Dalla testa al cuore e oltre

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Dalla testa al cuore e oltre
XXV CONGRESSO NAZIONALE DELLA SOCIETA’
ITALIANA AGOPUNTURA
Firenze 2005
Dalla testa al cuore e oltre:
il terapista olistico tra Oriente e Occidente
(Caterina Martucci)
Quanto studio, quanto apprendimento, quanta cultura acquisisce il terapista olistico nel corso
di anni dedicati con passione alla comprensione teorica e pratica della disciplina olistica che lo ha
affascinato, e ancora lo affascina, per la sua potenzialità di prendersi cura dell’essere umano nella
sua interezza di corpo-mente-spirito.
Impara tutto ciò che c’è da sapere sull’energia vitale e si convince che trattare e curare malattie
fisiche, psichiche, spirituali non è affatto velleitario. E’ veramente possibile!
E tuttavia la sua sete di conoscenza sembra incolmabile. Un altro libro, un altro seminario di
approfondimento, un altro congresso. E così anno dopo anno, sottraendo tempo agli affetti familiari,
al riposo, agli hobbies; il terapista olistico è mosso dalla sensazione sotterranea che c’è ancora
qualcosa che gli sfugge, qualcosa che deve ancora imparare per completare la sua preparazione.
Egli ancora sperimenta, dopo anni di lavoro clinico, la difficoltà di afferrare il significato intimo ora
di un successo inaspettatto, ora di un insuccesso frustrante e convive con feelings di onnipotenza
che si alternano con un intima sensazione di inadeguatezza. Avverte l’esistenza di una sorta di
frattura tra ciò che ha studiato e ciò che riesce a realizzare nella clinica terapeutica.
Perché questo accade?
Ho vissuto io stessa per anni questa sete insaziabile di conoscenza, che, per quanto cercassi
di appagare, non mi liberava dalla persistente sensazione che ancora mancava qualcosa. E ho
incominciato a chiedermi “cosa c’è all’origine del mio disagio, quali strumenti mi mancano, perché,
malgrado il mio impegno totale, non mi sento realizzata come terapista olistico?”
La risposta è arrivata quando ho spostato il fuoco della indagine dal mio essere medico
esperto di medicina cinese al mio essere persona. Dal ruolo di medico all’essere che si ritrovava a
ricoprire quel ruolo.
Divenne chiaro per me che di fatto non ero un terapista olistico; fondando la mia
comprensione unicamente sull’attività della mente logica-razionale, non ero in grado di rimanere
aperta a ricevere l’imprevedibile unicità del malessere del paziente che mi chiedeva aiuto. Mi resi
conto che la mente logica-razionale, per quanto brillante, è inadeguata ad afferrare intimamente i
molti piani di manifestazione dell’essere. Giudicavo continuamente chi mi stava davanti come
emozionale, viscerale, fragile, contradditorio; ed ero spesso irritata dalle pressioni che i pazienti mi
facevano sottilmente, e forse inconsapevolmente, per essere accettati, non solo su un piano formale
ma umano con il loro bagaglio di fragilità e incongruenze, con tutta la loro specificità di essere
unico.
La medicina occidentale e la medicina olistica
La medicina moderna, detta scientifica, ha una visione meccanica dell’uomo: divide, confronta e
tratta con successo dei frammenti, delle parti anche piccolissime del corpo.
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Ma, se consideri l’uomo come una macchina e ne studi le parti e le ripari, o anche ne sostituisci i
pezzi malfunzionanti, hai comunque una visione parziale di esso.
La medicina scientifica può accettare il corpo e la sua malattia, ma non si preoccupa di emozioni o
di spirito, non accetta l’essere con la sua soggettività. Confidando unicamente sulla comprensione
della mente logica-razionale si priva della possibilità di accogliere l’essere vivente nella sua
interezza. E va avanti, invece, a formulare teorie e idee, per poi eventualmente mutarle; e cerca di
adattare delle diagnosi astratte alla realtà. Il paziente è la realtà e la mente logica-razionale si sforza
di adattare questa realtà vivente alle teorie. La malattia prende il sopravvento sul malato!
Nel campo delle discipline olistiche - e questa è la loro gloria - non funziona così. L’attitudine è
quella di prendersi cura della totalità, perché è risaputo che solo l’interezza porta salute e sanità.
