il libro LETTO DA…

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il libro LETTO DA…
Scheda
L’età indecente - Niccolò, tredici anni,
con i suoi “attacchi di nientite” e “fancazzismo”, e le emozioni sequestrate da uno
schermo e una madre molesta che “strippa” e “sclera”, e un padre fantasma, senza parole e senza sguardo. Caterina, madre matura, che convive col silenzio, con
un figlio improvvisamente alieno, strafottente, ostile, di cui non sa più nulla, e intanto strattonata tra il lavoro e la famiglia, fa i conti con i suoi bilanci e con il
tempo che corre troppo in fretta, tagliandole la strada. Tra indagine e romanzo,
con un’intensa capacità narrativa e introspettiva, un nuovo viaggio di Marisa
Lombardo Pijola nel mondo dei ragazzi,
per documentare una deriva che si allarga inarrestabilmente e raccontare ciò che
trasforma le famiglie in “non luoghi nei
quali si convive senza condividere”.
Marida Lombardo Pijola – è giornalista inviata speciale a “Il messaggero”,
dove si è occupata di mafia, di politica,
di società. Con il libro “Ho dodici anni
faccio la cubista mi chiamano principessa” ha rivelato il mondo segreto ed
i nuovi riti dei pre-adolescenti. Madre
di tre figli adolescenti, è autrice di inchieste per il suo giornale e commentatrice sui principali network televisivi e
radiofonici. Ha ricevuto da telefono azzurro” una targa per la sua attività in favore dei minori.
Marida Lombardo Pijola, L’età indecente, Bompiani, Bergamo 2009, pp.
390, € 18,00
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SEGNALIAMO
il libro
LETTO DA…
… una psicologa
“…Consiglio la lettura di questo romanzo sia ai genitori che
ai ragazzi, perché possano imparare a vedersi con gli occhi
dell’altro ed a capire l’importanza del dialogo ( vero) tra le
generazioni. E, perché no? perché imparino un po’ anche a ridere di se stessi e delle loro manie.”
Attraverso le voci intrecciate di madre e figlio, l’Autrice tratta molti temi della nostra vita quotidiana che ci toccano profondamente.
Famiglia come trama di relazioni non solo tra madre e figlio, ma
anche tra moglie e marito e tra la madre ed il proprio padre; crisi coniugale, crisi di mezza età, crisi della funzione genitoriale, crisi
della funzione insegnante. Detto così, a nessuno magari viene voglia di leggere questo romanzo… invece il tutto è condito con ironia, scritto in uno stile accattivante e leggero, tanto che una volta iniziato non si riesce ad interromperne la lettura. Madre e figlio
sono intrappolati in un’impasse relazionale, un continuo scontro in
cui è impossibile prendere le parti dell’una o dell’altro. Entrambi
hanno ragione, dal loro punto di vista. Il lettore si trova in una posizione privilegiata, in quanto è l’unico ad avere entrambe le chiavi di lettura, ma anche scomoda, a volte prova persino rabbia, perché vorrebbe scuoterli, farli incontrare, dialogare tra loro. È infatti
la mancanza di dialogo che genera l’incomprensione tra i due. Se
dapprima mi sono sentita solidale con Caterina, mamma premurosa “licenziata senza preavviso” da un ragazzino strafottente, costretta a vivere con un marito “ombra”, “impagliato” davanti allo schermo del computer o della TV, subito dopo ho provato un moto di
comprensione per questo ragazzo “scompigliato dall’adolescenza” e
mi sono sentita sua complice. La stessa madre, per la quale poche pagine prima avevo provato una profonda simpatia, mi è parsa troppo invadente e straripante, troppo simile a certe madri che
conosco, sempre pronta a criticare il figlio senza neanche conoscerlo veramente, senza aiutarlo ad esprimere se stesso, senza accorgersi
che quello che ha davanti non è più un bambino, il “suo” bambino.
L’adolescenza è il momento in cui dobbiamo separarci dall’immagine del nostro sé bambino e creare una nuova immagine di noi stessi. In questa fase una madre che ci insegue chiamandoci Occhidoro,
come fa la protagonista nei confronti del figlio, non facilita di certo le cose. Niccolò non ha altre vie d’uscita se non quella di tapparsi
le orecchie e chiudersi in camera, dove troverà in un mondo virtuale lo spazio per esprimere la sua creatività, un blog dove poter sperimentare nuovi aspetti di sé, in relazione ai pari, alle droghe, al sesso. Una possibilità di svolta tra i due si avrà solo quando Niccolò
per la prima volta si sentirà rispondere da sua madre “Hai ragione”,
non appena sarà riconosciuto e legittimato come persona e non visto più solo come un figlio.
Susanna Tassinari
Neolaureata in Psicologia – Università degli studi di Padova
n.11 novembre 2009
Le parole per dirlo
LETTO DA…
… una mamma
“Il romanzo L’età indecente mi ha attirato principalmente per una curiosa coincidenza: i nomi dei protagonisti corrispondono al mio e a quello di mio figlio maggiore (anche se la storia poi è completamente diversa)
e poi perché mio figlio più piccolo ha la stessa età del protagonista…”
Ho apprezzato molto la lettura delle due versioni vissute in parallelo dai
due protagonisti: la mamma, Caterina da una parte e il figlio, Niccolò
(che la racconta nel gergo comune,
credo, a tutti i ragazzi delle grandi
città) dall’altra.
