atti degli apostoli
Transcript
atti degli apostoli
MH4.qxd 23/09/2003 13.24 Pagina 1 ATTI DEGLI APOSTOLI Introduzione Abbiamo visto, con gran beneficio per le nostre anime, la nascita della «religione pura» (Gm 1:27) nella storia del nostro amato Salvatore – che ne è il fondatore – nel racconto che ce ne danno i quattro scrittori ispirati dei Vangeli, i quali concordano sulla santa verità e sulle sue incontestabili prove secondo cui Gesú è il Cristo, il Figlio del Dio vivente. Ed è su questa roccia che la Chiesa cristiana è stata edificata (cfr. Mt 16:16-18). Il libro che adesso ci si accinge a studiare racconta come ebbe inizio questa costruzione, e lo fa con la testimonianza di un solo scrittore. Infatti, era necessario riferire e testimoniare, in modo piú ampio, sull’opera di Cristo che non su quella degli apostoli. Se l’infinita Saggezza divina l’avesse ritenuto opportuno ci avrebbe dato tanti libri concernenti gli Atti degli Apostoli quanti sono i Vangeli, o quanti avrebbero potuto essere, ma, per timore di sovraccaricare il mondo (cfr. Gv 21:25), essa ci ha dato quanto è sufficiente per raggiungere i suoi scopi, a condizione che noi ci applichiamo per trarne beneficio. La storia raccontata in questo libro – che è sempre stato accettato come parte del canone sacro – può essere considerata: I. Con lo sguardo rivolto all’indietro, ossia ai Vangeli su cui getta luce, rafforzando la nostra fede in essi. Le promesse fatte nei Vangeli giungono, infatti, a compimento nel libro degli Atti, soprattutto quella riguardante l’effusione dello Spirito Santo e le sue potenti operazioni, sia sugli apostoli – che qui troviamo, dopo pochi giorni, trasformati in uomini ben diversi da quelli che abbiamo lasciato nei Vangeli, non piú deboli di mente e di cuore, ma capaci di proclamare ad alta voce ciò che prima non avevano avuto il coraggio di balbettare (Gv 16:12), audaci come leoni nell’affrontare quelle persecuzioni al cui solo pensiero avevano tremato come agnelli – sia con gli apostoli, rendendo potente la parola predicata per abbattere le roccaforti di Satana, che, al confronto, quella predicata in precedenza sembra vuota. Qui, il mandato affidato agli apostoli diventa esecutivo, e i poteri loro conferiti sono esercitati mediante i miracoli operati sulle persone: miracoli di misericordia che donano salute ai malati e vita ai morti; miracoli di giudizio che colpiscono i ribelli accecandoli o facendoli morire; miracoli ancora maggiori operati nella mente delle persone con il conferimento dei doni dello Spirito Santo sia di potenza soprannaturale che di parola soprannaturale. Ciò testimonia l’adempimento dei piani e delle promesse di Cristo come li leggiamo nei Vangeli. Le prove della risurrezione di Cristo con cui si concludono i Vangeli vengono qua ampiamente confermate, non solo dalla costante e coraggiosa testimonianza di coloro che avevano parlato con lui dopo che era risorto (questi lo avevano abbandonato e uno di loro lo aveva anche rinnegato, e non sarebbero potuti essere reintegrati se non ci fosse stata la risurrezione, ma si sarebbero irrimediabilmente dispersi; invece, proprio in virtú di essa, furono resi capaci di confessarlo piú risolutamente che mai, senza temere la prigione o la morte) ma anche dall’azione esercitata dallo Spirito Santo attraverso la loro testimonianza per la conversione di molte persone alla fede in Cristo. Si adempiva cosí la parola di Cristo secondo cui la sua risurrezione, il segno del profeta Giona riservato per la fine, avrebbe costituito la prova piú convincente della sua missione divina (cfr. Mt 12:39). Cristo aveva detto ai suoi discepoli che essi dovevano essere suoi testimoni, e questo libro li ritrae, in qualità di pescatori d’uomini, mentre testimoniano per Lui. Cosí li vediamo raccogliere nella rete dell’Evangelo moltitudini di persone che dovevano divenire luci del mondo, mentre vediamo il mondo illuminato da loro. La luce del giorno, di cui nei Vangeli avevamo scorto i primi bagliori, diventa qui sempre piú splendente (cfr. Pr 4:18). Il seme di grano che era caduto sul terreno qui MH4.qxd 23/09/2003 Atti 13.24 Pagina 2 2 Introduzione germoglia e porta molto frutto; il granello di senape diventa un grande albero; il regno dei cieli, che nei Vangeli era vicino, ora è instaurato. La predizione di Cristo secondo cui i predicatori del Vangelo sarebbero andati incontro a terribili persecuzioni, si avvera (benché sia difficile capire come una dottrina cosí degna di essere accettata abbia suscitato una cosí forte opposizione) e si compiono anche le assicurazioni di Gesú che avrebbe sostenuto e confortato i predicatori in modo straordinario nelle loro sofferenze (cfr. Gv 16:33). Perciò, come l’ultima parte dell’Antico Testamento certifica l’adempimento delle promesse fatte ai patriarchi all’inizio (come appare dalla solenne dichiarazione di Salomone: non una delle buone promesse da lui fatte per mezzo del suo servo Mosè, è rimasta inadempiuta, 1 R 8:56) cosí quest’ultima parte della storia del Nuovo Testamento corrisponde esattamente a quanto Gesú aveva detto, in modo che le due parti si confermano reciprocamente. II. Con lo sguardo rivolto in avanti, ossia alle epistole che ci aiutano a comprendere il messaggio dei Vangeli e ci svelano i misteri della morte e della risurrezione di Cristo. Il libro degli Atti introduce le epistole e, in qualche modo, ne è la chiave d’accesso, cosí come la storia di Davide lo è per i suoi Salmi. Noi siamo membri della Chiesa Cristiana, il tabernacolo di Dio con gli uomini (Ap 21:3), ed è per noi un privilegio e un onore esserlo. Il libro degli Atti ci dà un resoconto dell’edificazione di questo tabernacolo. I Vangeli ci hanno mostrato come le fondamenta di questo edificio siano state poste, mentre questo libro ci mostra come si iniziò a erigere la sua struttura: 1. Tra gli Ebrei e i Samaritani, come ci è riferito nella prima parte del libro; 2. Tra i Gentili, come ci è riferito nell’ultima parte: da allora, e fino ai nostri giorni, troviamo la Chiesa Cristiana che professa la propria fede in Cristo, come Figlio di Dio e Salvatore del mondo, fatta dai suoi membri battezzati che si incontrano in riunioni di culto, perseverano nella dottrina apostolica, stanno insieme per pregare e per spezzare il pane sotto la guida e la presidenza di uomini consacrati alla preghiera e al ministero della Parola, in comunione spirituale con tutti coloro che, in ogni parte del mondo, fanno lo stesso. Per noi è un privilegio appartenere a questo corpo che, ancora oggi, è nel mondo; ed è motivo di gioia trovare qui il racconto delle sue origini e del suo sviluppo che lo differenziano fortemente dalla sinagoga ebraica sulle cui rovine è stato edificato. Esso appare in maniera incontrovertibile opera di Dio e non dell’uomo. Con fiducia e serenità possiamo progredire nella nostra professione di fede e restarvi ancorati nella misura in cui essa concorda con il modello che qui ci è presentato, e al quale dobbiamo conformarci e attenerci scrupolosamente! Ancora su due punti è opportuno soffermare la nostra attenzione a proposito di questo libro: (a) Lo scrittore è stato Luca, che è anche l’autore del terzo Vangelo omonimo. Come ha dimostrato il Dott. Whitby, Luca era stato probabilmente uno dei settanta discepoli il cui mandato era di poco inferiore a quello dei dodici apostoli (Lu 10:1). Egli fu compagno di Paolo, soprattutto nel suo ministero e nelle sue sofferenze solo Luca è con me, 2 Ti 4:10). Possiamo dedurre dallo stile dell’ultima parte del libro degli Atti, quando e dove gli fu accanto, dal momento che fa uso della prima persona plurale (cfr. At 16:10; 20:6). Perciò, Luca fu con Paolo nel tormentato viaggio verso Roma, dove l’apostolo fu portato come prigioniero, e fu con lui durante la sua prigionia. Infatti, quando Paolo scrisse le sue lettere ai Colossesi e a Filemone nominò Luca. Non solo, ma sembrerebbe che Luca abbia scritto il libro degli Atti proprio mentre si trovava a Roma con Paolo, che egli assisteva durante la prigionia. Infatti il racconto si conclude con la predicazione di Paolo tenuta a Roma nella casa da lui presa in affitto (At 28:30). (b) Il titolo è «Atti degli Apostoli» o «Atti dei santi Apostoli» secondo la lettura che ne danno alcuni manoscritti greci minuscoli. Ed è cosí che gli apostoli vengono chiamati in Apocalisse: Rallegrati su di essa, o cielo, e voi santi apostoli (Ap 18:20). In MH4.qxd 23/09/2003 13.24 Pagina 3 Introduzione 3 Atti 1:1-5 altri pochi codici in minuscola il titolo è: «Gli Atti dei santi Apostoli scritti da Luca l’evangelista». [1] È la storia degli apostoli, ma vi sono anche le storie di Stefano, di Barnaba e di altri che, per quanto non avessero fatto parte dei «Dodici», erano stati riempiti dallo stesso Spirito Santo e svolgevano la stessa opera. Per quanto riguarda gli apostoli, si parla solo di Pietro e di Paolo (quest’ultimo ormai era uno di loro). Pietro è presentato come l’apostolo della circoncisione, e Paolo come l’apostolo dei Gentili (Ga 2:7). La loro storia è comunque sufficiente per esemplificare anche quanto fecero gli altri apostoli in altri luoghi nel perseguimento del loro mandato, giacché non c’era alcun pigro tra loro. Se pensiamo che quanto i Vangeli ci dicono su Cristo sia sufficiente, dal momento che la Saggezza infinita ha ritenuto bene cosí, lo stesso vale per quanto ci viene detto sugli apostoli e sulle loro vicende. Ciò che la tradizione aggiunge sulle loro fatiche, sulle loro sofferenze e sulle chiese che alcuni di loro avrebbero fondato è assai discutibile (ad esempio il fatto che Pietro abbia fondato la chiesa di Roma e ne sia stato il conduttore). Ritengo che non si possa edificare niente di valido su quella base. Il racconto degli Atti è oro, argento e pietre di valore costruite sul fondamento, mentre le tradizioni sono semplicemente legno, fieno e paglia (cfr. 1 Co 3:1113). [2] Sono gli atti, ossia le azioni, degli apostoli, le Gesta apostolorum, il modo in cui hanno messo in pratica le lezioni che il Maestro aveva loro insegnato. Gli apostoli erano uomini d’azione e, per quanto si servissero della parola per compiere i loro miracoli, questi sono giustamente chiamati i loro atti: essi parlavano o, piuttosto, lo Spirito Santo per mezzo di loro disse e la cosa fu. Il libro degli Atti contiene tanti loro sermoni e racconta di tante loro sofferenze. Certo, essi si affaticarono molto nella predicazione e affrontarono di buon animo la sofferenza tanto che può benissimo definirsi i loro atti. CAPITOLO 1 Lo storico ispirato inizia il libro degli Atti: I. Con un riferimento all’Evangelo e un breve riepilogo della storia della vita di Cristo, dedicando il libro al suo amico Teofilo come aveva fatto per il suo omonimo Evangelo (vv. 1, 2); II. Con un riassunto delle prove attestanti la risurrezione di Cristo, il suo incontro con i discepoli e le istruzioni che Cristo diede loro durante i quaranta giorni della sua permanenza sulla terra (vv. 3-5); III. Con la particolareggiata narrazione dell’ascensione al cielo di Cristo, nonché il dialogo che i discepoli ebbero con Cristo, prima di tale ascensione, e con gli angeli, dopo l’ascensione (vv. 6-11); IV. Con un quadro sommario della chiesa cristiana allo stato embrionale, e delle sue condizioni dall’ascensione di Cristo fino alla discesa dello Spirito Santo (vv. 12-14); V. Con una descrizione particolareggiata del riempimento del vuoto che si era determinato nel collegio dei Dodici in seguito alla morte di Giuda mediante l’elezione di Mattia al suo posto (vv. 15-26). 1:1-5 In questo paragrafo possiamo notare: I. Il libro è indirizzato a Teofilo, e a noi con lui. Non solo, ma vi è anche un riferimento all’Evangelo di Luca sul quale sarà utile fissare lo sguardo prima di iniziare lo studio de libro degli Atti. Possiamo cosí constatare non solo che il libro degli Atti inizia proprio dove l’Evangelo si conclude, ma anche che, come il viso si riflette nell’acqua (Pr 27:19, NR), lo stesso avviene per gli atti degli apostoli nei confronti degli atti del loro Maestro, cioè gli atti della sua grazia. 1. Il libro è dedicato al suo paladino, Teofilo (dovrei dire piuttosto il suo discepolo dal momento che Luca, nel dedicargli il libro, si proponeva di istruirlo e di guidarlo, e non di sollecitarne la protezione). Nella dedica con cui inizia il suo Evangelo, Luca lo aveva chiamato eccellentissimo Teofilo (Lu 1:3), mentre qui lo chiama semplicemente o Teofilo, non perché questi avesse perso la sua fama di eccellenza e fosse diventato un personaggio meno ragguardevole, ma forse perché non occupava piú la posizione precedente, qualunque essa fosse stata, che gli aveva MH4.qxd 23/09/2003 13.24 Pagina 4 Atti 1:1-5 dato diritto a quel titolo; oppure forse perché, con l’avanzare dell’età, vi teneva assai meno che in passato. Ma può anche darsi che Luca avesse stretto con lui rapporti di piú stretta amicizia che gli consentivano di rivolgersi a lui con maggiore libertà. A quel tempo era diffusa la pratica per gli scrittori, di dedicare le proprie opere a una persona specifica, e il fatto che alcuni libri facenti parte delle Scritture contengano una dedica, ci impone di riceverli come indirizzati a noi personalmente. Infatti tutte queste cose sono state scritte per ammonire noi (1 Co 10:11, NR). 2. Il suo omonimo Evangelo viene qua chiamato il mio primo libro, quasi a indicare uno stretto legame tra le due opere, come dire, un proseguimento e la conferma del racconto precedente (gr. tòn proton lógon). I discorsi riportati nei Vangeli sono assolutamente veritieri; e non esistono discorsi veritieri che non siano stati trascritti, poiché essi contengono tutto quello che Gesú prese a fare e ad insegnare (v. 1). Pertanto, rifiutiamo di accettare come ortodosso ciò che non concorda con quanto è stato scritto nella Parola di Dio. Luca aveva già scritto il primo volume, ma ora è divinamente ispirato a scriverne un altro, poiché i seguaci di Cristo devono tendere alla perfezione (Eb 6:1) e i conduttori devono aiutarli in questo, insegnando al popolo la conoscenza (cfr. Os 4:6; Ef 4:11-15) e non ritenere che le loro precedenti fatiche, per quanto buone, li esonerino da ulteriori fatiche. Costituisce per loro un incoraggiamento e un esempio il fatto che Luca, dopo aver posto le fondamenta in un libro precedente, si accingesse a costruire su di esse con questo secondo volume. Carissimi, non sostituiamo mai l’antico con il nuovo, non dimentichiamo i sermoni e i libri del passato per sostituirli con quelli moderni, ma consideriamo questi ultimi come una continuazione dei precedenti affinché dal punto al quale siamo arrivati, continuiamo a camminare per la stessa via (Fl 3:16). 4 Introduzione 3. Il contenuto dell’Evangelo di Luca consiste in tutto quel che Gesú prese a fare e ad insegnare (v. 1). Lo stesso dicasi anche per gli altri scritti. Questa espressione, ci dice diverse cose: (a) Cristo insegnava e operava. La dottrina che insegnava trovava riscontro nelle sue azioni miracolose le quali attestavano che egli era un dottore venuto da Dio (Gv 3:2). Ed egli ci ha lasciato un esempio di ciò, poiché li riconoscerete dai loro frutti (Mt 7:16, 20). I migliori servitori di Dio sono quelli che agiscono e insegnano, ossia quelli la cui vita è un sermone costante. (b) Cristo ha posto le basi di tutto ciò che sarebbe stato insegnato e fatto nella Chiesa Cristiana. Gli apostoli dovevano portare avanti e continuare ciò che egli ha iniziato, facendo e insegnando le stesse cose. Cristo diede loro l’avvio e poi li lasciò proseguire, ma mandò il suo Spirito per dar loro potenza sia nell’azione che nell’insegnamento. È motivo di conforto per chi si impegna di portare avanti l’opera dell’Evangelo, sapere che fu proprio Cristo a darvi inizio. La grande opera di salvezza, infatti, è stata annunziata prima dal Signore (Eb 2:3). (c) I quattro evangelisti, e Luca in particolare, ci hanno trasmesso tutto quel che Gesú prese a fare e ad insegnare, ma non tutti i particolari perché il mondo non avrebbe potuto contenerli (cfr. Gv 21:25). In realtà i quattro evangelisti, ci hanno trasmesso tutte le cose essenziali, ossia una grande quantità e varietà di episodi tale da darci un’idea del resto. Nei Vangeli abbiamo la narrazione della prima predicazione di Cristo (Mt 4:17) e del suo primo miracolo (Gv 2:11). Luca ha tenuto conto dell’intero operato e di tutti gli insegnamenti di Gesú, dandoci cosí un’idea generale, pur non trasmettendoci ogni dettaglio. 4. Il periodo della storia che è oggetto della narrazione dei Vangeli termina con il giorno in cui Gesú fu assunto in cielo (v. 2). Fu in questo momento che egli lasciò fisicamente questo mondo. MH4.qxd 23/09/2003 13.24 Pagina 5 Introduzione L’Evangelo di Marco si conclude infatti affermando che Gesú fu assunto in cielo (Mr 16:19) e lo stesso dicasi per quello di Luca (Lu 24:51). Cristo continuò a operare e ad insegnare fino all’ultimo, finché venne assunto all’altra opera che egli avrebbe compiuto oltre la cortina. II. Viene ribadita e dimostrata la veridicità della risurrezione di Cristo (v. 3). La parte di ciò che era stato scritto nel primo libro era tanto essenziale che si rendeva necessario ripeterla in ogni occasione. La prova della risurrezione fu che egli si presentò vivente con molte prove ai suoi apostoli: essendo vivo, si presentò come tale facendosi vedere da loro. Gli apostoli erano persone di provata sincerità della cui testimonianza ci si può senz’altro fidare, ma ci si può chiedere se non fossero stati ingannati, come può accadere a chiunque. No, essi non furono ingannati poiché: 1. Le prove erano ineccepibili (gr. tekmerion) sia per quanto riguarda il fatto che egli fosse vivente (camminò, parlò, mangiò e bevve con gli apostoli) sia perché si trattava proprio di lui e non di un altro dato che mostrò loro ripetutamente le ferite sulle mani, sui piedi e sul costato, il che costituiva la prova piú decisiva che si potesse dare o che potesse essere richiesta. 2. Le prove furono molte e ripetute: si fece veder da loro per quaranta giorni (v. 3), non stando del continuo con gli apostoli, ma apparendo loro spesso tanto da cancellare la tristezza della sua partenza. Il fatto che Gesú, ormai entrato in una condizione di gloria e di esaltazione, si fermasse ancora sulla terra allo scopo di rafforzare la fede dei suoi discepoli e di recare conforto ai loro cuori, è un esempio della sua premura e della sua compassione nei confronti dei credenti, e ci dà la ferma certezza di avere un Sommo Sacerdote che può, simpatizzare con noi nelle nostre infermità (Eb 4:15). III. Un cenno sulle istruzioni che Cristo impartí ai discepoli nel momento di lasciarli. Discepoli che furono resi ca- 5 Atti 1:1-5 paci di comprenderle allorché Cristo soffiò su di loro lo Spirito Santo (Gv 20:22) e aprí loro la mente per intendere le Scritture (Lu 24:45). 1. Cristo istruí i suoi sull’opera che avrebbero dovuto compiere. Egli diede mediante lo Spirito Santo dei comandamenti agli apostoli che aveva scelto (v. 2). Teniamo presente che quando Cristo sceglie qualcuno gli affida sempre un compito. Quelli che aveva scelto si aspettavano forse un trattamento di favore, invece egli diede loro dei comandamenti. È come se «un uomo, andando in viaggio, lasciasse la sua casa e ne desse la potestà ai suoi servitori, a ciascuno il compito suo» (Mr 13:34). Egli diede mediante lo Spirito Santo dei comandamenti, ossia mediante quello Spirito di cui egli era ripieno e che aveva soffiato su di loro. Nel donare lo Spirito Santo, Cristo diede ai discepoli anche i suoi comandamenti giacché il Consolatore avrebbe dovuto essere una guida, poiché il suo compito sarebbe stato di «ricordare tutto quello che Cristo aveva detto» (Gv 14:26). Quando avvenne questo? Nel momento in cui Cristo soffiò su di loro e disse: Ricevete lo Spirito Santo (Gv 20:22). In quel momento essi ricevettero il sigillo dello Spirito Santo, ma egli non fu assunto in Cielo, prima di avere affidato loro il mandato, e cosí concluse la sua opera. 2. Egli li istruí a proposito della dottrina che dovevano predicare, parlando delle cose relative al regno di Dio (v. 3). Già aveva dato loro un’idea generale del regno e del tempo in cui esso sarebbe stato instaurato (Mr 13), ma qui li istruí piú sulla sua natura di regno di grazia in questo mondo e di regno di gloria nei cieli, e rivelò loro quell’alleanza che è il grande piano divino nel quale era incluso. Ciò aveva lo scopo di: (a) Prepararli a ricevere il battesimo nello Spirito Santo e a procedere secondo il piano prefissato per loro. Egli disse loro in segreto ciò che avrebbero dovuto dire al mondo, e in seguito essi si sarebbero resi conto che lo Spirito di verità, una MH4.qxd 23/09/2003 13.24 Pagina 6 Atti 1:1-5 volta venuto, avrebbe detto le stesse cose (cfr. Gv 16:13). (b) Costituire una delle prove della risurrezione di Cristo: i discepoli, cui si mostrò vivente, non lo riconobbero soltanto per ciò che egli mostrò loro, ma anche per ciò che egli disse. Nessuno, se non lui, avrebbe potuto parlare in modo cosí chiaro ed esaustivo delle cose relative al Regno di Dio. Non li intrattenne con discorsi di natura sociologica, politica o filosofica, ma soltanto su ciò che concerneva Dio e il suo regno di grazia. Perché erano queste le cose che avevano a cuore e per le quali gli apostoli sarebbero stati mandati. IV. Gesú fece una promessa particolare agli apostoli: di lí a non molto avrebbero ricevuto il battesimo nello Spirito Santo. Per questo ordinò loro di aspettare (vv. 4, 5), trovandosi con essi, probabilmente nell’incontro avvenuto sul monte della Galilea che egli aveva convocato prima della sua morte. Infatti, si parla di una nuova riunione (v. 6) nella attesa della sua ascensione. Per quanto l’ordine fosse di raggiungere la Galilea, gli apostoli non dovevano pensare di rimanere là, ma dovevano tornare a Gerusalemme e non allontanarsene. Pertanto, possiamo notare: 1. Cristo ordinò ai discepoli di attendere. Con quest’ordine Egli vuole far sorgere in loro l’attesa di qualcosa di grandioso, ed era giusto che si aspettassero grandi cose dal loro Redentore glorificato. (a) Essi dovevano aspettare fino al tempo stabilito che sarebbe giunto tra non molti giorni (v. 5). Chi crede che le benedizioni promesse troveranno adempimento, deve attendere con pazienza il tempo stabilito (cfr. Ge 18:14). E quando il tempo si avvicina, come allora stava avvenendo, lo dobbiamo attendere con passione come Daniele (Da 9:3). (b) Essi dovevano aspettare nel luogo stabilito, a Gerusalemme, poiché proprio lí, sarebbe disceso lo Spirito Santo. Infatti, Cristo doveva regnare sul monte di 6 Introduzione Sion poiché da Gerusalemme sarebbe uscita la parola dell’Eterno (Is 2:3). Questa sarebbe stata, come dire, la Chiesa madre. Lí Cristo fu ingiuriato e ucciso, e perciò lí avrebbe dovuto ricevere onore. Questo privilegio è accordato a Gerusalemme per insegnarci a perdonare i nostri nemici. Gli apostoli erano piú esposti al pericolo a Gerusalemme di quanto non lo sarebbero stati in Galilea, ma sappiamo che possiamo avere piena fiducia in Dio per quanto riguarda la nostra sicurezza se noi gli siamo fedeli e gli ubbidiamo. Gli apostoli stavano per assumere un ruolo pubblico e dovevano quindi osare presentarsi in un contesto pubblico. Gerusalemme era il candelabro in cui la loro luce avrebbe trovato la collocazione piú adeguata. 