Cosa serve allora perché questo progetto terapeutico possa funzionare?
Serve una comprensione multidimensionale. L’essere umano si manifesta, in salute e malattia, su
molti piani contemporaneamente. Fisico? Si. Emozionale? Si. Mentale? Si. Spirituale? Si.
Ogni essere umano è un continuum ininterrotto di corpo-psiche-spirito, e l’energia vitale che lo
permea variamente si intreccia a tessere una tela unica e autentica, benché misteriosa. E il mistero si
svela al terapeuta che si pone dinanzi a lui da uno spazio di umiltà, da uno spazio di curiosità e di
non-sapere. Si svela al medico che non funziona unicamente dalla mente e dal sapere appreso dai
libri e dagli altri, ma che è capace di essere presente con tutto se stesso - testa, cuore, visceri dinanzi al paziente e di accettare la sfida del nuovo e del dinamismo della vita. E solo in queste
condizioni sarà in sincronicità con il nuovo, con il presente, con la vita che pulsa nella persona che
lo ha scelto per essere aiutato a ritrovare salute e ben-essere.
Noi operatori olistici occidentali siamo il frutto della società in cui siamo cresciuti; e la nostra
cultura ci ha insegnato fin dall’infanzia a focalizzare tutte le energie nella testa, a divenire forti nel
ragionamento logico. Studiamo e apprendiamo molte cose: teorie astratte, concetti, idee; ma queste
conoscenze non ci danno la visione della realtà, non ci permettono di guardare il mondo così com’è
e di accettare le sue contraddizioni.
L’essere umano - e tra questi c’è spesso anche l’operatore olistico - che è troppo ‘orientato verso la
testa’ è incapace di sentire, è incapace di amare, è incapace di fidarsi delle proprie intuizioni, che
razionali non sono.
E così piano piano egli perde contatto con la ricchezza della vita dentro e fuori di lui. La linfa non
scorre ed è tagliato fuori dall’universo: perde la capacità di essere in contatto con il suo mondo
interiore e quindi con l’esistenza e la vita.
Chi ha scelto di essere un medico o un terapista olistico, se ha perso la capacità di essere in contatto
con il suo sentire, se ha perso la capacità di accettare e comprendere il suo paziente/cliente, non è in
grado di fatto di accogliere la realtà che ha davanti così com’è, senza manipolarla con le sue idee su
come la realtà dovrebbe essere.
Il terapista olistico
Di che cosa ha bisogno il terapista olistico per essere tale di nome e di fatto?
Egli ha bisogno di essere esistenzialmente in contatto con le polarità materiali e spirituali
della vita e capace di confrontarsi in modo appropriato –vale a dire come un essere umano maturocon le sfide del nostro tempo e della nostra società. Ed egli manifesta questa sua maturità nel modo
in cui vive la sua vita personale e professionale.
Egli ha bisogno che la sua comprensione avvenga a più livelli: mentale, emozionale,
esistenziale (intuitiva).
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Questo vuol dire che ha bisogno di funzionare non dalla sua testa ma dal centro del suo essere, dalla
sua totalità.
Questo vuol dire che ha sì bisogno di cultura come back-ground, ma che ha specialmente bisogno di
essere sensibile alla realtà, di avere una consapevolezza sgombra di pensieri e solo abitata da ciò
accade nel momento, nel ‘qui e ora’.
Ciò che è necessario è essere totalmente all’erta per essere sensibili a ciò che si sta
manifestando; il medico (o il terapista) è davanti al paziente con tutto se stesso, pronto a vedere, ad
ascoltare e sentire, anche dentro di sé, che cosa quell’essere gli sta comunicando, sia verbalmente
che con il linguaggio del suo corpo.
Solo su queste basi l’agire del medico nel formulare la diagnosi e impostare la terapia, non è una
reazione che viene dal passato (fondata sulle conoscenze teoriche acquisite) ma è una risposta alla
realtà. Una risposta al quesito che affiora nel momento presente.
Acquisire le risorse perché questo possa accadere fa parte della preparazione dell’operatore olistico.
