Caro Presidente - Radicali Italiani
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Caro Presidente - Radicali Italiani
Partito Radicale Nonviolento, Transnazionale e Transpartito Via di Torre Argentina 76 – 00186 Roma Tel:(+39) 06.689791 Fax: (+39) 06.68210375 www.radicalparty.org - www.radioradicale.it - www.radicali.it Illustre Presidente del Consiglio On. Enrico Letta S.p.g.m. Roma, 28 gennaio 2014 Caro Presidente per la Tua personale sensibilità europeista e, ancor più, per il connotato tale del Tuo Governo, nonché per lo sforzo che stai e state compiendo per accrescere la considerazione dell’Italia in Europa; in previsione della prossima Presidenza italiana dell’UE, ti sottoponiamo alcuni aspetti che potrebbero contribuire (e, lo speriamo, rafforzare) in buona misura a tale impegno con, anche, delle considerevoli ricadute occupazionali. Il primo concerne il recepimento dell’Italia della Risoluzione Fisas sulla Dimensione Europea dello Sport che, già dall’8 marzo 2012, era all’attenzione delle istituzione italiane: Governo, Camera e Senato nelle rispettive Commissioni cultura. In tale Risoluzione ciò che c’interessa di più è la possibilità di dare grande visibilità all’eurocittadinanza e competere con la doppia bandiera: nazionale ed europea. Se tale Risoluzione avesse avuto corso già alla Olimpiadi di Londra l’Unione Europea avrebbe potuto evidenziarsi di fronte al mondo con quasi il triplo delle medaglie degli USA e ben oltre il triplo di quelle cinesi e segnatamente: 302 medaglie per i Paesi UE, 26 in più rispetto a Pechino 2008 delle quali 7 d'oro, che allora furono 85 e, oggi, 92. Mentre gli Stati Uniti ne hanno conquistate 104 e Cina 87, rispettivamente 5 e 16 in meno delle scorse Olimpiadi. Il secondo riguarda la giustizia linguistica e gli effetti economici, occupazionali e non solo della discriminazione linguistica degli italiani (leggasi quasi totalità dei Paesi membri) per l’imposizione oligopolista europea delle sole tre lingue inglese, francese e tedesco o, ancor peggio, l’imposizione monopolistica del solo inglese a fronte di 24 lingue ufficiali dell’Unione. L’uso di una o tre lingue nell’Unione Europea altera seriamente il mercato e impedisce fortemente la libera concorrenza in contrasto con il “principio di un mercato economico aperto con libera competizione” (art. 4 Costituzione Europea). Si tratta di veri e propri aiuti di stato permanenti che l’Europa fornisce ai cittadini britannici, francesi e tedeschi, discriminando gli altri. Oggi, 28 gennaio, la Commissione non ha ancora fornito le traduzioni del bando “ERASMUS+” con prima scadenza 17 marzo che, invece, è stato pubblicato in inglese fin dal 12 dicembre.* A breve termine questa situazione avvantaggia i cittadini, le società e lo sviluppo di alcuni stati, mentre mette in difficoltà i cittadini, le società, lo sviluppo e l’utilizzo di fondi di altri Stati Membri dell’UE come l’Italia e, a lungo andare, costituisce un ostacolo sia per un più efficace sviluppo economico dell’intera Unione che della sua competitività nel mondo. Caro Presidente è necessario non passare per “poveri fessi” ed andare in Europa per chiedere a gran voce e con determinazione meccanismi di correzione delle asimmetrie di mercato generate da questa situazione per troppi anni protrattasi discriminatamente. Si deve richiedere, ad esempio, l’introduzione di un sistema centralizzato di compensazioni finanziarie che annullino interamente i costi maggiori degli europei la cui prima lingua non è una delle lingue imposte, ingiustamente, nell’Unione e che, guarda caso, penalizzano tutti i cittadini del Sud ed Est europeo. Pretendere meccanismi compensativi di carattere valutativo come, ad esempio, per i Progetti