2. Gesú assicura gli apostoli che avrebbero ricevuto la benedizione promessa dello Spirito Santo. (a) Il dono dello Spirito Santo sarebbe giunto: voi sarete battezzati in Spirito Santo (v. 5, NR), cioè: [1] Lo Spirito Santo sarà versato su di voi piú copiosamente che mai. In effetti, lo Spirito Santo era già stato soffiato su loro (Gv 20:22) ed essi ne avevano già gustato il beneficio, ma adesso stavano per riceverne una benedizione maggiore poiché avrebbero ricevuto i suoi doni, le sue grazie. Sembra che qui si alluda ad alcune profezie dell’Antico Testamento relative allo spargimento dello Spirito Santo (cfr. Gl 2:28; Is 44:3; 32:15). [2] Voi sarete ulteriormente lavati e purificati dallo Spirito Santo, cosí come i sacerdoti venivano lavati con acqua al momento della consacrazione alle loro sacre funzioni. Loro ebbero il segno, mentre voi riceverete la cosa da esso simboleggiata. Voi sarete santificati nella verità quando lo Spirito Santo vi guiderà sempre di piú in essa e le vostre coscienze verranno purificate, cosicché potrete servire il Dio vivente con il vostro apostolato. [3] Voi sarete piú che mai stretti al vostro Maestro e alla sua guida. Come Israele fu battezzato nella nuvola e nel mare per essere di Mosè, MH4.qxd 23/09/2003 13.24 Pagina 7 Introduzione cosí voi sarete strettamente uniti a Cristo da non poterlo piú abbandonare per timore della sofferenza, come avete fatto in passato. (b) Il dono dello Spirito Santo è definito. [1] La promessa del Padre, la quale avete udita da me e su cui potete quindi fare pieno affidamento. In primo luogo, lo Spirito Santo fu dato sotto forma di promessa, della grande promessa, quella del Messia (Lu 2:72) e quella della vita eterna (1 Gv 2:25). Le benedizioni temporali vengono elargite dalla Provvidenza, ma lo Spirito Santo e le sue benedizioni vengono dati sotto forma di promessa (Ga 3:18). Lo Spirito di Dio non viene dato allo stesso modo in cui ci viene dato lo spirito dell’uomo, che si forma in noi mediante un processo naturale (Za 12:1), ma attraverso la Parola di Dio. Perché questo? Per tre ragioni fondamentali: 1) Primo, affinché il dono fosse piú prezioso, e in questo modo Cristo fece della promessa dello Spirito Santo un bene da lasciare in eredità alla sua Chiesa. In secondo luogo, affinché fosse piú sicuro e gli eredi della promessa potessero avere piena fiducia nell’immutabilità del consiglio di Dio. In terzo luogo, affinché venisse concesso per grazia e potesse essere ricevuto per fede, riposando sulla promessa. Come Cristo, anche lo Spirito Santo è ricevuto per fede. Poi è detto che si tratta della promessa del Padre, ossia del Padre di Cristo che, nella sua qualità di Mediatore, non perdeva di vista il Padre, condividendo e possedendo il suo disegno in tutto e per tutto. Ma anche del nostro Padre che, se ci ha dato l’adozione di figliuoli (Ga 4:5, 6) ci darà certamente lo Spirito di adozione. Egli ci darà lo Spirito Santo nella sua qualità di Padre degli astri luminosi, di Padre degli spiriti e di Padre delle misericordie (Gm 1:7; Eb 12:9; 2 Co 1:3). Infine, si tratta della promessa del Padre che gli apostoli avevano sentito molte volte da Cristo, specialmente nel sermone di commiato che egli aveva predicato poco prima della sua morte quando li aveva assicurati ripetuta- 7 Atti 1:1-5 mente che sarebbe venuto il Consolatore (Gv capp. 14-16). Ciò conferma la promessa di Dio e ci esorta a fare pieno affidamento su di essa poiché tutte le promesse di Dio hanno in lui il loro sí e il loro amen (2 Co 1:20). [2] La predizione di Giovanni Battista a cui Cristo indica ora di guardare (v. 5): «Voi non l’avete udito soltanto da me ma anche da Giovanni: quando egli vi invitò a volgervi a me vi disse: io vi battezzo in acqua; ma viene colui che è piú forte di me... Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco (Lu 3:16, NR). È un grande onore che Cristo tributa a Giovanni, non solo citando le sue parole ma anche presentando questo grande dono dello Spirito Santo, ora vicino, come l’adempimento delle stesse. Cosí io confermo la parola del mio servo e mando ad effetto le predizioni dei miei messaggeri (Is 44:26). Cristo può però fare assai piú di quanto possa fare qualsiasi suo ministro. È un onore per i pastori suoi ministri essere usati per dispensare i mezzi della grazia, ma è prerogativa di Cristo dare lo Spirito di grazia, poiché Egli vi battezzerà in Spirito Santo, e lo Spirito vi insegnerà ogni cosa, vi darà del mio e intercederà per voi (Gv 14:26; 16:14, 15; Ro 8:26), il che è assai piú di quanto possa fare la predicazione eccellente del piú consacrato ministro. (c) Il dono dello Spirito Santo promesso, profetizzato e atteso, viene elargito sugli apostoli nel capitolo successivo, in cui la promessa ha il suo adempimento: essa era ciò che stava per accadere e gli apostoli non aspettavano altro, dato che era stato detto che si sarebbe realizzata tra non molti giorni (v. 5). Cristo non specifica i giorni esatti dell’attesa, perché dovevano essere pronti per riceverlo ogni giorno. Altri passi delle Scritture parlano del dono dello Spirito Santo promesso ai credenti, e ciò si riferisce a un’autorità speciale che, per opera dello Spirito Santo, investí i primi cristiani rendendoli capaci di predicare l’Evangelo e di mettere per iscritto la dottrina di Cristo e di trasmetterla ai posteri. In virtú di questa MH4.qxd 23/09/2003 13.24 Pagina 8 Atti 1:6-11 8 promessa e del suo adempimento, noi riceviamo il Nuovo Testamento come ispirato da Dio e affidiamo ad esso le nostre anime. 1:6-11 A Gerusalemme Cristo aveva ordinato ai discepoli, per mezzo del suo angelo, di andare in Galilea per incontrarlo, e là ordinò loro di recarsi a Gerusalemme per incontrarlo ancora in un certo giorno. Cosí egli voleva provare la loro ubbidienza che si dimostrò pronta e gioiosa: essi erano riuniti, come era stato loro ordinato, per essere testimoni della sua ascensione della quale abbiamo qui il racconto. Notiamo quanto segue: I. La domanda che rivolsero a Gesú durante questo incontro. Essi erano riuniti in sua presenza e, come se si fossero messi d’accordo in precedenza, gli chiesero unanimemente: Signore, è egli in questo tempo che ristabilirai il regno ad Israele? È una domanda che si può intendere in due modi: 1. Certamente tu non vuoi ristabilirlo per consegnarlo agli attuali governatori di Israele, ai capi sacerdoti e agli anziani che hanno voluto la tua morte e che per mettere in atto questo loro proposito hanno servilmente accettato l’autorità di Cesare, riconoscendosi suoi sudditi. No! Proprio a chi odia e perseguita te e noi, dovrebbe andare il potere? Cosí non sia. Oppure, com’è probabile: 2. Certamente tu vuoi ristabilirlo per il popolo ebraico, purché esso si sottometta a te come suo re. Si tratta di una domanda che contiene due errori di valutazione riguardanti: (a) L’attesa della cosa in sé. Essi pensavano che Cristo avrebbe ristabilito il regno a Israele, cioè che avrebbe reso la nazione ebraica grande e potente tra le nazioni come ai giorni di Davide e di Salomone, di Asa e di Giosafat e che avrebbe fatto si che lo scettro non venisse rimosso da Giuda, né il bastone di comando di tra i suoi piedi (Ge 49:10). Invece Cristo era venuto per instaurare il Ascensione di Gesù suo regno, un regno celeste, non per ristabilire il regno a Israele che era un regno terrestre. Osserva: [1] come sono pronti gli uomini, anche quelli devoti, a collocare la felicità della chiesa nella gloria umana e materiale, come se Israele non potesse essere glorioso senza il ristabilimento del suo regno, come se i discepoli di Cristo non potessero essere onorati senza divenirne le guide. Invece ci viene detto di aspettarci la croce sulla terra e di attendere il regno nell’altro mondo; [2] come siamo pronti a rimanere legati a ciò che abbiamo assimilato e come sia difficile superare i pregiudizi della nostra educazione. I discepoli, avendo succhiato come il latte l’idea secondo cui il Messia sarebbe stato un sovrano temporale, erano ancora lungi dal pensare al suo come a un regno spirituale; [3] come siamo naturalmente inclini a tenere conto soltanto del nostro popolo. Gli apostoli pensavano che Dio non avrebbe avuto un regno nel mondo a meno che questo non venisse ristabilito a Israele. Invece i regni di questo mondo stavano per diventare suoi, e in essi Dio sarebbe stato glorificato indipendentemente da Israele; [4] come siamo pronti a fraintendere le Scritture e a dare un senso letterale a ciò che invece va inteso in senso figurato, e a comprenderle in base ai nostri schemi mentali invece di lasciare che siano le Scritture a plasmare i nostri schemi. Ma, quando lo Spirito sarà dato dall’alto, i nostri errori saranno corretti, proprio come avvenne per gli apostoli poco tempo dopo. (b) La loro domanda riguardante il tempo del ristabilimento del regno: Signore, è in questo tempo che farai? Ci hai riuniti per questo scopo, in modo da accordarci sulle misure da prendere per ristabilire il regno a Israele? Certo, non potrebbe esserci un’occasione migliore di questa. Non si trascuri come la loro domanda fosse fuori luogo nel senso che: [1] essi chiedevano cose su cui il loro Maestro non li aveva mai sollecitati o incoraggiati ad indagare; [2] attendevano con impazienza l’instaurazione di un MH4.qxd 23/09/2003 13.24 Pagina 9 Ascensione di Gesù regno in cui si ripromettevano di svolgere una parte di rilievo, e volevano affrettare la realizzazione del piano divino. Cristo aveva detto loro che si sarebbero seduti sui troni (Lu 22:30), e in quel momento niente era piú importante per loro che sedervi immediatamente. Non ne vedevano l’ora! Al contrario, coloro che hanno fede non hanno fretta ma sono sereni consci del fatto che il tempo migliore è quello stabilito da Dio. II. Gesú non diede seguito a questa domanda: non sta a voi di sapere i tempi e i momenti (v. 7). Egli non confutò la loro attesa di un ristabilimento del regno d’Israele perché l’errore sarebbe stato corretto dalla discesa dello Spirito Santo, dopo la quale essi non avrebbero mai piú pensato al ristabilimento di un regno temporale. Ma anche perché, tutto sommato, c’era qualcosa di giusto in quel sentimento di attesa per l’instaurazione del regno dell’Evangelo nel mondo. Il loro fraintendimento riguardo alla promessa non l’avrebbe certo vanificata. Cristo si limitò a non dar seguito alla domanda sui tempi. 1. La conoscenza dei tempi non è loro concessa: non sta a voi di sapere e quindi non vi compete domandare. (a) Cristo sta per lasciarli, e li vuole lasciare amorevolmente. Tuttavia, dà loro un ammonimento che serve alla sua chiesa di tutti i tempi. Essa deve infatti fare attenzione a non incorrere nell’errore che è stato fatale ai nostri progenitori: uno smoderato desiderio di conoscenza proibita, un volersi intromettere in cose che volutamente non ci sono state rivelate. Nescire velle quae magister maximus docere non vult, erudita inscitia est, non voler conoscere ciò che il sommo Maestro non vuole insegnarci, è un’ignoranza dotta, è follia desiderare di sapere piú di quanto è scritto, ed è saggio accontentarsi di ciò che Dio ci ha rivelato. (b) Cristo aveva insegnato molte piú cose ai suoi discepoli che agli altri – ad esempio aveva detto loro: a voi è dato di conoscere i misteri del regno di Dio (Lu 9 Atti 1:6-11 8:10) – e aveva promesso loro che il suo Spirito ne avrebbe insegnate ancora di piú (cfr. Gv 14:26). Ma in quell’occasione, affinché non si gonfiassero d’orgoglio per l’abbondanza delle rivelazioni, fece loro comprendere che c’erano cose la cui conoscenza non era loro concessa. Ci rendiamo conto di quanto sia immotivato essere orgogliosi della propria conoscenza, se pensiamo quante sono le cose che ignoriamo. (c) Cristo aveva dato agli apostoli istruzioni sufficienti per il compimento del loro dovere, sia prima della sua morte che dopo la sua risurrezione. Questa conoscenza avrebbe dovuto essere sufficiente a soddisfarli, com’è sufficiente per ogni cristiano le cui curiosità inutili non sono altro che un capriccio infantile che va scoraggiato. (d) Cristo stesso aveva ragionato con i suoi discepoli delle cose relative al regno di Dio e aveva promesso che lo Spirito Santo avrebbe annunziato loro le cose a venire (Gv 16:13). Inoltre, aveva parlato loro di alcuni segni dei tempi (cfr. Mt 24:33; 16:3) che era loro dovere osservare e non trascurare. I discepoli non dovevano però aspettarsi, né desiderare, di conoscere tutti i particolari degli avvenimenti futuri o il momento in cui si sarebbero verificati. È bene per noi rimanere all’oscuro e nell’incertezza, come dice il Dott. Hammond, a proposito dei tempi e dei momenti in cui si verificheranno i fatti futuri riguardanti la Chiesa e noi stessi, o anche riguardanti tutti i periodi, compreso quello finale e quello in cui viviamo. A proposito dei tempi e delle stagioni dell’anno, sappiamo che l’estate e l’inverno si alternano, ma non sappiamo quale giorno preciso dell’estate o dell’inverno sarà bello e quale brutto. Cosí, per quanto riguarda le nostre vicende, non possiamo essere sicuri che l’estate della prosperità non finirà mai: ci viene detto che verrà l’inverno delle avversità e che, quando verrà, non dovremo perderci d’animo e disperare poiché ci viene assicurato che l’estate tornerà. Cosa questo o quel giorno MH4.qxd 23/09/2003 13.24 Pagina 10 Atti 1:6-11 particolare porterà con sé non lo sappiamo: dobbiamo adattarci e, qualunque cosa esso porta, usarlo nel miglior modo possibile. 2. La conoscenza di ciò è riservata a Dio, è una sua prerogativa, è ciò che il Padre ha riserbato alla sua propria autorità, è nascosto in lui. Nessuno all’infuori di lui può rivelare i tempi e le stagioni a venire. Queste cose... a lui sono note ab eterno (At 15:18), ma non lo sono a noi. È in suo potere, e soltanto in esso, annunziare la fine fin dal principio (Is 46:10) e con ciò egli dimostra di essere Dio. È come se Cristo avesse detto: «Sebbene alcune volte il Padre ha ritenuto opportuno che i profeti dell’Antico Testamento conoscessero i tempi e i momenti (come per i quattrocento anni della schiavitú di Israele in Egitto e per i settanta della sua schiavitú a Babilonia) adesso non ha ritenuto opportuno farvene conoscere alcuno, neanche quello della distruzione di Gerusalemme, sul cui verificarsi potete comunque essere certi. Con questo io non dico che il Padre non vi farà conoscere qualcosa di piú rispetto a quanto già conoscete sui tempi e sui momenti» – Dio li fece conoscere piú avanti al suo servitore Giovanni facendogli comporre il libro dell’Apocalisse – «ma ha riservato alla sua autorità di farlo o di non farlo, secondo il suo consiglio». E in effetti ciò che è rivelato in questa profezia del Nuovo Testamento è talvolta cosí oscuro e di difficile comprensione, che quando cerchiamo di conoscere i tempi e i momenti ci rendiamo conto che non sta a noi conoscerli con certezza. Buxtorf cita il detto di un rabbino a proposito della venuta del Messia: Rumpatur spiritus eorum qui supputant tempora – muoiano gli uomini che cercano di calcolare i tempi. III. Gesú assegna agli apostoli un mandato e assicura loro con autorità che sarebbero stati in grado di perseverare in esso e di portare frutto: «non sta a voi di sapere i tempi e i momenti, non sarebbe un bene per voi, ma sappiate questo: voi riceverete potenza quando lo Spirito 10 Ascensione di Gesù Santo verrà su di voi (v. 8) e non la riceverete invano. Infatti sarete testimoni di me e della mia gloria e la vostra testimonianza non sarà inutile poiché verrà ricevuta qui a Gerusalemme, nel territorio circostante e in tutto il mondo» (v. 8). Se Cristo mette al suo servizio per la sua gloria anche noi, nel nostro tempo e a favore della nostra generazione, accontentiamoci. Non perdiamo tempo per calcolare i tempi e i momenti futuri, ma disponiamoci per servirlo adesso. Qui Cristo dice agli apostoli che: 1. Il loro operato sarebbe stato onorevole e glorioso. Voi mi sarete testimoni, ossia essi avrebbero proclamato che Cristo era Re e avrebbero fatto conoscere al mondo le verità su cui sarebbe stato edificato il suo Regno, che Egli avrebbe governato. Questo è il messaggio che essi avrebbero dovuto predicare al mondo. Essi avrebbero provato la veridicità di quanto dicevano, avrebbero confermato la loro testimonianza, non con un giuramento, come certi testimoni, ma con il suggello divino dei miracoli e dei doni soprannaturali. Voi sarete martiri per me, o «miei martiri» secondo la lezione di alcune versioni. Infatti, essi avrebbero proclamato le verità dell’Evangelo a prezzo della loro sofferenza e a volte persino della vita. 2. La potenza accordata loro per il compito che dovevano svolgere, sarebbe stata sufficiente. Essi non disponevano di alcuna forza propria, non avevano saggezza e coraggio sufficienti a tale scopo e si collocavano, per loro natura, tra le cose pazze e deboli del mondo (1 Co 1:27), essi non avevano osato comparire come testimoni di Cristo al suo processo, né fino a quel momento avrebbero agito diversamente, «Ma voi riceverete la potenza dello Spirito Santo che verrà su di voi (questa è una lettura possibile del passo), sarete, cioè, animati e spinti all’azione da uno Spirito migliore del vostro, riceverete potenza per predicare l’Evangelo e per confermarlo con prove tratte dall’Antico Testamento» – e questo, quando furono MH4.qxd 23/09/2003 13.24 Pagina 11 Ascensione di Gesù ripieni dello Spirito Santo, lo seppero fare in maniera ammirevole (At 18:28) – «e per confermarlo con miracoli e con sofferenze». Osserviamo che i testimoni di Cristo avrebbero ricevuto potenza per l’opera a cui egli li chiamava. Coloro che Dio chiama, poi li rende idonei al suo servizio. 3. La loro influenza sarebbe stata grande e si sarebbe estesa su larghissimo raggio: «Voi sarete testimoni di Cristo e porterete avanti la sua causa». (a) a Gerusalemme, dove dovete iniziare e dove molte persone riceveranno la vostra testimonianza; e chi non la riceverà sarà ritenuto inescusabile, (b) la vostra luce brillerà quindi in tutta la Giudea, dove in passato vi siete affaticati inutilmente, (c) da lí procederete verso Samaria, benché al momento della vostra prima missione vi sia stato proibito di entrare in alcuna città dei Samaritani, (d) il vostro servizio si estenderà fino all’estremità della terra e voi sarete una benedizione per tutto il mondo. IV. Dopo aver dato queste istruzioni ai suoi (v. 9), Gesú li benedisse (Lu 24:50) mentre essi guardavano, ed egli fu elevato gradualmente e una nuvola, accogliendolo, lo tolse d’innanzi agli occhi loro. Ci viene qui descritta l’ascensione di Cristo al cielo. Egli non fu trasportato come Elia da un carro di fuoco e dei cavalli di fuoco, ma, com’era risorto dalla tomba, salí al cielo soltanto in virtú del suo potere. Il suo corpo era infatti ormai un corpo spirituale, potente e incorruttibile, come lo saranno i corpi di tutti i santi al momento della risurrezione (Fl 3:20, 21). Si noti che: 1. Quando Cristo cominciò ad ascendere al cielo, i suoi discepoli lo potevano vedere, anzi avevano gli occhi fissi su di lui. D’altra parte, i discepoli non avevano assistito alla risurrezione, ma avevano visto Cristo solo dopo la risurrezione, e ciò era sufficiente per convincerli. Adesso, però, lo vedono salire al cielo e tengono il loro sguardo fisso su di lui con 11 Atti 1:6-11 una sollecitudine e una serietà d’animo tali da rendere impossibile che si ingannassero. È probabile che egli non salisse velocemente, ma a poco a poco, affinché i discepoli potessero vederlo bene. 2. E una nuvola, accogliendolo, lo tolse d’innanzi agli occhi loro. È possibile che si trattasse o di una nuvola fitta – dal momento che Dio aveva dichiarato di abitare nell’oscurità (1 R 8:12) – oppure di una nuvola luminosa, espressione visiva dello splendore del suo corpo glorioso. Tuttavia, dal momento che nell’occasione in cui Gesú fu trasfigurato fu una nuvola luminosa a coprirlo con la sua ombra (Mt 17:5), possiamo supporre che anche questa nuvola brillasse, a quanto si può intendere, quando Egli si trovò all’altezza a cui generalmente si trovano le nuvole. Non dovette trattarsi di una nuvola particolarmente estesa, come quelle che vediamo abitualmente, ma di dimensioni sufficienti ad accoglierlo (v. 9), perché Dio fa delle nuvole il suo carro (Sl 104:3). Dio è spesso sceso in una nuvola, ma adesso sale in una nuvola. Il Dott. Hammond ritiene che la nuvola che lo accolse fosse formata da angeli. E, difatti, generalmente si parla di angeli che si presentano in forma di nuvola, come appare dal confronto di Esodo 25:22 con quello di Levitico 16:2. Le nuvole mantengono una sorta di comunicazione tra il cielo e la terra. Infatti i vapori salgono dalla terra e la rugiada scende dal cielo. Ed era quindi opportuno che il Mediatore tra Dio e gli uomini, salisse al cielo in una nuvola, poiché attraverso di Lui la grazia di Dio scende su di noi e le nostre preghiere salgono a lui (cfr. 1 Ti 2:5; Eb 8:6). Questa fu l’ultima manifestazione visibile di Cristo. Gli occhi di un gran numero di testimoni lo seguivano mentre egli entrava nella nuvola e, se vogliamo sapere che cosa avvenne successivamente, possiamo rivolgerci al profeta Daniele: Ecco venire sulle nuvole uno simile a un figliuol d’uomo; egli giunse fino al vegliardo e fu fatto accostare a lui (Da 7:13). V. Quando Cristo fu sottratto alla loro MH4.qxd 23/09/2003 13.24 Pagina 12 Atti 1:6-11 vista, i discepoli continuarono ad aver gli occhi fissi in cielo piú a lungo del necessario (v. 10). Come mai? 1. Forse speravano che Gesú tornasse subito da loro per ristabilire il regno d’Israele, ed erano riluttanti a credere che ormai il distacco fosse definitivo. Infatti, tenevano moltissimo alla sua presenza fisica anche se egli aveva detto loro: è utile che io me ne vada (Gv 16:7). È anche possibile che si chiedessero se non fosse precipitato, come i discepoli dei profeti avevano pensato di Elia (2 R 2:16), e perciò sperassero in qualche modo di riaverlo con loro. 2. Forse si aspettavano che nel cielo si verificassero dei cambiamenti a seguito all’ascensione di Cristo, pensavano forse di vedere la luna... coperta di rossore e il cielo di vergogna (Is 24:23), come se il loro splendore fosse stato oscurato da quello di Cristo, oppure, piú probabilmente, speravano che gli astri mostrassero qualche segno di gioia e di trionfo. È anche possibile che speravano di riuscire a dare una sbirciata nella gloria celeste quando il cielo si sarebbe aperto per ricevere Cristo. D’altra parte, il Signore aveva detto loro che avrebbero visto il cielo aperto (Gv 2:51) e perché non avrebbero dovuto aspettarselo? VI. Due angeli apparvero loro portando un messaggio da parte di Dio (v. 10). C’era una moltitudine di angeli pronta a ricevere il nostro Redentore al suo ingresso nella Gerusalemme celeste, e possiamo supporre che questi due fossero molto dispiaciuti della sua assenza. Il fatto che Gesú li mandasse ai suoi discepoli dimostra quanto a cuore gli stessero le cose della sua Chiesa sulla terra. Essi si presentarono come due uomini in vesti bianche di grande splendore, poiché sapevano che, conformemente al proprio dovere, servire Cristo voleva dire anche essere utili ai suoi servi sulla terra (cfr. Eb 1:14). Ed ora ci viene riferito ciò che gli angeli dissero loro: 1. Per mettere un freno alla loro curiosità: uomini galilei, perché state a guar- 12 Ascensione di Gesù dare verso il cielo? Li chiamano uomini galilei per ricordare loro di considerare la roccia da cui erano stati tagliati (Is 52:1). Cristo li aveva onorati facendo di loro i suoi ambasciatori, ma dovevano ricordare di essere vasi di argilla, uomini galilei, ossia uomini illetterati che godevano di scarsa considerazione. Gli angeli dicono: «Perché state qui, proprio come uomini rozzi e sgraziati, a guardare verso il cielo? Che cosa vi aspettate di vedere? Avete visto tutto quello che siete stati chiamati a vedere … che cosa volete ancora? Perché state qui a guardare come uomini spaventati e confusi, sbigottiti e fuori di senno?» I discepoli di Cristo non dovrebbero mai soffermarsi troppo a guardare perché hanno un compito preciso da svolgere. 