Osservazioni in tema di trasferimento di singoli elementi

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Osservazioni in tema di trasferimento di singoli elementi
Osservazioni in tema di trasferimento di singoli elementi patrimoniali nella
scissione societaria
SOMMARIO: 1. Premessa – 2. Tratti caratteristici e tipologie di scissione societaria – 3. Cenni sulla
teoria modificazionista e sulla teoria traslativa – 4. Dibattito dottrinale sull’oggetto del
trasferimento patrimoniale alla beneficiaria della scissione – 5. Conclusioni
1. La società per azioni Alfa S.p.A. decide di riorganizzare il proprio assetto strutturale
in forma di gruppo, mediante la sua scissione in una pluralità di enti societari di nuova
creazione (Beta, Gamma e Delta) come segue: Beta S.p.A. e Gamma S.p.A. avranno
carattere operativo, pertanto Alfa trasferirà in loro favore i rami d’azienda relativi a
distinte attività svolte dalla società originaria, mentre Delta S.p.A. avrà funzione di
holding, la quale sarà detentrice delle partecipazioni di maggioranza nelle
summenzionate società operative Beta e Gamma.
Poiché la società originaria Alfa è anche titolare di una partecipazione nella società
terza Zeta S.p.A., il gruppo neocostituito, con a capo la controllante Delta, vorrebbe
trasferire a quest’ultima anche tale partecipazione in Zeta.
Ci si chiede quindi se sia ammissibile, in base alla normativa vigente, che nell’ambito
di una scissione siano trasferiti ad una società beneficiaria singoli elementi
patrimoniali – sempreché di valore assoluto superiore allo zero – anziché un
complesso organizzato di beni costituenti un’azienda1, o un ramo d’azienda.
La soluzione di questo quesito richiede di affrontare tematiche del diritto societario
oggetto di ampi dibattiti, soprattutto in campo dottrinale, che affondano le proprie
radici nella controversa concezione della scissione come istituto di natura traslativa, da
un lato, o meramente riorganizzativa, dall’altro.
Di conseguenza, prima di esaminare nello specifico il tema oggetto della presente
trattazione, si rende necessario svolgere una panoramica generale sulla scissione2 quale
strumento modificativo degli assetti proprietari e patrimoniali delle società.
2. La scissione è disciplinata negli articoli 2506 – 2506-quater c.c., mediante un ampio
rinvio alla normativa relativa alla fusione. La previsione nel nostro codice di norme
specifiche dedicate alla scissione è frutto della decisione del legislatore italiano di
Consideriamo l’azienda nella sua accezione civilistica e quindi nella definizione datane dal codice civile
all’art. 2555, ovvero come “complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa”.
Sull’azienda in genere v. COTTINO, Diritto commerciale, Padova, 2000, I, 1, p. 230 ss.; COLOMBO, L’azienda e il
suo trasferimento in BOCHICCHIO, BONSIGNORI (a cura di), L’azienda e il mercato, Padova 1979; CIAN,
TRABUCCHI, Commentario breve al codice civile, Padova, 2009, sub art. 2555.
2 In generale v. SCOGNAMIGLIO, Le scissioni, in COLOMBO, PORTALE (a cura di), Trattato delle società per azioni,
Vol. VII/2, Torino, 2004; GRAZIANI, MINERVINI, BELVISO, Manuale di diritto commerciale, Padova, 2004; DI
SABATO, Diritto delle società, Milano, 2003; BELVISO, La fattispecie della scissione, in Giur. comm., 1993, p. 521 ss.;
GALGANO, Scissione di società, in Vita not., 1992, p. 501 ss.; FERRO, LUZZI, La nozione di scissione, in Giur. comm.,
1991, p. 1065 ss.; D’ALESSANDRO, La scissione delle società, in Riv. not., 1990, p. 873 ss.