Europei: assegnando, a priori, alcuni punti in più per i progetti presentati da cittadini non madrelingua anglo-franco-tedesca. Un’ulteriore opzione per ridurre le disparità è quello di aumentare il numero delle lingue ufficiali, almeno con spagnolo e italiano. Tali misure, ad esempio proprio nel campo brevettuale, dove stiamo assistendo specie negli USA a cause miliardarie tra colossi della tecnologia, avrebbero un effetto positivo non solo per l’equità economica dei costi di deposito europeo ma, anche, nel favorire l’aumento del numero di domande di brevetto presentate ogni anno da cittadini europei che non usano l'inglese, il francese o il tedesco come lingua di lavoro. Infine c’è la soluzione federalista, di cui parla Sartori ma anche noi radicali almeno dalla fine degli anni ‘80. Se all’Euro non si affianca rapidissimamente una lingua federale che elimini monopoli linguistici sarà sempre più difficile fermare il declino del Paese e dell’Europa intera che, anzi, verrà sempre più vista come portatrice di ingiustizia. Come vedi, Presidente, si tratta di questioni finora ignorate dagli altri Governi ma con ricadute enormi per la crescita del Paese e per far sentire agli italiani una Europa nuovamente vicina ai cittadini. Il semestre italiano che ci apprestiamo ad affrontare potrebbe essere proprio quello della rivendicazione della giustizia linguistica nell’Unione e, riteniamo, sarebbe prioritario convocare una prima conferenza europea sull’uso delle lingue in Europa, i meccanismi di compensazione da porre in essere per ottenere giustizia e federalismo linguistico. Rimanendo in attesa di un tuo, auspichiamo pronto, riscontro ci mettiamo fin d’ora a disposizione con le nostre competenze e quelle dei nostri esperti di economia linguistica nella definizione dei passi da noi suggeriti o che Tu riterrai più opportunamente fare per ottenere giustizia linguistica da questa Europa. Con molto cari saluti , Marco Pannella, Marco Beltrandi Giorgio Pagano 2 * La media dei costi - diretti e indiretti - dell’apprendimento di una lingua straniera è stata calcolata dall’economista Lucaks in circa 900 Euro/persona l’anno. Supponendo un periodo di 20 anni ed un tasso di interesse del 10%, questa potrebbe ammontare a circa 55.000 euro per persona. Nel mentre, chi non insegna obbligatoriamente nessuna lingua straniera, come la Gran Bretagna dal 2004, risparmia solo nell’indotto dell’insegnamento, come calcolato dall’economista ginevrino Grin, 18 miliardi di euro l’anno. Altro esempio di gravi svantaggi economici riguarda la politica linguistica dell’Ufficio europeo dei brevetti (UEB) che prevede attualmente l’uso di sole tre lingue europee. Studi recenti mostrano che ciò genera disuguaglianze di costo tra i candidati europei che non sono ripagate da una serie di compensazioni finanziarie adeguate, e ciò distorce la concorrenza fra imprese. È stato dimostrato che i costi di accesso alle procedure di brevetto europeo sostenuti dai depositanti europei la cui prima lingua non è una delle attuali lingue ufficiali dell'EPO oggi sono almeno il 30% superiori a quelli sostenuti dal depositante di lingua inglese, francese o tedesca. Risulta quindi più conveniente per una società tedesca o britannica proteggere le loro invenzioni in Europa che per una ditta spagnola o italiana. Ne consegue che la politica linguistica restrittiva dell’UEB distorce la concorrenza tra i candidati europei per quanto riguarda la tutela dei diritti di proprietà intellettuale in Europa. Inoltre, questa politica genera un goffo paradosso: i costi sostenuti da un depositante americano o canadese per brevettare un'invenzione in Europa sono inferiori a quelli sostenuti dalle imprese polacche o portoghesi. 3