2. Per rafforzare la loro fede nella sua seconda venuta. Il loro Maestro ne aveva parlato spesso e gli angeli avevano l’incarico di rammentarla loro: «Questo Gesú che è stato tolto da voi ed assunto in cielo e che voi ancora state cercando di vedere desiderando di riaverlo con voi, non vi ha lasciati per sempre, perché in un giorno stabilito verrà nella medesima maniera che l’avete veduto andare in cielo e voi non dovete aspettare di rivederlo prima di quel giorno». (a) Questo Gesú ritornerà personalmente, rivestito di un corpo glorioso, questo Gesú che è venuto una volta per annullare il peccato col suo sacrificio... apparirà una seconda volta, senza peccato (Eb 9:26, 28). Colui che è venuto una volta per essere giudicato con ignominia, ritornerà in gloria per giudicare. Questo stesso Gesú che vi ha assegnato un compito ritornerà e vi chiederà di rendergli conto di come lo avete svolto. Lui verrà, e non un altro (Gb 19:27). (b) Verrà nella medesima maniera. È salito al cielo in una nuvola e circondato dagli angeli, e verrà nelle nuvole con un’innumerevole schiera di angeli. Egli è salito tra grida di trionfo... al suon delle trombe (Sl 47:5) e tornerà con potente grido... e con la tromba di Dio (1 Te 4:16). Egli è sparito tra le nuvole e voi non po- MH4.qxd 23/09/2003 13.24 Pagina 13 Ascensione di Gesù tete seguirlo, ma lo potrete vedere in seguito, quando sarete rapiti sulle nuvole per incontrare il Signore nell’aria. Quando ci soffermiamo a guardare e a perdere tempo, il pensiero della seconda venuta del nostro Maestro dovrebbe scuoterci e svegliarci; quando ci fermiamo paurosi, quel pensiero dovrebbe incoraggiarci. 1:12-14 In questo paragrafo possiamo notare quanto segue: I. Il posto da dove Cristo ascese al cielo. Vi salí dal monte chiamato dell’Uliveto (v. 12) e precisamente dal versante presso cui sorgeva la città di Betania (Lu 24:50). Là era iniziata la sua passione (Lu 22:39) e là egli ne cancellò l’orrore con la sua gloriosa ascensione, mostrando cosí che la sua passione e la sua risurrezione erano strettamente correlate. Egli salí nel suo regno guardando Gerusalemme e quei cittadini arroganti e ingrati che non avevano voluto che regnasse su di loro. Era stato profetizzato che i suoi piedi si poseranno in quel giorno sul monte degli Ulivi ch’è dirimpetto a Gerusalemme, vi si poseranno alla fine e il monte degli Ulivi si spaccherà per il mezzo (Za 14:4). Egli, che è l’ulivo da cui riceviamo l’unzione (Za 4:12; Ro 12:24), salí dal monte degli Ulivi. Ci viene detto che questo monte è vicino a Gerusalemme, non distandone che un cammin di sabato. Si tratta di un breve tratto, non maggiore di quello che gli ebrei osservanti percorrevano, meditando, la sera del sabato dopo il termine dell’adorazione pubblica. Alcuni lo calcolano in mille passi, altri in duemila cubiti, altri ancora in sette o otto stadi. Betania distava da Gerusalemme quindici stadi (Gv 12:18), ma la parte del monte degli Ulivi vicina a Gerusalemme, da cui Cristo iniziò la sua ascesa trionfale, ne distava soltanto sette o otto. La parafrasi caldea di Rut 1 sostiene: ci è ordinato di osservare i sabati e i giorni santi, e di non percorrere in essi piú di duemila cubiti. Essa si 13 Atti 1:12-14 basa su Giosuè 3:4 dove leggiamo che, al momento del passaggio del Giordano, agli Israeliti venne ordinato di seguire l’arca a una distanza di circa duemila cubiti. Non era Dio che aveva posto quel limite, ma erano stati loro stessi a fissarlo. Cosí è una norma per noi non viaggiare nel giorno del Signore se non per compiere un’opera che deve essere compiuta in quel giorno e, quando ciò è necessario, ci viene non soltanto permesso, ma ordinato (2 R 4:23). II. Il luogo dove ritornarono gli apostoli. Ritornarono a Gerusalemme, come il Maestro aveva loro ordinato, anche se in quella città erano circondati da nemici (v. 12). Benché dopo la risurrezione di Cristo fossero guardati a vista dagli Ebrei, che loro temevano, quando si sparse la voce che erano andati in Galilea e non si era avuta notizia di un loro ritorno a Gerusalemme, non vennero piú ricercati. Dio sa come nascondere i suoi quando si trovano in mezzo ai nemici. Egli ha messo in cuore a Saul di non continuare a cercare Davide (1 S 26). A Gerusalemme i discepoli salirono nella sala di sopra, dove si trattennero (v. 13). Ciò non significa che essi abitassero tutti in una stanza, ma che vi si riunivano ogni giorno e che passavano il loro tempo in preghiera, attendendo la discesa dello Spirito Santo. Gli studiosi hanno fatto diverse congetture sulla sala di sopra. Alcuni pensano che si tratti di una delle stanze del tempio, ma è difficile pensare che i capi sacerdoti, cui competeva concedere l’uso di quelle stanze, subissero il fatto che i discepoli di Cristo si riunissero costantemente in una di esse. È vero che proprio Luca ci dice che gli apostoli erano del continuo nel tempio (Lu 24:53), ma si riferisce ai cortili del tempio, all’ora della preghiera, cui non si poteva impedire loro di partecipare. Sembra proprio che la sala di sopra si trovasse in una casa privata. Gregorio di Oxford è di questo parere, e cita un commentatore siriaco secondo cui si tratterebbe dello stesso locale nel quale essi avevano mangiato la Pasqua (cfr. Lu MH4.qxd 23/09/2003 13.24 Pagina 14 Atti 1:15-26 22:12, 13). Sebbene il testo greco usi due termini diversi, anagaion e hyperoon, essi possono avere lo stesso significato. Egli dice: «tuttavia, se era la casa di Giovanni l’evangelista, come sostiene Evodio, o quella della madre di Giovanni Marco, come ritengono altri, non può essere stabilito con certezza» (vedi commento Atti 13). III. Chi fossero i discepoli. Tutto ciò spinse i discepoli a rimanere uniti. Vengono nominati gli undici apostoli (v. 13) e Maria, la madre del nostro Signore (v. 14), e questa è l’ultima volta che le Scritture ne parlano, se escludiamo il riferimento a lei della lettera ai Galati, nella quale, però, non viene chiamata per nome (Ga 4:4). C’erano poi altre persone di cui ci viene detto che erano fratelli del nostro Signore, fratelli secondo la carne. Dato che si parla di circa centoventi persone riunite (v. 15), possiamo supporre che fossero presenti tutti i settanta discepoli, o la maggior parte di essi, che erano associati agli apostoli e avevano il compito di evangelizzare. IV. Come impiegavano il tempo: perseveravano di pari consentimento nella preghiera. Si osservi che: 1. Pregavano e supplicavano. Tutti i figli di Dio sono persone dedite alla preghiera. Quello era un momento di pericolo e di sofferenza per i discepoli di Cristo, erano un po’ come pecore in mezzo ai lupi (Mt 10:16). Ma la Parola ci dice: C’è tra voi qualcuno che soffre? Preghi (Gm 5:13). La preghiera mette a tacere i timori e le preoccupazioni. Essi si trovavano di fronte a compiti nuovi e importanti, e prima di iniziarli sentivano il bisogno di pregare Dio per implorare la sua presenza e la sua guida. Gesú aveva pregato a lungo per loro prima di mandarli in missione la prima volta, e adesso essi passavano molto tempo a pregare per se stessi. Erano in attesa dell’effusione dello Spirito Santo, e pregavano molto per questo. D’altra parte, lo Spirito Santo era disceso sul nostro Salvatore mentre egli pregava (Lu 3:21, 22). E chi vive in 14 Mattia scelto al posto di Giuda un contesto di preghiera si trova nella situazione migliore per ricevere delle benedizioni spirituali. Cristo aveva promesso loro di mandare presto lo Spirito Santo, e tale promessa non rendeva superflua la preghiera, piuttosto la stimolava e l’incoraggiava. Dio vuole che le benedizioni che promette gli vengano richieste e quanto piú il loro adempimento sembra vicino, con tanto maggior zelo dobbiamo pregare per esso. 2. Essi perseveravano nella preghiera (v. 14), passavano molto tempo pregando, piú di quanto fossero soliti. Pregavano di frequente e rimanevano a lungo in preghiera. Non trascuravano mai un’ora di preghiera, risoluti a perseverare in essa finché lo Spirito Santo sarebbe disceso secondo la promessa; erano risoluti a pregare e a non perdersi d’animo. È scritto che stavano continuamente... lodando e benedicendo Dio (Lu 24:53), e qui essi perseveravano nella preghiera. Infatti, come lodare Dio per una sua promessa è un modo convenevole per implorarne l’adempimento – e la lode per una promessa adempiuta lo è per implorare ulteriori benedizioni – cosí, con il cercare Dio in preghiera lo glorifichiamo per le benedizioni e la grazia che abbiamo trovato in Lui. 3. Essi pregavano di pari consentimento. È evidente che erano riuniti in uno spirito di santo amore reciproco, e che tra loro non c’erano lamentele, animosità o discordia. Chi, come loro, conserva l’unità dello Spirito con il vincolo della pace (Ef 4:3) è pronto per ricevere la consolazione dello Spirito Santo (At 9:31). È anche evidente che tutti partecipassero alla preghiera: uno solo la innalzava, ma tutti pregavano. Se quando due s’accordano a domandare una cosa qualsiasi, quella sarà loro concessa (Mt 18:19), tanto piú questo è vero quando a domandarla si accordano molte persone. 1:15-26 Il peccato di Giuda non costituí soltanto la sua ignominia e la sua rovina, ma lasciò un vuoto nel collegio degli apo- MH4.qxd 23/09/2003 13.24 Pagina 15 Mattia scelto al posto di Giuda stoli. Essi erano stati nominati in dodici, con un riferimento alle dodici tribú d’Israele che discendevano dai dodici patriarchi ed erano le dodici stelle da cui è formata la corona della chiesa (Ap 12:1). Ad essi erano destinati dodici troni (Mt 19:28). Essi erano stati in dodici quando imparavano dal loro Maestro e se fossero restati in undici, ora che dovevano insegnare, ciò avrebbe costituito per chiunque l’occasione per fare domande sulla sorte del dodicesimo e avrebbe tenuto vivo il ricordo dello scandalo. Si provvide, quindi, prima della discesa dello Spirito Santo, a colmare il vuoto; fornendoci anche la descrizione del procedimento come ciò avvenne. Probabilmente il nostro Signore Gesú aveva dato delle direttive in merito, tra gli altri argomenti da lui toccati nel ragionare con loro delle cose relative al regno di Dio (v. 3). Si osservi quanto segue: I. Le persone coinvolte nella nomina. 1. Nella casa si trovavano circa centoventi persone. Qualcuno pensa che in questo numero fossero compresi soltanto gli uomini, escluse le donne. Il Dott. Lightfoot ritiene che concorressero a formarlo gli undici apostoli, i settanta discepoli e circa trentanove altre persone, tutte del parentado, della regione e del seguito di Cristo. Essi avrebbero costituito una sorta di sinodo di ministri, un presbiterio a carattere permanente (At 4:23) cui nessuno ardiva unirsi (At 5:13) e a cui avrebbe posto fine la persecuzione sopravvenuta con la morte di Stefano che ne disperse tutti i membri, ad eccezione degli apostoli (At 8:1). Egli ritiene anche che, oltre a questi, ci fossero allora a Gerusalemme molte centinaia, se non migliaia, di persone che credevano. È vero che viene riferito che molti credettero in lui, ma viene aggiunto che non lo confessavano per timore delle conseguenze (cfr. Gv 12:42). Quindi, mi riesce difficile pensare, a differenza del Dott. Lightfoot, che queste persone si sarebbero costituite in diverse congregazioni per la predicazione della Parola e per altri atti di culto; 15 Atti 1:15-26 né posso credere che sia avvenuto qualcosa di simile prima dell’effusione dello Spirito Santo e delle conversioni di cui ci parla il capitolo successivo. Qui abbiamo la prima manifestazione della Chiesa cristiana, per cui le centoventi persone sono il granel di senapa che è cresciuto ed è divenuto un albero, il lievito che fa lievitare tutta la pasta. 2. Fu Pietro a prendere la parola: egli era stato, ed era ancora, una figura di primo piano. Il suo zelo e la sua dedizione vengono evidenziate per dimostrare che si era pienamente ripreso da quando aveva rinnegato il suo Maestro. Essendo stato designato a diventare l’apostolo della circoncisione, ebbe un ruolo importante finché l’Evangelo rimase tra gli Ebrei, mentre dopo, quando si parlerà degli stranieri, subentrerà la figura di Paolo. II. La proposta di Pietro per la scelta di un altro apostolo. Egli si levò in mezzo ai fratelli (v. 15). Non rimase seduto, come avrebbe fatto chi si accingesse a dettar legge o a rivendicare un qualsiasi primato sugli altri, ma si alzò presentando la sua mozione e mostrando cosí rispetto per i fratelli. 1. Nel suo discorso possiamo osservare il riferimento che egli fece sul vuoto creatosi conseguente alla morte di Giuda, da lui descritta in modo particolareggiato. Come uomo su cui Gesú aveva soffiato il suo Spirito, egli constata l’adempiersi in essa delle Scritture. Pertanto, nelle sue parole vengono ricordati: (a) La potenza di cui Giuda era stato fatto partecipe: egli era stato annoverato tra noi, e aveva ricevuto la sua parte di questo ministero (v. 17). Si osservi come molte persone, che in questo mondo fanno parte dei santi, non si troveranno tra questi nel giorno in cui avverrà la separazione tra ciò che è prezioso e ciò che è vile. Che profitto trarremo dal fatto di essere stati annoverati tra i cristiani se poi non siamo partecipi dello spirito e della natura dei cristiani? Per Giuda l’aver ricevuto la sua parte nel ministero costituiva un’aggravante del suo peccato e della sua MH4.qxd 23/09/2003 13.24 Pagina 16 Atti 1:15-26 rovina, e lo stesso vale per coloro che diranno di aver profetizzato nel nome di Cristo, ma che verranno invece espulsi da lui come operatori d’iniquità (Mt 7:23). (b) Il peccato di Giuda. Nonostante l’onore ricevuto, egli fece da guida a quelli che arrestarono Gesú (cfr. Mt 26:46-50). Non soltanto informò i persecutori di Cristo sul luogo in cui lo avrebbero trovato (essi sarebbero riusciti a trovarlo anche se Giuda non si fosse fatto vedere), ma ebbe l’impudenza di presentarsi apertamente alla testa della turba che lo arrestò. Precedette gli altri e, come se ne fosse orgoglioso, diede l’ordine di pigliarlo. Ahimè il peccato peggiore è quello di chi guida gli altri a peccare, e questo vale soprattutto per chi, in virtú del ministero ricevuto, dovrebbe essere una guida per chi ama Cristo e diventa invece una guida per i suoi nemici. (c) La rovina di Giuda in seguito al suo peccato. Rendendosi conto che i capi sacerdoti volevano la morte di Gesú e dei suoi discepoli, pensò di salvarsi passando dalla loro parte e non solo, ma anche di ottenere da loro un campo che, a quanto sperava, avrebbe costituito soltanto un anticipo per il servizio da lui reso. Vediamo invece che ne fu di quel campo? [1] Egli perse il suo denaro ignominiosamente (v. 18). Acquistò un campo con i trenta cicli d’argento che erano il prezzo della sua iniquità. Non si procurò quindi il campo, ma il prezzo della sua iniquità, come ci fa capire elegantemente l’espressione usata da Pietro, a derisione del suo desiderio di arricchirsi con l’affare. Giuda pensava di avere acquistato un campo per sé, proprio come Gheazi pensava di avere ottenuto da Naaman dei beni per mezzo di una menzogna (2 R 5:26), ma fece vedere di averlo acquistato per seppellire gli stranieri. Chi lo indusse a ciò? Fu un mammona iniquo a convincerlo con i suoi inganni e il prezzo della sua iniquità divenne la pietra d’intoppo della sua iniquità. [2] Egli morí ancor piú ignominiosamente: L’evangelista Matteo ci ha riferito (Mt 27:5) che si allontanò disperato e 16 Mattia scelto al posto di Giuda andò ad impiccarsi, oppure si allontanò perché sentiva soffocare (il verbo greco contempla anche questo significato). Luca, come spesso fanno gli storici, aggiunge altri particolari qui. Sembra quasi che Giuda, essendo angosciato per l’orrore commesso, sentí mancarsi il respiro, cominciò a soffocare, ed essendosi precipitato, o «caduto sul suo volto», come traduce il Dott. Hammond, gli si squarciò il ventre, e tutte le sue interiora si sparsero, in parte per l’enfiarsi del suo petto, e in parte per la violenza della caduta. Se il diavolo che aveva posseduto un bambino lo attaccò violentemente, lo gettò per terra, lo torse in convulsione e lo straziò, tanto da lasciarlo come morto, dopo che Gesú lo ebbe cacciato da lui (Mr 9:26; Lu 9:42), non c’è da stupirsi che, essendo Giuda interamente posseduto dal diavolo, questi lo facesse cadere a capofitto in modo che gli si squarciasse il ventre. Il soffocamento di cui parla l’evangelista Matteo fece enfiare il suo corpo fino al punto che il suo ventre si squarciò e le sue interiora si sparsero. Secondo il Dott. Edwards ciò provocò un gran rumore, tale che fu udito anche dai vicini, cosicché il fatto divenne noto a tutti gli abitanti di Gerusalemme (v. 19). Luca scrive con la sua competenza di medico, e si riferisce a tutte le viscere del medio e basso ventre. E squarciare il ventre in modo che le interiora si spargessero, faceva parte della punizione riservata ai traditori (cfr. 2 S 20:10). Giustamente fuoriuscivano quelle interiora che si erano chiuse all’amore per il Signore Gesú. E chissà che Cristo non abbia pensato alla sorte di Giuda quando parlò del malvagio servitore che il suo padrone farà lacerare? (Mt 24:51). (d) Il diffondersi della notizia: il fatto divenne noto a tutti gli abitanti di Gerusalemme (v. 19). Era come se ne avessero parlato i giornali, costituiva il principale argomento di conversazione nella città. Se ne parlava come di uno straordinario giudizio di Dio su chi aveva tradito il suo Maestro. Non se ne parlava soltanto nella cerchia dei discepoli, no, MH4.qxd 23/09/2003 13.24 Pagina 17 Mattia scelto al posto di Giuda ma il fatto era sulla bocca di tutti e nessuno ne metteva in dubbio l’autenticità. A questo punto si potrebbe pensare che tutti coloro che avevano avuto qualche responsabilità nella morte di Cristo venissero indotti al pentimento, ammoniti dalla sorte esemplare di colui che aveva avuto la responsabilità maggiore. Ma i loro cuori erano induriti. La Parola e lo Spirito Santo avrebbero operato affinché coloro che erano sensibili meditassero sull’esempio. Una prova della notorietà di quanto era accaduto sta nel fatto che il campo acquistato con i soldi di Giuda venne chiamato Acheldama, cioè, “campo di sangue” poiché era stato acquistato con il prezzo del sangue. Ciò perpetuava l’infamia non solo di chi aveva venduto quel prezioso sangue innocente, ma anche di chi l’aveva comprato. Cosa risponderanno quelle persone quando Dio ne chiederà loro conto? (e) L’adempimento delle Scritture che avevano parlato chiaramente: bisognava che si adempisse la profezia della Scrittura (v. 16). Nessuno si sorprenda del fatto che questa doveva essere la fine di uno dei dodici. Infatti, Davide non aveva previsto soltanto il suo peccato (di cui anche Gesú aveva parlato in Giovanni 13:18 citando il Salmo 42:9: colui che mangia il mio pane, ha levato contro di me il suo calcagno) ma anche: [1] La sua punizione: divenga la sua abitazione deserta (Sl 69:25). Questo Salmo parla del Messia, e soltanto pochi versetti prima vengono ricordati il fiele e l’aceto che gli furono dati. Le predizioni sulla punizione dei nemici di Davide si riferiscono, quindi, anche alla punizione dei nemici di Cristo, e in particolare a Giuda Iscariota. Forse egli possedeva una casa a Gerusalemme che diventò deserta perché, dopo l’accaduto, nessuno vi voleva piú abitare. Questa predizione ha lo stesso significato di quella di Bildad riguardante l’empio: egli è strappato dalla sua tenda che credeva sicura e fatto scendere verso il re degli spaventi. Nella sua tenda dimora chi non è dei suoi, e la sua casa è 17 Atti 1:15-26 cosparsa di zolfo (Gb 18:14,15); [2] La sua sostituzione con un altro al suo posto: l’ufficio suo (o la sua «funzione di vescovo», perché questo è il significato del termine greco) lo prenda un altro. Pietro cita qui il Salmo 109:8, che introduce molto appropriatamente la proposta che farà in seguito. Si noti a questo punto, che la malvagità di alcune persone e il castigo ignominioso per le loro colpe, non devono farci pensare sempre il peggio di ogni ufficio istituito da Dio (in campo giudiziario o ministeriale). Dio non permette che i suoi piani vengano frustrati, che un ministero da lui istituito rimanga vuoto o che un’opera da lui voluta rimanga incompiuta per il fallimento di coloro che avevano ricevuto l’incarico: annullerà la loro incredulità la fedeltà di Dio? (Ro 3:3). Giuda muore ma l’ufficio di vescovo continua. Si dice della sua abitazione: non vi sia chi abiti in essa, e quindi egli non avrà eredi, ma non si dice lo stesso del suo ufficio di vescovo per il quale non mancherà un successore. Se pure alcuni dei rami sono stati troncati, altri verranno innestati (Ro 11:17). Questo vale sia per i ministri di culto, sia per gli altri membri di chiesa. È certo che la causa di Cristo non conoscerà sconfitte per mancanza di testimoni. 