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recepire la Direttiva 82/891/CE3 relativa alle scissioni delle società per azioni
(comunemente detta Sesta Direttiva sull’armonizzazione del diritto societario nei Paesi
membri o “Direttiva Scissioni”). Nel 1991 sono stati così introdotti nel c.c. gli articoli
2504-septies – 2504-decies, poi sostituiti dalle norme risultanti dalla generale riforma del
diritto societario operata con il D.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6. La stessa Direttiva Scissioni
prevedeva in numerosi casi un rinvio alla Direttiva 78/855/CEE sulle fusioni di
società, e la medesima struttura normativa è stata mantenuta nelle disposizioni di
recepimento.
Tuttavia tale comunanza di disciplina normativa e gli evidenti elementi di somiglianza
tra fusione e scissione non devono indurre a considerare i due istituti come opposti o
speculari, come è stato correttamente rilevato in dottrina4. Ciò è reso particolarmente
evidente dalla grande varietà di tipologie individuate dagli studiosi con riferimento
alla scissione, a differenza di quanto è avvenuto con la fusione, per la quale ci si è
limitati alle sole due ipotesi di fusione in senso stretto e fusione per incorporazione.
Tradizionalmente5, invero, si distingue tra: scissione totale (o estintiva) e scissione
parziale6, a seconda che l’operazione preveda la contestuale estinzione della società
originaria o la sua sopravvivenza (classificazione dal punto di vista della società da cui
ha origine il processo); scissione-incorporazione, se la/le beneficiaria/e siano già
esistente/i, e scissione con creazione di nuove società (classificazione dal punto di vista
dei soggetti destinatari dell’operazione); scissione proporzionale e non proporzionale
(o asimmetrica), a seconda che la compagine sociale delle beneficiarie rispecchi o meno
le medesime proporzioni fra le partecipazioni dei soci nella società originaria (dal
punto di vista della struttura proprietaria).
Questa grande varietà di tipologie, tra loro anche combinabili in forme di scissione
“mista”, ha fatto concludere per un “polimorfismo” dell’istituto della scissione, a cui
dovrebbe corrispondere un’altrettanto varia tipologia di finalità economiche a cui la
scissione potrebbe essere ricondotta7.
Basti pensare come una scissione proporzionale possa essere strumentale allo scopo di
dare un diverso assetto al patrimonio sociale, mentre la scissione asimmetrica possa
mirare a dividere lo stesso patrimonio tra una compagine in disaccordo, mediante
In GUCE L 378 del 31.12.1982, p. 47. Si noti che la Direttiva non obbligava gli Stati membri ad introdurre
l’istituto della scissione, ma solo ad uniformare alle proprie disposizioni la disciplina relativa, se esistente nei
rispettivi ordinamenti nazionali. Il recepimento è avvenuto in Italia con il D.lgs. 16 gennaio 1991, n. 22.
4 Cfr. SCOGNAMIGLIO, op.cit., p. 14.
5 Cfr. SCOGNAMIGLIO, op.cit., p. 14.ss.
6 In PAOLINI, Scissione di società, in Contr. e impr., 1991, p. 842 ss. e RODORF, La nuova disciplina della fusione e
della scissione di società, in Soc., 1991, p. 407 ss. la scissione parziale viene definita “scorporo” o “scorporazione”.
7 Con l’introduzione esplicita nel nostro ordinamento della scissione si è deciso di darvi il campo di
applicazione il più ampio possibile e di accrescerne la versatilità, ammettendo tutte le tipologie
ipoteticamente previste dalla Direttiva scissioni, proprio allo scopo di permettere che potesse soddisfare
molteplici esigenze di riorganizzazione delle strutture imprenditoriali. Cfr. SCOGNAMIGLIO, op.cit., p. 15, e
Fusione e scissione di società: lo schema di legge di attuazione della direttiva CEE, in Riv. dir. comm., 1990, p. 109 ss.
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l’assegnazione ad alcuni soci delle partecipazioni di alcune beneficiarie e ad altri soci
delle partecipazioni di altre beneficiarie della scissione8.
Nel caso ipotetico illustrato in apertura, l’operazione posta in essere dai soci di Alfa
sarebbe da ricondurre senza dubbio alla scissione totale mediante costituzione di
nuove società: invero con l’assegnazione del patrimonio alle “newco” Beta Gamma e
Delta, Alfa verrebbe contestualmente “svuotata” ed estinta.
