati e avviare, se ritenuto opportuno, la
profilassi con ioduro di potassio;
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 inviare i pazienti decontaminati alle strutture ospedaliere indicate dal 118 e stabilite dalla
pianificazione regionale, in base al quadro clinico rappresentato;
 confermare ed eventualmente completare il processo di identificazione delle vittime già iniziato
dal personale addetto alla decontaminazione, notificando registrazione e destinazione dei
pazienti alla C.O.118.
.4
Misure per la protezione della popolazione al di fuori dell’area di intervento
La popolazione deve essere tenuta a distanza di sicurezza dall’area dell’evento mediante la
costituzione di un limite invalicabile, posto in settori non contaminati e presidiato dalle Forze
dell’Ordine.
Il citato limite è definito su indicazione del Direttore Tecnico dei Soccorsi, in base anche alle
prime misurazioni radiometriche, e/o alle relative considerazioni del CEVaD. Il DTS stabilisce
inoltre i varchi di accesso dei soccorsi all’area di intervento.
Qualora le analisi effettuate in loco o la variazione delle condizioni di diffusione delle
sostanze radiologiche evidenziassero un pericolo concreto di diffusione di sostanze radiologiche al
di fuori dell’area di intervento, il Prefetto provvede ad invitare la popolazione potenzialmente
interessata a restare in luoghi chiusi, o in alternativa, all'organizzazione dell'evacuazione totale o
parziale dell'area colpita.
Il Direttore dei Soccorsi Sanitari coordina l'eventuale distribuzione di prodotti farmaceutici a
scopo di profilassi preventivamente accantonati.
I livelli dati nell’allegato XII del D. Lgs. 230/95, come modificato dal D. Lgs 241/2000, ai
sensi dell’art. 115, comma 2, dello stresso decreto, sono utilizzati quali livelli di intervento di
emergenza per l’adozione di misure protettive. Tali livelli, indicati in Tabella 1 unitamente ai
corrispondenti livelli raccomandati dallo ICRP (International Commission of Radiological
Protection) devono essere intesi come valori di dose equivalente e/o dose efficace evitabile, che
cioè può essere evitata attraverso l’adozione dei provvedimenti corrispondenti.
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Tabella n.1
AZIONE
LIVELLI DI INTERVENTO (mSv)
DECRETO LEGISLATIVO
RACCOMANDAZIONI
RIPARO AL CHIUSO
230/1995
Da alcune unità ad alcune decine
ICRP*
5-50 (dose efficace)
SOMMINISTRAZIONE DI
(dose efficace)
Da alcune decine ad alcune
50-500 (dose equivalente alla
IODIO STABILE
centinaia
tiroide)
(dose equivalente alla tiroide)
EVACUAZIONE
Da alcune decine ad alcune
centinaia
50-500 (dose efficace)
500-5000 (dose equivalente alla
(dose efficace)
pelle)
*International Commission of Radiological Protection- Pubblicazione n. 63
.5
Monitoraggio, bonifica ambientale e sorveglianza epidemiologica
Il monitoraggio e la valutazione della contaminazione ambientale è effettuata dall’ARPA. La
bonifica ambientale e la gestione dei materiali contaminati sono effettuate da squadre delle Forze
Armate specializzate nella difesa NBC o da altro personale precedentemente individuato nei piani
provinciali di emergenza, anche sulla base delle indicazioni fornite dall’Azienda USL e dell’ARPA.
L’agibilità dell’area interdetta è dichiarata dal responsabile del Dipartimento di prevenzione
della Azienda Sanitaria competente per territorio, d’intesa con l’ARPA.
Il Dipartimento di Prevenzione dell'Azienda Sanitaria competente per territorio collabora altresì
con le Forze dell'Ordine all'identificazione dei contaminati e organizza attività di monitoraggio e
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sorveglianza epidemiologica sugli effetti a breve, medio e lungo termine dell'esposizione alla fonte
radioattiva.