2. La mozione di Pietro per la scelta di un altro apostolo (vv. 21, 22). A questo proposito, si noti: (a) I requisiti di colui che avrebbe preso il posto di Giuda. Doveva essere uno dei settanta discepoli, uno tra gli uomini che sono stati in nostra compagnia tutto il tempo che il Signor Gesú è andato e venuto tra noi, predicando e compiendo miracoli per tre anni e mezzo, a cominciare dal battesimo di Giovanni, con cui ebbe inizio il suo ministero terreno, fino al giorno ch’egli, tolto da noi, è stato assunto in cielo. Chi era stato zelante, fedele e costante nell’adempiere ai propri doveri con umiltà e sottomissione, era da preferire a chi aveva avuto una posizione di maggior rilievo; chi era stato fedele in poca cosa sarebbe stato costituito sopra MH4.qxd 23/09/2003 13.24 Pagina 18 Atti 1:15-26 molte cose (cfr. Lu 16:10). E solo chi conosceva a fondo la dottrina e le opere di Cristo, dall’inizio alla fine, poteva diventare un predicatore del suo Vangelo. Non poteva diventare un apostolo chi non fosse sempre stato in compagnia degli apostoli, se non avesse avuto l’abitudine di conversare da vicino con loro. Non bastava averli incontrati di tanto in tanto. (b) Il compito che avrebbe dovuto svolgere colui che sarebbe subentrato. Egli doveva essere fatto testimone con gli apostoli della risurrezione. Appare qui evidente che altri discepoli si trovavano con gli undici quando Cristo apparve loro, perché in caso contrario non ci sarebbe stato alcuno che potesse essere testimone con loro della risurrezione. La grande realtà che gli apostoli dovevano attestare al mondo, era la risurrezione di Cristo, poiché essa costituiva la prova inconfutabile che egli era il Messia e la base della nostra speranza in lui. Perciò, si consideri come l’incarico a cui gli apostoli vennero chiamati non aveva nulla a che vedere con un potere e una dignità secolari, ma era strettamente connesso con il predicare Cristo e la potenza della sua risurrezione. III. La nomina della persona che doveva succedere a Giuda nel suo ufficio di apostolo. 1. La scelta dei candidati cadde su due uomini, noti per aver seguito costantemente Cristo e per la loro grande integrità morale: ne presentarono due (v. 23). Non furono scelti dagli undici apostoli, ma dai centoventi presenti, poiché Pietro, parlando, si era rivolto a tutta l’assemblea. I due che vennero presentati erano Giuseppe e Mattia. In seguito non troviamo piú notizie su di loro, a meno che Giuseppe non si identifichi con quel Gesú detto Giusto di cui parla Paolo nella lettera ai Colosessi (Cl 4:10), definendolo della circoncisione, cioè appartenente al popolo ebraico, proprio come vi apparteneva Giuseppe, e descrivendolo come uno tra i suoi pochi collaboratori per il regno di Dio che gli erano di conforto. Se 18 Mattia scelto al posto di Giuda le cose stessero in questo modo, si può osservare che, per quanto fosse stato a un passo dal diventare apostolo, egli non lo era diventato, ma che fu molto utile nello svolgimento di un compito minore. Perciò è detto: sono tutti apostoli? Sono forse tutti profeti? Sono forse tutti dottori? (1 Co 12:29). Qualcuno pensa invece che Giuseppe fosse quel «Iose», o «Giosè», (Mr 6:3) fratello di Giacomo il piccolo (Mr 15:40) e che venisse chiamato sia «Iose il giusto» che «Giacomo il giusto». Altri lo confondono con quel Giuseppe che è menzionato in Atti 4:36, ma quest’ultimo era di Cipro e non della Galilea. Sembra che proprio per distinguerli si chiamasse l’uno Barnaba (figlio di consolazione) e l’altro Barsabba (figlio del giuramento). Sia Giuseppe che Mattia erano uomini talmente integri e qualificati che l’assemblea non riusciva a decidere quale dei due fosse il piú adatto al compito. Tutti però erano d’accordo che la scelta non poteva cadere su altri oltre loro due. Non erano stati loro a proporsi come candidati – essi sedevano umilmente in silenzio – ma erano stati gli altri a proporli. 2. I presenti si rivolsero a Dio in preghiera per essere guidati. Non gli chiesero su quale dei settanta, ma su quale di questi due (vv. 24, 25) dovesse cadere la scelta. Era infatti opinione comune a tutti che nessuno potesse competere con loro. (a) Essi si rivolsero a Dio, come a colui che conosce i cuori: «Tu Signore, che conosci i cuori di tutti, mentre noi non li conosciamo e che li conosci meglio di quanto ognuno conosca il proprio». Si noti come per scegliere un apostolo si guardava alla sua indole, alla disposizione del suo cuore. Gesú, che conosceva il cuore di tutti gli uomini, aveva scelto per un fine giusto e santo Giuda come uno dei dodici. Ci è di conforto sapere che nelle preghiere che gli rivolgiamo, intercedendo per la chiesa e i suoi ministri, il Dio da noi invocato conosce i cuori di tutti e tiene su di essi non solo il suo sguardo, ma anche la sua mano. In tal MH4.qxd 23/09/2003 13.24 Pagina 19 Mattia scelto al posto di Giuda modo egli trasforma i loro cuori secondo la sua volontà rendendoli idonei a realizzare i suoi scopi. (b) Essi desideravano sapere quale dei due Dio avesse scelto: Signore... mostra quale di questi due hai scelto. È giusto che sia Dio a scegliere i suoi servitori, e quando egli fa capire, attraverso le disposizioni della sua provvidenza o i doni dello Spirito Santo chi o che cosa abbia scelto per noi, dobbiamo attenerci alla sua volontà. (c) Essi erano decisi a riceverlo come un fratello scelto da Dio. Non cercavano di conservare gelosamente per sé maggior dignità impedendo agli altri di accedervi, ma desideravano che un fratello partecipasse al loro ministero ed apostolato, che si unisse a loro nel servizio e che condividesse con loro l’onore da cui Giuda era decaduto per la sua trasgressione, autoescludendosi con l’abbandono e il tradimento del suo Maestro, dal posto di apostolo di cui era indegno, per andarsene al suo luogo, quello piú adatto a lui, riservato ai traditori: non la forca, ma l’inferno. Chi si allontana da Cristo scade non soltanto dall’onore di essere in comunione con Lui, ma precipita nella rovina piú assoluta. Ci viene riferito che Balaam tornò a casa sua (Nu 24:25). Altri traducono: al suo luogo che, a detta di un rabbino, significa in questo caso all’inferno. Il Dott. Whitby cita Ignazio di Antiochia il quale sostiene che per ogni uomo è preparato un idios topos, ossia un «luogo proprio». E ciò vuol dire, in altre parole, che Dio renderà a ciascuno secondo l’opera sua (Mt 16:27). Il nostro Salvatore aveva detto a questo proposito che meglio sarebbe per quell’uomo se non fosse mai nato (Mt 26:24, NR). E a rendere ancora piú radicale la sua rovina è il fatto che Giuda era stato un ipocrita, e il luogo preparato per gli ipocriti, che lo condivideranno con gli altri peccatori, è l’inferno (Mt 24:51). (d) Il dubbio venne risolto traendo a sorte (v. 26). L’assemblea si appellava a 19 Atti 1:15-26; 2 Dio con un procedimento cui è lecito ricorrere per decidere su questioni non altrimenti risolvibili, a condizione che vi si ricorra in un’atmosfera di solenne religiosità e di preghiera, la preghiera della fede: si gettano le sorti nel grembo, ma ogni decisione viene dall’Eterno (Pr 16:33). Mattia non venne consacrato con l’imposizione delle mani, perché essendo stato scelto con l’estrazione a sorte, egli era stato consacrato da un atto di Dio che con in modo straordinario aveva rivelato la sua volontà. Egli doveva venire battezzato e consacrato dallo Spirito Santo, come tutti gli altri, entro pochi giorni. Cosí il numero degli apostoli venne ripristinato. In seguito, quando Giacomo, un altro dei dodici, subí il martirio, Paolo fu fatto apostolo. CAPITOLO 2 Tra la promessa della venuta del Messia e il suo adempimento intercorsero molti anni (anche se dovessimo tener conto dell’ultima volta in cui questa è stata fatta), ma tra la promessa della discesa dello Spirito Santo e il suo adempimento intercorsero pochi giorni durante i quali gli apostoli, per quanto fosse stato loro ordinato di predicare l’Evangelo a ogni creatura iniziando da Gerusalemme, rimasero ancora completamente inattivi e in incognito. In questo capitolo però si svegliano i venti e si svegliano anch’essi. Li troviamo cosí, come dire, sul pulpito. Ed ecco il contenuto di questo capitolo: I. La discesa dello Spirito Santo sugli apostoli e sulle persone che erano riunite con loro il giorno della Pentecoste (vv. 1-4). II. Le congetture che su questo avvenimento avanzarono le persone giunte a Gerusalemme da molti luoghi (vv. 5-13). III. Il discorso con cui Pietro spiegò che quello spargimento dello Spirito Santo costituiva l’adempimento di una promessa dell’Antico Testamento (vv. 14-21), comprovava ulteriormente che Cristo era il Messia (vv. 22-32) come la sua risurrezione aveva già dimostrato, ed era un frutto e una prova della sua ascensione al cielo (vv. 33-36). IV. La conversione alla fede in Cristo, in seguito a tale discorso, di molte persone che vennero aggiunte alla chiesa (vv. 37-41). V. La fede e la carità dimostrate in misura cosí ragguardevole da quei primi cristiani, e i segni evidenti della presenza di Dio in loro e della potenza loro conferita (vv. 42-47). MH4.qxd 23/09/2003 13.24 Pagina 20 Atti 2:1-4 20 2:1-4 Questo paragrafo riguarda la discesa dello Spirito Santo sugli apostoli. Notiamo: I. Quando e dove lo Spirito Santo discese. Questo viene messo in particolare evidenza per dare maggiore certezza al fatto. 1. Lo Spirito Santo discese quando il giorno della Pentecoste giunse. In questa espressione sembra esserci un riferimento al modo in cui fu istituita la festa: Dall’indomani del sabato, dal giorno che avrete portato l’offerta agitata del fascio di spighe, conterete sette settimane intere (Le 23:15) che era il secondo giorno dopo la Pasqua, ossia il 16° giorno del mese di Abib, il giorno della risurrezione di Cristo. Quel giorno era pienamente giunto, il che significa che erano passati la notte precedente e una parte del giorno stesso. (a) Lo Spirito Santo discese mentre le persone stavano celebrando una festa solenne. Per quella occasione, infatti, una moltitudine di persone si era mobilitata da ogni parte del Paese per recarsi a Gerusalemme, compreso numerosi proseliti. Ciò avrebbe fatto sí che l’avvenimento avesse maggior risonanza e che la sua fama si diffondesse quanto prima e quanto piú lontano possibile, contribuendo all’ingresso dell’Evangelo in tutte le nazioni. Allora, come precedentemente in occasione della Pasqua, la festa ebraica costituiva un’occasione assai favorevole alla predicazione dell’Evangelo. (b) La festa della Pentecoste veniva osservata per commemorare il giorno in cui Dio aveva dato a Mosè la Legge sul monte Sinai, e a cui in certo senso risale la costituzione della “chiesa” ebraica. Secondo i calcoli del Dott. Lightfoot erano passati da quel giorno 1.447 anni. Quale migliore occasione per Dio di elargire il battesimo nello Spirito Santo, che discese sui discepoli in forma di lingue di fuoco, affinché venisse promulgata, non solo per un popolo ma per ogni creatura, la Legge dell’Evangelo. Lo Spirito Santo scende a Pentecoste (c) La festa della Pentecoste cadeva il primo giorno della settimana, il che costituisce un onore conferito a quel giorno e una conferma del fatto che esso è il «sabato cristiano», il giorno che l’Eterno ha fatto (Sl 118:24), perché in esso si mantenga vivo nella chiesa il ricordo delle due grandi benedizioni: la risurrezione di Cristo e il dono del battesimo nello Spirito Santo. Ciò serve non soltanto a giustificare il fatto che consideriamo quel giorno il giorno del Signore, ma a spingerci a santificarlo, lodando Dio in modo specifico per queste due grandi benedizioni. Ritengo che ogni giorno del Signore durante l’anno in ogni nostra preghiera e in ogni nostra lode dovremmo ricordarcene, mentre ciò avviene in alcune chiese una volta all’anno, il giorno di Pasqua, per la risurrezione, e il giorno di Pentecoste, per il dono dello Spirito Santo. Oh, ci sia dato di lodare Dio per queste benedizioni con la dovuta riconoscenza! 2. Lo Spirito Santo discese quando tutti erano insieme nel medesimo luogo (v. 1). Non ci viene detto se fossero nel tempio, dove si recavano per le riunioni pubbliche (Lu 24:53), oppure nella loro sala di sopra, dove si incontravano in ore diverse. Si trovavano comunque a Gerusalemme, perché quello era il luogo che Dio aveva scelto perché il suo nome vi dimorasse e da cui, secondo la profezia, sarebbe uscita la Parola di Yahwè (cfr. Is 2:3). In quel giorno Gerusalemme era anche il luogo in cui erano convenute tutte le persone devote. Là Dio aveva promesso di venir loro incontro e di benedirle, e proprio là essi ricevettero la piú grande tra le benedizioni. Per quanto Gerusalemme fosse colpevole del peggiore oltraggio immaginabile nei confronti di Cristo, egli le fece questo onore, insegnandoci cosí a non nutrire pregiudizi nei confronti di quella città, né di alcun altro luogo, poiché ovunque Dio ha un suo popolo, un residuo, e ne aveva uno anche là. I discepoli non si trovavano piú, come fino allora, in luoghi diversi, ma MH4.qxd 23/09/2003 13.24 Pagina 21 Lo Spirito Santo scende a Pentecoste erano tutti riuniti nello stesso luogo che, per quanto non ampio, li conteneva tutti. E tutti erano perfettamente uniti in una medesima mente e in un medesimo sentire (1 Co 1:10). Non possiamo dimenticare che spesso, quando il Maestro era ancora con loro, i discepoli avevano avuto delle contese per sapere chi di loro fosse reputato il maggiore (Lu 22:24ss.), ma adesso ogni contesa era finita, e non ne sentiremo piú parlare. Questo perché essi avevano già ricevuto il sigillo dello Spirito Santo quando Cristo aveva soffiato su di loro correggendo in parte gli erronei presupposti su cui erano basate le loro contese, e li aveva resi inclini a un santo amore (cfr. Gv 20:22). Essi avevano pregato insieme piú del solito (At 1:14) e questo aveva contribuito ad accrescere il loro amore reciproco. Con la sua grazia il Signore li aveva preparati al dono dello Spirito Santo. Infatti, quella benedetta colomba non scende dove ci sono clamori e contese, ma si posa sulla superficie delle acque quiete e non di quelle agitate. Vogliamo che lo Spirito Santo soffi su di noi dal cielo? Adoperiamoci allora per avere una sola mente e, pur non avendo necessariamente gli stessi interessi e le stesse opinioni, come senza dubbio avveniva per i discepoli, siamo concordi nell’amarci l’un l’altro, poiché solo dove i fratelli dimorano insieme nell’unità vi sono le condizioni perché l’Eterno ordini alla sua benedizione di scendere su di loro (cfr. Sl 133). II. Il modo in cui lo Spirito Santo discese sui discepoli. Nell’Antico Testamento leggiamo che spesso Dio scendeva in una nuvola, come quando prese possesso per la prima volta del tabernacolo e in seguito del tempio, il che dimostra quanto oscura fosse quella dispensazione. Anche Cristo salí al cielo in una nuvola, dimostrando cosí quanto poco sappiamo del Cielo superiore. Lo Spirito Santo non discese però in una nuvola, poiché egli avrebbe dissipato le nuvole che coprono le menti degli uomini e avrebbe portato la luce nel mondo. 21 Atti 2:1-4 1. Qui si parla di un suono che fu udito dai discepoli e che accese in loro l’aspettativa di qualcosa di grande (v. 2). Di esso si dice che: (a) Si fece di subito, cioè che non si intensificò gradualmente come avviene di solito per i venti, ma che raggiunse immediatamente il colmo dell’intensità. Esso giunse prima di quanto i discepoli si aspettassero e li sorprese mentre erano insieme, in attesa; probabilmente impegnati in qualche esercizio religioso. (b) Era un suono che veniva dal cielo, come uno scoppio di tuono (Ap 6:1). Ci viene detto che Dio fa uscire il vento dai suoi tesori (Sl 135:7) e che raccoglie il vento nel suo pugno (Pr 30:4). Infatti, questo suono proveniva proprio da Lui, come quello di una voce che gridasse: Preparate... la via dell’Eterno. (c) Era un suono di vento perché lo Spirito Santo discende in maniera simile al vento, tu ne odi il rumore, ma non sai né d’onde viene né dove va (Gv 3:8). Quando lo Spirito di vita stava per entrare nelle ossa secche, ci viene detto che al profeta fu ordinato di profetizzare al vento: vieni dai quattro venti, o spirito (Ez 37:9). E per quanto Dio non si sia manifestato a Elia nel vento, fu il vento a prepararlo a scoprire la sua voce in un suono dolce e sommesso (1 R 19:11, 12). Ci viene detto che l’Eterno cammina nel turbine e nella tempesta (Na 1:3) e che rispose a Giobbe dal seno della tempesta (Gb 38:1). (d) Si trattava di un vento impetuoso, un vento forte e violento, che si manifestò non solo con gran rumore, ma anche con gran forza, come se volesse travolgere tutto quello che incontrava, preannunziando cosí le potenti operazioni dello Spirito di Dio sulle menti degli uomini e, attraverso di essi, sul mondo intero poiché essi dovevano ricevere da Dio la potenza necessaria per abbattere le vane immaginazioni. (e) Quel vento riempí non solo la sala, ma tutta la casa dov’essi sedevano (v. 2). Probabilmente tale vento fu percepito con MH4.qxd 23/09/2003 13.24 Pagina 22 Atti 2:1-4 timore dall’intera città, ma, a dimostrazione del suo carattere soprannaturale, si diresse su quella casa fermandosi su di essa, proprio come il vento scatenato da Dio per fermare Giona avrebbe investito, secondo alcuni, soltanto la nave su cui si trovava il profeta (Gn 1:4); un po’ come la stella che aveva guidato i Magi d’Oriente, che si fermò sulla casa in cui stava il Bambino, inducendo le persone che l’avevano osservata a raggiungere il luogo per informarsi sulla natura del fenomeno. Il vento che riempí la casa indusse nei discepoli un riverente timore, e contribuí a porli in uno stato d’animo di profonda serietà e raccoglimento, preparandoli a ricevere lo Spirito Santo. Cosí lo Spirito Santo convince per aprire la strada alle sue consolazioni. Fu cosí che le violente raffiche di quel vento benedetto prepararono i cuori dei discepoli allo spirare di una mite brezza.1 2. Ecco un segno visibile del dono che i discepoli stavano per ricevere. Essi videro delle lingue come di fuoco che si dividevano e se ne posò (gr. ekathisen) una su ciascuno di loro (v. 3). Fu lo Spirito Santo, che si manifestava nelle lingue di fuoco, a fermarsi, collocarsi, quasi a “sedersi” su di loro, come apprendiamo che si era fermato sui profeti dell’Antico Testamento. Il Dott. Hammond ha scritto: «Si vedeva su ciascuno di loro qualcosa di simile a un fuoco fiammeggiante e luminoso che si divideva in piú parti e assumeva cosí, sulle loro teste, separate le une dalle altre, l’aspetto di lingue». La fiamma di una candela ha la forma di una lingua e c’è un fenomeno meteorologico che i naturalisti chiamano ignis lambens – 22 Lo Spirito Santo scende a Pentecoste una fiamma tenue – non un fuoco divorante, proprio come le lingue di fuoco che si posarono sugli apostoli. Pertanto, possiamo notare che: (a) Le lingue di fuoco erano un segno chiaramente percepibile che confermava la fede dei discepoli, ed era atto a convincere altre persone. Anche la prima missione dei profeti dell’Antico Testamento era stata spesso confermata da segni in modo che tutto Israele potesse rendersi conto che essi erano stati stabiliti come profeti. (b) Il segno dato era un segno di fuoco: si adempiva cosí quanto Giovanni Battista aveva detto di Gesú: Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco (Lu 3:16, NR). Era la festa della Pentecoste e si stava celebrando il ricordo del giorno in cui la Legge era stata data sul monte Sinai. E, poiché era stata data nel fuoco, essa era chiamata «Legge di fuoco», e tale è l’Evangelo (cfr. De 33:2). La missione del profeta Ezechiele fu confermata dalla visione di carboni ardenti (Ez 1:13) e quella di Isaia da un carbone ardente con cui fu toccata la sua bocca (Is 6:7). Cosí, come un fuoco, lo Spirito Santo scioglie i cuori, separa e brucia le scorie e suscita sentimenti buoni e santi nell’anima. E proprio nell’anima, come nel fuoco sull’altare, vengono offerti sacrifici spirituali. È questo il genere di fuoco che Cristo è venuto a gettare sulla terra (Lu 12:49). (c) Il fuoco apparve diviso in molte lingue, e molti furono gli effetti operati dallo Spirito Santo. Tra essi vi fu quello del parlare in altre lingue, che ci rimanda alle lingue di fuoco e che fu dato separa- 1) Per una chiara comprensione dell’espressione «si fece dal cielo un suono come di vento impetuoso» (At 2:2), è necessario afferrare bene il senso sia di «suono» sia di «vento impetuoso». Procedendo per ordine, dico che rendere il termine greco echos con «suono», come fanno la maggior parte delle versioni, secondo me non è molto preciso perché non tiene conto della differenza che c’è nello stesso immediato contesto tra il «suono» del versetto 2 e il «suono» del versetto 6, che invece è traduzione del greco phoné che significa: «suono», «rumore», «voce». Il termine echos equivale in italiano a «eco», e quindi contiene in sé l’idea di risonanza quale fenomeno di riproduzione acustica associato al movimento vibratorio, un suono che si ripete e provoca oscillazioni. In tale suo significato, il termine non ha sussistenza propria ma è pura dipendenza dinamica, pura filiazione in rapporto a quel termine correlato che ne rappresenta l’origine e che verrà introdotta in forma esplicita solo al versetto 6, e cioè phone (cfr. il v. 2 con il v. 6). Per quanto concerne il «vento», bisogna dire che si tratta della traduzione del greco pnoe che fondamentalmente significa «soffio». Infatti nella versione dei Settanta, questo verbo traduce di norma l’ebraico nešämäh, che proviene dalla radice našam che significa «ansimare», «respirare intensamente e affannosamente». Perciò, il termine indica «il soffio», «l’ansimare intenso e vigoroso» riferito sia a Dio che all’uomo (cfr. Is 30:33; 42:14; Sl 18:16). Quindi, secondo me, il giorno di Pentecoste non ci fu un «vento» qualsiasi, ma un «soffio» violento – nel senso di veemente, impetuoso, vigoroso – di Dio; infatti è detto che proveniva «dal cielo». Per queste ragioni propongo una traduzione diversa da quella tradizionale, ossia: «Improvvisamente si fece dal cielo un eco come di un’aura vigorosa, che riempí tutta la casa dove essi sedevano». MH4.qxd 23/09/2003 13.24 Pagina 23 Lo Spirito Santo scende a Pentecoste tamente dagli altri, affinché costituisse un primo segnale dei doni dello Spirito. [1] Erano lingue poiché dallo Spirito Santo riceviamo la Parola di Dio, ma anche perché, per mezzo dello Spirito, Cristo parla al mondo. Egli infatti non diede lo Spirito Santo ai discepoli soltanto per riempirli di conoscenza, ma anche per rivestirli di potenza, affinché proclamassero al mondo ciò che conoscevano. Infatti lo Spirito viene dispensato ad ognuno perché ne tragga beneficio. [2] Le lingue erano divise per manifestare che Dio voleva, per mezzo di esse, far sí che tutte le nazioni condividessero la conoscenza della sua grazia, come nella sua provvidenza aveva fatto sí che condividessero la luce dei corpi celesti (cfr. De 4:19). Per quanto divise, le lingue erano in perfetta armonia reciproca. Infatti, è possibile un’autentica unità di sentimenti anche dove c’è diversità di espressione. Il Dott. Lightfoot osserva che con la divisione delle lingue a Babele gli uomini malvagi, perdendo l’unica lingua nella quale si parlava di Dio e lo si predicava, avevano perso anche la conoscenza di Dio e della religione, ed erano caduti nell’idolatria. Dopo diversi migliaia di anni, però, Dio ripristinò, proprio con la divisione delle lingue, la conoscenza di sé tra i popoli. 