Più complesso sarà definire l’assetto proprietario all’esito della fusione: se i soci di Alfa
decidessero per una scissione proporzionale, potrebbero mantenere le stesse
proporzioni di azionariato in Delta, e trasferire a quest’ultima l’intero capitale di Beta e
Gamma. Altrimenti, potrebbero mantenere una minima partecipazione diretta sia in
Beta che in Gamma, in forma proporzionale oppure asimmetrica. Ad esempio, alcuni
soci potrebbero vedersi assegnata una partecipazione in Beta ed altri soci una
partecipazione in Gamma. In quest’ultima evenienza, va considerato che dovranno
essere previsti, nel progetto di scissione, degli adeguati parametri di cambio tra il
valore delle azioni, per evitare scompensi tra i valori delle partecipazioni assegnate e
far sì che l’operazione sia vantaggiosa per tutti i soci di Alfa9.
3. Ciò premesso, passiamo ad esaminare la già rilevata esistenza in dottrina di
differenti ed opposte opinioni riguardo alla natura traslativa o meno dell’operazione di
scissione di società.
Il dibattito prendeva le mosse dall’interpretazione del dato letterale dell’ormai
abrogato art. 2504 -septies c.c., il quale stabiliva che “La scissione di una società si esegue
mediante trasferimento [sottolineatura di redazione, ndr.]…” del patrimonio della società
scissa.
L’orientamento che nega l’effetto traslativo10, sviluppatosi sin dall’entrata in vigore
della normativa introdotta nel 1991, ritiene che l’essenza della scissione risieda nella
modifica dei rapporti sociali delle società coinvolte nell’operazione e che la scissione
non comporti, in sé o quale effetto, alcun trasferimento patrimoniale. In altre parole,
nel pensiero di tali Autori, la scissione costituisce uno strumento di riarticolazione
dell’impresa societaria, diretto ad incidere sulla sua struttura organizzativa e sulle
partecipazioni, ed a variare le modalità di svolgimento dell’attività economica, senza
trasferire alcunché. Ciò consentirebbe di distinguerla da altre operazioni, come il
trasferimento di patrimonio sociale (anche in cambio di azioni) tramite le quali può
essere conseguito, in pratica, un risultato analogo dal punto di vista economico.
SCOGNAMIGLIO, op.cit., 64 ss. distingue tra: i) funzione di riorganizzazione (o concentrazione) quando non si
incide sugli assetti proprietari ma solo su quelli patrimoniali; ii) funzione di decentramento organizzativo di
un’azienda divisibile in rami, iii) funzione di separazione o modellamento delle compagini sociali, iv)
modalità di scioglimento della società alternativa alla liquidazione, v) funzione di facilitazione della cessione
di cespiti patrimoniali.
9 Cfr. SCOGNAMIGLIO, op.cit., 32 ss.
10 Si tratta della cd. tesi “modificazionista” che trova il proprio capostipite in FERRO, LUZZI, op.cit., p. 1065 ss.
Cfr. anche DI SABATO, ivi; CALÌ, Questioni in tema di scissione, Milano, 2000, p. 51 ss.; SERRA, Scissioni e
modificazioni del contratto sociale, in Il contratto. Silloge in onore di Giorgio Oppo, Padova, 1992.
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Esistono, tuttavia, anche versioni meno radicali di questa corrente, che ammettono
l’elemento traslativo ma lo relegano ad un ruolo marginale11.
Altra parte della dottrina, invece, individua quale elemento fondamentale della natura
giuridica della scissione di società il trasferimento patrimoniale della società scissa in
favore della/delle società beneficiaria/e. Secondo questa impostazione, l’assegnazione
del patrimonio costituirebbe un vero e proprio trasferimento patrimoniale, con
modificazione soggettiva di rapporti giuridici preesistenti12.
A nostro avviso appare maggiormente condivisibile la tesi cd. “traslativa” per i motivi
qui di seguito illustrati.
In primo luogo, l’ipotesi de qua è in linea con la normativa comunitaria, ed in
particolare con la Sesta Direttiva (Direttiva Scissioni), ove la scissione è stata costruita
con riferimento all’elemento del trasferimento di patrimonio, oltre che all’assegnazione
ai soci della società scissa di partecipazioni sociali nelle beneficiarie.