5. Informazione alla popolazione
5.1 A livello locale
Nell’area di intervento e nelle aree adiacenti che rischiano di essere coinvolte dalla diffusione
degli agenti di aggressione, l’informazione alla popolazione è coordinata dal Prefetto, che si avvale
della struttura di coordinamento locale.
Le notizie riguarderanno in particolare:
 il luogo, la data e l’ora dell’incidente;
 il tipo di situazione emergenziale in atto;
 le principali caratteristiche delle sostanze radioattive emesse;
 l’area geografica colpita e le aree limitrofe a rischio;
 l’evoluzione prevedibile della situazione in riferimento ai fattori meteorologici;
 le iniziative intraprese per il soccorso urgente della popolazione colpita;
 le eventuali restrizioni alla circolazione delle persone all’aria aperta;
 le eventuali restrizioni sul consumo di alimenti;
 i luoghi di approvvigionamento di acqua e alimenti non contaminati;
 eventuali norme particolare di igiene personale e di utilizzo degli indumenti;
 la distribuzione di prodotti farmaceutici di prevenzione e profilassi;
 le disposizioni da attuare in caso di evacuazione;
 le autorità e gli Enti da contattare per ulteriori informazioni,istruzioni, consigli e soccorso.
La diffusione delle informazioni avviene attraverso comunicati indirizzati alle emittenti
radiofoniche, televisive e organi di stampa locali. Nelle aree adiacenti a quella di intervento e che
rischiano di essere coinvolte dalla diffusione degli agenti di aggressione, la diffusione può avvenire,
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se ritenuto necessario e se sussistono condizioni di sicurezza, anche attraverso il volontariato della
protezione civile.
Il Prefetto informa costantemente il Capo del Dipartimento della Protezione Civile in merito al
contenuto delle notizie diffuse.
.2 A livello nazionale
L'informazione sull'evento a livello nazionale è coordinata dalla Presidenza del Consiglio
dei Ministri, che si avvale del supporto del Dipartimento della Protezione Civile.
La popolazione viene aggiornata sullo sviluppo dell'evento e sui comportamenti da adottare
attraverso:
 comunicati diffusi alle emittenti radiofoniche e televisive a copertura nazionale;
 comunicati per gli organi di stampa a tiratura nazionale;
 apposite conferenze stampa con gli organi di informazione menzionati;
 siti Internet istituzionali della Presidenza del Consiglio e del Dipartimento della protezione
Civile.
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Allegato n.1
Organizzazione e composizione delle Squadre sanitarie di decontaminazione
Le squadre sanitarie di decontaminazione, così come previste dalla pianificazione di settore
del Ministero della Salute, provvedono alla decontaminazione delle persone esposte e al successivo
invio al Posto Medico Avanzato, posizionato in zona "fredda", dove i pazienti sono sottoposti a
triage e, se necessario, a primi interventi essenziali. Successivamente, i pazienti vengono dimessi o
trasferiti in strutture ospedaliere precedentemente identificate nella pianificazione regionale
A livello regionale è prevista la presenza di una squadra operativa in ciascuna provincia con
meno di 300.000 abitanti; per le province con un numero di abitanti superiore, la dotazione di
personale dovrebbe prevedere la presenza sul territorio di un’ulteriore squadra ogni 500.000 abitanti
in più.
Ciascuna squadra di decontaminazione deve essere composta da almeno sei unità di
personale,che verranno individuate dall’Assessorato Regionale alla sanità nell’ambito dei Servizi di
emergenza. Il personale delle squadre deve essere idoneo sotto il profilo psico-fisico, addestrato
all’uso dei DPI e allo svolgimento dei compiti attraverso esercitazioni specifiche.
Nelle more del completo dispiegamento delle squadre previste dalla pianificazione del
Ministero della Salute, ogni Regione può organizzare la dislocazione territoriale di tali squadre sulla
base di criteri di priorità (capoluoghi di Regione, aree industriali ed altri obiettivi sensibili).