23 Atti 2:1-4 (d) Il fuoco si fermò a lungo sui discepoli per mettere in evidenza che lo Spirito Santo sarebbe rimasto costantemente accanto a loro. I doni profetici dell’Antico Testamento erano stati conferiti misuratamente e soltanto in certi periodi, mentre la Chiesa non avrebbe mai perso i doni dello Spirito, anche se il segno, a quanto possiamo supporre, a un certo punto disparve.2 Non sappiamo con certezza se quelle fiamme passassero da uno all’altro, o se ci fossero tante fiamme quante erano le persone. Doveva comunque trattarsi di fiamme forti e splendenti, tali da essere visibili anche alla luce del giorno. Sappiamo infatti che il giorno era al suo colmo. III. Quale effetto immediato ebbe la discesa dello Spirito Santo? 1. Tutti furono ripieni dello Spirito Santo piú abbondantemente e potentemente di quanto non lo fossero mai stati.3 Essi erano ripieni delle grazie dello Spirito ed erano piú che mai sotto la sua influenza santificante, il loro animo era rivolto al Cielo. Erano distaccati da questo mondo e si sentivano piú vicini all’altro. Erano piú che mai ripieni delle consolazioni dello Spirito di Dio e gioivano piú che mai nell’amore per Cristo e nella speranza del Cielo. Avevano superato tutte le 2) Talvolta le opinioni dottrinali di Matthew Henry si discostano da quelli di altri evangelici, come nel caso del pedobattesimo, mentre altri evangelici suoi contemporanei, come gli anabattisti, insegnavano e praticavano il battesimo per immersione riservato agli adulti. Per la stessa ragione, oggi vi sono molti evangelici i quali credono che nel Nuovo Testamento non v’è nulla che indichi una qualche intenzione da parte di Dio di rimuovere i doni spirituali; anzi è detto chiaramente il contrario (cfr. Mr 16:17, 20; At 2:39). John E. Steinmueller e K. Sullivan affermano: «a proposito delle perpetuazione dei carismi [dello Spirito Santo, n.d.r.] possiamo dire che, sebbene si manifestarono piú frequentemente nella chiesa apostolica, non c’è mai stato un periodo nel corso della storia della Chiesa, in cui questi furono completamente assenti» (cfr. Chatolic Biblical Encyclopedia, Harper & Brothersm, New York 1952, pag. 768). Tuttavia, non si può negare che dopo l’età apostolica ci sia stata una diminuzione dei doni dello Spirito Santo, e negli scritti dei cosiddetti “Padri della Chiesa” troviamo delle indicazioni in questo senso. Però, questo avvenne non perché il Signore aveva ritirati i suoi doni, ma, come disse John Wesley, «perché l’amore di molti, di quasi tutti i cosiddetti cristiani, si era raffreddato» (S.H. FRODSHAM, With Sign Following, Gospel Publishing House, Springfield, 1946). Infatti, è significativo che in tempi di risveglio, attraverso tutta la storia del Cristianesimo, i doni dello Spirito Santo siano riapparsi in qualche forma (cfr. F.L. CROSS, «Glossolalia», The Oxford Dictionary of the Christian Church, Oxford University Press, London 1958, pag. 564). E ciò è accaduto, malgrado la storia ufficiale li abbia ignorati, oppure ne abbia parlato con disprezzo riportando solo le calunnie degli avversari. Sono questi i motivi per cui non si sa molto intorno alla tematica dei «doni dello Spirito» nella storia, fino agli inizi del XX secolo quando Dio suscitò il Movimento Pentecostale. 3) Il termine «ripieni» in greco è eplesthesan, aoristo passivo indicativo del verbo pímplemi (= riempio, colmo). Si tratta di un termine particolarmente caro a Luca, visto che ricorre tredici volte nel suo Vangelo, di cui quattro nei racconti dell’infanzia, e nove in Atti. E questo è significativo se si considera che in tutto il Nuovo Testamento tale verbo ricorre solo altre due volte (cfr. Mt 22:10; 27:48). D’altra parte, non deve passare inosservato che questo verbo viene usato spesso in rapporto allo Spirito Santo (cfr. Lu 1:15, 41, 67; 2:4; 4:8, 31; 9:17; 13:9). Inoltre, l’uso dell’aoristo puntualizza efficacemente la modalità nella quale si è operato tale «riempimento» dello Spirito Santo nei circa centoventi riuniti in preghiera. Il carattere dell’azione è puntuale, momentanea, come procedente da una dimensione metatemporale e che si sia improvvisamente imposta sul piano temporale. Dal punto di vista di un’esegesi teologica e sincronica è sorprendente rilevare come il concetto di «riempimento» indica la completezza dell’azione del riempire, che di per sé suppone una certa irruzione, o versamento di un liquido da un recipiente all’altro. Non solo, ma l’enfasi qui non è solo sulla quantità, nel senso di «molto», ma è soprattutto sul concetto di riempire, colmare, saziare la vacuità e al tempo stesso di essere anche principio di coesione e unificazione: «Ogni valle sarà colmata e ogni monte e ogni colle sarà spianato» (Lu 3:5). Il riempimento colma la valle e unisce le cime dei monti prima distanti tra loro. MH4.qxd 23/09/2003 13.24 Pagina 24 Atti 2:1-4 loro paure e i loro dolori, e, a riprova di ciò, erano ripieni dei doni dello Spirito Santo che vengono qui specificatamente menzionati: avevano ricevuto potenza per operare miracoli al fine di promuovere il progresso dell’Evangelo. A me sembra evidente che non solo i dodici apostoli, ma tutte le centoventi persone ricevessero lo Spirito Santo in uguale misura e contemporaneamente. Infatti, i settanta discepoli dovevano svolgere la stessa attività degli apostoli, e anche gli altri presenti avrebbero predicato l’Evangelo. È detto infatti nella lettera agli Efesini: Salito in alto (e questo corrisponde ad At 2:33)... egli (Cristo) ha fatto dei doni agli uomini e non solo ad alcuni apostoli, cioè ai Dodici, ma ha dato gli uni come apostoli; gli altri come profeti; gli altri come evangelisti (e tali erano molti dei settanta discepoli che svolgevano un ministero itinerante di predicazione); gli altri, come pastori e dottori (cui è affidato un ministero fisso nelle diverse chiese) e possiamo supporre che alcuni dei presenti divenissero in seguito pastori e dottori (Ef 4:8, 11). Quindi, probabilmente ricevettero questi doni tutti quelli che erano insieme nel medesimo luogo (vv. 1, 14, 15). 2. Cominciarono a parlare in altre lingue, diverse dalla loro lingua madre, per quanto non ne avessero mai imparata un’altra.4 Non parlavano di argomenti futili, ma della Parola di Dio e lodavano il suo nome secondo che lo Spirito dava loro d’esprimersi, vale a dire di esprimere concetti sostanziali e meritevoli di essere ricordati. È probabile che tutti fossero in grado di parlare piú lingue, a seconda delle occasioni che si presentassero loro e non che ognuno ne parlasse soltanto una, come era avvenuto per i gruppi che si erano dispersi da Babele nel mondo. 24 Lo Spirito Santo scende a Pentecoste Inoltre, possiamo supporre che essi comprendessero non solo quelle lingue, ma anche un’altra, quella che i costruttori della torre di Babele non comprendevano piú (cfr. Ge 11:7). Non dobbiamo pensare che pronunciassero di tanto in tanto una parola in un’altra lingua o che farfugliassero qualche frase sgrammaticata, no, essi parlavano senza esitazioni in maniera appropriata e corretta, come se si stessero esprimendo nella loro lingua madre. Infatti, i miracoli non danno frutti di seconda mano, ma i frutti migliori. Essi non parlavano esprimendo pensieri propri o meditazioni precedenti, ma secondo che lo Spirito dava loro d’esprimersi. Era lo Spirito Santo a dare loro non solo la lingua, ma anche gli argomenti di cui parlare. (a) Ciò costituiva un grandissimo miracolo, perché si trattava di un miracolo operato sulla mente (e quindi di un miracolo simile a quelli dei Vangeli). Infatti è nella mente che si formano le parole. Non solo i discepoli non avevano mai studiato quelle lingue, ma neanche una qualsiasi lingua straniera che ne facilitasse l’apprendimento, anzi, a quanto sembra, non avevano mai avuto occasione di sentire qualcuno che le parlasse, e non avevano la minima idea su di esse. Non erano né studiosi, né viaggiatori e non avevano avuto la minima opportunità di apprenderle dai libri o dalla conversazione. Pietro era effettivamente in grado di parlare adeguatamente la sua lingua madre, ma gli altri non erano dei gran parlatori, né erano particolarmente istruiti. Non soltanto il cuore degli sconsiderati capirà la saggezza, e la lingua dei balbuzienti parlerà veloce e distinta (Is 32:4, NR), ma quando Mosè si lamentò con Dio dicendo Ahimè Signore, io non sono un parlatore 4) L’espressione «parlare in altre lingue» in greco è lalein heterais glossais dove l’aggettivo heteros (= altro) va distinto da allos (= altro). Sebbene talvolta i due aggettivi siano usati in modo interscambiabile, conservano una differenza di fondo. Il primo termine, heteros, significa «un altro fra due», «un altro di differente natura», mentre il secondo, allos, significa «un altro fra molti», «un altro della stessa natura». Ecco un esempio: «Mi meraviglio che cosí presto voi passiate, da colui che vi ha chiamati mediante la grazia di Cristo, a un altro (gr. heteros) vangelo. Che poi non c’è un altro (gr. allos) vangelo; però ci sono alcuni che vi turbano e vogliono sovvertire il vangelo di Cristo» (Ga 1:6, 7). Il fatto che l’aggettivo heteros significhi «altro di differente genere o natura» (cfr. Mr 16:12; 1 Co 15:40; Fl 3:15), ci porta alla conclusione che nel giorno di Pentecoste, sebbene il parlare in lingue sia stata una xenolalia, ossia un parlare lingue straniere che alcune persone potevano comprendere (At 2:6), si trattava comunque di lingue non di natura umana, ma celeste; ossia di un linguaggio che proveniva direttamente dal Cielo, appunto «come lo Spirito Santo dava loro di esprimersi» (At 2:4). MH4.qxd 23/09/2003 13.24 Pagina 25 Lo Spirito Santo scende a Pentecoste (Es 4:10), Dio gli rispose che egli sarebbe stato con la sua bocca e con quella di Aaronne che lo avrebbe affiancato. Per questi suoi messaggeri Dio fece però di piú. (b) Colui che aveva fatto la bocca dell’uomo, plasmò a nuovo le bocche di Mosè e Aaronne, un miracolo molto opportuno e utile. La lingua parlata dai discepoli era l’aramaico, e, quindi, era indispensabile che ricevessero questo dono per comprendere sia l’ebraico, in cui era stato scritto l’Antico Testamento, sia il greco, in cui sarebbe stato scritto il Nuovo. Ma questo non era tutto: essi dovevano infatti predicare l’Evangelo a ogni creatura e ammaestrare tutti i popoli (cfr. Mt 28:19, 20). C’era però una difficoltà per loro insormontabile: come sarebbero potuti arrivare a padroneggiare le diverse lingue necessarie per farsi comprendere chiaramente da tutti i popoli? Per impararle sarebbe bastata a malapena la vita di un uomo. E quindi, a comprova del fatto che Cristo poteva conferire l’autorità di predicare il suo Vangelo a tutti i popoli, egli diede ai discepoli la capacità di predicare nel linguaggio di ciascuno. Sembrerebbe che in ciò sia giunta ad adempimento la promessa che Egli aveva fatto loro: chi crede in me farà anch’egli le opere che fo io; e ne farà di maggiori (Gv 14:12). Infatti, considerando bene il tutto, si può riconoscere in ciò un’opera maggiore delle guarigioni miracolose operate da Cristo. Cristo non aveva mai parlato in altre lingue, né aveva conferito ai suoi discepoli il potere di farlo mentre era con loro. Questo miracolo fu il segno iniziale del battesimo nello Spirito Santo. Il Dott. Tillotson è del parere che anche oggi, se degli uomini devoti si dedicassero con sincerità e impegno per la conversione degli infedeli, Dio li benedirebbe in modo straordinario proprio come fece il giorno della Pentecoste. 2:5-13 Abbiamo qui un resoconto delle reazioni suscitate dalla notizia, divenuta di 25 Atti 2:5-13 dominio pubblico, di questo straordinario dono ricevuto inaspettatamente dai discepoli. Pertanto, possiamo notare: I. La grande affluenza di persone a Gerusalemme. Sembra che quell’anno ci fosse un’affluenza maggiore del solito. Si trovavano di soggiorno a Gerusalemme dei Giudei, uomini religiosi, cioè «timorati di Dio» (questo è qui il significato del termine). Alcuni di essi erano proseliti di giustizia, circoncisi e membri ammessi nella comunità ebraica; altri soltanto proseliti di passaggio che avevano abbandonato l’idolatria per adorare il vero Dio, ma non si sottoponevano alla legge cerimoniale. Insomma, si trovava a Gerusalemme gente arrivata di ogni nazione che è sotto il cielo (v. 5). Alcuni erano Ebrei nella dispersione, altri proseliti stranieri. L’espressione è iperbolica e significa che c’erano persone provenienti da quasi tutte le dieci parti del mondo allora conosciuto. Infatti, come Londra è oggi, in un certo modo, il luogo d’incontro per chi si occupa di commerci internazionali, cosí Gerusalemme lo era quel giorno per le persone religiose provenienti da ogni dove. 1. Ci viene qui riferito da quali Paesi fossero giunti quegli stranieri (vv. 9-11). Alcuni erano venuti da Oriente, come i Parti, i Medi, gli Elamiti e gli abitanti della Mesopotamia, tutti discendenti da Sem. Vengono poi ricordati anche gli abitanti della Giudea. Infatti, benché i discepoli parlassero la loro stessa lingua, prima di allora l’avevano parlata nel dialetto e con l’accento del Nord – Certo anche tu sei di quelli (cioè fai parte di quei Galilei che seguivano Gesú) perché anche il tuo parlare ti fa conoscere (Mt 26:73, NR) – ma quel giorno la parlavano correttamente come gli abitanti della Giudea. Seguono coloro che provenivano dalla Cappadocia, dal Ponto e da quella regione della Propontide che costituiva la provincia romana dell’Asia. Là vivevano, come forestieri nella dispersione, degli Ebrei ai quali Pietro indirizzò la sua prima epistola (1 P 1:1). C’era anche chi, prove- MH4.qxd 23/09/2003 13.24 Pagina 26 Atti 2:5-13 nendo dalla Cilicia e dalla Panfilia, Paesi posti a Occidente, faceva parte della discendenza di Iafet, come gli avventizi Romani; c’era chi era giunto dall’Egitto, dalle parti della Libia Cirenaica, chi invece dall’isola di Creta o dai deserti dell’Arabia. Tutte queste persone erano Ebrei che vivevano nella dispersione, oppure proseliti originari di quei Paesi. Il Dott. Whitby osserva che Filone e Giuseppe Flavio, i due storici ebrei che hanno scritto su quel periodo, affermano entrambi che vi erano Ebrei stanziati in ogni parte della terra e che non c’era popolo sulla terra tra il quale non si trovassero degli Ebrei. 2. Possiamo chiederci: ma che cosa spinse tutti quegli Ebrei e quei proseliti a riunirsi a Gerusalemme proprio allora? Non doveva trattarsi di una rapida visita in occasione della festa di Pentecoste, poiché ci viene detto che essi soggiornavano a Gerusalemme (v. 5). Evidentemente vi avevano preso alloggio, poiché era viva un’aspettativa generale sulla manifestazione del Messia. Erano appena terminate le settimane di Daniele, lo scettro era stato rimosso da Giuda e si pensava che il regno di Dio stesse per esser manifestato immediatamente (Lu 19:11). Per questo motivo le persone piú zelanti e devote erano venute a Gerusalemme, per fermarvisi e avere subito parte al regno di Dio e alle sue benedizioni. II. Gli stranieri sono meravigliati quando odono i discepoli esprimersi nelle loro rispettive lingue. Sembra che i discepoli le parlassero ancora prima di incontrarli. Leggiamo, infatti, che ciò che indusse la moltitudine a raggiungerli fu l’avere udito quel suono (v. 6), e ciò è vero soprattutto per coloro che provenivano da altri Paesi, dal momento che il miracolo riguardava piú da vicino loro che non gli abitanti di Gerusalemme. 1. Essi si resero conto che quelli che parlavano erano tutti Galilei che conoscevano soltanto la loro madrelingua (v. 7), persone tenute generalmente in scarsa 26 Lo Spirito Santo scende a Pentecoste considerazione e da cui non ci si aspettava istruzione e garbo. Dio ha però scelto le cose deboli e pazze del mondo per svergognare i savi e i potenti (1 Co 1:27). D’altra parte, anche Cristo era ritenuto un Galileo, e i suoi discepoli, uomini senza cultura e rozzi, lo erano effettivamente (At 4:13). 2. Si resero anche conto che i discepoli parlavano con prontezza e in maniera chiara le loro lingue (e di ciò erano ovviamente i migliori giudici) e che si esprimevano cosí correttamente che nessuno dei loro compatrioti avrebbe potuto superarli. Li udiamo parlare ciascuno nel nostro proprio natio linguaggio (v. 8). I Parti udivano uno di loro parlare la loro lingua, i Medi ne udivano un altro e lo stesso vale per tutti gli stranieri che erano presenti, i quali li sentivano parlar delle cose grandi di Dio nelle proprie lingue (v. 11). Si trattava di lingue non solo sconosciute a Gerusalemme, ma probabilmente anche disprezzate e sottovalutate. Era quindi non soltanto una sorpresa, ma una piacevole sorpresa per ognuno di loro sentire parlare la propria lingua, come lo è naturalmente per chi si trovi in un Paese straniero. (a) Le cose di cui gli stranieri sentivano parlare i discepoli erano le cose grandi di Dio (gr. megaleia tou Theou), Magnalia Dei (Vulgata Clementina), ossia «le opere meravigliose di Dio». È probabile che i discepoli parlassero di Cristo, della sua opera di redenzione e dell’Evangelo di grazia. Sono queste effettivamente le cose grandi di Dio che saranno per sempre meravigliose agli occhi nostri. (b) Li sentivano lodare Dio per quelle grandi cose e istruire le persone intorno a esse, rivolgendosi a ciascuno nella propria lingua. Capivano infatti, sentendo parlare i loro ascoltatori o coloro che chiedevano di loro, quale lingua parlassero. Benché alcuni degli stranieri fossero, forse, da un po’ di tempo a Gerusalemme e avessero imparato un po’ di ebraico, tanto da essere in grado di MH4.qxd 23/09/2003 13.24 Pagina 27 Discorso di Pietro comprendere i discepoli se avessero parlato in quella lingua, tuttavia ciò produsse in loro delle emozioni: [1] Sentirli parlare nella propria lingua era piú straordinario e li aiutava a comprendere che quella dottrina veniva da Dio. Infatti le lingue servono di segno non per i credenti, ma per i non credenti (1 Co 14:22). [2] Era anche una manifestazione di simpatia che aiutava a promuovere dei sentimenti d’amicizia, un chiaro segno di benevolenza nei confronti dei Gentili. Se ne deduceva che la conoscenza e l’adorazione di Dio non sarebbero piú state riservate agli Ebrei e che il muro di separazione sarebbe stato abbattuto (Ef 2:14). Ciò è per noi una chiara indicazione dei propositi e della volontà di Dio. Egli vuole che le sacre testimonianze sulle sue opere meravigliose vengano conservate, che le Scritture vengano lette e che gli si offra un culto pubblico in ogni nazione nel volgare locale. 3. Essi stupivano ed erano perplessi (v. 12). Erano «fuori di sé» (questo vuol dire la parola) considerando straordinario questo fatto, ed erano in dubbio sul suo significato. Aveva forse lo scopo di introdurre il Regno di Dio, da loro tanto atteso? Si chiedevano quindi l’un l’altro: Tí thelei touto einai; (testo greco), Quidnam vult hoc esse? (Vulgata Clementina) Che cosa significa questo? (v. 12, NR). Quale scopo si propone? Sicuramente lo scopo di conferire dignità a quegli uomini e di manifestare la loro qualità di messaggeri di Dio, e quindi, proprio come Mosè quando vide il pruno in fiamme che non si consumava, gli stranieri decisero: andiamo a vedere questa grande visione (Es 3:3). III. Il dileggio di alcuni presenti, originari di Gerusalemme e della Giudea, probabilmente scribi, Farisei e capi sacerdoti che avevano sempre opposto resistenza all’opera dello Spirito Santo. Secondo loro i discepoli erano pieni di vino dolce o nuovo, avendo bevuto troppo in occasione della festa (v. 13). Non erano tanto sciocchi da pensare che il troppo vino in corpo rendesse capaci di parlare lingue mai imparate, ma, essendo originari della Giudea, non capivano, a differenza degli Atti 2:14-36 27 altri, che le lingue parlate erano effettivamente lingue di altri Paesi e ritenevano quindi che i discepoli blaterassero, come fanno a volte gli ubriaconi. Quando avevano deciso di non credere che lo Spirito Santo fosse all’opera nei miracoli di Cristo, ne avevano dato questa interpretazione: Egli caccia i demoni per l’aiuto del principe dei demoni (Mt 9:34; 12:24), e quando decisero di non credere che nella predicazione degli apostoli vi fosse la voce dello Spirito di Dio diedero questa interpretazione sono pieni di vino dolce. E, dal momento che avevano definito un mangiatore e un beone il padrone di casa, non c’è da meravigliarsi che definissero cosí i suoi servitori. 2:14-36 Scorgiamo qui i primi frutti dello Spirito Santo nella predicazione che Pietro tenne immediatamente, rivolgendosi non agli stranieri in una lingua straniera (non abbiamo ancora parlato della risposta che diede a quelli che erano stupiti e si chiedevano che vuol esser questo), ma agli Ebrei, da cui era partito il dileggio, nella lingua locale. Infatti, egli iniziò proprio parlando di questo (v. 15) e si rivolse (v. 14) ai suoi ascoltatori chiamandoli uomini Ebrei, e voi tutti che abitate in Gerusalemme. Però, abbiamo motivo di credere che gli altri discepoli continuassero a parlare delle cose grandi di Dio a coloro che li capivano (e che quindi si erano assembrati intorno a loro) nelle lingue dei loro rispettivi Paesi. Quindi tremila persone credettero e furono aggiunte alla chiesa, non solo per mezzo della predicazione di Pietro, ma anche per quanto dicevano in altre lingue i circa centoventi discepoli o la maggior parte di loro. Ci sono state tramandate soltanto le parole di Pietro per dimostrare che egli era stato completamente riabilitato dopo la sua caduta e che era pienamente ristabilito nel favore di Dio. Proprio lui che aveva vilmente rinnegato Cristo, adesso lo confessa con grande coraggio. Osserviamo quanto segue: MH4.qxd 23/09/2003 13.24 Pagina 28 Atti 2:14-36 I. Il modo in cui Pietro introdusse il suo discorso. Prima di iniziare a parlare, egli cercò di catturare l’attenzione del suo uditorio alzandosi in piedi a dimostrazione del fatto che non era ubriaco (v. 14). Con lui si alzarono gli Undici, tutti d’accordo su quanto diceva. Probabilmente anch’essi parlarono a loro volta in maniera simile. Coloro cui era stata conferita l’autorità maggiore si alzarono quindi per parlare agli abitanti della Giudea da cui era partito il dileggio e per affrontare con coraggio quegli oppositori blasfemi, lasciando ai settanta discepoli il compito di parlare ai proseliti stranieri, ben disposti e non prevenuti, nelle loro rispettive lingue. Infatti, alcuni tra i ministri di Cristo hanno ricevuto doni maggiori e sono chiamati a istruire gli oppositori, a brandire la lancia e la spada, mentre ad altri, con doni minori, è assegnato il compito di istruire chi desidera essere istruito, svolgendo cosí mansioni di vignaiolo e di agricoltore. Pietro... alzò la voce dimostrando cosí la sua assoluta certezza e il suo profondo coinvolgimento in ciò che diceva, di cui non si vergognava e che non temeva di palesare. Egli si rivolse al suo uditorio con queste parole: «uomini giudei (gr. andres ioudaioi), e specialmente voi tutti che abitate in Gerusalemme e siete stati complici di chi ha voluto la morte di Cristo, vi sia noto questo, che prima non vi era noto e che adesso è nel vostro interesse conoscere, prestate orecchio alle mie parole che vi porteranno a Cristo e non a quelle degli scribi e dei Farisei che vi porterebbero lontano da lui. Il mio Maestro, le cui parole avete spesso udito senza trarne profitto, se n’è andato e non avrete piú occasione di sentirlo parlare personalmente, ma egli vi parla oggi per mezzo di noi. Quindi, prestate orecchio alle nostre parole». II. Il modo in cui Pietro risponde alle loro blasfeme calunnie (v. 15): «costoro non sono ebbri, come voi supponete. Questi discepoli di Cristo che ora parlano in altre lingue, parlano sensatamente e sanno ciò che dicono, come lo sa chi è 28 Discorso di Pietro condotto dalle loro parole alla conoscenza delle cose grandi di Dio. Non potete pensare che abbiano bevuto troppo perché non è che la terza ora del giorno». Erano infatti le nove del mattino, e prima di quell’ora nei sabati e nelle feste solenni gli Ebrei non mangiavano e non bevevano. Generalmente chi era ubriaco lo era quindi di sera e non di mattina. Bisognava veramente essere bevitori piú che incalliti per dire: «quando mi sveglierò... tornerò a cercarne ancora» (Pr 23:35). III. Il sermone di Pietro sulla miracolosa effusione dello Spirito Santo atto a indurre gli ascoltatori ad abbracciare la fede in Cristo e ad entrare a far parte della Chiesa. Egli chiarí alcuni punti: si trattava di un adempimento delle Scritture; si trattava di un frutto della risurrezione e dell’ascensione di Cristo; si trattava anche di una prova della veridicità sia dell’una che dell’altra. Scendiamo piú nello specifico. 