Una storia di quelle che possiamo
trovare tutti i giorni sui quotidiani,
storia di droga, di sesso, di bullismo,
ma soprattutto di grande solitudine e
di mancanza di comunicazione. Una
famiglia come tante, la mamma presa da mille cose, fra le quali il lavoro e il fallimento del suo matrimonio. Il padre assente. Il figlio che,
all’età di 12 anni, viene lasciato incondizionatamente davanti al p.c.,
alla TV, alla play station. E’ un libro
che mi ha coinvolto moltissimo: ho
vissuto le angosce della mia omonima, e nel contempo, ho seguito con
preoccupazione gli “attacchi di nientite” di Niccolò, il suo vuoto affettivo che lui riempie cercando di essere accettato dal gruppo dei “forti”
di cui non condivide tutto, ma non
può permettersi di dimostrarlo altrimenti diventa uno “sfigato” un “fallito”, quindi rispetta le regole del gioco e si abbandona a tutti gli eccessi:
alcool, droga, ecc.
La scuola, in quel caso, è completamente assente. Dentro alla scuola fumano, si drogano, si consumano dei
veri drammi e gli insegnanti fanno
finta di non vedere. Un insegnante,
pensando di limitare i danni, fa vedere loro come scegliere l’erba giusta, quella non tagliata. Un’altra si rifiuta di accettare che succedano certe
cose... Fortunatamente la mia esperienza di scuola è diversa, almeno finora. In effetti ho trovato, alle medie
e alle superiori, insegnanti molto attenti che si spendono per avvicinarsi
ai nostri ragazzi e per aiutarli a trovare delle alternative. Il messaggio forte
de “L’età indecente” è il dialogo. Bison.11 novembre 2009
gna parlare con i nostri figli, trattarli
non “da figli, ma da persone” perché
“….una persona è un casino di cose,
non solo un figlio”. A volte noi genitori non pensiamo che i nostri ragazzi hanno tanto bisogno di parlare, di
essere capiti, ma soprattutto ascoltati e di sentire che la loro opinione e
le loro idee contano per noi… Purtroppo molti di noi si rifanno a vecchi schemi educativi, pensando che ai
figli si debba solamente imporre, senza spiegazioni, senza perchè. La seconda cosa che l’autrice ci suggerisce è la condivisione di un interesse
che può essere il computer, internet,
uno sport, un qualcosa che accomuna madre e figlio, insomma, un’altra
porta aperta al dialogo, una maniera di semplificarlo. Una cosa che mi
ha colpito molto è stata che i ragionamenti dei ragazzi sono molto semplici e proprio per questo giungono
a certe conclusioni molto prima degli
adulti: “… Se lo dovevi abbracciare, a
nonno, e gli dovevi dire “ti voglio tanto
bene”, perchè non lo hai detto prima che
moriva? Che lo fai a fare, adesso? Mica
ti sente, e ti risponde “Anch’io”. Adesso è
morto. Adesso è troppo tardi...”
E’ stata una lettura molto piacevole e
molto coinvolgente. Mi ha strappato
qualche lacrima, ma anche qualche
sorriso soprattutto leggendo le considerazioni personali di Niccolò che,
con la ingenuità propria dell’età, ci
ricorda che, a volte, le cose sono più
semplici di quello che sembra.
Un libro per tutte le mamme e, perché no, anche per i papà “uominiombra”, ma anche per quelli che credono di essere presenti con i propri
figli solo perché concedono loro del
tempo dimenticando che, a volte,
basta solo dire loro “ti voglio bene”
… perché ….”metti che poi scade”.
Caterina Maggiolo
Madre e impiegata
[…]
Le madri “daiparliamo” non
parlano perché devono dire qualcosa di particolare. Parlano perché devono parlare. Conta, parlano quando gli va di parlare a
loro, senza chiedere se ti va di
parlare pure a te, e scelgono loro
gli argomenti, senza chiedere se
magari tu preferiresti altri argomenti, oppure preferiresti non
parlare proprio, e stare zitto. Le
madri “dai parliamo” non parlano per sapere cosa pensa il figlio. Parlano per far sapere al figlio cosa pensano loro.
[…]
L’ultima volta che abbiamo parlato dev’essere tre giorni fa, non
so, cioè, forse quattro, tipo una
cosa che prima di andare a letto
lui mi ha chiesto “Come va?” e
io gli ho detto “Bene” e lui mi ha
detto: “ Bravo, buona notte.” In
pratica, io con mio padre non ci
parlo mai, o forse è lui che non ci
parla mai con me, cioè non so chi
non parla con chi, ma è uguale,
nel senso che tanto non parliamo…..Quando sta a casa si incolla alla poltrona, non si muove proprio, cioè tipo impagliato.
Poi tiene gli occhi fissi alla televisione e non guarda nient’altro,
tipo cieco.
[…]
Su mio figlio da qualche tempo non ho informazioni precise,
solo sospetti, sensazioni che talvolta si impennano verso livelli di massima allerta e poi, circumnavigando, rifluiscono al
punto di partenza. Vivo d’indizi, d’ansia, d’impotenza.
[…]
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