La preparazione dell’operatore olistico e la medicina tradizionale cinese
Il terapista olistico per essere tale ha bisogno di funzionare a partire da tre centri:
- uno si trova nella testa e permette di pensare
- un altro è localizzato nel petto e permette di sentire
- il terzo è nel basso ventre – nell’area sottombelicale - e connette con la radice dell’essere, con
l’origine.
Questi tre centri sono noti nell’ambito della medicina cinese come dantian superiore, mediano e
inferiore. Essi corrispondono ai centri energetici chiamati nella terminologia indù chakra 1 . Il
dantian inferiore corrisponde al I e II chackra; il dantian mediano al III e IV chakra e il dantian
superiore al V, VI e VII chakra.
Io vorrei suggerire di integrare l’insegnamento attualmente erogato dalle scuole olistiche in
Occidente, e finalizzato a mettere le basi della conoscenza teorica della Medicina Cinese e delle sue
tecniche (oppure dello shiatzu, dell’ayurveda, della medicina tibetana ecc…della psicoterapia
interpersonale….) con un lavoro sull’energia basato sulla esperienza personale.
Energia è la materia del nostro corpo; energia sono i pensieri, le emozioni, le sensazioni - dalle più
grossolane alle più sottili. Solamente quando si impara ad essere consapevoli di ciò che accade di
fatto nel proprio corpo fisico, emozionale, spirituale si incomincia a ritornare all’essenza del proprio
essere umani con i piedi ben radicati nella terra e la testa che si erge verso il cielo.
E dal pieno riconoscimento del diritto/dovere di occupare questo spazio specialissimo in cui
siamo collocati con un piede nel relativo (la materia, la terra) e l’altro nell’assoluto (lo spirito, il
cielo) è possibile prendere responsabilità della ricchezza del proprio essere. Chi sa fare questo e
anche capace di riconoscere la stessa ricchezza in colui che gli si affida fiducioso di trovare rispetto
per la propria soggettività e individualità e ricevere davvero cure olistiche.
Tutto questo è semplice da dire, ma un po’ più difficile da fare.
Richiede curiosità e voglia di riscoprire le proprie risorse dimenticate, amore per la verità, impegno
a continuare il training per il tempo necessario, fiducia nel processo e una certa leggerezza gioiosa.
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“Chakra significa ruota. La ruota necessità di energia; quando l’energia entra nella ruota, la ruota comincia a
muoversi. Dicendo si muove intendo dire che inizia a funzionare. A questo punto nell’essere accade una grande
rivoluzione.
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Cosa fare, come procedere in pratica in questo lavoro di attivazione dei propri centri di
comprensione? Ecco qui di seguito elencate, secondo l’esperienza da me maturata in anni di lavoro
di ricerca di crescita umana personale, alcune modalità di percorso possibili.
La formazione dell’operatore olistico:
dalla teoria alla pratica
Le tre regolazioni
Per regolazione qui si intende l’atto di rivolgere l’attenzione/energia verso l’interno e, attraverso
l’intenzione - che è presenza consapevole - permettere alla parte che è oggetto di allenamento di
armonizzarsi con il tutto, dentro e fuori di sé.
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Regolare il corpo
Pratiche di consapevolezza corporea per imparare a sentire il corpo e ad abitarlo
Pratica del grounding
Pratiche di correzione posturale
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Regolare la mente
Tecniche di rilassamento
Tecniche di concentrazione
Tecniche di visualizzazione.
• Regolare il respiro
L’energia ha normalmente la tendenza a salire alla testa e attraverso gli organi di senso (occhi,
orecchie, bocca) tende ad andare verso l’esterno.
È di importanza fondamentale utilizzare la regolazione del respiro per aiutare l’energia a scendere
dalla testa verso il torace e verso l’addome.
- Tecniche di concentrazione sul respiro
- Tecniche di respirazione
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Sentire l’energia e rimuovere gli ostacoli alla sua circolazione
- Pratica di ‘forme di qigong’, dinamiche e statiche
- Esercizi di visualizzazione e di attivazione dell’energia lungo i canali
- Esercizi di visualizzazione e di attivazione dell’energia dei tre dantian
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I tre tesori dell’uomo e le trasformazioni di jing, qi e shen
Sperimentazione sulle tre energie e la loro trasformazione
- La piccola circolazione celeste
- La meditazione
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Personalità e vero sé
- La natura essenziale e le sue qualità
Caterina Martucci
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