1. Si trattava di un adempimento delle profezie dell’Antico Testamento relative al regno del Messia, e quindi una prova che quel regno era giunto e che le predizioni su di esso si erano avverate. Pietro ne citò una, quella del profeta Gioele (vv. 16-21; cfr. Gl 2:28-32). Vale la pena di osservare che, per quanto Pietro fosse ripieno dello Spirito Santo e parlasse in altre lingue, secondo che lo Spirito gli dava di esprimersi, non mise da parte le Scritture, né si ritenne superiore ad esse. Infatti, il suo sermone è costituito in gran parte da citazioni dell’Antico Testamento, cui si appellava e per mezzo del quale provava ciò che sosteneva. Gli studiosi cristiani non ne sanno mai piú della loro Bibbia, e lo Spirito Santo non ci viene dato perché prenda il posto delle Scritture, ma per renderci capaci di comprenderle e di farne buon uso (cfr. Gv 16:13; 1 Co 2:14-16; 2 Ti 2:7). (a) Il testo citato da Pietro (vv. 17-21). Esso si riferisce agli ultimi giorni perché la dispensazione del Regno di Dio tra gli uomini, cui l’Evangelo dà inizio, è l’ultima dispensazione della grazia divina tra gli uomini e non dobbiamo aspettarci MH4.qxd 23/09/2003 13.24 Pagina 29 Discorso di Pietro altro che il suo proseguimento fino alla fine dei tempi. Secondo altre interpretazioni il profeta Gioele avrebbe parlato di ultimi giorni in vista del lungo periodo che sarebbe intercorso tra la fine delle profezie dell’Antico Testamento e il loro adempimento, oppure si tratterebbe degli ultimi giorni precedenti alla distruzione della nazione ebraica, degli ultimi giorni per quel popolo, appena prima dell’avvento del grande e glorioso giorno di cui si parla, che è il giorno del Signore (v. 20). Come dire: «Esso è stato profetizzato e promesso. Quindi, dovete aspettarlo e non sorprendervene; desiderarlo e dargli il benvenuto, non metterlo in dubbio o considerarlo non meritevole d’attenzione». L’apostolo citò per intero il brano del profeta Gioele, e questo viene a dirci quanto sia importante prendere le Scritture nella loro interezza. Ecco quanto era stato predetto in quel passo: [1] Che ci sarebbe stata dall’alto un’effusione dello Spirito di Dio, piú ricca e piú ampia di ogni precedente effusione. I profeti dell’Antico Testamento erano stati ripieni di Spirito Santo, e leggiamo che Dio aveva dato al popolo d’Israele il suo buono Spirito per istruirlo (Ne 9:20). Era però giunto il momento in cui lo Spirito Santo sarebbe stato sparso su ogni carne, sugli stranieri non meno che sugli Ebrei, per quanto Pietro, evidentemente, non intendesse cosí la profezia, come appare evidente da Atti 11:17. È anche possibile che l’espressione su ogni carne si riferisca a persone di ogni ceto e condizione sociale. Infatti, i dottori ebrei insegnavano che lo Spirito Santo veniva dato solo ai sapienti e ai ricchi purché fossero progenie di Abramo, ma Dio non è vincolato dalle loro regole. [2] Che lo Spirito Santo che avrebbero ricevuto sarebbe stato uno Spirito di profezia. Per mezzo dello Spirito di Dio essi avrebbero potuto predire cose future e predicare l’Evangelo a ogni creatura. Questo potere sarebbe stato dato senza distinzione di sesso o di età: «non solo i vostri figli, ma anche le vostre figlie profeteranno e i vostri gio- 29 Atti 2:14-36 vani vedranno delle visioni, e i vostri vecchi sogneranno dei sogni in cui riceveranno rivelazioni divine da comunicare alla chiesa. Non ci sarà neppure distinzione di condizione sociale: anche i servi e le serventi riceveranno lo Spirito e profeteranno». Si può però anche intendere che ci si riferisca qui agli uomini e alle donne che Dio chiama suoi servi e sue serventi. All’inizio dell’età profetica, nell’Antico Testamento, c’erano state delle scuole di profeti e, prima di ciò, lo Spirito di profezia era sceso sugli anziani di Israele che erano stati scelti per governarlo. Da quel giorno, però, lo Spirito Santo sarebbe sceso anche su persone di ceto piú modesto, che non erano state istruite in una scuola di profeti. Infatti, il Regno del Messia sarebbe stato di natura puramente spirituale. Il fatto che si parli delle figlie (v. 17) e delle serventi (v. 18) farebbe pensare che le donne menzionate in Atti 1:14 ricevessero, come gli uomini, il dono splendido dello Spirito Santo. L’evangelista Filippo aveva quattro figliuole... che profetizzavano (At 21:9) e Paolo, trovando sovrabbondanza di doni sia di lingue che di profezia nella chiesa di Corinto, ritenne necessario proibire alle donne di farne uso in pubblico (cfr. 1 Co 14:26, 34). [3] Che una delle grandi cose su cui dovevano profetizzare era il giudizio che stava per cadere sulla nazione ebraica. Era questo infatti l’avvenimento piú importante che Cristo stesso aveva profetizzato (Mt 24), sia quando stava per entrare in Gerusalemme (Lu 19:41), che mentre veniva condotto alla morte (Lu 23:29). Il giudizio sarebbe caduto sulla nazione per punire il disprezzo e l’opposizione con cui l’Evangelo, benché accompagnato da tante prove, vi era stato accolto. Coloro che non avevano voluto sottomettersi alla grazia di Dio, in quella meravigliosa effusione dello Spirito Santo, sarebbero caduti al soffio della sua ira e non si sarebbero piú rialzati. Coloro che non avevano voluto piegarsi sarebbero stati spezzati. Pertanto, possiamo fare alcune ulteriori osserva- MH4.qxd 23/09/2003 13.24 Pagina 30 Atti 2:14-36 zioni. In primo luogo la distruzione di Gerusalemme, che si verificò circa quarant’anni dopo la morte di Cristo, è qui chiamata il grande e glorioso giorno del Signore, poiché pose fine all’economia mosaica: il sacerdozio levitico e la legge cerimoniale ne risultarono aboliti. La desolazione che colpí il Paese fu tale che non se ne vide mai una maggiore, né prima né dopo, in nessun altro Paese. Quel giorno fu il giorno del Signore, cioè il giorno della sua vendetta su quel popolo per la crocifissione di Cristo e la persecuzione dei suoi ministri; quell’anno fu l’anno in cui quel popolo dovette rendere conto di tutto il sangue dei santi e dei martiri versato, a partire dal sangue del giusto Abele (Mt 23:35). Fu un breve giorno di giudizio, fu un grande giorno. Gioele lo definisce terribile poiché tale fu per gli uomini sulla terra, ma Pietro lo definisce glorioso perché tale fu per Cristo in cielo. Esso fu la sua epifania, la sua apparizione, come egli stesso aveva affermato (Mt 24:30). La distruzione degli Ebrei fu un sollievo per i cristiani, odiati e perseguitati da loro. Per incoraggiarli, i profeti del tempo parlavano spesso di quel giorno come la venuta del Signore è vicina... il Giudice è alla porta (Gm 5:8, 9). In secondo luogo, troviamo qui profetizzati i terribili segni precursori della distruzione: prodigi su nel cielo, e segni giú sulla terra...il sole sarà mutato in tenebre, la luna in sangue (vv. 19, 20). Nella prefazione alla sua «Storia delle guerre giudaiche», Giuseppe Flavio parla dei segni e dei prodigi che le precedettero: ci furono tuoni terribili, fulmini e terremoti; una cometa molto luminosa si fermò sulla città per un anno e si vide una spada fiammeggiante puntata dall’alto su di essa, una luce apparve sul tempio e sull’altare a mezzanotte come se fosse pieno giorno. Il Dott. Lightfoot interpreta diversamente questi segni: il sangue del Figlio di Dio, il fuoco dello Spirito Santo che si era appena manifestato, il vapore di fumo in cui Cristo era asceso al cielo, il sole mutato in tenebre e la luna in sangue durante la pas- 30 Discorso di Pietro sione di Cristo sarebbero tutti chiari avvertimenti dati a quel popolo che non voleva credere per prepararlo al giudizio che lo attendeva. È anche possibile intendere che la profezia si riferisca agli avvenimenti, essi stessi dei giudizi, che precedettero e prepararono la desolazione finale e questa interpretazione sembra convincente. Il sangue si riferirebbe alle guerre tra Ebrei e popoli vicini (Samaritani, Siriani e Greci) che erano costate molto sangue, e alle rivolte, anch’esse molto sanguinose, di gruppi sediziosi tanto che non c’era pace né per chi usciva, né per chi entrava. Il fuoco e il vapore di fumo, qui profetizzati, costituirebbero un riferimento preciso agli incendi delle città, delle sinagoghe e del tempio. Il sole mutato in tenebre e la luna in sangue significherebbero la dissoluzione dell’autorità civile e religiosa e il venir meno della loro luce. In terzo luogo: viene promesso (v. 21) che il popolo di Dio sarà esemplarmente preservato: Chiunque avrà invocato il nome del Signore (cioè ogni vero cristiano – 1 Co 1:2) sarà salvato. Egli scamperà al giudizio e ciò costituirà un tipo e una caparra della salvezza eterna. Quando Gerusalemme, nel giorno dell’ira dell’Eterno, era stata distrutta dai Caldei, un residuo era scampato; e quando la distrussero i Romani nessun cristiano morí. Coloro che si distinguevano per la loro grande devozione vennero distinti dagli altri, avendo salva la vita. Notiamo anche che quel residuo era formato da persone che pregavano. Infatti, ci viene detto che invocavano il nome del Signore. Non vennero quindi risparmiati per i loro meriti o per la loro giustizia, ma soltanto per la grazia di Dio che invocavano in preghiera. Il nome del Signore che essi invocavano era la loro forte difesa. (b) Come la profezia di Gioele venne applicata da Pietro ai fatti appena verificatisi (v. 16): Questo è quel che fu detto per mezzo del profeta Gioele. Ci si trovava di fronte al pieno adempimento di tale profezia. Ecco realizzata quell’attesa MH4.qxd 23/09/2003 13.24 Pagina 31 Discorso di Pietro effusione dello Spirito su ogni carne. Non dobbiamo attenderne un’altra, proprio come non dobbiamo attendere un altro Messia. Infatti come ora il nostro Messia vive in cielo, regnando ed intercedendo per la sua chiesa sulla terra, cosí il suo Spirito di grazia, l’Avvocato e il Consolatore, effuso allora secondo la promessa, resterà, secondo la promessa, con la chiesa sulla terra fino alla fine dei tempi ed opererà in essa, per essa e per ogni suo membro indistintamente, attraverso le Scritture ed i ministeri. 2. Si trattava di un frutto della risurrezione e dell’ascensione di Cristo. Riallacciandosi a questo dono dello Spirito Santo, Pietro predica Gesú ai suoi ascoltatori e introduce questa parte del suo discorso con parole solenni (v. 22): «Uomini israeliti, udite queste parole. È una grazia per voi essere qui ad udirle ed è vostro dovere prestarvi attenzione». Gli Israeliti avevano buone ragioni per accettare le parole riguardanti Cristo. Pietro diede loro: (a) Un riassunto della storia della vita di Cristo (v. 22), chiamandolo Gesú il Nazareno, perché era quello il nome con cui era generalmente conosciuto, ma proseguí (e questo era sufficiente per allontanare ogni biasimo relativo all’origine galilea) dicendo che era un uomo accreditato da Dio tra voi, vituperato e condannato dagli uomini, ma accreditato da Dio. Dio aveva dimostrato di approvare la sua dottrina conferendogli il potere di compiere miracoli. Egli era un uomo designato da Dio. Il Dott. Hammond dà questa lettura del passo: «era un uomo straordinario che si distingueva tra voi che mi state ascoltando. Era stato mandato a voi, innalzato su di voi come una luce gloriosa nel vostro Paese. Voi stessi siete testimoni di come divenne noto per opere potenti e prodigi e segni, opere che andavano ben oltre i poteri naturali, fuori dal corso abituale della natura e contrarie ad esso, opere che Dio fece per mezzo di lui, cioè che Egli fece per il potere divino di cui era rivestito e attraverso il quale Dio ope- 31 Atti 2:14-36 rava con Lui. Infatti nessun uomo può fare queste opere se Dio non è con lui». Notiamo come Pietro pose l’accento sui miracoli di Cristo: [1] Si trattava di dati di fatto che era impossibile negare: “Essi erano stati fatti tra voi, nel vostro Paese, nella vostra città, nelle vostre solenni assemblee, come voi stessi ben sapete. Siete stati testimoni oculari dei suoi miracoli. Mi appello a voi: avete delle obiezioni in proposito o potete presentare delle prove contrarie? [2] Non ha senso contestare le uniche deduzioni che se ne possono trarre: esse sono non meno evidenti dei fatti: se Egli fece quei miracoli, certamente Dio lo approvava, attestava che Egli era chi dichiarava di essere: il Figlio di Dio e il Salvatore del mondo. Il Dio della verità non avrebbe infatti mai apposto il suo sigillo su una menzogna. (b) Una descrizione della sua morte e delle sue sofferenze di cui essi erano stati testimoni poche settimane prima. Il piú grande tra i miracoli era stato che un uomo cosí approvato da Dio sembrasse abbandonato da lui, e che un uomo cosí approvato dal popolo fosse stato abbandonato anche da questo. Entrambi questi misteri vengono però spiegati (v. 23) e la morte di Cristo viene considerata: [1] Come un atto di grazia e di saggezza divine straordinarie. Egli era morto per il deliberato consiglio e la prescienza di Dio. Quindi, Dio non si era limitato a permettere che fosse messo a morte, ma lo aveva abbandonato alla morte: Dio non ha risparmiato il suo proprio Figliuolo, ma l’ha dato per tutti noi (Ro 8:32). Egli era approvato da Dio che lo aveva abbandonato alla morte, non certo in segno di disapprovazione, ma per il suo determinato consiglio e la sua prescienza, con infinita saggezza e per scopi santi, che Cristo stesso condivideva, e che attraverso la sua morte si sarebbero realizzati. Morte che era necessaria per soddisfare la giustizia divina, salvare i peccatori, ripristinare il rapporto tra Dio e l’uomo e glorificare Cristo stesso. Corrispondeva quindi non solo al volere di Dio, ma al MH4.qxd 23/09/2003 13.24 Pagina 32 Atti 2:14-36 consiglio della sua volontà, un consiglio eterno che non poteva essere mutato, che Cristo soffrisse e morisse. Fu questo a far sí che Cristo si sottoponesse volontariamente alla morte in croce: «Padre, la tua volontà sia fatta, glorifica il tuo nome, realizza il tuo scopo e fa sí che il grande risultato sia raggiunto» (cfr. Lu 22:42). [2] Come un atto del popolo e, da parte di questo, come un atto estremamente peccaminoso e folle. Perseguitare un uomo che Dio approvava come il Benamato del Cielo, significava lottare contro Dio e perseguitare Colui che era la piú grande benedizione data al mondo; significava lottare contro i suoi doni. Né il loro peccato poteva essere scusato dal fatto che Dio avesse preordinato il suo piano prima della fondazione del mondo, oppure dal fatto che Egli ne traesse un bene eterno. Infatti, si trattava di un atto volontario, basato su un presupposto moralmente riprovevole e quindi «erano mani d’iniqui quelle con cui voi, inchiodandolo sulla croce, lo uccideste». È probabile che fossero presenti alcuni di quelli che avevano gridato sia crocifisso, sia crocifisso o che in altra maniera avevano contribuito al terribile misfatto e ne erano stati complici. Pietro lo sapeva bene. Comunque la condanna di Gesú era considerata un atto voluto dall’intera nazione, in quanto su di essa erano stati unanimi il voto del Sinedrio e la voce di una grande folla. È regola che refertur ad universos quod publice fit per maiorem partem – ciò che è deciso pubblicamente dalla maggioranza noi lo ascriviamo a tutti. Pietro l’attribuisce in particolare ai suoi ascoltatori in quanto facenti parte della nazione su cui sarebbe ricaduto il castigo, per portarli con maggiore efficacia alla fede e al pentimento che erano gli unici mezzi per distinguersi dai colpevoli e per allontanare da sé la colpa. 3. Si trattava di una prova della veridicità della sua risurrezione e della sua ascensione che aveva cancellato pienamente l’onta della sua morte (v. 24). Colui che lo aveva abbandonato alla 32 Discorso di Pietro morte lo liberò dalla morte, dimostrando cosí di approvarlo, forse in modo ancora piú evidente di quanto aveva dimostrato mediante le opere potenti, prodigi e segni fatti per mezzo di Lui. Per questo Pietro si soffermò ampiamente su questo punto. (a) Pietro fa una relazione sulla risurrezione di Cristo: Dio lo risuscitò avendo sciolto gli angosciosi legami della morte perché non era possibile ch’egli fosse da essa ritenuto. L’espressione «angosciosi legami della morte» traduce il greco odinas tou thanatou, che letteralmente significa «le doglie della morte» (v. 24, Diod). Perciò qualcuno ha pensato che qui ci si riferisca all’angoscia e all’agonia di Cristo al colmo della sofferenza, fino alla morte. Da queste sofferenze dell’anima Dio lo liberò quando morendo egli disse: Tutto è compiuto! Il Dott. Godwin spiega cosí il testo: «I terrori che prostravano l’anima di Heman tra i morti (Sl 88:5, 15) si erano avventati su Cristo, ma egli era troppo forte per lasciarsi vincere, e ne uscí aprendosi vittoriosamente un varco. Fu questa la risurrezione della sua anima (ed è una gran cosa sollevare la propria anima dal profondo dell’agonia spirituale); fu questo il non lasciare la sua anima nell’Ades, mentre il non aver visto la corruzione, decomposizione, si riferisce alla risurrezione del suo corpo. La sua gloriosa risurrezione è il risultato del sommarsi di questi due elementi». Il Dott. Lightfoot dà un’altra interpretazione: «Avendo sciolto gli angosciosi legami della morte per tutti coloro che credono in lui, Dio risuscitò Cristo e, con la sua risurrezione, spezzò tutto il potere della morte e distrusse tutti i suoi tormenti per il suo popolo. Egli ha abolito la morte, ne ha cambiato le proprietà e, dal momento che non era possibile ch’egli fosse da essa trattenuto a lungo, non è possibile che il suo popolo sia da essa trattenuto per sempre». Molti, però, pensano che Pietro si riferisca alla risurrezione del corpo di Cristo. La morte – dice Baxter – come separazione dell’anima dal corpo è una pena che avviene per sottrazione, anche MH4.qxd 23/09/2003 13.24 Pagina 33 Discorso di Pietro se non è necessariamente dolorosa. Il Dott. Hammond mette tuttavia in evidenza che la Versione dei Settanta, e l’apostolo che da essa trae la citazione, usa il termine legami, come nel Salmo 18:4, cui si addice perfettamente la metafora dello sciogliere e dell’esser ritenuto. Cristo è stato tenuto prigioniero per il nostro peccato, è stato avvinto dai lacci della morte, ma una volta soddisfatta la giustizia divina non era piú possibile che ne fosse trattenuto, poiché aveva vita in sé, aveva potere sulla vita e aveva sconfitto il principe della morte (Gv 5:26; 1 Co 15:5557).5 (b) Pietro testimonia la veridicità della risurrezione di Cristo: Iddio l’ha risuscitato; del che noi tutti siamo testimoni (v. 32), cioè «noi apostoli e gli altri che erano con noi e che lo conoscevano molto bene prima della sua morte, che hanno parlato con lui a lungo dopo la sua risurrezione, che hanno mangiato e bevuto con lui». Tutti questi hanno ricevuto potenza con la discesa dello Spirito Santo al fine di poter essere testimoni qualificati, fedeli e coraggiosi della risurrezione, sebbene i nemici di Cristo li accusino di aver rubato il suo corpo. (c) Pietro dimostra che la risurrezione costituisce un adempimento delle Scritture e, dal momento che secondo le Scritture Cristo doveva risorgere prima che il suo corpo subisse la decomposizione, era impossibile che venisse trattenuto dalla morte e dal sepolcro. Infatti, Davide aveva parlato della sua risurrezione (v. 25). Pietro cita qui un Salmo di Davide (Sl 16:8-11) che, per quanto in parte applicabile a Davide, si riferisce principalmente a Gesú Cristo, di cui Davide era un tipo. Il testo è citato per esteso (vv. 25-28), perché tutto in esso si era adempiuto. Esso ci mostra che il nostro Signore Gesú: [1] Aveva tenuto costantemente lo sguardo rivolto al Padre in 33 Atti 2:14-36 tutto il suo operare: Io ho avuto del continuo il Signore davanti ai miei occhi (v. 25). Glorificare il Padre era stato il suo scopo in ogni suo atto. Infatti, egli vedeva che le sue sofferenze avrebbero onorato il Padre, e che da esse sarebbe scaturita la sua stessa gioia. Esse erano poste davanti a lui, le aveva davanti agli occhi in tutto il suo operare e il suo soffrire. Proprio questa prospettiva lo sosteneva e lo faceva perseverare (cfr. Gv 13:31, 32; 17:4, 5). [2] Aveva la certezza che il Padre e la sua potenza erano continuamente con lui: «Egli è alla mia destra – la mano destra è quella dell’azione – dandomi forza, guidandomi e facendo sí che io non sia smosso malgrado le sofferenze attraverso cui dovrò passare». Era questo un articolo del patto di redenzione: La mia mano sarà salda nel sostenerlo, e il mio braccio lo fortificherà (Sl 89:21). Egli confidava quindi che l’opera sarebbe giunta a buon termine nelle sue mani. Se Dio è con noi non saremo smossi. [3] Si premurò a portare a termine la sua opera, malgrado le sofferenze attraverso cui doveva passare: «Essendo convinto che non sarò smosso, ma che il buon piano di Dio si realizzerà nelle mie mani, s’è rallegrato il cuor mio e ha giubilato la mia lingua e il pensiero delle mie sofferenze non mi pesa». Si noti come sia stato sempre motivo di gioia per il nostro Signore Gesú guardare al compimento della sua opera nella certezza di un esito glorioso. Egli era compiaciuto della sua opera poiché essa avrebbe avuto un risultato corrispondente al piano divino. Egli giubilò per lo Spirito Santo (Lu 10:21); ha giubilato la mia lingua (v. 26). Nel testo ebraico originale del Salmo qui citato troviamo: la mia gloria esulta (Sl 16:9) e ciò ci fa capire che la nostra lingua è la nostra gloria; che la facoltà di parlare è un onore per noi, soprattutto quando è usata per lodare Dio. La lingua di Cristo ha giubilato poiché proprio men- 5) Il termine greco odinas, accusativo femminile plurale di odin, indica ordinariamente i «dolori», specialmente le «doglie del parto». L’intera espressione sembra una citazione del Salmo 18:5 (18:6 nel Testo Masoretico) che nel testo ebraico ha «funi della morte», mentre la Versione greca dei Settanta traduce «angosce (doglie) della morte» (Sl 17:6 nella LXX). Questa traduzione dipende dallo scambio che si è fatto tra le parole ebraiche hebel (angoscia) e hebel (fune). Però, poiché Pietro stava parlando agli Ebrei in aramaico, deve aver citato l’originale ebraico e non la difettosa traduzione greca. La morte è vista, in modo metaforico, a una fune che, come un serpente, ti avvinghia e ti stringe fino a soffocarti (cfr. Sl 18:5, 6; 116:3; 119:61). MH4.qxd 23/09/2003 13.24 Pagina 34 Atti 2:14-36 tre si avvicinava il momento del suo martirio, alla fine dell’ultima cena, egli cantò un inno (Mt 26:30). [4] Aveva il proprio sguardo sulla prospettiva gloriosa del risultato della sua morte e delle sue sofferenze: fu questa a sostenerlo attraverso esse, conferendogli non solo coraggio, ma anche volontà di affrontarle. È vero, il mio corpo sta per essere sacrificato, ma la mia carne riposerà nella speranza; perché tu non lascerai l’anima mia nell’Ades (vv. 26, 27, NR). 