La scelta dei dispositivi di protezione individuale (DPI) per gli operatori riguarda lo scenario
di un'esposizione a materiale particellare solido α o β emittente.
La protezione contro le radiazioni γ deve essere attuata tramite un’adeguata gestione dei
turni degli operatori nell’area contaminata. Tutti gli operatori presenti in zona contaminata devono
essere dotati di dosimetri. Al termine delle operazioni, tali dosimetri saranno inviati al fisico
sanitario per le valutazioni di competenza.
Il personale delle squadre sanitarie di decontaminazione deve essere equipaggiato, secondo
le indicazioni dell’ENEA e dell’ISPESL, con:
 tuta non ventilata per la protezione da particolato radioattivo;
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 maschera a pieno facciale con filtro antigas combinato con la protezione da componente
particellare α e β del tipo SXP3 o equivalente;
 guanti di
protezione
contro
le
radiazioni
ionizzanti
e
la
contaminazione radioattiva;
 calzari da indossare sopra stivali, realizzati con materiale identico alla tuta.
Nel caso in cui nella dispersione di materiale radioattivo o nucleare vi sia presenza di
quantità rilevanti di iodio radioattivo, il filtro sopra indicato può essere sostituito con un filtro
combinato P3 con un componente in carbonio attivo per protezione specificatamente efficace contro
lo iodio radioattivo in forma di gas/vapore.
E' opportuna la sigillatura lungo le linee di sovrapposizione tra tuta-maschera, tuta-guanti e
tuta-sovrascarpe, mediante utilizzo di nastro adesivo con buona resistenza all’acqua.
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Allegato n. 2
Contaminazione da radionuclidi
(Piano Nazionale di Settore del Ministero della Salute)
Con il termine "contaminazione radioattiva" di un soggetto si intende la presenza di sostanze
radioattive sulla superficie cutanea e/o sulle mucose (contaminazione esterna) o all’interno
dell’organismo (contaminazione interna).
• CONTAMINAZIONE ESTERNA
In caso di contaminazione esterna è necessario:
 allontanare la persona dall’ambiente contaminato;
 ridurre la dose "locale" cutanea o mucosa;
 prevenire l'assorbimento in circolo del contaminante (evitando così la trasformazione in
contaminazione interna).
L’adozione di tali misure consentirà anche misure dirette più accurate della
radiocontaminazione interna eventualmente concomitante.
Le contaminazioni esterne possono essere semplici o complicate (ad es., da ferite o ustioni).
L'intervento medico deve essere il più possibile precoce, graduale, adeguato. Prima di iniziare
qualsiasi procedura di decontaminazione è necessario che il personale di soccorso si protegga dal
rischio di contaminazione indossando idonei indumenti. Tutti i DPI dopo l'utilizzo vanno raccolti e
smaltiti secondo le vigenti normative per i rifiuti radioattivi.
Il trattamento terapeutico di urgenza in caso di contaminazione esterna, semplice o complicata,
consiste in:
Contaminazioni semplici:
a) mani:
 lavare accuratamente per 3 minuti con acqua tiepida e sapone neutro utilizzando una spazzola
morbida di pura setola e strofinando tra le dita e sotto le unghie;
 monitoring;
 ripetere due volte le suddette operazioni se la cute è sottile:
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 lavare accuratamente per 5 minuti con soluzione al 2% di bromuro di cetiltrimetilammonio dopo
aver allontanato con risciacquo accurato ogni traccia di sapone.
