Il Codice del Lavoro e la Legge del dialogo sociale

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Il Codice del Lavoro e la Legge del dialogo sociale
Nr.34/26.08.2011
Il Codice del Lavoro e la Legge del dialogo sociale –
Differenze e mancate correlazioni
Il Codice del lavoro e la Legge del dialogo sociale sono stati adottati insieme, avendo entrambe lo stesso
obiettivo – la flessibilizzazione del mercato del lavoro ecc. - di conseguenza era normale di essere
perfettamente correlate. O, inoltre, la Legge del dialogo sociale, che riguarda specialmente le relazioni
collettive di lavoro, sarebbe dovuto essere integrata nel Codice del lavoro. Non è successo così, ed i loro
provvedimenti non sono (abbastanza) armonizzati. Nel presente studio verranno analizzate esclusivamente
le disposizioni relative alla giurisdizione di lavoro.
Approfondimento
Il Codice del lavoro contiene un titolo speciale (XII), intitolato La Giurisdizione del lavoro, e la Legge N.
62/2011 del dialogo sociale contiene nella sua struttura il capitolo VI, intitolato “Conflitti individuali di
lavoro”, localizzato nel Titolo VII – “Negoziazioni collettive di lavoro”. A parte il fatto che il capitolo VI
non sarebbe adeguato nell’ambito delle negoziazioni collettive, esso riguarda la soluzione dei conflitti
individuali di lavoro, più preciso di alcune regole di procedura incontrate in una certa misura sia nel
Codice del lavoro, che nel Codice di procedura civile.
Secondo la Legge del dialogo sociale (l’art. 1 punto p) il conflitto individuale di lavoro è quel conflitto
“che ha come obiettivo l’esercizio di alcuni diritti o l’adempimento di alcuni obblighi che risultano dai
contratti individuali e collettivi di lavoro o dagli accordi collettivi di lavoro ed i rapporti di lavoro dei
funzionari pubblici, oltre che dalle leggi e dagli altri atti normativi. Inoltre, sono considerati conflitti
individuali di lavoro i seguenti:
i conflitti relativi al pagamento delle compensazioni per la copertura dei pregiudizi causati dalle
parti mediante il mancato adempimento o l’adempimento non corrispondente degli obblighi
stabiliti tramite il contratto individuale di lavoro o tramite il rapporto di lavoro;
i conflitti correlati alla constatazione della nullità dei contratti individuali di lavoro o di alcune
clausole relative;
i conflitti correlati alla constatazione della cessazione dei rapporti di lavoro o di alcune clausole
relative;
Si può osservare dal presente testo che il conflitto individuale di lavoro:
riguarda sia i conflitti emersi dai contratti individuali di lavoro, che quelli dai contratti (accordi)
collettivi, oltre che dai rapporti di lavoro;
mira sia ai dipendenti, che ai funzionari pubblici;
fa riferimento specialmente all’esecuzione dei contratti (accordi) individuali e collettivi di
lavoro, dei rapporti di servizio, ed anche alla cessazione degli stessi;
l’oggetto dei conflitti di lavoro comprende anche gli aspetti relativi alla responsabilità
patrimoniale o civile contrattuale delle parti dei rapporti di lavoro (di servizio);
mira alla nullità dei contratti individuali di lavoro (non a quelli collettivi).
La sfera dell’oggetto della giurisdizione del lavoro, secondo l’art. 266 del Codice del lavoro, è più
ristretta e consiste nella “soluzione dei conflitti di lavoro concernenti la conclusione, l’esecuzione, la
modifica, la sospensione e la cessazione dei contratti individuali o, secondo il caso, collettivi di lavoro
previsti dal presente codice, oltre che delle richieste relative ai rapporti giuridici tra i partner sociali,
stabilite in conformità con il presente codice.”
In conformità con le disposizioni della Legge del dialogo sociale, “i conflitti individuali sono soluzionati
dalle istanze giudiziarie” (art. 208), queste istanze essendo stabilite mediante la legge (art. 209). Il
Codice del lavoro indica espressamente il Codice di procedura civile.
La competenza territoriale delle istanze giudiziarie è regolata diversamente dai due atti normativi.
In conformità con l’art. 269 comma 2 del Codice del lavoro, essa appartiene all'istanza “nella quale
giurisdizione il reclamante ha il suo domicilio o residenza o, secondo il caso, la sede”. Quindi, la
competenza territoriale dell’istanza è la stessa indipendentemente se il reclamante è il dipendente o il
datore di lavoro.
Art. 210 della Legge del dialogo sociale, ha in vista esclusivamente, la situazione in cui il dipendente è il
reclamante: la competenza appartiene all’istanza giudiziaria “nella cui giurisdizione il reclamante ha il
suo domicilio o posto di lavoro”.