4. Pietro spiega il contenuto della speranza (certezza) di Cristo, la quale attesta che: (a) La sua anima non sarebbe rimasta a lungo separata dal corpo poiché, a parte il fatto che ciò non è facile per un’anima umana fatta per il suo corpo, questo avrebbe costituito un perdurare del trionfo della morte su di Lui, che era invece il vincitore della morte: «Tu non lascerai l’anima mia nell’Ades (l’Ades, è il «soggiorno dei morti», ma etimologicamente il termine significa probabilmente «qualcosa di invisibile»), ma per quanto tu sopporti che vi entri per un breve periodo, tu non vuoi lasciarvela per sempre, come vi lasci le anime degli altri uomini». (b) Il suo corpo doveva rimanere nella tomba soltanto per poco tempo: Non permetterai che il tuo Santo vegga la corruzione. Il corpo non doveva rimanere inanimato fino al punto di decomporsi, ma doveva ritornare in vita non oltre il terzo giorno successivo alla morte. Cristo era il «Santo di Dio», santificato e messo a parte per l’opera di redenzione. Egli doveva morire perché doveva essere santificato dal suo stesso sangue (cfr. Eb 10:29), ma non doveva vedere la corruzione perché la sua morte doveva essere per Dio un odore soave. Di ciò era un tipo la legge riguardante il sacrificio secondo cui quel che sarà rimasto della carne del sacrificio fino al terzo giorno non dovrà essere mangiato (Le 7:15-18). (c) La sua morte e le sue sofferenze avrebbero costituito, non solo per lui ma per tutti i suoi, l’accesso a una benedetta 34 Discorso di Pietro immortalità: «Tu m’hai fatto conoscere le vie della vita (v. 28), non solo, ma per mezzo di me le hai fatte conoscere e le hai mostrate al mondo». Quando il Padre diede al Figlio di aver vita in se stesso (Gv 5:26), cioè il potere di deporre la sua vita e di riprenderla (Gv 10:18) e gli fece conoscere le vie della vita, le porte della morte furono aperte per lui ed egli vide le porte dell’ombra della morte (Gb 38:17) che attraversò nei due sensi, per la redenzione del genere umano. (d) Tutte le sue sofferenze lo avrebbero portato a una gioia perfetta ed eterna: Tu mi riempirai di gioia con la tua presenza (v. 28, NR). Il premio che lo attendeva era una pienezza di gioia alla presenza di Dio che gli era stato vicino nel suo operare, come lo sarebbe stato, per amor suo, a tutti coloro che avrebbero creduto in lui. Il compiacimento con cui il Padre lo accolse quando, con la sua ascensione giunse fino al Vegliardo (Da 7:13) lo riempí di una gioia inesprimibile, che è la gioia dell’Eterno a cui tutti coloro che gli appartengono avranno accesso e in cui saranno per sempre felici. Segue poi il commento del testo di Davide citato, soprattutto su ciò che in esso si riferisce alla risurrezione di Cristo. Pietro si rivolge agli ascoltatori con un appellativo di rispetto: Uomini e fratelli (v. 29). Voi siete uomini e quindi dovreste essere guidati dalla ragione, ma siete anche fratelli e quindi dovreste accettare di buon grado ciò che vi viene detto da una persona che, essendo affine a voi, vi ha a cuore e desidera il vostro bene. Permettetemi allora di dirvi liberamente intorno al patriarca Davide ch’egli morí e fu sepolto, e non offendetevi se affermo che non si possono intendere le sue parole come riferite a se stesso. Esse sono infatti riferite al Messia che doveva venire. Davide viene qui definito patriarca perché era stato il capostipite della famiglia reale e un uomo di chiara fama nella sua generazione, il cui nome e la cui memoria erano tenuti in grande considerazione. Ora, quando noi leggiamo questo suo Salmo – proseguí MH4.qxd 23/09/2003 13.24 Pagina 35 Discorso di Pietro Pietro – dobbiamo tener presente che Davide: [1] Non poteva dire queste cose di se stesso, dal momento ch’egli morí e fu sepolto e la sua tomba è ancora al dí d’oggi tra noi e in essa ci sono le sue ossa e le sue ceneri. Nessuno ha mai preteso di sostenere che sia risorto, quindi egli non poteva dire di se stesso che non avrebbe visto la decomposizione. Infatti, è evidente che l’ha vista. Paolo ribadirà in seguito questo punto (At 13:35-37). Per quanto fosse un uomo secondo il cuore di Dio, Davide se ne andò per la via di tutti gli abitanti della terra, sia nella morte che nella sepoltura, come egli stesso disse di sé (cfr. 1 R 2:2). [2] È quindi certo che in questo Salmo, Davide ha parlato profeticamente guardando al Messia, le cui sofferenze e le glorie, che dovevano seguire, sono state anticipatamente testimoniate dai profeti. Infatti, possiamo notare: Davide sapeva che il Messia sarebbe disceso dai suoi lombi, poiché Dio gli aveva con giuramento promesso che sul suo trono avrebbe fatto sedere uno dei suoi discendenti (v. 30). Dio gli aveva promesso un Figlio il cui trono sarebbe stato stabilito saldamente (2 S 7:12), e aveva fatto a Davide questo giuramento di verità (Sl 132:11). Quando il nostro Signore Gesú doveva nascere, l’angelo aveva promesso a Maria: il Signore Iddio gli darà il trono di Davide suo padre (Lu 1:32). Tutto Israele sapeva che il Messia sarebbe stato il Figlio di Davide secondo la carne, cioè per la sua natura umana, mentre secondo lo spirito, cioè per la sua natura divina, egli sarebbe stato il Dio di Davide, non suo figlio (cfr. Ro 9:5). Poiché Dio aveva giurato a Davide che il Messia promesso ai suoi padri sarebbe stato il suo successore, il frutto dei suoi lombi, l’erede del suo trono, Davide guardò a lui scrivendo questo Salmo. Poiché Cristo era suo discendente, ed era quindi nei suoi lombi quando Davide scrisse questo Salmo (come ci viene detto che i figli di Levi erano nei lombi di Abramo quando questi pagò le decime a Melchisedec, Eb 7:5), se ciò che sembra 35 Atti 2:14-36 applicabile alla sua persona non lo è (com’è evidente), dobbiamo concludere che si riferí a quel suo figlio che era nei suoi lombi, in cui la sua stirpe e il suo regno avrebbero raggiunto la perfezione e l’eternità, e che quando affermò che non sarebbe stato lasciato nell’Ades, né la sua carne avrebbe visto la decomposizione dobbiamo senza ombra di dubbio concludere che parla della risurrezione di Cristo (v. 31). E se Cristo è morto... secondo le Scritture... risuscitò il terzo giorno secondo le Scritture, del che noi tutti siamo testimoni. C’è qui anche un accenno all’ascensione. Come Davide non è risorto dalla morte, cosí, a differenza di Cristo, non è salito in cielo con il corpo (v. 34). Per dimostrare che Davide si riferiva alla risurrezione di Cristo, Pietro fece osservare che in un altro Salmo egli aveva parlato del passo successivo verso l’esaltazione riferendosi chiaramente a una persona diversa da lui, che era il suo Signore (Sl 110:1). Il Signore ha detto al mio Signore, quando lo ha risuscitato dalla morte, siedi alla mia destra, conferendogli cosí la piú alta dignità e il massimo potere. Come dire: ti sia affidata l’amministrazione del Regno per quanto riguarda la provvidenza e la grazia, siedi finché io abbia fatto in modo che i tuoi nemici diventino amici oppure li abbia posti per sgabello dei tuoi piedi (v. 35). Cristo sorse dalla tomba per salire in alto, e quindi Davide non può aver parlato d’altro che della risurrezione di Cristo nel Salmo 16, non certo della propria che non è mai avvenuta perché egli non ha avuto modo di lasciare la propria tomba e di salire al cielo. 5. Le varie applicazioni di Pietro sulla morte, la risurrezione e l’ascensione di Cristo. (a) Questo chiarisce la ragione della meravigliosa effusione dello Spirito Santo. Alcuni tra la folla si erano domandati: Che cosa significa questo? (v. 12) Ve lo spiegherò, disse Pietro. Questo Gesú… essendo stato esaltato alla destra di Dio – come leggono alcuni – dalla destra di Dio MH4.qxd 23/09/2003 13.24 Pagina 36 Atti 2:14-36 – come leggiamo noi – siede ora alla sua destra con potere e autorità, e avendo ricevuto dal Padre al quale è asceso lo Spirito Santo promesso ha dato quanto aveva ricevuto (Sl 68:18) e ha sparso quello che ora vedete e udite. Infatti, lo Spirito Santo doveva essere dato dopo la glorificazione di Cristo, non prima (Gv 7:39). Adesso, ci vedete e ci sentite parlare in lingue che non abbiamo mai imparato – probabilmente c’era stato anche un cambiamento nell’espressione del loro volto che era stato notato, cosí come era stato notato il cambiamento della voce e della lingua – perché ciò viene dallo Spirito Santo, la cui discesa prova che Gesú è stato esaltato e ha ricevuto questo dono dal Padre per darlo alla Chiesa. Questo prova che lui è il Mediatore tra Dio e la Chiesa (cfr. 1 Ti 2:5). Il dono del battesimo nello Spirito Santo è: 1) In primo luogo l’adempimento di una delle promesse divine risalenti al passato, perciò si parla dello Spirito Santo promesso. Molte erano state le preziose e grandissime promesse fatte a noi dal Signore onnipotente, ma questa è la promessa per eccellenza, come lo è stata quella del Messia, ed è la promessa che include tutte le altre. Infatti, Dio, dando lo Spirito Santo a coloro che glielo domandano (Lu 11:13), dà loro anche tutte le cose buone (Mt 7:11). Cristo ricevette lo Spirito Santo promesso, cioè il dono promesso dello Spirito Santo e lo sparse su di noi. Infatti tutte le promesse di Dio, hanno il loro «sí» in lui; perciò pure per mezzo di lui noi pronunciamo l’Amen alla gloria di Dio (2 Co 1:20, NR). 2) In secondo luogo questo dono è un pegno di tutte le altre grazie che Dio ha deciso di elargirci. Sembra dire qui l’apostolo: «quello che voi vedete e udite non è altro che una caparra di cose piú grandi». (b) Questo costituisce una prova di quanto voi tutti siete tenuti a credere, vale a dire che Cristo è il vero Messia e il Salvatore del mondo. Fu questa la conclusione del discorso di Pietro, la conclusione di tutto quanto aveva detto, 36 Discorso di Pietro il quod erat demonstrandum – la verità che doveva essere dimostrata: Sappia dunque sicuramente tutta la casa d’Israele che Iddio ha fatto e Signore e Cristo quel Gesú che voi avete crocifisso (v. 36). Gesú aveva vietato ai suoi discepoli di dire ad alcuno ch’egli era il Cristo (Mt 16:20)... finché il Figliuol dell’uomo non fosse risuscitato dai morti (Mt 17:9), ma adesso bisognava predicarlo sui tetti, a tutta la casa d’Israele. Chi ha orecchi da udire oda. Pietro non presentò una probabilità, ma testimoniò un fatto certo: Sappia dunque sicuramente tutta la casa d’Israele, sappiate che è vostro dovere accettare come degno di fede che: [1] Dio ha glorificato quel Gesú che voi avete crocifisso. Costituiva un’aggravante del loro peccato l’aver crocifisso Colui che Dio aveva designato a essere glorificato e far morire come un ingannatore Colui che aveva dato prove cosí decisive della sua missione divina. Magnificava la saggezza e il potere divini il fatto che, per quanto essi l’avessero crocifisso, pensando cosí di averlo bollato con un indelebile marchio d’infamia, Dio lo aveva glorificato, e che l’affronto da Lui subito aveva accresciuto lo splendore della sua gloria. [2] Dio lo aveva glorificato al punto di fare di lui Signore e Cristo. Ciò significa che egli è il Signore di tutti e che non è un usurpatore, ma il Cristo, ossia unto per essere tale. Egli è il solo Signore dei Pagani che avevano avuto tanti dei; è il Messia degli Ebrei, e questi titoli esprimono pienamente le sue funzioni. Egli è il Re Messia, come lo definisce la parafrasi caldaia; oppure, come l’aveva chiamato l’angelo rivolgendosi a Daniele, il Messia, il principe, un unto, un capo (Da 9:25). È questa la grande verità dell’Evangelo cui dobbiamo credere: quel Gesú stesso, sí, proprio quello che è stato crocifisso a Gerusalemme è colui al quale dobbiamo fedeltà e da cui possiamo attenderci protezione, perché egli è il Signore e il Cristo. MH4.qxd 23/09/2003 13.24 Pagina 37 I primi convertiti 2:37-41 Abbiamo visto un meraviglioso frutto della discesa dello Spirito Santo nell’influenza esercitata sui predicatori dell’Evangelo. Mai nella sua vita Pietro aveva parlato tanto efficacemente, ampiamente, chiaramente e potentemente. Stiamo ora per vedere, nell’influenza esercitata sugli ascoltatori dell’Evangelo, un altro suo frutto benedetto. Non appena venne presentato questo messaggio, si percepí in esso una potenza divina, e Dio gli diede di fare miracoli: era lo scettro della potenza di Dio esteso da Sion (Sl 110:2, 3) e migliaia di persone vennero portate da esso all’ubbidienza della fede (Ro 1:5; 16:26). Abbiamo qui le primizie di quel grande raccolto di anime che per mezzo di esso accettarono Gesú Cristo. Vediamo, in questi versetti, il Redentore glorificato che procede, su questi carri della salvezza da vincitore, ma altresí constatiamo che la Parola di Dio e lo Spirito Santo iniziano e portano avanti una buona opera di grazia nel cuore di molte persone. Vediamo in che modo: I. Gli astanti rimasero sbigottiti, e posero una seria domanda (v. 37): Udite queste cose, avendo pazientemente ascoltato Pietro senza interromperlo continuamente come avevano fatto con Cristo (ed era un buon passo avanti che fossero attenti alla Parola) furono compunti nel cuore e rivolsero ai predicatori una domanda che era, come si rendevano conto, di fondamentale importanza per loro, ma a cui non sapevano rispondere da soli: che dobbiamo fare? Era veramente singolare che tutti provassero repentinamente una tale impressione. Infatti, erano Ebrei, cresciuti nella convinzione che la loro religione fosse sufficiente a salvarli, avevano di recente visto Gesú crocifisso, nella sua debolezza e nell’onta subita, e avevano sentito dire dai loro capi che era un ingannatore. Pietro li aveva accusati di aver messo mano, una man d’iniqui alla sua 37 Atti 2:37-41 morte, il che avrebbe dovuto verosimilmente esasperarli nei suoi confronti. Invece, ascoltando il suo discorso chiaramente basato sulle Scritture, ne furono molto colpiti. 1. Furono compunti nel cuore. Leggiamo di altre persone che fremevano di rabbia nei loro cuori ed erano indignate nei confronti del predicatore (At 7:54). Qui, invece, troviamo delle persone compunte nel cuore, indignate contro se stesse per aver contribuito alla morte di Cristo. Con quest’accusa Pietro risvegliò le loro coscienze, li toccò sul vivo, e le riflessioni che fecero erano come una spada che penetrasse nelle loro ossa e li straziasse, come loro avevano straziato Cristo. Si noti che quando i cuori dei peccatori si aprono, questi non possono fare a meno di essere compunti nel cuore per il loro peccato e di provare un disagio interiore. Ciò significa avere un cuore stracciato (Gl 2:13), un cuor rotto e contrito (Sl 51:17). Avere il cuore rotto è mortale, per questo Paolo dice: per questo io morii (Ro 7: 9), per dire che «Tutte le buone opinioni che avevo sulla mia persona e la fiducia che riponevo in me stesso sono venute meno». 2. Ciò li spinse a chiedere, poiché dall’abbondanza del cuore la bocca parla (Mt 12:34), e cosí, essendo compunti i loro cuori, le loro bocche parlarono. Pertanto, possiamo notare: (a) A chi si rivolsero: a Pietro e agli altri apostoli (v. 37). Ciascuno a un apostolo, essi aprirono i propri cuori, poiché da essi erano stati convinti e da essi si aspettavano quindi consigli e aiuto. Non si appellarono agli scribi e ai Farisei per giustificarsi dall’accusa degli apostoli, ma a questi ultimi, riconoscendo la propria colpa, demandando a essi la loro situazione e chiamandoli «uomini e fratelli», come Pietro aveva chiamato loro (vv. 29, 37, K.J.)6. Come dire: «Siete uomini, giudicateci con umanità; siete fratelli, giudicateci con amor fraterno». Si 6) Il commento dell’autore si basa sulla Authorized Version, comunemente chiamata «King James», che qui ha «uomini e fratelli», traducendo alla lettera il testo greco andres adelphoi. MH4.qxd 23/09/2003 13.24 Pagina 38 Atti 2:37-41 noti come i pastori e i ministri di culto in genere, sono medici spirituali, perciò dovrebbero consultarli coloro le cui coscienze sono ferite. Infatti, è buono conservare buoni rapporti con loro e sentirsi liberi di esprimersi, poiché essi come uomini si occupano delle anime dei loro fratelli come della propria. (b) La domanda che posero: che dobbiamo fare? [1] Essi parlarono come uomini che non sapevano cosa fare, oltremodo sorpresi: «Ma allora questo Gesú che abbiamo crocifisso è proprio Signore e Cristo? Che ne sarà di noi? Siamo rovinati!». Notiamo come l’unico modo per raggiungere la pace sta nel riconoscimento della propria miseria. Quando sentiamo il pericolo della perdizione eterna, c’è per noi la speranza della vita eterna. [2] Essi parlarono come uomini decisi nell’ubbidire subito a qualunque cosa venisse loro comandata. Non volevano prendere tempo per vagliare la questione o aspettare un periodo piú propizio per aggiornare le loro convinzioni, ma desideravano fortemente sentirsi dire cosa dovevano fare per salvarsi dalla miserabile situazione di cui erano responsabili. Si noti come coloro che erano convinti di peccato, trovarono la via della pace e del perdono (cfr. At 9:6; 13:48; 16:30). II. Pietro e gli altri apostoli esposero loro in poche parole cosa dovevano fare e cosa potevano aspettarsi dopo averlo fatto (vv. 38, 39). I peccatori convinti del loro peccato devono essere incoraggiati, e chi è ferito deve essere fasciato (Ez 34:16). Era necessario fare sapere che la loro situazione era triste, ma non disperata; c’era speranza per loro. 1. Ed ecco, in ordine, le cose che Pietro disse che essi dovevano fare: (a) Ravvedersi, questa è una tavola cui aggrapparsi dopo un naufragio. Come dire: «Che il sentimento dell’orribile peccato di cui vi siete macchiati con la morte di Cristo vi induca a riflettere su tutti i vostri altri peccati (cosí come la richiesta di saldo di un grande debito porta alla luce tutti i debiti di un debitore insolvente) e 38 I primi convertiti risvegli in voi rimorso e dolore profondi per averli compiuti». Era questa la stessa necessità predicata da Giovanni Battista e da Cristo: Ravvedetevi, ravvedetevi, ossia cambiate la vostra mente, cambiate le vostre vie, rinnovate il vostro pensiero. (b) E ciascun di voi sia battezzato nel nome di Gesú Cristo il che significa: «credere fermamente alla dottrina di Cristo, sottomettersi alla sua grazia e alla sua Signoria, professarlo apertamente e pubblicamente, assumere un impegno e perseverare in esso sottomettendosi all’ordinanza del battesimo in acqua, seguire Cristo e la sua santa religione, rinunziando alla vostra infedeltà». Essi dovevano essere battezzati nel nome di Gesú Cristo. Essi credevano nel Padre e nello Spirito Santo che parlava attraverso i profeti, ma dovevano credere anche nel nome di Gesú che era il Cristo, il Messia promesso ai loro padri. Perciò, «fate di Gesú il vostro re e giurategli fedeltà mediante il battesimo, fate di lui il vostro profeta e ascoltatelo; fate di lui il vostro sacerdote che compie l’espiazione per voi». (c) Ognuno era invitato a compiere questi passi personalmente: ciascuno di voi. Come dire: «Anche quelli tra voi che sono stati i piú grandi peccatori saranno ben accetti per essere battezzati se si ravvedono e credono; in quanto a quelli che ritengono di essere stati i piú grandi santi, devono anch’essi credere, ravvedersi ed essere battezzati. La grazia di Cristo è sufficiente per ognuno di voi, per quanti voi siate, è una grazia valida per ogni situazione. Nei tempi antichi Israele è stato battezzato per esser di Mosè, tutti gli Israeliti insieme sono stati battezzati nella nuvola e nel mare (1 Co 10:1, 2), perché il patto che faceva di loro il tesoro particolare del Signore, era un patto nazionale, ma ora ciascun di voi, singolarmente, sia battezzato nel nome di Gesú Cristo e si assuma la responsabilità personale di questa grande decisione» (cfr. Cl 1:28). 