Inoltre, la stessa terminologia utilizzata dal legislatore italiano nel disciplinare tale
operazione straordinaria, in sede di recepimento della summenzionata direttiva, come
sopra accennato, depone a favore della natura traslativa.
Al riguardo, tuttavia, è bene precisare che rispetto alla versione originaria della
disciplina codicistica, che menzionava espressamente l’elemento del trasferimento di
patrimonio, la riforma del 2003 ha sostituito tale terminologia con il più generico
“assegnazione”, quasi che il legislatore non volesse prendere posizione rispetto al
dibattito dottrinale sulla natura dell’istituto in esame.
Ad ogni modo, le norme degli artt. 2506 ss. c.c. che disciplinano la scissione
contengono espressi richiami alla traslatività: ad esempio, la scissione viene definita
come l’operazione con cui “una società assegna l’intero suo patrimonio a più società,
preesistenti o di nuova costituzione, o parte del suo patrimonio, in tal caso anche ad una sola
società, e le relative azioni o quote ai suoi soci” (art. 2506 c.c.); nel progetto di scissione (art.
2506-bis c.c.) si richiede “l’esatta descrizione degli elementi patrimoniali da assegnare a
ciascuna delle società beneficiarie”. Anche la lettera del comma 2 dell’art. 2506-bis c.c. nel
riferirsi alla scissione, utilizza la locuzione “società trasferente”.
Infine, non vanno trascurati i riferimenti contenuti in altre norme del diritto societario,
dettate in materie distinte dalla scissione (ad es. l’art. 2357-bis, comma 1, n. 3 e l’art.
106, comma 1°, T.U.F) che fanno altresì propendere per la natura traslativa della
scissione.
4. Premessa, dunque, la natura traslativa dell’operazione di scissione di società, si pone
l’ulteriore problema se, essendo il trasferimento patrimoniale una costante della
fattispecie della scissione come più sopra indicato, l’effetto traslativo debba avere per
oggetto necessariamente un complesso di beni organizzati a fini produttivi – ovvero
Cfr. LUCARELLI, La scissione di società, Torino, 1999, p. 80 ss.
È la cd tesi “traslativa” sostenuta da Autori quali BELVISO, La fattispecie della scissione, in Giur. comm., 1993,
p. 521 ss.; PICCIAU, Scissione di società e trasferimento d’azienda, in Riv. soc., 1995, p. 1189 ss.; COLOMBO, Scissione
e trasferimento d’azienda, in Economia dell’azienda e diritto d’impresa, 2000, p. 367 ss.
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un’azienda (o un ramo d’azienda) – oppure se le frazioni di patrimonio attribuite per
scissione possano consistere altresì in singoli elementi dell’attivo o del passivo,
isolatamente considerati (ad esempio, un immobile, un debito, un credito, o una
somma di denaro).
Anche su questa questione si riscontrano difformità di opinioni in dottrina.
Per alcuni Autori13 il patrimonio trasferibile alle società risultanti dalla scissione deve
consistere necessariamente in un ramo d’azienda o, comunque, in un aggregato di beni
idoneo e funzionale all’esercizio dell’attività imprenditoriale. Questa impostazione,
invero, si basa sull’assunto della scissione come operazione necessariamente
finalizzata alla riorganizzazione aziendale e societaria, pertanto il trasferimento
patrimoniale oggetto dell’operazione dovrebbe essere ristretto a quei complessi di beni
organizzati in modo tale da consentire la prosecuzione dell’attività imprenditoriale,
ossia alle aziende ed ai rami di azienda. Qualora la scissione fosse distolta da tale sua
naturale funzione economico-sociale, potrebbe rischiare di essere qualificata come
operazione elusiva agli effetti tributari e di essere, perciò, colpita dalle norme in
materia di elusione d’imposta.