I termini entro i quali possono essere notificate le istanze giudiziarie sono diversi.
Inoltre, l’art. 268 del Codice del Lavoro prevede che:
“(1) Le richieste per la soluzione di un conflitto di lavoro possono essere formulate:
entro 30 giorni solari dalla data in cui è stata comunicata la decisione unilaterale del datore di
lavoro relativa alla conclusione, esecuzione, modifica, sospensione o cessazione del contratto
individuale di lavoro;
entro 30 giorni solari dalla data in cui è stata comunicata la decisione di sanzione disciplinare;
entro 3 anni dalla data della nascita del diritto di proporre un’azione in giudizio, nella situazione
in cui l’oggetto del conflitto individuale di lavoro consiste nel pagamento di alcuni diritti salariali
non conferiti o di alcune compensazioni verso il dipendente, oltre che nel caso della
responsabilità patrimoniale dei dipendenti rispetto al datore di lavoro;
per tutta la durata dell’esistenza del contratto, nel caso in cui si richiede la constatazione della
nullità di un contratto individuale o collettivo di lavoro o di alcune clausole relative;
entro 6 mesi dalla data di nascita del diritto di proporre un’azione in giudizio, nel caso della
mancata esecuzione del contratto collettivo di lavoro o di alcune clausole relative.
(2) In tutte le situazioni, altre che quelle previste nel comma (1), il termine è di 3 anni dalla data di
nascita del diritto.”
Inoltre, l’art. 211 della Legge del dialogo sociale disporre:
“Le richieste possono essere formulate dalle persone che hanno avuto i diritti violati nel modo seguente:
le misure unilaterale di esecuzione, modifica, sospensione o cessazione del contratto
individuale di lavoro, incluso gli impegni di pagamento di alcune somme di denaro, possono
essere contestati entro 45 giorni solari dalla data in cui la persona interessata ha preso
conoscenza della misura prevista;
la constatazione della nullità di un contratto individuale di lavoro può essere richiesta dalle parti
per l’intero periodo in cui il contratto relativo è applicato;
il pagamento delle compensazioni per i danni causati ed il risarcimento di alcune somme che
hanno formato l’oggetto di certi pagamenti non dovuti possono essere richiesti entro 3 anni
dalla data della produzione del danno”.
Possono essere osservate le seguenti differenze e mancate correlazioni:
mentre l’art. 268 comma 1 lett. a del Codice del lavoro riguarda anche i conflitti risultati dalla
conclusione del contratto individuale di lavoro, l’art. 211 lett. a) dalla Legge N. 62/2001 non
enumera questi conflitti;
i termini di notifica dell’istanza sono diversi: 30 giorni solari (art. 268 comma 1 lett. a e b del
Codice del lavoro); 45 giorni solari dalla data in cui la persona interessata ha preso conoscenza
della misura prevista (art. 211 lett. a) dalla Legge N. 62/2011);
la data da quale inizia il termine di 3 anni nel caso della responsabilità patrimoniale
(contrattuale) è pure diversa. Mentre il Codice del lavoro prevede che questo termine inizia
“dalla data di nascita del diritto” (art. 268 comma 1 lett. c e comma 2), la Legge N. 62/2011
prevede che lo stesso inizia "dalla data della produzione del danno” (art. 211 lett. c).
Ci sono differenze tra i due atti normativi e relativamente ai termini di giudizio. Secondo il Codice del
lavoro, questi termini “non possono essere maggiori a 15 giorni” (art. 271 comma 2), ed in conformità
con la Legge del dialogo sociale, “non possono essere maggiori a 10 giorni” (art. 212 comma 2).
Un’altra differenza tra i due atti normativi riguarda il carattere delle decisioni del tribunale di prima
istanza. Esse “sono definitive ed esecutorie di diritto” (art. 274 del Codice del lavoro) o solo “definitive”
(art. 214 della Legge del dialogo sociale).
Costatando che tra il Codice del lavoro e la Legge del dialogo sociale ci sono differenze e mancate
correlazioni per quanto riguarda la soluzione dei conflitti di lavoro, le loro disposizioni devono essere
applicate secondo il caso, tenendo conto delle regole d'interpretazione delle norme giuridiche.
Fonti:
Differenze e mancate correlazioni tra i provvedimenti del codice del lavoro e quelli della legge del
dialogo sociale N. 62/2011 relativi alla giurisdizione del lavoro - Prof. univ. dr. Alexandru ŢICLEA –
Articolo pubblicato nella “RIVISTA RUMENA DI DIRITTO DEL LAVORO” N. 4 del 30 giugno 2011.
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