Se la cute è spessa:
 lavare accuratamente per 5 minuti con detersivo in polvere miscelato con crusca o semola fine e
acqua e risciacquare accuratamente;
 monitoring;
 lavaggio con soluzioni a base di chelanti (tipo EDTA e DTPA);
 monitoring;
 ungere con creme a base di lanolina e se la contaminazione persiste fasciare o indossare guanti
in filo;
 controllare il giorno successivo ed eventualmente praticare ulteriori trattamenti.
b) Capelli:
 effettuare un prolungato e ripetuto shampooing, ad es., con soluzione al 4% di bromuro di
cetiltrimetilammonio che va versata sui capelli bagnati, poi rimossa con acqua (il lavaggio va
effettuato con il capo reclinato proteggendo gli occhi);
 nei casi resistenti si deve procedere a rasatura.
c) Occhi:
 effettuare ripetuti lavaggi con acqua o con soluzione fisiologica (utilizzando gli appositi flaconi
con doccetta oculare);
 se necessario, successivamente, applicare collirio decongestionante ed antinfiammatorio.
d) Contaminazione diffusa:
 in caso di interessamento di tutto il corpo o di ampie zone non è indicato effettuare una doccia
in ortostatismo, ma si dovrà procedere, previa liberazione dagli indumenti, a decontaminazione
su barella mediante docce flessibili con acqua tiepida a bassa pressione.
Contaminazioni complicate da ferite o ustioni
a) Ferita non contaminata:
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 trattamento medico-chirurgico della ferita previa protezione con cerotto impermeabile
 dalla eventuale contaminazione di cute sana in zona adiacente;
 monitoring della lesione e del materiale utilizzato nel trattamento;
 protezione impermeabile della lesione;
 decontaminazione della zona cutanea attigua alla lesione secondo quanto riportato
 successivamente per ogni singolo radionuclide.
b) Ferita e ustione contaminata:
 far sanguinare abbondantemente la ferita;
 irrigare a bassa pressione con soluzione fisiologica sterile o con soluzione Dakin tiepida;
 applicare un anestetico di superficie;
 monitoring;
 in caso di contaminazione circoscritta, detergere meccanicamente con tamponi di garza;
 monitoring.
• CONTAMINAZIONE INTERNA
La contaminazione interna rappresenta un complesso fenomeno legato a molti fattori (fisici,
chimici e metabolici) connessi alle circostanze e modalità della contaminazione accidentale. La sua
gravità dipende dagli organi e/o tessuti di deposito, dal tipo di emissione del radionuclide
interessato e dal suo periodo di dimezzamento effettivo.
Le modalità di incorporazione del radionuclide sono costituite dalla inalazione, dalla
ingestione, dalla via cutanea o attraverso ferite.
I principi generali per il trattamento terapeutico delle contaminazioni interne prevedono
innanzitutto che già la semplice presunzione di una contaminazione impone l'adozione di un primo
trattamento terapeutico di urgenza senza attendere precise informazioni radiometriche e
radiotossicologiche; inoltre, l'efficacia del trattamento di decontaminazione in pratica è limitata alla
rimozione del radionuclide in corrispondenza della porta di entrata e dal sangue verso l'emuntorio.
In caso di sospetta contaminazione interna devono essere attuati i seguenti primi interventi
medici:
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 allontanare la persona dall'ambiente contaminato;
 effettuare gli eventuali trattamenti medici di urgenza con eventuale decontaminazione della
ferita o ustione;
 rimuovere e sostituire gli indumenti dopo le prime manovre di decontaminazione esterna;
 effettuare prelievi per gli esami radiotossicologici (muco nasale, urine, materiale di medicazione
o altro materiale biologico proveniente da ferite);
 iniziare il trattamento specifico, anche senza attendere i risultati di laboratorio, nel caso siano
disponibili sufficienti informazioni sul tipo di contaminante;
 inviare il soggetto alle misure di spettometria (whole body counter).
Primi interventi diagnostici nelle contaminazioni
1. Misure dirette:
 al corpo intero;
 alle sedi distrettuali (ferite, tiroide, ecc.).
In caso di contaminanti alfa e beta emettitori, le misure dirette sono possibili solo per
contaminazioni cutanee superficiali.