D’altronde proprio l’interpretazione della normativa tributaria in materia di scissione,
all’indomani della sua introduzione nel codice civile, faceva propendere per una
limitazione dell’oggetto ai soli complessi aziendali. L’art. 123-bis del T.U.I.R.,
introdotto dal D.lgs. 30 dicembre 1992 n. 543, sanciva il disconoscimento dei benefici
fiscali previsti per le scissioni se queste non avessero avuto ad oggetto aziende o
complessi aziendali. In altri termini, l’operazione doveva considerarsi senz’altro come
elusiva se avesse avuto ad oggetto singoli beni non organizzati in forma aziendale.
Altra parte della dottrina14, diversamente, ammette la libera trasferibilità a titolo di
scissione, oltre che di aziende e/o rami d’azienda15, di singole attività, di singoli
cespiti, di beni determinati, di una somma di denaro, e anche di una singola
partecipazione al capitale di società terze.
Tale ultimo orientamento dottrinale, decisamente maggioritario, è condiviso anche
dalla giurisprudenza16, la quale riconosce la possibilità che l’effetto traslativo della
Cfr. GALGANO, Diritto commerciale, Le società, Bologna, 1992, p. 439; ONESTI, ROMAGNOLI, in La scissione di
società. Aspetti economici civilistici e contabili, Torino, 1996, p. 25 ss., affermano che solo nella scissione per
incorporazione sia possibile trasferire singoli elementi patrimoniali e sollevano il dubbio circa la necessaria
natura di complesso aziendale del residuo non oggetto di trasferimento.
14 Cfr. D’ALESSANDRO , op.cit., p. 886; PORTALE, Problemi della pratica scissione parziale di società per azioni a favore
della “controllante” totalitaria: questioni, in Banca, borsa, tit. cred., 1998, p. 362 ss.; BELVISO, op.cit., p. 521 ss.;
SCOGNAMIGLIO, op.cit., p. 130 ss.; ID., Sulla circolazione dell’azienda per scissione, p. 443 ss., in AA.VV., La
testimonianza del giurista nell’impresa, Milano, 2001; TAMBURINI, Forme di scissione, in MAFFEI ALBERTI (a cura
di) Commentario breve al diritto delle società, IV, 2005, p. 2579 ss; AMMENDOLA, La responsabilità per i debiti della
società scissa, in Giur. comm., 1992, p. 501 ss.
15 In tali casi, si ritiene applicabile la disciplina in tema di trasferimento d’azienda di cui all’art. 2112 c.c.
16 Cfr. Cass. civ., sez. lav., 6 ottobre 1998, n. 9897, in Giust. Civ. Mass., 1998, p. 2026, secondo la quale
“…omissis…la scissione può essere veicolo di un trasferimento d’azienda. E ’evidente che, essendo il trasferimento
patrimoniale una costante della fattispecie della scissione, l’effetto traslativo può avere ad oggetto tanto una pluralità di
beni organizzati, quanto un’azienda, un complesso, cioè, di beni organizzati in modo tale da essere idoneo all’esercizio di
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scissione possa avere per oggetto tanto un’azienda (o un ramo di essa) quanto una
pluralità di beni non funzionalmente organizzati.
Del resto l’art. 123-bis del T.U.I.R. è stato abrogata nel 199717, e pertanto non si può più
nemmeno ritenere sussistente una presunzione di elusività per le scissioni non
riguardanti complessi aziendali.
Va però considerata l’applicabilità delle disposizioni antielusive contenute nell’art. 37bis del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, che negano i benefici fiscali alle operazioni di
scissione che risultino prive di valide ragioni economiche e dirette ad aggirare obblighi
o divieti previsti dall’ordinamento tributario e ad ottenere riduzioni di imposte o
rimborsi18.
Dal punto di vista civilistico, quindi, sulla scorta della tesi dottrinale maggioritaria
fatta propria anche dalla giurisprudenza, non è dato individuare alcuna specifica
limitazione nel trasferire singole frazioni del patrimonio sociale nell’ambito di una
scissione societaria.
Alcuni rilievi ulteriori meritano comunque di essere svolti a questo riguardo19:
ammettere che la scissione abbia ad oggetto il trasferimento di singoli beni non
organizzati in funzione produttiva non deve ridursi a ritenere ammissibile, attraverso
la scissione, una mera cessione di beni da una società ad un’altra, ma dovrà sempre
rispondere all’esigenza di riorganizzare il patrimonio delle società partecipanti alla
scissione per consentire la prosecuzione dell’attività sociale sotto diverse forme.
