El Greco Domenikos Theotokopoulos nasce a Creta nel 1541 e si

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El Greco Domenikos Theotokopoulos nasce a Creta nel 1541 e si
El Greco
Domenikos Theotokopoulos nasce a Creta nel 1541 e si
forma a Candia presso pittori bizantini che avevano
frequentato Venezia. Negli anni della formazione si fa
un’idea dell’arte italiana tardorinascimentale tramite
incisioni provenienti da Venezia. Del primo periodo cretese
conosciamo poche opere autografe poiché l’artista lavorava
in una bottega dalla quale uscivano opere realizzate da più
pittori. Lo stile dei primi dipinti è bizantino, ovvero
caratterizzato da immagini iconiche e dall’uso del colore oro.
Firma sempre le sue opere con caratteri greci.
Figura 1 Annunciazione, 1570
Nel 1567 giunge a Venezia dove frequenta la bottega di
Tiziano (sarà infatti indicato spesso come suo allievo) nella
quale può approfondire lo studio della prospettiva cromatica
(dovuta alla pittura tonale) e lineare (ovvero quella
geometrica), acquisendo iconografie occidentali.
Nel 1570 intraprende un viaggio per Roma, passando da
Parma (dove osserva gli affreschi di Correggio) e Firenze.
Grazie al miniaturista don Giulio Covio viene accolto dal
Figura 2 Ragazzo che soffia
sul tizzone ardente,
cardinale Alessandro Farnese, entrando nelle alte cerchie
1570-76
romane come quella di Fulvio Orsini, tanto che nel 1572 entra
a far parte dell’Accademia di San Luca (corporazione dei pittori romani). In questi
anni comincia ad essere conosciuto con l’appellativo il Greco. Aderisce alla
Controriforma tanto che molti dei soggetti dei suoi dipinti
simboleggiano la difesa della fede cattolica.
Nel 1576-77 si trasferisce a Madrid, dove riceve incarichi dal
monarca Filippo II per il monastero-palazzo de El Escorial ma
poco lo apprezza, e l’anno successivo a Toledo, città che lo
accoglie fino alla morte. A Toledo realizza, tra le tante
commissioni, opere per le chiese di Santo Domingo el
Antiguo, San Tomè, la cappella di San José e l’Hospital di San
Giovanni Battista, collaborando spesso col figlio Jorge
Manuel.
Figura 3 Martirio di San Maurizio,
1580-82
Muore nel 1614.
Nei suoi dipinti le figure sono allungate, lo spazio è ambiguo e non percepibile. Usa
pennellate veloci e dinamiche per dare l’idea di una natura mobile non statica come
quella della pittura fiorentina caratterizzata dall’uso del disegno preparatorio. I
contrasti luministici sono ripresi da Correggio, Tiziano e Tintoretto, sostituendoli
all’oro della prima fase bizantina.
Spesso nelle sue opere inserisce una figura rivolta verso l’osservatore per renderlo
partecipe del fatto narrato nel dipinto.
Dipinge prevalentemente scene sacre e ritratti, definendo un vasto repertorio di
iconografie a cui attinge durante tutta la sua carriera.
Nel Seppellimento del conte di Orgaz (1586-88)
racconta un evento miracoloso avvenuto nel
XIV secolo, secondo cui i santi Stefano e
Agostino seppelliscono Gonzalo Ruiz conte di
Orgaz. A destra è rappresentato il
committente, il parroco Andrés Nunez, che
sfoglia il Libro dei Morti per l’estrema unzione.
In secondo piano i notabili toledani,
riconoscibili dal tipico vestito dell’epoca: tra
questi figura anche un autoritratto del pittore.
In primo piano, recante un grande cero, è il
figlio dell’artista, Jorge Manuel. In alto un
angelo porta in cielo l’anima del conte, accolta
dalla Vergine, San Giovanni Battista e Cristo.
La parte superiore del dipinto è concitata e resa mediante tonalità grigio-azzurre
mentre la parte inferiore è più statica, con prevalenza dei toni dorati delle vesti dei
santi.
Evidenti sono i richiami a opere di Raffaello (Trasfigurazione) e Tiziano (Assunta dei
Frari), nelle quali è evidente la differenza tra mondo terreno e sfera celeste.