2. Analisi radiotossicologiche:
occorre iniziare i prelievi appena possibile dopo la contaminazione con indagini iniziali che
riguarderanno i seguenti campioni:
 urine delle prime 24 ore;
 feci dei primi giorni (almeno i primi 3 giorni, almeno le prime 3 sedute) specie in caso di
inalazione di radioelementi poco trasferibili;
 muco nasale dopo contaminazione per inalazione;
 materiale proveniente dalla ferita contaminata o applicato su di essa (ad es.: materiale di
medicazione, o frammenti chirurgici);
 campione di sangue, eventualmente campione di cerume.
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Contaminazione interna per inalazione
In caso di contaminazione per via inalatoria una delle vie di eliminazione è costituita dal
tratto gastro-intestinale, quindi la depurazione di quest'ultimo può rimuovere una importante
frazione della contaminazione totale. Conseguentemente è essenziale, nel caso di tale tipo di
contaminazione, rendere il radionuclide insolubile a livello del tratto gastrointestinale e accelerarne
il transito per mezzo di lassativi. Caso a parte è quello della contaminazione con iodio radioattivo in
forma gassosa che richiede immediatamente il blocco della captazione tiroidea con
somministrazione di iodio stabile.
Contaminazione interna per ingestione
In caso di tale contaminazione è di fondamentale importanza conoscere il tipo di
radionuclide; infatti, il tipo di trattamento dipende dalla assorbibilità o meno del radionuclide a
livello del tratto gastro-intestinale.
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Allegato n.3
Procedure per la iodioprofilassi
Si riportano le indicazioni fornite dal Ministero della Sanità nel 1988 in merito alle
procedure e le indicazioni per la iodioprofilassi. Tale profilassi è indicata qualora si rilevi o si
sospetti l'esposizione rilevante a radio-iodio. In particolare, tale esposizione deve essere valutata in
caso di attacco con ordigno nucleare, attacco a reattori nucleari anche se installati su mezzi a
propulsione nucleare o comunque in caso di attacco a depositi o trasporti di materiale nucleare
irraggiato di recente.
La somministrazione di iodio stabile riduce l'accumulo di iodio radioattivo in tiroide e
questo effetto è tanto più efficace quanto più precoce è l'ingestione dello iodio stabile rispetto
all'esposizione allo iodio radioattivo. Tuttavia, perdurando la radioattività ambientale o negli
alimenti per alcuni giorni o alcune settimane, una profilassi effettuata non immediatamente dopo
l'incidente ha una sua efficacia nel ridurre la dose di radiazione alla tiroide.
Le indicazioni principali da considerare sono le seguenti:
 attuare l'intervento di iodioprofilassi per dosi di esposizione alla tiroide superiori a 50 mSv;
 attuare la iodioprofilassi con un'unica somministrazione, più precocemente possibile e secondo
la seguente posologia;
-
adulti (15 - 40 anni)
2 compresse*
-
4 - 14 anni
1 compressa*
-
1 mese - 3 anni
1/2 compressa*
-
neonati (fino a 1 mese di vita)
1/4 compressa*
(* Posologia riferita a compresse da 65 mg, equivalenti a 50 mg di iodio).
 la posologia indicata per gli adulti è indicata anche per le donne in gravidanza e che allattano;
 in caso di persistenza del rischio di irradiazione tiroidea l'Autorità Sanitaria potrà considerare
l'opportunità della somministrazione di dosi multiple, fatta eccezione per le donne in gravidanza
ed i neonati;
 Il foglio illustrativo della confezione deve contenere le seguenti informazioni:
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 la somministrazione di iodio ad alte dosi è controindicata: nei soggetti di età superiore a 40
anni; nei casi di ipersensibilità o allergia allo iodio; nei casi di disfunzione della tiroide o di
presenza di noduli tiroidei;
 per i neonati ed i bambini che non sono in grado di inghiottire la compressa o la sua porzione, la
dose del farmaco deve essere schiacciata e somministrata sciolta nel latte o in un cucchiaio di
zucchero o di marmellata.
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