Sotto il diverso profilo fiscale, peraltro, dovrà sempre verificarsi che tale trasferimento
risponda ad un’effettiva necessità di ridisegnare la configurazione strutturale
dell’impresa e, più specificatamente, del suo patrimonio, proprio per evitare di
incorrere in sanzioni qualora la scissione con trasferimento di singoli beni venga
giudicata come operazione elusiva di imposta.
Si noti altresì che non solo dal punto di vista fiscale il trasferimento mediante scissione
è agevolato, ma anche sotto quello civilistico, poiché nella scissione tale trasferimento è
svincolato dal regime generale di circolazione dei beni e dei diritti. Ne consegue che il
regime civilistico agevolato proprio della scissione sarà giudicato lecito solo ove il
trasferimento sia sorretto da un interesse economico meritevole di essere perseguito
attraverso l’istituto della scissione.
5. Alla luce di quanto precede e dal supporto offerto dalle pronunce giurisprudenziali
sul punto, ci sembra che non sussistano ostacoli all’ammissibilità di un’operazione di
scissione che preveda solo il trasferimento di parte di un’azienda o di un ramo
d’azienda.
un’attività imprenditoriale…”; in senso conforme, Trib. Verona, 6 novembre 1992, in Soc., 1993, p. 362 con nota
di VIDIRI, Scissione di società senza assegnazione di quote alla società scissa.
17 D.lgs. 8 ottobre 1997 n. 358 in materia di riordino delle imposte sui redditi applicabili alle operazioni di
cessione e conferimento di aziende, fusione e scissione e permuta di partecipazioni.
18 Cfr. SCOGNAMIGLIO, op.ult.cit., p. 135 ss.
19 Cfr. SCOGNAMIGLIO, ivi.
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Questa tesi, inoltre, ci sembra che assicuri all’istituto della scissione la massima
versatilità possibile e, conseguentemente, una maggiore adattabilità alle svariate
esigenze che possono nascere dalla pratica, in linea con il già illustrato polimorfismo
dell’istituto e la sua riconducibilità ad una molteplicità di funzioni socio-economiche,
tutte meritevoli di tutela sotto il profilo giuridico civilistico.
In conclusione, appare del tutto ammissibile la scissione di una società mediante
trasferimento di singole partecipazioni dalla stessa detenute, quali singoli elementi
patrimoniali di valore assoluto positivo, nella società beneficiaria che assumerà la
funzione di holding finanziaria.
Per tornare all’ipotesi descritta in apertura della presente trattazione, l’operazione che
Alfa intende porre in essere sembra bene in linea con la finalità di riorganizzazione
societaria delle attività imprenditoriali in forma di gruppo di società. Invero, poiché
tale ristrutturazione prevede che le società risultanti dall’operazione siano assegnatarie
di una specifica attività – corrispondente ad un attuale ramo d’azienda di Alfa – non
sarebbe coerente che la partecipazione detenuta da Alfa in Zeta venisse assegnata ad
una delle società operative (Beta e Gamma) insieme agli altri elementi patrimoniali che
costituiscono dei rami d’azienda.
È invece molto più rispondente alla finalità sopra menzionata che le azioni di Zeta
vengano trasferite da Alfa a Delta, dal momento che quest’ultima avrà proprio la
caratteristica di essere una società non operativa, ma solo una holding finanziaria. E
poiché il suo oggetto sociale sarà la gestione delle partecipazioni, principalmente in
Beta e Gamma, è giustificato che anche le partecipazioni in società terze non facenti
parte del gruppo, come Zeta, vengano gestite dalla holding.
Non appare, quindi, alcuna finalità antielusiva di norme fiscali o civili in questo
trasferimento di azioni da Alfa a Delta. Tale trasferimento risulta l’effetto di
un’operazione di definizione dell’assetto patrimoniale della società scissa, del tutto
integrato con i restanti trasferimenti dell’originario patrimonio della società scissa Alfa.
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