2. Pietro incoraggia gli astanti a imboccare questa strada: MH4.qxd 23/09/2003 13.24 Pagina 39 I primi convertiti (a) «Per la remissione dei vostri peccati. Pentitevi dei vostri peccati ed essi non vi condanneranno; siate battezzati nella fede di Cristo e in verità sarete giustificati, il che non sarebbe possibile per mezzo della legge di Mosè. Mirate a ciò, fidatevi di Cristo e voi otterrete ciò. Come il calice nella Cena del Signore è il nuovo patto nel sangue di Cristo per la remissione dei peccati, cosí il battesimo nel nome di Cristo è per la remissione dei peccati. Siate lavati e sarete netti». (b) «Riceverete il dono dello Spirito Santo come lo abbiamo ricevuto noi, poiché esso apporterà una benedizione generale: alcuni di voi riceveranno questi doni che appaiono all’esterno e ognuno di voi, se la fede e il ravvedimento sono sinceri, riceverà le benedizioni e le consolazioni interiori e il suggello dello Spirito Santo (Ef 4:30). Teniamo presente che coloro che ricevono la remissione dei loro peccati, ricevono anche lo Spirito Santo. Tutti coloro che sono giustificati sono anche santificati». (c) «Questo patto riguarda anche i vostri figli. Infatti, anch’essi avranno diritto a ricevere il suggello dello Spirito Santo. Venite a Cristo per ricevere queste inestimabili benedizioni. Infatti, per voi sono la promessa della remissione dei peccati con il dono dello Spirito Santo e per i vostri figliuoli» (v. 39). Dio aveva dichiarato: Spanderò il mio Spirito sulla tua progenie (Is 44:3) e il mio Spirito... e le mie parole... non si dipartiranno mai... dalla bocca della tua progenie, né dalla bocca della progenie della tua progenie (Is 59:21). Quando aveva rinnovato il suo patto con Abramo gli aveva detto: Io sarò l’Iddio tuo e della tua progenie dopo di te (Ge 17:7) e, di conseguenza, ogni Israelita fa circoncidere i propri figli all’età di otto giorni. È quindi giusto che ogni Israelita, quando con il battesimo sta per entrare nella nuova dispensazione del patto si chieda: «Che ne sarà dei miei figli? Saranno cacciati o accolti con me?». Pietro disse. «Accolti certamente, perché la promessa, quella grande pro- 39 Atti 2:37-41 messa di Dio di essere il vostro Dio è valida tanto per voi come per i vostri figli, ora non meno che in passato». (d) «Benché la promessa sia estesa come in passato ai figli, essa non è piú, come allora, limitata a voi e ai vostri figli, ma è estesa anche a tutti quelli che sono lontani»; e noi potremmo aggiungere e per i loro figli perché la benedizione di Abramo viene sui Gentili in Gesú Cristo (Ga 3:14). La promessa è appartenuta per lungo tempo agli Israeliti (Ro 9:4), ma oggi essa è rivolta a tutti quelli che sono lontani, alle nazioni straniere e anche a ogni singola persona che è lontana. La limitazione che segue deve essere messa in relazione con la regola generale: per quanti il Signore Iddio nostro ne chiamerà (v. 39), per ogni individuo che il Signore Dio nostro chiamerà efficacemente alla fede in Cristo. Osserviamo che la chiamata di Dio può raggiungere coloro che sono lontani e che nessuno può venire a lui, se non è egli che li chiama. III. Queste direttive furono seguite da un avvertimento necessario (v. 40). Con molte altre parole, ugualmente importanti, Pietro testimoniava le verità dell’Evangelo ed esortava a ubbidire all’Evangelo. Quando le sue parole incominciarono ad agire continuò a parlare. Aveva già detto molte cose in breve (vv. 38, 39) e ciò che aveva detto – si potrebbe pensare – includeva tutto, invece aveva ancora qualcosa da dire. Quando noi udiamo delle parole che fanno bene alla nostra anima non possiamo che desiderare di udirne altre, di udirne molte altre simili. Tra le altre cose Pietro disse – e sembra che sia rimasto impresso nella mente dei suoi ascoltatori – salvatevi da questa perversa generazione. Siate liberi da essa. Gli Ebrei che non avevano creduto, erano una generazione perversa e ostinata che non piaceva a Dio, ed era avversa a tutti gli uomini (1 Te 2:15), dedita al peccato e votata alla rovina. Per quanto li riguarda: 1. «Siate zelanti nel salvarvi dalla loro rovina, non lasciatevi coinvolgere in essa MH4.qxd 23/09/2003 13.24 Pagina 40 Atti 2:37-41 e rifuggite tutte queste cose». Ciò che i cristiani fecero: Ravvedetevi e ciascun di voi sia battezzato; cosí non condividerete la rovina di coloro con cui avete condiviso il peccato. Non mettere l’anima mia in un fascio con i peccatori (Sl 26:9). 2. A tale scopo non perseverate con essi nel loro peccato, non perseverate nell’incredulità. Salvatevi, vale a dire separatevi, siate diversi da questa perversa generazione. Non siate ribelli come lo è questo popolo, non prendete parte ai suoi peccati e non dovrete condividerne le calamità. Osserviamo che separarsi dalle persone perverse è l’unico modo per salvarsi da esse. Per quanto ciò attiri su di noi il loro odio e la loro ira, in realtà ci salviamo da loro. Infatti, se consideriamo in che direzione si affrettino, ci renderemo conto che è miglior cosa sostenere la fatica di nuotare controcorrente che correre il pericolo di esser trascinati a fondo dalla loro corrente. Chi si ravvede dei propri peccati e si affida a Gesú Cristo, deve comprovare la propria sincerità rompendo ogni legame intimo con i malvagi. Dipartitevi da me, o malvagi deve dire chi decide di osservare i comandamenti del suo Dio (Sl 119:115). Dobbiamo salvarci da essi, vale a dire dobbiamo evitarli con un santo timore, come faremmo nei confronti di un nemico che cerchi di rovinarci o da una casa infettata dalla peste. IV. L’epilogo trionfante del discorso di Pietro (v. 41). Lo Spirito Santo, mediante la Parola, aveva operato miracoli. Molte di quelle persone erano state testimoni oculari della morte di Cristo e dei prodigi che vi avevano fatto seguito, e non ne erano rimaste colpite, ma ciò che li convinse di peccato fu la predicazione dell’Evangelo, poiché esso è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede (Ro 1:16, NR). 1. Essi accettarono la Parola di Dio. La Parola di Dio compie il suo effetto benefico in noi se l’accettiamo, l’abbracciamo e l’accogliamo con gioia. 2. Essi ricevettero la Parola di Dio. 40 I primi convertiti Erode Agrippa ascoltò la Parola di buon grado, ma queste persone la ricevettero con gioia per la grazia di Dio, pur sapendo che essa avrebbe portato un cambiamento evidente nelle loro vite, esponendoli all’odio dei loro connazionali. 3. Essi vennero battezzati. Credendo con il cuore, confessarono con la bocca e si aggiunsero ai discepoli di Cristo con quel santo ordinamento che Cristo aveva istituito. Per quanto Pietro dicesse: Ciascun di voi sia battezzato nel nome di Gesú Cristo (dal momento che la verità da lui predicata allora era la dottrina di Cristo), abbiamo motivo di credere che i nuovi discepoli venissero battezzati con l’uso dell’intera formula trinitaria comandata da Cristo stesso: «nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo» (Mt 28:19). Teniamo presente che tutti quelli che diventano partecipi del patto cristiano dovrebbero essere battezzati con il battesimo cristiano. 4. In quel giorno vennero cosí aggiunte ai discepoli circa tremila persone. Tutti coloro che avevano ricevuto lo Spirito Santo erano all’opera con la voce per predicare e con le mani per battezzare. Di certo, non era questo il momento per riposarsi, poiché vi era una grande messe da raccogliere. La conversione di questi tremila era un’opera maggiore dello sfamare i quattro o cinquemila con pochi pani. Israele incominciava a moltiplicarsi dopo la morte del nostro Giuseppe. Ci viene parlato di tremila persone (e questa parola viene usata per indicare uomini, donne e bambini, come in Genesi 14:21: dammi le persone o in Genesi 46:27: settanta persone). Ne deduciamo che vennero battezzati meno di tremila uomini, ma un numero di capifamiglia tale da costituire, insieme ai figli e ai servitori, un gruppo di circa tremila persone. Cosí, in quel giorno, vennero aggiunte a loro circa tremila persone. Chi si era unito a Cristo si aggiungeva ai discepoli di Cristo e si univa a loro. Quando facciamo di Yahwè il nostro Dio dobbiamo anche fare del suo popolo il nostro popolo. MH4.qxd 23/09/2003 13.24 Pagina 41 I primi convertiti 2:42-47 Spesso parliamo della chiesa delle origini, interessandoci di essa e della sua storia. In questi versetti abbiamo la storia di quella che è veramente stata la chiesa antica, a partire dai suoi primi giorni, dalla sua infanzia e, quindi, dai giorni della sua massima semplicità di cuore. I. Essi si attenevano strettamente ai santi ordinamenti e praticavano in larga misura ogni atto di devozione, poiché il Cristianesimo rende capaci di ciò, dispone l’anima alla comunione con Dio in tutte le forme in cui egli ci ha detto che possiamo incontrarlo e ha promesso di incontrarci. 1. Erano perseveranti e diligenti nell’attendere all’insegnamento degli apostoli. Perseveravano nell’insegnamento apostolico e non lo contestavano, né l’abbandonavano, anzi perseveravano con costanza nell’attendere all’insegnamento degli apostoli. Infatti, dopo il battesimo essi dovevano ricevere l’insegnamento, e loro desiderano questo. Osserviamo che chi si è abbandonato a Cristo deve avere il desiderio di ascoltare la sua Parola, poiché in tal modo lo onora e si rafforza nella sua santissima fede (cfr. Gd, 20). 2. Essi perseveravano anche nella comunione dei santi. Erano perseveranti nella comunione fraterna (v. 42) e tutti i giorni erano di pari consentimento assidui al tempio (v. 46). Non soltanto si amavano l’un l’altro, ma passavano molto tempo insieme. Quando si erano separati dalla perversa generazione, non erano diventati degli eremiti, ma avevano instaurato rapporti reciproci di amore fraterno, e coglievano ogni occasione per incontrarsi. Dove si vedeva un discepolo, se ne vedevano altri. Erano infatti persone che avevano qualcosa di molto prezioso in comune. Osserviamo come questi discepoli si amassero tra di loro. Si occupavano l’uno dell’altro, provavano simpatia l’uno 41 Atti 2:42-47 per l’altro, e ognuno faceva propri gli interessi degli altri. Si riunivano insieme per l’adorazione; si incontravano al tempio, là avvenivano i loro incontri poiché la comunione con Dio di piú persone riunite insieme, è la migliore forma di comunione che queste possano avere tra di loro (1 Gv 1:3). Osserviamo che: (a) Erano tutti i giorni nel tempio, non solo il sabato e le feste solenni, ma tutti i giorni. Adorare Dio deve essere il nostro impegno quotidiano. E quando se ne presenta l’occasione, la cosa migliore è che ciò avvenga in una riunione pubblica. Dio ama le porte di Sion, e anche noi dobbiamo amarle. (b) Essi erano di pari consentimento: non solo tra loro non c’erano litigi o discordia, ma c’era un forte amore fraterno, ed essi si riunivano con tutto il cuore per i loro culti pubblici. Per quanto incontrassero gli altri Ebrei nei cortili del tempio, si riunivano solo tra cristiani ed erano unanimi nella loro santa devozione. 3. Si riunivano spesso per osservare l’ordinamento della Cena del Signore. Erano assidui nello spezzare il pane, ricordando cosí la morte del loro Maestro, non vergognandosi di confessare la loro relazione con il Cristo crocifisso e la loro dipendenza da lui. Non potevano dimenticare la morte di Cristo e perseveravano nel ricordarla, facendo di ciò una pratica costante, poiché era stata istituita da Cristo e doveva essere trasmessa alla chiesa del futuro. Spezzavano il pane nelle case (gr. kat’oikon)7 e non pensavano di celebrare la Cena del Signore nel tempio, poiché, per la sua istituzione peculiarmente cristiana, essa doveva essere celebrata in case private, scegliendo, a seconda dell’opportunità, le case dei cristiani convertiti frequentate dai vicini. Ci si spostava da una abitazione privata all’altra, che fungevano a mo’ di piccole sinagoghe o cappelle familiari, per quelle case che ospitavano una chiesa, e lí vi si ce- 7) La preposizione greca kata, qui ha senso distributivo. Quindi, la traduzione sarebbe «in ogni casa», oppure «di casa in casa» come fanno le versioni Diodati e Nuova Diodati (cfr. At 5:42). MH4.qxd 23/09/2003 13.24 Pagina 42 Atti 2:42-47 lebrava la Cena del Signore con coloro che abitualmente si incontravano per adorare Dio. 4. Erano perseveranti nella preghiera. Dopo che lo Spirito Santo era stato sparso su di loro, come prima, quando ne attendevano la discesa, pregavano continuamente. Infatti, la necessità di pregare non verrà mai superata fino a quando la preghiera diventerà parte della lode eterna. La Cena del Signore era accompagnata dalla preghiera e dall’ascolto della Parola di Dio, cui è strettamente legata e per cui costituisce uno stimolo. La Cena del Signore è una predicazione che colpisce l’occhio, una conferma della Parola che Dio ci ha rivolto. È anche un incoraggiamento a pregare e una solenne manifestazione dell’elevarsi a Dio delle nostre anime. 5. Lodavano Dio con molte preghiere di ringraziamento (v. 47). La lode era parte integrante, e non già un aspetto marginale delle loro preghiere. Chi ha ricevuto il dono dello Spirito Santo, non può fare a meno di lodare continuamente Dio. II. Si amavano l’un l’altro intensamente: il loro amore era pari alla loro devozione, e il riunirsi per celebrare i santi ordinamenti del Signore Gesú faceva crescere l’affezione reciproca e univa i loro cuori. 1. Avevano frequenti incontri per attività cristiane (v. 44): tutti quelli che credevano erano insieme, non tutte le migliaia di persone in un solo posto, perché ciò sarebbe stato impossibile, ma, come spiega il Dott. Lightfoot, si riunivano in diversi gruppi, a seconda della lingua, della nazionalità o di altre caratteristiche. Quindi, il loro riunirsi viene definito un riunirsi insieme, sia perché non vi avevano parte i non credenti, sia perché avveniva nella stessa professione e pratica dei doveri religiosi. Questo riunirsi era espressione del loro amore reciproco e contribuiva a rafforzarlo. 2. Avevano ogni cosa in comune: probabilmente avevano tavole in comune 42 I primi convertiti (come gli Spartani nell’antichità) all’insegna della familiarità, della temperanza e della libertà di conversazione e prendevano il loro cibo assieme in modo che chi aveva molto potesse ricevere la parte piú piccola ed essere cosí preservato dalla tentazione dell’abbondanza, e chi aveva poco potesse avere di piú ed essere cosí preservato dalle tentazioni proprie dell’indigenza e del bisogno. Oppure gli uni si interessavano tanto agli altri e c’era una tale disponibilità all’aiuto reciproco, ogni volta che se ne presentava l’occasione, che si può ben dire: avevano ogni cosa in comune e, secondo la legge della carità, l’uno non mancava di ciò che l’altro aveva, perché poteva averlo chiedendolo. 3. Essi erano molto disponibili e generosi nell’amministrare i propri beni. Oltre che dalla pratica dei loro doveri religiosi (lo spezzare il pane per le case), ciò appare evidente dal fatto che prendevano il cibo insieme con letizia e semplicità di cuore. Essi portavano il beneficio della tavola di Dio ai loro fratelli, e ciò esercitava su di loro un duplice effetto positivo: (a) Riempiva il loro cuore di gioia, mangiavano il pane con gioia e bevevano il vino che rallegrava il loro cuore sapendo che ora Dio accettava le loro opere. Nessuno ha tanto motivo per rallegrarsi quanto il Cristiano. È un peccato che non sempre ci sia la giusta disposizione d’animo per godere di questo dono. (b) Li rendeva molto generosi verso i loro fratelli piú poveri e riempiva il loro cuore di amore. Essi prendevano il loro cibo assieme con… semplicità di cuore (gr. en… apheloteti kardias) o «con liberalità di cuore», come traducono alcune versioni. Perciò, essi non mangiavano il cibo da soli, ma il povero era benvenuto alla loro tavola, non a malincuore ma con tutta la liberalità che si può immaginare. Teniamo presente che i cristiani devono avere i cuori aperti e le mani distese verso i poveri, mani pronte a donare e a spargere abbondantemente la buona semenza come Dio l’ha sparsa in loro, e sperare in un raccolto abbondante. MH4.qxd 23/09/2003 13.24 Pagina 43 Lo zoppo guarito 4. Essi crearono un fondo da destinare per scopi caritativi, cosí vendettero le possessioni e i beni (v. 45) – che secondo alcuni studiosi la distinzione si riferirebbe ai beni immobili e ai beni mobili – e distribuirono il ricavato ai loro fratelli secondo il bisogno di ciascuno. Ciò non doveva annientare la proprietà, ma l’egoismo. In questo modo, tenevano probabilmente presente l’ordine che Cristo aveva dato al giovane ricco per saggiare la sua sincerità: vendi ciò che hai e distribuiscilo ai poveri (Mt 19:21). Si trattava di un ordine che non costituiva in alcun modo una regola fissa a cui i cristiani di ogni epoca e di ogni nazione dovevano attenersi. Tant’è vero che le epistole di Paolo, scritte dopo i fatti qui narrati, parlano spesso della distinzione tra ricchi e poveri e Cristo aveva detto: i poveri li avrete sempre con voi (Mt 26:11). Piuttosto i ricchi devono essere pronti a fare del bene al prossimo con i profitti dei propri affari e le rendite dei propri beni, cosa che non potrebbero fare se li vendessero e dessero via tutto in una volta sola. Pertanto, è chiaro che questa fu un’eccezione. (a) Dio non lo aveva ordinato ed essi non erano obbligati a farlo, come risulta da ciò che Pietro disse ad Anania: se questo restava invenduto, non restava tuo? (v. 5:4). Si tratta comunque di un esempio molto lodevole della loro superiorità rispetto al mondo, del loro non attaccamento ai beni terreni, della loro compassione per i poveri, del loro zelo per la crescita del Cristianesimo. Gli apostoli avevano lasciato tutto per seguire Cristo e si dedicavano esclusivamente alla predicazione della Parola e alla preghiera cosicché per il loro mantenimento bisognava offrire qualcosa. Questa liberalità eccezionale era simile a quella dimostrata da Israele nel deserto per la costruzione del tabernacolo, cui si era dovuto porre un freno (Es 36:5, 6). La nostra regola deve essere di offrire in proporzione a quanto Dio ci ha provveduto, ma in una situazione eccezionale sono da lodare coloro che danno oltre i loro mezzi (2 Co 8:3, NR). (b) Coloro che vendettero i loro beni erano Ebrei, e poiché credevano in Cristo, dovevano credere che la nazione ebraica 43 Atti 2:42-47 sarebbe stata presto distrutta e quindi avrebbero perso i beni e i terreni che possedevano. Credendo ciò, li vendettero per sopperire al servizio di Cristo e ai bisogni immediati della Chiesa. III. Dio era con loro e dava loro chiari segni della sua presenza (v. 43): molti prodigi e segni erano fatti dagli apostoli, segni di diverso tipo che confermavano la dottrina apostolica e dimostravano incontestabilmente di venire da Dio. Quelli che erano in grado di operare miracoli avrebbero anche potuto provvedere il necessario per mantenere se stessi e i poveri che erano tra loro con dei miracoli, come aveva fatto Cristo quando aveva sfamato con poco cibo migliaia di persone, ma era piú per la gloria di Dio che ciò avvenisse per mezzo di un miracolo di grazia (mettere in cuore ai discepoli di vendere i loro beni) che non per mezzo di un miracolo operato sul mondo naturale. Ma il Signore non si limitò a dare loro il potere di fare miracoli: Egli aggiungeva ogni giorno alla loro comunità quelli che erano sulla via della salvazione (v. 47). La Parola da loro predicata operava miracoli. Dio benediceva i loro sforzi volti a far crescere il numero dei credenti. Teniamo presente che aggiungere anime alla Chiesa è opera di Dio, e che il vederlo è di grande incoraggiamento per gli evangelisti e gli altri ministri di culto, ma anche per tutti i cristiani. IV. Le persone, che osservavano tutto questo dall’esterno, ne erano colpite (vv. 43, 47). 1. Esse provavano timore e nutrivano venerazione per gli apostoli (v. 43). Molti tra quelli che vedevano i segni e i miracoli fatti da loro temevano che, se non fossero stati rispettati come si conveniva, la nazione sarebbe diventata preda della desolazione. Il popolo era preso da timore nei loro confronti, come già Erode aveva temuto Giovanni Battista. Per quanto fossero vestiti dimessamente, a differenza degli scribi che amavano passeggiare in lunghe vesti, ed esser salutati nelle piazze (Mr 12:38), c’era in loro una tale ricchezza di doni spirituali che incuteva un MH4.qxd 23/09/2003 13.24 Pagina 44 Atti 3:1-11 Lo zoppo guarito 44 profondo rispetto. Ogni anima era presa da timore, tutti erano colpiti in maniera singolare dalle loro parole e dalla loro vita. 2. Essi erano favorevoli agli apostoli (v. 47). Per quanto abbiamo ragione di ritenere che ci fosse chi li odiava e li disprezzava (siamo sicuri che questo era il caso dei Farisei e dei capi sacerdoti), la maggior parte del popolo li osservava con simpatia, infatti è detto che essi avevano il favore di tutto il popolo. Cristo era stato violentemente denigrato e malmenato dalla folla che gridava: sia crocifisso, sia crocifisso, per cui si sarebbe indotti a pensare che la sua dottrina e i suoi seguaci non avrebbero mai riscosso l’interesse delle masse. Invece, godevano il favore di tutti. Quindi, appare evidente che le persone che avevano perseguitato Cristo vi erano state indotte dagli inganni dei sacerdoti, e che adesso erano ritornate in sé, erano rinsavite. Devozione e amore non finti incutono rispetto; e l’affaticarsi volonterosamente al servizio di Dio avvicina alla fede coloro che ne sono estranei. L’espressione avendo il favore di tutto il popolo è in greco ekontes karin pros holon ton laon che alcuni traducono con «avevano amore per tutto il popolo». Il loro amore non era limitato ai membri della loro Comunità, ma era universale e questo fa loro molto onore (cfr. Ga 6:10). 3. Essi si aggiungevano a loro. C’erano sempre nuove persone che si aggiungevano, anche se non cosí numerose come il primo giorno, quelle che erano sulla via della salvazione. Si noti come coloro che Dio conosce sin dall’eternità prima o poi si convertiranno a Cristo. Il Signore aggiungeva ogni giorno quelli che venivano salvati (v. 47, NR) attraverso gli ordinamenti del Signore: il battesimo in acqua e la Cena del Signore. CAPITOLO 3 Questo capitolo narra l’episodio di uno zoppo guarito e della predicazione che ne seguí. Tale miracolo serví da introduzione al sermone e a con- fermare la dottrina in esso contenuta, oltre che a predisporre le persone a ricevere la Parola di Dio. Tale predicazione non solo forní l’occasione per spiegare il miracolo, ma fu come un seme interrato nei cuori del popolo, “terreno” che era stato appena dissodato dal miracolo. I. Il miracolo consistette nella guarigione, per mezzo della parola, di un uomo zoppo fin dalla nascita (vv. 1-8); miracolo che ebbe un grande impatto sui presenti (vv. 9-11). II. Lo scopo della predicazione, che prese spunto proprio dalla guarigione dello zoppo, era di condurre gli astanti a Cristo e di far sí che questi si ravvedessero dal peccato di averLo fatto crocifiggere (vv. 12-19) e credere che egli adesso era glorificato, attenendosi cosí al proposito di Dio Padre (vv. 20-26). La prima parte della predicazione aprí una ferita, mentre la seconda parte ne presentò il rimedio. 3:1-11 Nel capitolo precedente è detto che molti prodigi e segni erano fatti dagli apostoli (At 2:43). Tuttavia, questa affermazione ci appare generica poiché evita di scendere nei particolari. D’altra parte, nel libro degli Atti non sono riportati tutti i miracoli, ma solo quelli che lo Spirito Santo ha ritenuto opportuno per il nostro ammaestramento (cfr. Ro 15:4), né gli apostoli operarono miracoli su tutte le persone che incontravano, ma essi si lasciavano guidare dallo Spirito Santo coerentemente al mandato ricevuto da Cristo. In questo paragrafo possiamo notare: I. Gli strumenti che Dio usò per operare il miracolo. Questi furono Pietro e Giovanni, due discepoli particolarmente noti, il primo come il portavoce del gruppo e il secondo come il discepolo che Gesú amava (cfr. Gv 19:26; 20:2; 21:7, 20), e tali erano rimasti. È possibile che quando piú tardi la chiesa fu suddivisa in gruppi – a seguito della conversione di migliaia di persone – Pietro e Giovanni abbiano presieduto il gruppo di cui faceva parte Luca, che cosí ha potuto riferire con dovizia di particolari le loro gesta, come piú tardi avrebbe riferito quelle di Paolo, a cui egli si uní durante i viaggi missionari di quest’ultimo. Ad ogni modo questo costituisce un esempio di ciò che